PSICOLOGIA
DELL’HANDICAP E
RIABILITAZIONE
APPUNTI
Docente:Dott.ssa Gianfranca Cosenza
UNICAL
SSIS - Corso di Sostegno 400/800ore
Anno Accademico 2007/2008
CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI DELLE MALATTIE DELLE
DISABILITA’ DEGLI HANDICAP E DELLA SALUTE
ICD-10 DSM-IV ICIDH ICF

ICD-10 (ultima versione dell’ICD): International
Classification of Diseases dell’ OMS( Organizzazione
Mondiale della Sanità): riguarda tutte le malattie.
 DSM-IV (ultima versione del DSM) (Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders) dell’ APA
(Associazione Psichiatrica Americana): riguarda solo i
disturbi mentali (malattie psichiatriche).
 ICIDH (International Classification of
Impairement,Disabilities and Handicaps)dell’OMS:
riguarda le conseguenze delle malattie.
 ICF(International Classification of Functioning Disability
and Health) dell’OMS: riguarda il livello di
funzionamento, di abilità e di salute.
2
ICIDH (1980) OMS
INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF IMPAIREMENTS
DISABILITIES AND HANDICAPS (CLASSIFICAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE MENOMAZIONI DELLE DISABILITA’ E
DEGLI HANDICAPS)



L’ICD si occupa solo della
classificazione delle
malattie, ma non delle
conseguenze. Considera la
seguente sequenza di
eventi:
EZIOLOGIA
PATOLOGIA
MANIFESTAZIONE CLINICA
della MALATTIA




L’ICIDH analizza le
conseguenze della malattia
MALATTIA/INFORTUNIO/
MALFORMAZIONE
MENOMAZIONE
DISABILITA’
HANDICAP
3
DEFINIZIONE
MENOMAZIONE DISABILITA’ HANDICAP



MENOMAZIONE: Perdita o anomalia a carico di strutture
o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche. Può
essere permanente o transitoria.
DISABILITA’:Riduzione parziale o totale della capacità di
svolgere un’attività nei tempi e nei modi considerati
come normali. Può essere permanente o transitoria,
reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva. Può
essere una conseguenza diretta di una menomazione o
una reazione psicologica ad essa.
HANDICAP: Condizione di svantaggio risultante da una
menomazione o da una disabilità, che limita o
impedisce lo svolgimento di un ruolo normale in
rapporto all’età, al sesso, ai fattori sociali e culturali. E’
una condizione soggetta a cambiamenti migliorativi o
peggiorativi.
4
ICF (2001) OMS INTERNATIONAL CLASSIFICATION
OF FUNCTIONING DISABILITY AND HEALTH
CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO DELLA
DISABILITA’ E DELLA SALUTE




FUNZIONI CORPOREE: sono le funzioni fisiologiche dei
sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche.
STRUTTURE CORPOREE: sono le parti anatomiche del
corpo (organi, sistemi, apparati).
ATTIVITA’ e PARTECIPAZIONE: esecuzione di un compito
o di un’azione;coinvolgimento in una situazione di vita.
FATTORI AMBIENTALI e CONTESTUALI: caratteristiche
del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti cha possono
avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un
determinato contesto.
5
ICF



RIGUARDA TUTTE LE
PERSONE
INTRODUCE IL
CONCETTO DI PERSONA
“DIVERSAMENTE ABILE”
SPIEGA IL
FUNZIONAMENTO
DELLA PERSONA
SECONDO 4
DIMENSIONI:
1.
2.
3.
4.
CORPO: Funzioni
corporee e Strutture
corporee
ATTIVITA’ :semplici e
complesse
PARTECIPAZIONE: nei
vari ambiti di vita
FATTORI CONTESTUALI:
caratteristiche
dell’ambiente fisico e
sociale; atteggiamenti;
valori.
6
TIPI DI DISABILITA’
o DIVERSE ABILITA’




DISABILITA’ FISICHE
menomazioni motorie, per es.: p.c.i., distrofia
muscolare, ecc.
DISABILITA’ PSICHICHE
menomazioni dell’apparato psichico: Ritardo
Mentale, Disturbi del funzionamento psichico.
DISABILITA’ SENSORIALI
menomazioni sensoriali visive e uditive.
DISABILITA’ MISTE
menomazioni complesse.
7
RIABILITAZIONE


1.
2.
DEFINIZIONE: “Processo di soluzione dei problemi
e di educazione e rieducazione, attraverso cui la
persona disabile raggiunge il miglior livello di vita
possibile sul piano fisico, psichico, funzionale,
sociale ed emozionale.”(SIMFER e AA. VV.,
Manifesto della Riabilitazione).
SCOPI:
Favorire la partecipazione attiva della persona
diversamente abile alla vita di tutti, secondo le sue
capacità.
Migliorare la qualità di vita globale della persona
diversamente abile .
8
FASI DEL PROCESSO RIABILITATIVO






DIAGNOSI CLINICA della menomazione conseguente
ad un evento patologico.
DIAGNOSI FUNZIONALE nelle varie aree: motorioprassica, cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica,
comunicazionale, sensoriale, neuropsicologica,
dell’autonomia.
PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE (PRI):
formulazione degli Obiettivi da raggiungere e delle
strategie (Interventi) da attuare.
PROGRAMMI RIABILITATIVI: specifici per singole
aree.
VERIFICHE PERIODICHE (con riformulazione del PRI)
VERIFICA FINALE.
9
ELEMENTI INDISPENSABILI DEL PROGETTO
RIABILITATIVO





STORICITA’: Ogni intervento deve essere strettamente collegato
alla Diagnosi e tener conto di eventuali percorsi riabilitativi,
educativi o terapeutici precedenti.
GLOBALITA’: La presa in carico coinvolge sempre la persona
nella sua globalità, sia sul versante affettivo, che su quello
cognitivo.
PARTECIPAZIONE ATTIVA: Il soggetto e la sua famiglia debbono
contribuire attivamente alla formulazione ed attuazione del PRI.
QUALITA’ DI VITA: Per migliorare la QV bisogna valutare i
bisogni della persona e le risorse umane e materiali presenti nel
contesto.
PROGRAMMAZIONE PUNTUALE DEGLI INTERVENTI: Gli
interventi programmati debbono fondarsi su modelli teorici
scientifici,sulla base dei quali stabilire: Obiettivi; Metodologie e
Strumenti di lavoro; Modalità di Verifica dei risultati.
10
EQUIPE MULTIDISCIPLINARE





MEDICI SPECIALISTI della branca considerata:
neurologo, neuropsichiatra infantile, oculista,
otorinolaringoiatra,ecc.
PSICOLOGI: psicologo clinico, neuropsicologo,
psicoterapeuta.
ASSISTENTI SOCIALI
TERAPISTI DELLA RIABILITAZIONE:
fisiochinesiterapista (FKT), terapista
occupazionale (OT), logopedista (LT),
neuropsicomotricista dell’età evolutiva (NPM)
INFERMIERI SPECIALIZZATI.
11
INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE ed
INTERDISCIPLINARE

1.
2.
3.

1.
2.
3.

1.
2.
3.
L’INTERVENTO MEDICO è prevalentemente finalizzato a:
Effettuare la diagnosi clinica
Prevenire l’estensione del danno iniziale e la formazione di
danni secondari
Curare le forme morbose croniche.
L’INTERVENTO PSICOLOGICO è prevalentemente finalizzato
a:
Valutare i livelli di sviluppo psicologico e neuropsicologici
Valutare ed affrontare le problematiche relazionali e
comportamentali (psicoterapia)
Supportare i familiari del disabile ed il lavoro di gruppo.
L’INTERVENTO SOCIALE è prevalentemente finalizzato a:
Contribuire a rimuovere le condizioni di handicap
Supportare le famiglie dei diversamente abili
Valutare i bisogni reali dei diversamente abili e delle loro
famiglie.
12




L’ INTERVENTO TERAPEUTICO-RIABILITATIVO è
prevalentemente finalizzato a:
Attivare e migliorare le funzioni e/o le competenze del
soggetto, affinchè egli possa utilizzare al meglio le proprie
potenzialità.
In particolare:
LA NEURO e PSICOMOTRICITA’ DELL’ETA’ EVOLUTIVA:
riguarda il processo abilitativo-riabilitativo della prima infanzia
ed è finalizzato alla rieducazione funzionale dei deficit
neuropsicomotori.
LA FISIOKINESITERAPIA: è finalizzata alla rieducazione
funzionale dei deficit neuromotori.
LA TERAPIA OCCUPAZIONALE: è finalizzata alla rieducazione
funzionale delle abilità fini-motorie ed all’autonomia nella vita
quotidiana.
LA LOGOPEDIA: è finalizzata alla rieducazione funzionale del
linguaggio ed all’acquisizione delle abilità comunicative.
13
STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (DPR
24/febbraio 1994)
DIAGNOSI FUNZIONALE (DF)







E’ uno strumento interdisciplinare e non solo medico
E’ redatta dalla Unità Multidisciplinare delle ASL
Esula da definizioni generali; descrive una situazione
in un contesto, ossia considera l’individuo per come
funziona in un certo ambiente
E’ dinamica, soggetta per sua natura a modifiche
periodiche
Parte dall’esigenza di dare risposte ai bisogni
Mette in luce le aree di potenzialità e non solo i danni
Suggerisce modalità e tecniche di intervento.
14
AREE DI VALUTAZIONE DELLA
DIAGNOSI FUNZIONALE





AREA COGNITIVA
AREA AFFETTIVORELAZIONALE
AREA LINGUISTICA
AREA SENSORIALE
AREA MOTORIOPRASSICA


AREA
NEUROPSICOLOGICA
AREA DELL’
AUTONOMIA
SINTESI FINALE
DF redatta in forma
sintetica e conclusiva
15
STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE PER L’INTEGRAZIONE
SCOLASTICA (DPR 24 febbraio1994)
PROFILO DINAMICO-FUNZIONALE (PDF)
1.


E’ redatto dalla Unità
Multidisciplinare dell’
ASL e dagli Operatori
scolastici con la
collaborazione della
famiglia.
Comprende l’ analisi
delle competenze, delle
difficoltà e dello sviluppo
potenziale a breve e a
medio termine nei diversi
ambiti, definiti ASSI:
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
ASSE COGNITIVO
ASSE AFFETTIVORELAZIONALE
ASSE
COMUNICAZIONALE
ASSE LINGUISTICO
ASSE SENSORIALE
ASSE MOTORIOPRASSICO
ASSE
NEUROPSICOLOGICO
ASSE AUTONOMIA
ASSE APPRENDIMENTO
16
RITARDO MENTALE (RM)
DSM IV

1.
2.
CRITERI DIAGNOSTICI secondo il DSM IV (Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders= Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) dell’ APA
(Associazione Psichiatrica Americana):
La funzione intellettiva risulta significativamente al di
sotto della media con limitazioni in almeno due delle
seguenti aree: comunicazione; cura della persona; vita in
famiglia; capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse
della comunità, autodeterminazione; capacità di
funzionamento scolastico; lavoro; tempo libero; salute;
ricchezza.
Età: Il RM compare prima del 18° anno di età.
17
RITARDO MENTALE (RM)
DSM IV


LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo il DSM IV:
RM Lieve QI: 50/70. Comprende l’80% delle persone
con RM. E’ difficile la individuazione di queste persone
durante la scolarizzazione. Da adulti manifestano
abilità sociali e lavorative sufficienti per l’autonomia
personale.
RM Moderato QI: 35/49. Comprende il 12% delle
persone con RM. Nella scolarizzazione raggiungono
sufficienti elementi comunicativi (liv. scol.di II
elementare). Se istruiti, da adulti raggiungono
soddisfacenti risultati nel lavoro e nelle relazioni
sociali.
18
RITARDO MENTALE (RM)
DSM IV



LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo il DSM IV:
RM Grave QI: 20/34. Comprende l’7% delle persone
con RM. Difficoltà già evidenti nell’età
prescolare:scarsissime capacità verbali; eloquio ridotto
al minimo; alterazioni gravi dello sviluppo motorio.
Nell’età scolare: scarsa autonomia nelle pratiche
igieniche: Da adulti: non miglioramenti nella formazione
professionale.
RM Gravissimo QI: <20 Comprende il 1% delle
persone con RM. Capacità minime a livello sensomotorio. Richiedono assistenza continua e servizi
strutturati in modo particolare.
RM Non Specificato. Soggetti non valutabili.
19
RITARDO MENTALE (RM)
ICD - 10




LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo l’ ICD – 10:
International Classification of Diseases (Classificazione
Internazionale delle Malattie) dell’ OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità):
RM Lieve - QI: 50/69 ; EM: 9/12 anni (adulti)
RM Medio - QI: 35/49 ; EM: 6/9 anni (adulti)
RM Grave - QI: 20/34 ; EM: 3/6 anni (adulti)
RM Profondo - QI: < 20; EM: < 3 anni(adulti)
20
RITARDO MENTALE (RM)
AAMD
1.
2.
3.
CRITERI DIAGNOSTICI secondo l’ AAMD (American
Association of Mental Deficiency) (1992)
QI <70/75: Abilità intellettive inferiori alla media.
Limitazione in due o più delle seguenti aree di
abilità adattiva: Comunicazione; Cura di se stesso;
Abilità Domestiche; Abilità Sociali; Capacità di
utilizzare le risorse della comunità; Autonomia;
Abilità nel provvedere alla propria salute e
sicurezza; Abilità accademico-scolastiche; Abilità
relative alla gestione del proprio tempo libero;
Abilità lavorative.
Manifestazione del deficit prima del 18° anno di età.
21
EZIOLOGIA DEL RM
FATTORI PRENATALI
CROMOSOMICI E GENETICI



FATTORI CROMOSOMICI: Fattori che influenzano la
divisione cellulare in senso patologico dal momento del
concepimento. Per esempio:Sindrome di Down o
Trisomia 21; Trisomia 18; Trisomia 13; Sindrome di
Klinefelter, Sindrome di Turner; Sindrome dell’X Fragile.
FATTORI GENETICI: Hanno effetti biochimici patologici.
Per esempio: Sclerosi Tuberosa; Fenilchetonuria;
Sindrome di Hurler.
EZIOLOGIA MISTA: Associazione di più fattori. Per
esempio: Microcefalia; Macrocefalia; Ipotiroidismo
congenito.
22
EZIOLOGIA DEL RM
FATTORI DI RISCHIO PRENATALI





INFEZIONI IN GRAVIDANZA: per es.: rosolia,
toxoplasmosi, cytomegalovirus.
CAUSE IMMUNOLOGICHE: incompatibilità del sangue
materno e fetale, per es.incompatibilità del fattore RH
ASSUNZIONE IN GRAVIDANZA DI FARMACI
TERATOGENI, DROGHE, ALCOL.
ESPOSIZIONE IN GRAVIDANZA AD AGENTI FISICI
NOCIVI, per es.irradiazioni.
PROBLEMI CRONICI DI SALUTE, per es.diabete
materno.
23
EZIOLOGIA DEL RM
FATTORI DI RISCHIO
NATALI e POST-NATALI
FATTORI NATALI





NASCITA PREMATURA
SOFFERENZA ALLA
NASCITA: asfissia o
ipossemia
INFEZIONE DA HERPES
GENITALE MATERNO
TRAUMA CRANICO
DURANTE IL PARTO





FATTORI POST-NATALI
INFEZIONI (Es:encefalite;
meningite)
TRAUMA CEREBRALE
VELENI o TOSSINE
AMBIENTALI
ANOSSIA
CARENZA ORMONALE
(es:ipotiroidismo endemico in
aree geografiche con carenze
di iodio)
MALNUTRIZIONE
24
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM
PERCEZIONE ATTENZIONE CONCENTRAZIONE
MEMORIA LINGUAGGIO
PERCEZIONE:
 LENTEZZA
 IMPRECISIONE
 SINCRETISMO: incapacità a
collegare ed integrare diversi
dati percettivi in unità
strutturate.
ATTENZIONE: limitata.
CONCENTRAZIONE: limitata
MEMORIZZAZIONE: limitata
(per incapacità ad usare la
reiterazione).
ABILITA’
COMUNICATIVOLINGUISTICHE:




POVERTA’ LESSICALE
SEMPLICITA’ e/o
SCORRETTEZZA nella
struttura sintattica
DIFFICOLTA’ A
LIVELLO PRAGMATICO
DIFFICOLTA’
FONOLOGICHE.
25
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM
PENSIERO






CONCRETEZZA o incapacità di raggiungere il
pensiero astratto: permanenza allo stadio operatorio
concreto o allo stadio preoperatorio.
RIGIDITA’: difficoltà di estendere una conoscenza a
situazioni diverse (tendenza alla pedanteria e
all’ostinazione); incapacità di adattarsi alla mutabilità
del reale; limitata capacità di pianificazione; limitata
attività immaginativa e creativa.
VISCOSITA’ del pensiero
INERZIA del pensiero
TENDENZE REGRESSIVE del pensiero
PASSIVITA’ del pensiero
26
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM
CARATTERISTICHE DI PERSONALITA’ E SOCIALITA’



a)
b)
Il COMPORTAMENTO delle persone con RM
). spesso è caratterizzato da:
RIPETITIVITA’
PASSIVITA’
ECCESSIVA DIPENDENZA DALL’AMBIENTE che può manifestarsi come
INFLUENZABILITA’ e SUGGESTIONABILITA’
Il vissuto di frequenti insuccessi può determinare uno stato di ANSIA
che può manifestarsi :
nel bambino come: IMPULSIVITA’- IPERATTIVITA’ – BASSA
TOLLERANZA ALLE FRUSTRAZIONI;
nel ragazzo e nell’adulto come: PAURA DELL’INSUCCESSO –
TENDENZA AL RITIRO – COMPORTAMENTI COMPULSIVI
Esiste una stretta correlazione tra COMPETENZA SOCIALE
(COOPERATIVITA’, EMPATIA, ASSERTIVITA’, CONTROLLO) E
COMPETENZA COGNITIVA (FUNZIONAMENTO SCOLASTICO):quanto
più il ragazzo con RM è socialmente competente, tanto più è valido il
suo funzionamento scolastico.
27
AUTISMO o SINDROME DI KANNER



L’autismo rappresenta una delle più gravi
manifestazioni che colpiscono il bambino nella sua
capacità di comunicare e di instaurare relazioni con
il mondo esterno.
Kanner riteneva che i bambini autistici: fossero
dotati di un QI superiore alla norma e provenissero
da famiglie di livello socio-culturale alto.
Ciò è stato smentito dai fatti, in quanto: nel 70 -80%
dei casi di autismo il QI è inferiore alla media e
l’appartenenza alla classe sociale è ininfluente.
28
ASSUNTI DI BASE DELLA SINDROME
AUTISTICA (Freeman,1997)






E’ una sindrome definita su base comportamentale,
che si caratterizza in sottotipi diversi per eziologia e
trattamento.
E’ un disturbo a spettro con sintomi combinati in
modi diversi tra loro (Diversi gradi di gravità).
E’ una diagnosi in evoluzione.
E’ una diagnosi di tipo retrospettivo.
E’ un disturbo ubiquitario.
E’ spesso associata ad altre sindromi.
29
DISTURBO AUTISTICO - DSM IV
Il Disturbo Autistico fa parte dei Disturbi
Generalizzati dello Sviluppo.
Esso va distinto da altri Disturbi:
 Disturbo di Rett, di origine genetica; si
manifesta solo nelle femmine
 Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
 Disturbo di Asperger
30
AUTISMO ICD 10 (1993)
CRITERI DIAGNOSTICI
1.L’autismo è un disturbo delle sviluppo (sviluppo
anormale o blocco dello sviluppo) che si manifesta
prima dei 3 anni in almeno una delle seguenti aree:
 Linguaggio recettivo o espressivo
 Sviluppo di relazioni sociali privilegiate o di
interazioni sociali reciproche
 Gioco funzionale o simbolico.
2.Debbono essere presenti almeno 6 sintomi compresi
nella Triade dei Disturbi:
 Disturbi sociali
 Disturbi linguistici
 Disturbi comportamentali.
31
AUTISMO
TRIADE DEI DISTURBI



Anomalie di carattere qualitativo nelle interazioni reciproche
(DISTURBI SOCIALI):uso dello sguardo, dell’espressione
facciale, della postura e della gestualità. Assenza di reciprocità
socio-affettiva (emozioni, adattamento al comportamento altrui;
integrazione). Assenza di condivisione di giochi, interessi, ecc.
Anomalie di carattere qualitativo della comunicazione
(DISTURBI DI LINGUAGGIO):ritardo o assenza del linguaggio
e della gestualità. Mancanza di reciprocità nelle comunicazioni
verbali: Stereotipie ed ecolalie,ecc.
Insieme limitato, ripetitivo e stereotipato di comportamenti,
interessi e attività (DISTURBI DI COMPORTAMENTO):uno o
più interessi stereotipati ed esclusivi. Rituali specifici e non
funzionali. Manierismi e stereotipie. Attenzione per parti di
oggetti o per elementi non funzionali di materiali di gioco.
32
SVILUPPO PSICOLOGICO DEL BAMBINO
AUTISTICO



SVILUPPO SOCIALE: Difficoltà iniziale nell’interazione
madre-bambino (disfunzione degli scambi emotivi e
cognitivi). Disturbo nella relazione di attaccamento.
Successive difficoltà nelle relazioni affettive e amicali.
SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO: Difficoltà
nell’uso della gestualità convenzionale e nell’imitazione
verbale (a livello preverbale). Carenza di attenzione
condivisa. Successivamente: linguaggio verbale assente o
ecolalico o stereotipato e pedante; uso scorretto di
pronomi, grammatica e sintassi. Difficoltà a livello
pragmatico. Spesso: linguaggio non comunicativo.
SVILUPPO COGNITIVO: Variabilità.Spesso QI < norma.
Spesso QIV < QIP. Spesso deficit cognitivi con QI normale.
Carenze nella teoria della mente.
33
DISABILITA’ MOTORIE


1.
2.
DISTURBO DELLA FUNZIONE MOTORIA DA DANNO
ALL’APPARATO ESECUTORE (DANNO PERIFERICO):
il più frequente (Distrofia muscolare di Duchenne) è
causato da una progressiva degenerazione delle fibre
muscolari e nervose fino ad una totale compromissione
motoria, ad eziologia genetica.
DISTURBO DELLA FUNZIONE MOTORIA DA DANNO
DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE:
Danno specifico: Lesione aree cerebrali motorie
(Paralisi cerebrale infantile)
Danno aspecifico: Lesione di aree cerebrali non motorie
(Ritardo Mentale Grave).
34
PARALISI CEREBRALE INFANTILE


1.
2.

1.
2.
3.
Definizione: E’ “un disordine del movimento dovuto a
un difetto o a una lesione del cervello ancora immaturo”
(Lipkin- 1992).
Caratteristiche:
Precocità (entro il 2°/3° anno di vita)
Stabilità.
Cause
Prenatali: malformazioni congenite (es.,spina bifida);
fattori genetici; episodi ischemici.
Perinatali: emorragie intracerebrali ed intraventricolari;
asfissia; prematurità.
Postnatali: Traumi; eventi anossici; infezioni o agenti
anossici;ecc
35
MANIFESTAZIONI MOTORIE DELLE P.C.I.
TRE FORME PRINCIPALI
Da Pfanner e Paulicelli – 1993:
 Sindrome spastica o ipertonica: Disturbo del tono
muscolare che coinvolge gli arti.
 Sindrome atassica: Disturbo della coordinazione dei
movimenti.
 Sindromi discinetiche: Disfunzioni del sistema
extrapiramile con interessamento dei gangli della base.
 Deficit associati: Ritardo Mentale; Disturbi della
comunicazione; Deficit visivi e uditivi; Strabismo;
Epilessia; Disturbi emotivi e comportamentali (soprattutto
nell’adolescente).
36
SINDROME SPASTICA O IPERTONICA



Tetraplegia: si evidenzia fin dalla nascita e interessa tutti e 4 gli
arti in uguale misura. Grave. Si associa a disturbi visivi, epilessia;
RM.
Diplegia Spastica: i disturbi riguardano prevalentemente (ma non
solo) gli arti inferiori.
Emiplegia spastica: i disturbi riguardano gli arti (sup. e inf.) di un
solo emilato.
SINDROME ATASSICA
Si associa a ritardo psicomotorio e del linguaggio(nel bambino);


talvolta a RM. (nell’adulto).
Atassia congenita
Diplegia atassica
SINDROMI DISCINETICHE


Forma atetosica: ipotonia; movimenti lenti, aritmici, continui,
involontari a carico di volto, lingua e mani.
Forma distonica: alterazioni della regolazione del tono muscolare.
Sono presenti lente, sostenute, toniche e involontarie contrazioni
muscolari: Ipercinesie della faccia e della lingua. Disartria.
37
ASPETTI COGNITIVI DELLE P.C.I.





Il funzionamento cognitivo nelle persone con p.c.i. può variare dalla
normalità al deficit mentale (anche grave) in base a molti fattori, tra
cui l’estensione della lesione e la presenza di altri deficit associati.
In rapporto alle diverse forme nosografiche, il deficit mentale è
maggiore nei teraplegici, mentre relativamente meno colpiti sono i
mono ed emiplegici, e gli atetosici.
Il bambino con p.c.i. può manifestare disturbi cognitivi direttamente
collegati all’estensione della lesione in aree cerebrali deputate alle
funzioni cognitive superiori: turbe delle funzioni neuropsicologiche.
Altri disordini cognitivi risultano secondari alle limitazioni imposte dall’
impedimento motorio e dalla conseguente limitazione dell’attività
esplorativa del bambino, che è alla base della formazione della
conoscenza. Ma a tale proposito occorre tenere presente che la
formazione della conoscenza nei primi anni di vita non è tanto legata
all’esecuzione di atti motori, quanto all’intenzione di eseguirli
(formulazione di un’ipotesi e pianificazione per il raggiungimento di
uno scopo).
Pertanto per il processo educativo e riabilitativo è utile valutare la
presenza di intenzioni, di progetti di conoscenza e di
esplorazione della realtà.
38
TURBE DELLE FUNZIONI
NEUROPSICOLOGICHE NELLE P.C.I.
DISTURBI DEL LINGUAGGIO




Le disartrie/-anartrie: Turbe dell’articolazione dei fonemi complessi
che consegue ad una compromissione neurofunzionale degli apparati
neurali centrali deputati alla produzione del linguaggio (De Negri,2004).
I difetti del linguaggio conseguenti ad insufficienza uditiva
Le disfasie: turbe del linguaggio che riguardano la scelta e
l’elaborazione della parola.
Le aprassie o le disprassie buccofonatoria: Disordini fonetici
(espressione)
DISTURBI PRATTO-GNOSICI





I più frequenti disturbi prattognosici sono:
le astereognosie: incapacità ad identificare un oggetto con il tatto
I disturbi dello schema corporeo o somatognosici: disturbo della
conoscenza o dell’uso del proprio corpo
I disturbi dell’orientamento spaziale
I disturbi ritmico-temporali
I disturbi costruttivo-prassici.
39
ASPETTI EMOTIVI AFFETTIVI SOCIALI E
COMPORTAMENTALI DELLE P.C.I.
1.
2.



Le limitazioni motorie ostacolano il normale processo di
individuazione / separazione (costruzione dell’identità).
A causa dell’ eccessiva dipendenza si possono manifestare:
nel bambino: intolleranza verso la separazione dalla madre (rapporto
di fusione-confusione) e scarsa coscienza delle proprie difficoltà;
Nell’adolescente:difficoltà emotive per inaccettazione delle proprie
menomazioni.
Rischio di isolamento sociale, a causa della scarsa condivisione di
esperienze con i pari e carenza di relazioni privilegiate.
Difficoltà sessuali, per carenza di apprendimenti di comportamenti
appropriati.
Adattamento sociale povero.
40
DISABILITA’ UDITIVA
ASPETTI TERMINOLOGICI
Sordomuto (sordo+muto): raramente il sordo è anche muto.
Sordo: raramente il deficit della percezione uditiva è totale.
Audioleso: percezione uditiva deficitaria a causa di una
lesione
Ipoacusico: percezione uditiva deficitaria.
TIPI DI SORDITÀ
in base a:
1.
2.
3.
4.
Localizzazione del danno: s. trasmissiva; s. percettiva; s.
mista.
Grado di gravità: s. leggera; s. media; s. grave; s. profonda.
Causa: s. ereditaria, s. acquisita.
Epoca di insorgenza: s. da causa prenatale; s. da causa perinatale; s. da causa post-natale.
41
TIPI DI SORDITA’
LOCALIZZAZIONE

Sordità trasmissiva: lesione dell’orecchio esterno e medio;
anomalie di conduzione.

Sordità percettiva neurosensoriale: anomalie di percezione
per deficit all’orecchio interno e/o alle innervazioni.

Sordità percettiva centrale: anomalie di percezione per danno
cerebrale





Sordità mista: percettive e trasmissive
GRADO DI GRAVITÀ
Leggera: perdita tra 20 e 40 db.
Media: perdita tra 40 e 70 db.
Grave: perdita tra 70 e 90 db.
Profonda: perdita >90db.
42
SVILUPPO AFFETTIVO E SOCIALE
NELL’AUDIOLESO




Nella prima infanzia
Rischio di:
Attaccamento insicuro
nella diade madrebambino
Interazioni ridotte
Disturbo della
reciprocità nella
comunicazione
Insicurezza e
dipendenza (a causadell’
eccessiva intrusività e
direttività materna).
Nell’ adolescenza e
nell’età adulta





Rischio di:
Impulsività,
Iperdipendenza,
Bassa autostima,
Aggressività,
Difficoltà relazionali.
43
SVILUPPO COGNITIVO
NELL’AUDIOLESO



Lo sviluppo cognitivo dipende sia dalle capacità di
base del soggetto audioleso, sia dalle modalità
educative e riabilitative. Tradizionalmente sono stati
riscontrati:
Un ritardo cognitivo di 2/4 anni rispetto ai coetanei.
Il raggiungimento del pensiero operatorio concreto,
ma non quello operatorio formale.
Memorizzazione carente non per capacità di base,
ma per mancanza di strategie appropriate di
metamemoria.
44
NELL’AUDIOLESO SVILUPPO
LINGUISTICO
Caratteristiche del
linguaggio nella sordità
prelinguale grave e
profonda


I bambini con sordità grave e
profonda prelinguale
smettono di emettere suoni
dopo i sei mesi.
Se stimolati adeguatamente
(con il linguaggio dei segni ,
opportuna rieducazione e
protesi possono presentare
ritardi di gradi diversi
nell’acquisizione del
linguaggio e,
successivamente,
nell’apprendimento della
letto-scrittura.
Caratteristiche generali
del linguaggio del
sordo


1.
2.
3.
4.
Vocabolario ridotto, povero e
tendenzialmente concreto
Presenza di errori:
uso scorretto di modi e tempi
dei verbi, errori nella
coniugazione.
Omissioni e sostituzioni di
articoli, pronomi, preposizioni.
Omissioni degli ausiliari.
Imprecisioni lessicali.
45
DISABILITA’ VISIVA



1.
2.
Acuità visiva: Capacità di distinguere a una distanza
data determinate forme o di discriminare due punti vicini.
Si misura in decimi (in Italia).
Visus normale: 10/10 per ciascun occhio, cioè: capacità
di leggere le prime 10 righe di un ottotipo a 5 metri di
distanza.
Per valutare della percezione visiva nel bambino piccolo
si usano i PEV (potenziali visivi evocati)e il preferential
looking.
Ampiezza del campo visivo
Deficit visivi:
Ambliopia (riduzione dell’acuità visiva);
emianopsia e scotomi (riduzione del campo visivo).
46
CECITA’ E IPOVISIONE






Cecità totale: Impossibilità di percepire qualsiasi stimolo visivo.
Cecità legale: Residuo visivo di 1/10 (in Italia). Benefici di
legge.
Cecità civile: Residuo visivo di 1/20 (in Italia).
Ipovisione: Capacità visiva parziale. Residuo visivo tra 1/10 e
3/10 oppure campo visivo <30%.
Cecità reale: E’ oggettivamente cieco colui che non dispone di
nessuna percezione visiva derivante da stimoli ambientali
luminosi.
Cecità funzionale: E’ funzionalmente cieco colui che, pur
disponendo di percezioni visive (luci e ombre, colori, forme
vaghe,ecc.) non le può organizzare in percezioni utili all’
adattamento quotidiano.
47
SEVERITA’ DEL DIFETTO VISIVO
SECONDO L’OMS



CECITA’ MODERATA
acuità visiva: 3/10 – 1/10
ampiezza del campo visivo:
30° - 11°
CECITA’ GRAVE O SEVERA
acuità visiva: < 1/10 – 1/20
ampiezza del campo visivo:
10° - 6°
CECITA’ MOLTO GRAVE
acuità visiva: < 1/20 – 1/50
ampiezza del campo visivo: 5° 3°

CECITA’ QUASI TOTALE
acuità visiva: < 1/50 –
percezione luce
ampiezza del campo
visivo: 2° - 1°

CECITA’ ASSOLUTA
acuità visiva: assenza di
percezione luminosa
ampiezza del campo
visivo: assenza di campo
visivo
48
DISABILITA’ VISIVA
EZIOLOGIA E EPIDEMIOLOGIA



EZIOLOGIA
Cause congenite (27/50%) : fattori genetici e prenatali
extragenici.
Cause perinatali: anossia; prematurità e relativi
trattamenti; diabete materno; ecc.
Cause postnatali: infezioni virali; fattori immunitari; ecc.
EPIDEMIOLOGIA
Incerta. Si stima una frequenza di 0,02%.
49
SVILUPPO DEL BAMBINO NON
VEDENTE

Area di sviluppo direttamente colpite dalla cecità (Blind
specific) : coordinazione visuo-motoria (non
completamente compensabile)

Aree di sviluppo indirettamente colpita dalla cecità
(Blind non specific) : abilità locomotorie e abilità di
motricità fine (completamente compensabili).
50
SVILUPPO MOTORIO NEL BAMBINO NON
VEDENTE



Effetti diretti della cecità. Inizialmente c’è un ritardo
nella motricità volontaria: sollevarsi sulle braccia,
spostarsi da una posizione all’altra, deambulare,prendere
un oggetto sonoro (“mani cieche”).
Effetti indiretti della cecità. Successivamente: una
minore elicitazione dell’attività motoria in mancanza di
stimoli visivi; minori stimolazioni sociali iniziali; maggiore
insicurezza nel comportamento esplorativo; ritardo nella
costruzione del reale.
E’ necessario stimolare la prestazione motoria con
strategie specifiche: incentivare il bambino alla
verbalizzazione delle esperienze;stabilire in modo chiaro
e preciso i punti di partenza e di arrivo di ogni percorso
da eseguire; iniziare l’attività in ambiente protetto;
motivare il bambino al compito.
51
SVILUPPO COGNITIVO AFFETTIVO SOCIALE E
LINGUISTICO NEL BAMBINO NON VEDENTE




Lo sviluppo cognitivo dei bambini privati della vista nei primi 6 mesi
di vita è differente da quello degli altri b.non vedenti. Il fenomeno
delle mani cieche ed il ritardo motorio determinano un ritardo nello
sviluppo dell’ intelligenza senso-motoria: la ricerca degli oggetti
deve fondarsi su afferenze sensoriali sonore e tattili (soprattutto).
Successivamente lo sviluppo cognitivo è normale, anche se
caratterizzato da egocentrismo (le percezioni e le localizzazioni
hanno come punto di riferimento il proprio corpo.
Sviluppo affettivo: ritardo poi compensato nella fase di
attaccamento.
Sviluppo sociale: il permanere dell’ egocentrismo può causare
difficoltà nella socializzazione (compensabile).
Sviluppo del linguaggio: inizialmente un po’ ritardato,
successivamente normale con tendenza all’iperverbalismo.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ESSENZIALI




De Negri, M.: Neuropsichiatria dell’età evolutiva, Padova,
Piccin Nuova Libraria, 2004.
Soresi, S., Nota, L.:La facilitazione dell’ integrazione
scolastica, Pordenone, Erip, 2001.
Soresi, S.: Psicologia dell’ handicap e della riabilitazione,
Bologna, Il Mulino, 1998.
Zanobini, M., Usai, M.C.: Psicologia dell’ handicap e
della riabilitazione: i soggetti, le relazioni, i contesti in
prospettiva evolutiva. Nuova edizione riveduta e ampliata,
Milano, Franco Angeli, 1999 (Testo di base).
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