Eraclito: L’unità dei contrari Eraclito sviluppa il tema della realtà, costituita da elementi contrari, in maniera più radicale, ritiene infatti che ogni aspetto della realtà è costituito da una lotta tra i contrari. Il divenire delle cose è dunque il risultato di questa lotta. Per Eraclito è la guerra (polemos) il principio universale e necessario, che presiede alla vita di tutte le cose, che se non esistesse, fermerebbe la realtà ad un unico blocco omogeneo. I contrari non sono tra di loro isolati, ma inscindibilmente uniti al loro opposto (anche nella lotta). In superficie gli opposti ci appaiono come una guerra (caos) continua , dovuto al fatto che uno vuole prevalere sull’altro e viceversa…, in realtà però questi sono elementi in profonda armonia, che si danno senso a vicenda o addirittura coincidono(“tutto è uno…” , fram. 4). Sono facce di una stessa medaglia. Ogni coppia di contrari esprime una complementarità. Si può dire che solo in virtù del rapporto che li unisce, i contrari assumono un significato. Il logos universale non sta dunque alla superficie delle cose, ma nella loro natura interna. Nei frammenti ercalitei il tema dell’unità dei contrari assume diverse specificazioni: a. Correlatività : es. il riposo si gusta solo in rapporto alla fatica, la sazietà alla fame. I contrari dunque si completano e definiscono, in rapporto tra loro, l’uno presuppone l’altro. b. Compresenza : es. la via in salita e la via in discesa sono la stessa via. I contrari dunque, sono compresenti nel medesimo oggetto o in alcuni casi coincidono come ad es. il principio e la fine della circonferenza. c. Relatività : una medesima cosa, nasconde in profondità un separazione tra contrai, dovuta a differenti punti di vista che li osserva e valuta. Ad es. il mare è visto in modo diverso dagli uomini (acqua impura) e dai pesci (acqua pura). d. Convertibilità : le cose necessariamente si trasformano nel loro opposto ( vivente/morto – sveglio/dormiente – giovane/vecchio). Il divenire universale La realtà appare a Eraclito in continuo divenire, ossia in continua trasformazione. Tutto cambia, passa da uno stato all’altro, non rimane identico a prima, e questo perpetuo cambiare è il carattere distintivo della vita (ciò che appunto si ricava dall’esperienza). Eraclito descrive il mondo come un flusso perenne in cui “tutto scorre” (panta Rhei). L’unico dato stabile in tutto questo scorrere, paradossalmente è il divenire. Come sappiamo il divenire è il risultato della lotta tra i contrari, dunque possiamo affermare che il mondo cambia, si trasforma secondo un legge interna data dall’unità e dalla compenetrazione degli opposti. La contrapposizione è la legge che regola il mondo. Brano I primi 2 frammenti sono es. di divenire in quanto risultano dall’unità dei contrari , o meglio dalla loro convertibilità. La similitudine del fiume, si presta moltissimo a definire le cose che mutano, la realtà che scorre. “Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte”: il fiume è al contempo identico e diverso: a. è sempre lo stesso, perché quel fiume è quel fiume che è; b. è sempre diverso, perché le acque che lo percorrono sono sempre differenti (l’acqua scorre). La dottrina del fuoco Per simbolizzare il perenne divenire delle cose e, al contempo, l’armonia e l’unità che governa tale movimento, Erclito ricorre all’immagine del fuoco, non inteso come uno degli elementi ma come realtà originaria, dunque l’archè. Il fuoco rappresenta il divenire universale delle cose infatti: - è elemento vivo, ha una natura mutevolissima, - è in continuo movimento, capace di trasformare e distruggere tutto quello che tocca - si alimenta del combustibile (“Vive della morte dell’altro”). Il fuoco è il divino, in esso si realizza la perfette armonia, pur nel continuo trasformarsi dei contrari. Coincide con il logos ,infatti, nella mobilità delle sue parti, esso è sempre diverso, ma nel contempo anche identico. Brano Nei frammenti 21, 24, 25 il fuoco viene presentato come principio ordinatore divino e immortale, che giudica e governa tutte le cose. Nel frammento 22 è invece inteso come fuoco dell’esperienza quotidiana che con la terra e il mare è una delle 3 masse fondamentali di cui il cosmo è costituito. F.21 : l’ordinamento del mondo è il medesimo per tutti gli uomini, non è stato realizzato né dagli dei né dagli uomini, esso è governato dal fuoco eterno, che è l’artefice dell’armonia che governa tutte le cose. …Fuoco sempre vivente:muta ma non muore …si accende e si spegne secondo giusta misura: idea di ordine razionale del cosmo. Il divenire è sviluppato secondo un ordine universale. F.22: contiene la descrizione del processo cosmico di trasformazione del fuoco, dal quale hanno origine gli elementi fondamentali del mondo. Il fuoco raffreddandosi diventa acqua e poi terra, che diventa di nuovo acqua e poi fuoco. Condensazione: terra Liquefazione: acqua F.23: il fuoco viene paragonato all’oro, l’oro si può scambiare con tutte le merci così come il fuoco è l’elemento fondamentale costitutivo di tutte le cose. F.24: il divino è l’armonia perfetta dei contrari che coincide con il fuoco e con il logos. F.25: il fuoco è il principio che non solo costituisce ma governa, stabilisce e giudica le cose dell’universo (v.Anassimandro). Analisi In alcuni frammenti si parla di morte del fuoco, mentre il principio non muore mai, è eterno. In altri parla dell’anima che ha la natura ignea del fuoco. Parmenide Tra il V e il IV sec. a.C. Parmenide fonda una scuola nella Magna Grecia, che prende il nome di scuola eleatica (da Elea, dove era stata fondata). Tra i suoi allievi più importanti ricordiamo Zenone e Melisso. Molto spesso la filosofia di Parmenide viene contrapposta a quella di Eraclito: il primo è infatti considerato il “filosofo del logos”, il secondo il “filosofo dell’esperienza”. È una contrapposizione per certi versi un po’ schematica che vuol indicare che Parmenide fonda la sua filosofia sull’evidenza del logos, inteso come la ragione nella sua assolutezza; mentre Eraclito fonda la sua filosofia sottolineando in essa un dato reale dell’esperienza, il divenire. La ricerca filosofica, quindi con Parmenide compie un altro passo avanti, infatti, non è più una ricerca cosmologica (relativa all’origine delle cose) ma ontologica (relativa all’essere); non c’è dunque un cambiamento radicale, Parmenide mette solo a fuoco una domanda diversa, più specifica: “Che cos’è l’essere?”. Brano Il sapere è qualcosa di divino, rivelato dagli dei in particolare da una dea, quella della verità e della conoscenza. In questo brano viene descritto una sorta di viaggio del filosofo, che varca i limiti della realtà, e arriva a cogliere una verità che ai cosiddetti mortali rimane nascosta. I filosofi sono in una condizione privilegiata (analogia con Eraclito). Vengono nominate altre figure mitiche, Dike (dea della giustizia), le figlie del sole… . Nella conclusione, che è senza dubbio la più ricca dal punto di vista concettuale, vi è una sintesi tra mito e logos. Il mito : si ritrova nel continuo parlare di divinità. In questo contesto, il mito non è solo pura fantasia ma un qualcosa di più efficace, un simbolo, che viene utilizzato per spiegare la filosofia di Parmenide. Il logos : si ritrova nell’indicazione delle vie di ricerca. Le vie di ricerca 1. via della verità : la via filosofica, la via della verità totalmente manifestata. La si definisce “ben rotonda” proprio per indicare il suo carattere compiuto. 2. via della falsità: la via delle opinioni illusorie e ingannevoli dei comuni mortali, dove non risiede legittima la verità. 3. via dell’opinione plausibile (Doxa): è una via “intermedia” alle 2 precedenti, attraverso la quale il filosofo si avvicina al “mondo dei mortali” cercando di capire l’esperienza. N.B. Quest’ultima ha un grado di verità più debole rispetto la prima, non indica il vero ma il verosimile. Via della verità Consiste nel principio totalitario, fondamentale del logos : “L’essere è, e non può non essere, il non essere non è, e non può in alcun modo essere” Il pensiero filosofico deve accettare questa verità, cardine. Deve accettare l’idea che i due opposti, essere e non essere, si escludono a vicenda, in quanto la contraddizione è la legge fondamentale del pensiero. Più tardi Aristotele espliciterà questo principio, dandone una spiegazione logica (principio della non contraddizione). L’essere è inteso, in senso integrale, perché è il tutto, la totalità (nulla sta al di fuori) e in senso univoco, perché lo si dice in unico significato: “l’essere è”, punto e basta. Non lascia altri punti di discussione. L’essere è la pura positività che esclude ogni forma di negatività (puro positivo- puro negativo 2 poli diversi che si escludono). Esiste una profonda unità tra parola e pensiero: ciò che non puoi pensare non si può dire (il non essere, perché di esso non c’è né parola né pensiero); si può in fatti pensare e dire solo ciò che è. Gli attributi dell’essere Premessa Partendo dal principio fondamentale: l’essere è e il non essere non è, l’essere esclude il non essere, che è dunque un’impossibilità di fronte alla quale il principio si ferma. Parmenide sulla base di ciò costituisce dei corollari, come appunto conseguenze del logos. Ingenerato e incorruttibile Non si genera ne tanto meno muore. Perché se fosse generato, dovrebbe esserlo dal non essere, ma il non essere non è e nulla da ciò può provenire. Per lo stesso motivo è incorruttibile perché prima era e poi non è più, quindi cadrebbe dall’essere al non essere. Non ha né passato né futuro: è eterno presente. È in temporale, non esiste un prima e un poi, l’essere è sempre. Perché il passato è ciò che non è più, mentre il futuro ciò che non è ancora. Dunque prima e poi implicano il non essere. Immobile- immutabile Perché se mutasse non sarebbe più quello che è stato: ogni divenire implica il non essere. L’essere resta sempre in sé. Omogeneo È totalmente identico a se stesso, non ammette differenze al suo interno. Non è possibile un più o un meno d’essere, infatti se si distinguessero delle parti l’una non sarebbe l’altra, quindi sarebbe implicato un non essere. Uno e unico Esclude la molteplicità perché se fosse molteplice, ciascuno degli elementi non sarebbe l’altro e implicherebbe un non essere. Ed è questo punto che Zenone e Melisso porteranno alle estreme conseguenze arrivando addirittura a negare la molteplicità. La filosofia di Parmenide è dunque una filosofia di tipo monistico. Perfetto e finito La perfezione,come abbiamo visto per i pitagorici, coincide con la limitatezza. L’essere è identico al pensiero. Quello che è illimitato sfugge al logos. L’essere è paragonato per questo ad una sfera. La sfera è compatta, omogenea e limitata, racchiude in sé tutte le caratteristiche dell’essere. Necessario Non può essere diversamente da come è. L’essere è già la pienezza, la totalità e quindi non può tendere a diventare altro. La necessità è quindi intesa su un piano logico e ontologico. Questa necessità si riflette a livello del pensiero che non può far altro che manifestare l’evidenza dell’essere. Per esprimerla ancora meglio, questa necessità, Parmenide ricorre ai concetti di “giustizia” e “destino”: la giustizia mantiene fermamente tutto ciò che è. Brano Non resta… sulla via che dice che è…: si parla della 1° via, quella della verità, via con un gran numero di testimonianze, costituite dai corollari; …tutto intero…: omogeneità; senza fine…: indica che l’essere è eterno, non che è senza fine; ora tutto insieme…: eterno presente; continuo: non ha fratture interne, si riferisce dunque più che all’immutabilità all’omogeneità; necessario l’essere non è…: sono suoni che non hanno significato; la giustizia lo tiene fermo…: i legami rappresentano la legge che gli dà stabilità e immutabilità. È identico, tutto continuo, “l’essere si stringe con l’essere”, legami che lo tengono sempre unito; in questi 2 versi i legami rappresentano il limite, che è indice di positività; quello che i mortali vedono (divenire) sono per Parmenide solo apparenze; la moira è il destino ed equivale alla necessità; Differenza tra essere e archè L’essere Parmenideo non può essere considerato un cosmo (elementi ordinati, ma tra loro differenti), poiché esclude la molteplicità, le differenze e il divenire; ne tanto meno può essere considerato archè in quanto nella sua prospettiva non c’è una “distinzione di livelli” (non vi sono cose che derivano da altre), tutto è pietrificato dalla totalità dell’essere (viene paragonato per questo a Medusa che col suo occhio pietrificava qualsiasi cosa). Via della falsità È la seconda via, quella dell’errore, dell’opinione ingannevole dei mortali, la via che afferma il divenire (fermandosi ai sensi). Gli uomini accettando il divenire ammettono il non essere. La mente di questi è dunque errante, vaga senza guida (rappresentata dal principio) e vagando sbaglia. E questo errore implica l’ingannevolezza dei sensi. Parmenide afferma infatti che i sensi inganno e che le sensazioni sono solo illusioni. Brano “…ti ho costretto…” è la costrizione del principio di non contraddizione;frase che rimanda ad Eraclito in quanto può essere considerato un altro modo per dire Panta Rehi. I mortali sono sconsiderati “gente dalla doppia testa” : incapaci di acquisire un metodo di pensiero corretto, succubi delle molteplici e disordinate esperienze cui li abituano i sensi non riescono a distinguere l’essere e il non essere, ammettendo entrambe le vie. Gli uomini dice Parmenide sono sordi e ciechi , ovvero sono incapaci di cogliere quel che vero al di là dell’ingannevolezza che le diverse esperienze provocano sui loro sensi. Frastornata dal mutare delle sensazioni, trascinata dalle diverse esperienze la mente di tali uomini erra senza direzione, affermando contemporaneamente cose diverse. Nei versi finali del brano, opponendo la ragione veritiera ai sensi ingannatori (la vista e l’udito), la dea invita Parmenide ad ascoltare le argomentazioni e le confutazioni che si accinge a proferire. Qui si contrappongono le 2 vie di ricerca attraverso l’uso di diversi modi: la via della verità (giudica col logos) e la via ingannevole (la via dei sensi che illudono). Via dell’opinione plausibile Il filosofo che cerca d’indagare in tutti i sensi e riconosce il principio, deve alla luce di questo dare una ragione sull’apparenza, sul manifestarsi delle cose. La 3° via rappresenta un tentativo da parte di Parmenide di salvare i fenomeni: cerca infatti di dare una giustificazione sul divenire e la molteplicità, che più chiaramente vanno contro al principio. La doxa, ha dunque un compito molto importante quello di conciliare l’essere e l’apparire e bisogna darle credito, altrimenti si negherebbe l’evidenza. Brano Nel brano ritornano il concetto di luce e notte. L’errore dei mortali corrisponde ad interpretare il divenire riconducendolo a coppie di contrari , appunto luce e notte, passaggio dall’essere al non essere. Se ammettiamo che il divenire è formato da contrari la 3° via riscatta il divenire dalla sua contraddizione riconducendolo a un’opposizione tra contrari che però sono entrambi essere. Sfruttando un’ottica nuova, garantita sempre dall’assolutezza dell’essere. In questo modo la molteplicità e il divenire trovano la loro plausibilità. Applicando però direttamente il principio si arriva in altra analisi ad appiattire le differenze e negare il divenire e la molteplicità. Comunque Parmenide non arriva alle estreme conseguenze utilizza la via come scappatoia. Zenone e Melisso non ammettono la 3° via. Filosofie pluraliste I filosofi che vengono dopo l’eleatismo tornano ad interessarsi del problema della natura. La loro filosofia rappresenta un primo tentativo di sintesi fra l’Eraclitismo e l’Eleatismo. Da Eraclito essi accettano l’idea del divenire delle cose; da Parmenide accolgono invece il concetto dell’eternità e immutabilità dell’essere. Ma come conciliare le due cose? Il problema fondamentale sul quale la filosofia riflette dopo Parmenide è proprio questo, come mettere in rapporto l’unità e la molteplicità. Lo risolvono spiegando il divenire non come un passaggio dall’essere al non essere o viceversa, ma come una trasformazione semplice all’interno dell’essere. Tra questi filosofi ricordiamo: Empedocle, Anassagora e Democrito. Questi filosofi portano la molteplicità a livello del principio. All’origine della realtà dunque, per tali filosofi ci stanno tanti elementi immodificabili, ciascuno dei quali ha le caratteristiche dell’essere parmenideo, e il divenire non è altro che il comporsi e lo scomporsi di questi elementi. Elemento: realtà originaria, principio costitutivo e semplice. Empedocle Per Empedocle i 4 elementi (come li definisce lui, le 4 radici delle cose) sono aria, acqua, terra e fuoco. Per spiegare come questi elementi si contrappongono e scompongono. E introduce 2 forze contrastanti, cause della mescolanza: amore e odio (sotto influenza orfica). Anassagora Per Anassagora i principi sono le omeomerie cioè i semi di tutte le cose. Hanno in sé una mescolanza di elementi, sono cose che se vengono divise danno come risultato delle parti qualitativamente identiche, che racchiudono le caratteristiche dell’essere parmenideo. A seconda delle diverse combinazioni di questi derivano gli elementi, le diverse realtà. La causa che determina il diverso mescolarsi dei semi è per Anassagora il Nous (“intelletto”), un carattere divino, che “governa”, e ordina il divenire. Democrito e l’atomismo Nasce nel 460 a.C. e muore alcuni decenni dopo Socrate. Questo è interessante perché cronologicamente parlando, è piuttosto un post-socratico, un contemporaneo alla fase umanistica. Tant’è vero che l’atomismo sebbene riguarda le cosmologie, i problemi sulla natura (ciò spiega la sua inclusione nella fase naturalistica), si mostra aperto anche ai problemi della morale della storia, del linguaggio…, manifestando una tendenza enciclopedica che risente della nuova cultura di tipo socratica. Riprende l’idea filosofica di Eraclito e Parmenide. La sua filosofia è “conoscenza genuina”, riesce a cogliere attraverso il logos l’essere vero della realtà, in contrapposizione alla conoscenza superficiale alla quale si fermano i sensi. Il ragionamento di Democrito consiste nel rovesciare in senso positivo un’ipotesi, precedentemente formulata da Melisso: “Se i molti fossero dovrebbero essere tali quali è l’uno” . Per Melisso la conclusione di tale ipotesi era che i molti non sono. Infatti i “molti” (oggetti dell’esperienza) non possono essere uno, quindi essi non esistono. Secondo Democrito i “molti” sono i principi che hanno le caratteristiche dell’essere Parmenideo (tranne l’unicità). Per Democrito gli elementi originari sono gli atomi (che stanno dietro agli oggetti della nostra esperienza) e il loro mescolarsi è dato dal caso, che coincide con la necessità. Gli atomi e il vuoto Atomo indivisibile L’atomo è una realtà originaria e immodificabile. Proprio perché sono elementi originari, essi non possono essere ulteriormente divisi, possono solo aggregarsi o disgregarsi costituendo realtà composte. L’atomo non può essere considerato un oggetto dell’esperienza in quanto è inosservabile, talmente piccolo da sfuggire alla vista. È solo attraverso un ragionamento (per deduzione), cioè attraverso l’uso del logos, che si può affermare l’esistenza degli atomi. Per questo Democrito li chiama anche idee (ovvero forme visibili all’intelletto). L’atomo è il vero essere che si percepisce solo attraverso il logos. Non è dunque un concetto paragonabile a quello scientifico. Dal punto di vista qualitativo gli atomi sono tra loro omogenei, ma dal punto di vista quantitativo differenziano in: - figura: forma e grandezza; - ordine: posizione di un atomo rispetto agli altri (posizione relativa) - posizione: posizione assoluta dell’atomo nel vuoto. Il vuoto è un concetto teorico non osservabile ma necessario, è infatti l’ambito nel quale gli atomi si muovono, quindi si aggregano e disgregano. Gli atomi corrispondono al pieno d’essere e sono l’essere, mentre il vuoto in quanto non atomo corrisponde al non pieno quindi non essere. Atomo = essere Vuoto = non atomo = non essere Il vuoto necessariamente è non essere perché è l’ambito in cui gli atomi si muovono. Infatti se tutto fosse pieno (anche il vuoto) non si spiegherebbe il movimento degli atomi. L’atomo è caratterizzato da: 1. qualità primarie: caratteristiche quantitative che differenziano gli atomi. Sono qualità traducibili con mezzi matematici, misurabili. Qualità oggettive. 2. qualità secondarie: qualità relative agli oggetti dell’esperienza (colori, odori, sapori), caratteristiche soggettive (legate alla sensibilità di ciascuno). Sono il risultato dello scontro tra gli atomi. Quest’ultimi infatti, scontrandosi impressionano i nostri sensi che si traducono successivamente in colori, odori, sapori… . I tratti essenziali della visione atomistica del mondo sono: il materialismo : per cui tutte le cose sono corporee, materiali (compresa l’anima); svalutazione delle qualità secondarie che vengono ricondotte a quelle primarie; corpuscolarismo: la materia è costituita da particelle distinte e indivisibili: gli atomi; meccanicismo: tutti i fenomeni sono spiegabili in virtù delle caratteristiche geometriche degli atomi; determinismo o necessità: affermazione di una necessità che governa ogni mutamento, poste delle caratteristiche ne consegue un certo mutamento… . Brano Eterni, infiniti: caratteristiche degli atomi; spazio: è relativo al vuoto, al nulla; ente : è l’essere, solido, consistente caratteristiche che indicano la pienezza di questo essere; figura: in questo è implicito il concetto di forma e grandezza. Il movimento atomico Esistono 3 tipi di movimenti atomici: - movimento precosmico - movimento cosmogonico - effluvi Movimento Precosmico: movimento originario, pulviscolare, caotico (senza uno scopo preciso), paragonabile appunto alla polvere che volteggia nell’aria. A causa di questo movimento gi atomi entrano in contatto tra loro. Movimento cosmogonico (che dà origine al cosmo): dal movimento precosmico gli atomi si scontrano e a seconda delle loro caratteristiche tenderanno ad aggregarsi formando dei vortici secondo la legge per cui gli atomi più pesanti convergono verso il centro, mentre quelli più leggeri restano all’esterno. In base a questi movimenti si generano gli oggetti dell’esperienza ed infiniti mondi. Effluvi: attraverso gli effluvi Democrito spiega fenomeni come i profumi e la conoscenza. Gli effluvi sono il liberarsi di alcuni atomi dai corpi composti (i corpi come sappiamo sono costituiti da atomi) nel vuoto. Questi atomi incontrandosi impressionano diversamente i nostri organi di senso costituendo odori, profumi, sapori… . Gli atomi liberati modificano dunque le nostre facoltà conoscitive (sensi e logos) determinando la conoscenza dell’oggetto. N.B. Per Democrito vale il principio di “il simile conosce il simile”, dunque conoscere implica in qualche modo un’assimilazione. Brano Il brano richiama l’attenzione sulle qualità primarie e secondarie. Ci sono 2 livelli di realtà: q. secondarie l’apparire (livello superficiale) : caldo, freddo, i colori… q. primarie l’essere (livello profondo) : atomi in movimento,vuoto come si vede le qualità secondari e sono riconducibili a quelle primarie. Esempi - Struttura compatta : freddo Struttura disgregata: caldo; - il colore che noi percepiamo dipende dalla direzione degli atomi (che orientati in modo diverso, vengono colpiti dalla luce in modo diverso; - il dolce (atomi rotondi). Questo perché l’incontro è tra gli atomi , tra loro omogenei, con la struttura soggettiva (che è a sua volta costituita da aggregati di atomi) che è per ciascuno diversa. Il caso Dante parla di Democrito come di colui che ha posto il mondo a caso. È Democrito stesso a descrivere un universo fatto dal caso,che però in profondità coincide con la necessità (che in realtà è più un suo opposto) in quanto egli nega l’esistenza di cause finali, di scopi per cui le cose si muovono, non delle cause in generale. Dunque per Democrito tutto dipende per necessità meccanica (v. indietro). Questa è una visione metafisica più che scientifica. L’anima e la concezione materialistica Quest’idea della realtà, che è costituita da atomi, per necessità, Democrito la estende anche all’anima. Egli infatti afferma la sua esistenza, ne parla anche in alcuni suoi frammenti riferiti all’etica morale. Secondo Democrito il vero bene dell’uomo si trova nell’anima e non nel corpo. L’anima è superiore al corpo, ma in sostanza anch’essa è costituita da atomi,anche se più perfetti. È come il corpo una realtà materiale risultante dall’aggregazione atomica, così come gli Dei (concezione materialistica, v. indietro).