Filosofia 14 ottobre 2014 (Interrogazione Ismani) Eraclito, teoria del divenire: tutto scorre e diviene; ogni cosa non è mai la stessa cosa (esempio: non si può fare due volte il bagno nello stesso fiume perché l’acqua scorre e non è mai la stessa). Obiezione: Il fiume è evidente che scorre, si nota subito perché lo percepiamo con i sensi (conoscenza empirica, in greco empiria, che si basa sui cinque sensi). Il sasso si può pensare che non muta, invece col tempo il sasso può diventare sabbia, ma questo si capisce usando la logica e non l’esperienza. Attraverso il logos si arriva a conclusioni più elaborate. Il logos è superiore all’empiria. Secondo Eraclito, noi troviamo l’arché nel divenire stesso che è l’unica cosa che non muta. Qui siamo oltre la fisica, nella metafisica, siamo nel campo della ragione (diversamente dagli Ionici, Talete o Anassimandro). Sulla teoria del divenire si costruisce la teoria degli opposti: se tutto diviene significa che una cosa è anche il suo opposto, il sue essere è limitato al suo non essere. Una cosa può essere considerata dal punto di vista: 1. Ontologico: come è fatta una cosa, ad esempio: il quaderno. Esso è un essere limitatamente al suo essere perché deve avere determinate caratteristiche per appartenere a quella categoria: i quaderni. 2. Cronologico: come è diventato quaderno, dalla carta che a sua volta era albero. I contrari si escludono a vicenda. Negli opposti una cosa esiste se esiste anche il suo opposto: una cosa è anche il suo opposto; per capire il bene non possiamo fare a meno del male. Se la realtà è quella descritta da Eraclito il principio di non contraddizione va in crisi. Le cose divengono ciò che esse non sono: il quaderno è anche il non quaderno. Dal punto di vista cronologico e ontologico. E’ vero Eraclito o il principio di non contraddizione? In questo preciso momento il quaderno è il quaderno, se non le vediamo in divenire. Nel corso del divenire questo non è possibile. Come si esce da questo dilemma? O è vero il principio di non contraddizione o è vero ciò che dice Eraclito. Questo problema è affrontato da Parmenide, esponente della scuola filosofica degli Eleati (da Elea, il posto dove vivevano, nella Magna Grecia, vicino a Napoli): in essa ci sono due grandi personaggi: Parmenide e Zenone. Parmenide dice che non possiamo abbandonare il principio di non contraddizione e lo applica all’essere: l’essere “è e non può non essere” il non essere “non è e non può essere”. La soluzione ce la dà Parmenide stesso: la realtà fisica è completamente irrazionale. Le cose come le ha descritte Eraclito, violano il principio di non contraddizione, quindi sono assurde, irrazionali. Le cose sono e non sono ma il vero essere non può non essere. Obiezione della Giambrone: se io prendo il quaderno e lo sbatto in testa alla Lopez lei lo sente che è. Separiamo il verbo essere dal verbo esistere: le cose esistono ma non sono. Ogni essere umano per essere se stesso, avere un’identità, deve contrapporsi agli altri. In questo senso si può vedere la teoria degli opposti. Esiste un io perché esiste un tu, esisto io perché esistono gli altri. Se ognuno di noi è e non è, il nostro essere è limitato. In me c’è tanto non essere, c’è più non essere che essere. Il vero essere non è nella realtà fisica, solo nella realtà metafisica. L’esistenza è effimera, apparente, superficiale, falsa.