Il lungo dopoguerra: L`ordine bipolare

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Il lungo dopoguerra:
L'ordine bipolare
1. Dalla collaborazione
alla formazione dei blocchi contrapposti
Dalla collaborazione alla formazione
dei blocchi contrapposti
Il 4 febbraio 1945, Roosevelt, Churchill e Stalin si
riunirono a Yalta, in Crimea, per riflettere sul
futuro assetto dell'Europa post-bellica. In questo
incontro non venne ancora deciso (come invece
spesso si afferma) che l'Europa sarebbe stata
divisa in due grandi sfere di influenza, piuttosto
si lasciava ampio spazio all'autodecisione dei
popoli.
La nascita dell'ONU
La speranza di Roosevelt era di poter continuare la collaborazione con i sovietici anche dopo la
sconfitta di Hitler. A tal fine promosse la nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, con
l'obiettivo di conservare la pace e la sicurezza a livello mondiale. Stalin però era preoccupato
che l'ONU potesse trasformarsi in uno strumento di attuazione di una politica antisovietica da
parte dei paesi capitalisti. Pertanto, a Yalta, Stalin ottenne che all'interno del Consiglio di
Sicurezza (organismo direttivo dell'ONU, composto da 5 membri permanenti e 10 variabili), le
cinque più importanti potenze (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina, membri
permanenti) godessero del diritto di veto.
L'ONU nacque ufficialmente il 26 giugno 1945, dopo un'apposita conferenza a San Francisco in
cui furono fissati i principi di fondo e lo statuto. Il 10 dicembre 1948, l'Assemblea generale
delle Nazioni Unite approvò una solenne Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, nel cui Articolo 1
era scritto: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati
di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
La Conferenza di Potsdam
I tre grandi stati vincitori si incontrarono di nuovo a Potsdam
dal 17 luglio al 2 agosto 1945. Il nuovo presidente
americano, Harry Truman, era molto più diffidente nei
confronti di Stalin, così nel maggio 1945 interruppe gli aiuti
all'URSS (fino ad allora erogati con la Legge affitti e prestiti).
A Potsdam si diede esecuzione alla decisione già presa a Yalta
di dividere la Germania in 4 zone d'occupazione
(americana, britannica, francese, sovietica); inoltre, ogni
potenza occupante poteva effettuare prelievi di impianti
industriali o altro, a titolo di riparazione, direttamente nella
zona amministrata.
La dottrina Truman
Stalin iniziò la “sovietizzazione” di tutta l'area occupata
dall'Armata Rossa (ovvero gran parte dell'Europa
orientale). A tal proposito Churchill disse che una cortina di
ferro si era stesa sulle regioni orientali del continente e fece
un appello agli Stati Uniti per bilanciare la crescente potenza
sovietica. L'appello fu effettivamente accolto: il 12 aprile
1947, in un celebre discorso al Congresso il presidente
americano fissò la cosiddetta dottrina Truman, in cui si
diceva che obiettivo politico primario degli USA era il
“contenimento del comunismo”, in modo da impedire che
altre regioni d'Europa o del mondo finissero sotto controllo
sovietico.
http://www.youtube.com/watch?v=_nLlen31iFQ (2 minuti)
Gli accordi di Bretton Woods
Un altro obiettivo statunitense era quello di creare un libero mercato
globale, potenzialmente mondiale. Tale obiettivo, già iniziato nel
1941 con la firma della Carta Atlantica tra USA e GB, fu ribadito con
gli accordi monetari di Bretton Woods del 1944, finalizzati a
stabilizzare i cambi delle monete, ancora fluttuanti dopo l'abbandono
della parità aurea negli anni Trenta. Gli accordi prevedevano 1)
l'obbligo per ogni paese di adottare una politica monetaria tesa a
stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro, che
veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi
oscillazioni delle altre valute; 2) il compito di equilibrare gli squilibri
causati dai pagamenti internazionali, assegnato al Fondo Monetario
Internazionale (o FMI). Il piano istituì sia il FMI che la Banca
internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (detta anche Banca
mondiale).
Il Piano Marshall
Gli USA misero in atto un grandioso piano di aiuti per rilanciare
la produzione industriale dei paesi europei, noto come
Piano Marshall (dal nome dell'allora Segretario di Stato,
George Marshall). In un primo tempo, gli Stati Uniti offrirono
fondi anche a Polonia e Cecoslovacchia, ma Stalin vietò loro
di accettarli. Da quel momento gli aiuti vennero garantiti
solo a quei governi che non vedessero la partecipazione dei
comunisti: il piano divenne una formidabile arma di
pressione, finalizzata a garantire agli USA l'allineamento di
quei paesi (come la Francia e l'Italia) che avevano al proprio
interno dei forti partiti comunisti.
Il Piano Marshall fu approvato dal Congresso nel marzo 1948 e
fu sospeso nel 1952, dopo aver erogato complessivamente
aiuti per 13812 milioni di dollari.
Il Cominform e la condanna di Tito
Al Piano Marshall, l'URSS rispose con la fondazione del Cominform (Ufficio
d'informazione dei partiti comunisti), finalizzato a coordinare l'azione politica dei
partiti comunisti di tutto il mondo (in modo analogo a quello che era il Comintern,
o Internazionale comunista). Nel gennaio 1949 fu creato anche il Comecon
(Comitato di assistenza economica), che ufficialmente doveva rappresentare uno
strumento di cooperazione economica tra le “democrazie popolari” legate all'URSS,
ma che in realtà permetteva a Stalin di utilizzare le risorse dei paesi occupati
durante la guerra per rilanciare l'economia sovietica.
Dal 1949 anche l'URSS ha la bomba atomica.
Il 28 giugno 1948, il Partito comunista jugoslavo venne espulso dal Cominform, perché
Tito stava cercando di fare una politica nazionale indipendente dagli URSS (tale
politica si concretizzò negli anni '60 con la fondazione del Movimento dei Non
Allineati). Oltre alla condanna di Tito, Stalin ordinò che fossero eliminati tutti quei
dirigenti comunisti che potevano aspirare all'indipendenza dall'URSS e dar vita a
vie nazionali verso il socialismo. In Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria e Polonia
vennero organizzati grandi processi spettacolari con numerose condanne a morte e
ergastoli.
Il blocco di Berlino
Nel marzo 1948 gli Alleati riunificarono la Germania Ovest e
diedero vita ad una riforma del sistema monetario. Per reazione,
i russi bloccarono ogni accesso alla città di Berlino, la quale, nel
1945, pur essendo nella zona sovietica, era stata anch'essa a
sua volta divisa in quattro settori. La zona amministrata dalle
tre potenze occidentali si trovava dunque circondata
interamente da un territorio controllato dai sovietici (lo scopo
era indurre gli Alleati ad abbandonare la città). Il 26 giugno 1948,
iniziò un ponte aereo, il cui compito era quello di rifornire di
tutto i 2,5 milioni di berlinesi residenti nella zona non sovietica.
Il ponte aereo ebbe completo successo, tanto che nel maggio
1949, i sovietici allentarono il blocco.
Aerei C-47 americani scaricano merci
all'aeroporto berlinese Tempelhof
Patto Atlantico (NATO) e
Patto di Varsavia
Il 4 aprile 1949 nacque il Patto Atlantico, cui
aderirono, oltre agli USA e il Canada, anche i
principali paesi dell'Europa occidentale (Gran
Bretagna, Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo,
Danimarca, Italia, Norvegia, Portogallo). A partire
dal 1952 il Patto Atlantico venne chiamato NATO
(North Atlantic Treaty Organization).
Nel 1955 i paesi dell'Europa orientale si unirono in
un'alleanza militare nota con il nome di Patto di
Varsavia, sotto il rigido controllo di Mosca.
La guerra fredda
Con la costituzione dei due blocchi si cominciò a parlare di guerra fredda. Il
termine era stato usato già nel 1945 da George Orwell che, riflettendo sulla
bomba atomica, preconizzava uno scenario in cui le due grandi potenze, non
potendo affrontarsi direttamente, avrebbero finito per dominare e opprimere
tutti gli altri. Nel 1947 fu ripreso dal consigliere presidenziale Bernard Baruch e
dal giornalista Walter Lippmann per descrivere l'emergere delle tensioni tra due
alleati della seconda guerra mondiale.
La fase più critica e potenzialmente pericolosa della guerra fredda fu quella
compresa fra gli anni cinquanta e settanta. Già dai primi anni ottanta i due
blocchi avviarono un graduale processo di distensione e disarmo; tuttavia la
fine di questo periodo storico viene convenzionalmente fatta coincidere con la
caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989).
https://www.youtube.com/watch?v=0seEYYUsLjE (documentario)
2. USA e URSS alle prese con
le rivendicazioni dei diritti
Repubblica Federale Tedesca
e Repubblica Democratica Tedesca
(e le altre “democrazie popolari”)
(e le altre “democrazie popolari”)
(evenne
le altre
popolari”)
Il 23 maggio 1949
dato vita“democrazie
alla Repubblica Federale
Tedesca (RFT o FDR) sul
territorio amministrato dagli anglo-americani. Come risposta, il 7 ottobre 1949
nacque la Repubblica Democratica Tedesca (RDT o DDR) nelle regioni amministrate
dai sovietici. Quest'ultima, insieme agli altri stati dell'Europa dell'est controllati dai
sovietici, veniva detta “democrazia popolare”, con riferimento al concetto di
dittatura del proletariato formulato da Lenin in Stato e rivoluzione, ma che in realtà
significava totale allineamento alle direttive di Mosca.
A partire dal 16 giugno 1953 a Berlino Est la
popolazione iniziò a manifestare contro gli
aumenti del prezzo del pane e di altri generi
alimentari primari. Le truppe sovietiche
d'occupazione riportarono l'ordine con la forza.
La versione ufficiale parlava di operai sobillati da
agenti stranieri; in realtà si trattava del primo
segnale del fatto che le democrazie popolari
potevano reggersi solo con l'uso della repressione
e con il sostegno dell'esercito russo.
Copertina di un fumetto di propaganda americano titolante:
È questo il domani? L'America sotto il Comunismo!
Il XX Congresso del PCUS
Nel 1953, la Jugoslavia e l'Unione Sovietica iniziano un percorso di
riconciliazione.
Anche nei confronti dell'Occidente Krusciov era pronto ad una
nuova politica e, durante il XX Congresso del Partito tenutosi nel
febbraio 1956, lanciò l'idea della coesistenza pacifica, dettata
anche dal fatto che le due superpotenze disponevano ora di
armi, come la bomba H, in grado di provocare un disastro di
proporzioni inimmaginabili, in caso di guerra.
La vera importanza storica del XX Congresso del PCUS stava nel
fatto che Krusciov denunciò Stalin come un dittatore criminale
e violento e rivelò, inoltre, che Lenin, nel suo testamento, aveva
raccomandato di rimuovere Stalin dalla carica di segretario,
ritenendolo dispotico e pericoloso.
La rivolta ungherese del 1956
La destalinizzazione di Kruscev ebbe conseguenze impreviste.
A differenza dell'ottobre polacco, la rivolta ungherese dell'autunno
1956 ebbe altro esito. Dopo una prima grande manifestazione,
l'URSS prima fece intervenire l'esercito a Budapest, ma poi accettò
che Imre Nagy (dirigente comunista in precedenza condannato per
deviazionismo) venisse nominato Presidente del Consiglio. Nagy,
tuttavia, invece di allinearsi alle direttive di Mosca, diede vita ad un
governo di coalizione, comprendente anche elementi non
comunisti e soprattutto dichiarò che l'Ungheria usciva dal Patto di
Varsavia. L'estrema speranza dei ribelli era che l'ONU intervenisse a
sostegno dell'Ungheria, in caso di aggressione russa. Ma ciò non
avvenne, anche perché in tal caso il rischio di un nuovo conflitto
mondiale sarebbe stato elevato. Così il 4 novembre 1956 i carri
armati sovietici attaccarono per la seconda volta Budapest. Dopo
quattro giorni di scontri violentissimi, Nagy fu arrestato, processato
a porte chiuse, e impiccato il 16 giugno 1958.
Bandiera ungherese con
l'emblema comunista
strappato.
La caccia alle streghe negli USA
(Il maccartismo)
Negli Stati Uniti la denuncia, da parte del governo e degli organi di stampa, della
violazione dei diritti dell'uomo compiuti dai regimi comunisti era all'ordine
del giorno. Tuttavia, negli anni Cinquanta, anche nella democratica America,
non sempre i diritti erano rispettati. Vi fu in particolare, tra il 1950 e il 1954,
una commissione d'inchiesta contro il comunismo, guidata dal senatore
Joseph McCarthy, che, sotto la spinta di una sorta di isteria collettiva e del
ricorso alla teoria del complotto, compì una lunga serie di abusi giudiziari.
Nella maggior parte dei casi le accuse, rivolte a persone comuni come a noti
personaggi pubblici, di essere spie al servizio dei russi, erano prive di
fondamento, eppure migliaia di persone furono condannate o videro la
propria carriera distrutta. Il caso più noto è quello dei coniugi Julius ed Ethel
Rosenberg, che, nonostante gli abusi e le numerose irregolarità procedurali,
vennero giudicati colpevoli di spionaggio a favore dell'URSS e giustiziati nel
1953.
Le proteste dei neri negli anni
Cinquanta
Mentre il maccartismo volgeva al termine, cominciò a prendere campo la protesta dei cittadini
neri americani, per ottenere parità di diritti. Il primo significativo episodio si ebbe a
Montgomery, in Alabama, dove la popolazione nera nel 1956 boicottò i trasporti pubblici, sui
quali vigeva una rigida separazione. A guida della clamorosa iniziativa vi era Martin Luther
King, un giovane pastore della Chiesa battista. King rifiutava la violenza come strumento di
lotta, in quanto sosteneva che l'uso della violenza non avrebbe mai potuto generare una
pacifica convivenza, ma solo altro odio. La protesta di Montgomery si concluse con successo,
in quanto nel novembre 1956 la Corte suprema dichiarò incostituzionali le leggi
segregazioniste dello stato dell'Alabama. Già nel 1954 la Corte suprema aveva condannato la
prassi della separazione scolastica (si noti che nel 1896 invece la Corte suprema aveva sancito
la legittimità della pratica di erogare servizi uguali ma separati). A questo nuovo
orientamento della Corte suprema si opposero fortemente gli stati del Sud. L'episodio più
grave si ebbe a Little Rock, in Arkansas, dove nel 1957 gli studenti neri che volevano entrare
in una scuola tradizionalmente frequentata da bianchi, dovettero essere scortati dall'esercito.
Vi fu un aspro conflitto fra potere centrale (garante del dettato costituzionale) e potere
periferico (portavoce dei sentimenti razzisti della popolazione bianca).
La Nazione dell'Islam
Negli anni Cinquanta vi fu un imponente esodo di neri dal Sud, dove ormai
scarseggiava il lavoro nei campi, verso il Nord industrializzato. I nuovi arrivati
si accalcavano in zone squallide e degradate, dove proliferava delinquenza e
prostituzione. Fu in questo contesto che crebbe Malcom X, un giovane
delinquente, che in carcere entrò in contatto con i seguaci di Elijah
Muhammad, fondatore di un movimento chiamato la Nazione dell'Islam
(noto anche con il nome di Black Muslims), di cui Malcom X divenne uno dei
leader. Il movimento professava la natura diabolica dell'uomo bianco, da
cui quindi bisognava prendere le distanze, rifiutandone il mondo e i valori. I
seguaci dei Musulmani Neri erano soliti sostituire il proprio cognome con
una X, in memoria dell'ignota tribù africana di provenienza.
Il nazionalismo nero considerava il mondo bianco irrimediabilmente permeato
di razzismo e incapace di redenzione, pertanto l'integrazione con esso era
impossibile.
La lotta per l'integrazione
Mentre la Nazione dell'Islam diffondeva questa nuova dottrina soprattutto fra i neri delle grandi
città, Martin Luther King continuava la sua lotta nonviolenta contro il potere razzista bianco
degli stati del Sud. In seguito a violenze subite durante una pubblica dimostrazione
organizzata da King nel 1963 a Birmingham in Alabama, le principali associazioni antirazziste
organizzarono una grande marcia su Washington, che ebbe luogo il 28 agosto del 1963.
Nel 1964 a Martin Luther King venne conferito il premio Nobel per la pace.
Nel marzo 1965 si ebbe a Selma (in Alabama) un'altra clamorosa esplosione di violenza razzista: i
dimostranti neri che marciavano pacificamente furono bastonati dalla polizia, che arrestò
moltissime persone, fra cui lo stesso King.
In risposta a queste violenze, il presidente Johnson presentò al Congresso il Voting Rights Bill,
con cui si eliminavano i test di cultura generale necessari per poter votare.
Sul piano dei diritti si può dire che la battaglia dei neri per l'integrazione era vinta, sebbene il
razzismo fosse tutt'altro che spento: l'assassinio di Martin Luther King il 4 aprile 1968 ne fu
la tragica prova.
Il 21 febbraio 1965, in circostanze poco chiare, anche Malcom X era stato assassinato. La
situazione divenne esplosiva nei ghetti neri, dove si fece strada un nuovo movimento
radicale, chiamato Black Power. A tutt'oggi la questione razziale negli USA rimane un
problema aperto.
Martin Luther King
Malcom X
https://www.youtube.com/watch?v=WrNvwP81H-I
(I have a dream – 5 minuti)
https://www.youtube.com/watch?v=-p-psjgU5P0
(Malcom X – M.L. King biografie a confronto, documentario)
3. In piena guerra fredda:
Il muro di Berlino e la crisi dei missili cubani
Il Muro di Berlino
Nel 1961, si ebbe una seconda crisi berlinese (dopo quella del 1953), causata questa
volta dalla continua fuga di tedeschi della Repubblica Democratica verso la
Germania occidentale. In genere la fuga aveva come prima tappa Berlino Ovest,
nacque così l'idea di porre, fra Berlino Est e Berlino Ovest, un'insuperabile
barriera, il cosiddetto Muro di Berlino, che divenne il simbolo fisico della divisione
politica dell'Europa. L'operazione venne messa in atto all'una di notte del 13 agosto
1961, bloccando tutti i passaggi con del filo spinato, poi con il tempo, prese corpo
un complesso murario sofisticato, lungo 166 km e dotato di 285 torri di controllo.
L'obiettivo del Muro non era quello di impedire l'ingresso ad un nemico, ma la fuga
ai cittadini di uno stato e di una città, per cui il Muro era più simile al recinto di una
prigione che ad un sistema difensivo.
Di fronte a questo intervento gli americani furono colti di sorpresa e tutto quello che
fecero fu di rassicurare i cittadini di Berlino Ovest che non sarebbero stati
abbandonati qualora ci fossero stati tentativi dei sovietici di annettere l'intera città.
Nel giugno 1963 Kennedy si recò in visita ufficiale a Berlino Ovest, dove pronunciò
il celebre discorso che si concluse con la storica frase “Ich bin ein Berliner”.
http://www.youtube.com/watch?v=wWsG1TPhy_o (3 minuti)
Il muro di Berlino nel 1988, è visibile una torre di guardia nel settore orientale
La vittoria della rivoluzione cubana
Il 4 ottobre 1957, i sovietici riuscirono a mettere in orbita il primo satellite
artificiale, denominato Sputnik, mostrando di possedere vettori missilistici
capaci di raggiungere qualsiasi regione del territorio americano.
Due anni dopo, nell'isola di Cuba, ad appena 90 km dalle coste della Florida,
risultò vittoriosa una rivoluzione di matrice comunista. Cuba, era sotto
stretto controllo politico e militare di Washington. Le grandi compagnie
statunitensi facevano affari controllando interamente l'economia dell'isola,
basata soprattutto sulla coltura della canna da zucchero; mentre la
popolazione viveva nelle campagne in condizioni di estrema miseria. Nel
1956, un gruppo di intellettuali, tra cui Fidel Castro e Ernesto Guevara, detto
Che, diedero vita ad una guerriglia contro il governo del dittatore Fulgencio
Batista. Nel 1959 la rivoluzione si concluse vittoriosamente e i ribelli diedero
vita a un regime di tipo socialista. Le banche, le industrie, le imprese e gran
parte delle terre, vennero nazionalizzate e Fidel Castro divenne arbitro
assoluto della vita politica.
http://www.youtube.com/watch?v=VsPypYSSIeQ
(i due interventi nella IX sessione
dell'Assemblea Generale dell'ONU l'11 dicembre
1964, dal film Che l'argentino)
La spedizione alla Baia dei Porci
e l'embargo
Nel 1961, i servizi segreti statunitensi (la CIA) finanziarono e organizzarono una
spedizione militare di fuoriusciti cubani decisi a rovesciare il governo di
Castro. Il 17 aprile, in una località detta Baia dei Porci, sulla costa meridionale
dell'isola, fu tentato uno sbarco che però si risolse in un fallimento totale, in
quanto la popolazione cubana, che gli esuli pensavano si sarebbe unita a loro,
appoggiò il nuovo regime (anche perché questo aveva nel frattempo attuato
una riforma agraria finalizzata a redistribuire la proprietà delle terre e si era
distinto per una massiccia lotta all'analfabetismo).
Vista l'impossibilità di rovesciare il regime rivoluzionario per via militare, il
governo di Washington ricorse all'embargo economico, cioè al blocco di ogni
relazione commerciale fra USA e Cuba. L'Unione Sovietica, allora, si fece avanti
presso il governo castrista come nuovo partner commerciale, offrendo petrolio
in cambio di zucchero.
https://www.youtube.com/watch?v=377u3PKRLtA (un minuto di storia)
La crisi dei missili a Cuba
Nel 1962, per rispondere all'installazione di missili americani in Turchia, alle frontiere
con l'URSS, i sovietici iniziarono a Cuba la costruzione di una serie di postazioni
missilistiche, capaci di minacciare direttamente il vicino territorio statunitense.
Tali installazioni vennero scoperte dagli americani nel corso delle ricognizioni aeree
compiute tra il 15 e il 18 ottobre 1962. Kennedy, a differenza di quanto sperava
Krusciov, non accettò senza reagire il fatto compiuto e ordinò un blocco navale al
largo di Cuba, dichiarando che qualunque imbarcazione diretta all'isola sarebbe
stata fermata e perfino affondata se avesse rifiutato di arrestarsi.
I sovietici si resero conto che uno scontro armato con gli USA non era mai stato così
prossimo ad esplodere e che c'era la possibilità di una sua degenerazione in
conflitto nucleare. Krusciov, dapprima ordinò alle navi russe dirette a Cuba di
diminuire la velocità o di invertire la propria rotta, e poi offrì agli USA di ritirare i
missili da Cuba in cambio dell'equivalente ritiro dei missili americani in Turchia e
della solenne dichiarazione che gli Stati Uniti non avrebbero più tentato di
invadere l'isola caraibica e di rovesciare il governo di Castro.
https://www.youtube.com/watch?v=DSA7Evcy7iE (trailer film Thirteen days)
Krusciov e Kennedy
Questa prova di forza indebolì Krusciov, il quale, nel
1964, dopo esser stato accusato di aver condotto
una politica estera troppo avventata, venne
obbligato a dimettersi. Il suo posto fu preso da
Leonid Breznev, che avrebbe guidato l'URSS fino al
1982 (anno sua morte).
Kennedy, venne assassinato a Dallas, in Texas, il 22
novembre 1963.
https://www.youtube.com/watch?v=i5cCzDbtVnM
(video dello sparo)
4. USA-Europa e URSS alle prese
con le proteste negli anni Sessanta
La protesta studentesca
negli Stati Uniti
Nei decenni seguenti il 1945, si registrò negli USA una diffusione capillare
dell'istruzione e un continuo aumento del numero degli studenti universitari. A
partire dagli anni Sessanta, gli studenti universitari divennero un soggetto sociale di
peso rilevante e diedero vita ad un vasto fenomeno di protesta che, iniziato negli
USA, si diffuse nei principali paesi europei. Epicentro della protesta fu l'università di
Berkeley, dove, nel 1964, molti studenti diedero vita a occupazioni e contestazioni,
contro le modalità di gestione dell'università. Negli anni successivi molti studenti
parteciparono attivamente anche alle campagne per i diritti della minoranza nera.
In seguito, il principale bersaglio della contestazione divenne la guerra del
Vietnam, nella quale gli Stati Uniti si trovarono coinvolti a partire dall'inizio degli
anni Sessanta (in un primo tempo solo come fornitori di aiuti militari, ma
gradualmente come combattenti a fianco del governo sudvietnamita contro la
guerriglia alimentata dal regime comunista costituitosi nella parte settentrionale del
paese). Il conflitto generò fra i giovani un crescente malessere, che raggiunse il suo
apice nell'ottobre del 1967, quando più di 50000 giovani marciarono verso il
Pentagono (quartier generale delle forze armate statunitensi).
Il sessantotto in Europa
Nei principali paesi europei, la protesta studentesca esplose nel 1968 e si
scagliava principalmente contro la società capitalistica che riduceva l'uomo
alla pura dimensione economica e subordinava l'individuo alle esigenze della
produzione e del profitto.
Le proteste più importanti si ebbero a Parigi, nel maggio del 1968, quando agli
studenti che contestavano le rigide regole universitarie si unirono anche gli
operai e i cittadini, mobilitati dai sindacati e dai partiti di sinistra. Uno degli
obiettivi dei contestatori era ottenere le dimissioni di De Gaulle, il quale,
invece, sciolse il Parlamento e convocò nuove elezioni, nelle quali ottenne
una grande vittoria, spiegabile con il fatto che probabilmente l'elettorato
francese si era spaventato dai disordini di maggio. Tuttavia, l'anno
successivo, ad una successiva consultazione per un referendum, De Gaulle
subì una grave sconfitta, che lo costrinse a rassegnare le dimissioni,
nell'aprile 1969.
www.youtube.com/watch?v=IY9rjTYyWZk (1 minuto)
www.youtube.com/watch?v=avwLlwGxt_Y (10 minuti, Italia 68)
La primavera di Praga
Mentre i giovani dell'Occidente chiedevano più spazio per la creatività individuale (la fantasia al potere),
l'Europa orientale era alle prese con il problema della libertà e dei diritti umani in termini più concreti.
Nella Cecoslovacchia stalinista non si era ancora verificato un movimento di protesta come in Polonia e
Ungheria, in quanto l'economia lì godeva di una relativa prosperità. Ma la situazione iniziò a degenerare
a partire dal 1962, quando alcuni generi alimentari cominciarono a sparire dal mercato e soprattutto
quando la popolazione della Slovacchia diede i primi segnali di malcontento nei confronti della politica
accentratrice del governo di Praga. Questi primi segnali di crisi spinsero i sovietici a porre come capo del
Partito comunista lo slovacco Aleksander Dubček, il quale, resosi conto che il Partito comunista non
godeva più da tempo della fiducia della gente, si propose di rinnovare radicalmente la funzione del
Partito, dando la possibilità alla gente di rivolgere critiche e ascoltando le richieste della base. Dubček in
sostanza proponeva un socialismo dal volto umano, che sapeva farsi interprete delle aspirazioni
concrete della popolazione.
Breznev dapprima fece pressioni su Dubček affinché ripristinasse la censura e ponesse un freno al dibattito
politico che, nel corso della prima metà del 1968 (di qui l'espressione primavera di Praga), si era
liberamente manifestato all'interno della Cecoslovacchia. Il 20 agosto 1968, vista la determinazione di
Dubček, Breznev si decise di soffocare l'esperimento del socialismo dal volto umano con un intervento
militare delle truppe del Patto di Varsavia analogo a quello ungherese del 1956, mostrando
definitivamente che era impossibile riformare un partito comunista di modello leninista.
Folla di dimostranti che circondano alcuni carri armati
sovietici durante i primi giorni dell'invasione.
5. Dallo sviluppo economico degli anni Cinquanta
e Sessanta alla crisi degli anni Settanta, fino alle
politiche neo-liberiste degli anni Ottanta
Lo sviluppo economico degli anni
Cinquanta e Sessanta
Gli anni fra il 1950 e il 1970 furono un periodo di cambiamenti sociali e di
sviluppo economico senza precedenti. Insieme agli Stati Uniti, i due stati che
registrarono i successi più clamorosi furono il Giappone e la Germania
Federale, la cui rinascita economica è stata favorita proprio dagli aiuti
americani, erogati con l'intento di farne dei partner politici ed evitare il
rischio di un loro avvicinamento all'URSS.
Stati Uniti, Germania Federale e Giappone, all'inizio degli anni Settanta, erano
in testa alla classifica dei paesi esportatori, ma la loro vertiginosa crescita
produttiva si inseriva comunque in un più vasto e globale scenario di
sviluppo economico, legato alle grandi trasformazioni che si erano prodotte
dopo la seconda guerra mondiale. Dopo il 1945, infatti, in America e in
Europa, si registrò un vertiginoso calo della popolazione occupata nelle
campagne e, contemporaneamente, una grande espansione industriale, che
godette dell'introduzione della meccanizzazione del lavoro, sicché la
manodopera eccedente nelle campagne fu assorbita con facilità nei grandi
centri urbani.
Società dei consumi e Welfare State
Il grande sviluppo degli anni Cinquanta e Sessanta si spiega innanzitutto con il basso costo del petrolio (un barile di greggio
costava meno di due dollari).
Il modello di sviluppo imitò quello degli Stati Uniti negli anni Venti: l'obiettivo della produzione industriale era quello di
fornire ad un numero sempre crescente di cittadini beni di consumo che, in tempi passati, erano stati a disposizione
solo di un gruppo ristretto di privilegiati. Fu soprattutto l'automobile il simbolo della nuova situazione economica e
sociale. Tuttavia, tale strategia economica, basata sull'incremento costante della quantità di beni di consumo immessi
sul mercato, poteva reggere solo se i potenziali consumatori erano messi in grado di acquistare i prodotti stessi, ovvero
se fosse loro garantito in maniera continuativa un elevato potere d'acquisto.
Ma poiché una simile scelta di tenere gli stipendi alti, se da un lato permetteva alle persone di acquistare i beni e i servizi
prodotti dall'industria, dall'altro rischiava di comprimere i profitti degli imprenditori e quindi di frenare gli investimenti.
Per questa ragione il potere d'acquisto dei salari venne sostenuto anche da parte delle autorità pubbliche, attraverso
l'aumento dell'erogazione di servizi sociali (pensioni, assistenza sanitaria, istruzione gratuita). Con la nascita del Welfare
State (Stato del benessere o Stato assistenziale), una quota importante del salario, che in passato le famiglie dovevano
accantonare per far fronte alle disgrazie improvvise, alle malattie o alla vecchiaia, divenne improvvisamente
disponibile per i consumi.
Il capitalismo post-bellico applicò i correttivi al sistema introdotti dal New Deal roosveltiano e teorizzati dall'economista
inglese John Maynard Keynes, attraverso una presenza dello stato nella vita economica e sociale: tutti i governi
occidentali accettarono di garantire la piena occupazione e lo sviluppo industriale al prezzo di un crescente deficit di
bilancio.
I problemi esplosero a partire dagli anni Settanta e negli Ottanta: poiché i deficit finanziari rischiarono di uscire dal
controllo, per evitare la bancarotta i governi dovettero intervenire, limitando il Welfare State.
Il nuovo scenario economico degli
anni Settanta
Alla fine degli anni Sessanta iniziarono i primi segnali di crisi: negli USA l'attività
produttiva cominciò a rallentare e la disoccupazione a crescere. Per favorire
l'esportazione, nel 1971 il presidente Nixon decise di svalutare il dollaro,
abbandonando il rapporto fisso fra moneta e oro stabilito dagli accordi di Bretton
Woods del 1944.
A seguito della guerra del Kippur (tra Israele da un lato e Egitto e Siria dall'altro, iniziata
il 6 ottobre 1973), i paesi arabi dapprima bloccarono ogni fornitura di petrolio a
tutti gli stati che avevano sostenuto Israele e poi, quando le vendite ripresero,
aumentarono notevolmente il prezzo del greggio, portandolo a 11,65 dollari al
barile (attualmente oscilla intorno ai 100 dollari). Oltre al prezzo aumentato, c'è da
sottolineare il peso che il consumo di energia prodotta dalla combustione di
petrolio aveva assunto nella vita economica dei paesi industrializzati.
Il risultato della rivoluzione dei prezzi petroliferi del 1973 fu l'immediato arresto del
grande sviluppo produttivo, a cominciare dall'industria dell'automobile. Ciò
determino, di conseguenza, nei paesi industrializzati, un aumento generalizzato
della disoccupazione e un aumento vertiginosa dell'inflazione.
Austerity
Le strategie per fronteggiare la crisi
Per affrontare la nuova situazione economica, si cercò di ridurre i costi di produzione, attraverso innovazioni tecnologiche
capaci di sostituire l'intervento umano. L'automazione dei processi produttivi pose fine alla tradizionale equazione tra
espansione economica e aumento dell'occupazione: la tecnologia sempre più sofisticata introdotta nelle fabbriche
provocò il licenziamento di un gran numero di lavoratori scarsamente qualificati (negli USA colpì soprattutto la
manodopera nera).
In Inghilterra e negli Stati Uniti, verso la fine degli anni Settanta si diffuse una politica economica neo-liberista. Reagendo
all'orientamento keynesiano tale impostazione affermava che lo stato doveva gradualmente ritirarsi dalla scena
economica e sociale, cioè diminuire drasticamente la quantità di servizi offerti (in modo da ridurre l'indebitamento
dello stato), attenuare la tassazione e incentivare la libera iniziativa. Il primo a impostare la politica di un grande stato
secondo questo orientamento neo-liberista fu il primo ministro britannico Margaret Thatcher (alla guida del paese dal
1979 al 1990), e successivamente da Ronald Reagan (presidente USA dal 1981 al 1989). Reagan ridusse le imposte del
25% in tre anni, attendendosi un grande rilancio dell'economia, in quanto era fiducioso che gli imprenditori avrebbero
reinvestito in attività produttive tutto ciò che risparmiavano. In realtà, ciò non si verificò, in quanto gli imprenditori
preferirono capitalizzare i risparmi e indirizzarli verso i consumi di lusso. Paradossalmente, inizialmente la strategia
neo-liberista aggravò il deficit della spesa pubblica, che raddoppiò dal 1981 al 1982: da un lato le spese statali per i
pubblici servizi erano state fortemente ridimensionate, dall'altro le condizioni del bilancio dello stato non erano mai
state così critiche. Inoltre, poiché Reagan perseguì anche l'obiettivo della superiorità militare americana, sul bilancio
federale pesò notevolmente il raddoppio (in quattro anni) delle spese per gli armamenti.
A partire dalla fine del 1982, si assistette ad una forte ripresa dell'economia americana. Tuttavia, poiché il deficit del
bilancio pubblico restava altissimo, le spese sociali vennero ulteriormente compresse: il tenore di vita del lavoratore
americano medio si abbassò, mentre crebbero a dismisura sia il numero di coloro che erano privi di qualsiasi tutela
relativa alle malattie e alla vecchiaia, sia la percentuale dei veri e propri poveri. Dal 1979 al 1986, si persero 7 milioni
di posti di lavoro.
6. Il lento declino dell'URSS
e la crisi del socialismo nell'Europa dell'Est
Il lento declino
della potenza sovietica
L'URSS iniziò a spendere somme gigantesche nella costruzione di armamenti
nucleari. Nonostante ciò il divario tecnologico tra le due superpotenze
aumentò. Infatti, il 21 luglio 1969 non furono i russi, ma gli americani i primi
astronauti che sbarcarono sulla Luna: persino nel campo dei voli spaziali ,
che aveva visto i sovietici come precursori, gli Stati Uniti si erano ormai
lasciati indietro il tradizionale avversario. La disparità tecnologica si aggravò
intorno alla metà degli anni Ottanta.
Inoltre, nel dicembre 1979, l'URSS intervenne militarmente nel vicino
Afghanistan, ove un regime militare filosovietico incontrava crescenti
difficoltà a mantenersi al potere. La guerra assorbì numerose risorse
economiche e umane e un diffuso malumore fra la popolazione russa.
L'URSS non riuscì mai a controllare davvero l'intero paese e, infine, fu
costretta a ritirarsi nel febbraio 1989.
La perestrojka di Michail Gorbacev
Nel novembre 1982 morì Breznev, che con la sua politica aveva portato l'URSS al vertice della sua
potenza militare, ma anche ad una situazione di stagnazione economica. Solo nel 1985 il
Partito osò percorrere una strada diversa eleggendo segretario Michail Gorbacev, il quale,
nato nel 1931, a differenza dei suoi predecessori, non aveva collaborato con il regime
stalinista. Gorbacev credeva nel socialismo, ma voleva coniugarlo con la democrazia e con il
rispetto dei diritti dell'uomo e del cittadino. Gorbacev, a partire dal febbraio 1986 lanciò un
grande programma di ristrutturazione (perestrojka) del sistema sovietico, basato sulla
trasparenza (glasnost) e sulla libertà di discussione e di critica.
Nell'aprile 1986, esplose un reattore della centrale nucleare di Cernobyl in Ucraina: la nube
radioattiva sprigionata dall'esplosione dapprima provocò immensi danni nelle regioni
circostanti, e poi investì diversi paesi europei. L'episodio mostrò il disordine e l'inefficienza
che regnavano persino nel settore dell'industria atomica e la necessità di procedere in fretta
a drastiche riforme anche nei campi che si credevano più avanzati e moderni. Per far ciò si
dovevano trovare risorse e Gorbacev pensò di intervenire prima di tutto sul settore militare.
Con questo obiettivo, intraprese con il presidente americano Reagan una serie di trattative
per ridurre il numero dei missili e delle testate nucleari, perseguì una politica di
riconciliazione con la Cina e pose fine alla presenza russa in Afghanistan.
La crisi del socialismo nei paesi
dell'Europa orientale
Le popolazioni dell'Europa orientale si resero conto che nella nuova situazione che si era venuta a
determinare, nel caso di un'azione politica e sociale da parte dell'opposizione, l'URSS non sarebbe più
intervenuta a sostegno delle dittature socialiste dei vari paesi. Così, nel corso del 1989, la situazione
precipitò in tutti i principali stati del socialismo reale.
In Polonia, Jaruzelski concordò con Solidarnosc (ricostituitosi dopo lo smantellamento del 1981) lo
svolgimento di elezioni cui potevano partecipare anche candidati non comunisti: tenutesi nel giugno
1989, queste prime libere consultazioni furono un trionfo per Solidarnosc (a capo del governo venne
eletto il cattolico Tadeus Mazowieski, collaboratore di Walesa).
In Ungheria, oltre alla riabilitazione di Imre Nagy e degli altri leader della rivolta del 1956, il 28 maggio 1989 le
autorità decisero di disattivare nel territorio ungherese la “cortina di ferro” e quindi eliminare i limiti al
libero transito degli individui attraverso le proprie frontiere.
In dicembre, i regimi comunisti furono rovesciati anche in Cecoslovacchia, Bulgaria e Romania (a parte la
Romania, dove il dittatore Ceausescu venne ucciso da una rivolta popolare, in tutti questi altri paesi il
cambiamento avvenne senza spargimenti di sangue).
I nuovi governi avviarono un rapido smantellamento dell'economia pianificata e diretta dallo stato,
adottando un liberismo radicale. Il risultato, tuttavia, non fu quello previsto, poiché l'economia di questi
paesi era del tutto impreparata ad affrontare di colpo le dure leggi del mercato internazionale. Nel giro
di pochi anni il prodotto interno lordo scese e soprattutto aumentò vertiginosamente la disoccupazione.
https://www.youtube.com/watch?v=BGZuL9UeSCE
(sbarco 11 minuti)
La riunificazione della Germania
Dal settembre 1989, attraverso l'Ungheria i tedeschi dell'Est cominciarono di nuovo
ad emigrare in massa verso la Germania Occidentale. Il 9 novembre 1989, le
autorità comuniste tedesche presero atto dell'impossibilità di fermare l'esodo con
la forza e emanarono una nuova normativa che in pratica significava la completa
liberalizzazione della circolazione fra le due Germania. Non appena la notizia si
diffuse, la popolazione di Berlino Est si precipitò in massa contro il Muro, che
venne demolito in più punti, cancellando il simbolo più esplicito e odioso della
separazione dell'Europa in due schieramenti ideologici e militari contrapposti.
A questo punto, il cancelliere della Germania Federale Helmut Kohl, si batté per la
riunificazione della Germania, che venne ufficialmente raggiunta il 3 ottobre 1990.
Anche per la Germania Orientale un simile repentino passaggio all'economia di
mercato si rivelò decisamente traumatico: moltissime aziende dovettero chiudere o
vennero assorbite da imprese dell'Ovest, mentre la disoccupazione toccò la punta
del 17,5%. Il governo centrale dovette intervenire con sovvenzioni ingenti e
continue. Solo un'economia forte come quella tedesca poteva permettersi un
onere simile.
https://www.youtube.com/watch?v=udmcoic0kJo
(l'avvenimento nei tg italiani)
La radicalizzazione dello scontro
politico in URSS
Nel 1989, alle elezioni per il Congresso del popolo (un nuovo organismo destinato a
sostituire il Soviet supremo e a cui poterono per la prima volta partecipare anche
candidati che non si riconoscevano nel partito o che addirittura l'avevano
osteggiato, come Andrej Sacharov, che insieme a Aleksandr Solzenicyn era stato
uno dei più attivi oppositori della dittatura comunista) venne eletto Gorbacev, il
quale però si trovò schiacciato fra due schieramenti nemici, da un lato la
componente più conservatrice e tradizionalista del PCUS, che guardava con
sospetto alla perestrojka, dall'altra coloro che propugnavano il totale abbandono
del socialismo e l'adozione immediata dell'economia di mercato, guidati
dall'emergente figura di Boris Eltsin.
Eltsin sostenne anche i movimenti separatisti (le repubbliche baltiche – Lettonia,
Estonia, Lituania – e la Georgia avevano avviato un processo di secessione),
ritenendo che la Russia dovesse liberarsi dalle altre repubbliche dell'Impero (ormai
divenute solo un peso economico) e dovesse adottare il modello capitalistico e
liberista.
La disgregazione dell'URSS
Nel giugno 1991 Eltsin vinse le elezioni per la carica di Presidente della repubblica russa
(Gorbacev rimaneva invece il capo dell'URSS, con il risultato che il presidente della Russia e
quello dell'URSS praticavano politiche contrastanti).
Nell'agosto 1991 ci fu un tentativo di colpo di stato comunista: i ribelli, con l'obiettivo di
riportare l'ordine comunista nel paese, arrestarono Gorbacev e si preparavano a fare
altrettanto con Eltsin, ma la popolazione scesa in piazza a loro difesa e così i congiurati, per
evitare un massacro fra la popolazione moscovita, desistettero (gli alti esponenti coinvolti nel
complotto furono arrestati e Gorbacev venne liberato).
Nell'autunno 1991, il PCUS e il Parlamento vennero sciolti. L'8 dicembre 1991 i capi di Russia,
Ucraina, e Bielorussia s'incontrarono per firmare l'accordo che dichiarava dissolta l'Unione
Sovietica e la sostituiva con la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e Gorbacev diede le
dimissioni il 25 dicembre, mentre sul Cremlino la bandiera rossa fu sostituita dal tricolore
russo (bianco, rosso e azzurro).
Anche in Russia il repentino passaggio al libero mercato ha provocato un vero e proprio dissesto
economico e una gravissima disoccupazione.
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