La Guerra fredda

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La Guerra fredda
di Gianluca Quilici
Le origini del conflitto
Già nel corso della seconda guerra mondiale Roosevelt(Stati Uniti), Stalin (URSS) e Churchill
(Gran Bretagna) si erano incontrati per accordarsi sulla sistemazione politico-territoriale
dell’Europa dopo la sconfitta di Hitler. La prima conferenza si tenne a Teheran (novembre 1943),
la seconda a Jalta in Crimea (febbraio 1945) quando l’armata rossa passata all’offensiva stava
occupando parte della Germania. In questa occasione furono poste anche le basi
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu). La terza conferenza si tenne a Posdam, vicino a
Berlino (luglio 1945). A questo ultimo incontro parteciparono Truman, eletto presidente degli
USA dopo la morte di Roosevelt, Attlee nuovo leader inglese dopo la sconfitta elettorale di
Churchill e Stalin. Venuto meno il nemico comune, emersero contrasti e diffidenze reciproche tra
gli Alleati che portarono alla spartizione del mondo in blocchi contrapposti. Nella Conferenza di
Parigi (1946-47) per i trattati di pace si manifestarono contrasti tra Washington e Mosca intorno al
destino della Germania. La questione tedesca, la crisi greca, la nascita delle democrazie popolari
nell’Europa orientale consolidarono la contrapposizione tra Paesi occidentali e URSS.
I due modelli
Il mondo si trovava diviso in due blocchi contrapposti, caratterizzati da differenti
modelli economici, da differenti organizzazioni sociali e istituzioni politiche.
Schematicamente: da una parte (USA e alleati) l’economia capitalistica, il mercato,
le libertà individuali e il pluripartitismo, dall’altra (URSS e alleati) l’economia
pianificata, i diritti sociali, il partito unico. USA e URSS erano superpotenze sul
piano economico e su quello militare, impegnate in una gara che ben presto si estese
alle ricerche in campo aereospaziale. Nel 1957 fu lanciato, da parte della Russia, il
primo satellite mentre il primo uomo mandato sulla Luna fu un americano nel 1969.
Strumenti dell’egemonia economica degli USA furono gli accordi di Bretton Woods
(1944) che stabilirono il Gold dollar standard, cioè decisero la convertibilità in
oro del dollaro e ne fecero la moneta di riferimento sulla quale commisurare il
valore delle monete nazionali e il lancio del Piano Marshall, un programma di aiuti
per la ricostruzione economica in Europa.Agli aiuti economici del Piano Marshall,
l’URSS contrappose un’integrazione economica dei paesi sotto la sua influenza
detto Comeconn (Consiglio per la mutua assistenza economica, 1949).
Le alleanze militari
Nel 1949 fu costituito il Patto Atlantico, un’alleanza
difensiva tra USA, Canada, Gran Bretagna, Francia,
Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia, Danimarca,
Norvegia, Islanda e Portogallo, a cui si aggiunsero nel
1951 la Grecia e la Turchia e nel 1954 la Germania
Federale, ma dal quale uscì la Francia nel 1966. Il
Patto Atlantico portò alla costituzione di una forza
militare integrata sotto un unico comando che prese il
nome di Nato (North Atlantic Treaty Organization).
L’URSS rispose alle iniziative occidentali in campo
militare con l’istituzione del Patto di Varsavia, nel
1955, che legava alla potenza sovietica Albania,
Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Repubblica
Democratica Tedesca, Romania, Ungheria. Restava
fuori la Jugoslavia
L'Europa nel 1956: Nato
e Patto di Varsavia
La corsa agli armamenti
Mentre nel primo dopoguerra ci fu una
riduzione degli armamenti, dopo la sconfitta della
Germania e del Giappone nel secondo conflitto
mondiale, USA, Gran Bretagna e URSS
mantennero una potente industria bellica e
intensificarono le ricerche per la produzione di
armi convenzionali e armi nucleari. Nel 1952 gli
USA sperimentarono la bomba all’idrogeno e
durante la guerra di Corea il generale MacArthur
chiese di usare la bomba atomica contro la Cina.
Nel 1949 anche l’URSS mise a punto la bomba
atomica e poco dopo fu in grado di produrre la
bomba all’idrogeno, gli USA non detenevano più
il monopolio delle armi nucleari.
La corsa agli armamenti
Terreno di confronto politico e militare fu la gara spaziale
tra USA e URSS.
Il timore di un conflitto nucleare generò un incubo atomico
collettivo che segnò la mentalità dell’epoca e ha lasciato
tracce nella letteratura e nel cinema e fece sorgere
movimenti pacifisti.
La consapevolezza degli effetti catastrofici dell’uso delle
armi nucleari originò la convinzione che la coesistenza
fosse possibile sulla base dell’equilibrio del terrore. Il fatto
che ogni superpotenza fosse dotata di arsenali nucleari
assicurò una notevole stabilità internazionale ma portò ad
una rincorsa tra le due potenze a dotarsi di ordigni sempre
più numerosi, potenti e sofisticati e quindi diede impulso a
un incremento delle armi nucleari. Dagli anni Sessanta
cominciarono le difficili trattative per fermare la
proliferazione delle armi nucleari; negli anni Settanta fu
stipulato il primo Salt ma bisognerà aspettare Gorbacev
perché si imponga il concetto di riduzione degli armamenti.
Dalla guerra fredda alla distensione
Il linguaggio della guerra fredda iniziò con Churchill che
nel 1946 parlò di una cortina di ferro che divideva
l’Europa.
Nel 1947 il presidente degli Usa enunciò la cosiddetta
dottrina Truman, secondo la quale gli Stati Uniti si
impegnavano a contrastare l’espansionismo sovietico e
la diffusione del comunismo containment. Su questa
base gli USA intervennero in Grecia e in Turchia. Per
parte loro i sovietici denunciarono l’imperialismo
americano.
Nello stesso anno fu lanciato il Piano Marshall, che fu
respinto dall’URSS e dai paesi dell’Europa dell’Est. Nel
1948 con un ponte aereo gli alleati occidentali
superarono il blocco di Berlino da parte dei sovietici, nel
1949 nacquero le due Germanie e fu fondata la Nato.
Nell’Europa orientale i partiti comunisti si
impadronirono del potere, eliminando l’opposizione
soprattutto in Polonia e in Ungheria e in Cecoslovacchia.
La Jugoslavia del leader comunista Tito ruppe con
l’URSS. Il confronto tra le due superpotenze avvenne in
Asia con la guerra di Corea (1950-1953). Nel 1952 fu
eletto presidente degli USA Eisenhower (repubblicano)
(1953-61) che inaugurò una politica più aggressiva nei
confronti dell’URSS, la linea del roll back.
La guerra in Corea
All'inizio del 1950 arrivò il primo impegno statunitense a formare un trattato di pace con il
Giappone, che avrebbe garantito agli USA delle basi militari a lungo termine. Alcuni osservatori
ritennero che il trattato giapponese portò Stalin ad approvare un piano per invadere la Corea del
Sud (appoggiata dagli USA) il 25 giugno 1950. Il paese era stato diviso arbitrariamente in una
parte settentrionale, occupata dall'URSS, e una meridionale, occupata dagli USA. I partigiani
comunisti che l'URSS aveva messo al potere nel nord vedevano sfavorevolmente il governo del
sud.
Probabilmente sobillati da Stalin sferrarono un attacco per riunificare il paese. Temendo che una
Corea unita e comunista potesse neutralizzare il potere statunitense in Giappone, Truman riuscì a
ottenere la sanzione delle Nazioni Unite a un'azione militare per respingere i nordcoreani. I
sovietici erano assenti dal Consiglio di sicurezza dell'ONU per protestare contro l'esclusione della
Repubblica popolare cinese: la Cina infatti era ancora rappresentata dal governo nazionalista che
non aveva più alcun potere effettivo sul territorio, se si esclude l'isola di Taiwan. Non poterono
perciò esercitare il diritto di veto.
Le forze nordcoreane erano però appoggiate dalla Cina comunista che
rispose con degli attacchi a ondate nel novembre 1950. I
combattimenti si stabilizzarono lungo il 38° parallelo, quello che
separava le due Coree. Il generale americano MacArthur propose di
attaccare la Cina, una decisione che, se messa in pratica, avrebbe
provocato una terza guerra mondiale e un'ecatombe di immense
proporzioni. Dovette perciò essere destituito, sebbene parte
dell'opinione pubblica americana, fanaticamente anticomunista, fosse
dalla sua parte.
Dalla guerra fredda alla distensione
Con la scomparsa di Stalin (1953), pur restando alta
la tensione e continuando il confronto ideologico e la
corsa agli armamenti, si iniziò a parlare di coesistenza
pacifica. I momenti principali di tale processo furono
la Conferenza di Ginevra, nella quale il leader russo
Kruscev lanciò la politica della distensione, il trattato
di Vienna con il quale i sovietici si ritirarono
dall’Austria, l’atteggiamento comune tenuto da USA
e URSS nella crisi di Suez (1956) [scheda], il
discorso di Kruscev alle Nazioni Unite nel 1958. Le
aree più calde erano in Asia: la Repubblica popolare
cinese di Mao (1949) si contrapponeva alla Cina
nazionalista (Taiwan) sostenuta dagli occidentali e in
Indocina era iniziato il processo di decolonizzazione
contro i francesi. Nel 1956 nel XX Congresso del
Partito Comunista, il nuovo segretario, Kruscev
denunciò i crimini di Stalin e avviò la
destalinizzazione. Ma nulla cambiò nelle democrazie
popolari, la ribellione dell’Ungheria (1956) fu
stroncata nel sangue, senza che vi fosse intervento da
parte degli occidentali.
La “rappresaglia massiccia”
Quando Dwight Eisenhower entrò in carica nel 1953, era impegnato in due scopi
contraddittori: mantenere — o addirittura aumentare — l'impegno nazionale a contrastare la
diffusione dell'influenza sovietica; e soddisfare le richieste di riequilibrio del bilancio, abbassare
le tasse, e tenere a freno l'inflazione. La principale delle dottrine che emersero da questi scopi fu
la "rappresaglia massiccia", che il Segretario di Stato John Foster Dulles annunciò all'inizio del
1954. Evitando le costose forze di terra convenzionali dell'amministrazione Truman, e brandendo
la vasta superiorità dell'arsenale atomico USA e le azioni sotto copertura dell'intelligence, Dulles
definì questo approccio come "strategia del rischio calcolato" in una intervista del 16 gennaio
1956 alla rivista Life: spingendo l'Unione Sovietica sul'orlo della guerra allo scopo di esigere delle
concessioni.
La crisi di Suez
L'offensiva americana nel Terzo Mondo fu molto efficace nel breve periodo, ma falli
nell'installare regimi filo-statunitensi che sarebbero stati duraturi e stabili. Ma alcuni
inconvenienti erano evidenti già negli anni '50. In particolare, la prima tensione interna
all'alleanza NATO mandò in frantumi il concetto dell'occidente come un blocco monolitico.
Meno efficace nel trattare con il governo nazionalista egiziano, nel 1956 Eisenhower dovette
costringere il Regno Unito e la Francia a ritirarsi da una invasione mal progettata con cui Israele
intendeva strappare il Canale di Suez all'Egitto, un segno che l'interesse degli Stati Uniti nel
Medio Oriente era molto più forte del suo appoggio a Israele.
L'amministrazione Eisenhower si oppose all'avventurismo imperiale britannico e francese nella
regione, per mera prudenza, temendo che il coraggioso confronto del capo egiziano Gamal Abdel
Nasser contro i vecchi poteri coloniali della regione potesse ispirare un maggiore sentimento filosovietico nell'area. In un altro esempio di come l'interventismo estero dell'amministrazione
Eisenhower si riperquota ancora oggi, gli Stati Uniti nel 2003 deposero il regime Iracheno che fu
ispirato dal secolare nazionalismo panarabo e dalle politiche sociali populiste di Nasser.
Minacce per i due blocchi
Gli anni '50 lasciarono il blocco pro-sovietico in una posizione precaria. Nel 1956,
l'Unione Sovietica invase l'Ungheria che era in uno stato di rivoluzione. Mentre questa
rivoluzione non era anti-comunista, era però anti-sovietica. Altri eventi lasciarono il
governo sovietico con un supporto internazionale scarso o nullo, in un periodo in cui le
strategie sovietiche di istituzioni internazionali e progetti di pace erano popolari. Le
relazioni Cino-Sovietiche si stavano deteriorando. In realtà, il mondo comunista non fu
mai un monolito. Ora, questo stava diventando sempre più ovvio.
Il Primo Ministro sovietico Nikita Khrushchev incremento il potere della sua nazione sviluppando
la bomba all'idrogeno e, nel 1957, lanciando il primo satellite artificiale terrestre. Per stabilizzare
la sua posizione europea, il premier sovietico creò il Patto di Varsavia nel 1955 (per bilanciare il
riarmamento della Germania Ovest) e fece costruire il Muro di Berlino nel 1961 (per impedire ai
tedeschi di lasciare l'Est comunista).
Nel breve periodo comunque, il Muro di Berlino si rivelò un inconveniente propagandistico, ma i
sovietici raccolsero un'ampia vittoria quando Khrushchev formò un'alleanza con Cuba dopo la
rivoluzione, coronata da successo, di Fidel Castro del 1959. Sempre per il fastidio degli Stati
Uniti, questa rivoluzione sopravvive tutt'oggi a 150 chilometri dalle coste della Florida.
Anni sessanta
Negli anni’60 fu eletto presidente degli Stati Uniti il democratico J.F.Kennedy, il quale nel
discorso di insediamento espresse gli ideali guida della democrazia americana e al tempo stesso
l’orgogliosa consapevolezza del ruolo mondiale degli USA. La presidenza di Kennedy fece
nascere grandi speranze sul fronte dei diritti civili dei neri. Nonostante i discorsi di distensione
all’inizio degli anni’60 vi furono due gravi crisi tra USA e URSS:
• nel 1961 i sovietici costruirono a Berlino un muro per impedire la fuoruscita di tedeschi
dell’Est.
• Nel 1962 vi fu il confronto tra le due superpotenze dopo il tentativo sovietico di installare
missili a Cuba.
La Crisi dei missili di Cuba
Il Presidente John F. Kennedy ereditò una crescente superiorità nucleare dal periodo della
"rappresaglia massiccia" di Eisenhower. Ma questo incoraggiò l'Unione Sovietica a posizionare
dei missili a Cuba. Kennedy, sorretto da una forza militare superiore, indusse l'URSS a ritirarsi in
cambio della promessa di non invadere Cuba (come aveva fatto nel 1962 quando gli esiliati
cubani appoggiati dalla CIA furono ostacolati nella Baia dei Porci).
Dopo aver sfiorato la guerra nucleare, i due leader bandirono i test nucleari nell'atmosfera e
sottomarini dopo il 1962. I sovietici vennero costretti a iniziare il loro enorme accumulo militare.
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