l`europa orientale e la caduta di bisanzio prof . marcello pacifico

“L’EUROPA ORIENTALE E LA CADUTA DI
BISANZIO”
PROF. MARCELLO PACIFICO
Università Telematica Pegaso
L’Europa orientale e la caduta di Bisanzio
Indice
1
PAESI SCANDINAVI E BALTICI, POLONIA-LITUANIA ---------------------------------------------------------- 3
2
BOEMIA E UNGHERIA-CROAZIA, BULGARIA, SERBIA, RUSSIA -------------------------------------------- 4
3
L’INVASIONE DEI MONGOLI E DEI TURCHI OTTOMANI ---------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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L’Europa orientale e la caduta di Bisanzio
1 Paesi scandinavi e baltici, Polonia-Lituania
Nel corso del Tre-Quattrocento l’ Impero andò perdendo il suo carattere universale per
diventare uno dei molti Stati che si stavano creando in Europa; nello stesso periodo in zone più
lontane maturavano grandi eventi che avrebbero poi condizionato la storia dell’Europa e dell’Asia:
•
Tamerlano crea il suo impero e mette fine alle ondate di conquistatori asiatici
nel Mediterraneo;
•
la caduta di Costantinopoli (1453) conclude l’esperienza dell’impero
bizantino e spiana la strada per l’avanzata dei musulmani in Europa;
•
Mosca rafforza il suo potere;
•
molte piccole nazioni iniziano la loro storia nazionale.
In Scandinavia tra il X e l’XI secolo si formarono i regni di Danimarca, Norvegia e Svezia;
in questi regni si affermarono delle monarchie con il sostegno degli evangelizzatori tedeschi.
L’arrivo di tedeschi e inglesi fece evolvere la società che accolse gli ordinamenti sociali ed
economici dell’Europa centrale e fece intensificare gli scambi commerciali nel Baltico.
Nel 1397 Danimarca, Norvegia e Svezia si unirono nell’Unione di Kalmar ma ciò
nonostante il potere monarchico restò debole di fronte alle molte prerogative dell’aristocrazia
feudale.
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2 Boemia e Ungheria-Croazia, Bulgaria, Serbia,
Russia
La Boemia si costituì in ducato di Germania , al tempo di Ottone I di Sassonia , ad opera
della dinastia dei Přemỳslidi; la costituzione del Regno ebbe queste fasi:
•
nel 1085 i duchi ottennero dall’imperatore il titolo di re;
•
nel 1310 il trono passò ai conti di Lussemburgo che poi conseguirono la
corona imperiale con Enrico VII;
•
con Carlo IV , Praga divenne la residenza dell’imperatore;
•
nel 1348 a Praga fu fondata la prima università dell’Europa centrale.
Durante il regno di Carlo IV nacque un sentimento nazionale molto forte tanto che gli
elementi germanici ai vertici della Chiesa e delle attività economiche furono visti con insofferenza.
In quel periodo Giovanni Hus iniziò la sua predicazione contro la corruzione del clero ; poiché il
clero era formato per la maggior parte da tedeschi la contestazione perse presto il carattere religioso
e ne assunse uno nazionalistico.
Quando Venceslao nel 1386 cinse la corona d’Ungheria la situazione precipitò; Hus fu
condannato a morte come eretico e questo scatenò la violenta razione dei boemi insorti, i quali
all’inizio vinsero numerose battaglie.
Col tempo però lo schieramento degli insorti si divise tra radicali e moderati; questa
spaccatura li rese più deboli; nel 1433 con i moderati la Chiesa romana arrivò a un compromesso
che concedeva una sorta di autonomia e il possesso di alcuni beni.
Il Regno di Boemia nel 1458 elesse il suo primo re nazionale, Giorgio Podebrady e nel 1526
passò sotto il dominio degli Asburgo.
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L’ordine religioso-cavalleresco dei Cavalieri teutonici era divenuto noto per il suo operato in
Terrasanta; quando il loro compito in quelle terre si concluse , i Cavalieri iniziarono un’opera di
evangelizzazione tra le popolazioni pagane oltre l’Elba e lungo le coste del Baltico.
I risultati arrivarono presto in quanto furono conquistate la Pomerania e la Prussia orientale
riconosciute come possesso feudale dell’imperatore a cui i Cavalieri erano fedeli.
I membri dell’ordine si dividevano i quattro categorie:
1.
i cavalieri, provenienti dalla nobiltà , con pochi obblighi religiosi e più
compiti bellici;
2.
i preti, che risiedevano nei conventi;
3.
i serventi, di modesta estrazione sociale e con gradi militari bassi;
4.
i confratelli, servitori e benefattori (fratellanza spirituale all’ordine).
A capo dell’ordine c’era il maestro, eletto a vita dal generale formato dai maestri che erano a
capo delle sei province in cui era diviso il loro territorio: Livonia, Prussia, Germania, Apulia, Acaia
e Armenia.
Il territorio più importante fu quello prussiano; questo venne diviso in circoscrizioni, ognuna
delle quali affidata a un economo che gestiva la riscossine dei tributi, la missione evangelizzatrice,
l’amministrazione della giustizia e della difesa.
Nel corso del Trecento l’avanzata dei Cavalieri teutonici proseguì fino in Estonia; essi
favorivano l’insediamento nei territori conquistati dai contadini e artigiani tedeschi che fondavano
nuovi villaggi e città.
Il loro governo però fu spesso osteggiato per il fatto che non rispettavano l’identità delle
popolazioni assoggettate; nel 1410 i Polacchi diedero inizio a un movimento di rivolta che durò fino
al Cinquecento e che portò allo sfaldamento dell’ordine. I pochi conventi rimasti in Germania
limitarono la loro attività all’ambito religioso legandosi alla casa d’Asburgo.
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La Polonia nacque nel corso del X secolo dall’aggregazione di piccoli Stati slavi sotto il
regno di Boleslao il Prode; alla sua morte il regno si sfaldò e solo con Casimiro il Grande (13331370) si poté riavviare la restaurazione del potere regio e e la ricomposizione politico-territoria:
promuovendo lo sviluppo della capitale Cracovia;
•
riducendo il peso politico della grande nobiltà;
•
avviando la formazione di un ceto di funzionari pubblici;
•
potenziando l’amministrazione giudiziaria;
•
migliorando le condizioni dei ceti rurali.
Quando Casimiro morì la nobiltà appoggiò Luigi d’Ungheria che cambiò radicalmente la
direzione politica del predecessore; nel 1382 gli successe il principe Jagellone di Lituania al quale
fu imposta la conversione del suo popolo al Cattolicesimo. Con la conversione della Lituania si creò
un grande Stato polacco-lituano che negli anni fu capace sia di espandersi territorialmente (verso il
Baltico e la Russia) sia di progredire sul piano economico, culturale e commerciale.
Tra il X e l’XI secolo i Magiari, ormai convertiti al Cristianesimo, si stabilirono in Ungheria
e si diedero un ordinamento politico unitario. Artefice di questo Stato fu Stefano I (proclamato poi
santo) al quale il papa Silvestro II nel 1001 inviò la corona reale considerandolo vassallo della Santa
Sede.
Stefano I iniziò una politica espansionistica, cercò di rafforzare il potere monarchico, divise
i territorio in contee e diocesi e acquisi’ molti beni fondiari.
I suoi successori conquistarono la Croazia e la Bosnia ma davanti alle pressioni
dell’aristocrazia , divenuta potente per la concessione di terre e feudi in cambio di sostegno e
fedeltà , divennero deboli.
Nel 1222 il re Andrea II emano’ la Bolla d’oro con la quale concedeva privilegi
all’aristocrazia e stabiliva precisi rapporti di forza tra il sovrano e la nobiltà e il clero. La Bolla
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conteneva anche una clausola pericolosa per il re: lo jus resistendi, il diritto di ribellarsi al sovrano
in nome degli interessi della nazione , che fu usato dall’aristocrazia come un’arma per tenere sotto
scacco il re.
I problemi dell’Ungheria derivavano anche dalla sua posizione geografica che la vedeva
circondata da grandi formazioni politiche e soggetta alle invasioni delle popolazioni nomadi
provenienti da est , come i Mongoli che invasero il territorio nel 1241.
Vista la drammatica situazione e le molte crisi dinastiche , il papa decise di assegnare la
corona d’Ungheria a un ramo della dinastia degli Angioini di Napoli ; il maggior esponente fu Luigi
il Grande (1282-1342) il quale riuscì a riappropriarsi dei territori persi con i Mongoli e divenne
anche re di Polonia.
Luigi governò un territorio molto vasto e fu un buon sovrano: cercò di modernizzare lo
Statoe , di stringere alleanze con i nobili e promosse la nascita delle città.
Purtroppo morì senza eredi così la Polonia riacquistò la sua indipendenza e l’Ungheria cadde
in potere dell’imperatore e dei re di Boemia.
Quando Alberto d’Austria morì ci fu una crisi dinastica e solo la minaccia turca spinse la
nobiltà a eleggere re Giovanni Hunyadi che riuscì a difendere le frontiere, gli succedette il figlio
Mattia Corvino.
Mattia Corvino fu un abile regnante e con lui il prestigio della monarchia ungherese tornò
alto anche all’estero; egli tentò di elevare il livello culturale della nazione, esercitò un rigido
controllo sull’aristocrazia terriera e sia appoggiò alla nobiltà minore; la sua politica espansionistica
riportò agli ungheresi il possesso della Bosnia, della Moravia e di parte dell’Austria ma anche
questa fu una costruzione politica effimera.
Nel 1526 un’Ungheria sempre più debole e in preda al potere aristocratico fu annessa
definitivamente ai territori degli Asburgo.
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I Bulgari, popolo turco profondamente slavizzato si insediarono nei Balcani; agli inizi del IX
secolo avvenne la conversione al Cristianesimo.
Al tempo dell’imperatore Basilio II (976-1025) i Bulgari accettarono la sovranità bizantina:
la Chiesa bulgara venne sottomessa al patriarca di Costantinopoli e il territorio di insediamento
prese il nome di Mesia. La dominazione bizantina fu sempre debole perché minata da continue
rivolte, lotte in seno alla nobiltà, invasioni da parte di russi.
Un grande movimento insurrezionale portò alla nascita del regno di Bulgaria nel 1185
governato dalla dinastia degli Assen il maggiore esponente fu lo zar Ivan (1218-1241) che governò
su un vasto territorio (Valacchia, Bulgaria, Macedonia, territori albanesi).
Questo organismo politico era però assai debole a causa delle spinte autonomistiche della
nobiltà e delle insurrezioni dei contadini; ciò rese il regno facile presa dei Turchi che nel 1369 se ne
impadronirono: il Paese fu diviso in tre province e la Chiesa bulgara tornò sotto il controllo di
quella bizantina.
Nella seconda metà del XII secolo, Stefano Nemanja sottrasse a Bisanzio il territorio serbo a
cui fu aggiunto anche il territorio della Dalmazia. Il figlio Stefano nel 1221 ottenne da Onorio III il
titolo ufficiale di re.
Un altro importante esponente fu Stefano IV Duschan che conquistò Macedonia, Albania,
Bosnia e nel 1346 si fece incoronare «imperatore dei Serbi e dei Romani> .Il principato si rivelò
una costruzione politica molto più stabile di altre; agli inizi del Quattrocento il principato si
risollevò dalla sconfitta subita nel 1382 dai Tartari e cominciò a estendersi su altri principati russi.
I principi russi riuscirono a creare un organismo stabile anche grazie alla Chiesa russa che
appoggiando il potere politico si assicurò ricchezza e influenza pagando però con la perdita di
indipendenza.
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I principi russi non accettarono l’unione della Chiesa ortodossa con quella latina perché
temevano di perdere il loro potere sulla Chiesa; dal 1459 il sinodo dei vescovi russi riservò a se la
scelta del metropolita di Mosca e nello stesso tempo la Chiesa russa rivendicò l’autonomia sia da
Roma che da Costantinopoli mettendosi interamente nelle mani dei principi moscoviti.
Il metropolita Giona attribuì al suo protettore Vasilj il titolo di «zar di tutta la Russia
coronato da Dio» ma fu Ivan III a dare a questo titolo contenuto effettivo fondando lo Stato russo :
•
ampliando il territorio a danno dei Mongoli;
•
consolidò il potere interno degli zar;
•
ridusse l’influenza dell’antica nobiltà dei boiari ( nobili rozzi);
•
appoggiandosi a una nobiltà di servizio a cui concedeva beni in cambio di
servizio militare e civile.
Ivan sposò Zoe Paleologa e questo fornì il pretesto ai teologi moscoviti per elaborare la
teoria della «terza Roma» destinata ad assumere la guida della Cristianità.
Sul finire del Trecento l’Orda d’oro cominciò ad avere difficoltà a contenere le spinte
autonomistiche dei principati russi, dei territori ucraini, degli Urali, della Persia e del Chagatay. Era
un processo di frammentazione inarrestabile che fece da scenario all’avventura di un condottiero
nomade paragonato ad Attila e Gensis Khan, Tamerlano.
Tamerlano apparteneva a una tribù turco-mongola, aveva una buona cultura e ottime qualità
di combattente che lo condussero in pochi anni a combattere battaglie da Mosca fino all’Occidente.
Il suo cammino fu contrassegnato dalla violenza e dalla crudeltà verso i nemici e da un
immenso amore per la sua città natale Samarcanda(la dotò di splendidi palazzi che ospitavano
intellettuali e artisti) che divenne centro di attività economiche e commerciali.
Diventano
I successori non riuscirono a tenere insieme i territori da lui conquistati che si
divisero in due grandi domini, India e Persia.
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3 L’invasione dei Mongoli e dei Turchi ottomani
Un altro popolo in fase di espansione tra Tre e Quattrocento fu quello dei Turchi che
riuscirono a segnare profondamente i destini di buona parte del continente euro-asiatico. Già nel
1071 gran parte dell’Anatolia era stata da loro occupata a danno dell’impero bizantino al quale era
rimasto il controllo di un’area non molto estesa attorno a Costantinopoli.
Dalla frammentazione del grande impero selgiuchide si formarono molti emirati turchi; a
partire dall’XI secolo la zona dell’Anatolia era stata popolata da Greci e Armeni poiché i sovrani
della dinastia dei selgiùchidi avevano favorito l’immigrazione di tribù nomadi turcomanne con lo
scopo di stanziare ai confini dell’impero le popolazioni più rivoltose.
Durante il XIII secolo ci fu una nuova ondata migratoria di turchi sedentari che per fuggire
dai Mongoli decisero di stanziarsi in Anatolia che inevitabilmente venne turchizzata e unificata
sotto l’Islamismo.
Durante il Trecento si raggiunse anche l’unità politica grazie alla nuova dinastia ottomana;
una delle più famose battaglie fu quella dei Dardanelli nel 1345, dopo di essa l’avanzata ottomana
nei Balcani fu inarrestabile: Costantinopoli era sempre più in pericolo.
A salvare la città intervenne un fatto inatteso: la minaccia ai Turchi di Tamerlano il quale
nel 1402 tentò di entrare nei loro territori. Dopo la morte di Tamerlano i Turchi ebbero strada libera
verso l’Occidente: nel 1430 tolsero Salonicco ai Veneziani. Costantinopoli chiese aiuto
all’Occidente, all’appello risposero Giovanni Hunyadi (re d’Ungheria) Ladislao Jagellone (re di
Polonia) che riuscirono in qualche modo solo a contenere in minima parte l’avanzata turca.
Alla conquista di Costantinopoli si dedicò il sultano Maometto II (1451-1481) che colse il
momento più giusto per sferrare il suo attacco alla città sul Bosforo; in Europa infatti si stava
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vivendo una difficile situazione politica e nessuno avrebbe potuto inviare aiuto alla città di
Costantinopoli era divisa sia per questioni religiose (tra chi approvava l’unione con la Chiesa di
Roma e chi non l’accettava) che politiche (lotte per la successione di Giovanni VIII).
L’assedio della città iniziò nell’aprile del 1452: sia assalitori che difensori erano fermamente
decisi a non soccombere, decisi a morire piuttosto che perdere quella lotta.
Il 29 maggio 1453 l’esercito turco riuscì ad aprire una breccia nella porta San Romano e si
diresse verso il centro della città; i tentativi per difenderla furono immani e lo stesso Costantino XI
morì combattendo come un semplice soldato.
Dopo tre giorni di saccheggi Maometto II entrò in città, gli abitanti superstiti furono
deportati, le chiese trasformate in moschee, Costantinopoli venne chiamata Istanbul e divenne la
capitale dell’impero ottomano.
Con la conquista di Costantinopoli nel 1453 , il rapido ed incessante espansionismo dei
Turchi guidati da Maometto II al- Fathi volge ormai inevitabilmente verso Occidente,
principalmente diretto contro i territori balcanici in mano all’Ungheria e i domini veneziani sul
mare e in terraferma. Nel 1454 l’impressione profonda suscitata dalla caduta di Costantinopoli
aveva contribuito a spingere le potenze italiane a porre degli argini alla loro conflittualità: la pace di
Lodi e poi il trattato della Lega Italica (1455) avevano tentato di stabilizzare l’assetto della penisola
e di instaurare un quadro di relazioni pacifiche e di collaborazione. Ma già a distanza di pochi anni,
il clima di concordia generale era nuovamente minato dai particolarismi interni e a poco valevano
gli accorati appelli del Papato di fronte alla caduta in mano turca della Serbia (1457 - 1459), della
Morea (1460), di Sinope e Trebisonda (1461), della Bosnia (1462 - 1465), di Negroponte (1470), di
Caffa (1475) e delle isole Ionie (Santa Maura, Cefalonia e Zacinto,1477). Venezia, abbandonata
dalle potenze italiane rivali, pose fine a sedici lunghi anni di guerra contro i Turchi solo nel 1479.
Le condizioni di pace furono durissime, ma la consapevolezza della propria inferiorità rispetto al
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nemico turco costrinse la Serenissima a scegliere il compromesso come arma più efficace per
contrastarne l’avanzata e tutelare gli esigui domini che essa era riuscita a mantenere nel Levante.
Con il trattato di pace del 1479, Maometto II non aveva d’altra parte più alcun ostacolo ,almeno
teoricamente, che si opponesse alla sua penetrazione nell’Egeo e nel basso Adriatico. Così, senza
lasciare un attimo di respiro all’Occidente, il sultano avviò nel 1480 due nuove ed imponenti
campagne militari contro Rodi ed Otranto. Per lui sarebbero state le ultime. In un così breve lasso di
tempo l’ondata turca si rivelò agli occhi dell’inerte mondo europeo in tutta la sua smisurata forza e
pericolosità; la reazione delle potenze occidentali, fallimentare sul piano militare, si concentrò
quindi sul piano diplomatico. Le potenze italiane avvertirono l’esigenza di una conoscenza più
approfondita e realistica del mondo turco , per contrastare il nemico ma anche per poter instaurare
rapporti con le autorità turche ed eventualmente trattare con lo stesso Maometto II, a danno dei
concorrenti. L’interesse strategico e concorrenziale delle potenze italiane nel contesto peninsulare
ed euro-mediterraneo, messo in grave pericolo dopo la presa di Costantinopoli, trovò quindi nella
diplomazia l’unico mezzo efficace non solo per tentare di contrastare un nemico tanto aggressivo
(come nel caso di Venezia durante la guerra del 1463 - 1479 e di Napoli durante l’occupazione di
Otranto) ma anche per poter nuocere ai diretti avversari, come nel caso di Napoli e Firenze che
provarono più volte a complottare con il Conquistatore a danno della Serenissima.
La caduta di Costantinopoli destò enorme impressione in Occidente dove non furono pochi
gli uomini che si sentirono in colpa per aver abbandonato a se stessa la Chiesa orientale.
Maometto II non si volle fermare ma sfruttando il clima di panico e sconcerto si lanciò alla
conquista del Caucaso, della Mesopotamia, degli Stati cristiani dell’area danubiana, dell’Attica,
delle isole del mar Egeo, dell’Albania, della Bosnia e della Crimea.
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I Turchi arrivarono anche in Italia, il 28 luglio 1480 un contingente turco sbarcò a Otranto in
Puglia; l’attacco all’Italia fu fermato subito dal papato ma i Turchi continuarono a spaventare
l’Europa per almeno altri due secoli.
Le diverse culture dei popoli assoggettate ai Turchi non si fusero .Ogni Stato mantenne le
proprie tradizioni linguistiche e religiose; i Turchi invece assimilarono l’organizzazione politicoamministrativa degli Stati che inglobarono.
Il potere politico e religioso era concentrato nelle mani del sultano che delegava a suoi
funzionari le mansioni sia politiche che militari.
L’esercito era formato da giovani uomini legati al sultano da un vincolo di soggezione i
quali, dopo un periodo di ferrea formazione disciplinare , erano obbligati a prestare servizio.
La maggior parte dei sudditi mantenne la propria religione grazie alla tolleranza turca infatti
chi non era musulmano veniva tenuto fuori dall’esercito e doveva pagare una tassa. L’unica forma
di influenza esercitata sulla Chiesa ortodossa fu il fatto di pretendere la revoca dell’unione con la
Chiesa latina, cosa che avvenne nel 1472.
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Bibliografia
• Pertusi, La Caduta di Costantinopoli, I: Le Testimonianze dei Contemporanei. II: L’eco nel
mondo, Milano, Mondadori, 1976
• Stavarus, Storie Medievali Su Vlad Tepes Dracula, Poggibonsi, Lalli, 1991
• J. Macek, L’Europa orientale nei secoli XIV-XV, Firenze, Sansoni, 1974
• K. Gorski, L’ordine Teutonico, Alle Origini Dello Stato Prussiano, Einaudi, Torino, 1971
• M. Brion, Tamerlano, Novara, De Agostini, 1971
• O. Clement, La Chiesa Ortodossa, Brescia, Queriniana, 1989
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