Il dolore cronico

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Vocabolario del mal di schiena
(testo a cura del Dott. med. Andrea Badaracco)
Una persona che un giorno inizia a soffrire di mal di schiena, può trovarsi confrontata con una
moltitudine di termini più o meno tecnici, che spesso non ha mai sentito prima. Questo contributo
vorrebbe spiegare brevemente i più comuni.
Lombalgia: Dolore lombare.
Lombalgia acuta: Dolore lombare di durata inferiore a 1 mese. Nel 95% dei casi una lombalgia acuta
guarisce entro questo lasso di tempo.
Lombalgia cronica: Dolore lombare di durata superiore a 3 mesi. Nel 95% dei casi una lombalgia che
è presente da 3 mesi non guarisce, può comunque essere trattata e migliorare.
Lombalgie comuni: nella grande maggioranza dei casi l’origine esatta di un mal di schiena resta
sconosciuta. Il medico è però in grado di stabilire se vi siano elementi che possano far pensare a un
problema serio, situazione che è fortunatamente eccezionale. In assenza di segni per un problema
serio si parla di lombalgie comuni.
Sindrome: Termine medico che definisce un’insieme di sintomi e segni.
Sindrome lombovertebrale: Lombalgia associata a una diminuzione della mobilità lombare (“blocco”
della schiena) e a contratture riflesse dolorose della muscolatura della schiena. Sindrome
lombovertebrale acuta è un termine simile al più popolare “colpo della strega”.
Sindrome lombospondilogena: Non tutti i dolori che dalla schiena irradiano agli arti inferiori sono
espressione dello schiacciamento di un nervo, per esempio da parte di un’ernia discale. Anzi, la
grande maggioranza dei dolori ai glutei, alle cosce o alle gambe che hanno origine in una
problematica lombare non è espressione di un nervo schiacciato ma di una semplice irradiazione
aspecifica del dolore verso il basso. Questi dolori coinvolgono spesso i glutei, poi le cosce e le gambe
lateralmente. Si parla in questi casi di sindrome lombospondilogena, che è una sindrome
lombovertebrale con irradiazione dei dolori agli arti inferiori.
Sindrome radicolare: Quando per contro un nervo è veramente schiacciato, nella maggior parte dei
casi da un’ernia discale, si utilizza il termine di sindrome radicolare. Il paziente lamenta allora dolori
agli arti inferiori con una localizzazione molto particolare, a dipendenza del nervo leso (per esempio il
gluteo, poi la coscia posteriore, poi la gamba sotto al ginocchio laterale e infine il dorso del piede con
l’alluce e il secondo dito quando è coinvolto il nervo lombare N° 5). Se il nervo è schiacciato in modo
importante, vi è inoltre una diminuzione della sensibilità della pelle al tatto nello stesso territorio e una
diminuzione della forza di alcuni muscoli dei quali è responsabile il nervo in questione (nel nostro
esempio precedente il paziente non riuscirà più a sollevare completamente l’alluce).
Ernia discale: A partire da una certa età i dischi intervertebrali invecchiano e in rari casi,
spontaneamente, possono rompersi. Da un disco rotto può fuoriuscire parte del materiale che si trova
all’interno del disco. Questa fuoriuscita di materiale è detta ernia discale. L’età in cui si verificano più
spesso ernie discali è compresa tra i 30 e i 40 anni, cioè prima di quando solitamente si pensi. Solo
una parte delle ernie è sufficientemente grossa per schiacciare un nervo e solo una minima parte lo fa
in modo grave, tanto da dover essere operata. Si opera un’ernia solo in caso di gravi paralisi, disturbi
degli sfinteri (impossibilità di urinare) o dolori intollerabili. Attualmente si stima che l’indicazione alla
chirurgia nell’ernia discale sia data solo nel 3% circa dei casi. Nella maggior parte dei casi un’ernia
guarisce da sola. I disturbi diminuiscono progressivamente nell’arco di 8-12 settimane. A un’anno di
distanza spesso l’ernia non è più visibile alla risonanza magnetica o alla TAC.
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Disco intervertebrale: Assomiglia a un dolce rotondo morbido con ripieno di crema. All’esterno vi è
dunque un rivestimento più resistente (anulo fibroso) e all’interno una parte più morbida (nucleo
polposo). Ce n’è uno ogni 2 vertebre. La sua funzione è permettere alla colonna vertebrale di
muoversi in tutte le direzioni. Con l’età i dischi subiscono inevitabilmente delle alterazioni
degenerative. Queste riguardano già il 25% dei ventenni. Tali alterazioni sono normali e spesso non
provocano alcun mal di schiena.
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