P75 UN CASO DI SINDROME MALIGNA DEL PROLASSO MITRALICO: NUOVA ENTITÀ O VECCHIA CASUALITÀ? Francesco Maria Lauri1, Elisa Salustri1, Chiara Lanzillo2, Cosimo Commisso2, Luigi Sciarra2, Silvio Romano3, Leonardo Calò2, Maria Penco1 1 Scuola di Specializzazione in Cardiologia, Università di L’Aquila, L’Aquila 2 Policlinico Casilino, Roma 3 Policlinico Casilino, L’Aquila Introduzione: Numerosi sono gli autori che hanno descritto in letteratura l’associazione tra prolasso valvolare mitralico e tachiaritmie, ma solo recentemente la sindrome del prolasso mitralico, classicamente ritenuta una patologia benigna, è stata associata ad episodi di tachicardia ventricolare sostenuta e fibrillazione ventricolare talora determinanti morte cardiaca improvvisa. Il meccanismo alla base di tale associazione rimane oscuro sebbene la severità del rigurgito mitralico sia stata proposta come predittrice indipendente di aritmie ventricolari. Caso clinico: Donna di 49 anni affetta da ipotiroidismo in terapia ormonale sostitutiva e dislipidemia giunge alla nostra osservazione per episodio di cardiopalmo con evidenza ad ECG eseguito in Pronto Soccorso di tachicardia ventricolare monomorfa sostenuta con morfologia BBS ed asse inferiore. L’ecocardiogramma mostrava ventricolo sinistro di normali dimensioni con prolasso valvolare mitralico a carico di entrambi i lembi, determinante insufficienza valvolare di grado moderato. La paziente veniva pertanto sottoposta a coronarografia con evidenza di coronarie esenti da lesioni ed a studio elettrofisiologico endocavitario (SEF) tridimensionale con evidenza di piccola area endocardica sede di doppi potenziali endocavitari nel cono di efflusso del ventricolo destro. Contestualmente si procedeva quindi ad ablazione mediante radiofrequenza del focus aritmico con successo. Dopo un anno la paziente torna alla nostra osservazione per dispnea ingravescente ed episodio pre-sincopale con evidenza di aritmie ventricolari isolate e complesse alla telemetria. Si eseguiva pertanto una RM cardiaca con evidenza di piccola area intramiocardica di delayed enhancement a carico della parete inferiore e dei muscoli papillari. La paziente veniva nuovamente sottoposta a SEF per lo studio della vulnerabilità ventricolare con facile inducibilità di fibrillazione ventricolare sincopale. La paziente veniva pertanto sottoposta ad impianto di ICD monocamerale in prevenzione secondaria ed inviata presso l’ambulatorio di Cardiochirurgia per la prosecuzione dell’iter terapeutico del prolasso valvolare mitralico. Conclusioni: Il prolasso valvolare mitralico è una patologia con un’elevata prevalenza nella popolazione che nella maggior parte dei casi si associa a tachiaritmie sopraventricolari a carattere benigno. Talvolta, come nel caso descritto, si associa a tachiaritmie ventricolari fino alla morte cardiaca improvvisa. Alcuni studi autoptici rilevano, come evidenziato dalla RM cuore nel caso clinico descritto, la presenza di scar a carico dei muscoli papillari e del miocardio adiacente. Il meccanismo patogenetico rimane oscuro anche se alcune ipotesi sono state avanzate in merito all’eventuale stress cui i muscoli papillari sono sottoposti nel prolasso valvolare mitralico con evidenza di delayed enhancement nella parete inferiore del ventricolo sinistro, espressione di riparazione cicatriziale in tale sede e conseguente formazione di circuiti di rientro. In conclusione il prolasso valvolare mitralico si può associare ad aritmie minacciose per la vita per cui un corretto inquadramento diagnostico è mandatorio per la gestione del rischio aritmico della ben nota e familiare sindrome del prolasso valvolare mitralico.