Prolasso Genito-Urinario
Definizione
Per prolasso uro-genitale si intende la discesa verso il basso attraverso lo hiatus
vaginale della vescica e dell’uretra, dell’utero, del retto e, talora, delle anse
intestinali, singolarmente o combinati tra di loro.
In base al compartimento coinvolto si parlerà di prolasso anteriore, superiore o
posteriore: l’anteriore comprende il prolasso dell’uretra (uretrocele), o della vescica
(cistocele), o di entrambe (cistouretrocele); il superiore quello dell’utero (isterocele),
o della cupola vaginale, o delle anse intestinali (enterocele); il posteriore quello del
retto (rettocele).
Eziopatogenesi
I principali fattori di rischio presumibilmente implicati possono essere così suddivisi:
1. Ostetrici: numero di parti, periodo espulsivo prolungato, macrosomia fetale,
estrazioni strumentali, manovre di compressione del fondo uterino (Kristeller),
secondamento manuale;
2. Ginecologici: pregressa chirurgia ginecologica (isterectomia, chirurgia per
incontinenza);
3. Urologici: infezioni, litiasi, coliche renali, enuresi nell’infanzia;
4. Personali: patologie sistemiche (diabete, obesità, patologie neurologiche,
patologie polmonari quali la BPCO); patologie del tessuto connettivo;
traumatismi o patologia della colonna vertebrale;
5. Farmacologici: teofilina, betamimetici, diuretici, alfabloccanti, miorilassanti,
psicofarmaci;
Abitudini di vita: sforzi per sollevamento di oggetti pesanti, fumo di sigaretta, abuso
di bevande a base di caffeina, stipsi cronica.
Clinica
asintomatico nel 10 – 20% dei casi, mentre nel restante 80 – 90% dei casi le pazienti
lamentino:
 sintomi di ostruzione, che si possono manifestare come difficoltà ad iniziare la
minzione ed utilizzo del torchio addominale, disuria, flusso stentato o minzione a
gocce. All’esame urodinamico la presenza del cistocele riduce il max flow rate ed
aumenta la resistenza uretrale ed il residuo post-minzionale per l’effetto kinking
del cistocele;
 ritenzione urinaria o residuo post-minzionale elevato e sensazione di incompleto
svuotamento, che espongono ad alto rischio di infezioni urinarie recidivanti;
 sintomi correlati al bulging vaginale;
 nicturia;
 tensione pelvica;
 dolore lombo-sacrale per la dilatazione dell’alta via escretrice da incompleto
svuotamento vescicale o stiramento degli ureteri;

incontinenza urinaria da sforzo ma si può anche riferire un miglioramento
dell’incontinenza urinaria in seguito al peggioramento del prolasso per l’effetto
kinking del cistocele sull’uretra.
 Disturbi della sfera sessuale: dispareunia o incontinenza durante il coito.
Diagnosi
L’interrogatorio anamnestico mirato al riscontro dei caratteristici sintomi del prolasso
e l’esame obiettivo uroginecologico, associato alla valutazione della muscolatura del
pavimento pelvico, sono i due mezzi diagnostici principali nella patologia da
dislocazione dei visceri pelvici.
E’ di fondamentale importanza, ai fini del piano di ricostruzione chirurgica,
evidenziare la protrusione massima possibile della parete vaginale anteriore,
richiedendo conferma alla paziente di aver raggiunto il grado più elevato di prolasso
da lei sperimentato. A tal fine è necessario fare eseguire ripetute manovre di Valsala
ed anche visitare la paziente in ortostatismo.
Opportune sono la visita bimanuale e l’esploraziore rettale, che consentono
l’apprezzamento e la diagnosi differenziale di enterocele e rettocele.
Per valutare un’eventuale incontinenza urinaria da sforzo associata al prolasso ci si
serve dello Stress Test. E’ molto importante anche saggiare l’ipermobilità uretrale;
questo si fa con il Q-TIP test (test del bastoncino). Indagini aggiuntive sono, però,
indispensabili per i casi complessi o recidivanti. Queste indagini includono in primo
luogo i tests urodinamici e, successivamente, varie tecniche di imaging.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale va fatta con:
 Ipertrofia longitudinale isolata del collo uterino.
 Neoformazioni a partenza dal collo o dal corpo uterino, sia a carattere mucoso
(polipi) che miomatoso
 Una cisti della parete vaginale anteriore o posteriore
Terapia conservativa
Nei casi di prolasso lieve, se la paziente è in menopausa, la terapia consiste in una
corretta estrogenizzazione locale, che spesso consente di ridurre il senso di peso o di
corpo estraneo, legato alla secchezza delle mucose. Si può anche perseguire il
rinforzo della muscolatura pelvica con diverse sessioni di ginnastica perineale e
biofeedback, utilizzando quotidianamente gli esercizi di Kegel o i coni di Plevnik.
Nelle donne con prolasso di grado avanzato, che protrude dai genitali esterni, la
terapia chirurgica è senza dubbio la scelta più indicata. Nei rari casi in cui la paziente
presenti valide controindicazioni all’intervento chirurgico, per lo più di ordine
anestesiologico, il posizionamento di un pessario vaginale può costituire una valida
soluzione.
Terapia chirurgica
Si è passati dalla semplice plicatura della fascia pubocervicale all’utilizzo di mesh in
materiali sintetici biocompatibili (Polipropilene, derma porcino, marlex, etc.) presi in
prestito dalla riparazione chirurgica delle ernie addominali. Lo scopo della
ricostruzione protesica del cistocele è quello di riportare il collo vescicale e l’uretra
posteriore nell’area endopelvica dove si trasmettono gli aumenti pressori
endoaddominali e di stabilizzare l’uretra attraverso la creazione di un ostacolo
relativo alla fuoriuscita di urina.
Il razionale dell’impiego delle mesh nei difetti fasciali anteriori è legato alla
sostituzione della fascia pubo-vescico-cervicale.
La mesh viene posizionata il più possibile presso l’inserzione dell’arco tendineo della
fascia endopelvica fino alla spina ischiatica e, dopo isterectomia, viene ancorata
centralmente agli uterosacrali per prevenire rettocele ed enterocele. La chirurgia
ricostruttiva protesica ha il vantaggio di non richiedere la valutazione preoperatoria
del sito anatomico difettoso, mentre la tecnica tension free riduce il rischio di
alterazione negli equilibri all’interno della pelvi
Quando si esegue la chirurgia del comparto anteriore va fatta la profilassi di quello
posteriore (Miorrafia alta degli elevatori):
Per eseguirla, bisogna dissecare lo spazio pararettale e, appena si arriva a toccare la
tuberosità ischiatica, un po’ più in alto, si prende il terzo superiore della vagina e gli
elevatori da entrambi i lati e si dà un punto di sutura che inglobi questi ultimi. Si
realizza così una fissazione dinamica della vagina che riprende il suo fisiologico
orientamento verso il compartimento posteriore.