Classe V E Geometria Postulati di Euclide: Primi postulati: Postulati di appartenenza: Postulato d’ordine: Postulato di partizione: Postulato di congruenza: Postulato di trasporto dei segmenti: Postulato di trasporto degli angoli: Postulato di parallelismo: Teorema angoli supplementari: Teorema angoli opposti al vertice: Teorema angoli complementari: Lo spazio contiene infiniti punti, infinite rette e infiniti piani, un piano contiene infiniti punti e infinite rette, una retta contiente infiniti punti. Per due punti distinti passa una e una sola retta. Per tre punti non allineati appartengono a uno e un solo piano. Se due punti di una retta appartengono ad un piano allora la retta appartiene al piano. Si può stabilire una relazione d’ordine tra i punti di una retta in modo che dati due punti distinti A e B della retta A precede B oppure B precede A e se A precede B e B precede C allora A precede C. Una retta R di un piano lo divide in due parti non vuote in modo che se i punti A e B appartengono alla stessa parte, allora il segmento AB è contenuto in questa parte e se i punti C e D appartengono a parti diverse allora il segmento CD ha in comune con r un punto. Due figure si dicono congruenti quando hanno una corrispondenza biunivoca tra i loro punti. Dati una semiretta di origine O e un segmento esiste sulla semiretta uno e un solo segmento di origine O congruente al segmento dato. Data in un piano una semiretta esiste uno e un solo angolo che abbia uno dei lati coincidente con la semiretta, il vertice dell’origine della semiretta e che giaccia da una parte prefissata rispetto ad essa. Per un punto esterno ad una retta passa una e una sola parallela alla retta data. Angoli supplementari dello stesso angolo sono congruenti fra loro. Angoli opposti al vertice sono congruenti Angoli complementari dello stesso angolo sono congruenti fra loro. Triangoli Si definisce triangolo un poligono con tre lati. Se un triangolo ha 2 lati congruenti si dice isoscele, se ha 3 lati congruenti si dice equilatero, se non ha lati congruenti si dice scaleno. I Criterio congruenza triangoli: CN triangolo isoscele: CS triangolo isoscele: II Criterio congruenza triangoli: Teorema diretto triangolo equilatero: Teorema inverso triangolo equilatero: III Criterio congruenza triangoli: Teorema bisettrice triangolo isoscele: Teorema mediana triangolo isoscele: 1° Teorema angolo esterno: I Corollario II Corollario III Corollario Teorema lati disuguali (diretto, cn): Teorema angoli disuguali (inv, cs): I Corollario II Corollario Teorema disuguaglianze triangolari: I Corollario Teorema esistenza ed unicità bisettrice: Teorema esistenza ed unicità punto medio: Teorema mediane: (D: pag 64 n° 39): Teorema bisettrici: (D: pag 65 n° 40): Teorema mediane triangolo equilatero (D: pag 65 n° 41): Teorema segmenti (D: pag 69 n°5): Teorema lati disuguali 2 (D: pag 71 n° 21): Teorema angoli disuguali 2 (D: pag 71 n° 22): Due triangoli aventi rispettivamente congruenti due lati e l’angolo fra esso compreso sono congruenti. Se un triangolo è isoscele allora gli angoli alla base sono congruenti. Se un triangolo ha due angoli congruenti allora è isoscele ed ha come base il lato compreso fra i due angoli. Due triangoli aventi rispettivamente congruenti due angoli ed il lato compreso fra essi sono congruenti. Ogni triangolo equilatero è anche equiangolo Ogni triangolo equiangolo è anche equilatero Due triangoli sono congruenti se hanno tre lati rispettivamente congruenti In ogni triangolo isoscele la bisettrice dell’angolo al vertice è anche altezza e mediana relativa alla base. In ogni triangolo isoscele la mediana relativa alla base è anche altezza e bisettrice dell’angolo al vertice. In un triangolo un qualsiasi angolo esterno è maggiore di ciascuno dei due angoli interni ad esso non adiacenti. In un triangolo la somma di due angoli qualsiasi è sempre minore di un angolo piatto. In un triangolo vi sono sempre almeno due angoli acuti. Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono sempre acuti. In un triangolo con due lati disuguali (che ha anche due angoli disuguali) a lato maggiore sta opposto angolo maggiore In un triangolo con due angoli disuguali (che ha anche due lati disuguali) ad angolo maggiore sta opposto lato maggiore. In ogni triangolo rettangolo l’ipotenusa è maggiore di ciascuno dei due cateti. In ogni triangolo ottusangolo il lato opposto all’angolo ottuso è maggiore degli altri due. In un triangolo ogni lato è minore della somma degli altri due e maggiore della differenza. In ogni poligono ogni lato è minore della somma di tutti gli altri. Per ogni angolo esiste una ed una sola semiretta che lo divide in due parti congruenti. Esiste, per ogni segmento, uno e un solo punto che lo divide in due parti congruenti. In un triangolo isoscele le mediane relative ai lati congruenti sono congruenti. In un triangolo isoscele le bisettrici relative agli angoli alla base sono congruenti. In un triangolo equilatero le tre mediane sono congruenti. Se da un punto esterno ad una retta si conducono ad essa il segmento perpendicolare e diversi segmenti obliqui si verificano le seguenti proprietà: 1. Il segmento perpendicolare è minore di qualunque segmento obliquo 2. Due segmenti obliqui aventi proiezioni congruenti sono congruenti. 3. Due segmenti obliqui aventi proiezioni diseguali sono diseguali e a segmento maggiore corrisponde proiezione maggiore In due triangoli aventi due lati rispettivamente congruenti e l’angolo compreso disuguale, i terzi lati sono diseguali e precisamente è maggiore quello opposto all’angolo maggiore. In due triangoli aventi due lati rispettivamente congruenti e i terzi lati diseguali al lato maggiore sta opposto angolo maggiore. Pagina 1 Classe V E Parallelismo Due rette sono parallele quando non hanno punti in comune fra loro. Teorema esist. ed unicità perpendicolare: Teorema angoli alterni: Teorema 2 rette perpendicolari: CS parallelismo: CN parallelismo: Proprietà transitiva rette //: Teorema rette // e terza: Teorema 1 retta perpendicolare: Teorema angoli con lati //: Teorema segmenti // fra rette //: Teorema rette // equidistanti: Esiste una ed una sola retta passante per un punto perpendicolare ad una retta data. Se due rette tagliate da una trasversale formano una coppia di angoli alterni interni (…) congruenti allora: Tutte le coppie di angoli alterni interni sono congruenti; Tutte le coppie di angoli alterni esterni sono congruenti; Tutte le coppie di angoli coniugati interni sono supplementari; Tutte le coppie di angoli coniugati esterni sono supplementari; Tutte le coppie di angoli corrispondenti sono congruenti; Due rette perpendicolari alla stessa retta sono parallele fra loro. Se due rette tagliate da una trasversale formano una coppia di angoli alterni interni (…) congruenti allora le due rette sono parallele. Se due rette tagliate da una trasversale sono parallele fra loro allora formano una coppia di angoli alterni interni (…) congruenti. Due rette parallele ad una terza sono parallele fra loro. Se due rette sono // ogni retta del loro piano che ne incontra una deve incontrare anche l’altra. Se due rette sono parallele ogni perpendicolare all’una è pure perpendicolare all’altra. Due angoli con due coppie di lati // e concordi o due coppie di lati // e discordi sono congruenti. Se hanno due lati // e concordi e due lati // e discordi sono supplementari. Segmenti // compresi fra rette // sono congruenti Se due rette sono // allora tutti i punti equidistanti dall’una sono anche equidistanti dall’altra. Applicazioni ai triangoli 2° Teorema angolo esterno: I Corollario: II Corollario: III Corollario: IV Corollario: 2° Criterio di congruenza generalizzato: Teorema altezza triangolo isoscele: Teorema somma angoli interni poligono: In un triangolo ogni angolo esterno è congruente alla somma degli altri 2 ad esso non adiacenti. La somma degli angoli interni di un triangolo è di 180° Gli angoli acuti di un triangolo rettangolo sono complementari. Ciascun angolo acuto di un triangolo equilatero è congruente a 60° Se due triangoli hanno due angoli congruenti allora hanno congruenti anche l’angolo rimanente. Se due triangoli hanno congruenti un lato e due angoli qualsiasi allora sono congruenti. In un triangolo isoscele, l’altezza relativa alla base è anche mediana e bisettrice dell’angolo al vertice. La somma degli angoli interni di un poligono è congruente a tanti angoli piatti quanto il numero di lati meno 2. Il punto sui triangoli rettangoli 1° Crit. Cong. triangoli rettangoli: 2° Crit. Cong. triangoli rettangoli: 2° Crit. Cong. Gen. triangoli rettangoli: Criterio congruenza triangoli rettangoli: CN triangolo rettangolo: CS triangolo rettangolo: Teo angoli tr.isoscele (D pag 91 n° 25): Due triangoli rettangoli aventi i cateti congruenti sono congruenti. Due triangoli rettangoli aventi un cateto ed un angolo adiacente allo stesso sono congruenti. Due triangoli rettangoli aventi un cateto e l’angolo opposto; due triangoli aventi l’ipotenusa e un angolo acuto sono congruenti. Due triangoli rettangoli sono congruenti quando hanno l’ipotenusa e un cateto relativamente congruenti. In ogni triangolo rettangolo la mediana è congruente a metà dell’ipotenusa. Se in un triangolo la mediana relativa ad un lato è congruente a metà di un lato allora il triangolo è rettangolo e ha per ipotenusa tale lato. Se due triangoli isosceli hanno congruenti l’angolo al vertice allora hanno congruenti anche l’angolo alla base. Parallelogrammo: Si definisce parallelogrammo un qualsiasi quadrilatero con i lati opposti paralleli. CN parallelogrammo: CS1 parallelogrammo: CS2 parallelogrammo: CS3 parallelogrammo: CS4 parallelogrammo: CS5 parallelogrammo: Ogni parallelogrammo ha: 1) Lati opposti congruenti 2) Angoli opposti congruenti 3) Angoli adiacenti a ciascun lato supplementari 4) Le diagonali si bisecano Un quadrilatero è un parallelogrammo se ha i lati opposti congruenti. Un quadrilatero è un parallelogrammo se ha gli angoli opposti congruenti. Un quadrilatero è un parallelogrammo se ha una coppia di angoli adiacenti a due lati consecutivi supplementari. Un quadrilatero con le diagonali che si bisecano è un parallelogrammo. Un quadrilatero con due lati opposti congruenti e paralleli è un parallelogrammo. Rettangolo: 1. 2. Si definisce rettangolo un parallelogrammo con un angolo retto. Si definisce rettangolo un quadrilatero equiangolo. CN rettangolo: CS rettangolo: CS1 rettangolo: CS2 rettangolo: In ogni rettangolo le diagonali sono congruenti. Se un parallelogrammo ha le diagonali congruenti allora è un rettangolo. Un parallelogrammo con un angolo congruente a 90° è un rettangolo. Un quadrilatero equiangolo è un rettangolo. Pagina 2 Classe V E Rombo: Si definisce rombo un parallelogrammo equilatero. CN rombo: CS1 rombo: CS2 rombo: CS3 rombo: CS4 rombo: Ogni rombo ha: 1) Le diagonali perpendicolari. 2) Le diagonali che bisecano l’angolo. Un parallelogrammo con due lati consecutivi congruenti è un rombo. Un quadrilatero equilatero è un rombo. Se un parallelogrammo ha le diagonali perpendicolari allora è un rombo. Se una diagonale biseca l’angolo di un parallelogrammo allora è un rombo. Quadrato: Si definisce quadrato un quadrilatero equilatero ed equiangolo. CN quadrato: CS1 quadrato: CS2 quadrato: Teorema di Talete: I Corollario: II Corollario: Ogni quadrato ha: 1) Le diagonali congruenti. 2) Le diagonali perpendicolari 3) Le diagonali che bisecano l’angolo. Un parallelogrammo avente le diagonali congruenti e perpendicolari è un quadrato. Un parallelogrammo è un quadrato se ha le diagonali congruenti e una di esse biseca un angolo. Dato un fascio di rette // tagliate da 2 trasversali a segmenti congruenti sull’una corrispondono segmenti congruenti sull’altra. Se per il punto medio di un lato di un triangolo si conduce la parallela ad un altro lato questa biseca il lato rimanente. La congiungente i punti medi di due lati di un triangolo è parallela al terzo lato e congruente alla sua metà. Trapezio Si definisce trapezio un quadrilatero con 2 lati opposti paralleli. CN trapezio isoscele: CS trapezio isoscele: CN2 trapezio isoscele: CN3 trapezio isoscele: In un trapezio isoscele gli angoli adiacenti alle due basi sono congruenti. Se un trapezio ha due angoli adiacenti ad una base congruenti allora è isoscele. In un trapezio isoscele le diagonali sono congruenti. In un trapezio isoscele gli angoli opposti sono supplementari. Punti notevoli di un triangolo Ortocentro: Incentro: Circocentro: Baricentro: Excentro: Teorema baricentro: Punto di intersezione delle altezze di un triangolo. Punto di intersezione delle bisettrici di un triangolo. Punto di intersezione degli assi dei lati di un triangolo. Punto di intersezione delle mediane di un triangolo. Punto di intersezione delle bisettrici di due angoli esterni e di quella dell’angolo interno non adiacente ad essi. Il baricentro di un triangolo divide ciascuna mediana in due parti, delle quali quella contenente il vertice è doppia dell’altra. Pagina 3 Classe V E Circonferenza e cerchio. La circonferenza è il luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto detto centro Il cerchio è la parte di piano compresa all’interno di una circonferenza più la circonferenza stessa. Asse del segmento: Bisettrice di un angolo: Raggio: Diametro: Corda: Arco: Angolo al centro: Settore circolare: Segmento circolare a una base: Segmento circolare a due basi: Quadrante: Semicirconferenza: Semicerchio: Angolo alla circonferenza: Teorema bisettrice angolo al centro: Teorema angoli al centro: Teorema corda massima: Teorema perpendicolare corda x O: Teorema perpendicolare corda x O (inv 1): Teorema perpendicolare corda x O (inv 2): Teorema centro simmetria: Teorema asse simmetria: Teorema retta e circonferenza: Teorema 3 punti: Teorema archi e corde: Teorema corde congruenti: Teorema corde diseguali: Teorema angoli alla circonferenza: I Corollario: II Corollario: III Corollario: (CN) III Corollario: (CS) Teorema tangenti: CNS di tangenza: Teo corde // (H pag 32 n° 15): Luogo geometrico di tutti i punti equidistanti dagli estremi. Luogo geometrico dei punti equidistanti dai lati dell’angolo. Distanza tra il centro e la circonferenza oppure qualsiasi segmento che unisce il centro della circonferenza con la circonferenza stessa. Corda passante per il centro. Segmento che unisce due punti qualsiasi della circonferenza. Ciascuna delle due parti in cui la circonferenza è divisa da suoi due punti. Qualsiasi angolo avente il vertice nel centro della circonferenza. Ognuna delle due parti comprese fra due raggi. Ciascuna delle due parti di cerchio sottese da una corda Parte di cerchio sottesa fra due corde parallele. Un quarto di cerchio oppure parte compresa tra due raggi perpendicolari. Ciascuno dei due archi sottesi da un diametro. Ciascuna delle due parti di cerchio divise da un diametro oppure somma di due quadranti consecutivi. Angolo che ha il vertice sulla circonferenza e i lati secanti, oppure uno secante e uno tangente. La bisettrice di un angolo al centro biseca l’arco corrispondente. (Ex teorema 1) In una circonferenza o in circonferenze congruenti ad angoli al centro congruenti corrispondono archi congruenti e ad angoli al centro disuguali corrispondono archi disuguali e precisamente ad archi maggiori corrispondono angoli maggiori. (Ex teorema 2) Il diametro è la corda massima. La perpendicolare di una corda passante per il centro dimezza la corda, l’angolo al centro e l’arco corrispondente. La retta che passa per il centro e per il punto medio di una corda è perpendicolare alla corda stessa. L’asse di una corda passa per il centro. Il centro di una circonferenza è il suo centro di simmetria. Ogni retta passante per il centro è asse di simmetria per la circonferenza stessa. Una retta è una circonferenza non possono avere più di due punti in comune. La retta può essere esterna (0 punti in comune), tangente (1 punto) o secante (2 punti) rispetto alla circonferenza. Per tre punti non allineati passa una e una sola circonferenza. Archi congruenti sottendono corde congruenti. Corde congruenti sono equidistanti dal centro. In una stessa circonferenza o in circonferenze congruenti corde diseguali distano diversamente dal centro e a corda maggiore corrisponde distanza minore. Ogni angolo alla circonferenza è la metà del corrispondente angolo al centro. Angoli alla circonferenza che insistono sullo stesso arco sono congruenti. Ogni angolo alla circonferenza che insiste su una semicirconferenza è retto. Ogni triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo. Ogni triangolo rettangolo è inscrivibile in una semicirconferenza. Condotte da un punto esterno ad una circonferenza le due tangenti allora: 1. I segmenti di tangenza sono congruenti 2. La congiungente il punto esterno con il centro della circonferenza biseca gli angoli formati dai raggi ai punti di contatto con le tangenti e l’angolo delle tangenti ed inoltre è asse del segmento di contatto. Una retta è tangente alla circonferenza se e solo se è perpendicolare al raggio nel punto di contatto. In una circonferenza corde parallele intercettano archi congruenti. Poligoni inscritti e circoscritti. Un poligono è inscritto in una circonferenza quando tutti i vertici del poligono appartengono alla circonferenza stessa. Un poligono è circoscritto in una circonferenza quando tutti i lati sono tangenti alla circonferenza stessa. CN di inscrizione: CS di inscrizione: CN di circoscrizione: CS di circoscrizione: Conseguenza sui triangoli: CN di inscrizione di un quadrilatero: CS di inscrizione di un quadrilatero: Conseguenza: CN di circoscrizione di un quadrilatero: CS di circoscrizione di un quadrilatero: Se un poligono è inscritto in una circonferenza allora tutti i suoi assi passano per uno stesso punto che è il centro della circonferenza circoscritta ad esso. Se tutti gli assi di un poligono passano per uno stesso punto allora il poligono è inscritto in una circonferenza avente quel punto come centro. Se un poligono è circoscritto in una circonferenza allora tutte le bisettrici degli angoli passano per un punto che è il centro della circonferenza inscritta in esso. Se le bisettrici di un poligono passano per uno stesso punto allora è possibile circoscrivere il poligono a una circonferenza avente quel punto come centro. Ogni triangolo è inscrittibile e circoscrittibile in una circonferenza. Se un quadrilatero è inscritto in una circonferenza allora gli angoli opposti di esso sono supplementari. Se un quadrilatero ha gli angoli opposti supplementari allora è possibile inscriverlo in una circonferenza. Ogni trapezio isoscele è inscrittibile in una circonferenza. Se un quadrilatero è circoscrittle ad una circonferenza quando ha la somma dei lati opposti congruente. Un quadrilatero è circoscrittibile ad una circonferenza quando ha la somma dei lati opposti congruente. Pagina 4 Classe V E Trasformazioni geometriche nel piano euclideo Simmetria centrale: Centro di simmetria di una figura: Teorema punto intersezione diagonali parallelogrammo: Simmetria assiale: Asse di simmetria di una figura: Traslazione di vettore (ved. libro): Rotazione (ved. libro): Trasformazione che fa corrispondere a un punto del piano il suo simmetrico rispetto a un punto dato. Una figura ha un centro di simmetria se il simmetrico di ogni suo punto rispetto a O è un punto appartenente alla figura stessa. Il punto di intersezione delle diagonali del parallelogrammo è centro di simmetria del parallelogrammo. Trasformazione che associa a un punto del piano il suo simmetrico rispetto a un asse di simmetria. Una figura ha un asse di simmetria se ogni suo punto ha per simmetrico rispetto a tale asse un punto appartenente alla figura stessa. Si dice traslazione di vettore una corrispondenza biunivoca tra i punti di un pianco, fissato un vettore. Si dice rotazione una corrispondenza biunivoca tra i punti di un piano fissata l’ampiezza di un’angolo. Assi e centri di simmetria dei principali poligoni Poligono Triangolo isoscele Triangolo equilatero Parallelogrammo Rombo Rettangolo Quadrato Trapezio isoscele Poligoni regolari Centri di simmetria Assi di simmetria NESSUNO Mediana relativa alla base NESSUNO Assi dei tre lati Punto di intersezione delle diagonali NESSUNO Intersezione delle diagonali Diagonali Intersezione degli assi dei lati Assi dei lati Centro del quadrato (intersezione assi dei lati e diagonali) NESSUNO Assi dei lati e diagonali Se hanno un numero pari di lati è il centro della circonferenza circoscritta Bisettrici e perpendicolari ai lati passanti per il centro. Asse comune delle due basi Formule dirette: Teorema di Pitagora: 1° teorema di Euclide: 2° teorema di Euclide: Triangolo rettangolo isoscele: Triangolo rettangolo con angoli di 30° e 60°: i 2 = c12 + c 22 c12 = i ⋅ h1 h 2 = h1 ⋅ h2 i=c 2 i = 2c C= Area del triangolo equilatero: A= i 3 2 3 2 l 4 Pagina 5 Classe V E Equivalenza di figure piane Definizione di superficie: Definizione di superfici equivalenti: Somme / Differenze di superfici equivalenti: Teorema superfici equiscomponibili: Teorema equivalenza parallelogrammo: I Corollario: Teorema equivalenza triangolo: I Corollario: Teorema equivalenza trapezio: Teorema quadrilatero con diagonali perpendicolari: Teorema equivalenza poligono circoscritto: 1° teorema di Euclide: Teorema di Pitagora: 2° teorema di Euclide: Grandezze omogenee: Postulato di continuità della retta: Segmenti commensurabili e incommensurabili: Teorema irrazionalita radice di 2: Proprietà fondamentale delle proporzioni: Teorema della quarta proporzionale: Grandezze direttamente proporzionali: Teorema angoli al centro (proporzioni): Teorema di Talete (proporzioni): I corollario: II corollario: Teorema bisettrice angolo interno: Teorema bisettrice angolo esterno: Parte di piano delimitata da una linea chiusa Sono equivalenti superfici che occupano la stessa estensione. Somme / Differenze di superfici equivalenti sono congruenti. Superfici equiscomponibili sono congruenti. Parallelogrammi con altezze e basi congruenti sono congruenti. Ogni parallelogrammo è equivalente ad un rettangolo con la stessa base e la stessa altezza. Ogni triangolo è equivalente ad un parallelogrammo che ha per base metà base e per altezza la stessa altezza del triangolo (oppure metà altezza e intera base). Tutti i triangoli con la stessa base e la stessa altezza sono congruenti. Ogni trapezio è equivalente ad un triangolo che ha per base la somma delle basi e per altezza la stessa altezza Un quadrilatero con le diagonali perpendicolari è equivalente a metà del rettangolo aventi le diagonali stesse come dimensioni. Un poligono circoscritto ad una circonferenza è equivalente al triangolo che ha per base il perimetro del poligono e per altezza il raggio. In un triangolo rettangolo il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni l’ipotenusa e la proiezione del cateto sull’ipotenusa. In un triangolo rettangolo la somma dei quadrati costruiti sui cateti è equivalente al quadrato dell’ipotenusa. In un triangolo rettangolo il quadrato dell’altezza relativa all’ipotenusa è equivalente al rettangolo delle proiezioni dei cateti sull’ipotenusa. Si dicono omogenee le grandezze della stessa specie. Se sopra una retta è dato un insieme di segmenti, ciascuno dei quali contenuto nel precedente e di ampiezza decerescente in modo che se ne trovi sempre uno minore di qualsiasi segmento piccolo a piacere, allora esiste uno e un solo punto B comune a tutti i segmenti dati. Due segmenti si dicono commensurabili quando esiste un sottomultiplo comune ai due. Altrimenti si dicono incommensurabili. La diagonale e il lato di un quadrato sono incommensurabili ovvero la radice quadrata di 2 non è un numero razionale. Il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi. Date tre grandezze A, B, C delle quali le prime 2 omogenee, esiste una e una sola grandezza omogenea con la terza che formi una proporzione. Le grandezze di due insiemi sono direttamente proporzionali quando il rapporto tra due grandezze del primo è uguale al rapporto tra le grandezze corrispondenti dell’altro. In una circonferenza o in circonferenze congruenti archi e angoli al centro intercettano grandezze proporzionali Un fascio di rette parallele determina sopra due trasversali due insiemi di segmenti direttamente proporzionali. La parallela a un lato di un triangolo divide gli altri due in parti proporzionali. Se una retta divide in parti proporzionali due lati di un triangolo essa è parallela al terzo lato. In un triangolo la bisettrice di un angolo interno divide il lato opposto in due parti proporzionali ai lati rimanenti. In un triangolo la bisettrice dell’angolo esterno se non è parallela al lato opposto ne incontra il prolungamento in un punto che determina con gli estremi di quel lato segmenti proporzionali agli altri 2. Triangoli simili: Definizione: Rapporto di similitudine: I criterio di similitudine triangoli: I corollario: II corollario: III corollario: IV corollario: II criterio di similitudine triangoli: I corollario: III criterio di similitudine triangoli: Rapporto fra perimetri di triangoli simili: Rapporto fra aree di triangoli simili: Due triangoli con i tre angoli rispettivamente congruenti e con il lati, opposti agli angoli congruenti, in proporzione si dicono simili. Si dice rapporto di similitudine il rapporto fra due lati omologhi. Due triangoli sono simili se hanno due angoli congruenti. La parallela ad un lato di un triangolo stacca un triangolo simile al dato. Tutti i triangoli equilateri sono simili Due triangoli isosceli sono simili se hanno un angolo alla base o al vertice congruente. Due triangoli rettangoli sono simili se hanno un angolo acuto congruente. Due triangoli sono simili se hanno un angolo rispettivamente congruente compreso fra due lati proporzionali. Due triangoli rettangoli con lati proporzionali sono simili. Due triangoli sono simili se hanno i tre lati in proporzione. Il perimetro di due triangoli simili è proporzionale al rapporto fra 2 lati omologhi. L’area di due triangoli simili è proporzionale al quadrato del rapporto fra 2 lati omologhi Pagina 6 Classe V E Circonferenza e poligoni simili: Teorema delle corde: In una circonferenza se due corde si intersecano i segmenti che si formano sull’una sono i medi e quelli nell’altra gli estremi di una stessa proporzione. Condotte da un punto esterno due secanti i segmenti che uniscono il punto esterno con i due punti di secante su una sono i medi sull’altra gli estremi di una stessa proporzione. Il segmento di tangente è medio proporzionale fra l’intera secante e la sua parte esterna. Due poligoni si dicono simili se hanno gli angoli congruenti e i lati in proporzione. Poligoni regolari con lo stesso numero di lati sono sempre simili. In un trapezio circoscritto ad una circonferenza il raggio è medio proporzionale tra i 2 segmenti in cui il lato obliquo è diviso dal punto di tangenza. In un trapezio isoscele circoscritto ad una circonferenza il diametro è medio proporzionale tra le due basi. In un trapezio circoscritto ad una semicirconferenza ciascun lato obliquo è congruente al segmento cui è divisa la base maggiore dal centro ad esso consecutivo. In un trapezio isoscele circoscritto ad una semicirconferenza ciascun lato obliquo è congruente a metà base maggiore Teorema delle secanti: Teorema tangente e secante: Definizione: Definizione: Teorema trapezi circoscritti circonferenza: Corollario per il trapezio isoscele: Teorema trapezi circoscritti semicirconferenza: Corollario per il trapezio isoscele: . Lati dei poligoni regolari inscritti in una circonferenza: Quadrato Esagono Triangolo equilatero Pentagono Decagono Ottagono l = 2r l=r l = 3r l= 10 − 2 5 r 2 5 −1 r 2 l = 2 2 −1 l= ( ) A= Formula di erone: p( p − a )( p − b )( p − c ) dove A = Area, p = semiperimetro, a b c = lati Triangoli e circonferenze: Raggio della circonferenza circoscritta ad un triangolo Raggio della circonferenza circoscritta ad un triangolo isoscele Raggio della circonferenza inscritta in un triangolo (A = Area) Raggio della circonferenza inscritta in un triangolo isoscele r= abc 4A l2 2h A = pr A r= p b(2l − b ) r= 4h r= Formule relative al numero phi: Rettangolo aureo Triangolo isoscele di base 72° AF : AD = AD : BF CB : BA = AD : DB Pagina 7 Classe V E Insiemi numerici: Insieme N Insieme Z Insieme Q Insieme R Insieme C Insieme dei numeri interi positivi Insieme dei numeri interi relativi Insieme dei numeri esprimibili in frazione Insieme dei numeri irrazionali Insieme dei numeri complessi Matrici: Matrice di ordine m,n Matrice rettangolare Matrice quadrata Vettore riga Vettore colonna Matrice nulla Uguaglianza fra matrici Matrice opposta di A (-A) Matrice trasposta di A (AT) Diagonale principale Diagonale secondaria Matrice quadrata diagonale Matrice unità o identica Matrice triangolare superiore Matrice triangolare inferiore Matrice somma (A+B) Prodotto di una matrice per uno scalare (a ∙ A) Prodotto tra un vettore riga e un vettore colonna Prodotto tra matrici (AB) N.B. (Prodotto fra matrici) Determinante di una matrice di ordine 1 Determinante di una matrice di ordine 2 Determinante di una matrice di ordine > 2 Complemento algebrico di a(i,k) Minore complementare di a(i,k) Proprietà del determinante Teorema di Binet Regola di Sarrus Inversa di una matrice (A-1) Costruzione della matrice inversa Una tabella formata da m righe e n colonne Matrice in cui m ≠ n Matrice in cui m = n Matrice di ordine 1,n Matrice di ordine m,1 Matrice in cui tutti gli elementi sono uguali a 0 Due matrici sono uguali se e solo se tutti gli elementi corrispondenti sono uguali La matrice che ha gli elementi di segno opposto rispetto ad A La matrice che si ottiene scambiando fra di loro le righe e le colonne di A L’insieme degli elementi di una matrice quadrata che hanno i = k L’insieme degli elementi di una matrice quadrata che hanno i + k = n – 1 Matrice che ha tutti gli elementi tranne quelli della diagonale principale nulli Matrice che ha tutti gli elementi della diagonale principale uguali ad 1 Matrice che ha tutti gli elementi al di sotto della diagonale principale nulli. Matrice che ha tutti gli elementi al di sopra della diagonale principale nulli. Matrice che ottengo sommando gli elementi corrispondenti delle matrici A, B. Si ottiene moltiplicando tutti gli elementi di A per a È un elemento che si ottiene sommando fra di loro i prodotti corrispondenti di tutti gli elementi della matrice. È una matrice che ha il numero di righe della prima ed il numero di colonne della seconda. Gli elementi si ottengono moltiplicando la riga per la colonna di riferimento per ogni elemento. Il prodotto di una matrice non nulla può essere una matrice nulla. È l’elemento stesso È la differenza fra il prodotto degli elementi della diagonale principale e quello degli elementi della diagonale secondaria. Si calcola facendo la somma dei prodotti di una linea moltiplicati per i rispettivi complementi algebrici. Il minore complementare preceduto da + se i+k pari, da – se i+k dispari Il determinante che ottengo togliendo da quella matrice la riga i e la colonna k 1) Il determinante di una matrice è nullo se tutti gli elementi sono nulli 2) Il determinante di una matrice è nullo se due linee parallele hanno elementi uguali o proporzionali. 3) Il determinante di una matrice è nullo se una linea è combinazione lineare di altre due linee parallele 4) Il determinante non cambia se ad una linea sommo un'altra moltiplicata per un numero opportuno 5) Il determinante cambia di segno se cambio fra loro due linee parallele 6) Il determinante cambia se moltiplico tutti gli elementi di una linea per un numero k. Il determinante sara k volte quello della vecchia matrice. Il determinante della matrice prodotto di due matrici è uguale al prodotto dei determinanti delle due matrici. Il determinante di una matrice quadrata di ordine tre è uguale alla differenza tra la somma dei prodotti degli elementi delle diagonali principali e la somma dei prodotti degli elementi di ogni diagonale secondaria. Data una matrice quadrata A definisco matrice inversa di A la matrice che moltiplicata per A da come risultato la matrice identica. 1) 2) 3) 4) Prendo la matrice A di determinante diverso da 0 Sostituisco ad ogni elemento di A il rispettivo complemento algebrico Traspongo la matrice Divido tutti gli elementi per il determinante di A Pagina 8 Classe V E Sistemi lineari: Equazione lineare Sistema lineare Metodo di Sostituzione Metodo di Confronto Metodo di Riduzione Metodo della Matrice inversa Metodo di Cramer Rango di una matrice Minore di ordine n N.B. (Rango) Teorema di Kroenecker Teorema di Rouchè-Capelli Risoluzione di un sistema di m equazioni in n incognite Equazione in cui le incognite sono tutte al primo grado Sistema in cui compaiono solo equazioni di primo grado Si risolve un’equazione in base ad un’incognita e si sostituisce il risultato nell’altra equazione. Si risolvono entrambe le equazioni rispetto ad un’incognita e, dopo averla trovata applicando la proprietà transitiva, la si sostituisce nell’altra equazione Si moltiplicano entrambe le equazioni per uno scalare opportuno e si sommano, con lo scopo di ottenere un’equazione con un’incognita da risolvere Si moltiplica la matrice inversa del sistema per il vettore dei coefficienti Si effettua il quoziente tra il determinante della matrice che ottengo sostituendo il vettore dei coefficienti nella matrice del sistema ai coefficienti di un incognita e il determinante della matrice del sistema per trovare l’incognita stessa. Il massimo ordine di minori non nulli che posso estrarre dalla matrice Esistenza del determinante diverso da 0 in una sottomatrice quadrata di ordine n. Il rango di una matrice è diverso da 0 se tutti gli elementi sono nulli Il rango di una matrice è uguale a r se esiste un minore di ordine r non nullo e tutti i minori di ordine r+1 sono nulli. Il rango di una matrice è = r se e solo se esiste un minore di ordine r diverso da 0 e tutti i minori di ordine r+1 orlando il minore diverso da zero sono nulli. Un sistema di m equazioni in n incognite è possibile se e solo se il rango della matrice dei coefficienti e quello della matrice completa sono uguali. È determinato se il rango è uguale al numero delle incognite. È indeterminato se il rango è minore del numero delle incognite e ha ∞ n-r soluzioni. Si determinano i ranghi. Se r = r’ si individua ua sottomatrice Hr, quadrata di ordine r che abbia il determinante diverso da 0. • Se r = n utilizzo tutte le equazioni per determinare le soluzioni • Se r < m utilizzo r equazioni e scarto le altre • Se r = n = m allora il sistema è determinato • Se r < n allora utilizzo r incognite e tratto le altre come parametri. Pagina 9 Classe V E Geometria analitica: Assioma di appartenenza della retta Assioma di appartenenza del piano Assioma dell’ordine Asse Ascissa Ordinata Teorema della distanza fra due punti su una retta Teorema del punto medio su una retta Distanza fra due punti Punto medio di un segmento Punto interno L ad un segmento Baricentro G di un triangolo ABC Esistono sottoinsiemi propri chiamati rette tali che per due punti passi una e una sola retta Esistono una retta ed un punto non allineati per i quali passa uno e un solo piano Ogni retta è dotata di due versi rispetto ai quali è aperta, densa e illimitata Retta orientata dotata di un sistema di riferimento Distanza del punto dall’asse delle ordinate se il punto è nel 1° o nel 4° quadrante, opposto di tale distanza se il punto è nel 2° o nel 3° quadrante. Distanza del punto dall’asse delle ascisse se il punto è nel 1° o nel 2° quadrante, opposto di tale distanza se il punto è nel 3° o nel 4° quadrante. PQ = xq − x p xm = PQ = x p + xq 2 (x − xq ) + ( y p − yq ) 2 p 2 x + xq y p + yq M p ; 2 2 x = x a + k ( xb − x a ) AL =k l AB y l = y a + k ( yb − y a ) x + xb + xc ya + yb + yc ; G a 3 3 Pagina 10 Classe V E Problemi di geometria analitica Area del triangolo ABC y B A C O y x 1) Metodo del rettangolo 1 2 3 O x Area del triangolo = Area del rettangolo – Areatr1 – Areatr2 – Areatr3 2) Metodo della matrice xa y a 1 1 A = xb y b 1 2 xc y c 1 3) Metodo “tradizionale” bh A= 2 4) Formula di Erone A= p( p − a )( p − b )( p − c ) Pagina 11 Classe V E 4° vertice del parallelogrammo ABCD y B A K M D L C x O 1) Metodo lati AB = CD AC = BD 2) Metodo punto medio diagonali x + xc y b + y c x D = 2 x m − x a ; M b 2 yD = 2 ym − ya 2 3) Metodo “vettori” AKC ≅ BDL x II criterio - AC ≅ BD x Hp - Kˆ ≅ Lˆ ≅ π x costruzione 2 - CAˆ K ≅ DBˆ L x costruzione CK = DL AK = BL xc − xk = xd − xl y a − y k = yb − yl xk − xc = xd − xl y a − y k = yb − yl xa − xc = xd − xb y a − y d = yb − y d xd = xa + ( xc − xb ) y d = y a + ( y c − yb ) xd = xa + ( xc − xb ) y d = y a + ( y c − yb ) 4) Intersezione delle rette - Trovo la retta parallela ad AB passante per C - Trovo la retta parallela ad AC passante per B - Le interseco in un sistema e trovo il punto D Pagina 12 Classe V E Goniometria Gradi sessagesimali Gradi centesimali Radianti Conversioni di angoli Angolo retto = 90°, angolo giro = 360° Angolo retto = 100g, angolo giro = 400g Angolo congruente all’arco sotteso. Giro = 2π α 180° π α° α= π α° = 180° α° αg = 200 g 180° α = Circonferenza goniometrica Primo lato dell’angolo di una c.g. Seno dell’angolo alfa Coseno dell’angolo alfa Tangente dell’angolo alfa Cotangente dell’angolo alfa Secante dell’angolo alfa Cosecante dell’angolo alfa αg 180° 200 g Circonferenza avente centro nell’origine degli assi e raggio 1 Coincide con il semiasse positivo dell’asse delle ascisse Ordinata del 2° estremo dell’angolo Ascissa del 2° estremo dell’angolo Ordinata del punto intersezione fra il prolungamento del secondo lato dell’angolo e la tangente alla circonferenza goniometrica perpendicolare al semiasse positivo dell’asse delle ascisse. Ascissa del punto intersezione fra il prolungamento del secondo lato dell’angolo e la tangente alla circonferenza goniometrica perpendicolare al semiasse positivo dell’asse delle ordinate. Ascissa del punto intersezione fra la tangente alla circonferenza goniometrica passante per il secondo estremo dell’angolo e l’asse delle ascisse. Ordinata del punto intersezione fra la tangente alla circonferenza goniometrica passante per il secondo estremo dell’angolo e l’asse delle ordinate. Relazioni fondamentali della goniometria Prima relazione fondamentale Seconda relazione fondamentale Terza relazione fondamentale Quarta relazione fondamentale Quinta relazione fondamentale La somma del quadrato del seno di un angolo e del quadrato del coseno di un angolo è uguale ad 1 La tangente di un angolo è il rapporto fra il suo seno ed il suo coseno La cotangente di un angolo è il rapporto fra il suo coseno ed il suo seno oppure è il reciproco della sua tangente La secante di un angolo è il reciproco del suo coseno La cosecante di un angolo è il reciproco del suo seno Pagina 13 Classe V E Formule relative agli archi associati Con angolo piatto cos(π − α ) = − cos α sin (π − α ) = sin α cos(π + α ) = − cos α sin (π + α ) = − sin α cos(2π − α ) = cos α sin (2π − α ) = − sin α Con angolo retto π cos 2 − α = sin α π sin − α = cos α 2 π cos 2 + α = − sin α π sin + α = cos α 2 3 cos 2 π − α = − sin α 3 sin π − α = − cos α 2 3 cos 2 π + α = sin α sin 3 π + α = − cos α 2 Pagina 14 Classe V E La retta Equazione della retta Condizione di allineamento tra 2 punti ax + by + c = 0 x − x1 y − y1 = x 2 − x1 y 2 − y1 Condizione di allineamento tra 3 punti x3 − x1 y 3 − y1 = x 2 − x1 y 2 − y1 y = mx + q a ∆y m=− = = tgα b ∆x c q=− b ( y − y0 ) = m(x − x0 ) Equazione della retta (forma esplicita) Coefficiente angolare m Ordinata all’origine q Retta passante x un punto di coefficiente angolare noto Distanza fra due punti su una retta di coefficiente angolare noto Forma segmentarla dell’equazione della retta xa − x b 1 + m 2 x y + =1 p q Ascissa all’origine p c p=− a Condizione di parallelismo fra due rette Date due rette r e r’ r // r ' ⇔ ab' = a ' b ovvero se m = m' Condizione di perpendicolarità fra due Date due rette r e r’ r ⊥ r ' ⇔ aa '+bb' = 0 ovvero se rette 1 m=− m' Distanza del punto P (x0;y0) dalla retta R ax0 + by o + c PH = ax + by + c = 0 a2 + b2 Intersezione fra due rette in un sistema - Sistema possibile Rette incidenti - Sistema indeterminato Rette coincidenti - Sistema impossibile Rette parallele Asse del segmento 2 x( x a − xb ) + 2 y ( y a − y b ) − (x a2 + y a2 ) + (xb2 + y b2 ) Bisettrice di un angolo ax + by + c a ' x + b' y + c ' = a2 + b2 a ' 2 +b' 2 Teorema angolo fra due rette La tangente dell’angolo alfa fra due rette di coefficiente m − m' angolare m e m’ è uguale a 1 + mm' Fasci di rette Definizione Equazione del fascio di rette Centro del fascio Si definisce fascio di rette proprio un insieme di rette passanti per lo stesso punto detto centro del fascio. Un fascio improprio è un insieme di rette parallele a una retta data detta sostegno del fascio. (a + ka')x + (b + kb') y + c + kc' = 0 k = 0 ax + by + c = 0 k = ∞ a ' x + b ' y + c = 0 Pagina 15 Classe V E Seni e coseni particolari (tabella completa) Primo quadrante Gradi 0° 15° 30° 45° 60° 75° Radianti 0 Sen 0 π 12 π 6 π 4 π 3 5 π 12 6− 2 4 1 2 Cos 1 2 2 3 2 6+ 2 4 Tg 0 6+ 2 4 3 2 2 2 1 2 2− 3 6− 2 4 Cos 0 Cotg ∅ 2+ 3 3 3 3 1 3 Sec 1 6− 2 2 3 3 1 2 2 Cosec ∅ 6+ 2 2 2 2 3 3 2+ 3 3 3 2− 3 6+ 2 6− 2 Tg ∅ Cotg 0 Sec ∅ Cosec 1 −2− 3 −2+ 3 − 6− 2 6− 2 3 3 -1 -2 2 3 3 − 2 2 Secondo quadrante Gradi 90° 105° 120° 135° 150° 165° Radianti π 2 7 π 12 2 π 3 3 π 4 5 π 6 11 π 12 Sen 1 6+ 2 4 3 2 2 2 1 2 6− 2 4 − 6+ 2 4 1 − 2 2 2 3 − 2 6− 2 − 4 − − 3 -1 3 3 −2+ 3 − − − 3 −2− 3 − 2 3 3 − 6+ 2 2 6+ 2 Pagina 16 Classe V E Seni e coseni particolari (continuazione) Terzo quadrante Gradi 180° 195° 210° 225° 240° 255° Radianti Sen 0 π 13 π 12 7 π 6 5 π 4 4 π 3 17 π 12 − 6+ 2 4 1 − 2 2 2 3 − 2 6− 2 − 4 Cos -1 − − − Tg 0 6− 2 4 3 − 2 2 − 2 1 − 2 2− 3 6+ 2 4 Cotg ∅ 2+ 3 3 3 3 1 Sec -1 − 6+ 2 − Cosec ∅ − 6− 2 -2 2 3 3 1 − 2 -2 2+ 3 3 3 2− 3 − 6− 2 − 6+ 2 Cos 0 Tg ∅ Cotg 0 Sec ∅ Cosec -1 6− 2 4 1 2 −2− 3 −2+ 3 6− 2 − 6+ 2 2 3 3 2 2 3 2 6+ 2 4 1 -1 3 3 -1 2 − 2 3 − 2 − 2 3 3 Quarto quadrante Gradi 270° 285° 300° 315° 330° 345° 360° Radianti 3 π 2 19 π 12 5 π 3 7 π 4 11 π 6 23 π 12 2π Sen -1 − − 6− 2 4 3 − 2 2 − 2 1 − 2 6+ 2 4 0 − 3 − − 2 3 3 3 3 −2+ 3 − 3 2 -2 2− 3 6+ 2 − 6− 2 0 ∅ 1 ∅ − Pagina 17 Classe V E Formule di somma e sottrazione cos(α − β ) = cos α cos β + sin α sin β cos(α + β ) = cos α cos β − sin α sin β sin(α − β ) = sin α cos β − cos α sin β sin(α + β ) = sin α cos β + cos α sin β π α , β ≠ + kπ tan α + tan β 2 con tan(α + β ) = π 1 − tan α tan β α + β ≠ + kπ 2 tan(α − β ) = α, β ≠ π + kπ tan α − tan β 2 con π 1 + tan α tan β α − β ≠ + kπ 2 Formule di duplicazione sin 2α = 2 sin α cos α 1 − 2 sin 2 α cos 2α = cos 2 α − sin 2 α = 2 2 cos a − 1 π 2 tan α π π con tan 2α = α ≠ + k ∧ α ≠ + kπ 2 2 4 2 1 − tan α Formule di bisezione sin α cos tan tan tan 2 α 2 α 2 α 2 α 2 =± 1 − cos α 2 =± 1 + cos α 2 1 − cos α con α ≠ π + 2kπ 1 + cos α sin α = con α ≠ π + 2kπ 1 + cos α 1− cos α = con α ≠ kπ sin α =± Pagina 18 Classe V E Formule parametriche sin α = 2 tan α 2 1 + tan 2 α 2 α 2 cos α = α 1 + tan 2 2 α 2 tan 2 tan α = α 1 − tan 2 2 1 − tan 2 con α ≠ π + 2kπ Formule di prostaferesi p+q p−q cos 2 2 p+q p−q sin sin p − sin q = 2 cos 2 2 p+q p−q cos cos p + cos q = 2 cos 2 2 p+q p−q sin cos p − cos q = − 2 sin 2 2 π sin ( p + q ) con p, q ≠ + kπ tan p + tan q = 2 cos p cos q π sin ( p − q ) con p, q ≠ + kπ tan p − tan q = 2 cos p cos q sin ( p + q ) con p, q ≠ π + kπ cot p + cot q = sin p sin q sin (q − p ) con p, q ≠ π + kπ cot p − cot q = sin p sin q sin p + sin q = 2 sin Formule di werner 1 sin α sin β = [cos(α − β ) − cos(α + β )] = 2 1 cos α cos β = [cos(α + β ) + cos(α − β )] 2 1 sin α cos β = [sin (α + β ) + sin (α − β )] 2 − 1 [cos(α + β ) − cos(α − β )] 2 Pagina 19 Classe V E Trigonometria Primo teorema dei triangoli rettangoli In un triangolo rettangolo un cateto è uguale al prodotto fra l’ipotenusa ed il seno dell’angolo opposto oppure il coseno dell’angolo acuto adiacente Secondo teorema dei triangoli rettangoli In un triangolo rettangolo un cateto è uguale al prodotto fra l’altro cateto e la tangente dell’angolo opposto oppure la cotangente dell’angolo acuto adiacente Teorema dell’area del triangolo L’area di un triangolo qualsiasi è equivalente al semiprodotto tra due lati ed il seno dell’angolo compreso tra essi. Teorema del coseno o di Carnot o di In un triangolo qualsiasi il quadrato di un lato è Pitagora generalizzato congruente alla somma dei quadrati degli altri due diminuita del doppioprodotto dei due lati per il coseno dell’angolo compreso tra essi. Teorema della corda In una circonferenza una corda è sempre uguale al diametro per il seno dell’angolo alla circonferenza che insiste sulla corda Teorema dei seni In un triangolo qualunque il rapporto fra un lato ed il seno dell’angolo opposto è costante ed è uguale al diametro della circonferenza circoscritta ma anche al rapporto tra il prodotto dei lati ed il doppio dell’area. La Circonferenza Definizione Equazione La Circonferenza è il luogo dei punti del piano equidistanti da un punto fisso detto centro. La distanza è detta raggio della circonferenza. x 2 + y 2 + ax + by + c = 0 Coordinate del centro a xo = − 2 b yo = − 2 Raggio a2 b2 + −c 4 4 a > 0 Il centro è nel II o nel III quadrante a = 0 Il centro è sull’asse delle y a < 0 Il centro è nel I o nel IV quadrante b > 0 Il centro è nel III o nel IV quadrante b = 0 Il centro è sull’asse delle x b < 0 Il centro è nel I o nel II quadrante c = 0 La circonferenza passa per l’origine x2 + y2 = 1 Valori di a Valori di b Valori di c Equazione circonferenza goniometrica r= Punti, rette e circonferenze Posizioni reciproche di un punto e una Il punto può essere esterno, interno o sulla circonferenza circonferenza. In quest ultimo caso le coordinate del punto soddisfano l’equazione Posizioni reciproche di una retta e di una Può essere esterna (nessun punto in comune), secante circonferenza (due punti di intersezione) e tagente (due punti di intersezioni coincidenti) Pagina 20 Classe V E Determinare le tangenti condotte da un punto ad una circonferenza Dati x 2 + y 2 − 2 x − 4 y − 20 = 0 P(8;1) Problema Condurre le circonferenza. tangenti da P alla I Metodo Considero il fascio di rette passante per P di equazione: ( y − 1) = m(x − 8) y = mx − 8m + 1 Lo interseco con l’equazione della circonferenza ponendo come condizione che sia tangente x 2 + y 2 − 2 x − 4 y − 20 = 0 y = mx − 8m + 1 Sviluppando la prima sostituendo y avrò in forma normale: x 2 1 + m 2 + x − 16m 2 − 2m − 2 + 64m 2 + 32m − 23 = 0 Per trovare il valore di m per cui la retta sia tangente noto che: ∆ > 0 La retta è secante alla circonferenza ∆ = 0 La retta è tangente ∆ < 0 La retta è esterna alla circonferenza Pongo quindi ∆ = 0 e dopo i calcoli otterrò: 12m 2 + 7 m − 12 = 0 ( ) ( ) − 7 49 + 574 = 24 4 m1 = − 3 3 m2 = 4 Sostituisco quindi i due valori di m trovati nell’equazione del fascio trovando così le due rette. 4 35 y =− x+ 3 3 3 y = x−5 4 m= Pagina 21 Classe V E II Metodo Consideriamo sempre il fascio m di rette per P y = mx − 8m + 1 Sappiamo dell’equazione della circonferenza che r = 5 e che K (1;2) Calcolo quindi la distanza del centro di queste due rette e la pongo uguale a 5. m − 2 − 8m + 1 =5 1 + m2 7m + 1 = 5 1 + m 2 49m 2 + 1 + 14m = 25 + 25m 2 24m 2 + 14m − 24 = 0 Che è poi la stessa equazione trovata precedentemente. Dividiamo quindi per due e procediamo come sopra 12m 2 + 7 m − 12 = 0 − 7 49 + 574 = 24 4 m1 = − 3 3 m2 = 4 Ricostituiamo i valori ed ecco, con molti meno calcoli, le due rette tangenti. 4 35 y =− x+ 3 3 3 y = x−5 4 m= III Metodo Solamente se il punto appartiene alla circonferenza e quindi le rette sono due coincidenti Es. Q(−2;−2) Notiamo che KQ ⊥ t quindi è ovvio che 1 mt = − mkq Trovata quindi la retta passante per k e per q è immediato trovare la tangente. N.B. • • • Se il punto è interno alla conica allora non vi sono rette soluzioni. Se il punto è sulla conica vi è una retta soluzione Se il punto è esterno alla conica vi sono due rette soluzione. Pagina 22 Classe V E Trovare l’equazione di una circonferenza Per trovare l’equazione di una circonferenza, o di una conica in generale, occorrono tre condizioni, in quanto viene generato un sistema in tre incognite a, b, c. Ecco qui le varie possibilità e come comportarsi di conseguenza. 1. Viene dato il centro In questo caso le condizioni sono due. Basterà semplicemente sostituire le coordinate del centro nella relazione a xo = − 2 b yo = − 2 Per trovare a e b 2. Viene dato il raggio Sostituiamo r nella relazione a2 b2 r= + −c 4 4 Molto scomoda da usare come condizione a meno di non aver già trovato a e b 3. Vengono dati centro e raggio La circonferenza può essere individuata come luogo geometrico ponendo la distanza fra il centro ed un punto generico uguale al raggio 4. Viene dato un punto appartenente alla circonferenza Sostituiamo le coordinate del punto nell’equazione generica della circonferenza. Otterremo così una equazione in a, b e c che costituisce una condizione 5. Vengono dati tre punti della circonferenza Oltre ad usare il metodo sopra citato possiamo individuare il centro come il circocentro del triangolo formato dai tre punti ed il raggio come la distanza tra il circocentro ed uno dei punti 6. Viene data una retta tangente Intersechiamo l’equazione della retta con quella della circonferenza generica e poniamo ∆=0 7. Vengono detto che il centro è sulla bisettrice del primo e del terzo quadrante Vuol dire semplicemente che a=b Se il centro fosse sulla bisettrice del secondo e del quarto a = −b 8. Viene detto che la circonferenza passa per l’origine degli assi Vuol dire semplicemente che c=0 Pagina 23 Classe V E La Parabola Definizione Luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto fisso detto fuoco e da una retta detta bisettrice Parabola verticale Equazione Valore di a Valore di b y = ax 2 + bx + c con ∆ = b 2 − 4ac 1 a= 2( y o − d ) xo b= 2( y o − d ) Valore di c x + yo − d 2 c= o 2( y o − d ) Coordinate del fuoco b 1− ∆ F− ; 2a 4a 1+ ∆ y=− 4a b x=− 2a ∆ b V − ;− 2a 4a Se a > 0 il fuoco è al di sopra della direttrice e la parabola volge quindi la propria concavità verso l’alto. Se a < 0 la parabola volge la propria concavità verso il basso. a ≠ 0 per definizione (diventerebbe una retta) Tutte le parabole passano per il punto P(0; c ) , che ha il significato di ordinata all’origine. Quindi se c = 0 la parabola passa per l’origine degli assi Se a e b discordi allora il vertice si trova nel primo o nel secondo quadrante. Se a e b concordi allora il vertice si trova nel terzo o nel quarto quadrante. Se b = 0 il vertice è sull’asse delle ascisse. ∆ > 0 allora la parabola ha due intersezioni con l’asse delle x. ∆ = 0 allora la parabola è tangente all’asse x. ∆ < 0 allora la parabola non incontra l’asse delle x. Il vertice è il punto medio tra fuoco e direttrice. Equazione della direttrice Equazione dell’asse di simmetria Coordinate del vertice Valore di a Valore di c Valore di b Valore del ∆ Proprietà del vertice 2 2 Pagina 24 Classe V E Parabola orizzontale Equazione Valore di a Valore di b Valore di c Coordinate del fuoco Equazione della direttrice Equazione dell’asse di simmetria Coordinate del vertice Valore di a Valore di c Valore di b Valore del ∆ Proprietà del vertice x = ay 2 + by + c con ∆ = b 2 − 4ac 1 a= 2( xo − d ) yo b= 2( xo − d ) xo + y o − d 2 2( xo − d ) 2 c= 2 1− ∆ b F ;− 2a 4a 1+ ∆ x=− 4a b y=− 2a ∆ b V − ;− 4a 2a Se a > 0 il fuoco è a destra della direttrice e la parabola volge quindi la propria concavità verso destra. Se a < 0 la parabola volge la propria concavità verso sinistra. a ≠ 0 per definizione (diventerebbe una retta) Tutte le parabole passano per il punto P(c;0 ) , che ha il significato di ascissa all’origine. Quindi se c = 0 la parabola passa per l’origine degli assi Se a e b discordi allora il vertice si trova nel primo o nel quarto quadrante. Se a e b concordi allora il vertice si trova nel secondo o nel terzo quadrante. Se b = 0 il vertice è sull’asse delle ordinate. ∆ > 0 allora la parabola ha due intersezioni con l’asse delle y. ∆ = 0 allora la parabola è tangente all’asse y. ∆ < 0 allora la parabola non incontra l’asse delle y. Il vertice è il punto medio tra fuoco e direttrice. Pagina 25 Classe V E Determinare le tangenti condotte da un punto ad una parabola L’unico metodo possibile è quello che nella circonferenza abbiamo usato per primo, quindi: 1. Trovare il fascio di rette per il punto 2. Intersecarle con l’equazione generica della parabola 3. Porre ∆ = 0 4. Sostituire i due valori di m trovati nell’equazione del fascio Determinare l’equazione di una parabola Anche qui ci vogliono tre condizioni. Poniamo che la tipologia di parabola sia quella verticale. 1. Viene dato un punto appartenente alla parabola Sostituiamo le coordinate del punto nell’equazione generica della parabola. Otterremo così una equazione in a, b e c che costituisce una condizione 2. Viene data una retta tangente Intersechiamo l’equazione della retta con quella della parabola generica e poniamo ∆ = 0 3. Vengono date una o due delle coordinate del fuoco Basta ricordare che b x f = − 2a 1− ∆ y f = 4a E sostituire 4. Viene data la direttrice Intersechiamo l’equazione della direttrice e l’equazione generica della direttrice y = − 1+ ∆ 4a 5. Viene dato l’asse di simmetria Intersechiamo l’equazione dell’asse e l’equazione generica dell’asse di simmetria x = − b 2a 6. Viene dato il vertice Ricordiamo che b x v = − 2a ∆ yv = − 4a 7. Vengono dati due tra vertice, fuoco e direttrice E’ possibile trovare il terzo sfruttando il fatto che il vertice è il punto medio tra fuoco e direttrice. La parabola può essere poi trovata come luogo geometrico ponendo la distanza tra il vertice e un punto generico uguale alla distanza tra la direttrice e lo stesso punto generico. Pagina 26 Classe V E Equazioni goniometriche Sono le equazioni in cui l’incognita compare come argomento. Esempio 3 sin x = 2 π + 2kπ 3 2π x= + 2kπ 3 x= Le equazioni come la precedente sono dette elementari. Per risolvere un’equazione goniometrica è sempre necessario ricondurla ad una elementare mediante calcoli. Equazioni omogenee Sono equazioni in cui tutti i membri che li compongono hanno lo stesso grado. a sin 2 x + b sin x cos x + c cos 2 x = 0 Notiamo che nel caso ci fossero numeri è possibile trasformarli in seno e coseno con la prima relazione fondamentale e ricondurre l’equazione alla forma di cui sopra. Risoluzione sin 2 x − 3 sin x cos x = 0 π + kπ è soluzione. Qui verrebbe 1 = 0 quindi no. 2 Dividiamo tutto per cos2x e otteniamo un’equazione in tangente che sappiamo risolvere. tan 2 x − 3 tan = 0 x = kπ π x = + kπ 3 Controlliamo se x = Pagina 27 Classe V E Equazioni goniometriche lineari in seno e coseno a sin x + b cos x + c = 0 Esempio 3 sin x + cos x = 1 Vi sono tre metodi risolutivi: 1) Formule parametriche Prima di trasformare l’equazione è necessario controllare se x = π + 2k fosse soluzione. In questo caso verrebbe 0 – 1 = 1 quindi non è soluzione. Se lo fosse andrebbe aggiunta alla fine. x x 1 − tan 2 2 3 tan 2 =1 2+ x x 1 + tan 2 1 + tan 2 2 2 x x 2 tan 2 − 2 3 tan = 0 2 2 x = kπ ⇒ x = 2kπ 2 x π 2 = + kπ ⇒ x = π + 2kπ 2 3 3 2) Metodo dell’angolo aggiunto Dividiamo entrambi i membri dell’equazione per a 2 + b 2 , se risultano angoli particolari allora possiamo utilizzare le formule di somma e sottrazione. 3 1 1 sin x + cos x = 2 2 2 π 1 3 In questo caso posso vedere come il seno di ed come il suo coseno. 3 2 2 π 1 cos x − = 3 2 π π 2 x − = + 2kπ ⇒ x = π + 2kπ 3 3 3 x− π 3 =− π 3 + 2kπ ⇒ x = 2kπ Pagina 28 Classe V E 3) Metodo grafico Considero sin x = y cos x = x Li sostituisco nell’equazione e la interseco con quella della circonferenza goniometrica. 3 3 x+ y = − 3 3 x 2 + y 2 = 1 È un attimo notare che − 3 è il valore della tangente dell’angolo di 150°, quindi disegnamo la retta 3 e la circonferenza: y x L’angolo interno alla circonferenza misura quindi 30°, l’altro al centro 60°, quindi il suo supplementare 120°. Basta quindi assumere come soluzioni l’angolo di 0° e l’angolo di 120°. Se non si riesce a fare questo ragionamento semplice basta risolvere il sistema. 1 x=− x = 1 2 ∨ y = 0 y = 3 2 Ricordando che: sin x = y cos x = x Pagina 29 Classe V E Radicali doppi Visto che durante la risoluzione delle equazioni può capitare di dover risolvere un radicale doppio, ritengo utile ricordare il metodo. Supponiamo di dover scomporre il radicale doppio: 31 + 12 3 Posso agire in 2 metodi: I metodo Considero il radicale come un quadrato di binomio di cui: a 2 + b 2 = 31 ab = 6 3 Scompongo 6 3 e trovo per quale coppia di valori la somma dei quadrati fa 31. 6 3 ( ) ⇒ 1 + 1296 = 1297 ⇒ no + (3 3 ) ⇒ 4 + 27 = 31 ⇒ si + (2 3 ) ⇒ 9 + 12 = 21 ⇒ no + ( 3 ) ⇒ 36 + 3 = 39 ⇒ no 12 + 6 3 2 22 2 32 2 2 62 Si può scomporre quindi in (6 + 3 ) 2 = 6+ 3 II metodo Porto il coefficiente della radice dentro 31 + 432 e controllo se a 2 − b è un quadrato perfetto. In questo caso (la radice di a 2 − b è 23) posso usare la seguente formula: a + a2 − b a − a2 − b ± 2 2 in questo caso 31 − 23 31 + 23 + = 6+ 3 2 2 Pagina 30 Classe V E Ellisse Definizione Luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi. Ellisse con i fuochi sull’asse delle x Equazione Coordinate dei fuochi x2 y2 + =1 a2 b2 F1, 2 (± c;0 ) Distanza Focale F1 F2 = 2c Valore di c = c a 2 − b2 Asse maggiore A1, 2 (± a;0 ) Asse minore A1 A2 = 2a B1,2 ( 0; ±b ) B1 B2 = 2b Relazione tra a, b e c Eccentricità a2 = b2 + c2 c e= a Ellisse con i fuochi sull’asse delle y Equazione Coordinate dei fuochi x2 y2 + =1 a2 b2 F1, 2 (0;±c ) Distanza Focale F1 F2 = 2c Valore di c = c b2 − a 2 Asse maggiore A1, 2 (± a;0 ) Asse minore A1 A2 = 2a B1,2 ( 0; ±b ) B1 B2 = 2b Relazione tra a, b e c Eccentricità b2 = a2 + c2 c e= b Pagina 31 Classe V E Proprietà dell’ellisse 1. L’ellisse ha due assi di simmetria (gli assi cartesiani) ed un centro di simmetria (O). Dim Considero il punto P ( xo ; yo ) . Se il punto soddisfa l’equazione dell’ellisse anche i punti: P ' ( − xo ; yo ) P '' ( − xo ; − yo ) P ''' ( xo ; − yo ) Soddisfano l’equazione dell’ellisse. c.v.d. 2. L’ellisse ha 4 vertici di coordinate A1,2 ( ± a;0 ) e B1,2 ( 0; ±b ) 3. L’ellisse è una curva limitata, tutta contenuta nel rettangolo con lati paralleli agli assi e passanti per i vertici. Dim x2 y2 Considero l’equazione dell’ellisse: 2 + 2 = 1 . a b La risolvo rispetto ad x e a y. a2 2 = x2 b − y2 ) 2 ( b b2 2 = y2 a − x2 ) 2 ( a Per rispettare la condizione di positività è per forza. −a ≤ x ≤ a −b ≤ y ≤ b c.v.d. 4. L’eccentricità dell’ellisse è minore di 1. Dim Considero: e= e= c = a a 2 − b2 a a 2 − b2 b2 = − 1 a2 a2 b2 <1 Ma a > b ⇒ 0 < a2 ⇒ 0 < e <1 c.v.d. Pagina 32 Classe V E Determinare le tangenti condotte da un punto ad una ellisse L’unico metodo possibile per le coniche è, come già detto: Trovare il fascio di rette per il punto Intersecarle con l’equazione generica dell’ellisse Porre ∆ = 0 Sostituire i due valori di m trovati nell’equazione del fascio Determinare l’equazione di un’ellisse A differenza delle altre coniche, qui bastano due condizioni. Poniamo che la tipologia di ellisse sia quella con i fuochi sull’asse delle x. Viene dato un punto appartenente all’ellisse Sostituiamo le coordinate del punto nell’equazione generica dell’ellisse. Otterremo così una equazione in a, b e c che costituisce una condizione Viene data una retta tangente Intersechiamo l’equazione della retta con quella dell’ellisse generica e poniamo ∆ = 0 Viene data l’ascissa di un fuoco Basta ricordare che x= c= c a 2 − b2 Viene data la coordinata di un vertice Ricordiamo che xa = a yb = b Viene data la lunghezza di un asse / semiasse Ricordiamo che Asse maggiore A1 A2 = 2a Asse minore B1 B2 = 2b Asse focale F1 F2 = 2c Viene data l’ascissa del fuoco e la lunghezza dell’asse maggiore È possibile, ma scomodo, determinare l’ellisse come luogo geometrico, ponendo P( x; y ) PF1 + PF2 = 2a Pagina 33 Classe V E Formule di sdoppiamento Rappresentano un ulteriore metodo per trovare l’equazione della tangente ad una conica dato un punto appartenente ad essa. Dato quindi il punto P ( x0 ; y 0 ) appartenente alla conica, è sufficiente fare delle sostituzioni nell’equazione nel seguente modo: x 2 ⇒ x0 x y 2 ⇒ y0 y x0 + x 2 y +y y⇒ 0 2 Questo non solo ci permette di trovare le rette tangenti ma anche di usarlo per trovare l’equazione della conica. Basterà infatti eguagliare il coefficiente angolare della tangente trovato con un altro metodo a quello trovato con questo metodo per ottenere una condizione. x⇒ Inscrivere un poligono in una conica note delle condizioni Per inscrivere un poligono bisogna intersecare una retta generica con l’equazione della conica e trovare i vertici in funzione di k oppure porre k uguale all’ascissa / ordinata di un suo vertice secondo il caso. Esempio Inscriviamo un rettangolo la cui altezza è congruente a metà della base nel segmento parabolico della parabola y = − x 2 + 5 x − 6 I Metodo Facciamo l’intersezione tra la parabola e la retta y = k, che prenderemo come altezza del rettangolo y = k 1 l’ordinata di k non può ovviamente essere superiore a quella del vertice k < 4 2 y = − x + 5x − 6 I punti trovati sono quindi 5 − 1 − 4k 5 − 1 − 4k ; k C A ;0 2 2 aggiungendo i corrispondenti sull’asse delle x. 5 + 1 − 4k 5 + 1 − 4k B ; k D ;0 2 2 1 Sappiamo quindi che k = AB (altezza metà della base) 2 Calcolo quindi AB in funzione di k mediante la distanza fra punti e lo sostituisco nell’espressione. k= 1 5 − 1 − 4k 5 − 1 + 4k − 1 + 02 2 2 2 Le soluzioni risultano: k = −8 − 2 17 k = 8 + 2 17 La prima delle due non è accettabile. Sostituendo la seconda nelle coordinate troviamo i valori. Pagina 34 Classe V E II Metodo Pongo xa = k 5 2 ≤ k ≤ 2 2 y = − x + 5 x − 6 E trovo quindi il punto A del rettangolo di coordinate: A k ; − k 2 + 5k + 6 C (k ;0) E la sua proiezione sull’asse delle x. So quindi che AC = h = −k 2 + 5k − 6 5 AB = 2 AH = 2 xv − x a = 2 − k = 5 − 2k 2 1 AB = h 2 1 5 − 2k = (− k 2 + 5k − 6 ) 2 Dal quale possiamo ricavarci: 9 ± 17 k= 2 Del quale è accettabile solo il valore minore, sostituendolo abbiamo le coordinate dei vertici. ( ) Quali siano le condizioni e quale bisogni applicare poi dipende dal poligono, l’importante è trovare i vertici in funzione di k. Pagina 35 Classe V E Trovare l’equazione di una conica dato un poligono inscritto Esempio x2 y2 + = 1 , trovarne l’equazione sapendo che in essa vi è iscritto un trapezio a2 b2 r)x + 2 y − 5 = 0 isoscele i cui vertici giacciono sulle rette , che l’area misura 6 e che la base s) x − 2 y + 5 = 0 maggiore è il doppio di quella minore. Data l’ellisse ε ) Intersecando le due rette possiamo trovare A(5;0 ) . Per il secondo corollario del teorema di Talete si ha: AM = MN = AQ = PQ E per il teorema di Talete quindi AH = HK Posso quindi porre la distanza AH = k . La retta per MQ avrà dunque equazione x = 5 − k , la retta per NP avrà invece equazione x = 5 − 2k , poiché 5 è l’ascissa di A e AH = HK . x + 2 y − 5 = 0 k M ⇒ M 5 − k; 2 y = 5 − k x + 2 y − 5 = 0 N ⇒ N (5 − 2k ;−k ) y = 5 − 2k x − 2 y + 5 = 0 k Q ⇒ Q 5 − k ;− 2 y = 5 − k Notiamo che è evidente la simmetria dei punti rispetto ad x. x − 2 y + 5 = 0 P ⇒ P(5 − 2k ; k ) y = 5 − 2k Andiamo ora ad analizzare la condizione area = 6 1 NP + MQ HK = 6 2 2 1 3/ MQ HK = 6/ 2 ( ( ) ) Pagina 36 Classe V E (MQ )HK = 4 ym − yq k = 4 Sviluppiamo i calcoli ed otteniamo: k k + k=4 2 2 k 2 = 4 ∨ k 2 = −4 La seconda non è possibile in R quindi k2 = 4 k = ±2 Ma neanche -2 è accettabile in quanto abbiamo posto AH = k ed una lunghezza non può essere negativa. k=2 Sostituiamo k nelle coordinate dei punti ed otteniamo: M (1;2 ) N (− 3;4 ) Q(1;−2 ) P(− 3;−4 ) A questo punto basterà inserire le coordinate di M e N nell’equazione dell’ellisse per ottenere il sistema: 4a 2 + b 2 = a 2 b 2 16a 2 + 9b 2 = a 2 b 2 Che ha come soluzioni: 35 a= 3 35 8 L’equazione dell’ellisse sarà quindi: x2 y2 + =1 35 35 3 8 b= Pagina 37 Classe V E Iperbole Definizione Luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la differenza delle distanze da due punti fissi detti fuochi. Iperbole con i fuochi sull’asse delle x Equazione Coordinate dei fuochi x2 y 2 − = 1 a 2 b2 F1, 2 (± c;0 ) Distanza Focale F1 F2 = 2c Valore di c = c a 2 + b2 Asse traverso A1, 2 (± a;0 ) Asse non trasverso A1 A2 = 2a B1,2 ( 0; ±b ) B1 B2 = 2b Relazione tra a, b e c Eccentricità 2 c= a 2 + b2 c e= a Iperbole con i fuochi sull’asse delle y Equazione Coordinate dei fuochi x2 y 2 − = −1 a 2 b2 F1, 2 (0;±c ) Distanza Focale F1 F2 = 2c Valore di c = c a 2 + b2 Asse trasverso A1, 2 (± a;0 ) Asse non trasverso A1 A2 = 2a B1,2 ( 0; ±b ) B1 B2 = 2b Relazione tra a, b e c Eccentricità 2 c= a 2 + b2 c e= b Pagina 38 Classe V E Proprietà dell’iperbole 1. L’iperbole ha due assi di simmetria (gli assi cartesiani) ed un centro di simmetria (O). Dim Considero il punto P ( xo ; yo ) . Se il punto soddisfa l’equazione dell’iperbole anche i punti: P ' ( − xo ; yo ) P '' ( − xo ; − yo ) P ''' ( xo ; − yo ) Soddisfano l’equazione dell’iperbole. c.v.d. 2. L’iperbole ha 2 vertici di coordinate A1,2 ( ± a;0 ) 3. L’iperbole è una curva illimitata, tutta nella fascia esterna ai vertici. Dim x2 y 2 1. Considero l’equazione dell’iperbole: 2 − 2 = a b La risolvo rispetto ad x e a y. b2 2 2 = y x − a2 2 a Per rispettare la condizione di positività è per forza. x ≥ a ∨ x ≤ −a ( ) c.v.d. 4. L’iperbole ha 2 asintoti. Data l’equazione con B troviamo due punti B1,2 ( 0; ±b ) non appartenenti alla curva che individuano un rettangolo le cui diagonali sono gli asintoti. L’equazione degli asintoti è b y= ± x a 5. L’eccentricità dell’iperbole è maggiore di 1. Dim Considero: c e= = a a 2 + b2 a a 2 + b2 b2 e= = 1+ a2 a2 ⇒ e >1 c.v.d. Pagina 39 Classe V E Iperbole equilatera riferita agli assi con i fuochi sull’asse delle x Equazione Coordinate dei fuochi x2 − y 2 =1 a2 F1,2 ± 2a;0 ( Distanza Focale F1 F2 = 2a Valore di c c = 2a 2 Asse trasverso A1, 2 (± a;0 ) Asse non trasverso A1 A2 = 2a B1,2 ( 0; ± a ) ) B1 B2 = 2a Relazione tra a e c Eccentricità Asintoti c 2 = 2a 2 c e= a y = ±x Iperbole equilatera riferita ai propri asintoti Equazione Coordinate dei fuochi 2xy = a 2 F1 ( a; a ) F2 ( −a; −a ) Distanza Focale Valore di c Asse trasverso F1 F2 = 2a c=a 2 A1 + a; + 2 2 A2 − a; − 2 2 a 2 2 a 2 A1 A2 = 2a Asse non trasverso Relazione tra a e c Eccentricità Asintoti B1 + B2 − 2 2 a; − a 2 2 2 2 a; + a 2 2 B1 B2 = 2a c 2 = 2a 2 c e= a y=0 x=0 Pagina 40 Classe V E Disequazioni Disequazioni di secondo grado f ( x) ≥ 0 Es: x 2 − 5 x + 6 ≥ 0 Per risolvere la seguente equazione è necessario determinare il segno del trinomio di secondo grado. Segno del trinomio di secondo grado f ( x) = ax 2 + bx + c con a ≠ 0 Il segno ed il numero delle soluzioni cambia a seconda che il delta sia positivo, nullo o negativo. ∆>0 ∆ =0 ∆<0 −b −b − ∆ −b + ∆ x1 = x2 x1 = ; x2 = 2a ∃ soluzioni 2a 2a 2 f ( x) =a ( x − x1 )( x − x2 ) f (= x) a ( x − x ) 1 Dimostriamo inoltre che è valida la scomposizione f ( x) =a ( x − x1 )( x − x2 ) con x1 < x2 per ∆ > 0 f ( x) = a ( x − x1 )( x − x2 ) = = a ( x 2 − x1 x − x2 x + x1 x2 )= =ax 2 − a ( x1 + x2 ) x + ax1 x2 = c b = ax 2 − a − x + a = a a 2 = ax + bx + c b − x1 + x2 = a con c x1 x2 = a b c − e x1 x2 = Dimostriamo quindi che x1 + x2 = a a −b − ∆ −b + ∆ −b − ∆ − b + ∆ 2b b x1 + x2 = + = = − = − 2a 2a 2a 2a a 2 2 −b − ∆ −b + ∆ b 2 − ∆ b − ( b − 4ac ) 4 ac c = x1 x2 = = = = 4a 2 4a 2 4 aa a 2a 2a Resta infine da dimostrare che le soluzioni siano x1 = −b − ∆ −b + ∆ = ; x2 2a 2a ax 2 + bx + c = 0 b c a x2 + x + = 0 a a 2 b b2 b2 c a x + x + 2 − 2 + = 0 a a 4a a 4 2 b x+ 2 a 2 2 b b − 4ac a x + − 0 = 2a 4a 2 pongo ∆= b 2 − 4ac b ∆ x+ = 2a 4a 2 2 Pagina 41 Classe V E Vado quindi ad analizzare tre casi a seconda del segno del delta ∆ =0 ∆ > 0 ∆ < 0 2 2 2 b ∆ ∆ b b 0 = x+ = x + = x + 2 2a 2a 4a 2a 4a 2 ∆ b − x+ = 2a 4a S= ∅ 2 b ± ∆ = 2a 2a −b ± ∆ x1,2 = 2a b = 0 2a b x1,2 = − 2a x+ x+ (Un quadrato non può essere negativo) A questo punto posso determinare il segno del trinomio di secondo grado Partiamo dal caso con il delta minore di zero. ∆<0 2 ∆ a > 0 → f ( x) > 0 b f ( x ) = a x + − 2 ⇒ a a < 0 → f ( x) < 0 2a 4 sempre positivo ⇒ il segno del trinomio è uguale al segno di a Esaminiamo ora il caso con il delta uguale a zero. ∆ =0 a > 0 → f ( x) > 0 2 b f ( x= ) a x + ⇒ a < 0 → f ( x) < 0 2a b − → f ( x) = x= 0 2a b ⇒ il segno del trinomio è uguale al segno di a ma si annulla se x = − 2a Esaminiamo per ultimo il caso con il delta maggiore di zero. ∆>0 f ( x) =a ( x − x1 )( x − x2 ) Se a > 0 f ( x ) > 0 ⇒ x < x1 ∨ x > x2 Se a < 0 f ( x ) > 0 ⇒ x1 < x < x2 f ( x ) = 0 ⇒ x = x1 ∨ x = x2 f ( x ) = 0 ⇒ x = x1 ∨ x = x2 f ( x ) < 0 ⇒ x1 < x < x2 f ( x ) < 0 ⇒ x < x1 ∨ x > x2 Con questi presupposti siamo quindi in grado di risolvere le disequazioni: x 2 − 5 x + 6 ≥ 0 ⇒ ( x − 2 )( x − 3) ≥ 0 ⇒ ( −∞; 2 ) ( 3; +∞ ) x2 − 4 x + 4 ≤ 0 ⇒ ( x − 2) ≤ 0 ⇒ x = 2 2 ∆ < 0 x 2 − x + 13 ≥ 0 ⇒ S = R poichè a > 0 Pagina 42 Classe V E Notazione ad intervalli Essendo le soluzioni di una disequazione non un singolo numero ma un insieme di numeri è necessario indicarle con una notazione insiemistica o ad intervalli. Ecco alcuni esempi: x > 2 ⇒ ( 2; +∞ ) x < 2 ⇒ ( −∞; 2 ) x = 2 ⇒ S ={2} ∃x ⇒ S =∅ ∀x ∈ R ⇒ S =R x ≠ 2 ⇒ S = R − {2} x < −2 ∨ x > 3 ⇒ ( −∞; −2 ) ( 3; +∞ ) −2 < x < 3 ⇒ ( −2;3) x ≥ 2 ⇒ [ 2; +∞ ) −2 < x ≤ 3 ⇒ ( −2;3] −2 ≤ x ≤ 3 ⇒ [ −2;3] Disequazioni letterali Es. x 2 − mx ≤ 0 Trasformiamo la seguente disequazione in forma normale: x ( x − m) ≤ 0 Per la risoluzione è necessario discutere il valore di m per determinare quale delle due soluzioni è la maggiore. m = 0 m > 0 m < 0 2 x ≤ 0 x ( x − m ) ≤ 0 x ( x − m ) ≤ 0 F1 ≥ 0 → x > 0 F1 ≥ 0 → x > 0 F2 ≥ 0 → x > m F2 ≥ 0 → x > m [0; m] [ m;0] S = {0}2 Una disequazione letterale completa in forma normale dovrebbe essere del tipo: ( m + a ) x2 + ( m + b ) x + m + c ≥ 0 In questo caso per trovare le soluzioni è necessario discutere: x > x2 se... • Ordine delle soluzioni, qualora queste contengano lettere 1 x1 < x2 se... • ( m + a ) > 0 se... 0 se... Coefficiente del primo termine qualora questo contenga lettere ( m + a ) = ( m + a ) < 0 se... ∆ > 0 se... • Delta, qualora contenga lettere ∆ =0 se... ∆ < 0 se... Questo procedimento va fatto per ogni lettera contenuta in essi. Pagina 43 Classe V E Disequazioni frazionarie 1 1 2 + < x 3 x Porto l’equazione in forma normale x +3−3 2 <0 3x Analizzo per quali valori di x il numeratore e il denominatore sono maggiori di zero N ≥ 0 → x ≥ 3 2 −3 D≥0→x≥0 In questo caso vado a trovare per quali valori di x numeratore e denominatore sono discordi o si annullano. 0 ≤ x ≤ 3 2 −3 Vado poi a togliere dalla soluzione i valori per cui il denominatore si annulla e confronto il segno del la soluzione con quello dell’equazione. 0 < x < 3 2 −3 Es. ( 0;3 2 −3 ) Nel caso in cui la disequazione avesse più fattori la tratto come una di grado superiore al secondo. Disequazioni letterali e frazionarie Es. ( x + k )( 2 x − k ) ≥ 0 x ( x − 2k ) Analizzo per quali valori di ogni fattore del numeratore e del denominatore è maggiore di zero I ≥ 0 → x ≥ −k 1 II ≥ 0 → x ≥ k 2 III ≥ 0 → x ≥ 0 IV ≥ 0 → x ≥ 2k In questo caso faccio il confronto delle soluzioni in lettere in quanto ne il primo termine ne il delta hanno lettere al loro interno. Dalle soluzioni trovate dovrò poi togliere i valori che annullano il denominatore (0 e 2k) k > 0 k < 0 k = 0 1 1 ( −∞; − k ] 0; 2 k ( 2k ; +∞ ) R − {0} ( −∞; 2k ) 2 k ;0 ( − k ; +∞ ) Sistemi di disequazioni x − 2 > 0 Es. x − 3 < 0 Per risolvere un sistema di disequazioni basta risolvere tutte le disequazioni e fare l’intersezione tra le soluzioni delle varie disequazioni trovate. x > 2 x < 3 2< x<3 ( 2;3) Pagina 44 Classe V E Disequazioni con i moduli Es. 1 − 2 x + 1 + x − 3 − x > 0 Per risolvere questa disequazione devo sciogliere i moduli tenendo conto che: x → x > 0 x = 0 → x = 0 − x → x < 0 Comincio quindi a sciogliere le tre equazioni: 1 2 x + 1 → x ≥ 2 I) 2 x + 1 → −2 x − 1 → x < 1 2 x + 3 → x ≥ 3 II) x − 3 → 3 − x → x < 3 x → x ≥ 0 III) x → − x → x < 0 Ho quindi 4 intervalli e 4 sistemi di disequazioni da risolvere. Le soluzioni si trovano facendo l’unione fra le soluzioni dei sistemi 1 0 < x ≤ 3 x ≤ − 2 1 − ( −2 x − 1) + ( 3 − x ) − ( − x ) > 0 1 − ( 2 x + 1) + ( − x + 3) − x > 0 1 − < x ≤ 0 2 1 − ( 2 x + 1) + ( − x + 3) − ( − x ) > 0 x > 3 1 − ( 2 x + 1) + x − 3 − x > 0 Risolvo i sistemi 1 0 < x ≤ 3 x ≤ − 2 5 1 → S1 − ; − → S3 = ( 0;3] 3 5 2 2 < x x > − 4 2 1 x > 3 − 2 < x ≤ 0 1 → S 2 =− ;0 3 → S 4 =( 3; +∞ ) 2 x > − x < 3 2 2 5 S = S1 S 2 S3 S 4 = − ; +∞ 2 Pagina 45 Classe V E Disequazioni irrazionali Sono le disequazioni nelle quali l’incognita è sotto radice. Sono condizionate. Vi sono 2 metodi risolutivi a seconda dell’indice. ≥ n A x ( ) B ( x) ≤ Caso 1: n dispari x3 − 1 ≥ x + 1 Non sono necessarie ne condizioni di esistenza, ne condizioni di positività. Elevo semplicemente entrambi i termini all’indice della radice. x 3 − 1 ≥ x 3 + 1 + 3x 2 + 3x 3 3x 2 + 3x + 2 ≤ 0 S= ∅ Caso 2: n pari A( x) ≤ B ( x) Devo porre le condizioni di esistenza per la radice e le condizioni di positività per il secondo termine. A( x) ≥ 0 B ( x) ≥ 0 A questo punto devo fare uno o due sistemi di equazioni a seconda del segno della disequazione. A( x) ≥ B ( x) A( x) ≤ B ( x) A( x) ≥ 0 A( x) ≥ 0 A ( x ) ≥ 0 B ( x ) ≥ 0 B ( x ) ≥ 0 B x < 0 ( ) 2 2 A ( x ) ≥ ( B ( x ) ) A ( x ) ≤ ( B ( x ) ) Nel caso in cui le radici fossero più di una devo elevare al quadrato fino a ricondurre la disequazione in forma elementare. Una volta risolta quest’ultima disequazione trovata dovrò confrontare il risultato con le CE della disequazione originaria. Pagina 46 Classe V E Analisi matematica Funzioni Dati 2 insiemi x, y definisco funzione f : x → y una qualsiasi relazione associa agli elementi dell’insieme x uno ed un solo elemento dell’insieme y x, y f : x → y ∀x ∈ X ∃1! y ∈ Y | y =f ( x ) Le seguenti scritture sono equivalenti: = y f ( x ) f : x → y x →y f In analisi vengono trattate solamente funzioni a variabile reale: x, y ∈ x è il Dominio o Campo di esistenza della funzione. È l’insieme nel quale prendo i valori della variabile indipendente per calcolare la funzione. È l’insieme di tutti i valori reali di x affinchè siano veri e e reali i valori che posso dare a y . y è il Codominio della funzione. È l’insieme dei numeri reali al quale appartengono le immagini ( y ) degli elementi x appartenenti al dominio. A volte si distingue tra codominio ed Insieme delle immagini che rappresento con la notazione f ( x ) . L’insieme delle immagini è l’insieme costituito da tutte e sole le immagini y degli elementi x appartenenti al dominio attraverso la funzione. L’insieme delle immagini è contenuto nel codominio: f ( x ) ⊆ y Il diagramma o grafico della funzione è l’insieme costituito dai punti del piano le cui coordinate f ( x )} soddisfano la funzione: {( x, y ) ∈ π | y = Facendo qualche esempio, una funzione di tipo empirico è l’orario del treno, mentre una funzione di tipo analitico è una legge di tipo matematico che può essere algebrica o trascendente. È algebrica se contiene solamente funzioni algebriche (le 4 operazioni più l’elevamento a potenza), è trascendente se contiene funzioni trascendenti (goniometriche, logaritmiche, esponenziali). Proprietà delle funzioni y = f ( x ) è ALGEBRICA se in essa compaiono solamente operazioni algebriche. y = f ( x ) è TRASCENDENTE se contiene funzioni trascendenti. y = f ( x ) è COSTANTE se il valore di y è costante qualunque sia il valore di x. - ∀x ∈ D y = k Esempio: y = 2 y = f ( x ) è PERIODICA di periodo Τ ∈ se i suoi valori si ripetono in un determinato intervallo. - ∀x ∈ D x + Τ ∈ D f ( x + Τ) = f ( x ) Esempio: y = sin x Se una funzione è periodica di periodo Τ =π , è periodica anche di periodo Τ =2π . Parlerò quindi del periodo T più piccolo. Il seno ad esempio ha periodo Τ =2π . y = f ( x ) è PARI se è simmetrica rispetto all’asse delle ordinate - ∀x ∈ D − x ∈ D f (−x) = f ( x) y x2 + 5 Esempio: = y = f ( x ) è DISPARI se è simmetrica rispetto all’origine degli assi. ∀x ∈ D − x ∈ D − f ( x) = f ( x) Esempio: y = x N.B. Se la funzione fosse simmetrica rispetto ad x non sarebbe una funzione. - Pagina 47 Classe V E y = f ( x ) è CRESCENTE se i valori di y crescono rispetto ai valori di x - ∀x1 , x2 ∈ D x1 > x2 f ( x1 ) ≥ f ( x2 ) Se f ( x1 ) > f ( x2 ) è crescente in senso stretto y = f ( x ) è DECRESCENTE se i valori di y decrescono rispetto ai valori di x - ∀x1 , x2 ∈ D x1 > x2 f ( x1 ) ≤ f ( x2 ) Se una funzione è crescente / decrescente per tutti i valori del proprio dominio viene detta MONOTONA CRESCENTE / DECRESCENTE. Ci sono perciò funzioni crescenti / decrescenti totalmente. Una funzione è inoltre crescente se il coefficiente angolare della retta tangente alla retta in ogni suo punto è positivo, decrescente se negativo. Se la funzione è monotona non ha punti di massimo e di minimo altrimenti vi sono alcuni punti che definisco come ESTREMANTI della funzione che sono i punti di massimo e di minimo relativo della funzione. y = f ( x ) è INIETTIVA se ad elementi distinti di x corrispondono immagini distinte - ∀x1 , x2 ∈ D x1 ≠ x2 f ( x1 ) ≠ f ( x2 ) Se una funzione è strettamente monotona, allora è initettiva Se una funzione è dispari allora è iniettiva Se una funzione è pari non è sicuramente iniettiva Se una funzione è periodica non è sicuramente iniettiva y = f ( x ) è SURIETTIVA se l’insieme delle immagini coincide con il codominio f ( x) = Y Dipendendo dal codominio posso far diventare suriettiva una funzione a seconda del codomino preso. y = f ( x ) è INVERTIBILE o BIUNIVOCA se è sia suriettiva che iniettiva = y f ( x) f ⋅X → y ∀x ∈ Y ∃1! x ∈ X | yo =f ( x ) f −1 è la funzione inversa di f f :x→ y f −1 : y → x Trovare la funzione inversa Data la funzione y = f ( x ) Risolvo rispetto ad x x = f −1 ( y ) Inversa di I Tipo (il diagramma delle soluzioni coincide con quello di partenza) Sostituisco x = y y = x y = f −1 ( x ) Inversa di II Tipo (il diagramma delle soluzioni è simmetrico rispetto alla bisettrice del I e del III quadrante) Può darsi che una soluzione non sia sempre invertibile ma un suo ramo sì. In questo caso applichiamo una RESTRIZIONE al dominio della funzione. Pagina 48 Classe V E Diagrammi delle funzioni elementari Retta = y mx + q Con m > 0 Con m < 0 Parabola y = ax 2 + bx + c Iperbole equilatera riferita ai propri asintoti k y= x Pagina 49 Classe V E Sinusoide y = sen x Cosinusoide y = cos x Tangentoide y = tg x Arco seno y = arcsen x Arco coseno y = arccos x Arco tangente y = arctan x Pagina 50 Classe V E Tabella di confronto delle funzioni elementari y = cos x − {0} ∆ − 4a ; +∞ − {0} [ −1;1] [ −1;1] Algebrica Algebrica Trascendente Trascendente ( a ≠ 0) Mai No No No No No Si: Τ =2π Si: Τ =2π Dispari se Pari se b = 0 Dispari Dispari Pari Localmente crescente e decrescente Localmente crescente e decrescente π E1,2 ± + 2kπ ;1 2 E1,2 ( 2kπ ; ±1) = y mx + q y = ax 2 + bx + c DOMINIO CODOMINIO ALGEBRICA / TRASCENDENTE Algebrica COSTANTE Se m = 0 PERIODICA PARI / DISPARI k x y = sen x FUNZIONE q=0 MONOTONA CRESCENTE Se m > 0 MONOTONA DECRESCENTE Se m < 0 Mai Localmente crescente e decrescente y= Se k > 0 ramo per ramo Se k < 0 ramo per ramo ESTREMANTI Nessuno ∆ b − ;− 2a 4a ASINTOTI Nessuno Nessuno x=0 y=0 Nessuno Nessuno INIETTIVA Si No Si No No SURIETTIVA Sempre Si Con riduzione Codominio INVERTIBILE Si Si ma resta uguale Solo adoperando una restrizione Con riduzione Codominio Solo adoperando una restrizione Con riduzione Codominio Solo adoperando una restrizione Nessuno Pagina 51 Classe V E FUNZIONE y = tg x y = arcsen x y = arccos x y = arctan x DOMINIO π ∀x ∈ / x ≠ + 2kπ ; k ∈ 2 [ −1;1] [ −1;1] CODOMINIO π π − 2 ; 2 [0; π ] π π − ; 2 2 ALGEBRICA / TRASCENDENTE Trascendente Trascendente Trascendente Trascendente COSTANTE No No No No PERIODICA Si: Τ =π No No No PARI / DISPARI Dispari Dispari Dispari Dispari Sempre Si No Si No No Si No No Si Si Si No No y= ± MONOTONA CRESCENTE MONOTONA DECRESCENTE ESTREMANTI ASINTOTI y= π 2 + 2 kπ π 2 INIETTIVA No Si Si Si SURIETTIVA Sempre Si Si Si INVERTIBILE Solo adoperando una restrizione È lei stessa un’inversa È lei stessa un’inversa È lei stessa un’inversa Pagina 52 Classe V E Disequazioni goniometriche Disequazioni elementari sen x ≥ m Notiamo subito che: m > 1 ⇒ S =∅ m < −1 ⇒ S = −1 ≤ m ≤ 1 Risolvo l’equazione associata: = x arcsen m + 2kπ x= π − arcsen m + 2kπ Prendo quindi gli intervalli tra questi due angoli: arcsen m + 2kπ < x < π − arcsen m + 2kπ cos x ≥ m In questo caso: m > 1 ⇒ S =∅ m < −1 ⇒ S = −1 ≤ m ≤ 1 Risolvo l’equazione associata: x= ± arccos m + 2kπ Qui scrivere l’intervallo è più immediato: − arccos m + 2kπ ≤ x ≤ arccos m + 2kπ sen x ≤ m Anche qui: m >1⇒ S = m < −1 ⇒ S = ∅ −1 ≤ m ≤ 1 Risolvo l’equazione associata: = x arcsen m + 2kπ x= π − arcsen m + 2kπ Prendo quindi gli intervalli tra questi due angoli, stando attento a prendere un anglo minore come primo estremo: −π − arcsen m + 2kπ < x < arcsen m + 2kπ cos x ≤ m In questo caso: m >1⇒ S = m < −1 ⇒ S = ∅ −1 ≤ m ≤ 1 Risolvo l’equazione associata: x= ± arccos m + 2kπ Ci sono tre modi per scrivere gli intervalli: 1) arccos m + 2kπ ≤ x ≤ 2π − arccos m + 2kπ 2) arccos m − 2π + 2kπ ≤ x ≤ − arccos m + 2kπ 3) arccos m + 2kπ ≤ x ≤ π + 2kπ −π + 2kπ ≤ x ≤ − arccos m + 2kπ Per le equazioni in tangente devo ricordarmi che tan x ≥ m devo mettere la condizione di esistenza N.B. 1. Controllare sempre nelle disuguaglianze che quello che è a sinistra sia minore di quello che è a destra. 2. Fare attenzione a non sbagliare i valori degli angoli 3. Ricordarsi sempre le CE per la tangente Pagina 53 Classe V E Disequazioni lineari a sin x + b cos x + c > 0 Esempio 3 sin x + cos x > 1 Vi sono tre metodi risolutivi: 1. Formule parametriche Prima di trasformare l’equazione è necessario controllare se x = π + 2k fosse soluzione. In questo caso verrebbe 0 – 1 > 1 quindi non è soluzione. Se lo fosse andrebbe aggiunta alla fine. x x 2 3 tan 1 − tan 2 2+ 2 >1 2 x 2 x 1 + tan 1 + tan 2 2 x x 2 tan 2 − 2 3 tan > 0 2 2 x = kπ ⇒ x = 2 kπ 2 x π 2 = + kπ ⇒ x = π + 2 kπ 2 3 3 2 2 kπ < x < π + 2 kπ 3 2. Metodo dell’angolo aggiunto Dividiamo entrambi i membri dell’equazione per a 2 + b 2 , se risultano angoli particolari allora possiamo utilizzare le formule di somma e sottrazione. 3 1 1 sin x + cos x > 2 2 2 π 1 3 In questo caso posso vedere come il seno di ed come il suo coseno. 3 2 2 π 1 cos x − > 3 2 π π 2 x − = + 2 kπ ⇒ x = π + 2 kπ 3 3 3 π π + 2kπ ⇒ x =2kπ 3 2 2 kπ < x < π + 2 kπ 3 x− 3 =− Attenzione in questo caso: prendere sempre la x positiva nella parentesi. Pagina 54 Classe V E 3. Metodo grafico Considero sin x = y cos x = x Li sostituisco nell’equazione associata e la interseco con quella della circonferenza goniometrica. 3 3 x+ y = − 3 3 x 2 + y 2 = 1 È un attimo notare che − 3 è il valore della tangente dell’angolo di 150°, quindi disegnamo la retta 3 e la circonferenza: y x L’angolo interno alla circonferenza misura quindi 30°, l’altro al centro 60°, quindi il suo supplementare 120°. I punti di intersezione sono: 1 = − x x = 1 2 ∨ y = 0 y = 3 2 La retta tracciata inoltre divide il piano in due semipiani, in uno solo di questi i punti della circonferenza goniometrica appartenenti ad esso sono soluzioni. Per trovare quali punti di quelli delle due parti di piano sono soluzione, basta prendere un punto “campione”. 3 + 0 >1 (Punto B)… 2 Vero 2kπ < x < 3 π + 2kπ Pagina 55 Classe V E Disequazioni omogenee a sin 2 x + b sin x cos x + c cos 2 x > d = d d ( sen 2 x + cos 2 x ) per la prima Questa disequazione è riconducibile ad un omogenea poiché relazione fondamentale della goniometria. a sin 2 x + b sin x cos x + c cos 2 x > 0 Per risolverla devo controllare se cos x = 0 è soluzione, ovvero se 2 se a sin x > 0 , cioè se a > 0 . 2 x= π + kπ 2 è soluzione. Ovvero Divido quindi per cos 2 x , quantità sempre positiva. Risolvo l’equazione in tangente associata. Es.: ( 4sen 2 x − 1 > 2 cos x cos x + 3 sen x ) 3sen 2 x − 2 3 sen x cos x − 3cos 2 x > 0 π + kπ ⇒ 3 > 0 2 π x ≠ + kπ ⇒ 3 tg 2 x − 2 3 tg x − 3 > 0 x= 2 3 ; tg x > 3 3 5 π + kπ < x < π + kπ 3 6 tg x < − Pagina 56 Classe V E Disequazioni esponenziali e logaritmiche Premessa a∈ n∈ ⋅ a ⋅ a... Definisco l’operazione di elevamento a potenza come a n = a a . Dato n volte Le potenze hanno cinque proprietà formali: Dati a, b ∈ − {0} ; n, m ∈ 1. a n a m = a n + m an = a n−m 2. m a 3. (a ) n m = a nm 4. a nb n = ( ab ) n n an a = bn b Da queste possiamo ricavare che: 6. a 0 = 1 1 7. a − n = n a Posso quindi definire un esponente negativo. Riepilogando: a ⋅ a ⋅ a...a → n ∈ + n volte 0 a n 1 → n = 1 −n → n ∈ − a Nell’insieme dei numeri reali psso poi estrarre delle radici: 5. n a= x ⇔ ( x) = a n Se n pari allora a ≥ 0 . Anche per i radicali valgono alcune proprietà: a m = a mp n ab 2. n a ⋅ n b = n a a 3. n = n b b 1. 4. np n ( ) n a m = n am 5. n m a = nm a Queste proprietà sono riconducibili alle proprietà formali delle potenze. Posso quindi estendere la definizione di potenza ad esponenti frazionari: m a n = n am Pagina 57 Classe V E Può infine l’esponente essere un numero reale? a 2 =? Sappiamo che ogni numero reale è l’elemento separatore tra due classi distinte di numeri razionali. 2 è quindi l’elemento separatore tra le due seguenti classi H e K di numeri: H = {1;1, 4;1, 41;1, 414;...} K = {2;1,5;1, 42;1, 415;...} Gli elementi delle due classi tendono ad avvicinarsi. Elevando a per ogni elemento di H e per ogni elemento di K troviamo un nuovo elemento separatore di H e H’, il cui valore è a 2 . Continuano quindi a valere queste 5 proprietà. Considero quindi la funzione x → ax y = ax È detta funzione esponenziale. Se a = 1 la funzione è costante, quindi a ∈ ( 0;1) ; (1; +∞ ) Logaritmo Dato un numero a reale, positivo e diverso da 1 ed un numero b reale positivo definisco logaritmo in base a di b l’esponente a cui devo elevare a per ottenere b . a ∈ ( 0;1) (1; +∞ ) b ∈ ( 0; +∞ ) log a b =N ⇔ a N =b ⇔ a log a b =b a è la base del logaritmo, b è l’argomento del logaritmo. Proprietà dei logaritmi I logaritmi hanno cinque proprietà: a, d ∈ ( 0;1) (1; +∞ ) b, c ∈ ( 0; +∞ ) log a b + log a c 1. log= a bc b = log a b − log a c 2. log a c 3. log a b n = n log a b 1 4. log a n b = log a b n log d b 5. log a b = log d a Queste proprietà si dimostrano applicando le proprietà elementari delle potenze. Pagina 58 Classe V E Basi dei logaritmi log a b = N ⇔ a n = b Utilizzando la funzione logaritmo sulla calcolatrice, vengono dati due valori alle basi. 1. a = 10 : in questo caso il logaritmo è detto LOGARITMO DECIMALE o DI BRIGGS 2. a = e : in questo caso il logaritmo è detto LOGARITMO NATURALE o NEPERIANO Questo perché i logaritmi sono stati inventati nel 17° secolo contemporaneamente da Briggs e da Napier. Queste due basi hanno inoltre modi particolari nell’indicazione. log10 x = Log x log e= x ln= log x x Per quanto riguarda n questo è un numero trascendente, definibile come: n 1 lim 1 + n →∞ n Con n = 5.000.000 si ottengono le prime cifre decimali esatte. e ≈ 2, 718281828459 Un esempio dell’applicazione di e è nell’iperbole equilatera: l’area del trapezoide sotteso tra un iperbole equilatera e le rette in figura è uguale al logaritmo naturale di 2. Come ultima cosa, la V proprietà ci permette di calcolare qualsiasi logaritmo utilizzando la calcolatrice, questo perché: Log 56 ln 56 log = = 17 56 Log17 ln17 Pagina 59 Classe V E Funzione esponenziale e logaritmica Funzione esponenziale Disegnamo alcuni esempi della funzione esponenziale e deduciamone le proprietà. I valori di a attribuiti sono sia maggiori che minori di 1. Funzione logaritmica Disegnamo alcuni esempi della funzione logaritmica e deduciamone le proprietà. I valori di a attribuiti sono sia maggiori che minori di 1. Pagina 60 Classe V E y = log a x y = ax FUNZIONE a >1 0 < a <1 a >1 0 < a <1 DOMINIO ( 0; +∞ ) CODOMINIO ( 0; +∞ ) ALGEBRICA / TRASCENDENTE Trascendente COSTANTE Con a = 1 PERIODICA No PARI / DISPARI No MONOTONA CRESCENTE MONOTONA DECRESCENTE Si No Si No No Si No Si Verso il basso Verso l’alto Asse delle y Asse delle y CONCAVITA’ Verso l’alto ESTREMANTI ASINTOTI No Asse delle x Asse delle x lim a = 0 lim a = 0 x lim log a x = −∞ x x → 0+ x →+∞ x →−∞ INIETTIVA Si SURIETTIVA Si INVERTIBILE Si lim log a x = +∞ x → 0+ È un’inversa lei stessa Pagina 61 Classe V E Equazioni esponenziali e logaritmiche Per risolvere le equazioni logaritmiche si devono applicare alcune proprietà delle potenze per ridurre alla forma elementare. Ecco i due casi possibili delle equazioni esponenziali a A( x ) = b a A( x ) = a B ( x ) A( x) = B( x) log a a A( x ) = log a b A( x) = log a b Ed ecco i due casi possibili delle equazioni logaritmiche, bisogna ricordarsi le condizioni di a ∈ ( 0;1) (1; +∞ ) esistenza del logartimo. b ∈ ( 0; +∞ ) lo ga A( x) = b → A( x) > 0 ⇒ A( x) = a b lo = ga A( x) lo ga B( x) → A( x); B( x) > 0 ⇒= A( x) B( x) Disequazioni esponenziali e logaritmiche Anche nelle disequazioni si deve ricondurre tutto alla forma normale. Vanno però distinti 2 casi a seconda della base a della potenza o del logaritmo. - a ∈ (1; +∞ ) In questo caso la curva esponenziale o logaritmica è monotona crescente: ∀x1 , x2 ∈ D x1 > x2 y1 > y2 quindi il verso della disequazione nell’estrarre il logaritmo rimane invariato. 2 x > 8 ⇒ ( 3; +∞ ) Es: log 2 x < 16 ⇒ ( 0; 4 ) - a ∈ ( 0;1) In questo caso la curva esponenziale o logaritmica è monotona decrescente: ∀x1 , x2 ∈ D x1 > x2 y1 < y2 quindi il verso della disequazione nell’estrarre il logaritmo va cambiato. x 1 1 < ⇒ ( 3; +∞ ) 2 8 Es: 1 log 1 x > ⇒ ( 0; 4 ) 16 2 Pagina 62 Classe V E Trasformazioni geometriche Rappresentazioni parametriche di curve Consideriamo una curva rappresentata da un’equazione: = C y f= ( x ) F ( x; y ) 0 Questo tipo di rappresentazione è detta rappresentazione cartesiana. La curva può essere rappresentata anche parametricamente, da due equazioni in funzione di un parametro t. x = x ( t ) y = y ( t ) Es x = t −1 2 y= t − t La rappresentazione è tale che per ogni valore di t esiste un solo valore di x e un solo valore di y. Per passare dalla rappresentazione parametrica a quella cartesiana basta risolvere rispetto a t. t= x + 1 ⇒ y = x2 + x 2 y = ( x + 1) − ( x + 1) Intersezione di due curve in forma parametrica Supponiamo ora di avere due curve in forma parametrica: t ed l. Per determinare l’intersezione possiamo procedere in tre modi: = x x= ( t ) x x ( l ) ∨ = ( t ) y y ( l ) y y= 1) Risolvo entrambe le equazioni rispetto a x e a y. Ottengo un sistema di 2 equazioni in 2 incognite l e t. Sostituisco l o t in uno dei due sistemi e trovo entrambi i punti. x ( t ) = x ( l ) y ( t ) = y ( l ) 2) Elimino il parametro scrivendo una delle due curve in forma cartesiana. Sostituisco la x e la y nella seconda equazione in forma parametrica e trovo per che valore di l le coordinate soddisfano l’equazione, trovando così i punti di intersezione. = F ( x; y ) 0= F ( x (l ) ; y (l )) 0 3) Trasformo tutte le curve in forma cartesiana e trovo l’intersezione. F1 ( x; y ) = 0 F2 ( x; y ) = 0 Pagina 63 Classe V E Rappresentazione parametrica delle curve elementari RETTA ax + by + c = 0 Sono possibili tre rappresentazioni. x = t 1) y mt + q = x x0 + kt = h 2) con = m y y0 + ht k = 3) Fascio di rette dato punto e coefficiente angolare. Uguaglio a t l’equazione del fascio. CIRCONFERENZA x2 + y 2 = R2 x = R cos t 1) (per la I relazione fondamentale della Goniometria) y = R sen t 1 − m2 = x R 1 + m 2 con m = tg t (uso delle formule parametriche) 2) 2 y = R 2m 2 1+ m 3) Si prende un punto B. B ( 0; − R ) . Considero il fascio di rette per B. Considero poi le intersezioni tra il fascio e la circonferenza. Il parametro sarà il coefficiente angolare m di questa retta. y mx − R = 2 2 R x + y = Da cui segue: 2m x = R 1 + m 2 2 y = R m −1 1 + m2 In questa rappresentazione non possiamo determinare i punti sulla retta delle y se non per m = ∞ Consideriamo ora una circonferenza che non abbia centro in O ma in K (α ; β ) . ( x −α ) + ( y − β ) 2 x= 1) y= = x 2) y = 2 = R2 α + R cos t (per la I relazione fondamentale della Goniometria) β + R sen t 1 − m2 +α 1 + m2 2m R +β 1 + m2 R con m = tg t (uso delle formule parametriche) 2 Pagina 64 Classe V E ELLISSE A1,2 = x2 y 2 + 2 = 1 con 2 a b B1,2 = ( ± a;0 ) ( 0; ±b ) x = a cos t 1) (per la I relazione fondamentale della Goniometria) y = b sen t 1 − h2 = x a 1 + h 2 con h = tg t (uso delle formule parametriche) 2) 2 y = b 2h 2 1+ h 3) Si prende un punto B. B ( 0; −b ) . Considero il fascio di rette per B. Considero poi le intersezioni tra il fascio e l’ellisse. Il parametro sarà il coefficiente angolare m di questa retta. y mx − b = 2 2 2 2 a 2b 2 b x + a y = Da cui segue: 2a 2bm = x b2 + a 2 m2 2 3 y = a bm − b b2 + a 2 m2 IPERBOLE x2 y 2 x2 y 2 b b − = 1 − 2 = −1 con B1,2 = A = ± a ;0 ; y = ± x ± x con e ( ) ( 0; ±b ) ; y = 1,2 2 2 2 a b a b a a 1) Per usare la prima relazione fondamentale della goniometria, devo considerare che: 1 sen 2 t + cos 2 t = cos 2 t cos 2 t 1 = tg 2 t + 1 cos 2 t 1 − tg 2 t = 1 2 t cos Da cui segue che: a x = a tg t x = cos t e b rispettivamente per la prima e la seconda iperbole. y = b tg t y = cos t 2) Considero poi (per la prima iperbole) il fascio di rette per a1, prendo m come parametro e faccio l’intersezione. y mx + am = 2 2 2 2 a 2b 2 b x − a y = Da cui segue: a 3 m + ab 2 = x b2 − a 2 m2 2 y = 2a bm b2 − a 2 m2 Pagina 65 Classe V E PARABOLA y = ax 2 + bx + c ∨ x = ay 2 + by + c 1) Pongo x = t o y = t a seconda del tipo di parabola. x = t x = at 2 + bt + c ∨ 2 y = at + bt + c y = t 2) Considero il fascio di rette passante per il punto: C ( 0; c ) . Prendo m come parametro e interseco. y mx + c = 2 y = ax + bx + c Da cui segue: m−b x = a 2 2 y = m − bm + a c a Fasci di circonferenze (1 + k ) x 2 + (1 + k ) y 2 + ( a + ka ') x + ( b + kb ') y + c + kc ' =0 oppure x 2 + y 2 + ( a + ka ') x + ( b + kb ') y + c + kc ' = 0 Questa equazione rappresenta un fascio di circonferenze. Per determinare la natura del fascio risolvo rispetto a k. Annullo poi il coefficiente k e il termine noto e trovo le circonferenze base del fascio. x 2 + y 2 + a ' x + b ' = y +c' 0 = k 0 2 2 k =∞ x + y + ax + by + c =0 Se il fascio è del secondo tipo, una è una circonferenza, l’altra una retta. Per determinare i punti comuni si risolvono le due equazioni rispetto ad y, fino ad ottenere la seguente equazione in x.. Ax 2 + Bx + C = 0 Possono verificarsi 3 casi: 1) 2 soluzioni reali distinte 2) 2 soluzioni reali e coincidenti 3) Nessuna soluzione. Caso 1 I due punti P e Q sono i punti per cui passano tutte le circonferenze del fascio: sono i punti base del fascio. La retta PQ è detta ASSE RADICALE del fascio. La retta perpendicolare a PQ e passante per il punto medio è il luogo dei centri. Pagina 66 Classe V E Caso 2 Tutte le circonferenze sono tangenti nel punto base del fascio P. L’ ASSE RADICALE è la retta passante per P a cui sono tangenti tutte le circonferenze. Le retta perpendicolare all’asse radicale è il luogo dei centri. Caso 3 Possiamo distinguere due casi. Nel primo caso le circonferenze sono concentriche, nel secondo sono totalmente esterne. Il luogo dei centri è un punto nel primo caso, una curva qualsiasi nel secondo. Per trovare il luogo dei centri, data l’equazione in forma parametrica: a + ka ' b + kb ' c + kc ' x2 + y 2 + x+ y+ = 0 1+ k 1+ k 1+ k Possiamo ricavare il luogo dei centri ricordando che: a xc = − 2 y = − b c 2 Da cui segue a + ka ' x = − 2 (1 + k ) y = − b + kb ' 2 (1 + k ) Pagina 67 Classe V E Fasci di parabole y = ( a + ka ') x 2 + ( b + kb ') x + ( c + kc ') Oppure (1 + k ) y = ( a + ka ') x 2 + ( b + kb ') x + ( c + kc ') Rappresenta un fascio di parabole. Per stabilire la natura del fascio risolvo rispetto a k. Uguaglio poi a 0 il parametro k ed il termine noto. y = ax 2 + bx + c k= 0 ∞ a ' x2 + b ' x + c k = y = Se il fascio non ha coefficienti alla y per determinare la natura del fascio avrò: 2 k= 0 y = ax + bx + c 2 a ' x + b ' x + c =0 k =∞ In entrambi i casi risolvendo la seconda equazione determino le ascisse dei punti base del fascio, cioè dei due punti per i quali passano tutte le parabole del fascio. Abbiamo 4 casi: 1) 2 soluzioni reali distinte 2) 2 soluzioni reali coincidenti 3) 1 soluzione 4) nessuna soluzione. Caso 1 Abbiamo 2 punti AB che sono i punti base del fascio. La retta AB è una parabola degenere ed appartiene al fascio. Caso 2 Tutte le parabole sono tangenti nel loro punto comune A. Pagina 68 Classe V E Caso 3 Tutte le parabole passano per un punto comune ma non sono tangenti Caso 4 Le parabole non hanno alcun punto in comune Anche per le parabole si va a determinare il luogo dei vertici. Ricordiamo che: b xc = − 2a 2 y = − b − 4ac c 4a Quindi: b + kb ' xv = − 2 ( a + ka ') 2 y = − ( b + kb ') − 4 ( a + ka ')( c + kc ') v 4 ( a + ka ') Pagina 69 Classe V E Trasformazioni geometriche Teoria generale Si definisce trasformazione del piano in se stessa una trasformazione che un sistema di riferimento cartesiano ortogonale fa corrispondere ad un punto P uno e un solo punto Q. P →Q t P è l’immagine di Q rispetto alla trasformazione t. Q è la contro immagine di P. Essendo Q biunivoca è invertibile. Q →P t −1 Il punto P si dice unito per la trasformazione, coincide con la sua immagine. Una trasformazione in cui tutti i punti sono uniti è un’identità. La trasformazione t è definita tramite una trasformazione analitica, che ci da le coordinate del punto Q rispetto a quelle di P. xq = f ( x p ; y p ) t yq = g ( x p ; y p ) Per ricavare la trasformazione inversa devo risolvere rispetto a x p , y p x p = y ( xq ; yq ) t −1 y p = z ( xq ; yq ) Per applicare una trasformazione ad un punto o ad un poligono, applico t ad ogni suo vertice. Se invece devo applicarla ad una curva, devo applicare la sostituzione associata. x → x ( x; y ) y → y ( x; y ) Le espressioni fra parentesi sono le espressioni della trasformazione inversa. La sostituzione associata coincide quindi con la trasformazione inversa. Composizione di trasformazioni Considero queste 2 trasformazioni P →Q t →R Q s →R P s⋅t La trasformazione che si ottiene si dice trasformazione composta tra t ed s. Si indica s ⋅ t . Da notare che s ⋅ t ≠ t ⋅ s : non vale la proprietà commutativa. Posso applicare più volte la stessa trasformazione. Se applicando più volte ottengo la stessa trasformazione ottengo la trasformazione identica cioè P → P . In questo caso la trasformazione è t detta involuzione o trasformazione involutoria. Questo accade anche se t = t −1 Pagina 70 Classe V E Affinità Sono particolari trasformazioni, la cui forma è del tipo: x ' = a1 x + b1 y + c1 y ' = a2 x + b2 y + c2 Il sistema è risolvibile rispetto a x e y se a1b2 ≠ a2b1 L’espressione analitica può essere scritta in forma matriciale. a b c x ' x A= 1 1 C = 1 x' = x' = y ' y a2 b2 c2 Il sistema diventa quindi: = X ' AX + C La condizione per cui il sistema abbia soluzione è A ≠ 0 Nel gruppo delle affinità esiste un sottoinsieme proprio che è quello delle similitudini. Nel gruppo delle similitudini c’è un ultimo sottoinsieme che è quello delle isometrie. Un’isometria è una trasformazione propria che mantiene le distanze tra i punti. A → A' t t isometria ⇔ B →B' t AB = A ' B ' È detta anche congruenza poiché vengono mantenute le distanze fra i punti, quindi si mantengono uniti anche gli angoli. Le due figure sono sovrapponibili con un movimento rigido. All’interno del gruppo delle isometrie vi sono la simmetria, la traslazione e la rotazione. Le altre si ottengono combinando queste tre. Simmetrie SIMMETRIA RISPETTO ALL’ASSE y σ y → Q ( − x0 ; y0 ) P ( x0 ; y0 ) σy Per definizione QP ⊥ y e xq = − x p È una trasformazione involutoria. Tutto i punti dell’asse y sono punti uniti. L’espressione analitica e la sua inversa sono: −xp − xq xq = x p = → σ y −1 σy = yq y= y p yq p La forma matriciale è: xq −1 0 x p y = q 0 1 y p Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. x = t x = −t = y f (−x) P →Q = (t ) y f= y f ( t ) x → −x La sostituzione associata è y→ y Per determinare se una curva è simmetrica rispetto all’asse delle y: - Se la curva ha un’equazione del tipo y = f ( x ) f ( x ) = f ( x0 ) - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F ( x0 ; y0= ) F ( − x0 ; y0 ) Pagina 71 Classe V E SIMMETRIA RISPETTO ALL’ASSE x σ x → Q ( x0 ; − y0 ) P ( x0 ; y0 ) σx Per definizione QP ⊥ x e yq = − y p È una trasformazione involutoria. Tutti i punti dell’asse x sono punti uniti. L’espressione analitica e la sua inversa sono: = xq x= x p xq p → σ x−1 σx − yp − yq yq = y p = La forma matriciale è: xq 1 0 x p y = q 0 −1 y p Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. = x t = x t P →Q y = f ( t ) y = − f ( t ) − y =f ( x ) x→ x La sostituzione associata è y → −y Per determinare se una curva è simmetrica rispetto all’asse delle x: - E’ impossibile che la curva abbia un’equazione del tipo y = f ( x ) ; y0 ) F ( x0 ; − y0 ) - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F ( x0= SIMMETRIA RISPETTO ALL’ORIGINE DEGLI ASSI σ O P ( x0 ; y0 ) → Q ( − x0 ; − y0 ) σO È una trasformazione involutoria. C’è un solo punto unito, il punto O. Può essere ottenuta combinando le due trasformazioni precedenti: σ O = σ x ⋅σ y = σ y ⋅σ x L’espressione analitica e la sua inversa sono: −xp − xq xq = x p = σO → σ O−1 − yp − yq yq = y p = La forma matriciale è: xq −1 0 x p y = q 0 −1 y p Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. x = t x = −t P →Q y = f ( t ) y = − f ( t ) − y = f (−x) Pagina 72 Classe V E x → −x La sostituzione associata è y → −y Per determinare se una curva è simmetrica rispetto all’origine: − f (−x) - Se la curva ha un’equazione del tipo y = f ( x ) f ( x ) = - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F ( x0 ; y0 ) = F ( − x0 ; − y0 ) SIMMETRIA RISPETTO A UN PUNTO QUALUNQUE σ C( a ,b) P ( x0 ; y0 ) → Q ( 2a − x0 ; 2b − y0 ) σC ( a ;b ) È una trasformazione involutoria. C’è un solo punto unito, il punto C. Il punto C è il punto medio del segmento PQ. L’espressione analitica e la sua inversa sono: 2a − x p 2a − xq xq = x p = → σ −1C( a ;b) σ C( a ;b) 2b − y p 2b − yq yq = y p = La forma matriciale è: xq −1 0 x p 2a = y + q 0 −1 y p 2b Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. x t x 2a − t = = P →Q f (t ) 2b − f ( 2a − x ) y = y = y= 2b − f ( 2a − x ) x → 2a − x La sostituzione associata è y → 2b − y Per determinare se una curva è simmetrica rispetto a un punto qualunque: 2b − f ( 2a − x ) - Se la curva ha un’equazione del tipo y = f ( x ) f ( x ) = - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F ( x0 ; y0 ) = F ( 2a − x0 ; 2b − y0 ) SIMMETRIA RISPETTO A UN ASSE PARALLELO ALL’ASSE x σ y =b P ( x0 ; y0 ) → Q ( x0 ; 2b − y0 ) σ y =b È una trasformazione involutoria. I punti uniti sono tutti quelli dell’asse y = b. L’espressione analitica e la sua inversa sono: = p xq x= x p xq −1 → σ σ y b= y b = 2b − y p 2b − yq yq = y p = La forma matriciale è: xq +1 0 x p 0 = y + q 0 −1 y p 2b Pagina 73 Classe V E Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. = x t = x t P →Q y f (t ) y 2b − f ( x ) = = = y 2b − f ( x ) x→ x La sostituzione associata è y → 2b − y Per determinare se una curva è simmetrica rispetto a un asse parallelo all’asse x: - E’ impossibile che la curva abbia un’equazione del tipo y = f ( x ) - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F = ( x0 ; y0 ) F ( x0 ; 2b − y0 ) SIMMETRIA RISPETTO A UN ASSE PARALLELO ALL’ASSE y σ x = a P ( x0 ; y0 ) → Q ( 2a − x0 ; y0 ) σ x =a α ) y = f ( x) È una trasformazione involutoria. I punti uniti sono tutti quelli dell’asse x = a L’espressione analitica e la sua inversa sono: 2a − x p 2a − xq xq = x p = → σ −1x a σ x a= = = yq y= y p yq p La forma matriciale è: xq 1 0 x p 2a = y + q 0 −1 y p 0 Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . Scrivo la curva in forma parametrica. x t x 2a − t = = P →Q = y f ( t ) = y f ( 2a − x ) = y f ( 2a − x ) x → 2a − x La sostituzione associata è y→ y Per determinare se una curva è simmetrica rispetto a una retta parallela all’asse y: - Se la curva ha un’equazione del tipo y = f ( x ) f= ( x ) f ( 2a − x ) ; y0 ) F ( 2a − x0 ; y0 ) - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F ( x0= Pagina 74 Classe V E SIMMETRIE RISPETTO ALLE BISETTRICI DEI QUADRANTI σ xy ; σ − xy P ( x0 ; y0 ) → Q ' ( y0 ; x0 ) σ xy P ( x0 ; y0 ) → Q '' ( − y0 ; − x0 ) σ − xy Sono entrambe involutorie, i punti uniti sono quelli delle bisettrici dei quadranti. = xq y= x p yq p → σ −1xy σ xy = p yq x= y p xq − yp − yq xq = x p = → σ −1− xy σ − xy −xp − xq yq = y p = Le forme matriciali sono: xq 0 1 x p y = q 1 0 y p xq 0 −1 x p y = q −1 0 y p Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. x = t x = f ( t ) P →Q y = f ( t ) y = t x = f ( y) x → y x → −y Le sostituzioni associate sono: oppure y → x y → −x Per determinare se una curva è simmetrica rispetto alle bisettrici dei quadranti - E’ impossibile che la curva abbia un’equazione del tipo y = f ( x ) - Se la curva ha un’equazione del tipo F ( x; y ) = 0 F ( x0 ; y0 ) = F ( y0 ; x0 ) oppure F ( x0 ; y0 ) = F ( − y0 ; − x0 ) a seconda della bisettrice. Pagina 75 Classe V E Traslazione τ V ( α ;β ) Il vettore è definito secondo le componenti cartesiane. V (α ; β ) v = OV P ( x0 ; y0 ) = Q ( x0 + α ; y0 + β ) È una corrispondenza biunivoca del piano in se stesso. La traslazione di vettore −v è ancora una traslazione. −v ( −α ; − β ) . Non vi sono punti uniti. α + xp xq = → τ −1V (α ;β ) β + yp yq = τ V(α β ) ; xq − α x p = yq − β y p = La forma matriciale è xq 1 0 x p α = y y + β 0 1 q p Per le curve: per ricavare la sostituzione associata considero la curva α . α ) y = f ( x) Scrivo la curva in forma parametrica. x = t x = t + α P →Q = = y f ( t ) y f ( t ) + β y − β= f ( x − α ) x → x −α La sostituzione associata è: y→ y+β Funzione omografica Si definisce funzione omografica la funzione di equazione ax + b y= cx + d A seconda del valore di a,b,c,d è rappresentata una retta o un iperbole equilatera traslata. a b c =0 → y = x + d d ad = bc → y = k c≠0→ ax + b ad ≠ bc → y = cx + d d D = ℜ − − c d x = − è l’asintoto verticale c a y = è l’asintoto orizzontale c d a K − ; è il centro di simmetria c c a d ± x + sono gli assi di simmetria. y− = c c Pagina 76 Classe V E Coniche Una conica è rappresentata da un’equazione di questo tipo: Ax 2 + Bxy + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0 A seconda dei valori dei coefficienti questa rappresenta una figura diversa: A=B=C=0 retta (conica degenere) B = 0; A = C circonferenza B=C=0 parabola con asse // y A=B=0 parabola con asse // x B = 0; D = E = 0; A e C concordi ellisse con centro in O B = 0; D = E = 0; A e C discordi iperbole A=C=D=E=0 iperbole equilatera A=C=0 funzione omografica B=0 ellisse o iperbole traslata La presenza del termine rettangolare fa si che la nostra conica non abbia assi paralleli agli assi cartesiani. Questa equazione può inoltre rappresentare un punto o una coppia di rette. METODI PER RICONOSCERE UNA CONICA Dall’equazione si possono estrarre tre numeri, determinanti di tre matrici che sono l’invariante cubico, l’invariante quadratico e l’invariante lineare. Invariante Cubico: D A B 2 2 ∆=B C E 2 2 D E F 2 2 Invariante Quadratico A B 2 δ= B C 2 Invariante Lineare: I= A + C A seconda dei valori abbiamo diversi tipi di conica: ∆≠0 δ >0 ∆ =0 I ⋅∆ < 0 I ⋅∆ > 0 Ellisse Reale Ellisse Immaginaria δ =0 I ≠0 Parabola I =0 δ <0 Iperbole Punto 2 rette parallele I ≠0 I =0 Due rette Due rette incidenti perpendicolari Iperbole equilatera Pagina 77 Classe V E Composizione di trasformazioni Date due o più trasformazioni per comporre si sostituiscono progressivamente le coordinate cartesiane. Se volessimo comporre per esempio una isometria con una traslazione: x=' 2a − x y=' 2b − y x ''= x '+ α '' y '+ β y= Applicando prima la prima e poi la seconda si ha: x '' = 2a − x + α y '' = 2b − y + β E così via per il numero di trasformazioni da applicare. N.B. - Applicando solo isometrie la trasformazione ottenuta resta un’isometria - La trasformazione è un’isometria se e solo se il determinante dei coefficienti risulta ±1 - Se il determinante della matrice dei coefficienti è negativo, la trasformazione è un’affinità inversa, ovvero l’ordine della figura è invertito Glissosimmetria È la trasformazione che si ottiene componendo una simmetria rispetto ad una retta orizzontale o verticale e una traslazione di vettore parallelo all’asse. A seconda dell’asse di riferimento, l’equazione analitica è: x=' 2a − x oppure y =' y + β La forma matriciale è x ' −1 0 x 2a = y ' 0 1 y + β oppure x '= x + α y=' 2b − y x ' 1 0 x α = y ' 0 −1 y + 2b La trasformazione inversa (e quindi la sostituzione associata è) x 2a − x ' x= x '− α = oppure y 2b + y ' = y= y '− β Possiamo quindi dedurre che NON è involutoria e NON ci sono punti uniti. Pagina 78 Classe V E Rotazione Dato un punto C ed un angolo α definisco rotazione di centro C ed angolo α la trasformazione che =α associa al punto P il punto Q tale che CP = CQ e PCQ La rotazione di centro O, ha la seguente espressione analitica: = x ' x cos α − y sen α = y ' x cos α + y sen α E’ una corrispondenza biunivoca. Non è involutoria, l’unico punto unito è il centro O. La forma matriciale è x ' cos α − sen α x y ' = sen α cos α y Per trovare la sostituzione associata conviene utilizzare la matrice inversa. La trasformazione inversa risulta quindi: = x x 'cos α + y 'sen α − x 'cos α + y 'sen α y = Per cui la sostituzione associata è x → x cos α + y sen α y → − x cos α + y sen α ROTAZIONI GENERICHE Una rotazione generica non è altro che una composizione di una rotazione con due traslazioni. L’espressione analitica è: = x ' x cos α − y sen α + ( a − a cos α + b sen α ) y ' x cos α + y sen α + ( b − b cos α − a sen α ) = La forma matriciale è: x ' cos α − sen α x cos α − sen α a a y ' = sen α cos α y − sen α cos α b + b L’unico punto unito è il centro di rotazione. La sostituzione associata si ottiene sempre con la matrice inversa ed è: x → ( x − a ) cos α + ( y − b ) sen α + a y → ( a − x ) sen α + ( y − b ) cos α + b Pagina 79 Classe V E Dilatazione Definisco dilatazione di centro O e rapporti h,k la trasformazione geometrica che associa il punto P ( x0 ; y0 ) al punto P ' ( hx0 ; ky0 ) . È una trasformazione biunivoca, la trasformazione inversa è ancora una dilatazione di rapporti 1/h e 1/k. Se h e k sono uguali a 1 la trasformazione è un’identità. L’espressione analitica è: x ' = hx δ y ' = ky In forma matriciale: x ' h 0 x y ' = 0 k y L’espressione della trasformazione inversa è: 1 x = x' h δ −1 y = 1 y' k La sostituzione associata è quindi: 1 x→ k x y → 1 y h È possibile vederla come la composizione di una dilatazione orizzontale ed una dilatazione verticale. La dilatazione non è un’isometria: trasforma rette in rette di coefficiente angolare diverso e trasforma cerchi in ellissi. DILATAZIONI GENERICHE Sono le dilatazioni di centro diverso da O. Le possiamo vedere come una composizione di trasformazioni. L’espressione analitica è: x ' = h ( x − a ) + a δ ( a ;b ) , h , k y '= k ( y − b ) + b In forma matriciale: x ' h 0 x h 0 a a y ' = 0 k y − 0 k b + b L’espressione della trasformazione inversa è: 1 x= ( x '− a ) + a h −1 δ ( a ;b ) h , k y= 1 ( y '− b ) + b k La sostituzione associata è quindi: 1 x → h ( x '− a ) + a y → 1 ( y '− b ) + b k Pagina 80 Classe V E OMOTETIA E’ una dilatazione di rapporti uguali. E’ una corrispondenza biunivoca del piano in se stesso: la trasformazione inversa è sempre un’omotetia. L’espressione analitica è: x ' = k ( x − a ) + a ϖ ( a ;b ) , k y '= k ( y − b ) + b In forma matriciale: x ' k 0 x k 0 a a y ' = 0 k y − 0 k b + b L’espressione della trasformazione inversa è: 1 x= ( x '− a ) + a k −1 ω ( a ;b ) h , k y= 1 ( y '− b ) + b k La sostituzione associata è quindi: 1 x → k ( x '− a ) + a y → 1 ( y '− b ) + b k N.B. 1) In qualsiasi omotetia il punto, il centro di simmetria e la sua immagine sono allineati. 2) L’omotetia è una similitudine Pagina 81 Classe V E A conclusione delle affinità La forma è del tipo: x ' = a1 x + b1 y + c1 y ' = a2 x + b2 y + c2 Il sistema è risolvibile rispetto a x e y se A ≠ 0 cioè se a1b2 ≠ a2b1 Le affinità di distinguono in affinità generiche, similitudini, e isometrie. Le isometrie sono simmetrie, traslazioni, rotazioni e quelle che si ottengono combinandole. Le similitudini sono tutte quelle che si ottengono combinando omotetie e isometrie Le affinità generiche sono dilatazioni e tutte quelle che si ottengono combinandole con similitudini. Tutte le affinità sono coallineazioni, cioè mantengono l’allineamento tra i punti. Viene mantenuto inoltre il parallelismo fra rette. Nel trasformare una figura, inoltre, il rapporto tra le due superfici S e S’ è uguale al rapporto di affinità: S' = A S Dato il valore di A, inoltre, è possibile capire che trasformazione è: Se A > 0 è una trasformazione diretta, se A < 0 è una trasformazione inversa (l’ordine dei vertici è il contrario rispetto a quello di partenza). Guardando inoltre i quadrati dei coefficienti possiamo avere tre casi: 1) a12 + a2 2 ≠ b12 + b2 2 affinità generica 2) a12 + a2 2 =b12 + b2 2 similitudine di rapporto A 3) a12 + a2 2 = b12 + b2 2 =1 isometria. Data l’equazione bisogna poi determinare punti e rette unite: PUNTI UNITI Si sostituisce x ' = x y' = y nella equazione analitica, se uno dei due valori fosse indeterminato si trova una retta di punti uniti, ovvero una retta in cui ogni punto si trasforma in se stesso. RETTE UNITE Si prende la sostituzione associata della trasformazione Si sostituisce nella equazione generica della retta x=k e si eguagliano i coefficienti per trovare il valore di k Si sostituisce nella equazione generica della retta y=mx+q e si eguagliano i coefficienti per trovare il valore di m e q. Deduzione di curve Data una curva di equazione y = f ( x ) alla quale può essere applicata una isometria bisogna: 1) Calcolare il dominio 2) Trovare le curve intermedie attraverso le sostituzioni associate 3) Disegnarle Per disegnare invece le curve con valore assoluto, devo tenere conto che: y = f ( x ) vuol dire che della curva base faccio una simmetria rispetto all’asse x della parte con ordinata negativa y = f ( x ) vuol dire che della curva base faccio una simmetria rispetto all’asse y della parte con ascissa positiva y = f ( x ) vuol dire che faccio entrambe le cose. Pagina 82 Classe V E Stereometria Deriva da stereos = solido e metro = misura. È necessario ridefinire alcuni concetti: Lo spazio è l’insieme costituito da infiniti elementi detti punti. Esistono sottoinsiemi propri dello spazio che sono rette e piani, i cui concetti sono definiti da assiomi. 1) Assioma di appartenenza della retta Esistono sottoinsiemi propri infiniti dello spazio, detti rette, tali che per ogni coppia di punti distinti A e B, esiste una ed una sola retta che li contiene. 2) Assioma dell’ordine Ogni retta è dotata di due versi naturali, rispetto ai quali è aperta, densa ed illimitata. 3) Assioma di appartenenza del piano Esistono sottoinsiemi propri infiniti dello spazio detti piani che godono delle seguenti proprietà: a) Per ogni terna di punti non allineati dello spazio, esiste uno ed un solo piano che li contiene b) Se una retta ha due punti in comune con un piano, essa è inclusa nel piano. 4) Assioma di partizione del piano Ogni retta r di un piano divide l’insieme degli altri suoi punti in due parti non vuote, tali che: a) Se i punti A e B appartengono a parti opposte, allora il segmento AB taglia la retta r in un punto b) Se i punti C e D appartengono alla stessa parte, allora anche CD è incluso in questa 5) Assioma di partizione dello spazio Ogni piano α dello spazio divide l’insieme degli altri suoi punti in parti non vuote tali che: a) Se i punti A e B appartengono a parti opposte, allora il segmento AB taglia il piano α in un punto b) Se i punti C e D appartengono alla stessa parte, allora il segmento CD è incluso in questa Da questi si possono individuare i seguenti teoremi: - Due rette distinte nello spazio hanno al massimo un punto in comune. - Per una retta ed un punto P esterno ad essa passa uno ed un solo piano - Per 2 rette incidenti passa uno ed un solo piano - Per 2 rette parallele e distinte passa uno ed un solo piano. - Ogni retta divide il piano in due semipiani. Posizione reciproca di due rette 1) Incidenti Complanari, un punto in comune 2) Parallele o coincidenti Complanari, nessun punto in comune 3) Sghembe Non complanari, nessun punto in comune, nessun piano le contiene entrambe Teorema: Esiste una e una sola retta perpendicolare a due rette sghembe ed è la distanza fra le rette. Posizione reciproca di retta e piano 1) Giacente 2 punti in comune col piano 2) Incidente o secante 1 punto in comune col piano 3) Parallela Nessun punto in comune col piano Pagina 83 Classe V E Posizione reciproca di due piani 1) Coincidenti 3 punti in comune 2) Paralleli 0 punti in comune 3) Incidenti o secanti 1 o 2 punti in comune Fascio di rette Si definisce fascio di rette l’insieme delle rette di un piano passanti per uno stesso punto. Stella di rette Si definisce stella di rette l’insieme delle rette di un piano passanti per uno stesso punto più le rette dello spazio secanti il piano in quel punto. Fascio di piani Si definisce fascio di piani l’insieme dei piani che hanno una retta (asse G o sostegno del fascio) in comune. Perpendicolarità nello spazio Tra rette e piani Data una retta perpendicolare ad un piano vi sono infinite perpendicolari in quel punto, una per ogni piano. Se da una retta r, per un suo punto P si conducono due rette perpendicolari a,b allora risulta perpendicolare ad r anche ogni altra retta che passa per P e giace sul piano individuato dalle rette a,b. Teorema delle tre perpendicolari Se dal piede di una perpendicolare ad un piano si conduce la perpendicolare ad una qualsiasi retta del piano, quest’ultima retta risulta perpendicolare al piano individuato dalle prime due rette. Per ogni punto P dello spazio esiste una e una sola retta r perpendicolare al piano. Parallelismo dello spazio Qui vale l’assioma delle parallele di Euclide. Nello spazio esiste una e una sola retta che passa per un punto ed è parallela alla retta data. Se due rette sono parallele, ogni punto che taglia una retta taglia anche l’altra Due rette perpendicolari allo stesso piano sono parallele Se due rette sono perpendicolari allo stesso piano ogni perpendicolare ad una è perpendicolare anche all’altra. Rette parallele a piani Una retta parallela per P esterno ad un piano non ha punti in comune col piano Date due rette sghempre esiste una ed una sola rette perpendicolare ad entrambe e la distanza tra i punti in cui tale retta taglia lae due rette date è la minima distanza tra i punti dell’una ed i punti dell’altra. Piani paralleli Due piani sono paralleli se non hanno punti in comune. Nello spazio esiste uno ed un solo piano che passa per un punto ed è parallelo ad un piano dato. Un fascio di piani paralleli determina su due trasversali qualunque segmenti proporzionali. Pagina 84 Classe V E Perpendicolarità fra piani Definisco angolo diedro l’angolo formato tra due semipiani. I semipiani sono detti facce o contorno del diedro. Il piano che taglia il diedro perpendicolarmente alla costola del diedro è detto sezione normale del diedro. Due diedri sono congruenti se e solo se formano sezioni normali congruenti. Due piani sono perpendicolari se tra di loro sono secanti e formano un diedro retto. Angoloidi Prendendo delle semirette ed unite in modo che ogni coppia lasci dalla stessa parte le altre, definisco angoloide la superficie piramidale più i punti interni. Secondo il numero di facce dell’angoloide si da il nome al poliedro. Ogni faccia di un angoloide è minore della somma di tutte le altre. L’angoloide è improprio se le semirette al posto di convergere verso un vertice sono parallele. Tracciando un piano perpendicolare agli spigoli si ottiene la sezione normale dell’angoloide. Classificazione dei solidi Definisco figura solida una figura composta da punti non complanari. I solidi si dividono in poliedri, solidi di rotazione e solidi generici. Poliedri Definisco superficie poliedrica la figura limitata da un numero finito di poligoni, situati in piani diversi e disposti in modo che ciascuno dei lati sia comune a due di essi e il piano di ciascun lato lasci gli altri dalla stessa parte. Il poliedro è la figura formata da una superficie poliedrica chiusa e dai suoi punti interni. Si dividono in prismi, poliedri generici e piramidi. Tra i poliedri generici i 5 poliedri regolari. Per tutti i poliedri vale la relazione di Eulero Facce + Vertici = Spigoli + 2 PRISMI Definisco Prisma la figura che ottengo tagliando un angoloide proprio con due piani paralleli. L’altezza del prisma è la distanza tra le due basi. Un prisma è retto se gli spigoli delle facce sono perpendicolari al piano di base. Un prisma è regolare se la base è un poligono regolare. Un caso particolare è il parallelepipedo, le cui facce sono tutte parallelogrammi. Un caso particolare del parallelepipedo è il parallelepipedo rettangolo, un caso particolare del parallelepipedo rettangolo è l’esaedro. POLIEDRI GENERICI Troviamo i tronchi di solidi più i poliedri regolari: 1) Tetraedro (4 triangoli equilateri) 2) Esaedro (6 quadrati) 3) Ottaedro (8 triangoli equilateri) 4) Dodecaedro (12 pentagoni) 5) Icosaedro (20 triangoli equilateri) I poliedri regolari: - Hanno un centro O di simmetria - Hanno una distanza centro-vertici OA=r (raggio della sfera circoscritta) - Hanno una distanza centro-facce OB=a (apotema o raggio sfera inscritta) - I centri delle face sono vertici di un altro poliedro regolare in particolare: i. Cubo – Ottaedro ii. Dodecaedro – Icosaedro iii. Tetraedro con se stesso Perché sono solamente 5? Perché in ogni faccia devono esserci almeno tre spigoli e la somma degli angoli concorrenti deve essere minore di 360°. Pagina 85 Classe V E PIRAMIDI Definisco piramide la parte di spazio compresa in un angoloide sezionato da un piano. Il vertice dell’angoloide è il vertice della piramide. Una piramide retta ha: - Il poligono di base circoscrivibile ad un cerchio - Il piede dell’altezza che cade nel centro del cerchio - Gli spigoli congruenti Una piramide regolare: - È retta - Ha per base un poligono regolare - Le facce sono tutte triangoli isosceli congruenti tra loro. SOLIDI DI ROTAZIONE Si ottengono facendo ruotare una figura piana o una linea attorno ad un asse. Se tagliamo il solido con piani perpendicolari all’asse troviamo le sezioni normali del solido. Si classificano in - Cilindri e Coni - Solidi generici - Sfere Il cilindro si ottiene dalla rotazione di un rettangolo attorno ad uno dei lati. Un caso particolare è il cilindro equilatero, quello che ha l’altezza uguale al diametro. Il cono si ottiene dalla rotazione del triangolo rettangolo attorno ad un cateto. Il cono equilatero ha l’apotema uguale al diametro. Tra i solidi di rotazione generici annoveriamo il tronco di cono (trapezio rettangolo che ruota attorno all’altezza) ed il toro (anello con sezione circolare). La sfera invece si ottiene dalla rotazione della semicirconferenza attorno al diametro. Tagliando la sfera con un piano si ottiene una calotta sferica, o segmento circolare ad una base contando i punti interni. Tagliando la sfera con due piani si ottiene una zona sferica o un segmento circolare a due basi contando i punti interni. Tagliando la sfera con due semipiani dal diametro, si ottiene un fuso sferico o uno spicchio sferico, contando i punti interni. Formule per il calcolo della superficie Si rimanda al formulario Calcolo del volume Ci si basa su due principi: 1) Due solidi sono equivalenti se equiscomponibili 2) Due solidi sono equivalenti se possono essere collocati rispetto ad un piano in modo che ogni altro piano ad esso parallelo formi sezioni equivalenti. La misura del volume di un parallelepipedo è il prodotto delle sue dimensioni Parallelepipedi, prismi e cilindri aventi basi equivalenti e la stessa altezza sono equivalenti per il principio di Cavalieri. Un prisma triangolare è equivalente al triplo di una piramide avente base e altezza congruenti a quelle del piano. Prismi e piramidi aventi basi equivalenti e stesse altezze sono equivalenti. Una semisfera di raggio r è equivalente ad un cilindro di raggio ed altezza uguali a r privato di un cono di raggio e altezza uguali ad r. (scodella di Galileo) Pagina 86 Classe V E Studio di funzione Lo scopo dello studio di funzione è quello di tracciare il diagramma della funzione. = π {= ( x; y ) / y f ( x)} Per fare lo studio di funzione bisogna determinare: 1) Dominio 2) Simmetrie e Periodi 3) Limiti agli estremi del dominio a. Discontinuità b. Asintoti 4) Studio del segno della funzione a. f ( x) > 0 b. f ( x) = 0 (intersezioni con l’asse x) c. f ( x) < 0 d. f (0) (intersezione con l’asse y) 5) y ' (derivata prima) a. Studio della derivata prima i. Dominio ii. Segno b. Punti singolari i. Cuspidi ii. Punti angolari c. Punti in cui cresce e decresce d. Estremanti 6) y '' (derivata seconda) a. Studio della derivata seconda i. Dominio ii. Segno b. Concavità della curva c. Punti di flesso 7) Disegno del grafico Pagina 87 Classe V E Funzioni composte Tutte le funzioni possono essere scritte come la composizione di funzioni elementari: Considero: y f ( x) f : X f → Yf y g ( x) g : X g → Yg Se Y f ⊆ X g nulla ci vieta di comporre le due funzioni: x = → z f ( x ) → g ( z) f g Ovvero la funzione può essere scritta come: y= g ( f ( x ) )= g ⋅ f Può capitare che si possa costruire anche f ⋅ g qualora X f ⊆ Yg x = → z g ( x ) → f (z) g z Quindi y= f ( g ( x ) )= f ⋅ g Per le funzioni composte non vale la proprietà commutativa. Il dominio della funzione composta è il dominio della prima funzione. Il codominio della funzione composta è il codominio della seconda funzione. Una funzione, inoltre, può essere composta con se stessa. Funzioni particolari Signum +1 x > 0 = y sgn = 0 x 0 ( x ) = −1 x < 0 D= ℜ C= {−1;0; +1} E’ una funzione a scala, dispari, crescente in senso lato. Non è suriettiva e non è iniettiva. Pagina 88 Classe V E Parte intera n n ≤ x < n + 1 ... 1 1 ≤ x < 2 y = [ x ] = 0 0 ≤ x < 1 −1 −1 ≤ x < 0 ... −n −n ≤ x < −n + 1 D= ℜ C = Solamente per i numeri positivi possiamo dire che la parte intera del numero è quella effettivamente compresa nel numero decimale tolta la parte successiva alla virgola. È una funzione a scala, crescente in senso lato, non iniettiva, non suriettiva, non presenta simmetrie. Mantissa x − n n ≤ x < n +1 ... x −1 1 ≤ x < 2 = y mant (= x) x 0 ≤ x < 1 x + 1 −1 ≤ x < 0 ... x + n −n ≤ x < −n + 1 È il numero che si ottiene sottraendo da x la parte intera D= ℜ C = [ 0;1) T =1 Pagina 89 Classe V E Calcolo dei limiti Prendiamo un insieme A. A limitato superiormente ⇒ ∃k | ∀x ∈ A x ≤ k A limitato inferiormente ⇒ ∃h | ∀x ∈ A h ≤ x Es. [ a; b ) è limitato sia superiormente che inferiormente. La limitazione non è quantitativa, si riferisce soltanto all’esistenza. Fra tutti i k possiamo estrarre un numero detto estremo superiore: L estremo superiore A 1)∀x ∈ A → x ≤ L 2)∀ε > 0 → ∃x ∈ A → L − ε ≤ x ≤ L Allo stesso modo l estremo inferiore A 1)∀x ∈ A → x ≥ l 2)∀ε > 0 → ∃x ∈ A → l ≤ x ≤ l + ε Consideriamo ( 2;3] . Di questi numeri gli unici che hanno caratteristiche di essere estremo superiore è il numero 3 ed il numero 2. L ∈ A ⇒ L è un massimo l ∈ A ⇒ l è un minimo Nel caso sopra citato l’intervallo ( 2;3] ha un massimo (3) ma non un minimo. Una funzione che ammette massimi e minimi è una funzione limitata. Consideriamo ora un numero C ∈ℜ Definisco intorno destro di C qualsiasi intervallo che ammetta C come estremo inferiore. I+ = (c) U + = ( c ) ( c; c + δ 1) Definisco intorno sinistro di C qualsiasi intervallo che ammetta C come estremo superiore. I − ( c= ) U − ( c=) ( c − δ 2; c ) Definisco intorno completo di C l’unione di un intorno destro più un intorno sinistro più il numero stesso. I (c) = U (c) = ( c − δ 2; c + δ 1) L’ampiezza dell’intorno è δ 1 + δ 2 . Gli intervalli possono essere qualsiasi o simmetrici. In questo secondo caso si parla di intorno circolare del punto C. I ( c ) =U ( c ) =( c − δ ; c + δ ) Se x appartiene all’intorno di c, allora l’equazione x − c < δ è soddisfatta. Se x non appartiene all’intorno di c, allora l’equazione 0 < x − c < δ è soddisfatta. Posso definire anche un intorno di infinto I ( +∞= ) U ( +∞=) ( a; +∞ ) come qualsiasi intorno limitato solo inferiormente x > a oppure I ( −∞ ) = U ( −∞ ) = ( −∞; b ) come qualsiasi intorno limitato solo superiormente x < b oppure Unendo un intorno di più infinito e uno di meno infinito si ha un intorno di infinito. I ( ∞ ) = U ( ∞ ) = ( −∞; b ) ( a; +∞ ) Dati A e C definisco c punto isolato se esiste un intorno completo di c che contiene ogni elemento di A escluso l’intorno c. ∃U ( c ) ; ∀x ∈ A, x ≠ c, x ∉ U ( c ) Un esempio di insieme costituito da punti isolati è l’insieme N. Definisco c punto di accumulazione se per ogni intorno di c esiste un numero appartenente ad A e diverso da c che appartiene all’intorno. ∀U ( c ) ; ∃x ∈ A, x ≠ c, x ∈ U ( c ) Un punto isolato non può ovviamente essere di accumulazione. Pagina 90 Classe V E Introduciamo quindi il concetto di limite. Consideriamo: y = f ( x ) con f : x → y Consideriamo x0 ACCUMULAZIONE per x Calcolare lim f ( x ) = l x → x0 Significa determinare il valore a cui si avvicina la funzione quando x assume valori vicini a x0 , se il valore esiste. L’operazione ha senso se non è possibile calcolare il valore x0 Consideriamo questo tipo di limite: lim f ( x ) = l x → x0 Prendendo un intorno di x0 in corrispondenza di questo intorno verticale posso costruire un intorno orizzontale di l. Quindi: ∀U ( x0 ) ∃U ( l ) | ∀x ∈ U ( x0 ) X → f ( x ) ∈ U ( l ) ∀ε > 0= ∃δ δ ( ε ) | ∀x ∈ X → x − x0 < δ ∧ f ( x ) − l < ε Se x0 ∈ X → = l f ( x0 ) ∨ l ≠ f ( x0 ) nel primo caso la funzione è continua. Dire che lim f ( x ) = l vuol dire che il limite destro deve essere uguale al limite sinistro. x → x0 I limiti possono essere diversi come nel caso: lim+ sgn ( x ) ∧ lim− sgn ( x ) x →0 x →0 1 Oppure può non esistere come nel caso: lim sin x →0 x Andiamo ora a determinare il limite infinito per x tendente a valore finito. lim f ( x ) = ±∞ x → x0 Tracciando una fascia orizzontale compresa nell’intorno di x0 tutti i numeri sono al di sopra o al di sotto di questa fascia. Quindi: ∀U ( ∞ ) ∃U ( x0 ) | ∀x ∈ U ( x0 ) X → f ( x ) ∈ U ( ∞ ) ∀k > 0= ∃δ δ ( k ) | ∀x ∈ X → x − x0 < δ ∧ f ( x ) > k Inoltre troviamo un asintoto verticale per x = x0 Come ultimo andiamo a calcolare il limite per un valore infinito. l lim f ( x ) = x →∞ ∞ Nel primo caso troviamo valori esterni alla fascia delimitata dall’intorno di l. Le definizioni sono: ∀U ( l ) ∃U ( ∞ ) | ∀x ∈ U ( l ) X → f ( x ) ∈ U ( ∞ ) ∀ε > 0= ∃M M ( ε ) | ∀x ∈ X → x > M ∧ f ( x ) − l < k In questo caso y = l è asintoto verticale della funzione. Nel secondo caso invece i valori sono esterni a entrambe le fasce. Le definizioni sono: ∀U ( ∞ ) ∃U ( ∞ ) | ∀x ∈ U ( ∞ ) X → f ( x ) ∈ U ( ∞ ) ∀K > 0= ∃M M ( ε ) | ∀x ∈ X → x > M ∧ f ( x ) > k Pagina 91 Classe V E Limiti delle funzioni elementari: lim ( ax + b )= ( ax0 + b ) x→ x 0 lim sin x = 0 x →0 lim sin x = ∃ x →∞ lim cos x = 1 x →0 lim tan x = 0 x →0 con x → 0+ h +∞ sgn(h) = x →0 x con x → 0− −∞ sgn(h) h lim = 0 x →∞ x con 0 < a < 1 +∞ lim+ log a x = x →0 con a > 1 −∞ con a > 1 +∞ lim log a x = x →+∞ con 0 < a < 1 −∞ con a > 1 +∞ lim a x = x →+∞ con 0 < a < 1 0 con a > 1 0 lim a x = x →−∞ con 0 < a < 1 +∞ lim Teoremi fondamentali sui limiti: 1) Teorema dell’esistenza e unicità del limite Se il limite esiste è unico. 2) Teorema del confronto Date tre funzioni esiste un insieme F comune ai tre domini tale che se in uno stesso punto c la funzione con l’immagine maggiore e quella con l’immagine minore ammettono lo stesso limite, allora anche l’altra ammette quel limite per c. Dati: f1 : F1 → ℜ f 2 : F2 → ℜ f3 : F3 → ℜ ∃F = F1 F2 F3 f1 ( x ) ≤ f 2 ( x ) ≤ f 3 ( x ) x0 accumulazione per F lim = f1 ( x ) lim = f3 ( x ) l x → x0 x → x0 Tesi: lim f 2 ( x ) = l x → x0 3) Teorema della permanenza del segno Se la funzione ammette un limite del valore esiste un intorno di questo valore in cui ha lo stesso segno del limite. Pagina 92 Classe V E Teoremi per il calcolo dei limiti: 1) Il limite dell’opposto di una funzione è uguale all’opposto del limite lim f ( x ) = l ⇒ lim ( − f ( x ) ) = −l x → x0 x → x0 2) Il limite del valore assoluto di una funzione è uguale al valore assoluto del limite lim f ( x ) = l ⇒ lim f ( x ) = l x → x0 x → x0 3) Il limite di una funzione per uno scalare è uguale allo scalare per il limite lim f ( x ) = l ⇒ lim kf ( x ) = kl x → x0 x → x0 4) Il limite della somma di funzioni è uguale alla somma dei limiti lim f1 ( x ) = l1 ∧ lim f 2 ( x ) = l2 ⇒ lim ( f1 ( x ) + f 2 ( x ) ) = l1 + l2 x → x0 x → x0 x → x0 Questo può portare alla forma di indecisione ( ∞ − ∞ ) 5) Il limite del prodotto di funzioni è uguale al prodotto dei limiti lim f1 ( x ) = l1 ∧ lim f 2 ( x ) = l2 ⇒ lim ( f1 ( x ) ⋅ f 2 ( x ) ) = l1 ⋅ l2 x → x0 x → x0 x → x0 Questo può portare alla forma di indecisione ( 0 ⋅ ∞ ) 6) Il limite del quoziente tra funzioni è uguale al quoziente dei limiti f ( x ) l1 l1 ∧ lim f 2 ( x ) = l2 ⇒ lim 1 lim f1 ( x ) = = x → x0 x → x0 x → x0 f x ( ) 2 l2 0 ∞ Questo può portare a due forme di indecisione ed 0 ∞ 0 0 ∞ Altre forme di indecisione sono: ( ∞ ) ; ( 0 ) ; (1 ) Continuità del limite x La funzione è continua in 0 se limite destro e limite sinistro esistono e sono uguali al valore della funzione in quel punto. È continua in un intervallo se è continua in ogni punto dell’intervallo. Quindi se la funzione è continua per trovare il limite basta calcolare il valore che la funzione assume in quel punto. Sono continue anche le operazioni con i limiti. 1) Teorema di continuità delle funzioni inverse Se la funzione y = f ( x ) è continua nel proprio dominio allora y = f −1 ( x ) è continua nel proprio codominio 2) Teorema di continuità delle funzioni composte Una funzione composta di funzioni continue è continua. Pagina 93 Classe V E Limiti notevoli sin x 0 1) lim = = 1 x →0 x 0 1 − cos x 0 1 a. lim = = x →0 x2 0 2 tan x 0 b. lim = = 1 x →0 x 0 x 1 2) lim 1 + = (1∞ ) = e x →∞ x a. lim (1 + x ) x = (1∞ ) = e 1 x →0 log a (1 + x ) 0 = = log a e x →0 x 0 ln (1 + x ) 0 = = i. lim 1 x →0 x 0 b. lim ax −1 0 c. lim = = x →0 x 0 ex −1 i. lim = x →0 x d. (1 + x ) lim x →0 3) lim f ( x ) x → x0 g ( x) ln a 0 = 1 0 −1 0 = = k x 0 k lim g ( x )⋅ln f ( x ) =∞ ( ∞ ) =e x→x0 Pagina 94 Classe V E Punti di discontinuità e loro classificazione Una funzione è continua se valgono le seguenti 3 condizioni: 1) x0 ∈ X ∃f ( x0 ) 2) lim = f ( x ) lim = f ( x) l − x → x0+ 3) l = f ( x0 ) x → x0 Se sono verificate queste tre condizioni la funzione è continua in x0 altrimenti presenta un punto di discontinuità. Ci sono tre tipi di discontinuità: Discontinuità di prima specie lim+ f ( x ) = l1 x → x0 ∧ l1 ≠ l2 lim f x l = ( ) 2 x→ x − 0 Esempi di discontinuità di prima specie: = y sgn ( x ) → = x 0 y= [ x] → x = n La funzione presenta un salto pari alla differenza dei limiti: salto= l + − l − Discontinuità di seconda specie Si ha se non esiste il limite destro e sinistro oppure uno o entrambi sono uguali a infinito. 1) ∃ lim+ f ( x ) ∨ lim− f ( x ) x → x0 x → x0 2) lim− f ( x ) ∨ lim+ f ( x ) = ∞ x → x0 x → x0 Nel secondo caso x = x0 è detto punto di infinito. In questo caso x = x0 è l’asintoto verticale di f ( x ) Esempi di discontinuità di seconda specie: 1 = y sin → = x 0 x 1 = y →= x 1 x −1 = y log a x →= x 0 Discontinuità eliminabile Si ha quando il limite destro e sinistro sono uguali e finiti ma 1) x0 non appartiene al dominio 2) Il limite è diverso dal valore assunto dalla funzione in x0 1)∃ lim f ( x ) =l ∧ x0 ∉ D x → x0 2)∃ lim f ( x ) = l ∧ l ≠ f ( x0 ) x → x0 È detta eliminabile perché la funzione può essere resa continua eliminando la discontinuità, per esempio: sin x x∈D y= x 1 x=0 Pagina 95 Classe V E Calcolo dei limiti agli estremi del dominio: y = f ( x) D = ( −∞; x0 ) ( x0 ; +∞ ) Estremi finiti ∃ lim± f ( x ) ⇒ l ± x → x0 ∞ 1) 2) 3) 4) Il limite non esiste Il limite è uguale a infinito I due limiti esistono e sono uguali I due limiti esistono e sono diversi Discontinuità di 2° specie Discontinuità di 2° specie Discontinuità eliminabile Discontinuità di 1° specie salto= l + − l − Nessun problema particolare y = l è un asintoto orizzontale Non esiste l’asintoto orizzontale. Cerco l’asintoto obliquo Estremi infiniti ∃ lim f ( x ) ⇒ l x →±∞ ∞ 1) Il limite non esiste 2) Il limite è uguale a un valore l 3) Il limite è uguale a infinito Ricerca dell’asintoto obliquo f ( x) =m x 2) lim ( f ( x ) − mx ) = q 1) Calcolo lim x →±∞ x →±∞ Se m e q esistono e sono valori finiti allora la funzione ammette asintoto obliquo. Gli asintoti obliqui sono due, per più e meno infinito. Pagina 96 Classe V E Studio delle derivate Consideriamo: y f ( x) f :D→ x0 ∈ D A ( x0 ; f ( x0 ) ) h incremento x0 + h ∈ D B ( x0 + h; f ( x0 + h ) ) xB − x A = ∆x Considero l’incremento h = Se h è positivo l’incremento è destro Se h è negativo l’incremento è sinistro Considero ora l’incremento della funzione ∆y =∆f =yB − y A =f ( x0 + h ) − f ( x0 ) Consideriamo il rapporto tra i due incrementi: f ( x0 + h ) − f ( x0 ) ∆y ∆f = = ∆x ∆x h Questo rapporto è definito come il rapporto incrementale della funzione in x0 . Calcoliamo ora il limite del rapporto incrementale per h tendente a zero. f ( x0 + h ) − f ( x0 ) lim h →0 h Se il limite esiste ed è finito, chiamo questo valore del limite derivata prima della funzione in x0 f ( x0 + h ) − f ( x0 ) Dy Df x x0 = f= = lim ' ( x0 )= x x0= h →0 h Consideriamone ora il significato geometrico: la retta che unisce i due punti A e B, infatti, ha coefficiente angolare m pari a: yB − y A ∆f = m = xB − x A ∆x Calcolare questo valore vuol dire calcolare il coefficiente della retta, quindi nel caso B sia molto vicino ad A, è calcolare il diagramma della retta tangente alla funzione e passante per A. Ricordando inoltre che: m = tgα f ' ( x0= ) m=t tgα Trovo l’equazione della tangente e della normale in A: t ) y − f ( x0= ) f ' ( x0 )( x − x0 ) 1 n ) y − f ( x0 ) = − ( x − x0 ) f ' ( x0 ) Pagina 97 Classe V E Derivata prima di una funzione data: Calcolando la derivata prima per un punto generico x otteniamo una nuova funzione, detta derivata prima della funzione data ES.: y =x3 − 3x 2 + 1 x∈D ( x + h ) − 3 ( x + h ) + 1 − ( x3 − 3x 2 + 1) 0 f ( x + h) − f ( x) lim = lim = = h →0 h →0 h h 0 x 3 + h3 + 3 x 2 h + 3h 2 x − 3 x 2 − 3h 2 − h − 6hx + 1 + x 3 + 3 x 2 − 1 lim = h →0 h 2 2 h ( h + 3hx − 6h + 3 x − 6 x ) = lim = 3x 2 − 6 x h →0 h 2 3 x − 6 x = y ' = f ' ( x ) = Dy = Df ( x ) 3 2 Il significato geometrico è quindi il luogo dei coefficienti angolari delle rette tangenti alla curva nei suoi punti. Il fatto che la derivata prima sia una funzione in x non ci impedisce di considerare il dominio e calcolare la derivata seconda della funzione data ovvero la derivata prima della derivata prima. ES.: y= 3x 2 − 6 x x∈D f ( x + h) − f ( x) 3 ( x + h ) − 6 ( x + h ) − 3x 2 − 6 x 0 lim = lim = = h →0 h →0 h h 0 = 6x − 6 6 x − 6 = y '' = f '' ( x ) = D 2 f ( x ) Posso derivare all’infinito, a condizione che la funzione di partenza contenga la x. 2 Teoremi per il calcolo delle derivate: 1) Derivata della somma di due funzioni D f ( x ) + g ( x ) = Df ( x ) + Dg ( x ) 2) Derivata del prodotto di due funzioni D f ( x ) ⋅ g ( x = ) Df ( x ) ⋅ g ( x ) + Dg ( x ) ⋅ f ( x ) 3) Derivata del quoziente di due funzioni f ( x ) Df ( x ) ⋅ g ( x ) − Dg ( x ) ⋅ f ( x ) D = 2 g x ( ) g ( x) 4) Derivata della funzione composta La derivata della funzione composta è uguale al prodotto delle funzioni derivanti, ciascuna calcolata nel proprio argomento: = y f ( x) = y g ( x) = esista: y f= ( g ( x )) f ( z ) = y ' f= ' g ( x) g ' x f '( z ) z ' 5) Derivata della funzione inversa La derivata della funzione inversa è uguale a: y f= x f ( y ) inversa I tipo ( x ) derivabile e inv. in I f ( y0 ) = 1 f ( x0 ) Pagina 98 Classe V E Derivate delle funzioni elementari: y=k y=x y = xn α y=x y = sin x y = cos x y = tan x y = cot x y = log a x y = ln x y = ax y'= 0 y' =1 y ' = nx n −1 y ' = α xα −1 y ' = cos x y ' = − sin x 1 y' = 1 + tan 2 x =2 cos x 1 y ' =− 2 =−1 − cot 2 x sin x 1 1 log a e = y' = x x ln a 1 y'= x y ' = a x ln a y = ex y ' = ex y = arcsin x y' = y = arccos x y' = y = arctan x n∈ α ∈ 1 1 − x2 1 1 + x2 1 y'= 1 + x2 Derivate delle funzioni composte: n −1 n y ' = n ( f ( x )) f '( x ) y = ( f ( x )) y = sin f ( x ) = y ' cos f ( x ) ⋅ f ' ( x ) y' = − sin f ( x ) ⋅ f ' ( x ) y = cos f ( x ) y = log a f ( x ) y = ln a f ( x ) y = a f ( x) y=e f ( x) = y' y'= 1 log a e ⋅ f ' ( x ) f ( x) f '( x) f ( x) = y ' a f ( x ) ln a ⋅ f ' ( x ) = y ' e f ( x) ⋅ f ' ( x ) y = arcsin f ( x ) y'= y = arccos f ( x ) y' = y = arctan f ( x ) y'= f '( x) 1 − x2 f '( x) 1 + x2 f '( x) 1 + x2 Pagina 99 Classe V E Studio dei punti singolari Avevamo detto che: f ( x0 + h ) − f ( x0 ) y ' = lim h →0 h Questo limite deve esistere ed essere finito. Perché esista: ∆f = f '+ ( x0 ) lim+ h → 0 ∆x f '+ ( x0 ) = f '− ( x0 ) ∆f lim = f '− ( x0 ) h → 0− ∆x Con questa condizione la funzione è derivabile. Se questo limite non esiste si dice che la funzione non è derivabile con x = x0 che è un punto singolare per la funzione. I punti singolari sono di 2 tipi: 1) Punti angolosi 2) Punti a tangente verticale (cuspidi) Se f '+ ( x0 ) = f '− ( x0 ) x = x0 è un punto angoloso Se f '+ ( x0 ) ∨ f '− ( x0 ) = ∞ x = x0 è un punto a tangente verticale in particolare: Se f '+ ( x0 ) ∧ f '− ( x0 ) = +∞ Se f '+ ( x0 ) = +∞ ∧ f '− ( x0 ) = −∞ Se f '+ ( x0 ) = +∞ ∧ f '− ( x0 ) = −∞ Se f '+ ( x0 ) = −∞ ∧ f '− ( x0 ) = +∞ I punti singolari sono punti in cui la funzione è definita e continua. Vi è un teorema che dice che: Se y = f ( x ) derivabile in x0 allora è continua in x0 Non vale il teorema inverso. Pagina 100 Classe V E Studio di funzione - Derivate Funzione crescente e funzione decrescente Dopo aver calcolato la derivata prima di f ( x ) f ( x ) CRESCENTE f ' ( x ) > 0 f ( x ) DECRESCENTE f ' ( x ) < 0 Estremanti Si trovano nei punti in cui f ' ( x ) = 0 Possono non esistere, possono essere più di uno. In particolare massimo e minimo possono essere RELATIVI o ASSOLUTI. Massimo e minimo assoluti esistono solo se il codominio è un insieme limitato. Possono essere REGOLARI (se la funzione è derivabile in quel punto) o SINGOLARI (se non lo è) Concavità della curva Dopo aver calcolato la derivata seconda di f ( x ) f ( x ) CONCAVA VERSO L’ALTO f '' ( x ) > 0 f ( x ) CONCAVA VERSO IL BASSO f '' ( x ) < 0 Punti di flesso Si trovano nei punti in cui f '' ( x ) = 0 Sono i punti in cui la funzione cambia la concavità, cioè i punti in cui la funzione attraversa il diagramma della retta tangente. Possono essere REGOLARI (se la funzione è derivabile in quel punto) o ANGOLOSI (se la funzione non lo è). Vi sono sei tipi di punti di flesso: ascendenti e discendenti che possono essere a tangente orizzontale (derivata prima nulla), obliqua (derivata prima definita) o verticale (derivata prima non esiste) Enunciati dei 4 teoremi: 1. Teorema fondamentale sulla monotonia Sia y = f ( x ) derivabile in x0 f ( x ) è crescente in x0 ⇔ f ' ( x0 ) ≥ 0 f ( x ) è decrescente in x0 ⇔ f ' ( x0 ) ≤ 0 2. Teorema fondamentale sulla concavità Sia y = f ( x ) derivabile 2 volte in x0 f ( x ) è concava verso l’alto in x0 ⇔ f '' ( x0 ) ≥ 0 f ( x ) è concava verso il basso in x0 ⇔ f '' ( x0 ) ≤ 0 3. Teorema fondamentale sugli estremanti Sia y = f ( x ) derivabile in x0 se x = x0 è estremante regolare f ' ( x0 ) = 0 4. Teorema fondamentale sui punti di flesso Sia y = f ( x ) derivabile 2 volte in x0 se x = x0 è flesso regolare f '' ( x0 ) = 0 Pagina 101 Classe V E Problemi di Massimo e Minimo Sono problemi di geometria piana che terminano con la costruzione di una funzione: Procedimento: 1) Si pone un lato o un angolo pari ad un incognita x 2) Si calcola quanto richiesto in funzione di x 3) Si calcola la derivata prima della espressione ottenuta al punto 2 4) Si trova il valore di x 5) Si trova il valore richiesto sostituendo x nella espressione ottenuta al punto 2 Proprietà delle funzioni continue Teorema di Weierstrass Data y = f ( x ) continua in [ a; b ] f ( x ) è limitata ed ∃m, M (che possono trovarsi agli estremi) Proprietà di Darboux Data y = f ( x ) continua in [ a; b ] ; x ', x '' ∈ [ a; b ] con x ' < x '' ; α , β con α < β f ( x ') = α f ( x '') = β ∀γ ∈ (α ; β ) ∃x ∈ ( x '; x '') | f ( x ) =γ Teorema dell’esistenza di zeri o di Bolzano Data y = f ( x ) continua in [ a; b ] con f ( a ) ⋅ f ( b ) < 0 ∃c ∈ ( a; b ) f ( c ) =0 Pagina 102 Classe V E Teoremi fondamentali sulle funzioni derivabili Teorema di Rolle Data y = f ( x ) 1) continua in [ a; b ] 2) derivabile in ( a; b ) 3) f ( a ) = f (b) ∃c ∈ ( a; b ) f ( c ) =0 Dim Per il teorema di Weierstrass la funzione è limitata ∃m, M Di conseguenza ∃c ∈ [ a; b ] f ( c ) =M ∃d ∈ [ a; b ] f ( d ) =m ∀x ∈ [ a; b ] f (d ) ≤ f ( x) ≤ f (c) ∀x ∈ [ a; b ] f ( x )= M ⇒ f ' ( x )= 0 ∀x 1) Se m = M 2) Se m < M = f ( a ) f (b) c ∈ ( a; b ) Considero anche h > 0 → c ± h ∈ ( a; b ) f (c + h) ≤ f (c) f (c − h) ≤ f (c) f (c + h) − f (c) ≤ 0 f (c − h) − f (c) ≤ 0 Divido la prima per h e la seconda per –h, poichè −h < 0 cambio il verso f (c + h) − f (c) f (c − h) − f (c) ≤0 ≥0 h −h Ma questi due sono dei rapporti incrementali ∆f + ∆f − ≤0 ≥0 ∆x ∆x Calcolo i limiti di questi due rapporti: ∆f + ∆f − = f+ ' ( c ) = f− ' ( c ) lim lim ∆x → o ∆x ∆x → o ∆x Per il teorema della permanenza del segno: f+ ' ( c ) ≥ 0 f+ ' ( c ) ≤ 0 Ma f ( x ) era derivabile in c quindi è possibile solo f += ' ( c ) f −= ' ( c ) f= '(c) 0 c.v.d. Pagina 103 Classe V E Regola di De l’Hopital Date y = f ( x ) e y = g ( x ) 1) continue in U ( x0 ) , escluso x0 2) derivabili in U ( x0 ) , escluso x0 3) lim f ( x ) lim g ( x) 0 = = x → x0 se ∃ xlim →x 0 x → x0 ovvero f '( x) f ( x) f '( x) ⇒ ∃ lim = lim x → x0 g ( x ) x → x0 g ' ( x ) g '( x) f ( x) 0 lim = x → x0 g ( x ) 0 Limiti risolvibili mediante la regola di de l’Hopital ln x ∞ lim = = 0 x →+∞ x ∞ ln x ∞ lim = = 0 x →+∞ x m ∞ ex ∞ lim = = +∞ x →+∞ x ∞ n e nx ∞ = = +∞ x →+∞ x m ∞ lim lim+ x ln x= x →0 ( 0 ⋅ ∞ =) lim+ x →0 ln x ∞ = = 0− 1 ∞ x Teorema di Lagrange Data y = f ( x ) 1) continua in [ a; b ] 2) derivabile in ( a; b ) f (b) − f ( a ) f '(c) = b−a Significato geometrico: esiste un punto dove la retta tangente è parallela alla retta per a, b Dim Considero la funzione ausiliaria, che rappresenta la differenza delle ordinate tra la funzione e la retta per a, b: f (b) − f ( a ) γ ( x) = f ( x) − f (a) − ( x − a) b−a Per questa funzione vale il teorema di Rolle, infatti 1) E’ continua perché somma di funzioni continue 2) E’ derivabile perché somma di funzioni derivabili 3) γ ( a ) = γ ( b ) ∃c ∈ ( a; b ) f (b) − f ( a ) ( a − a=) 0 b−a f (b) − f ( a ) (b − a ) = f (b) − f ( a ) − f (b) + f ( a ) = 0 b. γ ( b ) = f ( b ) − f ( a ) − b−a γ ' ( c ) =0 ∃c ∈ ( a; b ) ) f (a) − f (a) − a. γ ( a= Calcolo la derivata prima Pagina 104 Classe V E f (b) − f ( a ) f (b) − f ( a ) '(c) f '(c) − γ= b−a b−a f (b) − f ( a ) Ma per il teorema di Rolle γ ' ( c ) = 0 f ' ( c ) = b−a γ= '( x) f '( x) − c.v.d. I corollario Se y = f ( x ) derivabile in ( a; b ) e ∀x ∈ ( a; b ) y = f ( x ) è costante f '( x) = 0 Dim Per il teorema di Lagrange f (b) − f ( a ) ∃c ∈ ( a; b ) f '(c) = b−a Considero x ∈ ( a; b ) Nell’intervallo ( a; x ) sono soddisfatte le ipotesi del teorema di Rolle, quindi: ∃d ∈ ( a; x ) f ( x) − f (a) f '(d ) = x−a Ma per ipotesi: f '(d ) = 0 Quindi: f ( x) − f (a) =0 x−a E deve essere per forza: f ( x) = f (a) Ma siccome questo deve valere ∀x ∈ ( a; b ) allora è per forza f ( x ) costante. c.v.d. II corollario Date y = f ( x ) e y = g ( x ) derivabili in ( a; b ) ∀x ∈ ( a; b ) f ' ( x ) =g ' ( x ) ( x) g ( x) + k f= Dim Considero la funzione ausiliaria: γ= ( x) f ( x) − g ( x) Calcolo la sua derivata prima: γ '( x) = f '( x) − g '( x) = 0 La derivata prima è uguale a zero per ipotesi quindi per il primo corollario γ ' ( x ) = k Di conseguenza f= ( x) g ( x) + k c.v.d. Pagina 105 Classe V E Analisi numerica E’ la parte che si occupa di risolvere in modo approssimato dei problemi, insegna a risolvere in modo approssimato equazioni, il calcolo approssimato di aree e devi valori di funzioni. Occupiamoci ora della risoluzione approssimata di equazioni: l’equazione si pone nella forma f ( x) = 0 Si determina quindi un intervallo di numeri interi. I teoremi usati per la risoluzione sono quello dell’esistenza di zeri e dell’esistenza e unicità della radice. Teorema esistenza e unicità della radice Data y = f ( x ) 1) continua in [ a; b ] 2) derivabile in ( a; b ) Se f ( x ) è monotona in [ a; b ] con f ( a ) ⋅ f ( b ) < 0 ∃1!c ∈ ( a; b ) f (c) = 0 Grazie a questo teorema si determina l’intervallo. Da qui si può procedere in due modi: Bisezione o Metodo del Passo Supponiamo di avere la funzione y = f ( x ) f (a) < 0 Poiché f ( b ) > 0 a≠b≠0 a+b Prendo m1 = ; m1 ≠ 0 2 Dal segno di m1 ricavo se la soluzione si trova nell’intervallo ( a; m1 ) o ( m1 ; b ) Poniamo la soluzione è in ( a; m1 ) a + m1 2 Dal segno di m2 ricavo se la soluzione si trova nell’intervallo ( a; m1 ) o ( m1 ; m2 ) Quando ci si ferma? Ponendo come soluzione σ , ci si ferma quando f (σ ) ≤ 0, 01 ovvero quando Prendo quindi m2 = f ( mk ) = 0, 00...... Metodo delle secanti Prendo come punto di intersezione il punto x1 , che è l’intersezione tra la retta passante per a, b e l’asse x: y = 0 x1 f (b) − f ( a ) = ( x − a) + f (a) y b−a af ( b ) − bf ( a ) x1 = b−a In questo caso ci si avvicina sempre alla soluzione. Ci si ferma quando f (σ ) ≤ 0, 01 Pagina 106 Classe V E Applicazione dello studio di funzione alla discussione di equazioni parametriche Supponiamo di dover discutere l’equazione x3 − kx 2 + 2 Nell’intervallo (1;3) Risolviamo l’equazione rispetto a k x3 + 4 k= x2 Studiamo quindi le due funzioni: x3 + 4 = y x2 y = k Si determinano quindi il numero di intersezioni tra le due curve: Sapendo che il punto di minimo ha coordinate ( 2;3) , calcolo le intersezioni agli estremi dell’intervallo considerato. 31 ( −1;3) ; 3; 9 Determino quindi le intersezioni, ricordando che y = k sono rette orizzontali: ∃ soluzioni (fuori dall’intervallo) k <3 k =3 3 soluzioni di cui due coincidenti 31 3< k ≤ 3 soluzioni distinte 9 31 2 soluzioni distinte (la terza è fuori dall’intervallo) 9 Abbiamo però escluso x = 0 che è all’interno dell’intervallo. Verifichiamo se può esserre soluzione: Sostituendo nell’equazione di partenza risulta 4 = 0 non è soluzione. k> Pagina 107 Classe V E Differenziale Considero = y f ( x) [ a; b] x0 ∈ [ a; b ] ∆x x0 + x ∈ [ a; b ] Definisco differenziale primo della funzione in x0 il prodotto tra ∆x e la derivata prima in x0 dy df= f ' ( x0 ) ∆x = x x0= x x0 = Se considero y=x Ottengo = dy dx ∀x Ridefinisco quindi dy = f ' ( x ) dx Da questa ricavo la scrittura di derivata di Leibniz dy f '( x) = dx Consideriamo ora la funzione, abbiamo A ( x0 ; y0 ) B ( x0 + ∆x; f ( x0 + ∆x ) ) Considero la tangente in A = y f ' ( x0 )( x − x0 ) + f ( x0 ) Di conseguenza il punto c, proiezione di B sulla tangente ha coordinate: C ( x0 + ∆x; f ( x0 ) + f ' ( x0 + ∆x ) ) Il differenziale quindi non è altro che l’incremento calcolato sulla tangente. Poiché il differenziale è la parte principale dell’incremento subito dalla funzione, possiamo approssimare il valore della funzione in B al valore del differenziale in C. Si commette un errore ε molto piccolo per piccoli incrementi Pagina 108 Classe V E Integrali indefiniti Considero y = f ( x ) in un intervallo [ a; b ] Definisco y = F ( x ) primitiva di f ( x ) in [ a; b ] se 1) F ( x ) è derivabile in [ a; b ] 2) ∀x ∈ [ a; b ] F '( x) = f ( x) Se f ( x ) è continua allora esiste sempre una primitiva. Per essere precisi ne esistono infinite. Chiamo integrale indefinito di f ( x ) in dx x )dx ∫ g (= F ( x) + c Dove g ( x ) è detta funzione integranda. dx è il differenziale della variabile dipendente, che è quello rispetto a quale la funzione va integrata. Bisogna trovare quindi le funzioni che derivate danno l’operazione integranda. L’operazione è l’inversa sia della derivazione che della differenziazione. Infatti: D ∫ f ( x )d= x D ( F ( x ) + = c) F '( = x) f ( x) d ∫ f ( x )= dx d ( F ( x ) += c ) dF (= x ) F ' ( x )= dx f ( x ) dx Ricordandoci le proprietà delle derivate inoltre per gli integrali valgono le seguenti proprietà: ∫ f ( x ) + g ( x )dx = ∫ f ( x )dx + ∫ g ( x )dx k ∫ f ( x )dx ∫ k ⋅ f ( x )dx = Integrali immediati ∫ x dx n 1 dx ∫ x= ∫ e dx= x x n +1 n +1 con n ≠ −1 ln x + c ex + c ax +c ln a dx sin x + c ∫ cos= x dx ∫a= − cos x + c ∫ sin dx = 1 ∫ cos 2 2 dx = tan x + c ∫ (1 + tan x ) dx = x 1 2 ∫ − sin 2 x dx = ∫ ( −1 − cot x ) dx = cot x + c dx ∫ 1 − x 2 =arcsin x + c =− arccos x + c dx arctan x + c ∫= 1 + x2 sin x − ln cos x + c ∫ tan xdx = ∫ cos x dx = cos x = xdx ∫ = dx ln sin x + c ∫ cot sin x Pagina 109 Classe V E Integrazione delle funzioni razionali fratte ax px + q =∫ 2 + bx + c ax + bx + c Dobbiamo distinguere 3 casi: ∆>0 ∫ ax 2 Il trinomio si può scomporre in a ( x − x1 )( x − x2 ) px + q 1 A B = + 2 ax + bx + c a ( x − x1 ) ( x − x2 ) 1 Ax − Ax2 + Bx − Bx1 1 ( A + B ) x − Ax2 − Bx1 = a ( x − x1 )( x − x2 ) a ( x − x1 )( x − x2 ) Risolvo il sistema: p A + B = q − Ax1 − Bx2 = Le soluzioni dell’integrale saranno: px + q 1 ( A ln x − x1 + B ln x − x2 ) + c ∫ ax 2 + bx= +c a ∆ =0 Il trinomio si può scomporre in a ( x − x1 ) dx dx 1 2dx 1 ∫ 4 x 2 − 4 x + 1 = ∫ ( 2 x − 1)2 = 2 ∫ ( 2 x − 1)2 = − 2 ( 2 x − 1) 2 ∆<0 2 2 Il trinomio si può scomporre in a ( x + n ) + m dx dx m x+n = arctan ∫ a ( x + n )2 + m2 ∫= 2 m a x+n a 1 + m 2 m Integrazione per parti Date le due funzioni: y f= e y g ( x) ( x) Ricordiamo che: Df = ( x ) g ( x ) Df ( x ) g ( x ) + f ( x ) Dg ( x ) Sostituiamo al posto della derivata il differenziale: = df ( x ) g ( x ) g ( x ) f ' ( x ) dx + f ( x ) g ' ( x ) dx Per semplificare pongo: u f= e v g ( x) ( x) duv = vdu + udv Calcoliamo l’integrale ricordando che ∫ g ( x ) f ' ( x ) d x= f ( x ) g ( x ) ∫ udv= uv − ∫ vdu Pagina 110 Classe V E Integrazione di alcune particolari funzioni irrazionali dx x = arcsin + c 2 2 a a −x dx 1 x = ∫ x 2 + a 2 a arctan a + c dx 2 2 ∫ x 2 + a 2 = ln x + x + a + c dx 2 2 ∫ x 2 − a 2 = ln x + x − a + c 1 x 2 2 d x x a 2 − x 2 + a 2 arcsin + c ∫ a − x= 2 a 1 2 2 d x x a 2 − x 2 − ln x + x 2 − a 2 + c ∫ x − a= 2 1 2 2 d x x a 2 − x 2 + ln x + x 2 + a 2 + c ∫ x + a= 2 ∫ ( ( ) ) Pagina 111 Classe V E Integrazione definita Considero la funzione y = f ( x) nell’intervallo [ a; b ] Il diagramma tra le due rette perpendicolari all’asse delle ascisse per a,b e la curva individua un trapezoide di cui si vuole calcolare l’area. Chiamo S quest’area. Per calcolare l’area posso prendere dei punti x1, x2, x3 e calcolare dei sottointervalli, ottengo uno scaloide, costituito da rettangoli, inscritto nella curva. L’area della curva sarà minore. Calcolo l’area della curva come: n ∑ f ( x , k ) ∆x = Si m k =1 k Dove ∆xk è la base dei rettangoli. Considero ora in corrispondenza degli stessi intervalli uno scaloide circoscritto, prendendo quindi le ordinate dei punti di massimo. n ∑ f ( x , k ) ∆x = Sc m k =1 k A questo punto abbiamo che: Si ≤ S ≤ S c Se la funzione y = f ( x ) fosse costante le due aree sarebbero uguali Gli scaloidi approssimano l’area, posso aumentare l’approssimazione aumentando il numero degli intervalli. Se il più grande degli intervalli ∆xk → 0 le due aree avrebbero lo stesso valore. = lim Si lim = Sc S ∆xk → 0 ∆xk →0 Chiamo questo valore limite area del trapezoide e lo indico con: S = ∫ f ( x )dx b a f ( x ) è la funzione integranda a è il primo estremo di integrazione b è il secondo estremo di integrazione Per quanto riguarda il segno dell’area abbiamo tre casi: 1) La curva è tutta nella parte positiva S = ∫ f ( x )dx b a 2) La curva è tutta nella parte negativa S= ∫ f ( x )dx b a 3) La curva interseca l’asse delle x nel punto c = S ∫ c a f ( x )dx + ∫ f ( x )dx c b E’ possibile dimostrare che se la funzione è continua allora scaloide inscritto e circoscritto tendono a convergere. Consideriamo: y = f ( x) nell’intervallo [ a; b ] Prendo un punto t nell’intervallo ∫ f ( x )dx = S ( t ) t a L’area varia al variare di t. S ( t ) la chiamo funzione integrale, ed è in funzione dell’estremo superiore. Sappiamo inoltre che = S (a) f ( x )dx 0= e S (b) ∫= a a f ( x )dx S ∫= b a Pagina 112 Classe V E Teorema fondamentale del calcolo integrale (Torricelli – Barrow) Data y = f ( x) nell’intervallo [ a; b ] S ' ( t ) =f ( t ) ∀t ∈ [ a; b ] Perché fondamentale? Ricordiamo che F ( x ) primitiva di f ( x ) ∀xF ' ( x ) = f ( x) Per corollario di Lagrange S= ( x) F ( x) + c Quindi S ( b= c ) F ( b ) += ∫ f ( x ) dx b a S (= a ) F ( a ) += c 0 ∫ f ( x ) d=x F ( b ) + c − F ( a ) −=c b a F (b ) − F ( a ) Dimostriamo ora il teorema Dim Aggiungiamo le seguenti ipotesi: f ( x ) monotona crescente in [ a; b ] t ∈ [ a; b ] Considero un incremento ∆t > 0 = AATT ' A ' AALL= ' A' con t + ∆t ∈ [ a; b ] ) dx + c S ( t ) ∫ f ( x= ∫ f ( x ) dx +=c S ( t + ∆t ) t a t +∆t a Considero quindi i due scaloidi inscritto e circoscritto ATHL 'T ' < ATLL 'T ' < AELL 'T ' Calcolo le aree. Poiché la funzione è monotona crescente, il massimo è agli estremi. ATHL = f ( t ) ∆t 'T ' AELL= f ( t + ∆t ) ∆t 'T ' Di conseguenza: f ( t ) ∆t < S ( t + ∆t ) − S ( t ) < f ( t + ∆t ) ∆t Pagina 113 Classe V E Divido entrambi i membri per ∆t S ( t + ∆t ) − S ( t ) f (t ) < < f ( t + ∆t ) ∆t Al tendere di x a zero, poiché la funzione è continua S ( t + ∆t ) − S ( t ) = = f (t ) lim f ( t ) lim ∆t → 0 ∆t → 0 ∆t Per il teorema del confronto quindi S ( t + ∆t ) − S ( t ) = f (t ) lim ∆t → 0 ∆t S ( t + ∆t ) − S ( t ) è un rapporto incrementale, quindi: ∆t → 0 ∆t S ( t + ∆t ) − S ( t ) = S= lim '(t ) f (t ) ∆t → 0 ∆t Ma lim c.v.d. Proprietà dell’integrale definito b f ( x ) dx = − ∫ f ( x ) dx a ∫ f ( x ) dx ∫ f ( x ) dx + ∫ f ( x ) dx ∫= a b b c b a a c Teorema del Valor Medio o Teorema della Media Sia y = f ( x ) continua nell’intervallo [ a; b] f ( x ) dx ∫= b ] | f (c) ∃c ∈ [ a; b= a VM b−a Significato geometrico: esiste c tale che l’area del rettangolo abf ( c ) sia uguale all’area del trapezoide. Dim Se y = f ( x ) è continua in [ a; b ] allora è integrabile ∃F ( x ) Se è primitiva allora è continua e derivabile in [ a; b ] per definizione E’ possibile applicare il teorema di Lagrange. F (b) − F ( a ) ∃c ∈ [ a; b ] | F ' ( c ) = b−a Ma poiché F ' ( x ) = f ( x ) ∫ f ( x ) dx f (c) = b a b−a c.v.d. Pagina 114 Classe V E Calcolo di aree Vediamo ora come calcolare l’area sottesa da due o più curve. S= ∫ a b f ( x ) dx − ∫ g ( x ) dx = b a ∫ b a f ( x ) dx + ∫ g ( x ) dx b a Questo risulta comodo quando abbiamo più di 2 curve, prendendo quindi le curve e calcolando gli integrali dalla curva di ordinata maggiore e procedendo in senso “orario”. Aree notevoli Teorema di Archimede L’area di un segmento parabolico è uguale a 2/3 del rettangolo circoscritto al segmento Dim Considero la parabola y = ax 2 = A AABCD − 2 AOBC Considero B B ( b 2 ; ab 2 ) b x3 2 4 A =2ab − 2 ∫ ax dx =2ab − 2 a =2ab3 − ab3 = ab3 a 3 3 3 a AABCD = 2ab3 2 A = AABCD 3 3 b 2 3 c.v.d. Pagina 115 Classe V E Quadratura della sinusoide La sinusoide è equivalente a un rettangolo di base 1 ed altezza 2 ∫ π 0 sin dx =− [ cos x ]0 =− cos x + cos 0 =1 + 1 =2 π Area dell’ellisse x2 y 2 1 + = a 2 b2 a b A 4∫ a 2 − x 2= dx π ab = 0 a Area della parte di piano sottesa tra la curva e l’asse delle ordinate Ci sono 2 modi: 1) Considerare il rettangolo più grande e togliere quello più piccolo e la parte di piano sottesa tra la curva e l’asse x 2) Calcolare la funzione inversa e integrarla S= bf ( b ) − ∫ f ( x ) dx − af ( a ) b a S=∫ f (b) f (a) f −1 ( x ) dx Determinazione della lunghezza di un arco di curva Divido gli intervalli AB della funzione in tanti pezzetti che ritengo rettilinei. Osservo che vale il teorema di pitagora: 2 2 MN = MN + NH = ( ∆xi ) + ( ∆yi ) 2 2 = ∆xi ∆y 1+ i ∆xi 2 2 ∆y L =∑ ∆xi 1 + i i =1 ∆xi Facendo tendere a zero l’ampiezza dell’intervallo e ricordandoci che ∆y lim i = f ' ( x ) i → 0 ∆x i Otteniamo N = L ∫ b a 1 + ( f ' ( x ) ) dx 2 Pagina 116 Classe V E Determinazione del volume dei solidi di rotazione Consideriamo la funzione y = f ( x ) Facciamo ruotare il trapezoide di un giro completo e calcoliamone l’area Divido ( a; b ) in intervallino, considero il rettangolo che ha come ordinata il valore minimo dell’intervallo. Considero i cilindri che si ottengono facendo ruotare fra di loro i vari rettangoli. = Vi n ∑ π ( f ( x )) 2 mi i =1 ∆xi ≤ V Per ciascuno degli intervalli posso costruire un altro volume circoscritto = Vc n ∑ π ( f ( x )) Mi i =1 2 ∆xi ≥ V Vi ≤ V ≤ Vc Aumentando il valore al massimo degli intervalli i due valori coincidono. Il valore del volume è quindi: V =π∫ b a ( f ( x ) ) dx 2 Baricentri di figure piane Si applica il teorema di Guldino: V yG = 2π A Superficie laterale dei solidi di rotazione Calcolando la superficie laterale come una somma di superfici di tronchi di cono si ha = Slat ∫ b a π 2 f ( x ) ⋅ 1 + ( f ' ( x ) ) dx 2 Calcolo approssimato di aree Metodo dei rettangoli Si divide la funzione in intervalli di ampiezza ∆x =n = A f ( a ) ∆x + f ( x1 ) ∆x + ... + f ( xn ) ∆x Metodo dei trapezi Invece di considerare i rettangoli, per avere un’approssimazione migliore considero l’area dei trapezi 1 A = ∆x f ( a ) + f ( x1 ) + f ( x1 ) + f ( x2 ) + f ( x2 ) + f ( x3 ) + ... + f ( xn −1 ) + f ( b ) 2 { } Pagina 117 Classe V E Integrali impropri Quando abbiamo parlato di integrale definito abbiamo sempre parlato di y = f ( x ) 1) Definita in un intervallo chiuso e limitato 2) Continua Se cade una di queste due condizioni la funzione potrebbe essere comunque integrabile, l’integrale si dice però improprio o generalizzato. Cominciamo a far cadere la prima: Prendiamo una funzione y = f ( x ) continua in [ a; +∞ ) Prendo un valore t > a e ricalcolo l’integrale in [ a; t ] ∫ f ( x ) dx = L ( t ) t a Faccio poi tendere t ad infinito ∞ → l'integrale è divergente lim L ( t ) = ∃ → l'integrale è indeterminato t →+∞ L → l'integrale è convergente Se l’integale è convergente la funzione è integrabile, e quindi pongo ∫ +∞ ∫ a a f ( x ) dx = L E gli si da il significato di area dell’intervallo [ a; +∞ ) In analoga maniera posso calcolare −∞ f ( x ) dx E dividendo in due l’intervallo ∫ +∞ −∞ f ( x ) dx Proviamo ora a far cadere la seconda condizione. Ricordiamo che esistono tre tipi di discontinuità. Se è eliminiabile la funzione tende a un valore finito, si elimina la discontinuità. Se è di prima specie si può separare l’integrale in due parti. Se è di seconda specie si procede in questo modo: Si prende un valore ε > 0 e si calcola l’integrale nell’intervallo [ a; b − ε ] ∫ b −ε a f ( x ) dx = L ( ε ) Si calcola quindi: ∞ → l'integrale è divergente lim L ( ε ) = ∃ → l'integrale è indeterminato ε →0 L → l'integrale è convergente Se l’integale è convergente la funzione è integrabile, e quindi pongo ∫ f ( x ) dx = L b a Se l’asintoto è nell’intervallo devo dividere l’integrale in due parti. Versione 5.50 © venerdì 8 maggio 2009 Pagina 118