Se cambiare farmaco scoraggia l`aderenza terapeutica

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Se cambiare farmaco scoraggia l’aderenza
terapeutica
Al Compliance Forum, organizzato oggi a Roma da AboutPharma, un panel di esperti a
confronto sul tema della scarsa aderenza alle terapie. Con un focus sulla discontinuità
terapeutica nei pazienti trattati con statine e antipertensivi
di Marcello Longo
28 gennaio 2016
Per i pazienti in terapia con statine e antipertensivi, la
sostituzione di un farmaco equivalente con altre molecole
della stessa classe terapeutica può scoraggiare l’aderenza
terapeutica. A dirlo sono i risultati di uno studio – appena
pubblicato su “I supplementi di Politiche Sanitarie” (Il
Scientifico Editore) – discussi oggi a Roma in occasione
del Compliance Forum promosso da AboutPharma con il
contributo incondizionato di Pfizer. Finora la maggior
parte delle ricerche si era concentrata solo sul confronto,
nell’ambito dei farmaci off-patent (a brevetto scaduto), tra farmaci branded e generici. Questo studio
invece – presentato nel corso dell’evento da uno degli autori, Luca Degli Esposti, economista sanitario
di ClicCon – Health, Economics & Outcomes Research – analizza l’effetto dello switch (da originator a
generico, da generico a originator oppure da generico a generico) tra farmaci equivalenti di produttori
diversi, basandosi su dati di aziende sanitarie locali di Lombardia, Campania e Lazio. Confrontando
pazienti “switcher” e “no switcher” trattati con simvastatina, l’interruzione delle terapia è risultata più
frequente nei primi (11,5 vs 10,8%) e lo stesso vale per i pazienti in terapia con amlodipina (4% vs 3,5%).
Lo studio, in realtà, è lo spunto per un ragionamento più ampio sul tema della scarsa aderenza
terapeutica approfondito al Compliance Forum. La sostituzione dei farmaci non è certo l’unico fattore
che contribuisce al fenomeno: invecchiamento della popolazione, complessità dei trattamento,
comorbilità (e relativo “carico” giornaliero di farmaci), bassa percezione della serietà della patologia da
parte dei pazienti, fanno sicuramente la loro parte. “Le motivazioni dietro la scarsa aderenza
terapeutica sono tante”, commenta Marcella Marletta, direttore generale Dispositivi medici e Servizio
farmaceutico del ministero della Salute, sottolineando, ad esempio, il “peso” dell’età del pazienti,
scettici sulle terapie sia in età avanzata che quando “sono molto giovani”. Oppure quanto
contribuiscano a scoraggiare l’aderenza i “falsi miti sui farmaci, la mancanza di empatia con i medici” e
l’auto-valutazione del paziente che “interrompe la cura perché ritiene di sentirsi meglio”.
La presenza di o più patologie croniche in un solo paziente (“multimorbidity) è un altro fattore che
“complica” l’aderenza ai piani terapeutici secondo Marina Maggini, del Cnesps (Centro nazionale
epidemiologia, sorveglianza e promozione salute) dell’Istituto superiore di sanità (Iss). “Secondo la
Commissione europea – spiega l’esperta dell’Iss – servono interventi specifici su questo terreno, come
ad esempio l’organizzazione delle cure attraverso team organizzati e integrati di professionisti formati
ad hoc” oppure iniziative che favoriscano “l’empowerment dei pazienti”.
Fondamentale è il ruolo dei medici. Secondo Francesco Romeo, presidente della Società italiana di
Cardiologia (Sic), i camici bianchi devono “recuperare la centralità loro ruolo etico”, ovvero “informare
adeguatamente il paziente e mostrare una certa disponibilità all’ascolto”. Ma non basta: “Bisogna
semplificare il più possibile lo schema terapeutico e limitarne il numero di modifiche”. Sul piano della
comunicazione, poi, sarebbe il caso “uniformare i messaggi veicolati per non disorientare il paziente”.
Sulla stella linea, il segretario generale della Fimmg (il sindacato dei medici di famiglia), Giacomo
Milillo: “Se il medico dice una cosa, la tv un’altra e il farmacista un’altra ancora, è chiaro che il paziente è
disorientato”. Per il leader Fimmg una comunicazione omogenea dovrebbe realizzarsi soprattutto fra
studi dei medici di famiglia e farmacie. È il tema della sostituibilità tra farmaco originator ed equivalente
che divide le due categorie. Per Milillo non è una disputa tra professioni, ma un tema squisitamente
politico: “Di quale aderenza parliamo” – chiede il segretario Fimmg – se, per effetto delle leggi, “il
medico ritiene che per un paziente il farmaco generico non vada bene” e poi, in farmacia, al paziente
viene detto che “il medicinale che gli è stato prescritto può essere sostituito?”.
Secondo Annarosa Racca, presidente di Federfarma, a medici e farmacisti spetta il ruolo più delicato
sul fronte dell’aderenza terapeutica: “Ogni giorno nelle farmacie spieghiamo ai pazienti come si
utilizzano i farmaci e i dispositivi. Nonostante questo, quando arrivano a casa ci richiamano perché non
sono ancora convinti”. Per la rappresentante dei farmacisti serve un grande impegno informativo:
“Dall’interazione tra farmaci e alimenti, agli orari in cui assumere le medicine” fino a una sorta di
“operazione verità” su tutte le informazioni false o inaffidabili che i pazienti ricercano e trovano in rete.
“Una Carta europea per l’aderenza alla terapia che impegni tutti gli Stati membri al rispetto di un
percorso comune, promozione dell’utilizzo di farmaci in associazione fissa in luogo di quelli in
associazione estemporanea e campagne di formazione per l’empowerment dei pazienti”, è quello di cui
c’è bisogno secondo Roberto Messina, presidente di Senior Italia FederAnziani. Per l’associazione,
infine, le Regioni potrebbero promuovere progetti formativi destinati a educare i pazienti all’aderenza
terapeutica, al corretto utilizzo dei dispositivi medici e alla corretta assunzione dei farmaci. “I cittadini
diventeranno a loro volta “sentinelle della salute” in grado di sensibilizzare altri pazienti”, conclude
Messina.