Caratteri generali del Romanticismo
Movimento culturale nato in Germania alla fine del '700 e sviluppatosi ai primi dell'800.
Difficoltà interpretative
L'interpretazione dominante del Romanticismo, privilegiandone gli aspetti letterari e artistici a discapito delle
componenti filosofiche, tende a rintracciare la sua caratteristica principale nell'esaltazione del sentimento e
nell'anticlassicismo.
È tuttavia necessario fornire del Romanticismo un'interpretazione più ampia, allargata a tutte le componenti (arte,
letteratura, filosofia, politica), capace di coglierne il carattere di atmosfera culturale di una certa epoca attraverso una
complessa costellazione di idee e atteggiamenti affermatasi in relazione a determinate situazioni sociopolitiche (il
fallimento della rivoluzione francese, il cesarismo napoleonico, la Restaurazione, i moti nazionali) e nutrita di una
cultura diversa e per certi aspetti antitetica a quella dell'Illuminismo.
Tanta complessità non ci consente di condensare il Romanticismo in una formula unitaria, ma è almeno possibile
delinearne alcune tendenze tipiche, spesso oscillanti entro persistenti ambivalenze:
primato dell'individuo
esaltazione del passato
esaltazione del fantastico
titanismo
sentimentalismo
↔
↔
↔
↔
primato della società
attesa messianica del futuro
realismo
↔
vittimismo
razionalismo
Anche tali contraddizioni, tuttavia, condividono una comune visione di fondo e dell'esistenza di tematiche comuni, che
autorizzano a parlare di una certa unitarietà.
Il rifiuto della ragione illuministica e la ricerca di altre vie d'accesso alla realtà e all'Assoluto
In linea di massima, il Romanticismo respinse come estranea la razionalità illuministica (che, fondandosi su un
approccio empiristico-scientifico, aveva negato la metafisica): essa, già screditata dal bagno di sangue seguito alla
rivoluzione e all'ascesa di Napoleone, fu ritenuta incapace di cogliere la realtà profonda dell'uomo, dell'universo, di Dio.
Dal momento che la necessità di attingere una dimensione assoluta e trascendente era ora nuovamente sentita, si
cercarono altre strade, più adatte della scienza quantitativa e della fredda ragione teoretica a compiere questo percorso
conoscitivo:
 il sentimento, esaltato come la facoltà capace di penetrare l'intimo tessuto della realtà e cogliere le radici profonde
dell'essere, oltre i pallidi riflessi della ragione; mentre l'intelletto si ferma alla conoscenza analitica (in greco
analyzein significa dividere) e parcellizzata del reale, il sentimento si eleva alla conoscenza sintetica del Tutto, ne
afferra con immediatezza l'essenza;
 il sogno, strada maestra di evasione dai limiti angusti del finito e del consueto;
 l'arte, celebrata come lo strumento privilegiato della conoscenza, capace di giungere là dove il pensiero logico non
può arrivare; il poeta-artista, trasfigurato dalla purezza dell'arte, acquista doti sovrumane di chiaroveggenza
profetica e si eleva al di sopra degli uomini comuni, al di sopra della dolorosità e della caoticità del mondo. L'arte
respinge il principio d'imitazione della natura e allo stesso tempo le regole classicistiche come costrizioni
insopportabili imposte alla divina potenza creatrice dell'artista. Le strutture formali canonizzate dalla tradizione
entrano in crisi, sostituite da altre più libere e duttili, per adattarsi alla mutevolezza dinamica dell'ispirazione (si
noti che l'anticlassicismo, più che mero criterio estetico, è stato interpretato come una tendenza generale dello
spirito dell'epoca);
 la fede religiosa, riscoperta in senso tradizionale oppure panteistico ma comunque lontana dalla concezione deistica
astratta e impersonale della divinità, capace di cogliere - ben oltre i limiti della ragione kantiana - il Tutto nelle sue
parti, l'Assoluto nel relativo, il Necessario nel contingente, l'Unità nella molteplicità, l'Eterno nel tempo.
Risoluzione del finito nell'Infinito
Diversamente da Kant, che aveva sviluppato una filosofia del finito interamente basata sulla affermazione del principio
del limite, i romantici cercarono ovunque (nell'arte, nella vita) di evadere da tale limite, vissuto come condanna e
privazione dolorosa, di attingere qualcosa che trascendesse le leggi dell'ordine fenomenico, ritenuto inadeguato alla
dimensione spirituale dell'uomo.
In questo sforzo (streben) verso l'Infinito, i romantici ne avvertirono la presenza all'interno stesso del finito,
risolvendosi a considerare esperienze come la creazione artistica o l'amore vie d'accesso privilegiate.
Se l'Assoluto occupò un ruolo centrale nell'universo culturale romantico, diversi sono però i modi in cui esso fu
concepito e diverso fu il modo di intendere il suo rapporto con il finito; i modelli furono principalmente due:
 panteista: il finito è la realizzazione vivente dell'Infinito; c'è immedesimazione (Einfülung) tra finito e Infinito
 trascendentista: l'Infinito si manifesta e si rivela nel finito ma resta distinto da esso; il finito non è la realtà stessa
dell'Infinito bensì la sua manifestazione
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Inquietudine e desiderio
L'anelito verso l'Infinito si tradusse in un atteggiamento di inquietudine perenne, di insaziabile aspirazione a qualcosa
capace di trasportare l'uomo oltre i limiti del finito, di sforzo incessante di superamento del finito. Preda del demone
dell'Infinito, l'uomo è insofferente di ogni limite, e mai appagato dalla realtà così com'è, vive in uno stato di tensione
che lo porta a voler trascendere continuamente i propri orizzonti (il personaggio di Faust nel poema goethiano esprime
bene questo sforzo febbrile di infinito superamento del finito).
Tipici manifestazione di questo atteggiamento furono:
 la Sehnsucht, cioè il desiderio appassionato e struggente dell'Assoluto, destinato a non essere mai appagato in
quanto rivolto a voler conoscere l'inconoscibile, ad avere l'impossibile, e che si esaurisce in una sorta di desiderio
del desiderio che si appaga del suo stesso indefinibile desiderare, talvolta ripiegandosi in un compiacimento
morboso e nostalgico della propria inappagabilità (si prenda come esempio il Parsifal wagneriano);
 l'ironia, cioè una specie di filosofico humour scettico, che dalla constatazione per cui ogni finito è impari di fronte
all'Infinito deriva il rifiuto di prendere sul serio le piccole, prosaiche manifestazioni particolari di quest'ultimo;
 il titanismo, cioè l'atteggiamento di sfida e ribellione di chi è determinato a combattere (il destino, la propria
condizione di essere finito e limitato) pur sapendo che non potrà non uscire perdente dallo scontro, in quanto a
nessun uomo è dato di poter veramente superare le barriere del finito; in qualche caso, la conseguente disperazione
arriva a spingere l'eroe romantico al suicidio;
 il prometeismo, cioè l'esaltazione di chi si prodiga per l'emancipazione e la libertà degli altri, anche a prezzo del
proprio sacrificio; si noti però che i romantici misero da parte i significati umanistici e illuministici del mito,
facendo di Prometeo il simbolo della ribellione in quanto tale;
 l'ansia di evasione: non sopportando il finito, i romantici disprezzarono ciò che era abitudinario e mediocre, e
aspirarono a evadere dal quotidiano, a vivere esperienze fuori della norma, capaci di produrre emozioni intense e
travolgenti; predilessero perciò quanto appariva irregolare, lontano, misterioso, magico, fiabesco, primitivo,
notturno, lugubre, spettrale, esotico. Predilessero perciò mondi remoti nel tempo e nello spazio (l'Ellade, il
Medioevo, l'Oriente più o meno reinventato), ma l'evasione più significativa fu quella nella dimensione del sogno e
dell'arte. Il tema dell'evasione si ritrova nell'insistenza sulla figura romantica del viandante (Wanderer), che a
differenza del viaggiatore illuminista, cosmopolitico e curioso di usi e costumi, interessato agli ammaestramenti
pratici del suo vagabondare, si abbandona a un vagare inquieto e morboso verso una meta ignota, irraggiungibile e
illusoria;
 il mito dell'età dell'oro e dell'armonia perduta, di ascendenza rousseauiana, per cui la civiltà e il predominio
dell'intelletto hanno allontanato l'uomo dalla sua primitiva spontaneità e simbiosi con la Natura - in cui il corpo e
lo spirito, la ragione e l'istinto, non erano in conflitto - rendendolo schiavo, infelice e inautentico.
La nuova concezione della Natura
Il Romanticismo sentì profondamente il fascino della Natura, vista però sotto un'angolatura molto diversa da quella
illuministica, e per certi versi antitetica.
L'Illuminismo, all'insegna della rivoluzione scientifica e del materialismo francese, aveva considerato la natura come un
ordine oggettivo di fatti i relazioni legati da determinate cause efficienti, e ne aveva concepito lo studio come una
indagine analitica dei fenomeni osservabili, fondata sulla matematica. La fisica galileiana e newtoniana aveva
consolidato un modello di universo di un modello integralmente meccanicistico, assai distante dalla concezione
organicistica del cosmo greca e rinascimentale.
Il Romanticismo, riprendendo alcuni spunti presenti nella filosofia di Leibniz e nella tradizione mistica, in merito alla
natura svilupperà invece una visione
 organicistica: il cosmo è una totalità organizzata, in cui le singole parti sono strettamente connesse tra di loro,
come le membra di un organismo vivente;
 olistica, in cui le singole parti hanno senso solo in funzione del tutto;
 vitalistica: la natura è una forza dinamica, vivente, animata;
 finalistica: la realtà è strutturata secondo determinati scopi, immanenti o trascendenti;
 spiritualistica: il cosmo possiede una natura intrinsecamente spirituale (pampsichismo);
 dialettica: la natura è un insieme dinamico, in cui agiscono forze opposte in perenne tensione.
A sostegno della visione pampsichistica e vitalistica della natura, gli stessi progressi compiuti dalla fisica nello studio
dei fenomeni chimici, elettrici e magnetici, sembravano confermare la crisi del paradigma meccanicistico, ormai
sostenuta da ambienti molto diversi tra loro: filosofi, scienziati, occultisti, letterati e intellettuali in genere.
Inoltre, secondo il principio di analogia, l'uomo e la natura condividono una stessa identica struttura di fondo, che è di
tipo spirituale; ciò consente di interpretare i fenomeni fisici in chiave psicologica, e in chiave fisica i fenomeni psichici
(per una simile analogia fra macrocosmo e microcosmo, nonché per un confronto tra il pampsichismo romantico e il
tradizionale concetto di Anima del mondo si confronti la dottrina di Schelling con il neoplatonismo rinascimentale).
La concezione dell'io fra individualismo e anti-individualismo
 Dall'io legislatore all'io creatore: soprattutto la filosofia romantica (idealistica) considerò l'uomo come il soggetto
in funzione del quale esiste e ha un senso la natura, un soggetto spirituale la cui essenza sta in una attività infinita e
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inesauribile, libera, che di continuo supera gli ostacoli che ha di fronte (una intrinseca necessità razionale
presuppone l'ostacolo): dall'io legislatore della natura del kantismo si passa così alla concezione di un vero e
proprio io creatore.
 Esaltazione della personalità individuale: il Romanticismo celebrò in linea di massima le personalità eccezionali, il
genio, l'eroismo; tuttavia, questa inclinazione individualistica coesisté con una altrettanto esplicita componente
anti-individualistica tendente a rivalutare le istanze sovraindividuali e comunitarie (come ad esempio i concetti di
nazione, di popolo, di Spirito del mondo, ecc.)
La cultura romantica è dunque segnata da tipiche ambivalenze:
individualismo ↔
statalismo
culto dell'io
↔
esaltazione di entità sovraindividuali
Il senso della storia
In generale, il Romaticismo fu ispirato a un profondo storicismo, largamente antitetico all'atteggiamento tenuto al
riguardo dagli intellettuali illuministi, che si spinse fino a celebrare un vero e proprio culto della storia.
per l'Illuminismo è l'uomo
Il soggetto della storia
per il Romanticismo è la Provvidenza, variamente intesa
Il fallimento della rivoluzione francese e dell'esperienza napoleonica aveva indotto un diffuso senso di sfiducia circa la
capacità dell'uomo di determinare gli eventi, che sono invece guidati da forze essenzialmente extra-umane, di natura
trascendente oppure immanente.
In ogni caso, la storia è il prodotto di un intervento provvidenziale che si viene progressivamente realizzando nella
molteplicità degli avvenimenti. La storia è un processo globalmente positivo in cui nulla è irrazionale o inutile, e ogni
regresso è solo apparente; lo sviluppo storico costituisce
 un progresso necessario e incessante in cui ogni momento supera il precedente in perfezione e razionalità
oppure
 una totalità perfetta in cui tutti i momenti sono ugualmente necessari, razionali e perfetti.
Gli intellettuali romantici accusarono di antistoricismo la vocazione illuministica a ergersi a giudici del passato
polemizzandone aspramente con i numerosi aspetti irrazionali e oscuri. Al contrario, l'atteggiamento romantico fu in
generale quello di riconoscere dignità e razionalità alle singole epoche storiche, ognuna delle quali possedeva una
specifica ragion d'essere in relazione alla totalità della storia; in modo particolare, rovesciando il noto pregiudizio
illuministico, venne rivalutato ed esaltato il Medioevo come un'età positiva, ispirata dalla potenza della fede religiosa e
del sentimento, di passioni forti e di eroiche imprese cavalleresche, e che aveva visto l'emergere delle nazioni moderne
e dello spirito di nazione.
Il giustificazionismo storico dei romantici si contrappone alla critica illuministica

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ogni età ha la propria ragion d'essere
bisogna liberarsi degli errori del
passato per riformare il presente
L'ottimismo di fondo
Spesso il Romanticismo sembra indulgere al pessimismo, prediligendo gli stati d'animo malinconici di personaggi
dolenti e disillusi, dolorosamente segnati dall'inattingibilità dell'infinito, chiusi nell'autocontemplazione compiaciuta
della propria sofferenza (voluptas dolendi).
Ma è necessario distinguere fra:
 la generica predisposizione alla malinconia, propria della rappresentazione artistica della sofferenza
 la visione complessiva del mondo, condivisa tanto dai filosofi quanto, a ben guardare, dagli artisti
Se si prescinde da alcuni atteggiamenti individuali, la cultura romantica ebbe una visione complessiva del mondo
sostanzialmente positiva, in cui il pessimismo come concezione globale è piuttosto un'eccezione (come ad esempio nel
pensiero di Schopenhauer).
In generale, infatti, il Romanticismo fu incline a cogliere il positivo al di là del negativo, coerentemente con la propria
visione provvidenzialistica della realtà, oppure a sublimare il negativo nella dimensione dell'arte, della storia o della
politica; oltre il negativo, si pensava, è possibile cogliere un senso o un piano capace di riscattare il male e trasformarlo
in un momento del farsi complessivo del bene, nella manifestazione particolare e necessaria di un Tutto in sé positivo
(esempio: il panlogismo hegeliano).
Si obietterà: come rientra il pessimismo leopardiano in questo schema? Risposta: a parte il fatto che lo stesso
pessimismo subisce un'evoluzione negli ultimi canti (si pensi alla Ginestra), Leopardi è collocabile soltanto in parte nel
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clima culturale romantico; le sue basi culturali affondano le proprie radici nell'Illuministica, nella filosofia materialistica
e sensistica settecentesca antitetica al provvidenzialismo romantico ottocentesco. Diverso invece il caso di Manzoni, in
cui il concetto di redenzione attraverso la sofferenza (la "provvida sventura"), pur filtrato attraverso la matrice cristiana
del suo pensiero, conferma l'ottimismo di fondo della visione romantica del mondo.
La funzione dell'esperienza amorosa
In generale, la cultura romantica esaltò l'amore come esperienza globale e altamente simbolica, sintesi di elementi sia
carnali che spirituali, e capace di esprimere - nell'unione degli amanti - la congiunzione uomo/Natura, il rapporto
finito/infinito. Anche in questo campo, tuttavia, si assiste alla noto passaggio da posizioni iniziali più libere e
spregiudicate, in cui il tema amoroso è trattato in modo esplicito in riferimento alla componente fisica e sessuale e al
ruolo della donna è riconosciuta una certa autonomia ed emancipazione, ad altre più conservatrici, segnate dal recupero
di tendenze moraleggianti e di una visione più tradizionale della donna, inquadrata nella rassicurante istituzione
familiare e matrimoniale.
La politica
Anche in relazione alla cultura politica il Romanticismo presenta il noto bifrontismo di fondo, oscillante tra
individualismo libertario e anti-individualismo conservatore.
Soprattutto il primo Romanticismo coltivò posizioni individualistiche e liberaleggianti, antistatalistiche e talvolta
perfino filorivoluzionarie, sotto forma ora di radicalismo repubblicano ora di un vero e proprio ribellismo anarchico,
esaltando il tema della lotta dell'individuo contro le convenzioni soffocanti della società.
A questa fase ne seguì un'altra, in cui vennero progressivamente recuperate posizioni più conservatrici, caratterizzate
dal ruolo crescente attribuito allo Stato o ad altre entità sovraindividuali (la nazione, la classe, ecc.): all'individualismo
si sostituisce la convinzione che l'individuo abbia senso solo all'interno di una comunità storica sovrapersonale e in virtù
della propria appartenenza a istituzioni tradizionali.. In questa seconda fase il Romanticismo - di fatto - offrì strumenti
di legittimazione teorica alle istituzioni della Restaurazione, contro le tendenze riformatrici e liberali; ma non bisogna
cadere nell'errore di ridurre il Romanticismo a semplice ideologia della Restaurazione, perché una certa componente
individualistica e libertaria continuò pur sempre a sussistere.
In generale, il Romanticismo rifiutò il cosmopolitismo illuministico - fondato sul concetto di popolo, inteso come
insieme di individui che vogliono vivere insieme sulla base di volontà e interessi comuni -, cui contrappose il ruolo
della Nazione, intesa come insieme di individui che devono vivere insieme in quanto indissolubilemente uniti da legami
tradizionali come razza, etnìa, costumi, lingua, religione, storia e tradizioni, ecc.
I romantici esaltarono le differenze nazionali come un patrimonio di ricchezza scaturente dalle radici culturali dei vari
popoli e, collegandosi al generale atteggiamento storicistico di cui si è già parlato, videro nella storia un osservatorio
privilegiato per cogliere e comprendere tali specificità nazionali (anche gli illuministi erano consapevoli della
molteplicità delle culture umane, delle quali erano stati curiosi osservatori; ma ad essi interessava fondamentalmente ciò
che poteva unire gli uomini, non ciò che li divideva).
All'esaltazione del concetto di nazione si coniugò in misura crescente l'idea che alcune di esse avessero un primato
rispetto alle altre, oppure una missione da svolgere nella storia; ma mentre in Germania tali concezioni assunsero
sempre più tinte biologistiche e razzistiche, in Italia l'idea di nazione conservò, almeno fino allo sviluppo del
nazionalismo nel secolo successivo, un'impostazione politica più progressista, anche a causa dell'influenza del pensiero
mazziniano.
La tendenza a considerare la vita sociale in chiave organicistica risolvere l'individuo nello Stato culminò in forme di
vera e propria statolatria, per cui lo Stato è un organismo in cui il tutto è superiore alle parti che lo compongono, e che
anzi trovano la propria ragion d'essere solo in funzione del tutto.
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