Monopolio naturale e struttura ottimale dei prezzi Giuseppe De Feo e Alfredo Del Monte Giugno 2012 Versione preliminare non citare senza il permesso degli autori Contents 1 Introduzione 2 2 Monopolio naturale 3 2.1 Un gioco di entrata in un monopolio naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 2.2 Subadditività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.2.1 Un monopolista monoprodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Il caso dell’impresa multiprodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 2.3 3 Prezzi ottimali 8 3.1 Prezzo uguale al costo marginale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 3.2 Regola di prezzo uguale a costo medio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 3.3 Prezzi à la Ramsey in un monopolio naturale multiprodotto. . . . . . . . . . . 11 3.3.1 Derivazione formale dei prezzi Ramsey . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 3.4 Altri metodi di regolamentazione dei prezzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 3.5 Test sui sussidi incrociati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 4 Prezzi non lineari 20 5 È sempre necessaria la regolamentazione del Monopolio naturale? 22 5.1 Il caso di un’impresa multiprodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 25 1 Introduzione “[T]here is natural monopoly in a particular market if and only if a single firm can produce the desired output at lower cost than any combination of two or more firms”. (Sharkey, 1982, pag. 54) Il concetto di monopolio naturale è il motivo principale utilizzato per giustificare l’intervento pubblico diretto in industrie importanti come il settore energetico, le telecomunicazioni, i trasporti e i servizi idrici. Quando un’industria è un monopolio naturale nasce una difficoltà di conciliare l’efficienza allocativa e l’efficienza produttiva. Un’impresa monopolistica minimizza i costi di produzione ma, utilizzando il proprio potere di mercato può imporre un prezzo superiore al costo marginale (inefficienza allocativa). Tuttavia se si introduce la concorrenza in questo mercato l fine di raggiungere l’efficienza allocativa, il costo di produzione sarà inefficientemente più alto di quello ottenibile in regime di monopolio. In questo capitolo saranno definite le condizioni necessarie per descrivere un’industria come un monopolio naturale. Discuteremo sia il caso di un’impresa mono-prodotto che di un’impresa multi-prodotto. Il concetto centrale utilizzato per caratterizzare l’industria come monopolio naturale è la subadditività della funzione di costo. Definiremo questo concetto paragonandolo ad altri concetti importanti come le economie di scala e di scopo. L’approccio tradizionale della Teoria dell’Interesse Pubblico era essenzialmente concentrato sull’identificazione delle strategie di prezzo ottimali che devono essere imposte al monopolista al fine di massimizzare il benessere sociale. Il problema principale in questi mercati è che la regola del prezzo uguale al costo marginale, ottimale in altri contesti, comporta perdite per l’impresa regolamentata. L’approccio del second best (ottimo di secondo rango) ha l’obiettivo di identificare le strategie di prezzo che permettono il raggiungimento di un’allocazione ottimale vincolata dove il vincolo viene dalla necessita di portare i bilanci dell’impresa regolamentata in pareggio. In presenza di tale vincolo si genera solitamente una perdita netta di benessere sociale. Questo approccio ha un’applicazione alquanto chiara nel caso di monopolista monoprodotto (prezzo uguale al costo medio), mentre richiede approfondimenti analitici maggiori nel caso di impresa multiprodotto dove i prezzi ottimi in presenza del vincolo di bilancio in pareggio sono detti prezzi à la Ramsey. Accanto alla definizione di prezzi ottimi lineari, vi è la possibilità di considerare prezzi non lineari, ovvero non proporzionali alla quantità acquistata. Analizzaremo il caso delle tariffe a due parti (una fissa ed una proporzionale) e vedremo come questo tipo di tariffe ha la possibilità 2 di ripristinare l’efficienza allocativa anche in presenza di vincoli di bilancio. Tuttavia questo è possibile solo se nessun consumatore viene escluso dall’acquisto del bene. 2 Monopolio naturale Si dice che un’industria è caratterizzata da monopolio naturale quando una sola impresa riesce a produrre il quantitativo di prodotto richiesto dal mercato a un costo inferiore a quello ottenibile qualora esso fosse realizzato da due o più imprese. Il monopolio naturale caratterizza numerosi settori produttori di pubblici servizi (telecomunicazioni, trasporti ferroviari, energia elettrica ecc.) La definizione di monopolio naturale deve essere approfondita. Una prima importante dimensione da chiarire è relativa alla quantità richiesta dai consumatori. Ovviamente, questa dipende dal prezzo di mercato che è influenzato dalla struttura del mercato e dal grado di concorrenza che è a sua volta determinato dal numero di imprese sul mercato. Quindi non cè nessun problema per definire un’industria monopolio naturale se il costo di produrre qualsiasi quantità è minimizzato quando questa è prodotta da una sola impresa. Ma se l’industria è un monopolio naturale solo per certi livelli di produzione, allora l’affermazione che si tratti di un monopolio naturale deve essere qualificata e la sussistenza stessa di queste condizione è soggetta ai cambiamenti delle condizioni di mercato sia sul lato della domanda che dell’offerta. Il monopolio naturale è una delle cause di fallimento di mercato, ovvero una delle violazioni delle assunzioni dei Teoremi Fondamentali dell’Economia del Benessere. Questa genera una tensione tra efficienza allocativa ed efficienza produttiva. Infatti, se l’efficienza produttiva è raggiunta quando una sola impresa soddisfa l’intera domanda di mercato, quest’impresa monopolistica potra comunque utilizzare il proprio potere di mercato per fissare un prezzo superiore al costo merginale; questo genera una perdita di efficienza allocativa dovuta alla perdita secca di benessere sociale che si genera in questo caso. Dall’altro lato, se più imprese competono sul mercato caratterizzato come monopolio naturale, il prezzo diventa maggiormente allineato con il costo marginale di produzione, ma la produzione viene ad essere effettuata ad un costo maggiore di quello di un monopolista, perdendo quindi efficienza produttiva. Come evidenziato dal seguente esempio, le forze di mercato da sole non sono in grado di risolvere questa tensione. Normalmente la risposta dei governi a tale situazione è sta quella di utilizzare l’intervento pubblico, attraverso la produzione diretta o la regolamentazione, per cercare di 3 Impresa 1 Entrare Restare fuori Impresa 2 Entrare −k, −k Restare fuori Entrare Πm , 0 0, Πm Restare fuori 0, 0 Figure 1: Il gioco di entrata in un monopolio naturale con due imprese bilanciare in maniera ottimale l’efficienza allocativa e quella produttiva. 2.1 Un gioco di entrata in un monopolio naturale Si consideri il caso in cui n imprese siano disposte ad entrare sul mercato e a produrre un bene omogeneo la cui tecnologia produttiva è definita dalla seguente funzione di costo Ci (qi ) = k + cqi . Questa industria è un monopolio naturale in quanto per ogni q il costo di produzione è minimizzato quando è un’unica impresa a produrre l’intera quantità. Sia p (Q) la funzione P di domanda inversa con p′ (Q) < 0 e sia Q = ni=1 qi la quantità totale prodotta da tutte le imprese che entrano sul mercato. Si consideri il seguente gioco a due stadi in cui: 1o stadio Possibili entranti decidono indipendentemente e simultaneamente se entrare o meno nel mercato; se decidono di entrare devono sostenere un costo fisso di entrata k che non è recuperabile in caso di uscita. 2o stadio m le imprese che entrano sul mercato competono scegliendo simultaneamente ed indipendentemente il prezzo per un bene omogeneo. (concorrenza à la Bertrand) Il gioco è descritto (in forma ridotta) nella Figura 2.1 per il caso in cui ci sono solo due imprese che vogliono entrare sul mercato. L’equilibrio perfetto nei sottogiochi (EPS) di questo gioco dinamico a due stadi si trova applicando l’induzione a ritroso. 4 Nel secondo stadio il payoff di ciascuna impresa dipende dal numero delle imprese che entrano nel mercato. Se due o più imprese entrano, la competizione à la Bertrand porta a p = c e Πi = −k per tutte le imprese che decidono di entrare, mentre quelle che decidono di non entrare ottengono profitti nulli. Al contrario, se una sola impresa entra sul mercato potrà chiedere un prezzo di monopolio e guadagnare i profitti di monopolio, mentre le altre che decidono di restar fuori dal mercato ottengono profitti nulli. Nel primo stadio del gioco, se due o più imprese entrano sul mercato, ciascuna di esse ottiene profitti negativi dato l’equilibrio nello stadio 2. Tale combinazione di strategie delle imprese non può essere un equilibrio in quanto ciascuna impresa preferirebbe restare fuori dal mercato piuttosto che fare perdite entrando. Solo l’allocazione in cui una delle imprese entra sul mercato e le altre stanno fuori può essere un equilibrio (in strategie pure). Infatti per l’impresa che entra i profitti non possono essere maggiori di quelli ottenuti in monopolio, mentre le altre che restano fuori non possono far meglio cambiando strategia. Di conseguenza l’equilibrio perfetto nei sottogiochi è quello in cui una sola impresa entra sul mercato e sceglie prezzi di monopolio. Tuttavia, questo equilibrio genera un’allocazione delle risorse che è inefficiente dal punto di vista allocativo, visto che il prezzo sarà quello di monopolio. 2.2 Subadditività La condizione più generale per definire un monopolio naturale è definita in temini di costi dell’impresa. Definizione 1 (Subadditività) Un’industria è definita monopolio naturale se la funzione di costo dell’impresa è subadditiva per la quantità domandata dal mercato. In tal caso si ha efficienza produttiva solo quando un’unica impresa, un monopolio, produce l’intera quantità. Al fine di applicare il concetto di subadditività dobbiamo distinguere il caso di un’impresa che produce un singolo prodotto, da quello in cui il monopolista è multiprodotto. 2.2.1 Un monopolista monoprodotto Nel caso in cui l’impresa roduce un solo prodotto, la sua funzione di costo è subadditiva se per la quantità Q se C(Q) ≤ C(q1 ) + C(q2 ) 5 ∀q1 , q2 : q1 + q2 = Q (1) In altre parole, una funzione di costo è subadditiva al livello di produzione Q se il costo di produrre Q in una sola impresa è inferiore a quello di suddividere la produzione tra due (o più) imprese, indipendentemente dal modo in cui Q è diviso tra le imprese. È interessante paragonare la subadditività della funzione di costo con la presenza di economie di scala. Una tecnologia produttiva esibisce economie di scala per le quantità q ∈ [0, Q] se la funzione di costo è tale che tC (Q) ≤ C (tQ) ∀t ∈ (0, 1] (2) È semplice verificare graficamente (Figura 2.2.1) che la presenza di economie di scala implica la subadditività della funzione di costo, mentre il contrario non è necessariamente vero. Si assuma, come in Figura 2.2.1 che la curva di costo medio AC1 è a forma di U, con un costo medio minimo raggiunto alla quantità Q′ . Con due imprese attive sul mercato possiamo raffigurare la curva di costo medio AC2 quando la quantità Q è ripartita equamente tra le due imprese (ciascuna, cioè produce Q/2). In tal caso il costo medio minimo si ottiene quando la produzione è pari a 2Q′ . È importante notare come la curva AC2 si trovi al di sopra della curva AC1 per i livelli di produzione Q ∈ [0, Q⋆ ] con Q⋆ > Q′ . Queso significa che è meno costoso produrre con una impresa che con due o più imprese qualsiasi quantità compresa tra 0 and Q⋆ .1 Utilizzando la definizione data sopra, possiamo dire che la funzione di costo C (.) è caratterizzata da economie di scal nell’intervallo [0, Q′ ], mentre è subadditiva nell’intervallo [0, Q⋆ ] with Q⋆ > Q′ . Quindi, per ogni quantità Q ∈ [Q′ , Q⋆ ] la funzione di costo è subadditiva anche se la produzione è caratterizzata da diseconomie di scala. 2.3 Il caso dell’impresa multiprodotto In mercati caratterizzati da monopolio naturale, le imprese di solito producono più di un unico prodotto. Se per esempio l’impresa produce i prodotti A e B, la funzione di costo è subadditiva in QA , QB se 1 C QA , QB ≤ C q1A , q1B + C q2A , q2B ∀q1i , q2i : q1i + q2i = Qi con i = A, B. (3) È intuitivo che se la quantità è divisa tra tre o più imprese la curva di costo medio si troverà al di sopra della curva di costo AC1 per una quantità ancora più ampia. 6 Figure 2: Economie di scala e subadditività della funzione di costo (Viscusi et al., 2004). In altre parole, una funzione di costo è subadditiva per le quantità QA , QB se queste quantità non possono essere prodotte ad un costo minore da due o più imprese, indipendentemente da come il prodotto sia ripartito tra le imprese. Nel caso di impresa multiprodotto, la tecnologia produttiva può essere caratterizzata non solo da economie di scala, ma anche da quelle di scopo. Una tecnologia produttiva è caratterizzata da economie di scopo se è meno costoso produrre i due beni insieme nella stessa impresa, piuttosto che separatamente in due o più imprese. Inoltre una funzione di costo è caratterizzata da economie di scala per le quantità QA , QB se è meno costoso produrre le quantità dei due beni insieme piuttosto che in due o più imprese diverse. In termini analitici ci sono economie di scopo se: C QA , QB ≤ C QA , 0 + C 0, QB (4) Con un’impresa multiprodotto ci sono delle economie di scala per le quantità Q ∈ 0, QA × 0, QB se tC QA , QB ≤ C tQA , tQB ∀t ∈ (0, 1] (5) 7 3 Prezzi ottimali Il monopolio naturale rappresenta un caso di fallimento del mercato perché il libero agire del mercato non riesce a raggiungere un’efficiente allocazione delle risorse. Da un lato, se l’equilibrio di mercato comporta che più di un’impresa sia attiva sul mercato, ciascuna di essa produrrebbe a costi superiori a quelli di un monopolista. Dall’altro, se la produzione è tutta realizzata da una sola impresa, la massimizzazione dei profitti porterà questa impresa a imporre un prezzo di monopolio che genera extraprofitti per le imprese, ma sopratutto una produzione subottimale con perdita di benessere sociale. Quindi il monopolio naturale genera una tensione tra efficienza allocativa ed efficienza produttiva che l’intervento regolatore dei poteri può potenzialmente alleviare. La soluzione proposta dalla teoria dell’interesse pubblico identificavo come strumento di regolamentazione l’imposizione di prezzi da parte di un’autorità di regolamentazione all’impresa monopolista. Quindi l’obiettivo della teoria economica è quello di identificare i prezzi ideali che massimizzano il benessere sociale. 3.1 Prezzo uguale al costo marginale La soluzione ottimale di primo rango (first best) che massimizza il surplus generato sul mercato impone un prezzo uguale al costo marginale. Se solo un’impresa è attiva sul mercato, al fine di evitare le inefficienze allocative create da politiche di prezzo monopolistiche, le autorità di regolamentazione dovrebbero imporre un prezzo uguale al costo marginale. Questa soluzione, supportata da tra gli altri da Hotelling (1938) e Vickrey (1948) ha tuttavia i suoi risvolti negativi quando la produzione avviene in presenza di subadditività della funzione di costo: i ricavi non coprono i costi di produzione e il deficit deve essere finanziato con mezzi alternativi, come ad esempio sussidi governativi. Come risulta evidente dalla figura ??. in presenza di condizioni di monopolio naturale la curva di costo marginale (MC) è sempre sottoposta alla curva di costo medio (AC) e quindi quando P = M C si genera una perdita per l’impresa pari all’area P0 ST R. Quindi se si impone tare regola di prezzo, il monopolista deve essere sussidiato dal governo. Ma il fatto che tale regola di prezzo richiede dei sussidi pubblici per essere sostenuta, è un aspetto negativo da considerare, in quanto questi sussidi devono essere finanziati attraverso tasse dirette o indirette che a loro volta generano distorsioni e inefficienze in altri mercati. Se 8 Figure 3: Una politica di prezzo uguale costo marginale comporta perdite per l’impresa in monopolio naturale (Viscusi et al., 2004). non sono disponibili tasse non distorsive (in somma fissa), infatti, le tasse indirette introducono una differenza tra costo e prezzo in altri mercati, e quindi una inefficienza dello stesso tipo di quella che si vuole evitare sul mercato caratterizzato da monopolio naturale. Un discorso analogo può farsi per le tasse dirette sul reddito che possono generare distorsioni nelle scelta tra consumo e risparmio e nella scelta del paniere di beni da acquistare. Altre obiezioni sono state fatte alla regola del prezzo uguale al costo marginale. Ad esempio, da un punto di vista redistributivo non sembra esserci un motivo chiaro che giustifichi il fatto che contribuenti che non acquistano il servizio fornito in condizioni di monopolio naturale debbano sussidiare gli acquirenti di tale servizio. Inoltre può essere politicamente difficile sostenere che i contribuenti debbano finanziare un’impresa privata. Infine in presenza di informazione imperfetta sui costi di produzione, tale regola può rappresentare un disincentivo per il management alla riduzione dei costi e all’efficienza produttiva visto che le perdite vengono comunque ripianate dal governo che ha difficoltà a distinguere le perdite derivanti dalla regola del prezzo pari al costo marginale da quelle derivanti da inefficienza produttiva. 9 3.2 Regola di prezzo uguale a costo medio Dati i problemi sollevati dalla necessità di sussidiare un’impresa in monopolio naturale quando si applica la regola di prezzo uguale costo marginale, diventa necessario identificare una soluzione alternative che può essere effettivamente molto intuitiva: scegliere una regola di prezzo che massimizza il benessere sociale sotto il vincolo che non vi siano perdite per il monopolista. Questa regola tuttavia si discosta dalla soluzione di ottimo di primo rango in quanto il vincolo di bilancio impedisce di scegliere un’allocazione ottimale delle risorse e viene definita come regola ottimale di secondo rango (second best). A B C Figure 4: Una politica di prezzo uguale costo medio comporta comunque una perdita netta di surplus (Viscusi et al., 2004). Nel caso in cui il monopolista sia monoprodotto questa coincide con la regola di prezzo uguale costo medio, la quale assicura che il monopolista possa produrre la quantità richiesta dal mercato ad un prezzo che non necessita alcun sussidio. Tuttavia, come mostrato nella Figura 3.2, la regola di prezzo uguale costo medio crea una perdita di benessere sociale pari all’area ABC. Infatti, la quantità [Q0 , Q⋆ ] potrebbe essere prodotta ad un costo inferiore alla disponibilità a pagare dei consumatori. Tuttavia, a causa della presenza di rendimenti crescenti i ricavi totali sarebbero inferiori ai costi in quanto il prezzo diventerebbe inferiore al costo medio. 10 3.3 Prezzi à la Ramsey in un monopolio naturale multiprodotto. L’applicazione della regola uguale costo medio ha tuttavia difficoltà di applicazione al contesto di un monopolista multiprodotto. Da un lato tale regola non dà alcuna indicazione circa il modo di allocare i costi comuni tra i prezzi dei diversi beni prodotti. Dall’altro lato, uguagliare il prezzo al costo medio del rispettivo prodotto può non essere ottimale. Anzi è generalmente non ottimale in quanto non tiene conto della domanda. La soluzione ottimale di secondo rango è stata individuata da Ramsey (1927) e Boiteux (1956). I prezzi à la Ramsey costituiscono la soluzione ottimale di secondo rango in quanto minimizzano la perdita di benessere dovuta al fatto che comunque i prezzi devono essere superiori al costo marginale quando cè da soddisfare il vincolo del pareggio di bilancio in un monopolio naturale. La soluzione può essere compresa meglio se iniziamo dal modo in cui il monopolista non regolamentato definisce i prezzi che massimizzano i propri profitti. Si consideri un monopolista che produce n beni o servizi in mercati caratterizzati da domanda decrescente nei prezzi di ciascun prodotto. Si supponga inoltre che la domanda di ciascun bene sia indipendente da utte le altre e che quindi le elasticità incrociate dei prezzi siano nulle. Il problema del monopolista è quindi: max {pi }i=1,...,n n X pi qi (pi ) − c (q1 , ..., qn ) i=1 Le condizioni del primo ordine (first order condition, FOC) per ciascun bene sono date da: qi (p⋆i ) + p⋆i qi′ (p⋆i ) − Sia c′i (.) = ∂c(q1 ,...,qn) ∂qi ∂c (q1 , ..., qn ) ′ ⋆ qi (pi ) = 0 ∂qi (6) per rendere più agevole la scrittura, cosicché la FOC (6) può essere riscritta cosı̀: qi (p⋆i ) = − p⋆i − c′i (.) qi′ (p⋆i ) Moltiplicando entrambi i lati dell’equazione (7) per p⋆i qi (p⋆i ) p⋆i = p⋆i − c′i (.) ηi (7) otteniamo (8) pi i (pi ) dove ηi = − ∂q∂p qi (pi ) è l’elasticità della domanda per il prodotto i in valore assoluto. Quindi, i il monopolista multiprodotto massimizza i suoi profitti definendo un prezzo tale per cui l’indice 11 di Lerner è pari all’inverso dell’elasticità della domanda per ciascun prodotto i; cioè, L⋆i = 1 p⋆i − c′i (.) = ⋆ pi ηi (9) La regola di Ramsey è la soluzione al seguente problema di massimizzazione del benessere sociale sotto il vincolo di bilancio in pareggio, ovvero: max W (p1 , ..., pn ) tale che pi n X pi qi − c (q1 , ..., qn ) ≥ 0 (10) i=1 La soluzione di questo problema è tale per cui il surplus totale raggiunge il suo livello SB . Quindi il problema (10) è di ottimo di secondo rango, ovvero: W SB = W pSB 1 , ..., pn equivalente al seguente problema che consiste nel massimizzare il profitto dellimpresa sotto il vincolo che il benessere sociale non sia minore del livello ottimo di secondo rango. max pi n X pi qi − c (q1 , ..., qn ) tale che W (p1 , ..., pi , ..., pn ) ≥ W RB (11) i=1 È possibile mostrare che la soluzione è simile a quella ottenuta nel caso di massimizzazione libera dei profitti; essa infatti è: LSB = i pSB − c′i k i ∀i dove k < 1 è una costante. = SB ηi pi (12) Questo significa che la struttura dei prezzi è la stessa sia nel monopolio regolamentato che in quello non regolamentato. Infatti il rapporto tra gli indici di Lerner relativi a due beni è, sia nel caso di monopolio regolamentato che non regolamentato, pari al rapporto inverso tra le elasticità della domanda. Con qualche approssimazione, possiamo dire che i prezzi di Ramsey sono gli stessi di quelli di un monopolista non regolamentato, solo più bassi. Una caratteristica importante dei prezzi à la Ramsey è che il markup è maggiore per domande più rigide e minore per domande più elastiche. La logica è chiara: si supponga che dei costi fissi devono essere recuperati definendo dei prezzi maggiori dei costi marginali per i beni prodotti da un monopolista naturale. In tal caso è meglio aumentare di più i prezzi dei beni che hanno una domanda meno elastica in quanto la quantità acquistata si riduce meno rispetto agli altri beni e di conseguenza si genera una perdita di benessere sociale inferiore. Questo significa inoltre che più necessario è l’acquisto di quel bene e più alto sarà il markup. Di conseguenza la regola di Ramsey genera qualche preoccupazione dal punto di vista redistributivo. Tuttavia è utile qui ricordare che la teoria dell’interesse pubblico era solo 12 interessata a questioni di efficienza, lasciando alla politica il compito di risolvere i problemi redistributivi. Un’altra importante caratteristica dei prezzi Ramsey è il fatto che i costi sono essenzialmente messi tutti insieme e recuperati in modo da considerare solo le elasticità della domanda dei diversi prodotti. Quindi un certo livello di sussidi incrociati comunque si determina in quanto la corrispondenza tra prezzi e costi di produzione è mitigata. Infine è bene enfatizzare che la soluzione presentata riguarda il caso di beni con domanda indipendente; se le elasticità incrociate non sono nulle allora questa interdipendenza deve essere tenuta in considerazione. Una descrizione intuitiva della direzione dei cambiamenti indotti dall’introduzione delle elasticità incrociate è la seguente. Se il prodotto i è sostituto del prodotto j, un aumento in pj ha un effetto positivo sulla domanda di i, attenuando quindi l’effetto negativo sul surplus sociale. Di conseguenza i prezzi per i beni sostituti dovrebbero essere più alti rispetto a quelli per beni indipendenti. Il ragionamento simmetricamente opposto porta alla conclusione che il prezzo per beni complementari deve essere più basso di quello definito nell’equazione(12).2 Con costi marginali costanti e funzioni di domanda lineare i prezzi Ramsey possono essere ottenuti utilizzando la semplice formula: qi pSB q (c′ ) i = i i . qj pSB qj c′j j (13) Infatti è sufficiente calcolare la domanda quando il prezzo è uguale al costo marginale per i due beni e quindi aumentare i prezzi fino al livello in cui il bilancio del monopolista è in pareggio avendo cura di mantenere la proporzione tra le quantità vendute dei due beni. Si consideri l’esempio seguente dove i costi e la domanda dei due beni sono rispettivamente: c (q1 , q2 ) = 1050 + 20q1 + 20q2 2 (14) q1 = 100 − p1 (15) q2 = 120 − 2p2 (16) Se tutti i beni prodotti dal monopolista sono sostituti, allora i prezzi dei beni con i sostituti più vicini dovrebbero essere più elevati, mentre quelli dei beni con sostituti pi‘u lontani dovrebbero essere più bassi di quelli definiti nell’equazione (12). Se tutti i beni sono complementi si applica il ragionamento diammetralmente opposto. 13 Per calcolare i prezzi Ramsey possiamo utilizzare la semplice regola definita dall’equazione (13) insieme al vincolo di bilancio in pareggio. q1 pSB 80 q (20) 1 = 1 = q SB = q2 pSB = = 1 =⇒ q1 pSB 2 1 SB q2 (20) 80 q 2 p2 SB SB pSB + pSB = 1050 + 20q1 pSB + 20q2 pSB 1 2 1 q 1 p1 2 q 2 p2 (17) (18) Dall’equazione (17) otteniamo che q1 = q2 nell’allocazione ottimale di secondo rango (second best o SB). Sostituendo questa uguaglianza nel vincolo di bilancio (18): SB SB pSB + pSB = 1050 + 20q SB + 20q SB . 1 q 2 q Sostituendo le funzioni di domanda inversa derivate SB 1 SB SB SB 100 − q q q + 60 − q 2 3 SB SB 160 − q q 2 3 SB 2 q − 1050 120q SB − 2 (19) dall’equazione (15) e (16): = 1050 + 20q SB + 20q SB (20) = 1050 + 40q SB (21) = 0. (22) Il polinomio ordinato di secondo grado ha due soluzioni: SB q− = 10; q+ = 70. (23) La seconda soluzione è quella che massimizza il benessere sociale sotto il vincolo del bilancio in pareggio ed è quindi corrisponde ai prezzi Ramsey per i due beni. I prezzi Ramsey corrispondenti sono: SB pSB 1 = 30; p2 = 25. 3.3.1 (24) Derivazione formale dei prezzi Ramsey In ciò che segue i prezzi Ramsey sono derivati formalmente dal programma di massimizzazione vincolata del benessere sociale. Ricordando che i prezzi Ramsey massimizzano il benessere sotto il vincolo del bilancio in pareggio: max W (p1 , ..., pn ) s.t. Π (p1 , ..., pn ) ≥ 0 pi Il benessere totale può essere definito come la somma del surplus del consumatore e dei profitti dell’impresa, quindi: 14 max CS (p1 , ..., pn ) + Π (p1 , ..., pn ) s.t. Π (p1 , ..., pn ) ≥ 0. pi Usando il metodo di Lagrange il problema precedente è equivalente alla massimizzazione della seguente funzione Lagrangiana L (p1 , ..., pn ) = CS (p1 , ..., pn ) + (1 + λ) Π (p1 , ..., pn ) Le condizioni del primo ordine sono: ∂L (.) ∂CS (p1 , ..., pn ) ∂Π (p1 , ..., pn ) = + (1 + λ) = 0 ∀i = 1, ...n. ∂pi ∂pi ∂pi Ora, supponiamo che le domande dei beni prodotti dal monopolista sono indipendenti l’una dall’altra. Possiamo allora facilmente calcolare le derivate parziali del surplus del consumatore rispetto ai prezzi: CS (p1 , ..., pn ) = n X CSi (pi ) Z qi (pi ) dp i=1 p CSi (pi ) = ∂CS (p1 , ..., pn ) ∂pi = pi ∂CSi (pi ) = −qi (pi ) . ∂pi L’intuizione per il risultato è la seguente: un incremento marginale del prezzo ha solo un effetto del secondo ordine sulla quantità acquistata, ma un effetto del primo ordine sulla rendita che passa dal consumatore all’impresa. Ha una magnitudine pari alla quantità acquistata, ma ha segno opposto, in quanto un incremento del prezzo riduce il surplus del consumatore. Per quanto riguarda i profitti dell’impresa, sotto le stesse assunzioni di indipendenza delle funzioni di domanda: Π (p1 , ..., pn ) = n X pi qi (pi ) − c (q1 (p1 ) , ..., qn (pn )) i=1 ∂Π (p1 , ..., pn ) ∂pi ∂c(.) ∂qi (pi ) = q i + pi − . ∂qi ∂pi Sostituendo le derivate parziali nelle condizioni del primo ordine della funzione Lagrangiana: ∂c(.) ∂qi (pi ) ∂L (.) = −qi (pi ) + (1 + λ) qi + pi − = 0 ∂pi ∂qi ∂pi ∂c(.) ∂qi (pi ) (1 + λ) qi + pi − = qi (pi ) ∂qi ∂pi 15 Moltiplicando il lato destro e quello sinistro per pi qi (pi ) pi i (pi ) e poiché ηi = − ∂q∂p qi (pi ) è l’elasticità i della domanda peril prodotto i in valore assoluto: pi ∂c(.) ∂qi (pi ) (1 + λ) qi + pi − ∂qi ∂pi qi (pi ) ∂c(.) (1 + λ) pi − (1 + λ) ηi pi − ∂qi ∂c(.) − (1 + λ) ηi pi − ∂qi pi − c′i (.) pi pi − c′i (.) pi = qi (pi ) pi qi (pi ) = pi = −λpi = = λ 1 1 + λ ηi k λ where k = . ηi 1+λ Quando λ = 0 abbiamo che pi = c′i (.); ovvero, se il vincolo di bilancio non è stringente la massimizzazione del surplus totale impone che il prezzo sia uguale al costo marginale, e si raggiunge l’allocazione ottima di primo rango. Per comprendere ciò si consideri il caso di costi marginali crescenti: i prezzi Ramsey corrispondono alla regola prezzo uguale costo marginale poiché l’impresa ha profitti positivi nell’allocazione ottima di primo rango. Si deve notare che in presenza di costi marginali crescenti non c’è problema di monopolio naturale. 3.4 Altri metodi di regolamentazione dei prezzi Uno dei metodi utilizzati, allorché un’impresa regolamentata produce più di un prodotto o vende a differenti classi di consumatori, è quello del prezzo basato sul costo permanente distribuito (FDC). Esso permette di ripartire i costi comuni fra le varie classi o servizi. Assumiamo che le funzioni di costo siano le seguenti: • Produzione del bene 1 C(q1 ) = 700 + 20q1 • Produzione del bene 2 C(q2 ) = 600 + 20q2 • produzione congiunta dei beni 1 e 2 C(q1 ) = 1050 + 20q1 + 20q2 16 La funzione di costo dei due beni è subadditiva e 1050 è il costo da distribuire fra i due beni in base al metodo FDC. In base a tale metodo i costi possono essere distribuiti fra i due prodotti in base a qualche misura fisica di utilizzazione dell’impianto, ad esempio tempo di utilizzo dei circuiti, o si può imputarli proporzionalmente ai costi che possono essere direttamente assegnati ai vari servizi. Questo metodo in realtà è arbitrario, cioè non ha una base teorica e l’allocazione del costo comune fra i due prodotti non ha alcuna relazione con i costi marginali. Assumiamo che, in base al tempo di utilizzo, si sia deciso che il 75% dei costi comuni deve essere attribuito al prodotto 1 ed il 25% al prodotto 2. Quindi il costo medio dei due beni sarà dato da: 787, 5 + 20 q1 262, 5 + 20 AC2 = q2 AC1 = Il costo medio di q1 sarà pari al 75% del costo comune diviso le unità vendute, più il costo variabile per unità di prodotto che è pari a 20. Ragionamento analogo vale per il bene 2. Consideriamo ora la curva di domanda dei due prodotti P1 = 100 − q1 e P2 = 60 − 0, 5q2 I prezzi P1 e P2 si ottengono eguagliando il prezzo con il costo medio, in modo tale che l’impresa regolamentata abbia il bilancio in pareggio. I valori ottenuti saranno P1 = AC1 = 31, 5 e P2 = AC2 = 23, 6 Il rusultato è il seguente: F DC q1 = 68, 5 e F DC q2 = 72, 8 Abbiamo invece visto in precedenza nella Sezione 3.3 che i prezzi Ramsey relativi a tale esempio sono P1 = 30 e P2 = 25. Da un punto di vista di efficienza il metodo corretto da utilizzare per distribuire i costi fissi fra i prodotti è quello basato sui prezzi Ramsey. Il valore dei prezzi utilizzando il metodo FDC porta invece a prezzi diversi dai prezzi Ramsey e quindi tale metodo comporta una struttura dei prezzi non efficienti. 17 3.5 Test sui sussidi incrociati Fino a tutti gli anni ‘70 la struttura dei prezzi dei servizi regolamentati era ben lungi dall’osservare la regola dei prezzi Ramsey. Infatti, obiettivo del regolamentatore era che per motivi di equità, alcune fasce di consumatori dovessero godere di tariffe particolarmente favorevoli. Ciò comporta che alcune fasce di consumatori, o di servizi, sussidino altre fasce di consumatori o servizi. L’idea era che ogni cittadino aveva diritto a godere di tali beni indipendenti dalla localizzazione e dal reddito per motivi sociali. Questo obiettivo, ad esempio, portava ad estendere la rete telefonica anche ad aree marginali senza che il costo di allacciamento richiesto al consumatore permettesse di recuperare tutti i costi. Nonostante tale approccio da un punto di vista economico fosse inefficiente, esso era giustificato in base a obiettivi distributivi. Fintanto che l’impresa regolamentata era un’impresa pubblica la situazione era sostenibile in quanto la raccolta delle tariffe era vista come una forma di tassazione. Introducendo la privatizzazione e la concorrenza anche la struttura delle tariffe è destinata a cambiare. In questa fase è importante poter individuare se una tariffa è sussidiata o meno. Due sono i test usati dagli economisti per valutare se ci troviamo in presenza di prezzi sussidiati. Il primo metodo è quello del costo da solo (CDS). Questo test consiste nel confrontare il costo totale del servizio, nel caso fosse prodotto per una sola fascia di consumatori, con il ricavo del servizio stesso ottenuto dalla vendita a quella fascia di consumatori. Nel caso in cui per un servizio il ricavo è superiore al costo per una fascia e inferiore per l’altra vi è un incentivo a produrre il bene solo nel primo caso e non congiuntamente per le due fasce. Nel caso si produca per entrambe le fasce, la differenza prezzo-costo serve a coprire le perdite che si hanno sulla tariffa praticata all’altra fascia di consumatori. Consideriamo il caso visto nella Sezione 3.4 dove prezzi e quantità sono stati definiti utilizzando il metodo del costo permanente distribuito (FDC). In tal caso le quantità prodotte F DC sono q1 F DC = 68, 5 e q2 F DC = 72, 8, mentre i prezzi sono P1 F DC = 31, 5 e P2 = 23, 6. Data la funzione di costo per la produzione isolata del bene 1 C(q1 ) = 700 + 20q1 F DC avremo che per q1 F DC = 68, 5 il costo totale sarà C(68, 5) = 2070, mentre i ricaviq1 18 F DC ×P1 = 2157 e la differenza ricavi costi F DC q1 F DC × P1 F DC − C(q1 ) = 87 Data la funzione di costo per la produzione del bene2 da solo C(q2 ) = 600 + 20q2 F DC avremo che per q2 F DC P2 F DC = 72, 8 il costo totale sarà C(q2 ) = 2056, i ricavi saranno q2 × = 1718 e la differenza ricavi costi F DC q2 F DC × P2 F DC − C(q2 ) = −338. In tal caso converrà produrre isolatamente il bene 1, e non produrre il bene 2. I prezzi 31,5 e 72,8 per X e Y comportano che il bene 2 sia sussidiato dal bene 1. Allorché l’impresa produce a tali prezzi entrambi i beni, ottiene profitti nulli. Ripetendo lo stesso ragionamento con i prezzi Ramsey in precedenza ottenuti, si ottiene un valore dei costi e dei ricavi per il bene 1 eguale a 2160 e 2100. In modo analogo per il bene 2 si ottiene un costo totale di 2000 e ricavi totali pari a 1750.3 Quindi con i prezzi Ramsey non vi è alcun incentivo a produrre uno dei due servizi isolatamente. Un secondo test è quello del costo medio incrementale (AIC). In questo caso si calcola il costo incrementale di produrre un dato bene. Nel caso in cui il prezzo di un bene è inferiore all’AIC, significa che il bene è sussidiato. Calcoliamo l’AIC del bene 1, sottraendo il costo di produzione del bene 2 (CDS) dal costo di produzione congiunto di 1 e 2. AIC1 = AIC2 = (C12 −C2 ) q1 (C12 −C1 ) q2 F DC Nel caso di prezzi FDC q1 = = 1050+20q1 +20q2 −600−20q2 q! 1050+20q1 +20q2 −700−20q1 q2 F DC = 68, 5 e P1 = 450 q! + 20 = 350 q2 + 20 F DC = 31, 5, e q2 F DC = 72, 8 e P2 = 23, 6; avremo che AIC1 = 26, 56 e AIC2 = 24, 8. Il prezzo di 2 è inferiore a AIC2 e quindi il bene 2 è sussidiato. Ci troviamo in un caso di sussidi incrociati. In realtà una struttura che non è tipo prezzi Ramsey può non dar luogo a sussidi incrociati, ma egualmente è inefficiente. 3 Giacché vi sono economie di scopo nella funzione dei costi, l’impresa realizzando congiuntamente i due beni ha un risparmio di costi per cui l’impresa, come abbiamo visto, nel complesso non avrà perdite. 19 4 Prezzi non lineari Prezzi non lineari permettono al monopolista di discriminare i consumatori in base alla quantità acquistata in quanto quantità diverse di un bene omogeneo vengono vendute a prezzi unitari diversi. Una caratteristica di questa struttura dei prezzi è che essa può permette di raggiungere una allocazione che, in presenza del medesimo vincolo di bilancio, genera un surplus maggiore dei prezzi Ramsey. Tuttavia, per applicare tariffe non lineari in modo da massimizzare il surplus sociale sono necessarie più informazioni. La conoscenza dell’elasticità della domanda e della struttura dei costi dell’industria può non essere abbastanza ed è in genere necessario avere informazioni più precise sulle curve di domanda individuali. Questi requisiti aumentano le difficoltè per le autorità di regolamentazione per l’implementazione di tariffe non lineari. Si consideri il semplice caso di una tariffa non lineare che consiste in una somma fissa ed un prezzo proporzionale alla quantità acquistata. La sua forma generale è: T (q) = k + pq (25) Per illustrare la ragione per cui con tariffe non lineari è possibile approssimare la soluzione di ottimo di primo rango, dimostreremo che è possibile avere un prezzo uguale al costo marginale in un monopolio naturale ed avere il bilancio in pareggio allo stesso tempo. Si consideri la tariffa a due parti T (q) definita nell’equazione (25) e considera l’esempio illustrato in Figura 3.1. Quando il prezzo è uguale al costo marginale abbiamo visto che la perdita per l’impresa è misurata dall’area P0 ST R. Definendo K la misura della perdita, se il regolatore conosce il numero di consumatori, e questo è pari ad n, allora una tariffa a due parti in cui la parte fissa k = K n e la parte variabile p = M C annulla tutte le perdite di benessere sociale e, allo stesso tempo, pareggia il bilancio dell’impresa. Questa tariffa ottimale si chiama tariffa di Coase. Il problema, in questa situazione, è che la parte fissa può escludere alcuni consumatori dall’acquistare il servizio e può condurre ad inefficienze anche se ciascuna unità è venduta al costo marginale. Ad esempio assumiamo che le persone abbiano le stesse preferenze per il servizio e le curve di domanda dei singoli consumatori siano abbastanza simili. In questo caso possiamo ipotizzare che tutti i consumatori acquisteranno il servizio con una tariffa che richiede una 20 quota fissa pari a k = K n ove n è il numero dei consumatori e p è il prezzo posto eguale al costo marginale. Nella Figura 3.1 osserviamo che se ogni consumatore paga k = K n l’impresa non avrà perdite in quanto l’area P0 ST R = K che è una misura dei costi fissi non recuperati con la parte variabile della tariffa, sarà coperta dalla parte fissa della tariffa. I consumatori acquisteranno la quantità q0 ed il loro surplus (non considerando la quota fissa) sarà maggiore del caso in cui la tariffa applicata è quella lineare pari al costo medio. Consideriamo il seguente esempio. La funzione di domanda è Q = 1000 − 5p ed una funzione di costo C = 9000 + 100Q. Allorché il prezzo è uguale al costo marginale il surplus del consumatore è 25000. Allorché il prezzo è uguale al costo medio e non vi sono perdite, il surplus del consumatore è 14614. Tale surplus è inferiore a quello che i consumatori sopporterebbero ripartendo la spesa di 9000, e ponendo un prezzo eguale al costo marginale. Ad esempio se i consumatori sono 100 e sono tutti eguali, una tariffa pari a 90 + 100Q permetterebbe di acquistare la quantità corrispondente all’eguaglianza fra prezzo e costo marginale. Nel caso in cui i consumatori abbiano domande dei beni non omogenee è possibile che un consumatore esca dal mercato se il valore K/n è maggiore del surplus del consumatore allorchè il prezzo è uguale al costo marginale.4 La soluzione efficiente è ottenuta se nessun consumatore è escluso dal mercato e tutti pagano il costo marginale. Un’approssimazione della soluzione ideale può essere l’offerta di un’alternativa di tariffe fra le quali i consumatori possono scegliere, del tipo indicato nella abella 1. Vediamo meglio le implicazioni di questa tariffa. Consideriamo tre consumatori, uno per il quale il valore di 100 telefonate al mese è 16 euro, uno per il quale il valore di 200 telefonate è di 25 euro ed uno per il quale il valore di 300 telefonate è di 30 euro. Assumiamo che la funzione dei costi è C = 36 + 0, 05Q e quindi, la 4 Ciò può accadere per un servizio come quello telefonico, piuttosto che nel caso di servizi come elettricità, acqua che sono beni di prima necessità. 21 spesa fissa da ripartire tra i tre consumatori è di 36 euro. Un’unica tariffa del tipo 12 + 0, 05Q avrebbe l’effetto di far uscire il primo consumatore dal mercato in quanto spenderebbe per 100 telefonate 17 euro allorché il valore che egli attribuisce a 100 telefonate è di 16. L’impresa, nel caso il primo consumatore uscisse dal mercato, non riuscirebbe a recuperare le spese in quanto incasserebbe 49 mentre il suo costo sarebbe pari a 51. D’altronde il costo medio di 600 telefonate è 0,11. Se tale tariffa fosse applicata non converrebbe al terzo consumatore fare 300 telefonate. Invece, il problema può essere risolto, offrendo una scelta fra le tariffe. Si potrebbe ipotizzare che i consumatori con maggiore incentivo a pagare, paghino le spese fisse in proporzioni maggiori in cambio di un minor prezzo per la telefonata. In tal modo, si otterrebbe una soluzione più efficiente. Avremo, infatti, che tutti i consumatori stanno nel mercato (il primo consumatore sceglierà la prima tariffa , il secondo la seconda, ed il terzo consumatore la terza tariffa) e l’impresa recupera le spese fisse. Con la tariffa non lineare tutti e tre i consumatori riescono a realizzare il numero desiderato di telefonate. Table 1: Esempio di menu di tariffe non lineari P. fissa P. variabile N. telefonate Totale spesa Spesa con Surplus tariffa 12+0,05q 5 l’impresa 6 0,09 Cons1 100 15 17 16 10 0,06 Cons2 200 22 22 25 20 0,03 Cons3 300 29 27 30 Tot 600 66 66 71 Tot 36 Costo per 66 È sempre necessaria la regolamentazione del Monopolio naturale? Secondo la tradizionale teoria dell’interesse pubblico la regolamentazione pubblica dei settori caratterizzati da monopolio naturale si rende necessaria per evitare che su tale mercato si determinino prezzi monopolistici che non massimizzano il benessere sociale. Si sostiene infatti che un monopolista tenderà a fissare il prezzo in base all’eguaglianza ricavo marginale-costo 22 marginale e il prezzo sarà posto ad un livello maggiore del costo medio di produzione. Si ritiene che la regolamentazione possa migliorare il benessere del consumatore e l’efficienza economica imponendo un prezzo eguale al costo medio di produzione. D’altro canto abbiamo visto che sono necessarie notevoli informazioni per poter determinare una struttura di prezzi regolamentati che non si allontani di molto da quella ideale. Inoltre i meccanismi attraverso cui si cerca di ottenere eguaglianza fra costo medio e prezzo (ad esempio imponendo un vincolo sul tasso di rendimento) possono introdurre, come vedremo, delle distorsioni nell’uso dei fattori di produzione e quindi determinare un uso non efficiente delle risorse. La teoria della regolamentazione tradizionale è stata quindi sottoposta a numerose critiche e in numerosi paesi si è avuto un passaggio in molte industrie da un regime di regolamentazione a uno di concorrenza. Diviene quindi estremamente importante stabilire se una politica di non regolamentazione può condurre a soluzioni ottimali dal punto di vista dell’allocazione delle risorse, anche se la struttura industriale è dominata da una sola impresa. La teoria dei mercati contendibili (Baumol, 1977) attraverso il concetto di configurazione sostenibile, cerca di individuare le condizioni in cui non è necessaria la regolamentazione del monopolio naturale. Ricordiamo che nel caso di impresa monoprodotto un monopolio naturale è detto sostenibile se esiste un prezzo e una quantità tali che non vi è alcun incentivo a entrare da parte di nuove imprese, e se a tale prezzo la domanda del mercato è interamente soddisfatta e i ricavi coprono i costi totali di produzione. Una condizione sufficiente perchè il monopolio naturale sia sostenibile al prezzo p uguale al costo medio è che la curva del costo medio sia decrescente e intersechi la curva di domanda in corrispondenza di p e giaccia sopra la curva di domanda per ogni prezzo inferiore a p (Figura 5). In questo caso non è necessaria una regolamentazione del monopolio naturale e la condizione di libertà di entrata permette una soluzione che è socialmente desiderabile. Vi sono altri casi in cui la libertà di entrata non è condizione sufficiente per eliminare l’intervento dello Stato. È possibile, infatti, che proprio la libertà di entrata impedisca che la produzione nell’industria sia realizzata in modo efficiente. Questo è il caso illustrato dalla Figura 5. Sia Y0 la quantità corrispondente al costo medio minimo; sia P0 il prezzo eguale al costo medio minimo. Supponiamo che la domanda sia pari a Q(p) e sia p⋆ il prezzo determinato dall’incontro della curva di domanda con la curva del costo medio. A tale prezzo il monopolista 23 Figure 5: Configurazione sostenibile in un mercato contendibile. Figure 6: Configurazione non sostenibile in un mercato contendibile. 24 non realizza alcun profitto, e produce in modo efficiente in quanto non vi è altra configurazione che permetta di produrre y ⋆ ad un costo inferiore. Questa configurazione non è sostenibile in quanto è possibile l’entrata di un’altra impresa ad un prezzo compreso fra p⋆ e p0 . Un’impresa che vende a un prezzo p′ leggermente inferiore a p⋆ e una quantità y ′ inferiore a y ⋆ , può realizzare un profitto positivo, e quindi la configurazione pur essendo efficiente non è sostenibile. Se la nuova impresa non è obbligata a servire l’intero mercato, l’inesistenza di barriere all’entrata determina un uso non efficiente delle risorse. Questo mostra che anche quando sono soddisfatte le condizioni tecniche per l’esistenza del monopolio naturale in una industria e non vi sono barriere all’entrata, è possibile che il monopolio naturale non possa operare senza un intervento regolamentatore dello Stato. Affinché non vi sia necessità di un intervento regolamentatore deve esistere un vettore dei prezzi tale che non sia possibile l’ingresso profittevole nell’industria di nuove imprese allorché tutta la domanda è soddisfatta e i ricavi coprono i costi di produzione. Consideriamo l’esempio descritto da Faulkaber (1975).5 Vi sono tre imprese di gestione dell’acqua e si supponga che un’impresa possa soddisfare il proprio mercato con un acquedotto il cui costo è pari a $ 250.000, ma che due imprese possano operare insieme e gestire un unico acquedotto per i propri mercati al prezzo di $ 300.000, e tre imprese insieme possano costruire un acquedotto per i tre mercati al prezzo di $500.000. Il costo minimo per servire i tre mercati è 500.000 dollari, ma due imprese hanno un incentivo a cooperare in quanto spenderebbero solo $150.000 a testa, un costo inferiore a quello che risulta dalla cooperazione di tre imprese. La terza impresa sarà svantaggiata se due imprese cooperano. È questo il caso in cui la libertà d’ingresso non massimizza il benessere per la comunità. 5.1 Il caso di un’impresa multiprodotto Abbiamo visto, nel caso di un’impresa monoprodotto, che la libertà di entrata non è condizione sufficiente affinché il monopolio naturale possa operare senza un intervento regolatore dello Stato. Solo se il prezzo è “sostenibile” dal monopolista non è necessaria la regolamentazione pubblica. Discorso analogo vale per il caso di un mercato multiprodotto. Anche in tal caso il problema è quello di vedere se esiste un vettore di prezzi che “sostiene” il monopolio nat5 G.R. Faulkaber, 1975, “Cross Subsidisation: Pricing in Public Enterprises”, American Economic Review, n. 65, pp. 966-77. 25 urale. Prezzi sostenibili sono quelli che non incentivano l’entrata di imprese che utilizzano la medesima tecnologia del monopolista, e nello stesso tempo non permettono al monopolista di realizzare profitti superiori al normale.6 Le condizioni sufficienti a garantire la sostenibilità sono, nel caso di un mercato multiprodotto, notevolmente complesse e quindi è meno facile indicare i casi in cui l’intervento regolamentatore dello Stato non è necessario. Occorre tenere conto che le possibilità di entrata sono molto maggiori che nel caso di un’impresa monoprodotto. Un concorrente può o produrre l’intera gamma di prodotti o si può concentrare su un solo prodotto o può produrre un numero più limitato di prodotti. Inoltre un’impresa che entra nel mercato può produrre, in particolari mercati, una quantità maggiore di quella scelta dal monopolista. La determinazione di prezzi sostenibili nel caso del monopolio naturale multiprodotto è complicata dal fatto che i prodotti presenti nei vari mercati possono avere un certo grado di sostituibilità. In tal caso l’entrata di un’impresa in un qualsivoglia mercato, se l’elasticità incrociata fra i beni è positiva, influirà sull’intera struttura della domanda. Inoltre la convenienza all’entrata dipenderà dalle ipotesi che si possono fare sul comportamento del monopolista. L’entrata di una nuova impresa può rendere non profittevoli per il monopolista, in relazione alla quantità precedentemente prodotta o anche ad una quantità inferiore, i prezzi prevalenti in caso di monopolio. In questo caso l’entrata sarà instabile e la soluzione che prevarrà dipenderà dai comportamenti del monopolista e del concorrente. Baumol, Willig e Panzar (1982) mostrano che affinché esista un vettore dei prezzi sostenibili la funzione dei costi deve essere subadditiva. Ma questa condizione da sola non è sufficiente. Nel caso di un’impresa multiprodotto i prodotti possono essere fra loro interdipendenti sia per quanto riguarda il costo che la domanda. Giacché ogni prodotto ha un suo proprio prezzo, alcuni prodotti possono essere venduti al di sotto del costo marginale e altri al di sopra, per cui alcuni prodotti di un’impresa multiprodotto finanziano altri. Affinchè un vettore dei prezzi sia sostenibile non deve esistere questo tipo di finanziamento incrociato; nessun prezzo deve essere sussidiato. Un vettore dei prezzi è sostenibile se tutti i mercati sono in equilibrio, i ricavi relativi agli n prodotti sono eguali ai costi di produzione totali, nessun prezzo è sussidiato e un concorrente non ha alcun incentivo a produrre livelli produttivi, in ciascun mercato, inferiori 6 Per una discussione della teoria del monopolio naturale e della sua regolamentazione si veda W. W. Sharkey, 1982, The Theory of Natural Monopoly, Cambridge, University Press; R. Sherman, 1989, The Regulation of Monopoly,The Regulation of Monopoly, Cambridge, University Press 26 quelli prodotti dal monopolista naturale. Sia la funzione di costo del monopolista C(q) e la funzione di domanda Q(p) ove q e p sono rispettivamente vettori della produzione e dei prezzi. Diciamo che il vettore dei prezzi p è sostenibile se: 1. qi = Di (p) 2. pq = Pn ∀i = 1...n i=1 Pi qi = C(q) 3. pe q e < C(q e ) per tutti i pe ≤ p e q e ≤ Q(pe ), per i quali, allorché pei = pi , qie = 0, dove l’apice e indica il vettore dei prezzi e delle quantità offerte da un nuovo entrante. Baumol, Bailey e Willig (1977) dimostrano che i prezzi sostenibili sono anche prezzi ottimi di second best, cioè prezzi Ramsey. La principale conclusione che si può trarre dal risultato ottenuto da Baumol, Panzar e Willig è che, in particolari condizioni, la libertà di entrata può obbligare il monopolista naturale a scegliere prezzi socialmente desiderabili. Questo non significa che la condizione di libertà di entrata sia condizione sufficiente per eliminare l’attività di regolamentazione del monopolio naturale da parte dello Stato. Ad esempio, nel caso di costi fissi associati alle singole produzioni (invece di costi fissi comuni a tutte le produzioni) la regola dei prezzi Ramsey comporterà che una produzione molto anelastica dovrà sopportare una quota molto elevata di costi fissi, incentivando l’entrata di un concorrente che non deve rispettare la regola della massimizzazione del benessere collettivo. Quindi i prezzi Ramsey non saranno sostenibili. D’altronde in presenza di elevati costi irreversibili non sarà possibile seguire una politica di regolamentazione basata sulla concorrenza. In tal caso si affiderà ad una sola impresa il servizio e un’agenzia dovrà controllare i risultati. In assenza di concorrenza sarà difficile indurre un monopolista a seguire un comportamento che massimizzi il benessere della collettività. Non esiste dunque, da un punto di vista teorico, una politica ottimale nei confronti del monopolio naturale valida in tutte le circostanze. Sarà solo l’analisi del caso singolo che permetterà di valutare se è più opportuno promuovere una politica di liberalizzazione all’entrata, rischiando anche inefficienze derivanti da “fallimenti del mercato”, o attuare una politica di regolamentazione senza libertà di entrata, che può determinare altri tipi di inefficienze. 27