Mutazioni del gene HFE, emocromatosi e

Mutazioni del gene HFE, emocromatosi e possibili
marcatori per uno screening genetico
Giuseppe Menardi(1), Laura Perotti(1), Riccardo Balbo(1), Dario Marenchino(1),
Maristella Prucca(1), Aldo Manca(2), Gianmichele Peano(1)
(1)
Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale,
Divisione di Gastroenterologia,
ASO Santa Croce e Carle, Cuneo
(2)
Hereditary haemochromatosis (HH) is one of the
most common genetic disorders affecting the
populations of Northern European origin. The isolation
of HFE gene, with its mutations C282Y and H63D, allows
genetic diagnosis in a large number of cases. However,
different mutation frequencies have been reported in
HH patient populations from various geographic
regions. Objective of our study was to determine the
frequency of HFE gene mutations in patients with
haemochromatosis and in not affected people of Cuneo
Province. Our results demonstrate that within the
population of the Province of Cuneo genetic testing can
identify the majority of patients with HH and that H63D
mutation can be more important for the expression of
haemochromatosis than in other populations. We also
discusse the importance of HLA aplotype A3-B7 for
the selection of people to be subjected to genetic
screening for HH in the population of bone marrow
donors.
Parole chiave: emocromatosi, HFE , genetica di
popolazione.
Key words: haemochromatosis, HFE, population genetics.
Introduzione
L'emocromatosi è una degenerazione tessutale
multisistemica, dovuta ad un alterato metabolismo del ferro,
che si evidenzia in pazienti con età superiore a 45-50 anni
ed è causata dall'accumulo di una eccessiva quantità di Fe
nel parenchima di alcuni organi bersaglio, la cui struttura e
funzione vengono progressivamente compromesse. Ciò è
Ricevuto: 1 febbraio 2001 - Accettato: 7 marzo 2001
Corrispondenza:
Dott. Giuseppe Menardi
Via Santo Stefano, 13
12040 Morozzo (CN)
158
dovuto ad un aumentato assorbimento del Fe a livello
duodenale, che, in un individuo sano, risulta di 1-2 mg al
giorno e in caso di emocromatosi raggiunge valori di 3-4
mg al giorno1.
Il Fe in eccesso viene accumulato nel fegato ed in vari
altri organi. Quando esso supera il valore globale di circa
15 g, cominciano ad evidenziarsi i sintomi dovuti a danno
epatico, miocardiopatie, diabete, ipogonadismo. Se la
malattia non viene riconosciuta e curata, il paziente ha
un'aspettativa di vita ridotta e può andare incontro a morte
per cirrosi, carcinoma epatocellulare e miocardiopatie. Se
invece il paziente, al fine di ridurre i depositi di Fe in eccesso,
viene sottoposto a salassi periodici, si ritarda lo sviluppo
delle complicanze dell'emocromatosi e si consente di
ripristinare una normale aspettativa di vita.
La diagnosi di emocromatosi fatta in base alla
espressione fenotipica da accumulo di Fe è soggetta all'età
del paziente, ma può essere modificata da fattori non
genetici, quali tipo di dieta, donazioni di sangue,
mestruazioni, gravidanze e perdite ematiche patologiche.
Per questi motivi, l'emocromatosi ereditaria (HH) è una
patologia che viene significativamente sottostimata: le
popolazioni del Nord Europa2 mostrano il tasso più elevato
di HH, con 1 individuo affetto su 300.
Fino al 1996, il marker genetico maggiormente
conosciuto associato alla predisposizione all'emocromatosi
è stato l'allele HLA-A3 del maggior complesso di
istocompatibilità umano; nel 1996 è stato identificato3 un
gene, inizialmente chiamato HLA-H e successivamente
definito HFE dal Comitato Internazionale per la
nomenclatura dei fattori HLA4, le cui mutazioni sono la
causa dell'HH e rivestono importanti implicazioni per la
diagnosi dell'emocromatosi.
Il gene HFE è situato sul braccio corto del cromosoma
6, in posizione telomerica rispetto al Sistema HLA, a circa 4
LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 46 - num. 3 maggio-giugno 2001 (158-164)
Mutazioni HFE ed emocromatosi
Figura 1: molecola HLA di classe I e HFE con relative mutazioni C282Y e H63D
Proteina codificata dal gene HLA di classe I
Modello ipotetico di proteina codificata dal gene HFE basato
sulla analogia con la molecola HLA
Megabasi dal locus HLA-A: esso codifica per una proteina
simile alle molecole HLA di classe I. Questa molecola,
espressa a bassi livelli su tutte le cellule ed in maggior
concentrazione sugli epatociti e nelle cripte dell'intestino
tenue, riveste un ruolo importante nel reclutamento del Fe,
interagendo con il recettore della transferrina (TfR) e
modificando l'affinità del TfR per la transferrina5.
La molecola che viene codificata dal gene HFE è
composta da 343 amminoacidi ed è molto simile alla molecola
HLA di classe I: come essa possiede i domains α1 ed α2,
anche se non deve presentare l'antigene, ed il domain α3,
che, come nella molecola HLA, si lega alla β2-microglobulina,
formando una struttura stabile; inoltre, entrambe
possiedono una porzione transmembrana ed una
intracitoplasmatica (Figura 1).
Nel 1996 è stata individuata3 una prima mutazione del
gene HFE, denominata C282Y, dovuta alla sostituzione di
una guanina (G) con una adenina (A) in posizione 845 della
catena nucleotidica, con conseguente sostituzione di una
molecola di cisteina con una molecola di tirosina in posizione
282 della catena proteica HFE. Il residuo di cisteina in
posizione 282 è indispensabile per la formazione del ponte
disolfuro del loop α3 che permette il legame con la β2microglobulina. Senza questo legame, la molecola HFE non
è stabile e, quindi, non può essere espressa in superficie,
con la conseguenza che, mancando la regolazione negativa
sul TfR, si ha sovraccarico di Fe nel fegato ed in altri organi
e quindi emocromatosi5,6.
Successivamente, è stata individuata una seconda
mutazione del gene HFE3, denominata H63D, nella quale
una guanina (G) sostituisce una citosina (C) in posizione
187 della sequenza nucleotidica, con conseguente
sostituzione dell'amminoacido istidina con acido aspartico
in posizione 63 della catena proteica. Questa mutazione
non ha alcun effetto sul legame con la β2-microglobulina o
con l'espressione della proteina a livello della superficie
cellulare, ma interessa la parte della molecola equivalente
al pozzetto per la presentazione dell'antigene nella molecola
HLA (Figura 1), e determina una diminuita affinità della
transferrina per il TfR2,7, pur in modo meno marcato rispetto
alla mutazione C282Y.
Le due mutazioni, C282Y e H63D sono state riscontrate
raramente sullo stesso cromosoma38.
Recentemente, sono state individuate altre mutazioni
2,8-12
del gene HFE, di cui la S65C9, dovuta alla sostituzione
di una serina con una cisteina in posizione 65 della catena
proteica, localizzata sull'esone 2 in prossimità della
mutazione H63D, sembra essere una variante genetica che
aumenta il rischio di sviluppare forme lievi di HH in
associazione con C282Y o H63D.
La mutazione C282Y è prevalente nell'HH ma con
frequenze diverse da popolazione a popolazione: infatti si
riscontra nell'80-90% dei pazienti del Nord Europa13-15
mentre diminuisce a 64-76 % nei pazienti del Sud Europa16,17,
dove si osserva un aumento della frequenza di altre
mutazioni9 del gene HFE e di altri geni coinvolti
nell'emocromatosi, come il gene TFR2 sul cromosoma 7 nel
caso dell'HFE318 o il gene dell'emocromatosi giovanile sul
159
G Menardi et al.
cromosoma 1 nel caso dell'HFE219. Allo scopo di valutare
la distribuzione delle due mutazioni C282Y e H63D nella
Provincia di Cuneo e di individuare eventuali marcatori di
suscettibilità all'emocromatosi utili per selezionare soggetti
maggiormente a rischio di HH, ne abbiamo analizzato le
frequenze in associazione con gli alleli HLA di classe I in
una popolazione di pazienti con emocromatosi ed in due
gruppi di controllo costituiti, il primo da donatori di midollo
osseo reclutati al momento della iscrizione al Registro
Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR) ed il secondo
da donatori iscritti al Registro IBMDR risultati HLA A3B7; quest'ultimo gruppo è stato poi messo a confronto con
45 donatori di midollo osseo HLA A3-B7 negativi.
Materiali e metodi
Lo studio è stato eseguito su un gruppo di 70 pazienti
(46 maschi e 24 femmine, età media 56 anni) con diagnosi di
emocromatosi; su un gruppo di controllo costituito da 50
donatori di midollo osseo (22 maschi e 28 femmine, età
media 28 anni), non imparentati, scelti casualmente; su un
gruppo di 50 donatori di midollo osseo risultati HLA A3B7 positivi (25 maschi e 25 femmine, età media 30 anni) e su
un gruppo di 45 donatori HLA A3-B7 negativi (20 maschi e
25 femmine, età media 28 anni). La diagnosi di emocromatosi
è stata fatta in base alla presenza di almeno due dei seguenti
parametri: saturazione di transferrina maggiore di 60% nei
maschi e 50% nelle femmine, concentrazione di ferritina
sierica maggiore di 400 µg/L nei maschi e 300 µg/L nelle
femmine, concentrazione di Fe sierico maggiore di 20 µmol/L.
Su tutti i soggetti coinvolti nello studio, dopo estrazione
del DNA eseguita mediante le colonne QIAamp® Mini kit
(Qiagen, Milano), è stata effettuata la ricerca delle mutazioni
C282Y e H63D del gene HFE con il test di mutazione genica
dell'emocromatosi, Haemochromatosis Gene Mutation
Assay I e II (Vienna Lab, distribuito dalla ditta Nuclear
Laser Medicine, Settala, Milano); le sequenze del gene HFE,
marcate in posizione terminale con molecola reporter, sono
state amplificate ed i prodotti di amplificazione sono stati
ibridati a sonde oligonucleotidiche allele-specifiche (wildtype e mutanti); le sequenze normali e mutate sono state
discriminate mediante l'impiego di un anticorpo coniugato
a perossidasi di rafano e diretto contro la molecola reporter.
Tutti i donatori di midollo osseo e 52 pazienti sono stati
tipizzati per il Sistema HLA di classe I con tecnica
sierologica, mediante la classica metodica di
microlinfocitotossicità, utilizzando piastre del commercio
(Biotest, Trezzano sul Naviglio, Milano).
I calcoli statistici di confronto tra i vari gruppi studiati
sono stati eseguiti mediante il test χ-quadro in tavole 2x2
160
ed il valore p e stato espresso dopo correzione di Yates per
basso numero di campioni.
Risultati
Le frequenze percentuali delle due mutazioni nei quattro
gruppi sottoposti a studio sono rappresentate in figura 2.
La ricerca delle mutazioni C282Y e H63D del gene HFE nei
70 pazienti affetti da emocromatosi e nel gruppo di 50
donatori di midollo osseo di controllo, ha evidenziato che
l'88,6% dei pazienti ed il 36% del gruppo di controllo
presentano delle mutazioni del gene HFE (Figura 2a-2b).
Dei pazienti, il 37% risulta omozigote per la mutazione
C282Y ed il 16% eterozigote per entrambe le mutazioni
contro 2% e 0% nel gruppo di controllo.
Dall'analisi dei cromosomi coinvolti nell'HH, è risultato
che la mutazione C282Y interessa il 49% dei cromosomi
dei pazienti e l'8% dei cromosomi dei donatori di controllo
(p ≤ 0,00001).
La mutazione H63D è stata riscontrata nel 22% dei
cromosomi dei pazienti e nel 13% dei cromosomi del gruppo
di controllo (p non significativa). La mutazione H63D,
calcolata invece sui cromosomi coinvolti nell'HH non mutati
C282Y, rappresenta il 44% dei pazienti ed il 14% del gruppo
di controllo (p = 0,011)
L'analisi delle mutazioni del gene HFE in associazione
con gli alleli HLA di classe I ha messo in evidenza come
ben 10 di 11 pazienti con aplotipo HLA A3-B7 presentano
anche la mutazione C282Y.
Il gruppo di controllo composto da 50 donatori di
midollo osseo HLA A3-B7 ed inserito nello studio a causa
dell'associazione riscontrata nei nostri pazienti dell'aplotipo
HLA A3-B7 con la mutazione C282Y, ha dato i seguenti
risultati: il 42% di questi donatori possiede la mutazione
C282Y contro il 13% dei donatori non HLA A3-B7, p =
0,00028, ed il 61% dei pazienti, p non significativa (fig. 2c2d). Mentre nel gruppo dei donatori non HLA A3-B7 nessun
soggetto è risultato omozigote per la mutazione C282Y o
doppio eterozigote con H63D, nei donatori HLA A3-B7
queste due condizioni raggiungono la percentuale di 8%
(4% ognuna). La mutazione H63D interessa il 22% dei
donatori di entrambi i gruppi contro il 42% dei pazienti (p
non significativa). Le frequenze geniche dei singoli alleli
sono riportate nella tabella I.
Discussione
Lo studio dei risultati della tipizzazione molecolare del
gene HFE evidenzia come il gruppo dei pazienti affetti da
Mutazioni HFE ed emocromatosi
Figura 2: confronto delle mutazioni C282Y e H63D del gene HFE nei gruppi di pazienti e donatori cuneesi studiati
Figura 2a: distribuzione % delle mutazioni HFE nei donatori
Figura 2b: distribuzione % delle mutazioni HFE nei pazienti
Figura 2c: distribuzione % delle mutazioni HFE nei
donatori non HLA A3-B7
Figura 2d: distribuzione % delle mutazioni HFE nei
donatori HLA A3-B7
Tabella I: frequenze geniche degli alleli HFE nel gruppo
dei pazienti e nei gruppi di controllo
(0%), p = 0,0088, ed alle altre popolazioni studiate 25-34, nelle
quali si aggira attorno al 5%. Anche la mutazione H63D in
forma eterozigote, con una frequenza di 25,7% nei pazienti,
risulta più elevata rispetto alle altre popolazioni (Tabella II).
In complesso, nella popolazione dei pazienti con
emocromatosi della Provincia di Cuneo, pur essendo la
mutazione C282Y quella maggiormente coinvolta
nell'espressione dell'emocromatosi, sembra che anche la
mutazione H63D rivesta, rispetto alle altre popolazioni
studiate, un ruolo nel determinare questa patologia.
Il significato dell'allele H63D è ancora molto
controverso: alcuni degli studi pubblicati indicano che la
mutazione H63D da sola non è importante nell'espressione
di un fenotipo emocromatosico14,16, mentre altri Autori
hanno evidenziato che i soggetti con la mutazione H63D
omozigote o eterozigote presentano concentrazioni sieriche
di Fe e saturazione di transferrina significativamente più
elevate dei soggetti con genotipo normale2,25,26.
Il nostro studio è, quindi, un'ulteriore conferma di come
l'emocromatosi in Italia sia una patologia disomogenea, in
cui sono coinvolti diversi fattori genetici e acquisiti.
L'analisi dei dati cuneesi in rapporto a quelli pubblicati in
letteratura (Tabella III) mette in evidenza come, nei gruppi
di controllo rappresentativi della popolazione in generale,
le frequenze cuneesi delle singole mutazioni non si
discostino significativamente da quelle delle altre
Allele
Pazienti
Donatori
Donatori
HLA A3-B7
282C
282Y
63H
63D
0,298
0,288
0,530
0,117
0,717
0,041
0,639
0,067
0,520
0,123
0,668
0,057
La frequenza genica è stata calcolata secondo l’equazione:
p= 1- √1-f, dove p= frequenza genica ed f= frequenza allelica.
HH in Provincia di Cuneo (Figura 2b), pur raggiungendo
valori complessivi di mutazioni paragonabili a quelli
riscontrati in altre popolazioni (88,6% dei pazienti cuneesi
presenta almeno una delle due mutazioni), manifesti una
distribuzione percentuale delle singole mutazioni
significativamente diversa da quella riscontrata nelle altre
popolazioni studiate, anche italiane.
Infatti, la frequenza in forma omozigote della mutazione
C282Y (37,1%) nei pazienti cuneesi affetti da emocromatosi
risulta significativamente più bassa rispetto alle popolazioni
del Nord Europa13,15,20 (91%), della Francia del Sud17 (68%),
della penisola iberica21,22 (58%) e del Nord Italia23 ( 64%).
Contemporaneamente, nel gruppo dei pazienti, la
percentuale di eterozigoti per entrambe le mutazioni (15,7%)
risulta molto più elevata rispetto ai donatori di controllo
161
G Menardi et al.
Tabella II: frequenze genotipiche percentuali delle mutazioni C282Y e H63D del gene HFE nei pazienti cuneesi
confrontate con le frequenze dei pazienti di altre popolazioni
Genotipo
C282Y
H63D
+/+
-/+/+/-/-/-
-/+/+
+/-/+/-/-
Cuneo
Italia
Nord
Italia
Sud
Francia
Nord
Francia
Sud
Penisola
Iberica
Germania
Europa
Nord
USA
37,1
1,4
15,7
8,6
25,7
11,4
63,8
1,6
5,3
5,8
8,5
13,8
6
11,8
17,6
0
17,6
47
81
1,2
5,5
4
3,4
4,5
68
2
4
4
8
9
58,2
10,4
4,5
4,5
9
13,4
90
0
4
0
5
2
91,4
1,3
2
1,3
0,4
3
78,4
1,5
5
3,5
4,3
7,3
Riferimenti Bibliografici: Italia Nord23,28, Italia Sud24, Francia Nord9,14,26, Francia Sud17, Penisola Iberica21,22, Germania34, Europa
Nord13,15,20,31,32, USA1,27,29,33
Tabella III:frequenze genotipiche percentuali delle mutazioni C282Y e H63D del gene HFE nella popolazione cuneese
confrontate con le frequenze di altre popolazioni
Genotipo
C282Y
H63D
+/+
-/+/+/-/-/-
-/+/+
+/-/+/-/-
Cuneo
2
4
0
12
18
64
Italia
Nord
Italia
Sud
Francia
Nord
Penisola
Iberica
Europa
Nord
Germania
2,1*
0
2,8
0
0
11,1
86,1
0,5
0,7
2,2
12,2
24,4
60
0
7
0
5,6
31
56,3
1,2
1,5
2,5
14,8
22,8
57,2
0
2
2
3
19
74
C
USA
I
A
1
4
0
8
24
63
0
1
1
3
15
80
0
0
0
2
3,5
94,5
C = Caucasici, I = Ispanici, A = Neri di origine africana
*Frequenza espressa sul numero di cromosomi
Riferimenti Bibliografici: Italia Nord23,28, Italia Sud24, Francia Nord9,14,26, Francia Sud17, Penisola Iberica21,22, Germania34, Europa Nord13,15,20,31,32,
USA1,27,29,33
popolazioni caucasiche studiate, mentre nei pazienti assuma
importanza la mutazione H63D, soprattutto nella forma
eterozigote in combinazione con la mutazione C282Y: 15,7%
verso un valore medio di 5% delle altre popolazioni
caucasiche (Tabella II).
Solo ulteriori studi, comprendenti la tipizzazione delle
altre mutazioni del gene HFE recentemente individuate,
potranno fare chiarezza su quanto influisca la mutazione
H63D da sola od in concomitanza con altri fattori genetici
e acquisiti nel causare un fenotipo emocromatosico.
A questo proposito, l'analisi delle frequenze alleliche
HLA nei pazienti, pur non aggiungendo nulla a quanto
indicato dalle mutazioni del gene HFE per quanto riguarda
la diagnosi di emocromatosi, mette in evidenza come la
maggior parte (91%) dei pazienti HLA A3-B7 risulti essere
in possesso della mutazione C282Y.
Lo studio delle mutazioni del gene HFE nei donatori di
midollo osseo HLA A3-B7 (Figura 2d) evidenzia un aumento
percentuale altamente significativo della mutazione C282Y
(42%), all'interno di questo gruppo rispetto a quello (Figura
2c) dei donatori non A3-B7 (13,3%, p = 0,00028) e
paragonabile con i pazienti, mentre si registra una mancanza
di correlazione con la mutazione H63D (22% sia nei donatori
HLA A3-B7 che nei donatori non HLA A3-B7).
È degno di nota il fatto che nel gruppo di donatori
162
negativi per HLA A3-B7 (Figura 2c) nessuno risulti
omozigote C282Y o doppio eterozigote con H63D a
differenza di quanto si riscontra nel gruppo dei pazienti e
dei donatori HLA A3-B7 positivi (Figura 2b-2d).
In conclusione, le mutazioni C282Y e H63D del gene
HFE dell'emocromatosi risultano importanti nel determinare
lo stato del metabolismo del ferro negli individui di origine
europea. Questo vale anche per la popolazione cuneese da
noi studiata, soprattutto quando la mutazione C282Y si
presenta in forma omozigote o in eterozigosi con la
mutazione H63D. Quest'ultima mutazione sembra però
ricoprire una importanza maggiore nel causare un fenotipo
emocromatosico rispetto a quanto evidenziato in altre
popolazioni studiate.
Per un programma di screening genetico nella
popolazione, oltre allo studio della saturazione della
transferrina, il fenotipo HLA A3-B7 può risultare un
marcatore utilizzabile nella popolazione dei donatori di
midollo osseo già tipizzati per HLA, per individuare soggetti
portatori della mutazione C282Y e quindi maggiormente a
rischio di esprimere il fenotipo emocromatosico.
Un normale programma di donazioni periodiche di
sangue intero35-37 potrebbe permettere ai soggetti risultati
in possesso della mutazione C282Y di non accumulare Fe
nei tessuti e di evitare i danni da emocromatosi,
consentendo loro una normale prospettiva di vita.
Mutazioni HFE ed emocromatosi
Riassunto
L'emocromatosi ereditaria (HH) è una delle patologie
ereditarie più frequenti nella popolazione nord europea.
L'isolamento del gene HFE e delle mutazioni C282Y e H63D
permettono la diagnosi di HH nella maggior parte dei casi.
Comunque, la frequenza delle singole mutazioni del gene HFE
varia a seconda della provenienza geografica dei pazienti. In
questo studio presentiamo le frequenze delle mutazioni
riscontrate nei pazienti e nella popolazione di donatori della
Provincia di Cuneo. I risultati ottenuti confermano che i test
genetici delle due mutazioni del gene HFE permettono di
identificare la maggior parte dei pazienti con HH e che nella
popolazione cuneese la mutazione H63D sembra rivestire
maggior importanza rispetto ad altre popolazioni studiate
per l'espressione dell'emocromatosi. Discutiamo, inoltre,
l'importanza dell'aplotipo HLA A3-B7 nella popolazione dei
donatori di midollo osseo per selezionare individui su cui
effettuare lo screening genetico per HH.
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano i componenti del Gruppo Cuneese
di Studio per le Malattie del Fegato, di cui fanno parte la
Divisione di Gastroenterologia dell'Ospedale di Cuneo e le
Divisioni di Medicina degli Ospedali di Alba, Bra, Mondovì
e Savigliano, per la collaborazione nel fornire dati clinici e
campioni dei pazienti.
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