Il ruolo del laboratorio nella diagnosi del diabete mellito Anna Maria Eleuteri Diabete mellito: definizione Un gruppo di disordini metabolici causati da deficit effettivo di insulina a livello tissutale. La malattia può presentarsi in forme asintomatiche oppure in forme via via più gravi fino al coma. Metabolismo del glucosio Apporto con l’alimentazione GLUCOSIO Assorbimento Deposito/ Biosintesi di altri composti Glicogeno Aminoacidi Acidi grassi Acidi nucleici Ossidazione Produzione di energia Controllo dell’omeostasi glicemica • • • • • • Ormoni ipoglicemizzanti Ormoni iperglicemizzanti Insulina Glucagone Incremento dell’ingresso del glucosio nella cellula (cellule muscolari striate, cellule adipose) Incremento dell’utilizzazione del glucosio (conversione a trigliceridi, sintesi di acidi nucleici) Aumento della glicogenosintesi Aumento della sintesi proteica Inibizione della glicogenolisi e lipolisi Inibizione della gluconeogenesi e della chetogenesi • Stimolazione della glicogenolisi e della gluconeogenesi Ormone della crescita • Inibizione della assunzione di glucosio da parte della cellula • Inibizione della sintesi di acidi grassi • Aumento della lipolisi Glucocorticoidi • Aumento della gluconeogenesi • Inibizione della sintesi proteica • Aumento della lipolisi Adrenalina • Inibizione della assunzione di glucosio da parte della cellula •Incremento della glicogenolisi •Diminuzione del rilascio di insulina Classificazione del diabete mellito I. Diabete di tipo 1 (caratterizzato da distruzione delle β-cellule, solitamente comportante un deficit assoluto di insulina). Frequenza: <10%. A. Immuno-mediato B. Idiopatico II. Diabete di tipo 2 (può variare da predominantemente insulino-resistente e relativamente insulino-deficente, a predominantemente insulino-deficente e relativamente poco insulino-resistente) Frequenza: 80%. III. Altri tipi specifici A. Difetti genetici della funzionalità β-cellulare [compreso il Maturity Onset Diabetes of the Young (MODY)] B. Difetti genetici dell’azione insulinica C. Malattie del pancreas esocrino D. Endocrinopatie E. Malattie indotte da farmaci o sostanze chimiche F. Infezioni G. Rare forme di diabete immuno-mediato H. Altre sindromi genetiche a volte associate al diabete IV. Diabete mellito gestazionale Categorie non diabetiche di disordini del controllo glicometabolico I. Alterata glicemia a digiuno (IFG) II. Alterata tolleranza glucidica (IGT) Eziopatogenesi del diabete mellito di tipo 1 (DM1) PREDISPOSIZIONE GENETICA Geni HLA-associati ed altri loci genici INSULTO AMBIENTALE Risposta immunitaria contro le cellule β normali E/O Risposta immunitaria contro le cellule β alterate ATTACCO AUTOIMMUNITARIO Distruzione delle cellule β DIABETE DI TIPO I Infezione virale Parotite, rosolia, mononucleosi, morbillo, citomegalovirus E/O Danno alle cellule β Eziopatogenesi del diabete mellito di tipo 2 (DM2) PREDISPOSIZIONE GENETICA AMBIENTE Difetti genetici multipli Obesità DIFETTO PRIMARIO DELLE CELLULE BETA INSULINO-RESISTENZA NEI TESSUTI PERIFERICI Incontrollata secrezione di insulina (all’inizio poi inadeguata) Inadeguato utilizzo di glucosio Iperglicemia Esaurimento delle cellule β DIABETE DI TIPO II Diabete mellito gestazionale - Intolleranza ai carboidrati, di variabile grado e severità con inizio o primo riscontro durante la gravidanza. - Stima della prevalenza del GDM in Italia intorno al 6%. Complicanze del diabete mellito e rischi associati al diabete mellito Diabete mellito rischio rispetto ai non diabetici Cecità 20 volte Insufficienza renale 25 volte Amputazione 40 volte Infarto del miocardio Infarto miocardico 2 – 5 volte Ictus Ictus 2 – 4 volte Nefropatia Neuropatia Retinopatia Microangiopatia Aterosclerosi Diagnosi di Diabete mellito Sintomatologia tipica del DM: Poliuria Polidipsia Iperfagia Calo ponderale Altri sintomi che accompagnano l’iperglicemia sono: suscettibilità a certi tipi di infezioni diminuzione della crescita vista offuscata Diagnosi di Diabete mellito Stati pre-diabetici: criteri diagnostici. Intolleranza glucidica (IGT) Glicemia post-carico a 2 ore ≥ 140 mg/dl (7.8 mmol/l) e < 200 mg/dl (11.1 mmol/l) oppure glicemia post-carico a 2 ore da 140 mg/dl (7.8 mmol/l) a 199 mg/dl (11.0 mmol/l) Iperglicemia a digiuno (IFG) Glicemia a digiuno ≥ 100 mg/dl (5.6 mmol/l) e < 126 mg/dl (7.0 mmol/l) oppure glicemia a digiuno da 100 mg/dl (5.6 mmol/l) a 125 mg/dl (6.9 mmol/l) Diabete mellito: criteri diagnostici 1. Sintomi di diabete e riscontro di glicemia casuale ≥ 200 mg/dl (11.1 mmol/l). 2. Glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl (7.0 mmol/l). 3. Glicemia plasmatica a 2 ore dal carico ≥ 200 mg/dl (11.1 mmol/l) nel corso di un test da carico. Diagnosi di diabete mellito gestazionale Strategie proposte per la diagnosi delle condizioni di iperglicemia in gravidanza • Prima Visita in Gravidanza Valutare FPG o RPG in tutte le donne Se i risultati indicano un diabete manifesto: Trattamento e follow-up come per diabete pre-gestazionale Se i risultati non indicano un diabete manifesto, ma: - FPG ≥ 92 e <126 mg/dl: diagnosi di diabete gestazionale -FPG < 92 mg/dl: eseguire OGTT tra 24ma-28ma settimana • 24ma – 28ma settimana di Gestazione OGTT 2 ore 50 g: In tutte le donne non precedentemente diagnosticate come GDM o diabete manifesto nel corso dell’attuale gravidanza. - GDM se 1 o più valori superano la soglia diagnostica - Normale se tutti i valori dell’OGTT sono inferiori alla soglia diagnostica Screening di Diabete mellito Popolazione a rischio di sviluppare precocemente stati prediabetici o diabete mellito conclamato. Obesi (≥ 120% del peso corporeo desiderabile o con un indice di massa corporea (BMI) ≥ 25 kg/m2 per la Società Italiana di Diabetologia; BMI ≥ 27 kg/m2 per l’American Diabetes Association. Parenti di primo grado di un paziente diabetico. Appartenenti a gruppi etnici ad alto rischio (afroamericani, ispanici, nativi d’America, americani di origine asiatica, abitanti delle isole del Pacifico). Madri di neonati macrosomici (peso alla nascita > 4 kg) o gravide con diagnosi di diabete gestazionale. Ipertesi (pressione arteriosa ≥ 140/90 mmHg). Dislipidemici (valori di colesterolo HDL ≤ 35 mg/dl e/o livelli di trigliceridi ≥ 250 mg/dl). Riscontro a un precedente test diagnostico di uno stato prediabetico (intolleranza glucidica o iperglicemia a digiuno). Portatori di altre condizioni cliniche associate a insulino-resistenza. Glicemia - punti di attenzione Digiuno overnight (da almeno 8 ore, massimo 16 ore) Separare il plasma entro 60 min; altrimenti usare NaF per inibire la glicolisi (10 mg/dL/ora) Plasma: campione raccomandato per la diagnosi Differenze tra plasma, sangue intero, sangue capillare Interferenze da acido urico, bilirubina, acido ascorbico (Trinder) Glicemia – metodi più utilizzati - Glucosio ossidasi/perossidasi/Trinder - Esochinasi/glucosio-6-fosfato deidrogenasi Forniscono valori sostanzialmente sovrapponibili nell’intervallo di valori di concentrazione compreso tra 54 e 214 mg/dL. Glicemia – metodi più utilizzati - Glucosio ossidasi/perossidasi/Trinder Glucosio + O2 GOD Acido gluconico + H2O2 2 H2O2 + 4-Aminoantipirina + Fenolo Reazione di Trinder POD Chinoneimina + 4 H2O Glicemia – metodi più utilizzati Esochinasi/glucosio-6-fosfato deidrogenasi 1. Glucosio + ATP ——Esochinasi——> G-6-P + ADP 2. G-6-P + NAD+ —G-6-PDH—> 6-PG + NADH + H+ 1. L’esochinasi catalizza la fosforilazione del glucosio da parte dell’ATP producendo ADP e glucosio-6-fosfato. 2. Il glucosio-6-fosfato viene ossidato in 6-fosfogluconato con la riduzione di NAD+ in NADH da parte di G-6-PDH. La quantità di NADH formata è proporzionale alla concentrazione di glucosio nel campione e può essere misurata mediante l’aumento dell’assorbanza a 340 nm. Test ottico di Warburg: spettri di assorbimento di soluzioni 0.1 nM rispettivamente di NAD, NADP (---) e NADH2, NADPH2 (__). A 340 nm si ha il max di assorbimento dei coenzimi ridotti. Requisiti di qualità per la misura del glucosio plasmatico Metodi per la determinazione del glucosio mostrano bassa imprecisione a valori di concentrazione pari a 126 e 200 mg/dL, ma la relativamente alta variabilità biologica (CV: 5-7%) può produrre errori di classificazione. Tenendo conto della variabilità biologica le determinazioni del glucosio dovrebbero avere una imprecisione non superiore al 3.3%, un errore del 2,5% ed un errore totale analitico accettabile non superiore al 7.9%. Oral glucose tolerance test (OGTT) Considerazioni di tipo pre-analitico: (a) il paziente deve assumere una dieta regolare di 100-150 g di carboidrati al giorno per almeno tre giorni prima del test; (b) deve essere generalmente in buona salute (un raffreddore non è una controindicazione ma un’influenza con vomito sì); (c) non deve essere stato ospedalizzato recentemente; (d) non deve essere stato posto in regime di attività fisica limitata, appositamente prima del test. Efficacia dubbia dell’OGTT: scarsa riproducibilità. Nella nuova classificazione l’OGTT ha un ruolo di minore importanza rispetto alla misura della glicemia (più facilmente standardizzabile ed economica). Emoglobina glicosilata - Luglio 2009: un Comitato di Esperti nominati dall’American Diabetes Association (ADA), dalla European Association for the Study of Diabetes (EASD) e dall’International Diabetes Federation (IDF) ha suggerito che l’HbA1c è più affidabile della glicemia per la diagnosi di diabete a condizione che: - la misurazione sia eseguita con un metodo allineato con lo standard DCCT(Diabetes Control Complication Trial)/UKPDS (United Kingdom Prospective Diabetes Study); - non sussistano condizioni che ostacolano l’interpretazione del valore di HbA1c misurato. Emoglobina glicosilata - HbA1c è un parametro più affidabile rispetto alla glicemia nella diagnosi di diabete: - ha una migliore standardizzazione (se allineata al sistema IFCC e, di riflesso, al sistema DCCT/UKPDS); - è espressione della glicemia media di un lungo periodo e non di un singolo momento; - ha una minore variabilità biologica; - ha una minore instabilità pre-analitica; -non ha necessità di un prelievo dopo 8 ore di digiuno; - non soffre di alcuna influenza da parte di perturbazioni acute (es. stress da prelievo); - è lo stesso parametro usato per il monitoraggio clinico del diabete. Emoglobina glicosilata - Principio: in un ambiente contenente glucosio, questo si lega stabilmente alle proteine, che risultano “glicate”. - L’entità della glicazione è proporzionale all’integrale della concentrazione di glucosio per il tempo di contatto - La glicazione è un processo lento: l’entità è limitata dalla vita media della proteina - La misura dell'emoglobina glicata (HbA1c) è molto utilizzata in pazienti diabetici soprattutto al fine di monitorare il controllo glicometabolico a medio-lungo termine (gold standard). Hb glicata: reazione di glicazione reversibile irreversibile veloce lenta HbA1c labile HbA1c stabile Reazione non enzimatica di condensazione tra il gruppo aldeidico del glucosio e il gruppo amminico N-terminale delle catene della Hb. Emoglobina glicosilata -Globuli rossi liberamente permeabili al glucosio. -L’entità della formazione della HbA1c è direttamente proporzionale alla concentrazione di glucosio alla quale i globuli rossi sono esposti durante tutta la loro permanenza in circolo. - La sua eliminazione avviene con la degradazione dei globuli rossi. - Vita media degli eritrociti circa 120 giorni. - HbA1c riflette pertanto la concentrazione prevalente della glicemia nei 2-3 mesi precedenti. Hb glicata: limiti di riferimento e livelli decisionali HbA1c : HbA1c (%) HbA1c (mmol/mol) - Limite decisionale (obiettivo terapia): <7% 4,0 20 - Limite decisionale per rivalutazione terapia: 5,0 31 >8%. 6,0 42 6,5 48 7,0 53 7,5 59 8,0 64 9,0 75 10,0 86 - Limiti di riferimento: 4-6% I risultati di HbA1c tracciabili al metodo di riferimento IFCC saranno espressi in mmol di emoglobina glicata per mole di emoglobina totale (mmol/mol). Questo renderà più confrontabili i risultati ottenuti nei laboratori in Italia e nel mondo Hb A1c: aspetti metodologici Esistono oggi più di 70 metodiche per determinare la concentrazione della HbA1c basate su: A. La differenza di carica elettrica tra HbA1c ed HbA (minicolonne, HPLC, isoelettrofocalizzazione ed elettroforesi) B. La natura di determinanti antigenici dei primi 8 residui aminoacidici della catena β (immunochimica) C. La presenza di glucosio legato covalentemente all’emoglobina (cromatografia di affinità). Hb A1c: variabili preanalitiche Fattori legati al soggetto Età (+0,1% ogni decade dopo i 30 anni) Fenotipo glicatore veloce o lento (2-3%) Possibili variazioni stagionali Modificata vita media eritrocitaria (emolisi intra- ed extravascolare Hb A1c) Assunzione di vitamina C Hb A1c Anemia sideropenica Hb A1c Ipertrigliceridemia, iperbilirubinemia, assunzione cronica di salicilato, dipendenza da oppiacei Hb A1c Condizione uremica (+0,066% per ogni incremento di 1 mmol/L di urea, per formazione di emoglobina carbamilata) Presenza di varianti emoglobiniche Presenza di emoglobina fetale (portatori di certi tipi di βtalassemia, persistenza ereditaria di emoglobina fetale) e di quote elevate di frazione labile (base di Schiff) Emoglobine anomale Le tecniche HPLC a scambio ionico sono generalmente in grado di verificare la presenza di emoglobine anomale; non è noto se e come la velocità di glicazione della emoglobina sia modificata nelle emoglobine patologiche. La cromatografia di affinità misura la glicazione anche delle emoglobine anomale, mentre i metodi immunologici solo in alcuni casi. In tutte le condizioni in cui esistono ragioni biologiche (es. anemia emolitica) od analitiche (es. presenza di varianti emoglobiniche) che rendono inaffidabile la misura della HbA1c è possibile ricorrere all’automonitoraggio o alla determinazione della fruttosamina o, meglio, dell'albumina glicata. Hb A1c: variabili preanalitiche Raccolta e conservazione dei campioni Prelievo venoso o capillare in EDTA; Sangue intero stabile 5 giorni a 4°C e 6 mesi a -80°C; Congelamento rapido e scongelamento lento (1 h a T ambiente) Traguardi analitici Studio DCCT Diabetes Control and Complication Trial Maggiori risultati: • La glicoemoglobina è un indicatore di rischio per lo sviluppo di complicanze nel diabetico • La gravità delle complicanze è correlata con il valore della glicoemoglobina • Il “trattamento intensivo” rallenta lo sviluppo e/o la progressione delle complicanze a lungo termine Lowering HbA1c reduces the risk of complications (UKPDS) 21% Deaths related to diabetes 37% Microvascular complications 14% Myocardial infarction HbA1c 1% Stratton IM et al. BMJ 2000; 321:405–12 Altri esami: marcatori di autoimmunità Nella maggior parte dei casi di diabete di tipo 1 la distruzione delle cellule del pancreas è mediata da cellule T. Tali forme di diabete appartengono alla categoria 1A (anche denominata IMD, diabete immuno-mediato). Nell’85-90% degli individui con IMD alla prima osservazione è possibile dimostrare la presenza di marcatori di autoimmunità (vedi tabella seguente). Una parte minore dei diabetici di tipo 1 (tipo 1B, idiopatico) sono di eziologia ignota e non hanno evidenza di autoimmunità. Circa il 10-15 % degli adulti con diabete di tipo 2 sono positivi per marcatori di autoimmunità, in particolare GADA. 33 Altri esami: marcatori di autoimmunità Auto-anticorpo Anti-citoplasma delle cellule insulari (ICA) Anti-glutammato decarbossilasi (GADA) Anti-antigeni associati all’insulinoma (IA-2A e IA2bA) Anti-insulina (IAA) Frequenza (diabete tipo 1) 70 – 80 % 70 – 80 % ~ 60 % adulti: < 10% bambini: ~ 50% Microalbuminuria La misurazione della albuminuria è un sensibile indicatore di danno glomerulare Infatti solo una piccolissima percentuale di albumina (circa 0,004%, pari a 1.3 g/die) oltrepassa il filtro glomerulare. Di questi 1,3 g/die ~15 mg/die (~1%) vengono eliminati con le urine, il rimanente viene catabolizzato dalle cellule del tubulo Microalbuminuria e rischio di nefropatia diabetica 80% dei diabetici di tipo 1 (20 – 40% tipo 2) con (micro)albuminuria sviluppa proteinuria entro 10 – 15 anni La “microalbuminuria” diabetica si accompagna all’instaurarsi di microangiopatia ancora reversibile. Oltre 200 mg/L si sviluppa microangiopatia (anche renale) non più reversibile.