15 artIColI Transfusion Medicine Network 2014;1:15-16 (Pubblicato febbraio 2014) Come gestire una situazione di apparente panreattività anticorpale Giorgio Assali Biologo, Specialista in Patologia Generale Domande e commenti? Clicca QUI IntroDUzIone Una delle maggiori difficoltà nella diagnostica immunoematologica si concretizza nelle situazioni di panreattività dove un alloanticorpo risulta reattivo con tutte le emazie testo di differenti pannelli commerciali per l’identificazione ma non é autoreattivo con le emazie del paziente. Ovviamente si tratta di situazioni infrequenti, ma potenzialmente in grado di determinare una situazione di impotenza operativa nei servizi trasfusionali che non dispongano di mezzi di indagine ed esperienza adeguate. In questo breve editoriale discuteremo un percorso razionale dell’indagine diagnostica per definire correttamente il problema indicando gli elementi di valutazione utili che, se anche non dovessero conseguire un risultato conclusivo, sono comunque necessari per semplificare il lavoro di un Servizio Trasfusionale di Riferimento per l’identificazione della specificità anticorpale. operazIonI prelImInarI Il primo accertamento da eseguire è quello di escludere una pseudo-panreattività correlata alla metodologia di indagine utilizzata che può essere determinata per esempio da anticorpi specifici per componenti dei potenziatori di reazione utilizzati, componenti dei liquidi di sospensione delle emazie testo, componenti del mezzo tecnico utilizzato, oppure da alterazioni delle emazie o degli stromi eritrocitari testo indotte dai procedimenti industriali di produzione e conservazione. Il modo più semplice è quello di eseguire non solo un test di Coombs diretto (TAD) sulle emazie del paziente, ma anche un auto-test col plasma o siero autologo contro le emazie del paziente con TAD negativo, riproducendo esattamente le stesse condizioni operative utilizzate nella ricerca degli anticorpi irregolari cioè: emazie autologhe risospese nel liquido conservativo delle emazie testo, medesimi potenziatori di reazione precedentemente utilizzati, medesima tecnica di indagine e, per la fase solida, medesimo trattamento di produzione degli stromi eritrocitari autologhi adesi alle pareti del pozzetto. La positività dell’autotest, rispetto al TAD negativo, accrediterà una delle cause sopradescritte che potrà essere confermata dal mancato rilievo del presunto anticorpo Transfusion Medicine Network 2014;1 panreattivo utilizzando delle procedure di indagine alternative, e dai test-cross negativi con le emazie fresche di donatori se eseguiti con una tecnica di indagine alternativa a quella che ha generato il problema. Il secondo accertamento da eseguire è quello di escludere in un paziente non recentemente trasfuso la possibilità di un autoanticorpo che simula la reattività di un alloanticorpo panreattivo per una marcata riduzione dell’espressione antigenica bersaglio sulle emazie autologhe. In alcuni casi può non essere sufficiente un semplice TAD ma può essere necessario eseguire un’eluizione dell’anticorpo dalle emazie del paziente anche se il TAD risulta apparentemente negativo. L’eventuale rilievo dell’anticorpo panreattivo nell’eluato dalle emazie autologhe, pur con un TAD negativo, indicherà la sua natura autoimmune. Il terzo accertamento da eseguire è quello di escludere una miscela di alloanticorpi (identificabili sui pannelli con tecniche di adsorbimento/eluizione selettive, neutralizzazione con antigeni idrosolubili, o distruzione/potenziamento con enzimi) che complessivamente risulti panreattiva. Il modo più semplice è quello di eseguire una tipizzazione antigenica delle emazie autologhe estesa a tutti i sistemi antigenici indicati sul pannello per stabilire quali alloanticorpi potrebbe aver prodotto il paziente verificando se complessivamente possono determinare la panreattività osservata. Nella tipizzazione antigenica estesa del paziente è necessario evidenziare l’eventuale assenza di antigeni attesi come per esempio dei fenotipi S-s-, D--, K-k- ecc. o l’eventuale anormale indebolimento dell’espressione di un antigene espresso sulle emazie, per esempio DccE con “e” indebolito rispetto al controllo E/e, oppure K+ debole k+ debole rispetto al controllo con emazie eterozigoti Kk, ecc., oppure dei risultati discordanti con sieri diagnostici di origine diversa specifici per lo stesso antigene, per esempio D+ con un anti-D policlonale ma D negativo con un anti-D monoclonale, perché queste sono delle informazioni fondamentali nell’orientamento dell’indagine. La dimostrazione definitiva che non si tratta di una miscela di alloanticorpi identificabili con i pannelli commerciali può essere ottenuta confermando la reattività del siero nei test-cross con le emazie di donatori antigenicamente identici, o compatibili, con la tipizzazione antigenica estesa del paziente. Stabilito che si tratta effettivamente di un alloanticorpo panreattivo, la possibilità di gestirlo correttamente dipende dalle risorse disponibili localmente. Non discuterò ovviamente su come articoli vada gestito in un “Centro di Riferimento” che disponga di ampie risorse strumentali e metodologiche, personale esperto, sieri rari per la tipizzazione degli antigeni ad alta frequenza del paziente, e rare emazie testo congelate prive di questi antigeni. Tuttavia, anche in una struttura trasfusionale di medie dimensioni con risorse materiali e umane limitate è possibile raggiungere degli ottimi risultati utilizzando test di semplice esecuzione, ma molto utili per ridurre le possibili specificità dell’anticorpo utilizzando il supporto di un software dedicato. Un primo semplice accertamento è quello di verificare se l’anticorpo è neutralizzabile con un pool di sieri neutri, oppure con dei concentrati piastrinici di un donatore ABO compatibile risultato reattivo. L’eventuale neutralizzazione offrirebbe un eccellente indizio utile per l’identificazione, la sua mancanza escluderebbe alcuni interi sistemi antigenici eritrocitari con numerosi alloanticorpi panreattivi. Se la neutralizzazione non avviene, operando nelle condizioni ottimali di temperatura per la reattività dell’anticorpo, si deve adsorbire il siero del paziente su un concentrato di emazie lavate di un donatore reattivo che sia antigenicamente compatibile con la tipizzazione estesa del paziente isolando: 1- nel sopranatante degli eventuali ulteriori alloanticorpi identificabili sui pannelli che erano precedentemente mascherati nel siero intero dalla reattività dell’anticorpo panrettivo. 2- nell’eluato dalle emazie adsorbenti l’alloanticorpo panreattivo isolato per testarlo contro nuove emazie del donatore reattivo utilizzato per l’adsorbimento dopo averle suddivise in piccole aliquote singolarmente pretrattate con enzimi, o con reattivi chimici, per esaminarne per confronto la reattività con il controllo positivo (siero del paziente contro le medesime emazie non pretrattate del donatore 16 reattivo), e con il controllo negativo (siero del paziente contro le emazie del paziente stesso dopo averle analogamente pretrattate con lo stesso enzima o reattivo chimico). Operando in questo modo, tutto ciò che serve strumentalmente è una bilancia di precisione, un misuratore del pH, e la normale vetreria di laboratorio che, se non è più disponibile nel centro trasfusionale, è normalmente reperibile nel laboratorio di chimica clinica. Quanto ai reattivi necessari per il pretrattamento delle emazie, occorre: acqua distillata, soluzione isotonica tamponata facilmente producibile con H2O, NaCl, KH2PO4 e Na2HPO4, ficina o papaina, tripsina, alfa-chimotripsina, pronasi, aminoetilsodiouroniobromide (AET) oppure ditiotreitolo (DTT), ed EDTA glicina acida (quella che usate nell’eluizione acida commerciale) che sono facilmente reperibili presso un’azienda di prodotti chimici fornitrice del laboratorio di chimica clinica (es. SIGMA, ADLER, ed altri), mentre le ricette per la preparazione delle emazie sono disponibili nel software dedicato. Ora non resta che rilevare il comportamento dell’anticorpo con le emazie variamente pretrattate registrando nel software l’incremento, riduzione/annullamento, o mancanza di variazioni della reattività con le emazie diversamente pretrattate tenendo come riferimento la reattività contro le emazie di controllo positivo e negativo dei diversi test. Inserire i risultati nel software che, dopo l’elaborazione dei dati disponibili (anche se parziali), indicherà le possibili specificità dell’anticorpo consentendovi di concludere l’indagine con pochi campioni di emazie rare per i test-cross conclusivi in dignitosa collaborazione con i Servizi di Riferimento che ne dispongano. Transfusion Medicine Network 2014;1