Sembrerà una domanda banale: perchè fare stretching? Perchè fa bene, perché migliora la performance, e poi lo si è sempre fatto, lo fanno i giocatori di calcio prima d’entrare in campo, lo fanno tutti gli altri sportivi prima e dopo l’allenamento, lo fai a pilates ed a yoga. Insomma val veramente la pena di perdere tempo nel domandarsi perchè facciamo stretching? SI Perché come in tutte le cose che diamo per scontate, che diventano una routine e banali, c’è un lato oscuro, un particolare che c’era sfuggito, PERCHE’ SAPERE PERCHE’ FACCIAMO LE COSE E’ SEMPRE MEGLIO CHE FARLE E BASTA E poi potremmo scoprire che forse non va sempre bene farlo, che forse non migliora sempre la performance, che forse non è quella panacea per tutti i mali come ci è sempre stato descritto. Non so perchè voi lo facciate, o non lo facciate, quello che so è che si dice che: 1) AIUTA A RECUPERARE PRIMA 2) PREVIENE GLI INFORTUNI 3) AUMENTA LA PERFORMANCE 4) MANTIENE E PRESERVA LA MOBILITA’ ARTICOLARE Premetto che per rispondere adeguatamente ad ogni punto faremo degli articoli specifici, ma intanto, in poche frasi vediamo di mettervi la pulce nell’orecchio. 1) Non sempre lo stretching aiuta il recupero, anzi facilmente può ostacolarlo. Durante un’attività fisica intensa il muscolo è sottoposto a tensioni e stiramenti, le contrazioni eccentriche sono le principali responsabili dello sfilacciamento del sarcolemma e del connettivo adiacente (endomisio, perimisio, epimisio). Durante lo stretching sottoponiamo il muscolo ad un ulteriore stiramento (eccentrico) che può causare ulteriori microdanni. In aggiunta l’allungamento causa vasocostrizione, impedendo l’afflusso di sangue ( e dei metaboliti-cataboliti) essenziale per un rapido recupero. Dall’altra un leggero stretching a fine seduta permette di creare un effetto A POMPA, il sangue si precipita nei tessuti appena smettiamo di stirarli. La lezione da portare a casa è che lo stretching dopo allenamenti intensi se viene fatto deve essere molto leggero, senza stirare eccessivamente i muscoli, pena compromettere un ottimale recupero. 2) Prendete il vostro gatto di casa e con un coltello recideteli i tendini, vedrete che il muscolo si accorcia. Il ventre muscolare a riposo è leggermente allungato (il muscolo si attacca al tendine, al periostio, all’osso) pertanto i fusi muscolari sono sempre leggermente attivavi, da qui nasce il tono basale, quella leggera tensione muscolare presente anche a riposo. Abbiamo principalmente due controllori del tono muscolare, i fusi che si attivano quando il muscolo viene stirato eccessivamente e fanno contrarre il muscolo, gli organi tendinei del Golgi che si attivano quando c’è troppa tensione muscolare e fanno rilasciare il muscolo. L’insieme di questi due propriocettori permettono di modulare le tensioni muscolari evitando d’infortunarci. Se prima di una attività di velocità e potenza ci sottoponiamo ad uno stretiching statico (per più di 4-6″), andiamo ad inibire la risposta fusale. La qualità della contrazione verrà alterata e con questo aumenterà la probabilità d’infortunarsi. Al contrario lo stretching dinamico non altera il tono fusale e quello balistico lo eccita. La lezione da portarsi a casa è che i differenti tipi di stretching (statico, dinamico, balistico) alterno l’attività propriocettiva del muscolo e con questo possono aumentare o diminuire la possibilità d’infortunio. 3) La forza muscolare è data dalla teste di miosina che si flettono e fanno scorrere i filamenti d’actina(contrazione muscolare descritta in due parole). A seconda della distanza tra miosina ed actina il sarcomero riesce a generare più o meno forza. In fisiologia si estrapola la seguente proporzione tra lunghezza muscolare e capacità d’esprimere forza: • 0 per valori a pari o inferiori a 50% della lunghezza a riposo • 20 per valori del 100% della lunghezza a riposo • 25 per valori del 120% della lunghezza a riposo • 10 per valori del 120-130% della lunghezza a riposo Da questo dato possiamo ricavare le seguenti considerazioni: sotto al 50% della lunghezza a riposo non possiamo contrarre il muscolo, se è leggermente allungato genera più forza (grazie alla risposta elastica ed ai fusi), se è eccessivamente allungato genera meno forza. Applicando i seguenti concetti allo stretching vediamo che allungamenti statici prolungati vanno ad abbassare il tasso di forza e la reattività del muscolo, peggiorando il rapporto stiffness/compliance (su questo importante punto faremo chiarezza in un altro articolo). La lezione da portarsi a casa è che lo stretching statico allontana i ponti actomiosinici peggiorando la capacità d’esprimere forza in brevi lassi di tempo. A livello prestazionale può essere utile solo se NON si possiedono ROM adeguati al proprio sport, in questo caso un aumento dell’estensibilità muscolare può potenziare il gesto target. 4) Questo punto è la vera ragione per cui fare stretching. Gli osteopati dicono: “arteria suprema”, i chiropratici “nervo supremo”. Un’articolazione che mantiene la sua mobilità mantiene una corretta irrorazione sanguigna e un giusto feedback propriocettivo. A livello salutistico è fondamentale preservare l’elasticità, la flessibilità muscolare e la mobilità articolare (sono 3 caratteristiche differenti). Muoversi idrata i tessuti, porta metaboliti ed elimina cataboliti, dove manca la mobilità abbiamo un rallentamento di questi processi metabolici. La lezione da portarsi a casa è che lo stretching aiuta a mantenere sane le articolazioni e previene l’invecchiamento tissutale.