Equilibrio, Efficienza e Benessere Enrico Marchetti Temi di microeconomia per l’insegnamento di Complementi di Economia Politica A.A. 2011-2012 Sapienza Università di Roma 1 Parte I: Efficienza paretiana 1 Agenti rappresentativi — un solo consumatore e una sola impresa In questa sezione illustreremo le caratteristiche di benessere dell’equilibrio in un singolo mercato1 . Consideriamo un mercato in concorrenza perfetta in cui viene scambiato il bene x. In primo luogo introduciamo il concetto di agente rappresentativo che ci consentirà di svolgere una prima analisi assai semplificata. Supponiamo quindi che sia consumatori che le imprese operanti in questo mercato siano molto simili tra loro, ciascuno nei due gruppi di agenti. I consumatori hanno dunque tutti dotazioni iniziali molto simili e preferenze analoghe, e le imprese operanti nel mercato hanno tutte accesso alla medesima tecnologia e fronteggiano prezzi per i fattori produttivi uguali ed esogeni per ogni produttore. Possiamo dunque sintetizzare il comportamento dei consumatori in quello di un unico soggetto: il consumatore rappresentativo, che esprime il comportamento medio/aggregato dei consumatori; analogamente, potremo considerare una singola impresa rappresentativa. 1.1 Allocazione di mercato in concorrenza perfetta Il consumatore rappresentativo ha la seguente funzione di utilità: U = u(x) + y dove y è una proxy per il consumo di tutti gli altri beni; in effetti si potrebbe pensare a y come l’ammontare di moneta che rimane al consumatore per acquistare gli altri beni dopo che egli ha effettuato la scelta ottimale di consumo del bene x. Questa forma della U è assai usata nell’analisi di equilibrio parziale, e prende il nome di utilità con separabilità lineare, o anche utilità quasi-lineare). La convenienza e la coerenza dell’adozione della U separabile lineare nell’analisi dell’equilibrio parziale deriva dal fatto che in questo contesto - concentrandoci cioè su un solo mercato - possiamo prendere per dati i prezzi e le quantità che si realizzano sugli altri mercati (cioè per gli altri beni). La funzione u ha le usuali proprietà: utilità marginale positiva (u0 > 0) e decrescente (u00 < 0). 1 Riprenderemo, adattandola ai nostri fini, la trattazione svolta in Varian (1992), cap. 13. 2 Il problema di scelta del consumatore, riguardo al solo bene x, è: maxU = u(x) + y x s.t. px + y = m dove m è il reddito monetario del consumatore e p il prezzo di x. Sostituendo il vincolo di bilancio nella funzione di utilità, il problema diventa: maxU = u(x) + m − px x la cui condizione di primo ordine è: u0 (x) = p (1) Questa equazione ci dà la funzione di domanda inversa del consumatore 2 . Dalla (1) possiamo ottenere la funzione di domanda del bene: x = D (p), con l’usuale proprietà: D0 (p) < 0 - cioè la domanda di mercato è decrescente. L’impresa rappresentativa ha una funzione di costo pari a c(x), anch’essa con le usuali ipotesi: c0 (x) > 0; c00 (x) > 0 — costi marginali positivi e crescenti3 . Data l’ipotesi di concorrenza perfetta, il comportamento dell’impresa è descritto dal seguente problema di massimizzazione del profitto: maxΠ = px − c(x) x La condizione di primo ordine: c0 (x) = p (2) è quella usuale: costo marginale pari al prezzo di vendita del bene. Chiaramente, dalla condizione (2) si ottiene una funzione di offerta del bene crescente: x = S(p) con S 0 (p) > 0. Data l’ipotesi agenti rappresentativi, l’equilibrio nel mercato del bene sarà dato dal prezzo (e quindi dalla quantità) che rendono (1) e (2) uguali, cioè dal p∗ che garantisce: S (p∗ ) = D (p∗ ). L’usuale analisi grafica consente di visualizzare il punto di equilibrio E: 2 Cioè il prezzo di acquisto del bene come funzione della quantità domandata del bene. In alcuni tratti la funzione di costo potrebbe essere a costi marginali costanti (c00 = 0), o addirittura decrescenti (solo per brevi tratti, però). Però per avere una curva di offerta di mercato monotonicamente crescente ipotezzeremo c00 > 0. 3 3 p S(x) p* E D(x) x x* Figura 1: equilibrio di mercato. Un modo alternativo per caratterizzare l’equilibrio è quello di individuare la quantità x che soddisfa le funzioni inverse di offerta e domanda, cioè le u0 (x) e c0 (x); infatti entrambe devono essere — in equilibrio — uguali allo stesso prezzo di vendita/acquisto, p. Per cui la quantità di equilibrio x∗ deve anche soddisfare l’equazione: u0 (x) = c0 (x) (3) Dunque in equilibrio di concorrenza perfetta la disponibilità marginale a pagare dei consumatori, u0 (x), deve essere uguale al costo marginale dei produttori, c0 (x). 1.2 Allocazione in auto-produzione da parte del consumatore Supponiamo ora di studiare il funzionamento di un meccanismo economico diverso dal mercato competitivo per la produzione e il consumo del bene x. Per esempio, il consumatore rappresentativo è in grado di produrre il bene da sé, utilizzando la stessa tecnologia delle imprese e quindi sostenendo gli stessi costi c (x). Supponiamo che il consumatore abbia una dotazione iniziale (fisica) di bene y pari a ω e una dotazione iniziale 0 di bene x; può inoltre usare unità del bene moneta/reddito y per finanziare la produzione di x. Dunque egli sarà soggetto ad un vincolo di fattibilità tecnica: deve decidere come ripartire la quantità iniziale di “risorse” ω tra consumo delle stesse (nella forma di y finale) e impiego nella produzione di x, al costo c(x): ω = y + c (x) 4 Il problema di scelta del consumatore sarà: maxU = u(x) + y x,y s.t. ω = y + c (x) Procedendo come in precedenza (sostituendo il vincolo nella U ) possiamo semplificare il problema, riducendolo alla sola scelta4 di x, così da ottenere: maxU = u(x) + ω − c (x); x calcolando la condizione di primo ordine si ottiene: u0 (x) = c0 (x) (4) cioè il consumatore sceglierà di produrre e consumare la quantità che eguaglia la sua utilità marginale al costo marginale. E’ da notare che la condizione (4) è identica alla (3) vista prima a proposito dell’equilibrio competitivo di mercato. Dunque le due quantità — quella di equilibrio di mercato e quella che massimizza direttamente l’utilità del consumato in autoproduzione — sono identiche. 1.3 Le allocazioni efficienti Possiamo interpretare questo risultato anche in una prospettiva diversa, considerando il surplus del consumatore e il surplus del produttore. Come noto dai corsi di microeconomia, il surplus (netto) del consumatore, CS, è dato dalla disponibilità del consumatore a pagare per tutte le unità di consumo fino a certa quantità x, meno la sua spesa effettiva per quella stessa quantità. Per esempio, se la quantità in questione è xa e il prezzo a cui essa viene pagata è pa avremo che il surplus del consumatore è pari a: CS = Z 0 xa p (x) dx − pa xa dove p (x) è la funzione inversa di domanda (1), cioè: p (x) = u0 (x). Come noto, CS può essere agevolmente rappresentato graficamente. L’area sottesa dalla funzione di domanda rappresenta la disponibilità a pagare per tutte le unità di consumo fino a xa : Una volta determinata la x∗ ottimale infatti basterà sostituirla nel vincolo ω = y + c(x∗ ) e calcolare l’y ∗ ottimale: y ∗ = ω − c(x∗ ) (poichè ω è un dato). 4 5 p Disponibilità a pagare D(x) x a x Figura 2: disponibilità a pagare. R xa Infatti l’area colorata nella figura 2 è esattamente uguale a 0 p (x) dx. Quanto effettivamente pagato dal consumatore per acquistare la quantità xa , cioè la spesa pa xa , è invece pari all’area evidenziata nella figura 3, di seguito: p pa D(x) Spesa e ffettiva xa x Figura 3: spesa totale del consumatore. Dunque, CS sarà pari alla differenza tra l’area colorata della figura 2 e quella evidenziata nella figura 3, ovvero all’area colorata in giallo nella figura 4: 6 p pa D(x) x xa Figura 4: surplus netto del consumatore. Per il surplus del produttore (impresa rappresentativa) si può svolgere un ragionamento analogo, tenendo presente che esso è definito come la differenza tra i ricavi, pa xa , e i costi totali c (xa ), ovvero il profitto pa xa − c (xa ). E’ da notare che i costi totali non sono altro che l’integrale definito dei costi marginali (da 0 fino a xa ). Quindi il surplus del produttore, P S, è pari a: Z xa a a PS = p x − c0 (x) dx 0 In termini grafici, è facile notare che P S altro non è che l’area colorata in celeste della figura 5: p S(x) pa Surplus produttore xa Figura 5: Il Surplus del produttore. 7 x Il surplus totale di mercato, T S, sarà dato dalla somma dei due surplus, CS e P S: T S = CS + P S = Z 0 xa a a a a p (x) dx − p x + p x − Z xa 0 c (x) dx = 0 Z 0 xa p (x) dx − Z xa c0 (x) dx 0 Pertanto, assumendo che (xa , pa ) sia l’equilibrio in questo mercato, T S altro non è che la somma delle aree gialla e celeste delle figure 4 e 5, come mostrato nella figura 6: p S(x) Surplus totale pa D(x) xa x Figura 6: il surplus totale di mercato. Si noti che, essendo p (x) = u0 (x) e assumendo u (0) = 0, la formula di T S implica: TS = Z 0 xa p (x) dx − Z 0 xa c0 (x) dx = u (xa ) − c (xa ) (5) In generale, dunque, se si volesse massimizzare il surplus totale, occorrerebbe scegliere la quantità x che risolve questo problema: maxT S = u (x) − c (x) x ma la condizione di primo ordine per un massimo è data da: u0 (x) = c0 (x) che è esattamente uguale alla (4) e alla (3). 8 La conclusione è che l’equilibrio di mercato concorrenziale, la massimizzazione del consumatore rappresentativo tramite autoproduzione e la massimizzazione congiunta del surplus di benessere di imprese e consumatori portano tutte alla stessa soluzione. Dunque i tre problemi di scelta sono del tutto equivalenti. Quest’ultimo risultato è in effetti un modo per definire l’efficienza paretiana del mercato perfettamente concorrenziale. Per mostrare questa importante equivalenza in modo più diretto, possiamo impostare il problema del calcolo dell’allocazione pareto efficiente in questo mercato isolato, che risulta particolarmente semplice. Infatti abbiamo un solo bene (x) e due soli agenti "aggregati" − cioè rappresentativi − l’impresa-tipo e il consumatore-tipo. Per trovare ◦ l’allocazione (o le allocazioni) pareto efficienti dovremo dunque determinare quel valore x tale che: ◦ non è possibile modificare x per aumentare il benessere di un agente senza ridurre il benessere di qualcun altro Possiamo tradurre questa definizione, nel contesto del nostro problema di un singolo bene, in questo modo: cerchiamo di determinare la x che massimizza il benessere totale del consumatore, cioè CS, senza che tale x alteri il benessere dell’altro agente, l’impresa. Cioè cerchiamo quel valore di x che massimizza CS con il vincolo che P S rimanga fisso ad un certo valore (arbitrario) P S: riflettendoci si vede che tale allocazione è coerente con la definizione di efficienza paretiana. In termini analitici, si tratta di risolvere il seguente problema di massimizzazione vincolata: Z xa u0 (x) dx − pa xa 0 Z xa a a s.t. P S = p x − c0 (x) dx maxCS = x 0 dove appunto P S è un arbitrario valore costante del benessere dell’impresa-tipo (il suo profitto). In questo caso, dato che vogliamo calcolare l’allocazione (o le allocazioni) efficiente ◦ (i) x , conviene interpretare pa xa come, da una parte, l’ammontare di risorse a cui i consumatori devono rinuciare per acquisire la quantità (genrica) xa di bene x e, dall’altra parte, come la quantità di risorse che le imprese ottengono a fronte del loro impegno a produrre xa . Inoltre, abbiamo direttamente inserito u0 (x) (l’utilità marginale di x) nell’espressione del surplus del consumatore, poichè in questo caso essa rappresenta effettivamente l’incremento di benessere che i consumatori ottengono dall’aumento del consumo (infinitesinale) fino alla 9 R xa quantità x; pertanto l’integrale 0 u0 (x) dx indica il flusso totale di utilità dei consumatori relativo al consumo del bene fino al livello (generico) xa , e dunque è l’indicatore appropriato di benessere dei consumatori relativo al bene di cui cerchiamo l’allocazione paretiana. Un ragionamento analogo, mutatis mutandis, vale il costo marginale c0 (x) dell’impresa. Dal vincolo possiamo scrivere: pa xa = P S + Z xa c0 (x) dx 0 R xa e sostituire questa espressione in CS = 0 p (x) dx − pa xa al posto di pa xa ; il problema di massimizzazione è ora un problema di massimo libero: maxCS = x Z 0 xa p (x) dx − Z 0 xa c0 (x) dx − P S ovvero: max CS = u (xa ) − c (xa ) − P S a x Poichè P S è una costante arbitraria, la condizione di primo ordine per un massimo è data da: u0 (x) − c0 (x) = 0 cioè u0 (x) = c0 (x) ovvero la stessa che caratterizzava il problema del massimo surplus totale di mercato, T S: i valori di x che risolvono i due problemi dunque coincidono. Ciò dimostra che: i) la x che massimizza il surplus totale di mercato è anche la x pareto-efficiente; ii) la x dell’equilibrio di mercato in concorrenza perfetta è anche quella pareto-effciente. Infine, è da notare che il risultato (cioè l’equazione u0 (x) = c0 (x)) non sarebbe cambiato se avessimo scelto di calcolare la x che massimizza il benessere dell’impresa-tipo, P S, per un dato valore arbitrario del surplus del consumatore-tipo CS (lo studente può facilmente controllare da sè quest’ultimo punto). Tutto ciò vale nel contesto dell’analisi di equilibrio parziale di un singolo mercato (con agenti rappresentativi); ma vale anche in contesti più complessi, come diversi tipi di beni o con consumatori con preferenze diverse? A prima vista non è immediato intuire il legame con i casi più generali; possiamo però sviluppare un esempio meno semplificato che chiarirà meglio tali legami. 10 2 Generalizzazioni: efficienza nello scambio e nella produzione 2.1 Efficienza paretiana con due tipi diversi di consumatori Mostreremo come l’efficienza paretiana coincida con la massimizzazione della somma delle utilità degli agenti, che in sostanza è analoga alla massimizzazione del surplus di mercato vista sopra. Consideriamo per semplicità due soli consumatori (potrebbero essere due distinte categorie di consumatori, differenti per preferenze e/o dotazioni), e li indichiamo con h e k; inoltre assumiamo solo due beni: q1 e q2 . Vale sempre l’assunzione (semplificatrice) di utilità quasi-lineare e separabile nei due unici beni: Uh = u(q1h ) + q2h Come già detto, il secondo bene q2 può anche essere pensato come una proxy per il reddito (monetario) derivante da vari fonti. I due consumatori hanno differenti preferenze, quindi in generale sarà: uh (q1h ) 6= uk (q2k ). Per semplicità, assumeremo che l’ammontare totale dei due tipi di beni sia già stato fissato, e pari rispettivamente a q̄1 e q̄2 ; potremmo pensare che i beni siano già stati prodotti in quantità q̄1 e q̄2 e si ponga solo il problema di come allocare tali quantità tra i consumi finali dei due agenti, q1h , q1k , e q2h , q2k . In termini più precisi, si definisce un’allocazione come la specificazione di una quantità di ciascun bene da assegnare a ciascun consumatore; nel nostro caso un’allocazione sarebbe un vettore di questo tipo: (q1h , q1k ; q2h , q2k ). Tra tutte le possibili allocazioni così definite, cerchiamo di calcolare quella (o quelle) che garantiscono l’efficienza paretiana, compatibilmente con il fatto che le quantità allocate del primo bene sommino a q̄1 e quelle del secondo a q̄2 . Di fatto quindi ci limitiamo a studiare un problema di pura allocazione finale di beni di consumo, ignorando l’aspetto della produzione dei medesimi beni; un’analisi più articolata in cui è presente anche la produzione risulta chiaramente più complicata, ma condurrebbe allo stesso risultato qualitativo che mostreremo tra breve5 . I vincoli di quantità saranno dunque: q1h + q1k = q̄1 e q2h + q2k = q̄2 (6) Ricordiamo la definizione di efficienza paretiana: un’allocazione — cioè un vettore di valori (q1h , q1k ; q2h , q2k ) — è detta pareto efficiente se non è possibile trovare un’altra allocazione che migliori il benessere di un consumatore (aumentando quindi la sua utilità) senza ridurre l’utilità di qualche altro consumatore. 5 Cioè sarebbe coerente con il primo teorema dell’economia del benessere. 11 Partendo dalla definizione di efficienza paretiana, possiamo formalizzare il problema del calcolo delle allocazioni pareto efficienti; esse in primo luogo devono rispettare i vincoli (6) — devono cioè essere economicamente fattibili — e in secondo luogo devono essere tali che il benessere di un consumatore (per esempio 1) è massimo, dato e costante il benessere di tutti gli altri (in questo caso solo il rimanente consumatore 2). Dunque le allocazioni pareto efficienti sono tutte quelle che risolvono il seguente problema di ottimo: max q1h ,q1k ;q2h ,q2k Uh = uh (q1h ) + q2h (7) s.t. uk (q1k ) + q2k = U q1h + q1k = q̄1 q2h + q2k = q̄2 dove U è un valore costante e arbitrario per l’utilità di k. Se sostituiamo i due vincoli di fattibilità nelle funzioni di utilità riusciamo a ridurre e semplificare il problema: max Uh = uh (q1h ) + q2h q1h ,q2h s.t. uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 − q2h = U Ora non è più necessario calcolare l’ottimo rispetto a tutte le variabili endogene (q1h , q1k ; q2h , q2k ), ma basta determinarlo in funzione dell’allocazione per il solo agente h: (q1h , q2h , ); ciò poiché una volta trovati i valori efficienti di (q1h , q2h ), l’allocazione di k, (q1k ; q2k ), dovrà necessariamente essere compatibile con i vincoli di quantità (6), che possono essere usati per calcolarla. In effetti possiamo semplificare ulteriormente il problema sostituendo il vincolo espresso come q2h = uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 − U nella funzione di utilità di h, cosicché ci riduciamo a un problema di ottimizzazione senza vincoli espliciti e in una sola variabile, q1h : maxUh = uh (q1h ) + uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 − U q1h La condizione di primo ordine: u0h (q1h ) − u0h (q̄1 − q1h ) = 0, può essere riscritta come: u0h (q1h ) = u0k (q1k ) (8) che stabilisce che le allocazioni pareto efficienti dei consumi devono fare sì che le utilità marginali dei due consumatori siano uguali. In realtà quel che si ottiene (sotto opportune ipotesi sulle u e sui dati q̄1 e q̄2 ) è una sola coppia di valori q1h e q1k pareto efficiente: ciò è dovuto al fatto che abbiamo arbitrariamente 12 fissato il livello di riferimento dell’utilità Uk , pari a un certo valore U , e alla particolare forma, separabile lineare, delle funzioni di utilità. La logica della procedura di soluzione è infatti la seguente: 1. risolvendo l’equazione delle C.P.O.: u0h (q1h ) − u0h (q̄1 − q1h ) = 0 si calcola un valore specifico di q1h , che chiamiamo q1h ◦ , che sarà quello pareto efficiente; 2. ottenuto q1h ◦ , dal vincolo delle risorse q1h + q1k = q̄1 calcoliamo il valore pareto efficiente per l’altro consumatore: q1k ◦ = q̄1 − q1h ◦ ; 3. ora che abbiamo il valore ottimale q1h ◦ , possiamo usare il vincolo originario sull’utilità di 2: uk (q1k ◦ ) + q2k = U , per calcolare l’q2k ottimale; infatti U è un dato arbitrario, e risolvendo l’equazione q2k = uk (q1k ◦ ) − U in q2k si può ottenere appunto q2k ◦ ; 4. Infine, ottenuto q2k ◦ , si calcola l’q1k ◦ pareto efficiente dal vincolo di fattibilità su q1 , come al punto 2. Per capire la relazione esistente tra le allocazioni pareto efficienti e l’equilibrio di mercato competitivo, occorre notare che in questa ultima situazione — come visto nella sezione precedente — i consumatori domanderebbero delle quantità di consumo x1 e x2 tali che l’utilità marginale è uguale al prezzo del bene per ciascuno dei consumatori. Ma in concorrenza perfetta vale la legge del prezzo unico, quindi per il bene x ciascun consumatore paga lo stesso prezzo (per la stessa quantità unitaria); dunque in equilibrio competitivo avremo: u0h (q1h ) = p e u0k (q1k ) = p e quindi u0h (q1h ) = u0k (q1k ) = p, che implica le stesse quantità individuate dalla condizione (8). La conclusione, di importanza centrale nell’analisi economica, è che le allocazioni pareto efficienti coincidono con quelle realizzate in un mercato competitivo. Questo risultato si estende al caso di molti consumatori e di scelte di produzione da parte di varie imprese. Di fatto, la (8) è un’illustrazione del 1◦ teorema dell’economia del benessere, nella sua versione ristretta a due beni e due consumatori. 2.2 Efficienza paretiana e analisi grafica Questa analisi, pur sommaria, consente di anche di ottenere i tradizionali strumenti grafici associati all’analisi di equilibrio e benessere in microeconomia. Ad esempio, tramite la (8), è possibile tracciare il diagramma "a scatola" di Edgeworth. Infatti, come visto sopra, 13 la condizione u0h (q1h ) = u0k (q1k ) determina un’allocazione efficiente (q1h ◦ , q1k ◦ ; q2h ◦ , q2k ◦ ), ma questa è “parametrizzata” alla scelta (arbitraria) di un certo livello prefissato U di utilità per il consumatore k. In contesto di analisi più generale - in cui le utilità Ui non sono separabili lineari - facendo variare U (ad esempio accrescendolo) otterremmo una diversa 0 , q 0 ; q 0 , q 0 ) in grado di soddisfare la condizione di efficienza paretiana. allocazione (q1h 1k 2h 2k Facendo variare U con continuità, da 0 fino al livello massimo (quello in cui l’altra utilità, Uh , sarebbe 0) otteniamo la “curva delle allocazioni efficienti” nel diagramma di Edgeworth6 . Nel caso delle utilità separabili U = u (q1 ) + q2 la curva delle allocazioni efficienti ha una forma particolare (dovuta all’allocazione di q2 ), ma in una situazione più generale, in cui le funzioni di utilità dipendono in modo più complicato (non seprabile) dai due beni: U = u (q1 , q2 ), si otterrebbe un risultato analogo a quello illustrato nella figura 7: q1k Allocazione (q1h°, q1k°, q2h°, q2k°) Curva delle allocazioni efficienti q2h Allocazione (q1h’, q1k’, q2h’, q2k’) q2k q1h Figura 7: il diagramma di Edgeworth con la curva delle allocazioni efficienti. Nella figura le curve di indifferenza del consumatore k sono disegnate in blu mentre quelle del consumatore h sono tracciate in rosso. Un’allocazione efficiente come la (q1h ◦ , q1k ◦ ; q2h ◦ , q2k ◦ ) è caratterizzata dalla tangenza tra due curve di indifferenza dei due consumatori, ovvero dal fatto che i saggi marginali sostituzione tra i due beni sono uguali h = SM S k . Nel caso del nostro esempio con le utilità sepaper i due consumatori: SM S1,2 1,2 rabili, questa condizione di tangenza è soddisfatta dalla condizione7 (8): u0h (q1h ) = u0k (q1k ). 6 7 Chiamata anche insieme di Pareto o curva dei contratti. Si noti infatti che il saggio marginale di sostituzione tra i beni q1 e q2 per uno qualunque dei due 14 L’allocazione (q1h ◦ , q1k ◦ ; q2h ◦ , q2k ◦ ) è però condizionata al fatto che l’utilità di k sia fissa a U (condizione che individua una specifica curva di indifferenza blu). Se facciamo aumentare U ci spostiamo verso allocazioni (condizioni di tangenza con l’altra curva di indifferenza, quella rossa) sempre più in basso a sinistra. L’insieme di tutti questi punti di tangenza — cioè la curva delle allocazioni efficienti nella figura 7 - costituisce il luogo geometrico di tutte le allocazioni pareto efficienti compatibili con i vincoli di fattibilità q1h + q1k = q̄1 e q2h + q2k = q̄2 . Oltre al digramma di Edgeworth, possiamo anche tracciare un altro grafico, di uso frequente nell’analisi di benessere e di politica microeconomica, la curva delle utilità possibili (CUP). Se osserviamo la curva delle allocazioni efficienti di figura 7 notiamo che aumentando il livello parametrico di utilità di k, U, la condizione di tangenza con la curva di indifferenza di h si realizzerà per un livello di utilità più basso per il consumatore h (infatti spostandosi in basso a sinistra le curve di indifferenza h sono per valori via via più piccoli di utilità). Viceversa, spostandosi verso l’alto e a destra, si raggiungono punti di tangenza che implicano un basso livello di utilità per k (un basso U ) e un più alto livello di utilità per h. Dunque, se vogliamo mantenere l’efficienza paretiana delle allocazioni, le possiamo cambiare solo facendo variare in senso opposto le utilità dei due consumatori — e riflettendoci ciò è del tutto coerente con l’idea stessa dell’efficienza paretiana. In sintesi, passando da un’allocazione efficiente all’altra faremo scendere l’utilità di uno dei consumatori e aumentare quella dell’altro, ovvero tracceremo una funzione decrescente tra le due utilità, come quella illustrata nella figura 8: consumatori è dato semplicemente dall’utilità marginale u0(q1 ), poiché l’utilità marginale di q2 è pari a 1 (come si vede facilmente dalla funzione di utilità U = u(q1 ) + q2 ). 15 Uk Distribuzione delle utilità generata dall’allocazione (q1h°, q1k°, q2h°, q2k°) Distribuzione delle utilità generata dall’allocazione (q’1h, q’1k, q’2h, q’2k) • •G E CUP Uh Figura 8: la curva delle utilità possibili. La curva decrescente nella figura 8 è appunto la CUP. Punti come G individuano allocazioni, e quindi distribuzioni delle utilità, che sono irrealizzabili: ovvero non sono compatibili con i vincoli di fattibilità q1h + q1k = q̄1 e q2h + q2k = q̄2 ; tali punti, per essere raggiunti, richiederebbero delle dotazioni complessive maggiori di q̄1 o di q̄2 (o di entrambi). Al contrario, punti come E sono pareto inefficienti: cambiando l’allocazione si può migliorare il benessere di un consumatore senza ridurre quello dell’altro; ovvero ci può muovere verso nord-est lungo le direzioni indicate dalle frecce blu, senza violare i vincoli di fattibilità q1h + q1k = q̄1 e q2h + q2k = q̄2 , fino a raggiungere la CUP. Ciò implica che l’allocazione in E non distribuisce tutte le dotazioni complessive q̄1 e q̄2 ai consumatori: in altre parole vi sono degli sprechi in senso assoluto (indipendentemente dalla distribuzione finale del benessere). Ma se ci si vuole spostare da un’allocazione efficiente ad un’altra allocazione efficiente (come quelle individuate dai cerchietti), cioè ad esempio da (q1h ◦ , q1k ◦ ; q2h ◦ , q2k ◦ ) 0 , q 0 ; q 0 , q 0 ), necessariamente occorre ridurre l’utilità/benessere di uno dei consumaa (q1h 1k 2h 2k tori, dato che le allocazioni efficienti sono sulla CUP. Nel caso particolare in cui le utilità dei consumatori sono separabili linearmente - ovvero hanno la forma adottata nei nostri esempi: Ui = ui (q1i ) + q2i per ciascun consumatore i - la CUP risulta lineare. Ciò è dovuto al fatto che con la separabilità lineare delle Ui l’allocazione 16 ottimale del solo bene q1 , (q1h ◦ , q1k ◦ ), è determinata indipendentemente da quella del bene q2 , (q2h ◦ , q2k ◦ ). Pertanto, se l’allocazione paretiana (q1h ◦ , q1k ◦ ) è unica, allora la CUP ha semplicemente l’equazione: Uh = uh (q1h ◦ )+uk (q1k ◦ )+ q̄2 −Uk , dove Uk è ora variabile; essa è quindi una retta decrescente che lega le Ui con coefficiente angolare −1, come illustrato nella figura seguente: Uk A uh °+ uk °+ q2 CUP uh °+ uk °+ q2 B Uh Figura 9: la CUP con utilità separabili lineari. Di fatto, quando le Ui sono quasilineari, una volta fissata l’allocazione (q1h ◦ , q1k ◦ ) il trasferimento di un’unità del bene q2 tra i due consumatori equivale al trasferimento diretto di una "unità di utilità" sempre tra i due consumatori8 . Infine, è immediato mostrare come le allocazioni pareto efficienti possano essere determinate anche risolvendo un problema di massimizzazione del benessere collettivo, qualora la misura del benessere collettivo stesso sia definita come la somma delle utilità degli agenti coinvolti. Nel nostro caso con due consumatori, si ricordi che l’utilità del primo consumatore era pari a: uh (q1h ) + q2h e l’utilità del secondo consumatore poteva essere scritta come uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 − q2h . Dunque il benessere collettivo W sarà pari alla somma: W = uh (q1h ) + q2h + uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 − q2h = uh (q1h ) + uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 8 Per maggiori dettagli, cfr. Mas Colell, Winston e Green (1995), cap. 10. 17 La massimizzazione del benessere collettivo è espressa allora dal problema: maxW = uh (q1h ) + uk (q̄1 − q1h ) + q̄2 q1h la cui condizione di primo ordine è data da: u0h (q1h ) − u0h (q̄1 − q1h ) = 0, ovvero coincide con la (8), come volevamo mostrare. Anche in questo caso va detto che tale risultato (equivalenza tra pareto efficienza e massimizzazione della somma delle utilità) vale in contesti più generali, in cui vi sono diversi consumatori e imprese coinvolte nella produzione di molti beni differenti. 2.3 Allocazioni pareto efficienti con più di beni E’ utile ora illustrare un’altra generalizzazione dello schema di calcolo delle allocazioni pareto-ottime. Come nella precedente sezione, manterremo l’assunzione che vi siano solo due (classi di) consumatori, ma ammetteremo che: B esista una molteplicità di beni differenti, per esempio un numero C di diverse tipologie: q1 , q2 , · · · , qC ; B i consumatori abbiano funzioni di utilità generiche, non più quasilineri, ma della forma: Uh (q1h , q2h , · · · , qCh ) e Uk (q1k , q2k , · · · , qCk ), con le usuali ipotesi di concavità: 2 <0 ∂Uh,k /∂qi,(h,k) > 0 e ∂ 2 Uh,k /∂qi,(h,k) per qualunque bene q1,(h,k) , q2,(h,k) , · · · , qC,(h,k) . Dunque le utilità marginali sono positive e decrescenti per ciascun bene e per entrambi i consumatori. Anche in questo contesto, tratteremo l’efficienza delle allocazioni di solo consumo, ipotizzando che la produzione di ciascun bene sia stata già realizzata. Dovranno quindi valere i vincoli di fattibilità solo che ora ve ne saranno N , uno per ciascun tipo di bene, descritti dalle seguenti equazioni: q1h + q1k = q̄1 q2h + q2k = q̄2 .. . qCh + qCk = q̄C dove le quantità: q̄1 , q̄2 , · · · , q̄C rappresentano gli ammontari totali disponibili di ciascun bene da distribuire tra i consumatori h e k. 18 Il problema della determinazione dell’allocazione pareto efficiente sarà quindi quello di ¡ ◦ ◦ ◦ ◦ ◦ ◦ individuare un vettore di beni da assegnare ai due consumatori, di forma: q1h , q2h , · · · , qCh ; q1k , q2k , · · · , qCk cioè di dimensione 2C, tale che non sia possibile modificare l’allocazione stessa senza peggiorare il benessere (utilità) di almeno uno dei due consumatori. Questo problema può essere tradotto in un problema di massimizzazione vincolata analogo a quello (7), ma di forma più generale, come il seguente: max Uh = Uh (q1h , q2h , · · · , qCh ) (9) q1h ,··· ,qCh q1k ,··· ,qCk s.t. Uk (q1k , q2k , · · · , qCk ) = U q1h + q1k = q̄1 q2h + q2k = q̄2 .. . qCh + qCk = q̄C Anche in questo caso assegnamo un valore, arbitrario ma costante all’utilità del consumatore k , pari a U . La soluzione del problema (9) richiede la costruzione della funzione lagrangiana L associata al problema stesso, e quindi la definzione degli appropriati moltiplicatori di Lagrange da associare a ciascun vincolo. Avremo i seguenti moltiplicatori: μ > 0 per il vincolo Uk (q1k , q2k , · · · , qCk ) = U λ1 > 0 per il vincolo q1h + q1k = q̄1 λ2 > 0 .. . per il vincolo q2h + q2k = q̄2 λC > 0 per il vincolo qCh + qCk = q̄C Dunque vi saranno C + 1 moltiplicatori positivi (μ, λ1 , λ2 , · · · , λC ). Esprimendo adeguatamente ogni vincolo (come eguaglianza a 0 al secondo membro), la Lagrangiana L sarà data dalla funzione: C £ ¤ X λi [q̄i − qih − qik ] L = Uh (q1h , q2h , · · · , qCh ) + μ U − Uk (q1k , q2k , · · · , qCk ) + (10) i=1 P La sommatoria i=1,··· ,C λi [q̄i − qih − qik ] nell’equazione (10) include in maniera sintetica tutti i vincoli di fattibilità. La sommatoria contempla esattamente C termini, tanti quanti sono i vincoli di fattibilità. La lagrangiana sarà dunque una funzione di 3C + 1 variabili: 19 L (q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk ; λ1 , · · · , λC , μ), ovvero le 2C quantità di beni da distribuire tra i consumatori e i C + 1 moltiplicatori λi e μ (si ricordi che le quantità totali q̄ dei beni e l’utilità del consumatore k, U , sono dei dati esogeni). Il problema (10) diventa pertanto quello di trovare il massimo (o i massimi) per la funzione L, diventa cioè il probelma di massimizzazione libera: max L (q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk ; λ1 , · · · , λC , μ) q1h ,··· ,qCh q1k ,··· ,qCk λ1 ,··· ,λC ,μ (11) del quale possiamo calcolare le condizioni di primo ordine. Ve ne saranno 2C, e saranno equazioni del tipo ∂q∂L = 0, cioè le derivate della lagrangiana L rispetto alla quantità di ,(h,k) ciascun bene da assegnare a ciascun consumatore eguagliate a 0; escludiamo per brevità le ∂L = 0 e ∂L C + 1 condizioni di primo ordine ∂λ ∂μ = 0, poichè esse restituiscono esattamente i i vincoli di fattibilità e il vincolo sull’utilità Uk del secondo consumatore. Ignoreremo poi le condizioni del secondo ordine, poichè si può dimostrare che esse saranno sempre soddisfatte, 2 < 0. grazie alle ipotesi sulle derivate seconde delle funzioni di utilità: ∂ 2 Uh,k /∂qi,(h,k) ∂L = 0 sono pertanto le seguenti: Le 2C condizioni di primo ordine del tipo ∂q i,(h,k) Per i beni del consumatore h : ∂L = ∂q1h ∂L ∂qCh ∂Uh ∂Uh − λ1 = 0 cioè: = λ1 ∂q1h ∂q1h .. . ∂Uh ∂Uh = − λC = 0 cioè: = λC ∂qCh ∂qCh (12) Per i beni del consumatore 2 : ∂L = ∂q1k ∂L ∂qCk ∂Uk ∂Uk λ1 − λ1 = 0 cioè: − = ∂q1k ∂q1k μ .. . ∂Uk ∂Uk λC = − λC = 0 cioè: − = ∂qCk ∂qCk μ (13) Se ora prendiamo una qualsiasi coppia di equazioni (12), per esempio quella relativa al bene e e quella relativa al bene g, e le dividiamo membro a membro, otteniamo: ∂Uh /∂qeh λe = ∂Uh /∂qgh λg 20 cioè il rapporto tra le utilità marginali del consumatore 1 rispetto ai due beni è uguale al rapporto tra i moltiplicatori di Lagrange associati ai due beni (o meglio, ai due vincoli di fattibilità dei due beni). Dalla Micoroeconomia, sappiamo però che il rapporto tra le utilità marginali di due beni per un consumatore è uguale al saggio marginale di sostituzione tra 1 ; quindi dalla precedente equazione i due beni per quel consumatore, indicato con SM SX,Z abbiamo che: λe h = (14) SM Se,g λg Una simile relazione vale per qualunque coppia di beni relativamente alle utilità marginali del consumatore h, cioè il saggio marginale di sostituzione tra due beni qualunque per il consumatore h è pari al rapporto tra i moltiplicatori di Lagrange associati a quei due beni. E’ immediato osservare come un insieme analogo di relazioni valga anche per le condizioni di primo ordine relative ai beni del consumatore k. Infatti, se prendiamo due coppie qualunque di equazioni (13), ad esempio le stesse di prima cioè quelle relative a e e g per il consumatore k, le possiamo dividere membro a membro ottenendo: λe ∂Uk /∂qek = ∂Uk /∂qgk λg Il rapporto tra le utilità marginali di 2 riguardo ai beni x e z è per definizione il suo saggio marginale di sostituzione tra questi due beni, per cui varrà l’equazione: k = SM Se,g λX λZ (15) e anche in questo caso tale eguaglianza vale per qualunque coppia di beni relativamente alle utilità marginali del consumatore k, cioè il saggio marginale di sostituzione tra due beni qualunque per il consumatore 2 è pari al rapporto tra i moltiplicatori di Lagrange associati a quei due beni. Il rapporto λλge che compare nelle equazioni (14) e (15) deve però essere lo stesso per entrambe le equazioni, e quindi anche i loro rispettivi primi membri devono essere uguali, ovvero deve valere l’eguaglianza: h k = SM Se,g SM Se,g Non solo: una simile equazione deve valere per qualunque coppia dei C beni, cioè per la coppia 1, 2 per quella 1, 3, per quella C, b, eccetera. Dunque, dalle condizioni di primo 21 ordine originarie (12)-(13) si derivano le N − 1 equazioni9 : h k = SM S1,2 SM S1,2 (16) h k = SM S1,3 SM S1,3 .. . h k = SM SC,b SM SC,b Queste ultime sono cruciali per l’interpretazione economica delle condizioni necessarie per l’efficienza paretiana: affinchè l’allocazione dei beni di consumo ¡ ◦ ◦ ◦ ◦ ¢ q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk sia pareto-ottima: i saggi marginali di sostituzione di due consumatori rispetto a qualunque coppia di beni devono essere tra loro eguali. Si tratta chiaramente di una generalizzazione della condizione di eguaglianza al margine = u0k (q1k ) discussa nella sezione precedente riguardo al caso più semplice di due soli beni con utilità quasi-lineari. ¡ ◦ ◦ ◦ ◦ ¢ L’allocazione pareto-ottima q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk contempla 2C beni, ma le equazioni (16) sono solo C − 1, quindi per rendere determinato il sistema di equazioni che consente di calcolare tutta l’allocazione mancano ancora altre equazioni. Esse sono date dei C + 1 vincoli del problema (9), che chiaramente devono continuare a valere nel caso dell’allocazione u0h (q1h ) 9 Queste equazioni sono N − 1 anzichè N poichè occorre prendere una coppia di beni per ottenere un’equazione; analizzando dei casi semplici con tre e poi con quattro beni diversi si vede chiaramente che il numero finale di equazioni è proprio N − 1. 22 efficiente. Dunque l’insieme complessivo delle equazioni è dato da: h = SM S k SM S1,2 1,2 h k SM S1,3 = SM S1,3 .. . h = SM S k SM SC,b C,b q1h + q1k = q̄1 q2h + q2k = q̄2 .. . ⎫ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎬ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎭ qCh + qCk = q̄C Uk (q1k , q2k , · · · , qCk ) = U C − 1 eguaglianze al margine ⎫ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎬ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎭ C vincoli di fattibilità (17) il vincolo sull’utilità del cons. k che dà appunto un totale di 2C equazioni, tante quanti sono i beni dell’allocazione. Dal sistema di equazioni non-lineari (17) è quindi possibile detereminare come soluzione l’allocazione ¡ ◦ ◦ ◦ ◦ ¢ effciente10 q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk . Analogamente a quanto visto nella sezione precedente, anche in questo caso il problema (9) è parametrizzato a un valore dato U scelto arbitrariamente, quindi l’allocazione pareto-ottima sarà anche in questo caso non unica. Piuttosto, esisterà un continuo di tali allocazioni, che potranno essere determinate facendo variare con continuità il valore di U . Ciò darà luogo ad una CUP del tutto analoga qualitativamente a quella mostrata nella figura 8 della sezione precedente, poichè anche in questo ¡ ◦ ◦ ◦ ◦ ¢ caso, se si modifica l’allocazione efficiente q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk in modo da aumentare l’utilità U del secondo consumatore, occorrerà necessariamente ridurre l’utilità Uh dell’altro consumatore − sostanzialmente aumentando l’assegnazione di alcuni beni a favore di k. Anche se non ne verrà fornita una dimostrazione esplicita, si può osservare (in modo abbastanza diretto per la verità) che il problema di massimizzazione della somma delle utilità dei due agenti: W = Uh (q1h , · · · , qCh ) + Uk (q1k , · · · , qCk ) sotto i vincoli di fattibilità dei vari beni: q1h + q1k = q̄1 , · · · , qCh + qCk = q̄C , dà le stesse equazioni di equilibrio (17) come condizioni di primo ordine, confermando anche in questo caso l’equivalenza tra massimizzazione della somma delle utilità e pareto-effcienza. L’insieme delle condizioni di ottimalità paretiana (17) offre un riferimento di ampia generalità; infatti, anche nel caso in cui vi fossero J diversi consumatori e C diversi beni, il corrispondente insieme di condizioni di ottimalità partiana sarebbe sempre dato da una lista di eguaglianze tra i saggi maginali sostituzione di due beni (in questo caso le eguaglianze si 10 Va detto che ciò è possibille solo in linea di principio e limitatamente alla conta del numero di equazioni e di variabili. Dato che il sistema è non lineare, non è detto che il calcolo esplicito delle soluzioni sia fattibile in via analitica - potrebbe essere computazionalente troppo complesso da operare. 23 estenderebbero a tutte le coppie di consumatori), da una lista di vincoli di fattibilità e da una lista di equazioni come la U = Uk (q1k , · · · , qCk ) che fissano i livelli arbitrari di utilità di tutti i consumatori tranne uno. Infine, la relazone tra allocazioni di mercato in concorrenza perfetta e pareto-efficienza risulta ora più chiara, nella sua generalità. Ai moltiplicatori di Lagrange λi del problema (11) viene dato il nome di prezzi ombra dei beni. Questo perchè in base alle equazioni (14) e (15) il rapporto tra due qualunque di questi moltiplicatori λλeg deve essere uguale − in condizioni di pareto efficienza − al SM S tra i due beni di ciascun consumatore. Ma in un contesto di scambi di mercato in concorrenza perfetta, ogni consumatore seglierebbe le domande dei beni in modo da eguagliare il rapporto tra i prezzi di due beni qualunque al relativo saggio marginale di sostituzione; cioè, per il consumatore generico j, varrebbe: j = SM Se,g pe pg Pertanto è sempre possibile scegliere i moltiplicatori λi in modo che siano uguali a prezzi di mercato dei beni che si realizzerebbero in concorrenza perfetta, cioè in base all’eguaglianza tra rapporti: ppge = λλeg . Ciò implica che una tra le allocazioni pareto efficienti date dal sistema (17) è sicuramente un’allocazione di equilibrio di concorrenza perfetta per tutti i mercati di puro scambio dei vari beni − una sola di queste allocazioni pareto-efficienti, poichè, occorre ¡ ◦ ◦ ◦ ◦ ¢ ricordare, il valore preciso dell’allocazione ottimale q1h , · · · , qCh ; q1k , · · · , qCk è condizionato alla scelta arbitraria dell’utilità U dell’altro consumatore (o degli altri consumatori, nel caso più generale). La conclusione è che l’allocazione di equilibrio di vari mercati in concorrenza perfetta corrisponde ad una allocazione pareto-efficiente, ancora un esempio − stavolta più generale − della validità del primo teorema dell’economia del benessere. 2.4 Efficienza paretiana con produzione La descrizione delle allocazioni efficienti con la produzione dei beni - non con il solo scambio - fà uso dei concetti di funzione di trasformazione, e richiede una definizione più ampia del concetto di allocazione. In questo caso infatti una allocazione è definita come una specificazione di quantità di beni e di input per ogni consumatore e per ogni produttore. Tratteremo quì un esempio relativamente agevole di un’economia con due consumatori (h, k), un produttore (f ); due beni (i = 1, 2), e un fattore produttivo (j). Per definire un’allocazione in questo contesto occorre specificare anche i valori di q (bene) e x (fattore) 24 per il produttore, oltre che le quantità di x per i due consumatori: Allocazione: (q1h , q2h , xjh ; q1k , q2k , xjk ; q1f , q2f , xjf ) Come prima conseguenza avremo che in vincoli di fattibilità ora comprendono anche quello dell’input xj , insieme alle produzioni qif dell’impresa: q1h + q1k = q1f + q̄1 q2h + q2k = q2f + q̄2 xf h + xf k + xf j = x̄j Si noti che ora il segno della xf j è tornato in linea con la convenzione standard: xf j > 0. Riguardo al lato della produzione, occorre specificare l’insieme delle possibilità produttive, e dato che vi sono due prodotti possibili, quest’ultimo può essere descritto dalla funzione di trasformazione Qf : Qf (q1f , q2f ; −xf j ) = 0 sotto le usuali proprietà: la Qf è continua, differenziabile e concava. Anche in questo caso vale la definzione generale di allocazione pareto-efficiente: è sem◦ pre quell’allocazione (q1h , q2h , xjh ; q1k , q2k , xjk ; q1f , q2f , xjf ) tale che non è possibile trovare un’altra allocazione che migliori il benessere di un agente senza ridurre il benessere di qualcun altro. La ricerca dell’allocazione efficiente dovrebbe allora includere anche il profitto del produttore, eventualmente da aggiungere ai vincoli di un problema di ottimo paretiano simile a quelli (7) e (9). In realtà si può notare che il produttore (sia esso impresa o altra azienda) non entra più direttamente tra gli agenti presenti nel sistema. Infatti la sua presenza come agente economico distinto è del tutto irrilevante ai fini del calcolo delle allocazioni efficienti, e ciò può essere argomentato sulla base sia dei rapporti di scambio che dei flussi di reddito/risorse che necesariamente devono aver luogo nell’economia. Qualunque produttore dovrebbe vendere o cedere l’output ai consumatori; inoltre, i suoi eventuali profitti - ottenuti dalla cessione dei beni prodotti - andrebbero ai consumatori, i qualin nel complesso e per quote diverse, sono comunque i proprietari finali dell’impresa o dell’azienda. Infine, riguardo all’input, è vero che esso costituisce una fonte di costi per il produttore, ma allo stesso tempo (dato che è di proprietà dei consumatori) costituisce anche una speculare fonte di entrate (reddito) per i consumatori: i costi sostenuti dal produttore per acquisire xj si traducono quantitativamente in altrettanti redditi per consumatori che a lui lo cedono. Come noto nella teoria neoclassica, le imprese - nel contesto dell’analisi generale e 25 non parziale - sono dei meri intermediari tra la produzione e il consumo, più che degli agenti economici autonomi. Quindi l’unica cosa che conta, nel calcolo delle allocazioni efficienti, è il benessere di h e k, dato che tutta la produzione realizzata sarà destinata11 a consumi finali. Il problema di ottimo paretiano ha allora qesta forma: max Uh = Uh (q1h , q2h , xjh ) q1h ,··· ,qCh q1k ,··· ,qCk s.t. Uk (q1k , q2k , xjk ) = U q1h + q1k = q̄1 q2h + q2k = q̄2 xf h + xf k + xf j = x̄j Qf (q1f , q2f ; −xf j ) = 0 La funzione lagragiana, con i moltiplicatori λi=1,2,j per i beni e per l’input, μ per il vincolo sull’utilità di k e γ per il vincolo tecnologico sulla funzione di trasformazione Qf , è pari a: £ ¤ X λi [q̄i − qih − qik ] + L = Uh (q1h , q2h , xjh ) + μ U − Uk (q1k , q2k , xjk ) + i=1,2 λ [x̄j − xf h − xf k − xf j ] + γQf (q1f , q2f ; −xf j ) e quindi il problema di massimo si riduce a: maxL (q1h , q2h , xjh ; q1k , q2k , xjk ) q; x Si ottiene il seguente insieme di CPO: ∂Uh ∂qih ∂Qf −γ ∂qif = λi i = 1, 2; = λi i = 1, 2; ∂Uk = λi i = 1, 2; ∂qik ∂Qf −γ = λj . ∂xf j −μ ∂Uh ∂Uk = λj = −μ ∂xjh ∂xjk Seguendo la procedura vista nella sezione precedente, possiamo calcolare i rapporti tra le utilità marginali dei beni per entrambe i consumatori: ∂Uh /∂q1h λ1 h = SM S1,2 = ; ∂Uh /∂q2h λ2 11 ∂Uk /∂q1k λ1 k = SM S1,2 = ; ∂Uk /∂q2k λ2 → h k SM S1,2 = SM S1,2 Si ricordi che trattiamo il caso uniperiodale-statico, senza risparmi e invetimenti. 26 Possiamo anche calcolare il rapporto tra le derivate della Qf nei beni: ∂Qf /∂q1f λ1 = SM T1,2 = ∂Qf /∂q2f λ2 Infine, unendo queste diseguaglianze nei prezzi ombra relativi questa espressione: h k = SM S1,2 = SM T1,2 SM S1,2 λ1 λ2 , è immediato ottenere (18) La (18) caratterizza dunque le allocazioni pareto efficienti - le condizioni sugli input, sebbene anche esse necessarie, non sono in questo caso particolarm,ente infomative. La (18) è la stessa condizione che caratterizza le allocazioni di EEG di questa economia, qualora essa operasse in regime di concorrenza perfetta: le quantità prodotte devono garantire che i saggi marginali di sostituzione dei consumatori siano uguali ai saggi marginali di trasformazione per la produzione. Anche se non verrà mostrato nella sua piena generalità, questo risultato vale anche per i casi più complessi e articolati: quale che sia il numero di beni o di agenti nel sistema, le allocazioni pareto-efficienti devono garantire l’eguaglianza tra SM S dei consumatori e SM T nella produzione, per ogni possibile coppia di beni. Questa conclusione pò quindi valere come una dimostrazione - informale - del primo teorema dell’economia del benessere: le allocazioni di EEG walrasiano sono anche paretoefficienti. E’ possibile fornire una rappresentazione grafica - nella figura seguente - della condizione (18), di agevole lettura nel caso della nostra economia semplificata con due beni e due consumatori: q2 Qf A qO2 A’ qO1 q1 ¡ ¢ Produzione-consumo: l’allocazione totale efficiente q1O ; q2O . Il punto A rappresenta l’allocazione efficiente della produzione totale dei due beni q1,2 , cioè 27 ¡ ¢ individua le quantità complessive q1O ; q2O pareto-efficienti; esse sono fissate dall’eguaglianza SM T1,2 = λλ12 , dove l’inclinazione della retta rosso scuro tangente a A è quindi pari al rapporto tra i prezzi-ombra λλ12 . Tale retta è tangente (in A) alla funzione di trasformazione Qf , la cui pendenza in un punto generico è appunto data dal SM T1,2 . Una volta che ¢ ¡ l’allocazione "totale" dei due beni di consumo q1O ; q2O è stata individuata, occorre trovare un modo - pareto-efficiente - per ripartirli tra i due consumatori h e k. Questo viene fatto tramite il box di Edgeworth che ha come lati appunto le quantità totali efficienti ¡ O O¢ q1 ; q2 : all’interno del box, le ripartizioni dei due beni (le allocazioni ai consumatori) devono soddisfare le condizioni della pareto-effcienza nellom scambio-consumo. Devono h = SM S k = λ1 , o, in termini grafici, quindi essere tali da garantire l’eguaglianza SM S1,2 1,2 λ2 la tangenza tra due curve di indifferenza dei consumatori (in rosso e in blu, nella figura). Le allocazioni ai consumatori sono dunque individuate da un punto come A0 , in cui tale condizione di tangenza è soddisfatta. Infine, visto che il rapporto tra i prezzi-ombra λλ12 è lo stesso sia per il consumo (eguaglianza tra i due SM S) e per la produzione (eguaglianza con il SM T ) le due rette rosso scuro - quella tangente alla funzione Qf e quella dentro il box di Edgeworth passante per A0 - devono essere parallele, cioè avere la stessa inclinazione λ1 λ2 . Questa proprietà altro non è che la versione grafica della condizione di efficienza (18). 28 Parte II: Equilibrio generale ed economia del benessere 3 L’equilibrio economico generale L’equilibrio economico generale (EEG) è uno dei concetti fondamentali della moderna analisi economica. In sostanza, l’analisi di EEG può essere descritta come l’estensione al caso di molti agenti (diversi tra loro) e di molti beni/mercati della teoria dell’equilibrio di mercato illustrata nella sezione precedente. Discuteremo sommariamente solo la teoria dell’EEG in un contesto di concorrenza perfetta e completezza dei mercati, che normalmente viene denominata teoria dell’EEG walrasiano 12 : si studia un sistema economico composto da un numero arbitrariamente grande di consumatori, diciamo I, un numero arbitrariamente grande di imprese: J, e un numero arbitrario di beni diversi: N , alcuni dei quali possono essere fattori produttivi (ad esempio diversi tipi di lavoro o di beni capitali fisici); esiste un mercato per ogni bene e ciascun mercato è in concorrenza perfetta. Ogni consumatore ha delle sue preferenze, rappresentate da un’adeguata funzione di utilità, e ogni impresa ha accesso a delle tecnologie definite esogenamente (e dunque ha una sua funzione di produzione); infine, ogni consumatore parte con una dotazione iniziale (positiva o nulla) di ciascun bene e fattore produttivo. Tutto questo apparato descrittivo, di portata molto generale, può essere adeguatamente formalizzato e quindi tradotto in un apposito modello matematico. Il problema fondamentale della teoria dell’EEG walrasiano è appunto quello di stabilire se questo sistema economico può avere una (o più) configurazione(i) di equilibrio, e se — qualora esse esistessero — il sistema è in grado di raggiungerle grazie all’operare dei soli meccanismi di mercato13 . In termini puramente intuitivi, un EEG è una situazione in cui in ogni mercato la quantità domandata dai consumatori e quella offerta dalle imprese sono uguali, e dunque vi è equilibrio di market clearing in tutti i mercati contemporaneamente; inoltre, ciascun agente (consumatore e impresa) è in grado di effettuare le proprie scelte, e quindi di formulare le proprie funzioni di domanda o offerta coerentemente con la razionalità economica — ovvero massimizzando la propria funzione obiettivo, sia essa utilità o profitto, sotto opportuni vincoli. 12 L’economista francese Leon Walras fu il primo, alla fine dell’ottocento, a proporre una teoria formalizzata e rigorosa dell’EEG in un contesto competitivo (cfr. Walras, 1900). Data la difficoltà dell’analisi e della matematica coinvolta, i primi risultati definitivi del modello generale proposto da Walras poterono essere raggiunti solo intorno al 1960 grazie soprattutto ai lavori dei premi Nobel Gerard Debreu ( Debreu 1959) e Kenneth Arrow (Arrow 1968; Arrow e Hahn 1971). Una ricostruzione storica approfondita e culturalmente ricca della teoria dell’equilibrio generale è quella proposta da Ingrao e Israel (1987). 13 Questo secondo problema viene usualmente indicato come problema della stabilità dell’EEG. 29 In termini più rigorosi, un EEG walrasiano è una configurazione di due tipi di oggetti: prezzi di mercato e quantità di beni; in particolare esso è una lista di: a) quantità domandate di ciascun bene (e quantità offerte di fattori) da parte di ciascun consumatore; b) quantità offerte di ciascun bene (e quantità domandate di fattori) da parte di ciascuna impresa; c) prezzi di mercato — uno per ciascun mercato, sia esso di un bene o di un fattore E’ importante sottolineare che le grandezze specificate nei punti a), b) e c) possono costituire in realtà una lista molto lunga, dato che sia il numero delle imprese, sia quello dei consumatori che quello dei beni/fattori sono arbitrariamente grandi. Per i nostri scopi è comunque sufficiente rappresentare gli oggetti indicati in a), b) e c) come tre liste distinte prese congiuntamente: (X ∗ , Y ∗ , P ∗ ). X ∗ è la lista delle quantità di equilibrio scelte da ciascun consumatore14 , mentre Y ∗ è la lista delle quantità di equilibrio scelte da ciascuna impresa15 ; X ∗ e Y ∗ prese congiuntamente vengono anche dette allocazione. P ∗ è invece la lista dei prezzi di equilibrio di ciascun mercato, sia dei beni che dei fattori. Per essere un EEG walrasiano, la lista (X ∗ , Y ∗ , P ∗ ) deve godere di un particolare insieme di proprietà, quelle specificate qui di seguito: i) ai prezzi di equilibrio P ∗ , le quantità di equilibrio X ∗ indicate in a) e scelte da ciascun consumatore garantiscono la massimizzazione della funzione di utilità di ciascun consumatore rispettando il suo vincolo di bilancio; ii) ai prezzi di equilibrio P ∗ , le quantità di equilibrio Y ∗ indicate in b) e scelte da ciascuna impresa garantiscono la massimizzazione della funzione di profitto di ciascuna impresa rispettando il vincolo rappresentato dalla sua funzione di produzione (cioè dalla sua tecnologia); iii) ai prezzi di equilibrio P ∗ , in ciascun mercato (sia esso di un bene o di un fattore) la quantità domandata complessiva di mercato è uguale alla quantità offerta complessiva di mercato. 14 Quindi la specificazione di una quantità domandata per ciascun bene e di una quantità offerta per ciascun fattore da parte di ciascun consumatore. 15 Quindi la specificazione di una quantità offerta per ciascun bene e di una quantità domandata per ciascun fattore da parte di ciascuna impresa. 30 G. Debreu e K. Arrow16 hanno dimostrato che sotto ipotesi sufficientemente generali per le funzioni di utilità dei consumatori e di produzione per le imprese, esiste certamente un equilibrio walrasiano per il sistema economico competitivo così descritto17 . 4 I due teoremi fondamentali dell’economia del benessere Uno dei risultati più interessanti della teoria dell’EEG walrasiano riguarda le conseguenze di benessere della configurazione di equilibrio (X ∗ , Y ∗ , P ∗ ) definita in precedenza. Queste conseguenze vengono usualmente sintetizzate nei due teoremi fondamentali dell’economia del benessere. Come sottolineato da Varian (1992, p. 335), i due teoremi fondamentali dell’economia del benessere hanno una storia lunga (e si potrebbe dire complessa, rigurado alla loro partenità): mentre la prima dimostrazione grafica potrebbe essere ricondotta a Abba Lerner, diversi studiosi ne hanno elaborato varie formulazioni e dimostrazioni nel corso del tempo, tra cui Harold Hotelling, Oskar Lange, Maurice Allais, Kenneth Arrow e Gerard Debreu. La dimostrazione del primo teorema del benessere, proposta nella precedente sezione 2.3 in un contesto di funzioni di utilità differenziabili, riprende la classica trattazione di Samuelson (1947); qui’ di seguito daremo solo l’enunciazione dei due teoremi (in forma generale), senza fornirne una dimostrazione. Il 1 ◦ teorema dell’economia del benessere: L’allocazione di equilibrio walrasiano individuata da X* e Y* è anche una allocazione pareto efficiente per l’intero sistema economico Ovvero, le quantità X ∗ e Y ∗ sono tali che non è possibile modificarle senza peggiorare il benessere di almeno uno degli agenti dell’economia (sia esso un impresa o un consumatore), fermo restando il benessere di tutti gli altri. In termini dell’esempio della sezione 2.1, un’allocazione di EEG walrasiano si trova certamente su una apposita CUP per il modello in questione18 . L’interpretazione del primo teorema è densa di implicazioni di importanza centrale per la politica economica. In pratica, se il sistema economico funziona nel suo complesso in modo fortemente competitivo (cioè se in ogni mercato la concorrenza è molto forte, 16 Vedi i lavori citati nella nota 6. Vi sono stati diversi antecedenti alle dimostrazioni generali di Arrow e Debreu; ad esempio Wald (1951) e McKenzie (1954). 17 In realtà hanno dimostrato che sotto tali ipotesi possono esistere molti diversi equilibri, ciascuno che specifica una diversa allocazione e un diverso vettore di prezzi P . 18 In realtà, quando si introduce anche la produzione si riesce a costruire una versione più generale della CUP, che prende il nome di frontiera delle utilità possibili. 31 al limite perfetta), e se il sistema di mercato è completo (esiste cioè un mercato concorrenziale per ogni oggetto economicamente rilevante), e se tale economia competitiva si trova in una situazione di equilibrio come (X ∗ , Y ∗ , P ∗ ) - che sappiamo esistere, in astratto — questa situazione è economicamente efficiente. Un’economia di mercato completa e fortemente competitiva può dunque dare luogo a situazioni efficienti in senso globale, situazioni in cui tutte le risorse sono sfruttate al meglio. Un punto cruciale riguarda però la capacità che una simile economia competitiva ha di raggiungere uno stato come (X ∗ , Y ∗ , P ∗ ) partendo da una situazione diversa dall’equilibrio stesso. A tutt’oggi, la teoria dell’EEG non ha potuto dimostrare che un’economia competitiva inevitabilmente raggiunge una configurazione di equilibrio — partendo da una situazione di disequilibrio — grazie al solo operare delle forze di mercato19 . Pertanto, anche se l’economia è competitiva, non è necessariamente detto che essa si trovi in una situazione di EEG, nè che possa raggiungerla in tempi non lunghi. Qualora però vi fossero ragioni per credere che l’economia si trovi in un EEG, allora và detto che viene meno uno dei grandi razionali per l’intervento economico dello stato menzionato in precedenza, ovvero l’opportunità di correggere i fallimenti del mercato; infatti la pareto efficienza dell’EEG — stabilita dal 1◦ teorema del benessere — assicura che un’economia competitiva in equilibrio walrasiano non manifesta alcun fallimento del mercato. Ovviamente resterebbero gli altri tre motivi di intervento per la politica economica. Dando per scontato il primo — garanzia dell’esistenza dei diritti di proprietà — il più importante è sicuramente l’azione dello stato nel correggere la distribuzione personale generata dall’operare dei mercati. A questo proposito il 2◦ teorema dell’economia del benessere fornisce importanti indicazioni. Il 2 ◦ teorema dell’economia del benessere: Si consideri un’economia competitiva; sotto alcune ipotesi sulle funzioni di utilità degli agenti e di produzione delle imprese20 , qualunque allocazione pareto efficiente possibile per questa economia può essere raggiunta come equilibrio walrasiano, se prima si procede ad una adeguata redistribuzione delle dotazioni iniziali degli agenti. 19 Ovvero grazie all’aggiustamento dei prezzi di mercato in presenza di eccessi di domanda o di offerta; si ricordi che in un mercato in concorrenza perfetta, se si registra un eccesso di domanda il prezzo di mercato tende a salire, mentre se si registra un eccesso di offerta il prezzo tende a scendere. Tale dinamica del prezzo si arresta quando si raggiunge l’equilibrio di mercato (eccessi di domanda o di offerta nulli). 20 Le preferenze dei consumatori devono essere convesse, continue e strettamente monotone, e gli insiemi di produzione delle imprese devono essere convessi. 32 Il significato del secondo teorema può essere parafrasato così: si ipotizzi che la nostra economia sia competitiva e che si trovi attualmente in una situazione (non importa se di equilibrio o meno) che però implica una distribuzione finale del reddito e quindi del benessere tra gli individui ritenuta eticamente ingiusta o iniqua — magari perché favorisce arbitrariamente alcuni gruppi di individui. Lo stato vorrebbe intervenire a tal proposito per correggere la distribuzione finale del reddito e del benessere; in base al 2◦ teorema può farlo nel seguente modo: individua la situazione finale di distribuzione del benessere che vuole raggiungere (che è ritenuta più equa della precedente) e controlla che tale situazione sia comunque pareto efficiente — cioè non implichi sprechi di risorse. Poi determina la lista di dotazioni iniziali per tutti gli agenti dell’economia che risulta compatibile con l’allocazione pareto efficiente e desiderabile rispetto all’equità distributiva. A questo punto, se le forze di mercato sono in grado di far convergere il sistema sulla nuova allocazione, non resta altro da fare a parte effettuare la redistribuzione: l’economia raggiungerà la nuova allocazione che è al contempo, pareto efficiente, equa dal punto di vista della distribuzione e anche un equilibrio walrasiano. Dunque in un’economia competitiva, l’unico ruolo importante che rimane alla politica economica in generale — e alla politica microeconomica in particolare — è solo quello di implementare la redistribuzione delle dotazioni iniziali per far sì che il sistema di mercato raggiunga poi l’esito generale finale, che è al contempo equo ed efficiente. Insomma, resterebbe ai policy makers il solo ruolo di regolatori della distribuzione del reddito e del benessere — che comunque non è certo un ruolo marginale. Considerati congiuntamente, i due teoremi del benessere sembrano definire una chiara divisione dei ruoli economici generali tra lo stato e il mercato, almeno questa è l’interpretazione più comune. Lo stato dovrebbe garantire — tramite una disciplina dei mercati e soprattutto dei diritti di proprietà — che i mercati stessi funzionino quanto più possibile in base alla concorrenza perfetta, ma dovrebbe astenersi dall’intervenire direttamente nella produzione e nell’allocazione dei beni, che andrebbe lasciata al sistema dei mercati competitivi. Riguardo alla distribuzione invece, si configura un ruolo attivo per lo stato: esso dovrebbe impostare le politiche redistributive attuando una opportuna modificazione delle varie dotazioni iniziali degli agenti (implementata ad esempio tramite adeguate politiche fiscali), e l’economia si posizionerà di conseguenza sull’assetto distributivo desiderato (ed efficiente). Và comunque detto che tale interpretazione è soggetta a molti e importanti distinguo, spesso evidenziati dagli stessi studiosi della teoria dell’equilibrio generale. Almeno tre sono da includere tra i più importanti. 33 In primo luogo, come già ricordato, anche se è vero che almeno un EEG walrasiano esiste sempre per un’economia competitiva, non è detto che questa lo possa raggiungere “da sola”, cioè grazie ai soli meccanismi di mercato. Se tale capacità non fosse presente e i meccanismi di mercato fossero insufficienti per guidare l’economia verso l’equilibrio, allora esisterebbe comunque un chiaro ruolo per lo stato anche nella allocazione e nella produzione dei beni. Inoltre, l’interpretazione della divisione dei ruoli basata sul 2◦ teorema del benessere fa affidamento sul fatto che l’economia competitiva, dopo che lo stato ha attuato la redistribuzione delle dotazioni iniziali, fosse appunto in grado raggiungere da sola il nuovo equilibrio. Anche in questo caso, se tale capacità è assente viene a cadere il razionale per la divisione dei ruoli tra stato e mercato. In secondo luogo, il ruolo attivo dello stato nella distribuzione, giustificato dal 2◦ teorema, poggiava comunque sull’ipotesi che lo stato — cioè i policy makers — potessero effettivamente elaborare un impressionante numero di informazioni. Per limitarsi a modificare solo le dotazioni iniziali degli agenti al fine di implementare la distribuzione finale desiderata, i responsabili della politica economica dovrebbero in effetti essere capaci di: 1. stabilire le reali dotazioni iniziali di beni e fattori di ogni agente economico; 2. controllare che la configurazione distributiva finale desiderata sia davvero pareto efficiente per l’intera economia; 3. calcolare adeguatamente le redistribuzioni di dotazioni — per ogni agente — necessarie a modificare il punto di partenza dell’economia; 4. stabilire con buona precisione le funzioni di utilità e le funzioni di produzione di ogni consumatore e di ogni impresa dell’economia (è necessario per svolgere adeguatamente i calcoli richiesti dal punto 2. sopra) L’enorme difficoltà di un tale insieme di compiti è talmente autoevidente che non richiederebbe ulteriori commenti, se non quello di ricordare che una moderna economia sviluppata è normalmente formata da milioni di agenti economici diversi e che il numero e la varietà dei beni in essa effettivamente prodotti e consumati è quasi altrettanto grande e che, inoltre, molti agenti avrebbero incentivi a nascondere il vero ammontare delle loro dotazioni iniziali se venissero a sapere che la redistribuzione attuata dallo stato li colpisce in modo sfavorevole21 . Concretamente, se si vuole influenzare la distribuzione del reddito 21 A ciò si aggiunga che anche dei modelli piuttosto semplificati di EEG, con un numero limitato di diverse tipologie di agenti e di beni (i cosiddetti computational general equilibrium models), quando implementati in simulazione numerica su grandi computers non riescono sempre a dare risultati, cioè non sempre si riesce a portare a termine la computazione effettiva (a meno di non semplificare ulteriormente il modello). 34 occorre basare le politiche fiscali su informazioni incomplete e strumenti non perfettamente adeguati (non sempre prelievi sulle dotazioni iniziali, ma sui redditi finali e/o sugli stessi prezzi dei beni); non vi è quindi alcuna garanzia teorica generale che le allocazioni raggiunte alla fine dei processi di redistribuzione siano, ad esempio, pareto efficienti. Infine si ricordi che affinché i due teoremi del benessere siano validi occorre non solo che l’economia sia perfettamente concorrenziale, ma anche che il sistema dei mercati sia completo, ovvero non vi siano forme di esternalità né rilevanti beni pubblici. Dato che queste condizioni normalmente non si verificano nella realtà, i due teoremi del benessere (così come tutta la teoria dell’EEG walrasiano) possono valere solo come approssimazioni della realtà economica effettiva; tale approssimazione è tanto più debole e imprecisa quanto più il sistema dei mercati risulta incompleto (o caratterizzato da fenomeni di potere di mercato). 35 Parte III: Esternalità e beni pubblici 5 5.1 Le esternalità Nozioni generali Come ben noto dalla teoria microeconomica standard, vi sono alcune importanti situazioni economiche in cui i due teoremi dell’economia del benessere (soprattutto il primo) cessano di essere validi, ovvero in cui le allocazioni generate dal sistema dei mercati non sono pareto efficienti ; queste configurazioni economiche, note come fallimenti del mercato, hanno grande importanza sia a livello aggregato (macroeconomico) che nel contesto di un singolo mercato e tradizionalmente vengono raggruppate in tre grandi categorie: i) il potere di mercato; ii) i beni pubblici; iii) le esternalità. Secondo la definizione classica, le esternalità sono quelle circostanze in cui le azioni di alcuni agenti nell’economia o in uno specifico mercato hanno un effetto diretto sulle scelte di qualche altro agente economico − sono infatti dette anche effetti esterni (o economie / diseconomie esterne). Questa situazione si discosta in modo importante da quella analizzata nella teoria di base dei mercati di concorrenza perfetta; nell’ambito dell’analisi di concorrenza perfetta si assume infatti che le conseguenze sul benessere degli agenti economci dipendano solo dalle quantità dei beni o degli altri oggetti economici che essi stessi controllano. Ad esempio, la funzione di utilità di un consumatore dipende, secondo queste ipotesi, solo dalle quantità dei beni che egli sceglie di acquistare e consumare. Analogamente, il profitto di un’impresa dipende solo dalle quantità di input che essa decide di acquistare e usare (e di conseguenza dalla quantità di output che essa in tal modo produce). Ci sono però alcune precisazione da fare in merito a tale questione. Infatti, anche in concorrenza perfetta, le quantità di beni che un consumatore decide di acquistare verranno a dipendere dai prezzi dei beni in questioni (oltre che dal suo reddito): non a caso si può costruire una funzione di utilità indiretta del consumatore, in cui il suo benessere dipende proprio da prezzi e reddito − una volta che egli abbia formulato le sue funzioni di domanda. Lo stesso vale per il profitto di un impresa in concorrenza perfetta: la sua funzione di profitto dipende dai prezzi di vendita dei beni che produce e da quelli di acquisto degli input che utilizza. Ad esempio, la profittabilità di un impresa metalmeccanica dipende certamente dal livello del prezzo dell’energia che essa consuma come bene intermedio: maggiore il prezzo del petrolio,coeteris paribus, minore la sua profittabilità (analoghi esempi possono essere 36 fatti per i consumatori). I prezzi di mercato veicolano dunque una serie di effetti estreni sulle funzioni obiettivo (utilità e profitto) degli agenti, anche nei mercati concorrenziali; questo tipo di effetti esterni sono sempre presenti e sono detti esternalità pecuniare. Si può però facilmente dimostrare che questo particolare tipo di esternalità non ha conseguenze sull’efficienza delle allocazioni realizzate in regime di concorrenza. Infatti, in un sistema di mercati perfettamente competitivi, nessun singolo agente, sia esso impresa o consumatore, ha la capacità di influire direttamente sul livello del prezzo di qualunque bene o input: consumatori e imprese sono troppo “piccoli” rispetto alla dimensione di qualunque mercato perchè le loro decisioni (rappresentate dalle loro funzioni di domanda o offerta) possano condizionare pesantemente la configurazione di equilibrio di uno di tali mercati. Sono solo la somma totale delle domande individuali e la somma totale delle offerte individuali che determinano l’allocazione complessiva di mercato. Dato che i singoli agenti prendono i prezzi come dati, le esternalità pecuniare non influiscono sull’efficienza paretiana dell’allocazione. Pertanto, l’analisi di politica microeconomica si concentra solo sulle esternalità non pecuniarie, ovvero le esternalità propriamente dette; queste sono dunque tutti gli effetti esterni che non sono mediati da prezzi di mercato. Esistono differenti tipi di esternalità (non pecuniarie). Un primo criterio di classificazione delle esternalità è basato sul tipo di agenti economici che esse coinvolgono. Avremo quindi esternalità del consumo quando l’utilità di un consumatore è influenzata direttamente dal consumo di beni da parte di un altro consumatore; ad esempio, il “consumo” di musica ad alto volume in ore notturne da parte di un inquilino può influire negativamente sul benessere dei suoi vicini; oppure, la decisione di recarsi al lavoro la mattina in automobile da parte di molti cittadini crea un pesante effetto di congestione sulle strade (traffico, ritardi, incidenti...) che infuisce sul benessere di ciascuno degli utenti, anche di coloro che si recano al lavoro usando altri mezzi (quelli pubblici o lo scooter). Quando le esternalità riguardano invece più direttamente le imprese si parla di esternalità di produzione: sono quei casi in cui l’insieme di produzione di un’impresa è influenzato direttamente dalle azioni di qualche altra impresa. Anche in tal caso gli esempi sono numerosi e intuitivi: si pensi ad un polo di imprese petrolchimiche che produce una significativa quantità di prodotti di scarto inquinanti che riversa nel territorio circostante, danneggiando i suoli e quindi le attività delle imprese agricole che si trovano ad operare in prossimità della stessa area. Oppure si consideri la relazione che sussiste tra le imprese ortofrutticole e quelle del settore apicolturale: se nelle vicinanze vi sono molte aziende che coltivano alberi da frutta, gli apicoltori della zona ne sono avvantaggiati (le loro api potranno produrre più miele con minor sforzo data la vicinanza degli alberi da frutto coi loro fiori), ma anche i frutticoltori sono avvantaggiati 37 dalla presenza degli apicoltori22 . Infine si pensi alle dinamiche proprie dei distretti e dei poli produttivi: quando diverse imprese, operanti nello stesso settore produttivo o in settori affini o verticalmente collegati, scegono di localizzarsi in una stessa area o città, la stessa concentrazione delle loro attività produce una serie di benefici per ciascuna impresa. Le forniture di materie prime saranno più costanti e frequenti (i fornitori hanno interesse a servire meglio grandi aree); la disponibilità di manodopera adatta tenderà ad espandersi (i lavoratori qualificati per quelle produzioni saranno attirati dalle opportunità offerte dal polo); le informazioni circoleranno meglio tra le imprese del distretto, consentendo di sviluppare piani e prodotti migliori; infine, le altre istituzioni locali saranno invogliate ad approntare un maggior numero di servizi per le imprese di un distretto grande ed importante. Tutti questi effetti tendono a tradursi in una riduzione dei costi − o in un miglioramento della qualità dei prodotti − per ciacuna delle imprese che formano il polo/distretto. Questo tipo di esternalità "da agglomerazione" sono un caso classico, studiato da lungo tempo dalla teoria economica, e prendono il nome di esternalità marshalliane 23 . Un’altra importante dimensione lungo la quale si possono classificare le esternalità è quella della natura del loro effetto. In tal modo avremo esternalità positive quando le azioni di un agente favoriscono e accrescono l’utilità o il profitto di un altro agente; esempi generali di esternalità positive sono la cura individuale della propria salute (che previene la diffusione di malattie contagiose), la diffusione gratuita della conoscenza, la cura delle proprietà (ad esempio se i proprietari immobiliari curano il decoro e la manutenzione esterna delle loro abitazioni, il valore commerciale di queste e del quartiere intero risulta accresciuto), le regole di buon vicinato, le ricadute di alcuni investimenti e diverse altre ancora. Le esternalità negative, al contrario, si hanno quando le azioni di un agente riducono (danneggiano) l’utilità o il profitto di un altro agente. Anche in questo caso gli esempi sono molti, i più importanti dei quali sono l’inquinamento e le cosiddette esternalità da congestione (come ad esempio il traffico, i tempi di attesa per pratiche e disbrighi amministrativi, ecc.). Vi sono due aspetti fondamentali che caratterizzano le esternalità non pecuniarie: − in generale, la causa di fondo dell’esistenza di una esternalità è da ricercarsi nella mancanza di un mercato, in cui gli agenti possono scambiarsi (tramite appositi prezzi) delle somme in denaro corrispondenti ai danni o ai benefici rappresentati 22 Le api infatti possono essere essenziali per l’impollinazione delle loro piante. Per dare un’idea dell’importanza del fenomeno, secondo alcune stime, circa il 30% di tutto il cibo prodotto dall’agricoltura a livello mondiale proviene da piante che riccorono alle api per la loro impollinazione. 23 Da Alfred Marshall, l’insigne economista inglese che per primo analizzò il fenomeno alla fine dell’ottocento. 38 dall’esternalità stessa. Se, ad esempio, esistesse un mercato per il bene (o meglio, per il male) “inquinamento”, chi produce questo bene “negativo” dovrebbe pagare (per il permesso di inquinare) un prezzo agli altri soggetti, indennizzandoli così parzialmente e al contempo avrebbe un’incentivo a ridurre le sue emissioni. I motivi per cui i mercati che risolverebbero i problemi di esternalità non vengono creati sono molteplici; in generale è lecito pensare che ciò sia dovuto alla difficoltà organizzativa che l’istituzione di simili mercati comporta − o come viene detto in termini economici, al fatto che tali mercati comportano elevati costi di transazione. Il carattere generale dei costi di transazione suggerisce che la causa profonda delle esternalità non è di natura unicamente o specificamente tecnologica. − L’effetto finale delle esternalità non pecuniarie è − come già detto − quello di dar luogo a allocazioni inefficienti nel senso di Pareto. Ciò è dovuto al fatto che le esternalità producono una scissione tra costi o benefici individuali e costi o benefici sociali (entrambi marginali). I primi sono i costi/benefici registrati dal singolo agente che origina l’esternalità, mentre i secondi sono i costi/benefici registrati dalla società nel suo complesso, inclusi cioè anche gli agenti che subiscono l’esternalità. Quando le esternalità sono assenti, l’equilbrio dei mercati competitivi assicura che costi/benefici privati e costi/benefici sociali coincidano. 5.2 Un semplice modello di esternalità nella produzione Alcuni tra i fenomeni di esternalità più rilevanti sono legati all’attività produttiva delle imprese, e spesso si configurano come esternalità negative: l’inquinamento ad esempio ha addirittura un impatto globale sul benessere e sulla produzione corrente e futura (si pensi alle emissioni ad effetto serra). Perciò illustreremo un modello semplificato di esternalità di produzione negativa tra due imprese rappresentative ciascuna del proprio settore produttivo. Le due imprese operano in due distinti mercati in concorrenza perfetta. La produzione della prima impresa è q1 , quella della seconda impresa q2 . La prima impresa produce un ammontare di inquinamento che danneggia la seconda impresa e tale ammontare di inquinamento è direttamente proporzionale alla produzione q1 . Possiamo rappresentare questa situazione definendo le funzioni di costo delle due imprese in questo modo: − costo di produzione della prima impresa: C1 (q1 ), con dC1 dq1 − costo di produzione della seconda impresa: C2 (q2 , q1 ), con > 0; d2 C1 dq12 > 0; dC2 dq2 > 0; d2 C2 dq22 >0e dC2 dq1 > 0. Dunque l’effetto dell’inquinamento (dovuto a q1 ) si traduce in un aggravio di costi per l’impresa 2: la funzione C2 dipende anche da q1 e un incremento di q1 determina maggiori 39 costi per la seconda impresa, cioè: dalle seguenti espressioni: dC2 dq1 > 0. I profitti delle due imprese, Π1 e Π2 , sono dati Π1 = p1 q1 − C1 (q1 ) e Π2 = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) dove i due prezzi p1 e p2 sono presi come dei dati dalle due imprese (poichè i loro mercati sono perfettamente competitivi). Ciascuna impresa sceglierà quindi la quantità da produrre che massimizzerà il suo profitto individuale; ovvero le due imprese risolveranno, rispettivamente, i due problemi di scelta: maxΠ1 = p1 q1 − C1 (q1 ) e maxΠ2 = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) q1 q2 le due condizioni di primo ordine per un massimo24 , sono: p1 − impresa 1: dC1 (q1 ) =0 dq1 → p1 = dC2 (q1 ) dq1 (19) impresa 2: p2 − dC1 (q2 , q1 ) =0 dq2 → p2 = dC2 (q2 , q1 ) dq2 (q2 ,q1 ) 2 (q1 ) Le due condizioni al margine p1 = dCdq e p2 = dC2dq implicano due quantità di 1 2 A A equilibrio q1 e q2 . Per semplicità, assumiamo che le funzioni di domanda di mercato dei beni 1 e 2 siano entrambe infinitamente elastiche, cosicchè i prezzi p1 e p2 (che ovviamente possono essere diversi) saranno certamente quelli di equilibrio dei due mercati25 . Si può dimostrare in modo diretto che tali produzioni non sono socialmente efficienti, ovvero non sono due allocazioni pareto-efficienti. In base a quanto visto nelle sezioni precedenti, un modo per determinare le allocazioni pareto-efficienti è quello di calcolare le allocazioni (nel presente caso le due quantità q1 e q2 ) che massimizzano la somma dei benesseri/utilità degli agenti coinvolti nell’analisi. Nel nostro caso ci concentriamo solo sulle due imprese rappresentative, cosicchè il benessere “sociale” W sarà dato dalla somma dei due profitti Π1 e Π2 . Lo possiamo fare − possiamo cioè trascurare il lato dei consumatori − poichè le esternalità che stiamo analizzando coinvolgono le decisioni di produzione delle imprese, e non quelle di acquisto dei beni da parte 24 Si assume che le condizioni di secondo ordine per le due imprese siano soddisfatte; ciò può essere giustificato notando che le derivate seconde delle due funzioni di costo sono positive rispetto all’output 2 2 dell’impresa cosrrispondente ( ddqC21 > 0 e ddqC22 > 0), e ricordando che per la seconda impresa la q1 che 1 2 compare nella sua funzione di costo C2 (q2 , q1 ) è un dato (viene infatti scelta dall’altra impresa). 25 L’ipotesi serve solo a semplificare l’esposizione: essa non condiziona la validità generale dei risultati. 40 dei consumatori. Dunque l’allocazione (q1 , q2 ) pareto-efficiente sarà quella che massimizza la somma W = Π1 + Π2 , cioè che risolve il seguente problema di massimizzazione: maxW = Π1 + Π2 = p1 q1 + p2 q2 − C1 (q1 ) − C2 (q2 , q1 ) q1 ,q2 Le due condizioni di primo ordine per un massimo sono pari a: p1 − dC1 (q1 ) dC2 (q2 , q1 ) − dq1 dq1 = 0 cioè: p1 = dC1 (q1 ) dC2 (q2 , q1 ) + dq1 dq1 (20) p2 − dC2 (q2 , q1 ) dq2 = 0 cioè: p2 = dC2 (q2 , q1 ) dq2 Da queste due equazioni si possono dedurre le due quantità socialmente efficienti, q1Eff e q2Eff . Si noti ora come la prima equazione delle (19) differisca da quella corrispondente delle (20): dC1 (q1 ) dC1 (q1 ) dC2 (q2 , q1 ) contro: p1 = + p1 = dq1 dq1 dq1 (soluzione individuale) (soluzione pareto-efficiente) Ciò implica che la quantità di equilibrio nel mercato 1 e nel caso in cui l’impresa 1 decida autonomamente ed "egoisticamente" è diversa da quella che si dovrebbe registrare nel caso dell’allocazione efficiente. Infatti, nel caso di decisione autonoma da parte dell’impresa 1, il prezzo p1 , che supponiamo essere quello di equilibrio del mercato, deve essere pari al 1 (q1 ) = CM P . Invece, nel caso solo costo marginale privato dell’impresa 1, cioè a dCdq 1 dell’allocazione efficiente, lo stesso prezzo di equilibrio deve essere pari alla somma di due (q2 ,q1 ) 1 (q1 ) + dC2dq , dove il primo è il costo marginale privato dell’impresa costi marginali: dCdq 1 1 (q2 ,q1 ) 1 e il secondo termine dC2dq indica il costo aggiuntivo (e marginale) che l’inquinamento 1 prodotto dall’impresa1 genera per l’impresa 2. Dunque per avere l’efficienza paretiana lo stesso prezzo di equilibrio p1 deve essere pari al costo marginale sociale della produzione (q2 ,q1 ) 1 (q1 ) di q1 − che è appunto la somma dCdq + dC2dq = CM S. Poichè p1 è lo stesso26 nei due 1 1 casi, la quantità di equilibrio di mercato non regolato q1A sarà certamente diversa, in generale, da quella pareto-efficiente q1Eff . Dunque quando sono presenti esternalità di produzione, l’equilibrio di mercato in assenza di regolazione o correttivi genera un’allocazione paretoinefficiente, e ciò anche nel contesto di mercati peraltro perfettamente competitivi. 26 Và detto che questa assunzione in realtà non è necessaria: il fatto che p1 sia fisso dipende solo dall’ipotesi di domanda infinitamente elastica; ma si può dimostrare che l’allocazione pareto-efficiente differisce da quella del mercato non regolato anche se la funzione di domanda di mercato del bene 1 è negativamenteb inclinata. 41 Si può agevolmente mostrare che nel caso ora discusso di esternalità di produzione negativa, la quantità di equilibrio di mercato non regolato q1A risulta essere maggiore di quella pareto-efficiente q1Eff . Infatti, abbiamo ipotizzato una funzione di costo C1 (q1 ) con derivata prima e seconda positiva, cioè con costi marginali positivi e crescenti. Ciò implica 1 (q1 ) , che la funzione di offerta (non regolata), che in forma implicita è data da p1 = dCdq 1 è crescente nel prezzo del bene p1 . Dato che il termine dC1 (q1 ) dq1 per (q2 ,q1 ) + dC2dq , che 1 27 ogni valore di q1 . dC2 (q2 ,q1 ) dq1 è positivo, la funzione esprime il costo marginale sociale, sarà maggiore della sola La situazione è dunque quella descritta nella figura 10. dC1 (q1 ) dq1 p1, C1 dC1 /dq1 + dC2 /dq1 dC1 /dq1 p1 q1Eff q1A q1 Figura 10: Esternalità negative e pareto-inefficienza La curva in blu rappresenta la funzione di offerta non regolata, mentre quella in rosso indica il costo marginale sociale. In questo caso la differenza tra costi marginali sociali e costi marginali privati è positiva (per ogni q1 ), cioè vale: CM S − CM P = dC2 (q2 , q1 ) >0 dq1 Ciò è conseguenza del fatto che l’esternalità di produzione è negativa: l’impresa 1 produce troppo e quindi inquina troppo perchè nelle sue decisioni non tiene conto dell’impatto di q1 sui costi dell’altra impresa, la 2. Qualora l’esternalità fosse stata positiva, la situazione 27 Se si assume anche che la funzione di costo C2 (q2 , q1 ) abbia derivata seconda positiva in q1 , allora il (q2 ,q1 ) 1 (q1 ) costo marginale sociale dCdq + dC2dq sarà anche esso una funzione crescente di q1 ; è il caso illustrato 1 1 nella figura 10. 42 sarebbe stata rovesciata: la produzione di mercato non regolata sarebbe stata inferiore a quella socialmente ottimale. Come regola generale possiamo dire che: − In caso di esternalità negative, la quantità di equilibrio di mercato non regolato è troppo alta: q1A > q1Eff − In caso di estrenalità positive, la quantità di equilibrio di mercato non regolato è troppo bassa: q1A > q1Eff . Nel caso specifico che abbiamo considerato - esternalità negativa - l’intervento del regolatore sarebbe dunque volto a indurre una riduzione della produzione di q1 da parte dell’impresa inquinante. 5.3 Politiche correttive: la creazione di mercati per le esternalità Gli interventi del regolatore a fronte di un problema di estrenalità sono di vario tipo. Escludendo la produzione pubblica diretta dei beni oggetto di esternalità, vi possono essere diverse modalità d’azione basate su una logica di incentivo e regolazione. Le principali sono: B Imposte (tasse pigouviane 28 ) e sussidi correttivi — a carico o a favore dei responsabili delle azioni di esternalità; B La regolazione degli effetti esterni; B La creazione di appositi mercati per i diritti di produrre esternalità. Ci concentreremo solo sull’ultima, la creazione di diritti negoziabili per produrre l’esternalità; questa strategia di policy infatti è stata negli ultimi decenni largamente sperimentata − anche a livello internazionale − proprio nel caso esternalità negative di produzione legate all’inquinamento (come nel modello della sezione precedente). Inoltre si può dire che queste politiche cercano di affrontare il problema delle esternalità "alla radice", in un certo senso. Si è visto infatti che all’orgine delle esternalità vi è sempre la mancanza di un mercato apposito in cui gli agenti possano scambiarsi somme di denaro come corrispettivo per la produzione (o la non produzione) dell’esternalità in questione. Istituendo un apposito mercato, le autorità di policy cercherebbero di rimuovere la causa economica di fondo dell’esternalità stessa; inoltre, una volta che il mercato è stato istituito, occorre solo lasciarlo alle libere contrattazioni tra gli agenti − e assicurarsi che la concorrenza non sia impedita o violata − per far sì che l’allocazione risultante approssimi quella pareto-efficiente. 28 Da A.C. Pigou (1920; 1928) che ne ha sviluppato per primo l’analisi. 43 Il primo passo per creare un mercato apposito delle esternalità negative − nell’esempio specifico, per l’inquinamento − è quello di assegnare i diritti di proprietà iniziali. Se pensiamo alla situazione descritta nel modello della sezione precedente, ci sono fondamentalmente due modi in cui si può procedere all’allocazione iniziale dei diritti di proprietà sull’inquinamento: a) si attribuisce all’impresa 2 il "diritto all’ambiente pulito", e quindi sarà l’impresa 1 a dover pagare la 2 per poter produrre il suo output q1 e quindi inquinare; b) si attribuisce all’impresa 1 il diritto a produrre q1 , cosicchè sarà la 2 a dover pagare per ottenere l’ambiente pulito (cioè per convincere la 1 a diminuire la produzione). Dato che nella realtà si è cercato di implementare concretamente sistemi di diritti di proprietà più in linea con l’opzione a) illustreremo nel dettaglio quest’ultimo caso. Partiamo dalla definizione dei due profitti delle imprese-tipo 1 e 2: Π1 = p1 q1 − C1 (q1 ) e Π2 = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) e assumiamo che la 2 abbia diritto all’assenza di inquinamento. Dunque, prima delle transazioni, la 2 può far valere il suo diritto ad avere q1 = 0. Se l’impresa 1 vuole produrre un q1 > 0, e quindi inquinare, deve versare alla 2 una somma: deve cioè "acquistare" il diritto ad inquinare, e ciò comporta un esborso pari a T , dall’impresa 1 alla 2. Le funzioni di profitto sono dunque così modificate: Π1 = p1 q1 − C1 (q1 ) − T e Π2 = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) + T A questo punto si aprono le contrattazioni sul mercato del "diritto ad inquinare": se tali contrattazioni sono libere − e si svologno in un regime di concorrenza − l’impresa 1 dovrà decidere, da un lato, quanto q1 vorrebbe realizzare, e dall’altro quanto ciò gli verrebbe a costare in termini della somma T da versare alla 2. Per semplicità, assumiamo che l’impresa 1 faccia un offerta "prendere o lasciare" alla 2 (quindi in un solo round di contrattazione), cercando però di assicurarsi che la 2 trovi tale offerta vantaggiosa e quindi sia invogliata ad accettarla (si assume onoltre che le due imprese abbiano conoscenza perfetta e comune riguardo alle varie tecnologie disponibili e agli altri parametri). L’impresa 1 si trova dunque a dover risolvere il seguente problema di massimizzazione del suo profitto: maxΠ1 = p1 q1 − C1 (q1 ) − T q1 ,T s.t. Π2 = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) + T ≥ 0 44 considerando q2 come un dato. Il vincolo p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) + T ≥ 0 esprime appunto il fatto che l’impresa 1 cerca di far sì che la sua offerta di T sia vantaggiosa per la 2: affinchè ciò accada è necessario che la coppia (q1 , T ) proposta dall’impresa 1 garantisca all’impresa 2 un profitto almeno non-negativo. Questo vincolo, nella letteratura sulla teoria principaleagente, viene chiamato vincolo di partecipazione. D’altra parte, per l’impresa 1 T è un ulteriore fattore di costo, e quindi cercherà di far sì che esso sia il più piccolo possibile, compatibilmente con la condizione Π2 ≥ 0; inoltre, la relazione tra Π2 e T è diretta: più alto T , maggiore Π2 . Dunque l’impresa 1 offrirà sempre un T tale che il vincolo di partecipazione valga con il segno di eguaglianza, cioè dovrà essere: p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) + T = 0 Questa equazione può essere espressa come: −T = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) e pertanto il problema di massimo profitto dell’impresa 1 diventa: maxΠ1 = p1 q1 − C1 (q1 ) − T q1 ,T s.t. − T = p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) Sostituendo il secondo membro del vincolo al posto di −T nell’espressione del profitto Π1 , il problema di massimizzazione si semplifica ulteriormente, divenendo un problema di massimizzazione libera in una sola variabile: maxΠ1 = p1 q1 − C1 (q1 ) + p2 q2 − C2 (q2 , q1 ) q1 Ora l’impresa 1 deve solo scegliere q1 : una volta fissato questo valore saprà automaticamente a quanto ammonta il T che deve versare alla 2. La condizione di primo ordine per un massimo è data da: p1 − dC1 (q1 ) dC2 (q2 , q1 ) − = 0 cioè: dq1 dq1 p1 = dC1 (q1 ) dC2 (q2 , q1 ) + dq1 dq1 Si osserva immediatamente che questa equazione è identica alla prima delle (20), e dunque la quantità scelta dall’impresa 1, che indichiamo con q1C , dovra essere esattamente uguale a quella pareto-efficiente: q1Eff . 45 L’assegnazione di diritti di proprietà negoziabili in un apposito mercato (competitivo) ha dunque eliminato l’inefficienza paretiana connessa all’esternalità. Di fatto ha eliminato l’esternalità stessa, poichè creando un diritto di proprietà riguardo all’inquinamento si è trasformata un’esternalità vera e propria in una esternalità puramente pecuniaria, e come già visto queste ultime non hanno conseguenze sull’efficienza dell’allocazione finale. Si noti che sarebbe stato possibile ottenere lo stesso risultato anche se il diritto di proprietà iniziale fosse stato allocato all’impresa 1 anzichè alla 2. Tutto ciò è coerente con il Teorema di Coase che appunto stabilisce che, sotto opportune condizioni, la distribuzione iniziale dei diritti di proprietà non ha effetti sull’efficenza economica delle allocazioni finali a cui gli agenti giungono dopo aver svolto tutte le contrattazioni. Nel semplice modello sopra delineato queste condizioni erano rispettate, ed è appunto ciò all’origine della neutralità dell’allocazione finale q1C rispetto alla distribuzione iniziale dei diritti di proprietà. Chiaramente và ricordato che sovente le condizioni richieste dal Teorema di Coase non si riscontrano nella realtà, e dunque la scelta del modo con cui attribuire i diritti può influire sulla natura dell’allocazione finale. 6 6.1 I beni pubblici Nozioni generali Come noto dalla teoria micoreconomica, un bene pubblico è un qualsiasi bene che possiede le due seguenti caratteristiche: − non rivalità: il consumo di una qualsiasi quantità del bene da parte di un individuo non ne pregiudica quello di altri; − non escludibilità: non è tecnicamente o economicamente fattibile escludere un individuo dal consumo del bene pubblico. Da un punto di vista teorico generale il concetto di bene pubblico è quindi strettamente legato a quello di esternalità, il quale risulta essere più generale: infatti i beni pubblici possono essere considerati come casi particolari esternalità. In particolare, i beni pubblici possono essere pensati come esternalità cosiddette non esauribili: si tratta di effetti esterni per i quali l’esperienza di tale effetto da parte di un agente non pregiudica l’esperienza dello stesso effetto da parte di altri agenti. Se consideriamo come effetto il consumo del bene stesso, abbiamo dunque la definizione di bene pubblico − chiaramente, se il consumo del bene in questione produce una riduzione del benessere, allora si parla di “male” pubblico, puttosto che di bene. Esempi classici di beni pubblici sono le strade, l’amministrazione 46 della giustizia, il controllo dell’ordine pubblico, la difesa nazionale, sistemi di comunicazione pubblica e di informazione particolari (come i fari nei porti, le trasmissioni radio e televisive non criptate) e molti altri. La nozione di bene pubblico, nel senso moderno del termine cioè come bene non escludibile e non rivale, è relativamente recente; la sua origine viene usualmente attribuita a Paul Samuleson secondo cui un bene pubblico se: "each individual’s consumption of such a good leads to no subtractions from any other individual’s consumption of that good" [Samuelson 1954; p. 387], e quindi era originariamente limitata alla caratteristica della non rivalità (cioè ai beni chiamati dallo stesso Samuelson "beni di consumo collettivo"). E’ pero’ interessante notare che il concetto di bene pubblico − e quello più generale di esternalità − era in realtà presente, seppur in forma "implicita" e quasi inconsapevole, nel corpo principale della scienza economica sin dai tempi della nascita della stessa disciplina (nella sua versione moderna). Ad esempio, Adam Smith, forse l’economista più famoso e considerato di fatto il fondatore della moderna teoria economica, aveva già messo in luce alla fine del XVIII secolo l’importanza cruciale di alcuni beni e servizi per il funzionamento efficiente di un intero sistema economico. E si tratta di beni e servizi che noi oggi considereremmo certamente come beni caratterizzati da rilevanti esternalità, se non veri e propri beni pubblici. Egli nota come29 : “. . . dovere del sovrano o della repubblica è quello di erigere e conservare quelle pubbliche istituzioni e quelle opere pubbliche che, per quanto estremamente utili a una grande società, sono però di natura tale che il profitto non potrebbe mai rimborsarne la spesa a un individuo o a un piccolo numero di individui, sicchè non ci può aspettare che un individuo o un piccolo numero di individui possa erigerle o conservarle." [Smith 1776, libro V, p. 594]. Chiaramente Smith ha in mente un meccanismo economico alla base di questi beni e istituzioni che è fondamentalmente quello delle esternalità: la loro fornitura ad un livello efficiente − o anche a un livello qualsiasi ma non nullo − non può essere effettuata da singoli agenti privati che intraprenderebbero tale produzione col solo scopo del profitto economico che potrebbe derivarne, cioè da imprese private in concorrenza perfetta. Si tratta quindi di una chiara discussione di ciò che noi oggi chiamiamo "fallimento del mercato", già presente e svolta all’alba della scienza economica, da un autore tradizionalmente considerato un "paladino" del liberismo economico e per di più con argomenti sorprendentemente moderni. 29 Le citazioni di Smith che seguono, e la discussione sulla modernità del suo pensiero in materia, sono ben esposte in Holler e Leroch (2010). 47 Non solo; gli esempi che Simth propone per questi beni e istituzioni che dovrebbero essere forniti dalle autorità pubbliche sono: "Dopo le istituzioni e le opere pubbliche necessarie per la difesa della società e per l’amminsitrazione della giustizia ... le altre istituzioni e opere di questo genere sono quelle per facilitare il commercio delle società e quelle per promuovere l’istruzione della popolazione. Le istituzioni per l’istruzione sono di due tipi: quelle per l’educazione della gioventù e quelle per l’istruzione delle persone di tutte le età. [Smith 1776, Libro V, p.595]. I primi esempi della citazione sono riconducibili al ruolo che lo stato deve svolgere nella garanzia dei diritti di proprietà privati (o di altro genere); infatti difesa (interna e esterna) e giustizia sono elementi essenziali del sistema di istituzioni che possono fa valere con efficacia (diremmo, garantire l’enforcement) il rispetto dei diritti di proprietà. Anche in questo caso colpisce la modernità delle osservazioni di Smith, specie riguardo agli altri due esempi e soprattutto in merito all’istruzione pubblica. Infatti, nel resto del paragrafo della Ricchezza delle nazioni menzionato nella citazione, Smith puntualizza che i benefici dell’istruzione sono principalmente di due tipi. In primo luogo essa favorisce lo "spirito marziale"30 , un motivo che oggi può apparire meno attuale. Ma il secondo motivo di giustificazione dell’offerta pubblica di istruzione, secondo Smith, ha a che vedere con la necessità di accrescere la capacità di giudizio dei cittadini e la loro resistenza alle "illusioni dell’entusiasmo e della superstizione" (Smith 1776, Libro V). Egli infatti sottolinea come frequentemente disordini pubblici e mafunzionamenti dello stato siano causati dalla scarsa capacità di giudizio e dalla facile influenzabilità di quella che noi oggi chiameremmo "opinione pubblica"; quindi, per avere uno stato ordinato e ben funzionante è necesaria una popolazione civile e matura, cioè con un grado di istruzione e di capacità di giudizio adeguati, i quali possono − e debbono − essere incoraggiati, promossi e offerti dalle autorità pubbliche. Per avere un metro di valutazione della modernità delle argomentazioni di Smith, le si confronti con gli articoli 9, 33 e 34 della Costituzione della Repubblica Italiana. Ritornando alla nozione moderna di bene pubblico, và detto che è la non rivalità che contribuisce a definire in modo più forte il carattere di “pubblicità” del bene. Infatti la non escludibilità di un bene non rivale può essere una qualità che il bene stesso possiede in vari gradi: si tratta in realtà di una caratteristica di natura prettamente tecnica. Ad esempio, l’accesso ai servizi di un particolare club ha carattere di non rivalità per i soci, ma può 30 Diremmo oggi "l’attacamento alla partia" e ai valori "nazionali", necessari per avere dei cittadini disposti a difendere la nazione da minacce esterne − un’esigenza particolarmente sentita ai tempi di Simth: era pur sempre un uomo dell’Europa del settecento. 48 essere facilmente escludibile: è sufficiente limitare la possibilità di iscriversi e mettere dei guardiani all’accesso del club stesso, e ciò non comporta in genere grandi costi o difficoltà tecniche. Tali beni hanno caratteristiche diverse dai beni pubblici “puri” (cioè interamente non escludibili e non rivali), per cui vengono spesso chiamati beni di club, e vengono studiati in modo separato dal caso dei beni pubblici puri. In alcuni casi poi è possibile che innovazioni tecniche o organizzative alterino profondamente le caratteristiche di un bene pubblico; si pensi alle reti televisive private: con l’“invenzione” del mercato degli spazi pubblicitari in trasmissione, un fornitore di trasmissioni televisive può realizzare profitti e fatturati adeguati anche se il bene vero e proprio che produce (i programmi di palinsesto) sono in effetti beni pubblicamente accessibili; il “prezzo” che in consumatori pagano è dato dalle interruzioni pubblicitarie. Un altro esempio rilevante è quello delle autostrade: in questo caso è possibile, anche se costoso, rendere il bene in questione interamente escludibile, costruendo un sistema di caselli all’acceso e di barriere artificiali lungo tutto il percorso della strada; i costi della escludibilità del bene sono compensati dai ricavi che si possono comunque ottenere. Nel resto della sezione ci concentreremo sull’analisi del caso più paradigmatico di bene pubblico: quello “puro”, cioè interamente non rivale e non escludibile. Infine, è da notare come esista anche una categoria di beni che, pur essendo rivali come gli ordinari beni di consumo, possiedono la sola caratteristica di non rivalità: si tratta dei cosiddetti beni comuni (o risorse di stock comuni); esempi di tali beni sono le riserve di fauna ittica pescabile nei mari, il legname fornito da boschi e foreste, alcune risorse minierarie, e (verosimilmente fino a un certo grado) i servizi di salute pubblica. Dato che i beni pubblici sono specifici tipi di estrenalità, le politiche microeconomiche correttive riguardo a tali beni sono a grandi linee le stesse di quelle individuate per le esternalità C’è però una significativa differenza: la non escludibilità dei beni pubblici (puri) impedisce che si possa adottare la soluzione basata sulla creazione di un apposito mercato del bene stesso. Nel senso che anche qualora si riuscisse a istituire un mercato per il bene pubblico, il suo funzionamento sarebbe comunque pregiudicato dal fatto che i diritti di proprietà sul bene pubblico non sono facili da far rispettare, proprio a causa della non escludibilità. In generale, i beni pubblici pongono dunque dei problemi particolari, che possono essere raggruppati in tre categorie: − quale è il livello ottimale di produzione e conumo di un bene pubblico? − quale è il modo migliore (o anche quello possibile) per finanziare la produzione di un bene pubblico? − qual’è l’opzione migliore per la concreta produzione di un bene pubblico? 49 Esamineremo tramite alcuni semplici modelli questi tre problemi, tenendo conto che gli ultimi due sono strettamente intrecciati. 6.2 ll livello ottimale di produzione e consumo di un bene pubblico Per evidenziare i problemi di efficienza legati ai beni pubblici conviene astrarre dalla caretteristica della non escludibilità, ipotizzando quindi che il bene pubblico sia comunque producibile e scambiabile da agenti provati in un mercato apposito non regolato, in regime di concorrenza perfetta. Concentrandoci dunque sulla sola non rivalità si possone meglio apprezzare gli effetti sull’efficienza delle allocazioni dovuti alla sola presenza delle esternalità non-esauribili, che sono poi all’origine del carattere di pubblicità del bene. In tal modo si può individuare e determinare in via teorica il livello generalmente efficiente di produzione e consumo di un bene pubblico e capire come e perchè la produzione privata − o almeno non regolata − del bene pubblico non può essere pareto-efficiente. Impiegheremo un semplice modello in cui vi sono solo due categorie (rappresentative) di consumatori, la 1 e la 2, che devono decidere quanto consumare di un bene pubblico X. Indichiamo con: x1 = utilizzo del bene pubblico da parte di 1 x2 = utilizzo del bene pubblico da parte di 2 X xi = x1 + x2 = consumo collettivo del bene pubblico X = i=1,2 Le due funzioni di utilità dei consumatori rappresentativi sono di tipo separabile nel consumo del bene pubblico, cioè sono date dalle funzioni: U1 = u1 (X) + y1 e U2 = u2 (X) + y2 dove yi indica il consumo di tutti gli altri beni da parte del consumatore i, mentre i vincoli di bilancio dei due consumatori sono dati da: px1 + y1 = m1 e px2 + y2 = m2 dove p è il prezzo del bene pubblico, uguale per tutti e due i consumatori: pagando p, il consumatore i "contribuisce" all’acquisto della la quantità xi del bene pubblico; infine mi è il reddito monetario del consumatore i (un dato esogeno). Una cosa è importante notare in merito alle Ui : l’utilità del consumo del bene pubblico per un agente i, cioè ui (X), non dipende dalla quantità xi di bene pubblico che egli "ac50 quista" nel mercato (cioè da quella per cui paga il prezzo p), ma dipende dall’ammontare totale del bene pubblico consumato da tutti i consumatori, X = x1 +x2 . Ciò esprime proprio il carattere di non rivalità nel consumo del bene pubblico: il consumo da parte di un consumatore non pregiudica quello da parte di un altro cosumatore, e il bene viene consumato "in gruppo" (o collettivamente) dai vari agenti. Ogni ui (X) è una funzione concava di xi , cioè si ha: dui (X) /dxi > 0 e d2 ui (X) /dx2i < 0 per i = 1, 2 (le due utilità marginali sono decrescenti). Ciascuno dei due vincoli di bilancio può essere scritto in questo modo: yi = mi − pxi , per i = 1, 2, e sostitiendo questi due valori di yi nelle rispettive Ui si ottiene: U1 = u1 (X) + m1 − px1 e U2 = u2 (X) + m2 − px2 possiamo ora trascurare i termini mi : essi sono infatti esogeni nella nostra analisi, e non influiscono sulla natura dei risultati che andremo a discutere. In tal modo possiamo usare le versioni semplificate delle due funzioni di utilità: U1 = u1 (X) − px1 e U2 = u2 (X) − px2 (21) Dalle (21) possiamo facilmente calcolare le domande di bene pubblico da parte dei due consumatori rappresentativi; infatti, il consumatore 1 risolverà il suo problema di massimizzazione dell’utilità rispetto a x1 : maxU1 = u1 (x1 + x2 ) − px1 x1 la cui condizione di primo ordine è: du1 (X) −p=0 dx1 cioè: du1 (X) =p dx1 (22) In modo del tutto analogo si ottiene, per il consumatore 2: du2 (X) −p=0 dx2 cioè: du2 (X) =p dx2 (23) Le due equazioni (22)-(23) rappresentano le funzioni di domanda (inversa) del bene pubblico per i due consumatori: esse sono entrambe inclinate negativamente (data l’utilità marginale decrescente). Passando al lato dell’offerta/produzione del bene pubblico, assumiamo che X sia prodotto in regime di concorrenza perfetta da un insieme di imprese tutte uguali, sintetizzate da una 51 singola impresa rappresentativa i cui costi di produzione, in funzione dell’output X, sono dati dalla funzione: C (X), con dC/dX > 0 e d2 C/dX 2 > 0. Dato che l’impresa vende il bene pubblico al prezzo p, il profitto è pari a: Π = pX − C (X) e l’impresa rappresentativa vorrà offrire la quantità di X che massimizza Π. Per determinarla, risolverà il seguente problema di massimizzazione: maxΠ = pX − C (X) X la cui condizione di primo ordine è: p− dC (X) =0 dx cioè: p= dC (X) dx (24) L’equazione (24) descrive dunque l’offerta (indiretta) complessiva del bene pubblico X: essa è una funzione di offerta crescente nel prezzo p (in virtù dei costi marginali crescenti). L’equilibrio nel mercato si avrà quando il prezzo p di vendita per l’impresa (dalla (24)) è uguale a quello di acquisto per i due consumatori (dato dalle (22)-(23)). Ovvero, in equilibrio di domanda e offerta complessiva, deve valere la condizione: (p =) du1 (X) du2 (X) dC (X) = = dx dx1 dx2 (25) Le equazioni nella condizione (25) non consentono ancora di individuare una quantità di equilibrio del bene pubblico, scambiata e prodotta nel mercato. Infatti, in generale, le ui i (X) possono differire tra loro, e quindi si possono avere due diverse dudx anche per la stessa i X. Assumiamo in tal caso che il consumatore ´ con la più alta utilità marginale, cioè con la ³ dui (X) dui (X) , sarà quello che pagherà il prezzo p per più alta dxi che indichiamo con: dxi max finanziare l’acquisto del bene pubblico; l’altro consumatore semplicemente porrà pari a 0 la sua domanda di bene pubblico. Dunque la condizione di equilibrio di mercato sarà data da: dC (X) = dx µ dui (X) dxi ¶ (26) max questa è effettivamente una singola equazione che permette di stabilire un’unica quantità di equilibrio del bene pubblico, che indichiamo con X 0 . Possiamo ora chiederci se la quantità X 0 individuta dalla (26) sia pareto-efficiente. A tal fine dobbiamo calcolare l’allocazione efficiente di X e controllare se differisce da X 0 . Proce52 dendo come nelle altre sezioni, l’allocazione pareto-efficiente sarà quella che massimizza il benessere collettivo dei partecipanti al mercato, W , dato dalla seguente espressione: W = U1 + U2 + Π = u1 (X) − px1 + u2 (X) − px2 + pX − C (X) Il benessere economico collettivo è chiaramente pari alla somma delle utilità e dei profitti. Dato che X = x1 + x2 , i termini −px1 − px2 + pX si annullano e la W può essere scritta così: W = u1 (X) + u2 (X) − C (X) Il problema di massimizzazione paretiana è dunque: maxW = u1 (X) + u2 (X) − C (X) X che ha come condizione di primo ordine: du1 (X) du2 (X) dC (X) =0 + − dx1 dx2 dx ovvero: du1 (X) du2 (X) dC (X) + = dx1 dx2 dx (27) Dalla (27) possiamo calcolare un unico valore di X che la soddisfa, e lo indichiamo con X ◦ . dato che la (26) e la (27) differiscono evidentemente tra loro, in generale avremo che da X 0 6= X ◦ , cioè l’allocazione di mercato sarà differente ´ quella pareto-efficiente. Infatti ³ dC(X) dui (X) , prescrive che X 0 sia tale da la condizione di equilibrio di mercato, dx = dxi max eguagliare il costo marginale di produzione alla più alta utilità marginale del consumo del 1 (X) 2 (X) = dudx + dudx , prebene pubblico. Invece, la condizione di efficienza paretiana, dC(X) dx 1 2 ◦ scrive che la X sia tale da eguagliare il costo marginale alla somma delle utilità marginali. 1 (X) 2 (X) + dudx Dato che le due utilità marginali sono entrambe positive, la loro somma dudx 1 2 ³ ´ i (X) sarà sempre maggiore della più alta utilità marginale tra le due dudx , e ciò varrà per i max qualunque valore di X. Inoltre, dato che il costo marginale dC(X) dx è una funzione crescente di ◦ X, si dimostra agevolmente che la X deve essere maggiore della quantità X 0 . La situazione è infatti quella descritta dalla figura 11: 53 C, u dC(X) / dX ∑i dui(X) / dX [du i(X) / dX]MAX X’ X° X Figura 11: Beni pubblici e pareto-inefficienza ´ ³ i (X) , decrescente nel La curva in nero nella figura 11 rappresenta la funzione dudx i max livello del bene pubblico X, mentre la curva in rosso è la somma delle utilità marginali du1 (X) du2 (X) dx1 + dx2 : dato che ciascuna di esse è decrescente in X anche la loro somma lo sarà. La curva blu dei costi marginali dC(X) dx infine è crescente, e quindi incontrerà la ³funzione-somma ´ du1 (X) du2 (X) dui (X) + per un valore di X maggiore di quello per cui incontra la . dx1 dx2 dxi max Il grafico della figura 11 illustra una ben nota regola nell’analisi dei beni pubblici, quella della somma verticale delle disponibilità marginali a pagare. Nel caso dei normali beni privati (cioè escludibili), la domanda totale di mercato si ottiene sommando tra loro le diverse quantità dei beni domandate dai consumatori per uno stesso prezzo (che essendo uguale alle utilità marginali, indica la disponibilità a pagare di ciascun conumatore); perciò, nel tradizionale grafico di mercato, occorre sommare le funzioni di domanda individuali lungo l’asse orizzontale, quello delle quantità. Nel caso dei beni pubblici invece, il consumo di qualunque quantità X è non escludibile, quindi per ottenere un indicatore adeguato della "domanda" (quì il termine è improprio) complessiva del bene in questione occorre sommare le disponibilità a pagare dei diversi consumatori per quella quantità; ciò equivale a sommare le domande individuali lungo l’asse verticale, cioè quello dei prezzi-disponibilità a pagare. La curva in rosso della figura 11 corrisponde proprio alla somma verticale delle dui (X) effettuata "in verticale", cioè per uno stesso X. dxi 54 6.3 Il finanziamento dei beni pubblici: il problema del free-rider Una delle ipotesi adottate nella sezione precedente per individuare l’equilibrio di mercato nella produzione privata di un bene pubblico permette di evidenziare uno dei problemi piu’ noti legati alla fornitura di tali beni mediante meccanismi di mercato. Avevamo infatti ipotizzato ³ ´che la condizione (25) fosse sostituita dalla (26), cioè dall’equazione dC(X) dui (X) = , secondo cui il prezzo di mercato del bene pubblico, in equilbrio, dx dxi max sarebbe stato quello corrispondente alla più alta utilità marginale, cioè alla più alta disponibilità a pagare, tra i vari consumatori. Resta però da capire chi tra i vari consumatori effettivamente pagherà questa somma all’impresa affinchè essa produca e venda il bene pubblico. Infatti non può essere il consumatore-tipo con l’utilità marginale minore, ´ per ³ poichè dui (X) : definizione la sua disponibilità a pagare (cioè l’utilità marginale) è inferiore a dxi max per lui, pagare tale somma sarebbe chiaramente non ³ ottimale. ´ Per cui dovrebbe necessaridui (X) , cioè quello con l’utilità amente essere il consumatore che esprime la stessa dxi max marginale/disponibilità a pagare maggiore. Ma introduciamo ora nell’analisi³ l’altra´proprii (X) ha età dei beni pubblici: la non escludibilità. Un volta che il consumatore con dudx i max pagato per la produzione del bene X, non sarà più possibile escludere l’altro consumatore dal consumo di X 0 , dato che il bene è appunto non escludibile. Dunque, il consumatore con l’utilità marginale più bassa si trova in una situazione particolarmente felice: gli basta dichiarare le sue vere preferenze − corrispondenti ad un’utilità marginale piuttosto bassa − e non pagare nulla. Quando poi il consumatore con l’utilità marginale alta avrà pagato la somma per produrre il bene, egli potrà comunque approfittarne pur non avendo pagato nulla. Il consumatore con l’utilità marginale bassa si comporta di fatto come uno “scroccone”, o free-rider in inglese. Tutto ciò sempre che il consumatore con l’utilità marginale alta sia effettivamente disposto a pagare la somma per la produzione di X, a fronte del comportamento "poco corretto" del suo omologo con l’utilità marginale bassa. Ma si può dimostrare che al consumatore con l’utilità alta non conviene fare così. Infatti egli potrebbe "dichiarare il falso", cioè non manifestare apertamente sul mercato la sua elevata disponibilità a pagare, rendendo così la scelta del suo omologo con l’utilità bassa assai più problematica. Questa situazione descrive un tipo particolare di interazione tra i due consumatori, in cui il comportamento di ciascuno dipende direttamente (cioè non tramite prezzi di mercato parametrici) dalle scelte dell’altro (o degli altri) consumatore(i). Tale situazione è detta interdipendenza strategica, ed è studiata con i metodi della teoria dei giochi. Una semplice applicazione della teoria dei giochi all’esempio precedente ci consentirà di mostrare come il problema del free-rider sia all’origine dell’inefficienza paretiana della fornitura pri55 vata e volontaria dei beni pubblici. In primo luogo semplifichiamo ulteriormente l’analisi: ci interessa mettere in luce solo la conclusione fondamentale. Il bene pubblico può ora essere fornito solo in due quantità: XH > 0 e XL = 0, cioè tutto o niente (potremmo pensare a XH come equivalente a ◦ X nel modello precedente), e la funzione dei costi di produzione di X è molto semplice: C (X) = cX con c pari al costo medio/marginale, che assumiamo costante. Supponiamo poi che le funzioni di utilità dei due agenti siano simili a quelle viste in precedenza, cioè: U1 = u1 (X) − S1 e U2 = u2 (X) − S2 dove Si è l’ammontare che sono disposti a pagare. Nel caso in cui il bene viene effettivamente prodotto, la somma delle due Si deve coprire le spese di produzione, cioè deve valere S1 + S2 = cXH I due consumatori devono dichiarare quanto sono disposti a contribuire alla produzione di X prima che essa venga effettuata; dopo la manifestazione delle loro disponibilità a pagare Si , le somme vengono raccolte e il bene prodotto (se le somme coprono i costi di produzione). Dunque la scelta stragica dei due consumatori è quella di dichiarare le Si , e le cose si sviluppano nel seguente modo: B se entrambi i consumatori dichiarano di voler contribuire all’acquisto (S1 > 0 e S2 > 0) allora il costo totale viene spartito equamente tra i due: S1 = S2 = cX2H ; B se uno solo dei due consumatori dichiara di voler contribuire all’acquisto del bene, egli lo pagherà per intero: Scontr = cXH , mentre l’altro consumatore non pagherà nulla: Snon contr = 0; B se entrambi dichiarano di non voler contribuire, allora pagheranno entrambe 0: S1 = S2 = 0 e il bene non verrà prodotto: X = 0. Come ulteriore semplificazione, assumiamo che entrambi i consumatori abbiano le stesse preferenze, cioè che sia: U1 = U2 = u (X) − Si , con u (0) = 0. Si noti che questo caso è ancora più stringente di quello visto in precedenza: ci consente infatti di mostrare come il problema del free-riding possa emeregere anche se i due consumatori hanno la stessa disponibilità a pagare. Dunque la strategia di ciascun consumatore (la sua scelta di Si ) dipenderà da quella dell’altro (chiamiamola S−i ), poichè la quantità totale di bene X che alla fine si realizza dipende, tramite il vincolo S1 + S2 = cXH , dalla somma delle due S. 56 Da queste premesse possiamo definire l’insieme delle azioni (strategie) a disposizione di ciascuno dei due agenti: esso sarà dato dalle due azioni/dichiarazioni: ½ ; B NB ¾ (=contribuire) (=non contribuire) e tale insieme è lo stesso per ciascun consumatore. Ciò consente di costruire la matrice dei payoffs del gioco, illustrata nella figura 12: Consumatore 2 B NB U1 = u(XH) – c XH/2 U1 = u(XH) – c XH B Consumatore 1 NB U2 = u(XH) – c XH/2 U1 = u(XH) U2 = u(XH) U1 = 0 U2 = u(XH) – c XH U2 = 0 Figura 12: La bimatrice del gioco. Seguendo la convenzione, il consumatore (giocatore) 1 è rappresentato tramite le righe mentre il 2 tramite le colonne. Si noti che vale questo ordinamento tra i quattro possibili valori delle utilità: u (XH ) > u (XH ) − cXH > 0 > u (XH ) − cXH 2 (28) e pertanto l’utilità di non avere il bene pubblico − la u (0)−0 = 0 − è maggiore di quella che si sperimenta se si deve pagare da soli tutto l’ammontare di bene pubblico, cioè si assume che u (XH ) − cXH sia negativa. Dunque dato questo ordinamento è possibile calcolare le strategie di Equilibrio di Nash del gioco usando il confronto diretto tra le varie opzioni, come mostrato nella figura 13: 57 Consumatore 2 B NB U1 = u(XH) – c XH/2 U1 = u(XH) – c XH B Consumatore 1 NB U2 = u(XH) – c XH/2 U1 = u(XH) U2 = u(XH) U1 = 0 U2 = u(XH) – c XH U2 = 0 Figura 13: Le strategie di equilibrio di Nash Le frecce rosse verticali indicano come il consumatore 1 tenderebbe a spostare le sue strategie (per data l’azione dell’altro agente); le frecce blu indicano invece come il consumatore 2 tenderebbe a scegliere le sue strategie (date questa volta le strategie dell’agente 1). Come si vede, entrambe le frecce convergono verso un’unica scelta, indicata dall’ovale nella figura 13: esso corrisponde alla situazione di equilibrio di Nash, in cui nessuno dei due ha incentivo a modificare le proprie scelte. Pertanto la coppia di strategie prescelte dai due agenti è: (N B, N B), cioè nessuno dei due si offre di contribuire a comprare il bene e il bene pubblico non verrà prodotto: questa configurazione è l’unico equilibrio di Nash del gioco. E’ immediato osservare che l’equilibrio di Nash (N B, N B) genera un valore finale delle utilità dei due agenti pari a: (U1 = 0, U2 = 0), che sua volta comporta un benessere totale Utot EN = U1 + U2 = 0 Si confronti questa situazione con quella (non di equilibrio, quindi non scelta dagli agenti) in cui entrambi decidono di contribuire: ´ (B, B); in tal caso le utilità sarebbero pari a ³ U1 = u (XH ) − cX2H , U2 = u (XH ) − cX2H l’utilità totale sarebbe dunque: Utot P = U1 + U2 = 2u (XH ) − cXH Per far sì che il bene pubblico sia collettivamente utile, sia cioè vantaggioso per l’insieme 58 dei consumatori averlo a disposizione, possiamo assumere che sia: Utot P = 2u (XH ) − cXH > 0; in caso contrario infatti la sua produzione sarebbe così costosa che neanche decidendo entrambi di contribuire i consumatori troverebbero conveniente pagare per realizare XH . Questa assunzione in realtà è gia contenuta all’interno dell’ordinamento delle preferenze individuali che abbiamo imposto all’inizio; infatti dalla (28) abbiamo che deve essere u (XH ) − cX2H > 0, ma questa diseguaglianza implica chiaramente 2u (XH ) − cXH > 0. Pertanto avremo che: Utot P > Utot EN ma non solo: la Utot P è anche il massimo possibile livello aggregato di utilità raggiungibile dai due agenti. Esso è dunque corrispondente all’allocazione pareto efficiente del gioco, mentre la Utot EN corrisponde all’allocazione peggiore di tutte in termini di benessere totale. Ci troviamo dunque in una situazione ben nota nella teoria dei giochi: quella in cui l’unico equilibrio di Nash è anche l’allocazione (più) inefficiente, mentre quella pareto efficiente non viene scelta dagli agenti: è il cosiddetto dilemma del prigioniero. Questo risultato spiega bene dove si trovi la difficoltà nell’implementare soluzioni di mercato per la fornitura di beni pubblici. Infatti, una delle soluzioni originariamente proposte prevedeva l’approntamento di una sorta di "mercato personalizzato" per ogni consumatore riguardo alle offerte di contribuzione per il bene pubblico. A ogni agente sarebbe stato chiesto (da un’agenzia pubblica) quanto sarebbe stato disposto a pagare per il bene in questione; ogni contribuente avrebbe dovuto dichiarare questa somma, che nel complesso avrebbero costituito un insieme di prezzi di Lindhal31 per il bene in questione. Quindi tali contributi sarebbero stati raccolti e erogati alle imprese che si sarebbero occupate di produrre il bene in regime di concorrenza. In base all’analisi precedente però, non ci sono incentivi affinchè i consumatori dichiarino delle disponibilità a pagare "adeguate": infatti il problema del free-rider li spingerebbe a cadere nel dilemma del prigioniero, dichiarando tutti dei livelli molto bassi di contribuzione e in tal modo non si raggiungerebbe un ammontare sufficiente a finanziare il livello pareto-efficiente del bene pubblico. Queste analisi costituiscono uno dei classici argomenti portati a favore dell’opzione della produzione diretta dei beni pubblici da parte del settore pubblico, finanziandoli mediante la fiscalità generale. 31 Dall’economista svedese Erik Lindhal, che sviluppò questa analisi nei primi del novecento. 59 Appendice Il calcolo delle allocazioni efficienti 7 Esempio 1: diverse preferenze (con separabilità lineare) A fini esemplificativi, consideriamo l’analisi svolta nella sezione 2.1, introducendo però delle forme funzionali esplicite per le funzioni di utilità dei due tipi di consumatori. Si assuma ad esempio che i due consumatori abbiamo le seguenti funzioni di utilità: U1 = (x1 )1−α + y1 1−α e U2 = (x2 )1−β + y2 1−β con: α, β > 0 (29) dove i due coefficienti α e β possono differire32 . Le funzioni di utilità (29), oltre ad essere separabili nei due beni x e y, presentano un’elasticità dell’utilità marginale costante rispetto al bene x, sono cioè delle funzioni di utilità iso-elastiche. Infatti, essendo l’utilità marginale di x pari a: U 0 (x, y) = ∂U ∂x , l’elasticità dell’utilità marginale è definita come: εU = ∂U 0 x ∂x U 0 dove è: ∂2U ∂U 0 = ∂x ∂x2 0 0 Nel caso delle (29), l’utilità marginale è: U1,(x (x1 , y1 ) = (x1 )−α e U2,(x (x2 , y2 ) = (x2 )−β . 1) 2) Quindi l’elasticità dell’utilità marginale sarà: εU1 = −α (x1 )−1−α x1 (x1 )−α e εU 2 = −β (x2 )−1−β x2 (x2 )−β ovvero: |εU1 | = α e |εU2 | = β e dunque entrambe le elasticità sono costanti e pari ai parametri delle funzioni di utilità. In termini della funzione di utilità U , l’elasticità εU è pari alla derivata seconda della U rispetto a x (ponderata per il rapporto xi /Ui0 ), e quindi misura il grado di concavità della funzione U rispetto a x. Cioè misura quanto è accentuata la curvatura della U (rispetto a 32 Si noti che i coefficienti α e β possono anche essere maggiori dell’unità: anche in questo caso le U1 e U2 rappresenterebbero delle preferenze economicamente ragionevoli. Infatti l’indicatore U è arbitrario in termini di scala di misura (anche valori negativi sono ammissibilli), cioè la U ha un siginficato ordinale e non cardinale. 60 x); nella figura 1.A ad esempio, supponendo un dato livello di y, tanto più elevata (in valore assoluto) sarà εU in un certo punto - come quello cerchiato - tanto più pronunciata sarà la curvatura della U : U U’= – α (x-α) U=(x1-α)/(1 - α) + y x Figura 1.A: concavità e elasticità dell’utilità marginale. Dato che nel caso delle (29) le elasticità |εU1 | = α e |εU2 | = β sono costanti, le due funzioni di utilità avranno curvature diverse ma costanti (rispetto al bene x). Ad esempio, se assumiamo: β > α (più specificamente β = 2α, con α = 1/4 e β = 1/2), avremo la seguente situazione: 61 U U1 (con –α) U2 (con –β) x Figura 2.A.: diverse elasticità. Assumendo un dato livello di y per entrambi i consumatori, la funzione di utilità di 2 (in rosso) ha una maggiore curvatura di quella di 1. Ciò implica che variazioni del consumo di x indurranno aumenti di utilità per entrambi gli agenti (le utilità marginali sono entrambe positive), ma tali incrementi di utilità decrescono più rapidamente per il consumatore 2 rispetto al consumatore 1 (con β = 2α decrescono esattamente al doppio della rapidità di 1). Il caso delle funzioni (29) oltre ad essere particolarmente semplice dal punto di vista dell’analisi ha anche un interesse empirico e applicativo. Diverse analisi econometriche sul consumo (sia con dati micro che macroeconomici per vari paesi) tendono ad avvalorare l’ipotesi che i consumatori manifestino delle preferenze di tipo iso-elastico nel complesso dei beni di consumo (come potrebbe essere inteso il bene x nel nostro esempio; in tal caso y potrebbe essere pensato come il risparmio). Vi è un ulteriore altro motivo per cui l’esempio delle (29) è utile nelle applicazioni. Infatti le funzioni di domanda di x per i due consumatori sono in questo caso facilmente 1 1 derivabili (cfr. la sezione 1.1), e sono pari a: x1 = (p)− α e x2 = (p)− β , dove p è il prezzo del bene x. Le elasticità di domanda dei due consumatori sono quindi pari (in valore assoluto) a: |εD1 | = α1 e |εD2 | = β1 ; dunque, se β > α, il consumatore 1 avrà elasticità di domanda maggiore di quella di 2. Il caso di gruppi di consumatori con diverse elasticità di domanda sarà particolarmente importante nella teoria della regolazione del monopolio, specificamente nella fissazione delle tariffe multi-componente e nella discriminazione di prezzo. La figura 62 di seguito illustra la forma della funzione U2 nello spazio tridimensionale tramite grafici al computer. I valori della funzione tracciano una superficie nello spazio (x2 , y2 , U2 ): Figura 3.A: la U2 nello spazio 3-D Nella figura di sinistra, la U2 è disegnata per β = 0, 5 (l’asse verticale indica i valori di U2 ). La figura di destra mostra la stessa funzione U2 sotto un altro angolo di visuale per evidenziare la curve di indifferenza sul piano orizzontale33 (x2 , y2 ). Calcoliamo ora le allocazioni pareto-efficienti in base alla procedura illustrata nella sezione 2.1; assumendo una dato livello di utilità U 2 per 2, il problema di massimizzazione è: maxU1 = u1 (x1 ) + u2 (x̄ − x1 ) + ȳ − U 2 x1 maxU1 = x1 cioè: (x1 )1−α (x̄ − x1 )1−β + + ȳ − U 2 1−α 1−β La C.P.O. è quindi uguale a: (x1 )−α − (x̄ − x1 )−β = 0 da cui: 33 (x1 )−α − (x2 )−β = 0 (30) Si ricordi che le curve di indifferenza sono delle "curve di livello". Cioè, una volta fissato un valore dell’utilità (e quindi un particolare U2 ) si calcolano le coppie (x2 , y2 ) che garantiscono quello specifico livello di utilità; il luogo geometrico di tali coppie costituisce la curva di indfferenza associata allo specifico valore di U2 . Nella figura 3.A le curve di indifferenza si costruiscono facendo passare dei piani orizzontali (quindi per vari livelli o valori dell’asse verticale U2 ) attraverso la superficie della funzione; le intersezioni dei piani con la superficie (proiettate in basso) tracciano le varie curve di indifferenza. 63 Ora, piuttosto che risolvere direttamente la (30), la si può esprimere in questo modo: x1 = (x2 )β/α , ovvero: x1 = (x2 )2 ; sostituendo questa espressione nel vincolo delle risorse x1 +x2 = x̄, otteniamo l’equazione di 2◦ grado: (x2 )2 + x2 = x̄ (31) √ 2 le cui soluzioni sono: x2 ◦ = −1± 2 1+4x̄ . Si prende la soluzione positiva34 x2 ◦ , e si può quindi usare la (30) per calcolare il corrispondente x1 ◦ . Se ad esempio parametrizzassimo la dotazione complessiva x̄ a 2, la (31) sarebbe: (x2 )2 + x2 − 2 = 0 le cui soluzioni sono: x2 ◦ = ( 1 −2 Scartando la soluzione negativa come non significativa dal punto di vista economico, si ottiene: x2 ◦ = 1, e quindi, in base alla (30), x1 ◦ = 1. Applicando il resto della procedura della sezione 2.1 si potrebbero calcolare y1 ◦ e y2 ◦ . Però qui và segnalato un caveat. Come discusso in precedenza, la struttura separabile lineare delle utilità (29) fa in modo che l’allocazione efficiente individui una sola possibile coppia di beni x pareto efficiente: (x1 ◦ = 1, x2 ◦ = 1). E inoltre - sempre a causa della separabilità lineare - data l’allocazione (x1 ◦ = 1, x2 ◦ = 1) per il bene x - qualunque allocazione parziale dell’altro bene, (y1 , y2 ), che rispetti il vincolo di risorse y1 + y2 = ȳ è pareto efficiente. 8 Esempio 2: consumatori omogenei (e utilità non separabile) Se i consumatori hanno delle preferenze non separabili, il calcolo delle allocazioni efficienti è assai più complesso - almeno per quel che riguarda soluzioni in forma chiusa analiticamente trattabili. C’è però un caso in cui è possibile studiare in modo non eccessivamente complicato le allocazioni pertiane, derivando anche una CUP: quello in cui i due tipi di consumatori hanno preferenze molto simili, ma non separabili linearmente nei due beni. Sebbene ciò sembri in effetti ricadere nel caso dell’agente rappresentativo visto in precedenza, ci sono due ragioni per cui è utile e interessante studiare l’allocazione efficiente con due consumatori simili nelle loro preferenze. In primo luogo consente di estendere in modo esplicito l’analisi dell’allocazione efficiente dell’agente rappresentativo al caso in cui vi sono L’espressione x2 ◦ = valore di x̄ > 0. 34 √ −1± 2 1+4x̄ 2 genera infatti due numeri reali, uno positivo e uno negativo, per ogni 64 effettivamente due beni diversi. Infatti nella sezione 1 la separabilità lineare dell’utilità rendeva del tutto indipendente (e banale) l’analisi dell’allocazione del secondo bene y - che infatti poteva essere pensato come l’insieme delle risorse generiche residue disponibili per il consumatore. In secondo luogo, nell’economia reale, due gruppi di consumatori pur avendo preferenze simili potrebbero differire per altri aspetti fondamentali della loro situazione economica, come ad esempio il reddito e/o le dotazioni iniziali di risorse (chiaramente si potrebbero raggruppare gli agenti in consumatori a basso reddito e a alto reddito). Abbandonando l’ipotesi della separabilità lineare nei due beni (che rendeva l’allocazione ottimale di x indipendente da quella di y), uno dei (pochi) casi analiticamente trattabili è quello in cui le funzioni di utilità sono logaritmiche e Cobb-Douglas; assumiamo cioè che i due tipi di consumatori abbiano queste funzioni di utilità: U1 = ln (x y ) | {z1 1} utilità logaritmica e U2 = (x2 )β (y2 )1−β | {z } con : β ∈ (0, 1) (32) utilità Cobb-Douglas Faremo un’ulteriore semplificazione ponendo: β = 0, 5 cosicchè le due funzioni di utilità 1 saranno pari a: U1 = ln x1 + ln y1 e U2 = (x2 y2 ) 2 . Anche in questo caso, le due forme delle U hanno una rilevanza empirica oltre che analitica: infatti la forma logaritmica U1 = ln x1 + ln y1 è un’approssimazione di una più generale forma iso-elastica e la Cobb-Douglas è strettamente legata all’utilità logaritmica. In realtà la differenza tra le due funzioni di utilità (32) è più apparente che sostanziale. E’ infatti noto dalla teoria microeconomica che se una funzione di utilità può essere espressa come una trasformazione monotona di una altra funzione di utilità, allora le due funzioni rappresentano le stesse preferenze. Siccome la logaritmica si può ottenere dalla CobbDouglas (a meno di una costante) tramite una tale trasformazione, effettivamente i due gruppi di consumatori non differirebbero per le loro preferenze di base - al più ci potrebbe essere una differenza "psicologica" nei livelli delle loro soddisfazioni soggettive. La figura 4.A mostra dei grafici al computer delle due funzioni di utilità; a destra la U2 e a sinistra la U1 : 65 Figura 4.A: le U1 e U2 nello spazio 3-D Procedendo come nell’altro esempio, costruiamo il problema di massimizzazione vincolata: maxU1 = ln x1 + ln y1 x1 ,y1 1 1 s.t. (x̄ − x1 ) 2 (ȳ − y1 ) 2 = U 2 Questo problema può essere risolto con il metodo standard, costruendo la funzione lagrangiana L tramite il moltiplicatore positivo λ: i h 1 1 L = ln x1 + ln y1 + λ (x̄ − x1 ) 2 (ȳ − y1 ) 2 − U 2 e calcolando le C.P.O. rispetto a x1 e y1 : ∂L ∂x1 ∂L ∂y1 = = 1 1 1 λ − (x̄ − x1 )− 2 (ȳ − y1 ) 2 = 0 x1 2 1 1 1 λ − (x̄ − x1 ) 2 (ȳ − y1 )− 2 = 0 y1 2 Il rapporto membro a membro tra le due equazioni è pari a: ȳ − y1 y1 = x1 x̄ − x1 cioè: y1 x1 = x̄ ȳ (33) Dopo alcuni passaggi, il vincolo sull’utilità del secondo consumatore può essere scritto così: ´ 2 2 ¡ ¢³ ¢2 ¡ (U 2 ) (U 2 ) 1 − xx̄1 1 − yȳ1 = x̄ȳ . Sostituendovi l’equazione (33) otteniamo: 1 − xx̄1 = x̄ȳ , 66 ovvero 1 − x1 x̄ = U2 √ . x̄ȳ da cui si ottiene la soluzione per x1 : x1 ◦ = x̄ − U 2 µ ¶1/2 x̄ ȳ Usando i vincoli delle risorse e l’equazione (33) è facile calcolare le altre quantità ottimali: x2 ◦ y1 ◦ y1 ◦ µ ¶1/2 x̄ = U2 ȳ ³ ȳ ´1/2 = ȳ − U 2 x̄ ³ ȳ ´1/2 = U2 x̄ Tutte le quantità dell’allocazione ottimale (x1 ◦ , x2 ◦ ; y1 ◦ , y2 ◦ ) dipendono ora dal livello arbitrario di U 2 (oltre che dalle dotazioni complessive). Per cui, sostituendo x1 ◦ e y1 ◦ nella definizione dell’utilità di 1: U1 = ln x1 + ln y1 si ottiene l’equazione35 della CUP: " µ ¶1/2 # ∙ ³ ȳ ´1/2 ¸ x̄ U1 = ln x̄ − U2 + ln ȳ − U2 ȳ x̄ (34) Malgrado l’aspetto intricato, la (34) descrive una relazione continua e decrescente tra U1 √ e U2 (tranne nel punto x̄ȳ). Ad esempio, nel caso in cui le due dotazioni iniziali fossero uguali ai valori (x̄ = 1; ȳ = 20), la (34) darebbe luogo alla curva rappresentata in figura 5.A: 35 Ora si lascia variare liberamente il livello dell’utilità di 2, U2 . 67 3 2.5 U1 2 1.5 1 0.5 0 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 U2 Figura 5.A: la CUP con utilità non separabili. La CUP (34) è una curva molto regolare, interamente concava oltre che monotonicamente decrescente. Questo andamento fortemente regolare della concavità è dovuto alla sostanziale identità delle preferenze dei due agenti; nel caso più generale possibile - con utilità non separabili e sostanzialmente differenti - la CUP sarebbe decrescente ma in modo più "irregolare", come mostrato nella figura 8. 68 Bibliografia Arrow K.J. (1968) Economic equilibrium; in: International enciclopedia of social sciences, MacMillan, Vol.4. Arrow K.J. e Hahn F.H. (1971) General Competitive Analysis. Elsevier, Amsterdam. Debreu G. (1959) Theory of value. Cowles Foundation, New Heaven. 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