Omelia per la solennità dell’Epifania del Signore: “Alzati, rivestiti di luce” Omelia per la solennità dell’Epifania del Signore 06 gennaio 2014 Carissimi, il Natale del Signore è l’inizio della celebrazione del mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio. Abbiamo, pertanto, bisogno tutti di comprendere l’evento, di raggiungere le profondità della sua ricchezza, di scandagliare le sue molteplici implicanze, le sue inaudite ricadute nella vita di ciascuno. Per questo motivo la liturgia della Chiesa non ci offre solo la celebrazione del “Natale”, ma anche del “tempo di Natale”, che ha lo scopo di accompagnarci nella graduale e gioiosa acquisizione spirituale di quanto Dio ha fatto per noi, e continua a compiere oggi. La solennità dell’Epifania del Signore ci immerge ancora più in profondità nella gioia e nella luce del Natale. Sottolineo tre passaggi-guida del vangelo che abbiamo celebrato nella liturgia della Parola. Le domande che ci uniscono Dov’è colui che è nato? Allora come oggi, è una “carovana” di gente che pone questa cruciale domanda. Non sei solo tu, fratello mio, cara sorella, a formulare questo interrogativo. E’ la domanda che guida la ricerca della fede di migliaia di persone. E’ l’interrogativo ineludibile che riguarda la questione di Dio nella vita di tutti, senza distinzioni. E’ come chiedersi: “Se Dio esiste, dov’è?”. L’aspetto entusiasmante della questione è l’intuizione che, un’eventuale esistenza di Dio non accessibile all’uomo, avrebbe poco da dire e da darci. Vale la pena, pertanto, indagare sulla possibilità del passaggio dall’esserci di Dio in sé, al suo esistere per me. E di conseguenza, se esiste per me, necessariamente devo poterlo incontrare, e così rispondere felicemente alla domanda dei Magi: “Dov’è colui che è nato?”. Fratello mio, sorella mia, vivi forse la condizione della confusione religiosa, del dubbio, dell’incertezza? Unisciti alla carovana dei cercatori di Dio, mettiti in cammino, alzati dalla tua mestizia. “Nel profondo della domanda di senso e di speranza, qualcosa ci orienta verso il mistero: Dio, chi sei? Dove sei? Come possiamo vedere il tuo volto? Il problema non è se Dio esista o non esista. Non ci serve constatare la presenza o l’assenza di qualcuno che sta lontano, a contemplare le cose fuori dalla mischia, impassibile. Ci chiediamo chi è Dio quando veniamo a sapere di eventi terribili, che non dipendono da una cattiva volontà. Ci diciamo allora: chi sei? Dov’è finito il tuo amore, se tanti innocenti piangono e non sanno nemmeno contro chi imprecare?” (Lettera ai cercatori di Dio, 2009). Pertanto, il viaggio della tua ricerca può iniziare; riprendi il fiato, ama la strada, affianca i fratelli, marcia nella notte, va incontro al nuovo giorno e attendi i bagliori della Luce nuova e invoca: “O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua” (Sal 63, 2). Lamèntati pure, e piangi se necessario, per l’assenza di Dio, e coltiva l’angoscia. Continua a invocare, e parla, nonostante l’arsura della lingua prosciugata dallo strazio della preghiera sincera e insistente. Attendi la rivelazione del suo Volto. Apri la bocca del cuore e lascialo gridare: “Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: ‘Dov’è il tuo Dio’?” (Sal 42,4). Unisci il tuo, al grido di coloro che notte e giorno invocano il Signore. Per te spunterà la luce, come l’aurora! La Stella ed Erode “Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima”. La ricerca non è un cammino cieco. Siamo guidati da segni luminosi, segni che ci “obbligano” a guardare verso l’alto, verso il cielo, e a guardare lontano. La posizione della stella orienta necessariamente lo sguardo in verticale, distaccandoci dalla dipendenza delle cose “terra terra”. Non si può trovare Dio con la testa bassa, con l’ansia della terra, con l’illusione delle cose che si vedono e si toccano, con le certezze materiale e il loro accaparramento: “Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Bisogna risollevarsi dalle bassezze della mondanità, liberare il cuore dall’appiattimento delle soddisfazioni immediate, elevare la mente alle aspirazioni nobili e degne dell’animo umano. La saggezza dei Magi è stata proprio quella di mettersi in discussione, di sfidare i loro saperi, le risposte acquisite, le verità accaparrate, e rimettere così in cammino la loro ulteriore ricerca. Ma insieme con la stella, sull’itinerario dei Magi appare anche il segno di Erode. La sua falsità tende un tranello: non vuole adorare, desidera eliminare. Lui è piuttosto un ostacolo! E’ l’inganno di una falsa luce, esprime una ricerca del Bambino non autentica ma corrotta, nasconde un’intenzione perversa, quella di sopprimere Dio. Sono i segni sbagliati, i cattivi maestri, che intendono depistare l’uomo dalla fede, scoraggiare la ricerca della Luce, strappare Dio dalla coscienza umana, sostituire la fede con l’illusione dell’appagamento e delle soddisfazioni materiali. Non possiamo applaudire o acconsentire a quanti ingannano la nostra esistenza, svuotandola del sacro e della trascendenza. Erode rappresenta l’apparire dei falsi maestri che volentieri si propongono non per guidare verso la fede, bensì per dirottare da Dio. Con i Magi, mendicanti e cercatori della luce, lasciamoci guidare dalla luce di coloro che brillano, come “segno” vero e onesto, che Dio fa apparire nel cielo oscuro della tua solitudine interiore e della tua ricerca religiosa. Lumen fidei “Videro il bambino. Si prostrarono e lo adorarono”. “Vedere” è l’attività di uno dei nostri cinque sensi. Ma la facoltà di “vedere” può riguardare anche l’attività spirituale del cuore, e non solo gli occhi del corpo. In entrambi i casi abbiamo bisogno della luce! Nella vita spirituale, per “vedere Dio”abbiamo bisogno della luce della fede, lumen fidei. Rivolgo a ciascuno di voi l’invito accorato dell’apostolo Paolo: “Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef 5,14). I Magi, “entrati nella casa, videro il bambino”. I cercatori di Dio hanno incontrato la Luce, si sono rivestiti della Luce. Il grido del profeta: “Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1) si è compiuto. La “casa” (oikia), che in senso traslato significa anche “famiglia”, è metafora della Chiesa, rappresentata anche dalla presenza di Maria che porge il bambino per la prostrazione e l’adorazione dei Magi. La luce della fede la riceviamo come dono di Dio nella Chiesa, nella comunità cristiana: solo entrando in essa, come i Magi nella “casa”, possiamo “vedere” il bambino, credere e adorare. La ricerca e il viaggio spirituale dei Magi ha raggiunto la meta; il loro struggente desiderio di incontrare Dio si è compiuto. Oggi Cristo, Verbo di Dio che si fa carne nel grembo di Maria, si lascia cercare e trovare: si rivela all’umanità quale luce gioiosa. I testi della liturgia eucaristica descrivono l’incontro dei Magi con il Bambino a Betlemme come l’inizio di un processo inarrestabile di diffusione della Luce. Se nel viaggio di andata i Magi rappresentano il mondo pagano alla ricerca della Luce, nel cammino di ritorno i Magi raffigurano la Chiesa, che annuncia al mondo la luce vera, la Luce di Cristo. Raffigurano la “Chiesa in uscita”, la sua dinamica missionarietà. Scrive Papa Francesco: “La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano…Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa!” (Evangelii gaudium, 24). + Gerardo Antonazzo