A cura di
Milena Cannao
Con la collaborazione di
Maria Chiara Novati
DOSSIER
calcolosi
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DOSSIER
S
in alute
calcolosi
I sassi in corpo
I liquidi presenti nel nostro organismo contengono diverse sostanze minerali, che normalmente rimangono in soluzione e
“scorrono” lungo le loro vie naturali senza provocare alcun danno. In certe condizioni, però, queste sostanze precipitano sotto
forma di cristalli, formando masserelle solide che progressivamente si ingrandiscono e che, quando raggiungono una certa
dimensione, provocano una serie di sintomi e a volte sono responsabili di complicanze anche gravi a carico dell’organo interessato
e/o degli organi vicini. Queste situazioni patologiche prendono il nome di calcolosi (dal latino “calculus”= sassolino) o litiasi (dal
greco “lìtos” = pietra). I reni e il fegato sono gli organi più frequentemente soggetti a questa patologia: nel primo caso si parla di
calcolosi urinaria, nel secondo di calcolosi biliare.
CALCOLOSI
URINARIA
I calcoli urinari possono trovarsi nei calici renali, nella pelvi renale (cavità che
raccoglie le urine all’interno del rene),
nell’uretere, nella vescica. In genere hanno l’aspetto di sassolini a superficie liscia o frastagliata, più raramente si presentano come strutture ramificate che riproducono “a stampo” i canalicoli dei
calici e della pelvi. Responsabili della
calcolosi urinaria sono spesso le malattie
che alterano il metabolismo del calcio,
aumentando la concentrazione di questo
minerale nel sangue e di conseguenza
nelle urine: l’esempio più tipico è quello
dell’iperparatiroidismo. Anche le fratture
ossee, provocando un’immobilità prolungata che a sua volta causa osteoporosi e
quindi riassorbimento di calcio, possono
favorire la formazione dei calcoli.
Un meccanismo diverso, anch’esso frequente, è innescato dalle infezioni delle
vie urinarie: i batteri (generalmente si
tratta del Proteus) che provocano l’infezione sono anche responsabili della formazione di ammoniaca, che rende alcaline le urine. In ambiente alcalino i sali di
calcio e i fosfati presenti nell’urina tendono a precipitare sotto forma di cristalli
che poi tendono ad ingrandirsi progressivamente. Nella formazione dei calcoli di
acido urico, invece, ha un ruolo impor-
I NUMERI DEI CALCOLI
Calcolosi della colecisti: ne sono affetti circa 3.000.000 di italiani: la malattia colpisce infatti il 10-15% della
popolazione adulta, soprattutto ultraquarantenne, con una frequenza quadrupla nelle donne rispetto agli uomini. Ogni anno i nuovi casi sono pari al
4-6 per mille della popolazione e ogni
meno che muovendosi non ostacolino il
flusso dell’urina. Un caso a parte è quello
della cosiddetta renella, una sorta di sabbia formata da grandi quantità di minuscoli calcoli di acido urico, che facilmente provoca l’ostruzione acuta delle vie
urinarie e quindi una colica renale.
I sintomi
Non sono rari i casi in cui i pazienti non
avvertono alcun sintomo o lamentano solo disturbi generici come stimolo frequente ad urinare con qualche bruciore,
urine torbide, febbricola, oppure dolori
lombari che possono far pensare a un’artrosi. Il sintomo “classico”, che insorge
quando il calcolo spostandosi ostruisce o
danneggia le vie urinarie, è tuttavia la colica, caratterizzata da un dolore acuto,
molto violento, scatenato spesso da uno
stress fisico (può trattarsi anche di un eccesso sessuale) o da un’eccessiva assunzione di liquidi. Il dolore è tipicamente
localizzato ad un fianco e si irradia posteriormente alla regione lombare, anteriormente alla regione genitale. Il paziente è agitato, sudato, pallido; spesso sono
presenti nausea e vomito, sangue nelle
urine, febbre, gonfiore addominale. La
colica renale dura in genere da 20 a 60
minuti, ma a volte si protrae molto più a
lungo e richiede l’ospedalizzazione.
La diagnosi
Gli accertamenti diagnostici consistono
in esami radiologici, ematochimici e del-
anno 2 persone su mille vengono sottoposte all’asportazione della colecisti a causa della presenza di calcoli.
Il 10% dei calcoli colecistici è composto da cristalli di colesterolo, un altro
10% da bilirubina, calcio e altri materiali organici, nel restante 80% si tratta di calcoli misti, in cui sono presenti
tutte queste sostanze.
Calcolosi urinaria: l’incidenza del di-
tante l’aumento di acidità delle urine.
Le vie urinarie riescono spesso a eliminare spontaneamente e senza dolore i calcoli di diametro non superiore ai 6 mm;
calcoli un po’ più grandi (8-10 mm) tendono invece ad “incastrarsi” negli ureteri
ostruendoli oppure, incuneandosi nella
parete di questi sottili condotti, ne danneggiano la mucosa provocando ulcerazioni e sanguinamento.
I calcoli urinari di maggiori dimensioni
(anche di 3 cm!) possono invece rimanere per lungo tempo fermi nella pelvi renale senza provocare alcun sintomo, a
Con l’esame delle urine, oltre a ricercare
l’eventuale presenza di tracce di sangue
o di cristalli, si misurano le quantità di
azoto, creatina, acido urico, calcio, cloro,
potassio, sodio, magnesio, fosforo presenti nelle urine delle 24 ore.
Le terapie
Il trattamento delle coliche si avvale di
antidolorifici come i FANS, anche se in
certi casi si rende necessario somministrare oppioidi. La terapia vera e propria
della calcolosi varia a seconda della sede, delle dimensioni e della composizione del calcolo.
Alcuni calcoli, in particolare quelli composti da acido urico, possono essere
sciolti dai farmaci, mentre per le calcolosi d’altra natura si ricorre oggi a due tipi
di intervento, che hanno soppiantato le
tradizionali tecniche chirurgiche: la litotrissia extracorporea o l’asportazione per
via endoscopica.
Per la litotrissia extracorporea si utilizza
un’apparecchiatura che emette onde
d’urto ad alta energia. Le onde attraversano i tessuti corporei senza lederli (non
occorre quindi alcuna anestesia) e raggiungono il calcolo, frantumandolo. I
frammenti vengono poi espulsi per via
naturale con le urine. Si tratta però di
una metodica efficace solo per i calcoli
di piccole dimensioni (inferiori a 1,5
cm).
L’asportazione endoscopica si attua in-
sturbo è circa il 6% nella popolazione
generale, con un picco nella terza decade di vita.
Il sesso maschile viene colpito più
frequentemente di quello femminile
(rapporto 2:1). Le coliche renali colpiscono 1.200.000 soggetti l’anno e sono tra le più frequenti cause di ricovero ospedaliero. Il 15% dei pazienti
che hanno espulso un calcolo pre-
le urine. I primi comprendono la radiografia dell’addome (che evidenzia i calcoli contenenti calcio), l’urografia con
mezzo di contrasto (che visualizza i calcoli radiotrasparenti), la TAC. Anche
l’ecografia è molto utilizzata perché di
rapida esecuzione e non invasiva, ma
non consente di evidenziare i calcoli di
piccole dimensioni.
Gli esami ematochimici sono fosfatasi alcalina, azotemia, creatininemia, uricemia, sodiemia, potassiemia, calcemia,
cloremia, magnesiemia, fosfatemia, dosaggio del paratormone.
senta una recidiva entro un anno, il
35% entro 5 anni, l’80% entro 10 anni.
La maggioranza dei calcoli urinari,
circa il 65-70%, contiene sali di calcio; un altro 15% è costituito da composti di fosfato di ammonio e di magnesio; nel 6% si tratta di calcoli di
acido urico e nel 3% di calcoli di cistina. Nel 50% dei soggetti i calcoli sono
unilaterali.
troducendo nei canali naturali piccolissime sonde che arrivano fino alla sede del
calcolo e lo estraggono oppure lo frantumano con onde laser o con ultrasuoni.
Nel secondo caso i frammenti verranno
poi espulsi per le vie naturali.
Le complicanze
Se la calcolosi non provoca sintomi evidenti e rimane quindi ignorata per lungo
tempo è facile che il danno causato meccanicamente dal calcolo ai tessuti del rene o dell’uretere si complichi con un’infezione. Il focolaio infettivo, aggravandosi, può danneggiare il rene in modo serio