Lo spin dell’elettrone
Abbiamo visto che un elettrone che ruota intorno al nucleo possiede un momento angolare orbitale, con il quale è associato anche un momento magnetico. Ci sono evidenze sperimentali che l’elettrone oltre al momento angolare orbitale debba possedere anche un momento angolare intrinseco (con
relativo momento magnetico associato) detto spin . Un fatto sperimentale
è, ad esempio, lo sdoppiamento delle righe nello spettro degli atomi alcalini
(illustrato in figure 1, 2 e 3): nel caso di Na ad esempio la riga principale
corrisponde alla transizione 1s2 2s2 2p6 3s → 1s2 2s2 2p6 3p e non è possibile
spiegare questo sdoppiamento in maniera soddisfacente se non ammettendo
che l’elettrone abbia un momento angolare intrinseco. La conferma sperimentale che l’elettrone deve avere un momento intrinseco fu data dal famoso
esperimento di Stern e Gerlach (illustrato in figura 4 e 5) nel quale un fascio di atomi di argento (aventi un singolo elettrone nello strato esterno)
attraversa un campo magnetico fortemente disomogeneo (condizione essenziale per l’esperimento) e viene poi rivelato su uno schermo. Se il campo
magnetico applicato nella direzione z è disomogeneo cioè
∂B
6= 0
(1)
∂z
si genera sull’atomo che eventualmente possiede un momento magnetico una
forza
∂B
(2)
∂z
dove µj è il momento magnetico dell’atomo e θ specifica l’orientazione del momento rispetto alla direzione del campo. Questa forza produce una deviazione
del fascio che sarà rivelata sullo schermo. Secondo la teoria classica ogni
orientazione è possibile per il momento magnetico e quindi la presenza del
campo disomogeneo dovrebbe produrre un allargamento del fascio. Al contrario l’esperimento rivela la presenza di due macchie sullo schermo. D’altra
parte la teoria quantistica prevede la quantizzazione spaziale dell’orientazione
del momento angolare e del momento magnetico associato in 2J + 1 componenti. Poiché si osservano 2 componenti deve essere J = 12 . Poiché infine l’atomo di argento non possiede un momento angolare orbitale bisogna
ammettere
che l’elettrone esterno abbia un momento angolare intrinseco
q
1 1
+ 1 } che può avere due distinte orientazioni rispetto all’asse z. Per
2 2
Fz = µj cos θ
1
spiegare l’esperimento bisogna ammettere che l’elettrone abbia un momento
magnetico uguale a
e}
(3)
2mc
Sulla base di questi esperimenti, ma procedendo nel nostro schema di una
presentazione assiomatica della meccanica quantistica, introduciamo lo spin
per l’elettrone formulando il seguente postulato
Un elettrone possiede un momento angolare intrinseco rappresentato da un
vettore di spin S con componenti Sx , Sy , Sz ciascuna delle quali è un osservabile a doppio valore con possibili valori + 21 e − 12 .
Il momento magnetico associato è
µj '
µ = −gβS
(4)
e}
2mc
g = 2.0023
(5)
con
β=
dove β è il magnetone di Bohr e g il rapporto giromagnetico. Gli associati
operatori di spin commutano con tutti gli operatori che rappresentano variabili classiche ma non tra di loro. Con questo postulato quindi introduciamo
gli operatori di spin S 2 = Sx2 + Sy2 + Sz2 e Sz con proprietà
S 2 | f > = }2 s(s + 1) | f >
Sz | f > = }ms | f >
s=
1
2
ms = ±
(6)
1
2
(7)
oppure chiamando α e β le due autofunzioni
1 1
S 2 | α > = }2 ( + 1) | α >
2 2
1
Sz | α > = } | α >
2
2
(8)
(9)
e
1 1
S 2 | β > = }2 ( + 1) | β >
(10)
2 2
1
Sz | β > = −} | β >
(11)
2
q
Quindi il modulo di S sarà 34 } e questo porta alla rappresentazione geometrica della orientazione dello spin e delle sue componenti illustrata nella
figura 6. È evidente da quanto detto che gli operatori di spin sono diversi
dagli altri operatori che abbiamo incontrato nel senso che non esiste un analogo classico, cioè non esiste una variabile dinamica classica sulla base della
quale, con le regole viste, costruiamo un operatore quantistico. Del resto se
lo spin fosse un ”normale” momento angolare classico, per quello che abbiamo visto nella trattazione del momento angolare, esso non potrebbe avere
un numero quantico semiintero. Giustamente quindi abbiamo introdotto lo
spin come un ulteriore postulato della meccanica quantistica. Definite le autofunzioni di spin dovremmo definire delle variabili di spin in modo da poter
effettuare gli opportuni integrali durante il calcolo di elementi di matrice. La
scelta della variabili non ha particolare importanza purché si sappia come
eseguire gli integrali necessari. Possiamo, ad esempio, definire una variabile
formale di spin ω oppure possiamo scegliere il numero quantico di spin ms
come variabile e quindi scrivere le autofunzioni come
| α > = | α(ms ) >
| β > = | β(ms ) >
(12)
(13)
con ms = + 12 , − 12 .
Con questa scelta la variabile è una variabile non continua ma con due soli
valori. Fatta questa scelta procediamo alla normalizzazione e ortogonalizzazione delle autofunzioni: essendo la nostra variabile discreta con due soli
possibili valori dovremo avere
X
< α|α > =
|α(ms )|2 = 1
(14)
|β(ms )|2 = 1
(15)
ms =+ 12 ,− 12
X
< β|β > =
ms =+ 12 ,− 12
< α|β > = 0
(16)
3
Queste relazioni hanno soluzione
1
α( ) = 1
2
1
α(− ) = 0
2
1
β( ) = 0
2
1
β(− ) = 1
2
(17)
o più sinteticamente usando il δ di Kronecker δij = 1 se i = j, δij = 0 se
i 6= j
α(ms ) = δms , 1
(18)
2
β(ms ) = δms ,− 1
2
(19)
Per quanto riguarda le proprietà di commutazione degli operatori di spin
la scelta ovvia è di adottare le stesse proprietà di commutazione viste per
gli operatori del momento angolare. Non è necessario adottare questo come
postulato: dal fatto che tutte le direzioni nello spazio sono equivalenti e dalle
proprietà necessarie degli operatori per effetto di rotazioni nello spazio si
giunge alla necessaria conclusione che appunto gli operatori di spin devono
avere le stesse proprietà di commutazione dei momenti angolari che riassumiamo
[Sx , Sy ]
[Sy , Sz ]
[S , S ]
2z x
S , Sz
=
=
=
=
i}Sz
i}Sx
i}Sy
0
(20)
(21)
(22)
(23)
Tutte le considerazioni fatte per gli operatori momento angolare restano
valide per gli operatori di spin. Abbiamo detto che gli operatori di spin
commutano con tutti gli altri comuni operatori: questo è ovvio in quanto gli
altri operatori che abbiamo considerato non contengono lo spin. Quindi la
autofunzione generale potremo sempre scriverla come prodotto di una autofunzione orbitale e di una autofunzione di spin
Ψ(x, y, z, ms ) = Φ(x, y, z)g(ms )
e per normalizzazione intendiamo
4
(24)
< Ψ | Ψ >=
XZ
| Ψ |2 dxdydz = 1
(25)
ms
In generale una funzione a molti elettroni potremo scriverla indicando con q
per ogni elettrone il complesso delle coordinate x, y, z e ms come
Ψ(q1 , q2 , .......) = Ψ(x1 , y1 , z1 , ms1 , x2 , y2 , z2 , ms2 , ......)
(26)
Naturalmente una autofunzione prodotto come definita sopra rimane sempre
autofunzione dell’operatore Hamiltoniano e dell’operatore di spin.
Principio di esclusione di Pauli e antisimmetria
Situazioni più complesse sorgono quando abbiamo a che fare con sistemi di
molte particelle identiche, nel nostro caso attuale n elettroni. Da un punto di
vista della fisica classica le particelle possono essere distinte sulla base della
loro traiettoria. Nella meccanica quantistica ciò non è più possibile a causa
del principio di indeterminazione. Ad esempio se ho due elettroni di cui uno
in un orbitale 1s ed uno in un orbitale 2s non posso scivere la configurazione
semplicemente come 1s(1)2s(2): questo presupporrebbe che si potesse seguire
la traiettoria dei due elettroni conoscendone posizione e momento con precisione nel tempo. Potendo solo parlare in termini di probabilità, per noi gli
elettroni sono indistinguibili ed una configurazione 1s(2)2s(1) va altrettanto
bene: possiano solo dire che un elettrone è in un orbitale ed un elettrone
in un altro. Chiediamoci allora cosa succede se scambiamo tra di loro due
elettroni, ad esempio gli elettroni 1 e 2. Per questo definiamo un operatore
che scambia due particelle
P12 f (q1 , q2 , q3 , q4 , ...) = f (q2 , q1 , q3 , q4 , .....)
(27)
P12 [1s(1)α(1)2s(2)β(2)] = 1s(2)α(2)2s(1)β(1)
(28)
Per esempio
Se cerchiamo gli autovalori dell’operatore di scambio
P12 f (q1 , q2 , q3 , q4 , ...) = cf (q1 , q2 , q3 , q4 , .....)
5
(29)
applicando due volte l’operatore
2
P12
f = P12 P12 f = cP12 f = c2 f = f
(30)
vediamo subito che si hanno due possibilità
P12 f (q1 , q2 , q3 , q4 , ...) = f (q2 , q1 , q3 , q4 , .....) = f (q1 , q2 , q3 , q4 , ...) (31)
P12 f (q1 , q2 , q3 , q4 , ...) = f (q2 , q1 , q3 , q4 , .....) = −f (q1 , q2 , q3 , q4 , ...) (32)
Quindi le autofunzioni di P12 sono o simmetriche o antisimmetriche. Ora
non è detto che una funzione arbitraria sia necessariamente simmetrica o
antisimmetrica rispetto allo scambio di due particelle. Però essa può sempre
essere scritta come combinazione di funzione + e - e cioè
1
2
F (q1 , q2 , ......qn ) =
[F (q1 , q2 , ....) + F (q2 , q1 , ....)] + 12 [F (q1 , q2 , ....) − F (q2 , q1 , ....)]
⇑
⇑
funzione simmetrica
funzione antisimmetrica
per cui vediamo che le autofunzioni di P12 costituiscono un set completo
Consideriamo ora le funzioni d’onda per un sistema con n particelle identiche.
Se le particelle sono indistinguibili le due funzioni
Ψ(q1 , ....qi, qj .....qn )
Ψ(q1 , ....qj, qi .....qn )
(33)
(34)
devono descrivere lo stesso stato del sistema, in quanto cambiare la numerazione delle particelle non può cambiare lo stato. Quindi le due funzioni
possono differire solo per una costante e cioè
Ψ(q1 , ....qi, qj .....qn ) = cΨ(q1 , ....qj, qi .....qn )
(35)
Allora le autofunioni del sistema devono essere autofunzioni dell’operatore di
scambio
Pij Ψ = cΨ
6
(36)
fermioni particelle con spin semintero (1/2, 3/2, . . . )
l’autofunzione deve essere antisimmetrica
bosoni
particelle con spin intero (0, 1, 2, . . . )
l’autofunzione deve essere simmetrica
e quindi devono essere simmetriche o antisimmetriche per lo scambio di due
particelle. Nella meccanica quantistica abbiamo due tipi di particelle:
I fermioni (elettroni, protoni, . . .) obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac.
I bosoni (fotoni, fononi, . . .) obbediscono alla statistica di Bose-Einstein.
Tornando agli elettroni, che a noi interessano in questa sede, concludiamo che
la autofunzione deve essere antisimmetrica per lo scambio di due elettroni.
Questa è la formulazione più completa del principio di esclusione di Pauli. La
conseguenza di questo è che se avessimo due elettroni con le stesse cooordinate
spaziali e di spin (cioè che si trovano nello stesso orbitale con lo stesso spin)
avremmo, per applicazione dell’operatore di scambio,
Ψ(q1 , q1 , ....qn ) = −Ψ(q1 , q1 , .....qn )
(37)
e quindi
2Ψ = 0
=⇒
Ψ=0
(38)
e perciò non possono esserci due elettroni con le stesse coordinate spaziali e
di spin.
7