Vol. 75; n. 4 Supplement 1, December 2003 Founded in 1924 by: G. Nicolich U. Gardini G.B. Lasio Indexed in Medline/Index Medicus EMBASE/Excerpta Medica Medbase/Current Opinion SIIC Data Base Urological and Andrological Sciences Official Journal of the SIEUN Periodico trimestrale - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 19-21 Aprile 2004 - Sorrento Con l’adesione del Presidente della Repubblica Regione Campania Assessorato alla Sanità Assessorato alla Ricerca Scientifica Seconda Università degli Studi di Napoli Cattedra e Scuola di Specializzazione di Urologia Università degli Studi di Napoli Federico II Società Italiana di Urologia Comune di Napoli Comune di Sorrento Comune di S. Agnello Società Italiana di Ecografia Urologica, Nefrologica e Andrologica Urological and Andrological Sciences Official Journal of the SIEUN Società Italiana di Ecografia Urologica, Nefrologica e Andrologica Indexed in Medline/Index Medicus EMBASE/Excerpta Medica Medbase/Current Opinion SIIC Data Base Founded in 1924 by: G. Nicolich, U. Gardini, G.B. Lasio Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 4° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA Sorrento, 19 – 21 Aprile 2004 SEDE CHIRURGIA IN DIRETTA Università degli Studi Vita e Salute San Raffaele, Milano Seconda Università degli Studi di Napoli Università degli Studi di Torino, Orbassano (TO) SEDE DEL CONGRESSO Hilton Sorrento Palace, Sorrento (NA) PRESIDENTE ONORARIO Tullio Lotti PRESIDENTE Massimo D’Armiento CONSIGLIO DIRETTIVO IEA Presidente: G. Bianchi Vicepresidente: R.M. Scarpa Segretario: E. Montanari Membro nominato dal Presidente: M. D’Armiento Tesoriere: L. Defidio P. Cortellini, M. Dal Bianco, A. De Lisa, V. Disanto, F. Germinale, G. Guazzoni, D. Mannini, F. Merlo COMITATO SCIENTIFICO IEA G. Breda, S. Caggiano, P. Caione, F. Caramia, L. Cormio, A. De Lisa, S. Micali, A. Pagliarulo, E. Pisani, F. Porpiglia, A. Trippitelli, A. Tubaro, G. Zanetti, F. Zattoni COMITATO PROMOTORE G. Barba, C. Basile, G. Benincasa, S. Caggiano, F. Capparelli, V. Cicalese, A. Crimi, V. Della Cioppa, A. Gallo, E. Greco, R. Landolfi, A. Masala, P. Quattrone, D. Rubino, L. Salzano, R. Sanseverino, V. Santorelli, M. Schettini, G. Testa, A. Zito COMITATO ORGANIZZATORE M. De Sio, R. Damiano, D. Giordano, R. Autorino, S. Perdona’, A. Oliva, U. A. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo COMITATO SCIENTIFICO LOCALE R. Campese, M. Coppola, G. Di Flumeri, G. Di Lauro, B. Feleppa, V. Ferraro, U. Greco, V. Guadagno, E. Morelli, B. Nocerino, N. Ottaviano, S. Palombini, F. Sabella, C. Santonastaso, F. Uricchio, C. Vannucchi Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 I Informazioni Generali Segreteria Scientifica Massimo D’Armiento Clinica Urologica - Seconda Università degli Studi di Napoli Piazza Miraglia -80128 Napoli Tel. 081-5665050 Fax 081-446664 e-mail: [email protected] Abstracts e Videotapes Emanuele Montanari Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Paolo Via Di Rudinì, 8 - 20142 Milano e-mail: [email protected] Segreteria Organizzativa Emilia Viaggi Congressi & Meeting Via del Pratello 2/b - 40122 Bologna Tel.051.235993 Fax 051.2914455 e-mail: [email protected] Segreteria IEA Via del Pratello 2/c - 40122 Bologna Tel.051.2960103 Fax 051.2919210 e-mail: [email protected] Sede del Congresso Hotel Hilton Sorrento Palace Via S. Antonio, 13 - 80067 Sorrento (NA) Tel. 081-8784141 Fax 081-8783933 Web site: www.hilton.com Sede della Chirurgia in Diretta Università degli Studi Vita e Salute San Raffaele, Milano Seconda Università degli Studi di Napoli Università degli Studi di Torino, Orbassano (TO) Iscrizioni dopo il 28 febbraio 2004 Soci IEA Non Soci IEA Specializzandi Infermieri Cena sociale Euro Euro Euro Euro Euro 280,00 (+ iva 20%) 320,00 (+ iva 20%) 130,00 (+ iva 20%) 65,00 (+ iva 20%) 75,00 (+ iva 20%) (fino ad esaurimento posti) La quota di iscrizione al Congresso include cerimonia inaugurale, partecipazione ai lavori scientifici, kit congressuale, lunch, coffee break, attestato di partecipazione Programma Sociale La Cerimonia Inaugurale del Congresso si terrà lunedì 19 aprile 2004 alle ore 19.00 presso la Sede Congressuale Hilton Sorrento Palace, seguirà Welcome Dinner. La Cena di Gala si terrà martedì 20 aprile 2004 alle ore 21.00 II Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 4° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA Hotel Hilton Sorrento Palace Sorrento, 19-21 Aprile 2004 Lunedì, 19 Aprile 2004 Giornata precongressuale AUDITORIUM SIRENE 8:00 - 15:00 Sessione di Live Surgery (da Milano, Napoli, Orbassano) Moderatori: G. Bianchi, V. Pansadoro 13:00 - 15:00 Open lunch SALA NETTUNO 1 08:00 - 18:00 Sessione Infermieristica SALA NETTUNO 2 15:00 - 16:00 SALA NETTUNO 3 15:00 - 16:00 SALA NETTUNO 4 15:00 - 17:00 Corso precongressuale: Controversie in Endourologia: il parere degli esperti Uretrocistoscopia Flessibile: Fibre o video? (F. Germinale - A. Curotto) Accesso Anterogrado: Miniperc e Nefroscopia Percutanea (E. Montanari) Ureterorenoscopia: L'accesso (A. De Lisa) Corso precongressuale: Guide idrofiliche ed accesso alla via escretrice superiore Caratteristiche tecniche (I.K. Goumas) Accesso retrogrado (G. Zanetti) Accesso anterogrado (E. Montanari) Discussione Minilabs: Laparoscopia (P. Cozzupoli, S. Micali) Ureteroscopia rigida e flessibile (L. Defidio, P. Veneziani, A. Saita) AUDITORIUM SIRENE 16:00 - 18.00 Sessione Video della Società Polispecialistica Italiana dei Giovani Chirurghi Presidente: T. Lotti - Moderatori: G. Docimo, M. De Sio 19:00 Ernia Inguinale (L. Bottero) Varicocele (P. Falco) Criptorchidismo (C. Esposito) Cistocele (D. De Vita) Cisti renali (R. Autorino, M. Schiavo) Nefrectomia (S. Micali) Surrenectomia (A. Celia) Prostatectomia radicale (R. Tarabuzzi) Cerimonia inaugurale e Welcome Dinner Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 III Martedì, 20 Aprile 2004 Prima Giornata congressuale AUDITORIUM SIRENE 8:00 - 8:30 Highlights sulla giornata precedente (R. Damiano, S. Micali, A. Zito) 8:30 - 08:50 Lettura “ESWL: la soluzione per tutti i calcoli?” Presentazione: A.V. Bono - Relatore: T. Lotti 8:50 - 09:10 Nuovi parametri microbiologici per ottimizzare l’impiego degli antibiotici nelle infezioni urinarie” Presentazione: T. Lotti - Relatore: G. Schito 9:10 - 11:25 Tavola Rotonda “Neoplasie uroteliali della via escretrice superiore” Presidente: M. Pavone Macaluso - Moderatori: S. Cosciani Cunico, P. Rigatti 11:25 - 11:45 11:45 - 12:05 12:05 - 12:25 12:25 - 13:00 13:30 - 14:30 14:30 -16:30 Accesso retrogrado (M. Grasso) Accesso anterogrado (E. Montanari ) Fonti di energia (R. Damiano) Chirurgia - endoscopia risultati a confronto (F. Rocco) Chemioterapia endocavitaria (quando, come, perché) (A.V. Bono) Follow up (P. Cozzupoli) Discussione Lettura “Laparoscopia in Spagna 2004” Presentazione: R.M. Scarpa - Relatore: J.G. Valdivia Uria Lettura “Linfadenectomia retroperitoneale laparoscopica “ Presentazione: G. Bianchi - Relatore: G. Janetschek Lettura “Ureteroscopia flessibile nel nuovo millennio” Presentazione: M. D’Armiento - Relatore: M. Grasso Update “Nuove tecnologie in uro-oncologia” Presidente: F. Micali - Moderatori: C. Laurenti, R.M. Scarpa HIFU (A. Traficante) Brachiterapia (G. Morgia) Crioterapia (G. Guazzoni) SALA S. ANTONIO - LUNCH SESSION “Prulifloxacina: dalla ricerca italiana un nuovo fluorochinolone per il trattamento delle infezioni urinarie” (C. Giberti) AUDITORIUM SIRENE - SESSIONE VIDEO: Laparoscopia, Incontinenza urinaria Moderatori: G. Fiaccavento, A. Zito F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, M. Cossu, I. Morra, M. Poggio, R.M. Scarpa Accesso preventivo al peduncolo renale in corso di nefrectomia radicale laparoscopica sinistra: varianti di tecnica F Porpiglia, R. Tarabuzzi , M. Cossu, C. Fiori, A. De Lisa, P. Usai, E. Usai, R.M. Scarpa Trattamento laparoscopico di carcinoma corticosurrenalico destro F. Scieri, G. Breda Trattamento laparoscopico in tempo unico di carcinoma renale destro con localizzazione surrenalica controlaterale G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, P. Bellinzoni, A. Centemero, M. Zanoni, P. Rigatti Prelievo di rene da donatore vivente per via laparoscopica: il film G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, T. Maga, L. Rigatti, M. Zanoni, P. Rigatti Prostatectomia radicale laparoscopica (VLP) "Nerve Sparing" con risparmio della fascia di Denonvillers: il film G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo Prostatectomia radicale laparoscopica (VLRP): nostra esperienza G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M. Remotti, G. Caruso Cistopessi laparoscopica extraperitoneale A. Celia, S. Micali, S. De Stefani, G. Bianchi Enucleo - resezione renale laparoscopica transperitoneale mediante dispositivo TISSUELINK G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M. Remotti, G. Caruso Nefrectomia laparoscopica extraperitoneale M. Amenta, G. Grosso, M. Occhipinti, F. Maritati Uretero-pieloplastica laparoscopica transperitoneale per recidiva di stenosi del GPU. Caso clinico T. Realfonso, R. Sanseverino, U. Di Mauro, O. Intilla, R. Angrisani, A. Campitelli Utilizzo di protesi allogeniche nel trattamento per via vaginale del compartimento anteriore IV Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia I. Morra, M. Cossu, G.P. Ghignone, A. Caglià, R.M. Scarpa Utilizzo dello Stratasis TF in un caso di incontinenza urinaria da sforzo complicata da diverticoli S. Micali, A. Celia, M. Bruschi, S. De Stefani, C. De Carne, G. Bianchi Prima telechirurgia in Italia: due esperti uniscono la propria esperienza SALA NETTUNO 1 - COMUNICAZIONI: URETERE Moderatori: S. Caggiano, R. Sacco M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F. Francesca Trattamento ureteroscopico della litiasi in Day Surgery: nostra esperienza M. Simone, C. Casarosa, F. Manassero, P. Casale, F. Francesca Endoureteropielotomia retrograda con laser ad olmio: nostra esperienza G. Sebastiani, P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras, L. Puccetti, G. Fasolis Litiasi dell’uretere lombare. Opzioni terapeutiche. F. Cantiello, R. Damiano, S. Bolognini, M. Schiavo, M. De Sio, A. Oliva, M. Scarpelli, M. Palu mbo, R. Sacco, M. D’Armiento Instillazione endovescicale di BCG nel trattamento di neoplasie superficiali della alta via escretrice A. De Lisa, C. Sotgiu, R. Cadoni, P. Usai I motivi dell'insuccesso nella terapia endoscopica della stenosi del giunto pielo-ureterale. Analisi di una serie consecutiva di 46 casi P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De Lisa Terapia endoscopica delle stenosi ureterali intrinseche: analisi di una serie di 85 pazienti A. De Lisa, R. Cadoni, P. Usai La chirurgia endoscopica conservativa nei tumori uroteliali dell'alta via escretrice: analisi di una serie consecutiva di 101 casi M. Malizia, E. Brunocilla, T. Forlani, S. Lupo, E. Vece, G. Martorana Trattamento endoscopico delle stenosi uretero-ileali, risultati a lungo termine SALA NETTUNO 2 - COMUNICAZIONI: URETERE Moderatori: F. Falvo, G. Testa R. Autorino, A. Russo, D. Rubino, R. Damiano, M. De Sio, P. D’Elia, M. Schiavo, M. D’Armiento Utilizzo della Tamsulosina nella gestione del paziente con litiasi ureterale: nostra esperienza S. Guercio, C. Terrone, C. Scoffone, C. Cracco, M. Poggio, I.Morra, R.Tarabuzzi, M. Cossu, G. Ghignone, R.M. Scarpa L'ureteroscopia d'urgenza in pazienti con colica renale M. Coppola, A. Crimi, A. Russo,G. Luciano, A. Tammaro, F. Sorrentino, P. Perozziello, C. Esposito, D. Rubino, A. Russo, M. D’Armiento Calcificazione di stent ureterale post trattamento di ureterolitotrissia in paziente con adenoma paratiroideo R. Damiano, R. Autorino, F. Cantiello, G. Ciambrone, A. Zappavigna, V. Liotti, M. Schiavo, A. Russo, R. Sacco, M. D’Armiento Efficacia dello stenting ureterale dopo litotrissia ureteroscopica con Lithoclast M. De Sio, R. Autorino, D.R. Giordano, L.Cosentino, U. Pane, F. Di Giacomo, M. D’Armiento Innovazioni tecniche in ureteroscopia: implicazioni sulla pratica clinica R. Autorino, M. De Sio, D.R. Giordano, A. Oliva, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, M. D’Armiento Valutazione della qualità di vita in pazienti con stent: nostra esperienza A. Rocca, F.Lasaponara , F. Cauda, U. Ferrando Strategie terapeutiche nella calcolosi del rene trapiantato S. Micali, A. Celia, C. Di Pietro, S. De Stefani, C. De Carne, G. Bianchi Dornier lithotripter s: i primi 50 trattamenti nel nostro dipartimento SALA NETTUNO 3 - COMUNICAZIONI: LAPAROSCOPIA Moderatori: A. Masala, T. Paniccia F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, C. Cracco, G.P. Ghignone, M. Poggio, R.M. Scarpa Cistectomia radicale laparoscopica: studio di fattibilità F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, F. Ragni, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa Prostatectomia laparoscopica con graft di nervo surale: risultati funzionali A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, A. Centemero, T. Maga, A. Losa, L. Rigatti, P.Rigatti Surrenalectomia laparoscopica transperitoneale: 12 anni di esperienza A. Cestari, G. Guazzoni, L. Nava, P. Bellinzoni, A. Centemero, R. Naspro, V. Dell'Acqua, P. Rigatti. Cistectomia laparoscopica con risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali e neovescica ortotopica: esperienze iniziali Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 V C. Milani, L. De Zorzi, G. Balta, W. Battanello, M. Ferraro, M. Repele, E. Bratti, M. Dal Bianco Enucleoresezione laparoscopica per neoplasia renale. Esperienza preliminare su 22 casi G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, A. Franceschelli, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo Prostatectomia radicale laparoscopica valutazione dei risultati oncologici sui primi 60 casi A. Celia, S. Micali, C. De Carne, M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, G. Bianchi La biopsia renale laparoscopica SALA NETTUNO 4 - POSTER: MISCELLANEA Moderatori: V. Altieri, D. Giordano 16.30 - 16:40 16:40 - 18:00 18:00 21:00 P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De Lisa L'utilizzo del Wall-Stent in Nitinol nelle stenosi ureterali: una terapia efficace e di lunga durata S. Zaramella, G. Monesi, E. Kocjancic, P. Gontero, G. Ceratti, M. Sala, M. Favro, G. Marchioro, B. Frea Ostruzione ureterale in paziente monorene causata da un aneurisma dell'arteria ipogastrica: descrizione di un caso e revisione della letteratura A. Tasca, P. Ferrarese, G. Abatangelo, E. Scremin, F. Nigro Approccio retroperitoneoscopico ai tumori della via escretrice superiore: descrizione di 10 casi A. Tasca, W. Cecchetti, F. Zattoni, F. Nigro, E. Scremin ND-AYAP, una nuova sorgente laser per l'endourologia a studio sperimentale E. Di Grazia, J. Gutirrez, M. Loske Terapia profilattica fuori fuoco per ridurre il danno renale causato dall'ESWL V. Petterle, V. Scarpa, S. Valerio, E. Bassi Trattamento percutaneo della calcolosi renale a stampo. Nostra esperienza su 340 casi A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Burrello, B. Giammusso, A. Lazzara, M. Motta Ureterocutaneostomia: note di tecnica per migliorare l'accesso retrogrado con strumenti rigidi A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, F. Guzzardi, S. V. Condorelli, M. Motta Ampia lesione ureterale iatrogena post ureterolitotrissia: risoluzione di un caso L. Antonelli, G. Lotrecchiano, G. Sessa, A. Delle Cave, U. Maggio, A. Pontel, A. Brando, G. Micheletti, P. Sambroia, V. Cicalese Calcolosi dell’uretere lombare e pelvico: ESWL o ureteroscopia, ricerca del trattamento migliore AUDITORIUM SIRENE - Il trattamento della IPB con laser KTP Green Light PVP (S. Mattioli) AUDITORIUM SIRENE - Update “Il trattamento dell’IPB” Presidente: G. Carmignani - Moderatori: R. Tenaglia, R. Ponchietti TUMT: (A. Tubaro) TUNA: (D. Prezioso) TEAP: (D. Melloni) HOLEP: (R.M. Scarpa) TURP bipolare: (M. De Sio) TURP, ancora il gold standard? (G. Carmignani) AUDITORIUM SIRENE - Seduta amministrativa Cena di gala Mercoledì, 21 Aprile 2004 Seconda Giornata congressuale AUDITORIUM SIRENE 8:00 - 8:30 Highlights sulla giornata precedente (R. Autorino, A. Saita, S. Perdonà) 8:30 - 10:30 Tavola Rotonda “Chirurgia percutanea della calcolosi renale” Presidente: T. Lotti - Moderatori: F.P. Selvaggi, E. Usai La posizione (J.G. Valdivia Uria) L’accesso (F. Zattoni) Miniperc (P. Cortellini) Litrotritori intracorporei (A. Pagliarulo) PCNL-ESWL (G. Bianchi) Nefroscopia flessibile (C. Scoffone) Il confronto con la chirurgia (M. D’Armiento) Complicanze (F. Francesca) Discussione VI Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 10:30 - 12:30 AUDITORIUM SIRENE - SESSIONE VIDEO: Ureteroscopia, Accesso Percutaneo, TURP Moderatori: G. Carrieri, M. De Sio C. Scoffone, S. Guercio, M. Cossu, C. Cracco, F. Ragni, M. Poggio, A. Caglià, R.M. Scarpa Ricanalizzazione bilaterale di anastomosi uretero-ileale per via combinata con Holmium-laser E. Cagnazzi, M. Mari, A. Ambu, M. Bellina L’utilizzo del laser nel trattamento endourologico delle patologie non litiasiche M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F. Manassero, F. Francesca Polipi fibro epiteliali dell’uretere A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Aquilino, L. Fondacaro, A. Lazzara, M. Motta Nostra esperienza nel management delle stenosi ureterali R. M. Scarpa, C. Scoffone, C. Terrone, F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, I. Morra, M. Cossu, F. Vacca, G.P. Ghignone, S. Guercio, M. Poggio, R. Rocci Ris, C. Caretto, A. Tempia TURP in anestesia locale con resettore bipolare A. Ambu, F. Mangione, M. Mari, M.Bellina Resezione endoscopica vescicale e prostatica con ansa bipolare E. Montanari, L. Carmignani , B. Mangiarotti , A. Del Nero, P. Acquati, M. Grisotto Trattamento percutaneo della neoplasia uroteliale di basso stadio e grado: risultati a lungo termine M. Mari, F. Mangione, M. Bellina Trattamento percutaneo di litiasi pielocaliciale inferiore a stampo con puntamento ecografico e radiologico e impiego di camicia di Amplatz trasparente (Ultraxxx Clear Sheat, Cook) A. Rocca, F. Cauda, L. Squintone, U. Ferrando La MIPP (mini invasive percutaneus procedure) Calcolosi Renale Complessa A. Tasca, F. Nigro, E. Scremin, P. Ferrarese Trattamento percutaneo di una cisti pielogena contenente calcoli O. Varriale, F. Uricchio, S. Domizio, G. F. Testa Procedure diagnostiche e terapia della cistite interstiziale G. Grosso, M. Amenta, M. Occhipinti, F. Maritati Enucleoresezione renale laparoscopica. Note di tecnica e risultati SALA NETTUNO 1 - COMUNICAZIONI: Laparoscopia Moderatori: C. Imbimbo, R. Sanseverino A. De Lisa, R. Cadoni, F. Floris, E. Usai, P. Usai Confronto fra linfadenectomia con tecnica open e videolaparoscopia (VLS) nella terapia chirurgica delle neoplasie renali M. Garofalo, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitello, G. Martorana Eminefrectomia laparoscopica per idronefrosi in rene a ferro di cavallo A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, T. Maga, A. Losa, M. Riva, R. Naspro, P. Rigatti Come ridurre i costi della nefrectomia radicale laparoscopica valutando la curva di apprendimento e le modifiche della tecnica e del materiale impiegato A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, P. Bellinzoni, A. Losa, V. Dell'Acqua, R. Naspro, P. Rigatti Risultati oncologici a medio termine della crioablazione laparoscopica di neoplasie renali (LRC) C. Esposito, A. Savanelli, A. Centonze, G. Monguzzi, M. Gonzalez-Sabin, L. Mastroianni, M. De Marco, M. Bitonti, A. Chiappinelli, R. Damiano, A. Settimi Efficacia e risultati nel trattamento laparoscopico del varicocele in età pediatrica C. Esposito, A. Centonze, M. De Marco, A. Chiappinelli, F. Cantiello, G. La Cava, R. Damiano, A. Settimi Orchidopessi laparoscopica senza divisione dei vasi spermatici. Può essere considerata la procedura di scelta nel testicolo intraddominale? A. Celia, S. Micali, P. Bove, S. De Stefani, M.C. Sighinolfi, C. Di Pietro, C. De Carne, G. Bianchi Il Tumor seeding nella laparoscopia urologica: una indagine internazionale SALA NETTUNO 2 - COMUNICAZIONI: IPB, INCONTINENZA URINARIA Moderatori: F. Iacono, M. Schettini C. Scoffone, R.M.Scarpa, I. Morra, C. Terrone, F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, M. Cossu, S. Guercio, M. Poggio, G.P. Ghignone, R. Rocci Ris, C. Caretto, A. Tempia TURP in Day Surgery: catetere di Schellin, anestesia locale e resettore bipolare I. Morra, F. Vacca, G.P. Ghignone, A. Caglià, R.M. Scarpa Valutazione dell'efficacia della termoterapia a microonde con dispositivo di misurazione della temperatura intraprostatica nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna R. Damiano, F. Cantiello, C. Rotondo, A. Manfredi, G. Lacava, G. Aiello, A. Giacobbe, R. Sacco, M. D’Armiento Studio prospettico randomizzato sull'efficacia della resezione vaporizzazione transuretrale della prostata (TURVP) verso la resezione standard (TURP) Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 VII P. Usai, R. Cadoni, P. Pili, D. Porcu, A. De Lisa La HE-TUMT ad alte energie nella terapia mini-invasiva dell'IPB F. Ventura, G. Scalese, V. Disanto Adenomectomia prostatica miniinvasiva: è possibile rimuovere il catetere in prima giornata I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa Intravaginal slig-plasty nel trattamento dell'incontinenza urinaria da sforzo I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa Una nuova mesh per il trattamento del prolasso vaginale anteriore SALA NETTUNO 3 - COMUNICAZIONI: ACCESSO PERCUTANEO Moderatori: D.E. Cuzzocrea, V. Santorelli S. Ferretti, P. Salsi, A. Sattini, S. Fornia, P. Cortellini Le punture al calice renale in corso di nefrolitotrissia percutanea (PCNL) incidono sul rischio emorragico? A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Nicolosi, F. Marchese, B. Giammusso, M. Motta Trattamento dei diverticoli caliciali. Nostra esperienza e revisione della letteratura A. Saita, M. Aquilino, A. Bonaccorsi, A. Polara, F. Guzzardi, S. V. Condorelli, M. Motta Sclerotizzazione percutanea delle cisti renali con etilene. Particolare osservazione della riduzione volumetrica nel tempo M. De Sio, A. Campitelli, R. Angrisani, T. Realfonso, U. Di Mauro, O. Intilla, R. Sanseverino Miniperc, esperienza preliminare A. De Lisa, R. Cadoni, G. Puggioni, E. Usai, P. Usai L'utilizzo combinato di endoscopi rigidi e flessibili nella nefrolitotrissia percutanea (PCNL) nella calcolosi renale complessa garantisce alti tassi di stone-free F. Nistico, F. Falvo, D. Pirritano, A. Spasari, B. Talarico, V. Ielapi, V. Militi, M. Prencipe, F. Ventrici Nefrolitotrissia percutanea second-look miniinvasivo P. Beltrami, S. Cavalleri, L. Ruggera, I. Piacentini, W. Artibani Analisi delle complicanze della litotrissia percutanea L. Ruggera, P. Beltrami, S. Cavalleri, L. Aresu, W. Artibani Nostra esperienza nel trattamento della calcolosi renale a stampo con litotrissia percutanea F. Poletti, C. Marcato, L. Astesana, U. Maestroni, A. Selvaggio, P. Cortellini Utilizzo di spirali non ferromagnetiche nel trattamento percutaneo del varicocele sinistro SALA NETTUNO 4 - COMUNICAZIONI: ONCOLOGIA PROSTATICA E PATOLOGIA VESCICALE Moderatori: A. Crimi, P. Quattrone S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G. Metta, A. Gallo Stenosi uretro vescicale post prostatectomia radicale: incidenza in relazione al numero dei punti anastomici e suo trattamento M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando PTTA/HIFU nel trattamento del carcinoma prostatico localizzato: 2 anni di esperienza e 12 mesi di follow up M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando PTTA/HIFU della recidiva locale su anastomosi dopo prostatectomia radicale retropubica: nostra esperienza S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G. Metta, A. Gallo Trattamento conservativo nelle neoplasie infiltranti (T2-T3a) della vescica. Valutazione retrospettiva su 131 pazienti O. Varriale, S. Domizio, G. F. Testa Terapia della cistite interstiziale O. Varriale, S. Domizio, G. F. Testa Cistite crostosa ed ureteroidronefrosi da chemioterapia endovescicale 12:30 - 13:30 13:30 VIII AUDITORIUM SIRENE - Update “Laparoscopia: dove sono i limiti?” Presidente: E. Pisani - Moderatori: M. Motta, M. Rizzo Rene: (G. Breda) Surrene: (G. Bianchi) Prostata: (F. Porpiglia) Vescica: (G. Guazzoni) Testicolo: (G. Pizzocaro) Chiusura del congresso Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Programma Corsi IEA 2004 1° Semestre Università degli Studi di Modena – Policlinico Cattedra Urologia: Direttore Prof. Giampaolo Bianchi Laparoscopia in urologia Modena 3-5 maggio 2004 Coordinatore del Corso: Prof. G. Bianchi Fondazione Vincenzo Pansadoro Direttore: Prof. Vincenzo Pansadoro Chirurgia laparoscopica della prostata e del rene Roma 4-5 maggio 2004 Coordinatore del Corso: Prof. V. Pansadoro Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia – Università degli Studi di Verona Direttore: Prof. Walter Artibani Litotrissia percutanea (PCNL) nella calcolosi renale Verona 17-18 maggio 2004 Coordinatore del Corso: Dott. P. Beltrami, Dott. S. Cavalleri Università degli Studi di Torino Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche – A.S.O. Direttore: Prof. Roberto Mario Scarpa Chirurgia laparoscopica Orbassano (TO) 17-19 maggio 2004 Coordinatori del Corso: Prof. R.M. Scarpa Clinica Urologica Azienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario Corsi hands on di endourologia - Visita ad uno stone center Milano 18-19 maggio 2004 Coordinatore del Corso: Prof. E. Montanari Università Cattolica del S. Cuore – Cattedra di Urologia Direttore: Dott. Alessandro D’Addessi Ureteroscopia rigida - Teoria e pratica Roma 24-25 maggio 2004 Coordinatore del Corso: Dott. A. D’Addessi Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma – Divisione Urologia Direttore: Dott. Pietro Cortellini Endoscopia delle alte vie urinarie. nuove tecniche percutanee mininvasive Parma 25-26 maggio 2004 Coordinatori del Corso: Dott. P. Cortellini, Dott. A. Frattini Ospedale Santa Maria dei Battuti – Unità Operativa di Urologia Direttore: Prof. Giuseppe Anselmo Il trattamento endourologico della calcolosi renale ed ureterale Treviso 7-9 giugno 2004 Coordinatori del Corso: Dott. F. Merlo, Dott. L. Maccatrozzo Università degli Studi di Torino Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche – A.S.O. Direttore: Prof. Roberto Mario Scarpa Chirurgia laparoscopica Orbassano (TO) 7-9 giugno 2004 Coordinatori del Corso: Prof. R.M. Scarpa, Dott. Porpiglia Ospedale Cristo Re – Divisione di Urologia Direttore: Prof. Lorenzo Defidio Ureterorenoscopia flessibile Roma 8-9 giugno 2004 Coordinatore del Corso: Prof. L. Defidio Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 IX Programma Corsi IEA 2004 2° Semestre Cattedra e Scuola di Specializzazione in Urologia Policlinico Universitario di Messina Direttore: Prof. Darwin Melloni La fluorescenza nella diagnostica degli uroteliomi vescicali Messina 6-7 luglio 2004 Coordinatore del Corso: Prof. D. Melloni 2° Università di Catania – Clinica Urologia Direttore: Prof. Mario Motta Trattamento endourologico della calcolosi reno-ureterale Catania 10-11 settembre 2004 Coordinatori del Corso: Prof. M. Motta, Dott. A. Saita, Dott. S. Condorelli Fondazione Vincenzo Pansadoro Direttore: Prof. Vincenzo Pansadoro Chirurgia laparoscopica della prostata e del rene Roma 21-22 settembre 2004 Coordinatore del Corso: Prof. V. Pansadoro Clinica Urologica Azienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario Corsi hands on di endourologia – visita ad uno stone center Milano 21-22 settembre 2004 Coordinatore del Corso: Prof. E. Montanari Ospedale S. Antonio - Unità Operativa Complessa di Urologia Trattamento della calcolosi ureterale Padova 22-24 settembre 2004 Coordinatore del Corso: Dott. M. Dal Bianco Azienda Ospedaliera V. Monadi - U. O. C. DI UROLOGIA Direttore : Dott. Gianfranco Testa Corso permanente di ureterorenoscopia operativa e chirurgia renale percutanea Napoli 30 settembre – 1 ottobre 2004 Coordinatore del Corso: Dott. G. Testa Università Cattolica del S. Cuore – Cattedra di Urologia Direttore: Dott. Alessandro D’Addessi Ureteroscopia rigida – Teoria e pratica Roma 11-12 ottobre 2004 Coordinatore del Corso: Dott. A. D’Addessi 2° Università degli Studi di Napoli – Cattedra di Urologia Direttore: Prof. Massimino D’Armiento Chirurgia laparoscopica del rene Napoli 11-12 ottobre 2004 Coordinatori del Corso: Prof. M. D’Armiento Università degli Studi di Modena – Policlinico Cattedra Urologia: Direttore Prof. Giampaolo Bianchi procedure endourologiche nella calcolosi reno-ureterale Modena 11-13 ottobre 2004 Coordinatore del Corso: Prof. G. Bianchi Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia – Università degli Studi di Verona Direttore: Prof. Walter Artibani Litotrissia percutanea (PCNL) nella calcolosi renale Verona 18-19 ottobre 2004 Coordinatore del Corso: Dott. P. Beltrami, Dott. S. Cavalleri Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma – Divisione Urologia Direttore: Dott. Pietro Cortellini Endoscopia delle alte vie urinarie. Nuove tecniche percutanee mininvasive Parma 9-10 novembre 2004 Coordinatori del Corso: Dott. P. Cortellini, Dott. A. Frattini Ospedale Cristo Re – Divisione di Urologia Direttore: Prof. Lorenzo Defidio Ureterorenoscopia flessibile Roma 9-10 novembre 2004 Coordinatore del Corso: Prof. L. Defidio X Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1 ABSTRACTS 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Sorrento, 19-21 aprile 2004 RESEZIONE ENDOSCOPICA VESCICALE E PROSTATICA CON ANSA BIPOLARE. A. Ambu, F. Mangione, M. Mari, M. Bellina U.O.C. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli, Torino Presentiamo alcune immagini riguardanti procedure di resezione vescicale e prostatica transuretrale con ansa bipolare; i vantaggi riconosciuti di tale tecnica, già discussi in letteratura, sono rappresentati principalmente dalla possibilità di utilizzare soluzione fisiologica quale fluido irrigante (eliminando così la possibilità di TUR-syndrome). Nella nostra esperienza, la tecnica di resezione con ansa bipolare ha dimostrato, nei confronti della resezione monopolare, il vantaggio di una migliore capacità mostatica e dall’assenza di cauterizzazione del tessuto resecato, utile ai fini di una migliore valutazione istologica. URETERO-PIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE PER RECIDIVA DI STENOSI DEL GPU. CASO CLINICO. M. Amenta, G. Grosso, F. Maritati, M. Occhipinti U.O. Urologia, Casa di Cura Privata Polispecialistica “Dott. Pederzoli”, Presidio ASL 22 Regione Veneto, Peschiera del Garda, Verona Introduzione: La malattia del giunto pielo-ureterale (GPU) è tra le patologie funzionali dell’apparato escretore urinario quella di più comune riscontro. Essa è appannaggio delle fasce più giovani della popolazione. Il trattamento è esclu- sivamente chirurgico. Utilizziamo routinariamente la chirurgia laparoscopica retroperitoneale per correggere le stenosi del GPU a prescindere dal momento eziopatogenetico. Materiali e Metodi: Il caso clinico è riferito ad un soggetto maschio, di 28 anni sottoposto due anni prima ad intervento di Uretero-pieloplastica sec. Anderson-Hines con accesso anterolaterale e resezione dell’XI costa, per stenosi del GPU destro in rene ectopico. Il paziente è giunto alla nostra osservazione con nefectomia a dimora posizionata in seguito a diagnosi di idronefrosi di III grado destra conseguente a recidiva si stenosi del GPU. Abbiamo sottoposto il paziente a RMN addominale evidenziante la recidiva sopradescritta e fibrosi cicatriziale peri-ureterale omolaterale. Il video mostra i passaggi fondamentali dell’intervento di Ureterolisi e ureteropieloplastica laparoscopica trans-peritoneale al quale abbiamo sottoposto il paziente. È stato posizionato uno stent ureterale JJ intracorporeo a protezione dell’anastomosi pielo-ureterale. Risultati: Tempo operatorio: 140 minuti. Perdite ematiche: 150 cc. Terapia antalgica post-opertaoria: FANS. Degenza: 6 gg. Rimozione nefrotomia: III giornata post-operatoria. Rimozione stent ureterale: XXX giornata p.o. Follow up: 3 mesi. Controllo ecografico e orografico: persistenza di modesta dilatazione calico-pielica, ipotonia ureterale. Conclusioni: Premesso che il re-intervento per recidiva di malattia del GPU non produce spesso risultati soddisfacenti, la ridotta morbilità, la riproducibilità dell’intervento, il limitato ricorso a terapie analgesiche post-operatorie, la breve Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia degenza ospedaliera (3-5 gg.) e i funzionali sovrapponibili alla chirurgia tradizionale suggeriscono la scelta della laparoscopia anche in caso di recidiva-persistenza di stenosi del GPU. CALCOLOSI DELL’URETERE LOMBARE E PELVICO: ESWL O URETEROSCOPIA, RICERCA DEL TRATTAMENTO MIGLIORE. L. Antonelli, G. Lotrecchiano, G. Sessa, A. Delle Cave, U. Maggio, A. Pontel, A. Brando, G. Micheletti, P. Sambroia, V. Cicalese Dipartimento Nefro-Urologico, Struttura Complessa di Urologia, AORN “Moscati”, Avellino Introduzione: Il trattamento della calcolosi ureterale è oggi uno dei temi più dibattuti dell’Endourologia. Riportiamo la nostra esperienza in 2 anni di attività. Materiali e Metodi: Negli anni 2002-2003 abbiamo trattato con ESWL 89 pazienti affetti da calcolosi ureterale lombare o pelvica, le dimensioni del calcolo risultano pari a 8,5 +/- 3,5 mm, 58 in posizione ureterale lombare e 31 in uretere pelvico. Nello stesso periodo sono stati sottoposti ad Ureteroscopia 97 pazienti con calcolosi ureterale (41 in sede lombare e 56 in sede pelvica) con dimensioni del calcolo sovrapponibili. È stato utilizzato per l’ESWL il litotritore Direx Ultima Nova a puntamento radiologico. La potenza utilizzata è stata di 20-24 Kv e il n° di colpi 2500-3500. Per la terapia endoscopica abbiamo utilizzato l’ Ureteroscopio Storz da 7,5 e da 11,5 ch e sistemi di litotrissia ad onde balistiche e ad ultrasuoni. Risultati: Dei pazienti trattati con ESWL il 69% è risultato stone free, la percentuale di ritrattamento è stata del 35%. In alcuni casi sono stati necessari più di 2 trattamenti. Il risultato è pressocchè sovrapponibile nei calcoli dell’uretere lombare e pelvico. Non si sono avute complicanze, ma sono state necessarie manovre ancillari (stenting ureterale) in circa il 20%. Pochi gli episodi di macroematuria autorisoltasi. Nei casi trattati con Ureteroscopia il 25% è stato estratto il calcolo con cestello di Dormia, nel 29% è stata effettuata litotrissia del calcolo e posizionamento di stent ureterale JJ. Il restante 46% è stato sottoposto a litotrissia senza altre manovre ancillari. Il 96% dei pazienti è risultato stone free (94% tratto lombare, 99% tratto pelvico). Le complicanze di rilievo sono state la febbre (> 38,5) e l’ematuria sempre autorisoltasi. 2 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Conclusioni: Entrambe le tecniche sono valide nella risoluzione della calcolosi ureterale. L’ESWL è metodica semplice, poco invasiva e senza effetti nocivi ma gravata da alto indice di ritrattamento e una certa percentuale di insuccessi. L’ureteroscopia è altamente risolutiva (96% stone free), con scarsa morbilità al punto da farne, secondo la nostra esperienza, ed in particolare nella calcolosi del tratto pelvico, opzione di prima istanza. VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI VITA IN PAZIENTI CON STENT: NOSTRA ESPERIENZA. R. Autorino, M. De Sio, D.R. Giordano, A. Oliva, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, M. D’Armiento Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi di Napoli Obiettivi: Riportiamo la nostra esperienza sulla valutazione della sintomatologia associata agli stent ureterali doppio J e del loro impatto sulla qualità di vita dei pazienti in relazione al diverso diametro. Materiali e Metodi: Abbiamo considerato 28 pazienti con ostruzione ureterale unilaterale per litiasi urinaria (età media 49 anni, 15M/10F) sottoposti ad apposizione di stent ureterale doppio J. In 14 pazienti (gruppo A) era stato posizionato uno stent 4.8 Fr, in altri 14 uno stent 6 Fr. Ad essi è stato chiesto di completare un questionario generico sulla qualità di vita ed uno specifico sulla morbidità stent-correlata. La somministrazione dei questionari è stata effettuata ad 1 settimana dalla manovra endoscopica. Risultati: Nella valutazione sulla qualità di vita in generale non si è rilevata una significativa differenza nelle categorie considerate dal questionario (attività usuali, cura personale, mobilità, disagio, ansietà/depressione). Anche all’analisi dei tre indici (sintomatologia urinaria, dolore, stato di salute generale) del questionario stent-specifico i due gruppi non mostravano differenze di rilievo. Conclusioni: In generale, i sintomi urinari ed il dolore associato alla presenza di uno stent doppio J riducono la qualità di vita dei pazienti. Tuttavia non abbiamo riscontrato una correlazione tra gli effetti dovuti alla presenza dello stent ed il diametro dello stesso. Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Tabella 1. Gruppo A Gruppo B P value Tasso di espulsione (%) 66.6 88.8 0.02 Tempo medio all’espulsione (giorni) 6.5 4.8 0.04 Impiego farmaci extra (%) 50 16 0.005 Numero di ospedalizzazioni (%) 38 11 0.01 Complicanze (%) 11 11 ns UTILIZZO DELLA TAMSULOSINA NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CON LITIASI URETERALE: NOSTRA ESPERIENZA. R. Autorino1, A. Russo2, D. Rubino2, R. Damiano3, M. De Sio1, P. D’Elia2, M. Schiavo1, M. D’Armiento1 1 Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi, Napoli; 2U.O. Urologia, Ospedale di Polla (SA); 3U. O. Urologia, Università degli Studi Magna Graecia, Catanzaro tempo necessario all’espulsione, l’impiego di altri analgesici, la necessità di ospedalizzazione. Risultati: Vedi Tabella 1 Conclusioni: Nella nostra esperienza l’impiego della tamsulosina nella gestione dei pazienti con litiasi del tratto intramurale dell’uretere ha permesso di ottenere un migliore controllo della sintomatologia dolorosa ed una più rapida espulsione del calcolo, con limitati effetti collaterali. Introduzione: L’utilizzo degli alfa-litici è ampiamente documentato in pazienti con sintomi delle basse vie urinarie per IPB. Diversi studi sperimentali hanno dimostrato la presenza di recettori alfa adrenergici sulla muscolatura liscia ureterale. Gli alfalitici possono ridurre il tono basale e peristaltico a questo livello, il che può avere delle implicazioni terapeutiche. In questo studio abbiamo verificato il ruolo potenziale della tamsulosina, un antagonista alfa1a-1d selettivo, nella terapia medica di pazienti selezionati con litiasi ureterale. Materiali e metodi: Abbiamo considerato 36 pazienti con colica renale valutati con ecografia e diretta delle vie urinarie con evidenza di calcoli < 1cm a livello del tratto intramurale dell’uretere. Criteri di esclusione erano stati: stenosi ureterale, calcolosi multipla o bilaterale, infezione urinaria, severa idronefrosi, storia di ipotensione, trattamento già in atto con calcio-antagonisti o con alfalitici, ulcera, diabete. I pazienti sono stati divisi in due gruppi di trattamento: il gruppo A (18 pazienti, 10 M/8 F, diametro medio del calcolo 5.5 mm, range 3-10) ha ricevuto diclofenac (Dicloreum retard 100mg/die) + escina (Reparil 80 mg/die), il gruppo B (18 pazienti, 9 M/9F, diametro medio del calcolo 6.3 mm, range 4-9) la stessa terapia + tamsulosina (Omnic 0.4 mg/die), entrambi per una durata di 2 settimane. Una visita di controllo è stata effettuata al termine del periodo di trattamento per valutare il tasso di espulsione dei calcoli, il NOSTRA ESPERIENZA NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENALE A STAMPO CON LITOTRISSIA PERCUTANEA. P. Beltrami, S. Cavalleri, L. Ruggera, L. Aresu, W. Artibani Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia, Università degli Studi di Verona La litotrissia percutanea (PCNL) rappresenta il “gold standard” nella terapia della calcolosi renale a stampo, lasciando alla chirurgia a cielo aperto un ruolo marginale. Riportiamo la nostra esperienza nel trattamento della calcolosi renale a stampo con tale metodica negli ultimi due anni. Abbiamo sottoposto a litotrissia percutanea 32 pazienti affetti da calcolosi renale a stampo, in 1 caso bilaterale. In 20 casi il calcolo occupava l’ampolla e 2 gruppi caliceali (a stampo parziale), mentre in 13 si trattava di calcoli a stampo completi. Di questi ultimi in 5 le diramazioni litiasiche erano numerose e quindi sono stati classificati come calcoli a stampo complessi. In 30 casi l’accesso è stato eseguito esclusivamente attraverso un gruppo caliceale (in 28 casi attraverso i calici inferiori, in 1 caso attraverso i medi ed in 1 attraverso i superiori), mentre in 3 pazienti abbiamo eseguito accessi multipli. In tutti i pazienti la litotrissia è stata effettuata con sonda ultrasonica eccetto in uno in cui l’iniziale debulking è stato eseguito con lithoclast. La durata media dell’intervento è stata di 115 minuti (range 40-140), la derivazione urinaria Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 3 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia post-operatoria è stata mantenuta per un tempo medio di 4 giorni (range 2-13) e l’ospedalizzazione è durata in media 5 giorni (range 2-11). Non sono comparse complicanze maggiori intraoperatorie. In 1 caso si è verificata una perforazione della via escretrice che è stata risolta con il mantenimento in sede della derivazione urinaria per un tempo maggiore. In 4 pazienti è stato necessario eseguire emotrasfusioni per la comparsa di emorragia (900 cc), in 1 caso determinata da una fistola artero-venosa trattata e risolta con embolizzazione percutanea. In 5 pazienti è stato registrato un rialzo termico superiore a 38° C. La clearance completa con la prima seduta è stata ottenuta in 22 casi. In 2 pazienti è stato eseguito un “second look” percutaneo ed in 4 una o più sedute di litotrissia extracorporea (ESWL) di completamento. Complessivamente abbiamo ottenuto la completa bonifica in 28 casi. In 5 pazienti sono presenti frammenti residui, di cui 2 di scarsa importanza clinica (CIRF). Gli altri 3 pazienti sono ancora in trattamento con ESWL. Alla luce di questi risultati confermiamo che la PCNL è ampiamente efficace nel trattamento della calcolosi renale a stampo. Associata all’ESWL consente di ottenere un risultato ottimale con una limitata invasività. La riduzione delle complicanze che abbiamo notato in questi ultimi anni rispetto alle nostre precedenti esperienze potrebbero essere in relazione al miglioramento della strumentazione ed alla standardizzazione della metodica. L’UTILIZZO DEL LASER NEL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLE PATOLOGIE NON LITIASICHE. E. Cagnazzi, M. Mari, A. Ambu, M. Bellina. U.O.C. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli, Torino Gli Autori mostrano l’impiego del laser a olmio in alcuni casi di stenosi complessa dell’uretere di origine flogistica e postchirurgica, ed in un caso di recidiva neoplastica della pelvi. I casi presentati riguardano nell’ordine: – una stenosi dell’uretere sottogiuntale sinistro in paziente affetta da sindrome di ChurgStrauss, trattata con dilatazione idropneumatica e successiva incisione laser; – una stenosi dell’anastomosi uretero-colica sinistra in paziente con colon-conduit; – una ureteropieloscopia con biopsia e folgora- 4 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 zione laser della base di impianto di piccola neoplasia pielica recidiva. Si trattava di un controllo in paziente precedentemente sottoposto a biopsia e folgorazione laser di lesione pielica (pTaG1). LA MIPP (MINI INVASIVE PERCUTANEUS PROCEDURE) NELLA CALCOLOSI RENALE COMPLESSA. F. Cauda, A. Rocca, L. Squintone, U. Ferrando S.C.Urologia 3, Ospedale Molinette, Torino La MIPP (mini invasive percutaneus procedure) è nata come tecnica percutanea miniinvasiva con selezionate e limitate indicazioni nel trattamento della calcolosi dettate dal piccolo calibro della camicia d’accesso che se da un lato è meno traumatica dall’altro è soggetta ai noti limiti dei piccoli strumenti utilizzabili. Lo scopo del lavoro è quello di dimostrare come con il progredire dell’esperienza e grazie all’acquisizione di nuove tecnologie sia possibile allargare le indicazioni della MIPP al trattamento della calcolosi complessa. Strumenti indispensabili sono i nuovi nefroscopi rigidi da 12 Fr con canale operativo da 6 Fr, di recente produzione, che forniscono un’ottima visione e permettono una buona circolazione del liquido irrigante attraverso il tubo renax garantendo il passaggio passivo dei frammenti litiasici abbinati alle sonde combinate balistiche e ad ultrasuoni rigide e flessibili e.Fo alle fibre di diverso diametro Laser Holmium Da febbraio 2003 a gennaio 2004 abbiamo tratta 35 Pazienti. I risultati che portiamo si riferiscono a 10 pazienti, trattati da febbraio a luglio 2003, 3 donne e 7 uomini di età compresa tra i 29 ed i 65 anni, affetti da calcolosi a stampo pielocaliciale o multipla a carico di più calici. Tutti i pazienti sono stati valutati preoperatoriamente con UroTc con mdc. I controlli post-operatori prevedono un’ecografia reno-vescicale, una Rx addome diretto, ematochimici ed esame urine ed urocoltura. A paziente prono, dopo aver inserito un catetere ureterale con palloncino occlusivo attraverso il quale contrastiamo il rene, pungiamo il calice sotto guida fluoroscopica e vi accediamo tramite il set MIPP sicuro e poco traumatico. L’accesso ai calici medi e superiori è stato possibile grazie all’utilizzo dell’ureteroscopio a doppia flessione attiva DUR8- Elite. Abbiamo ottenuto una percentuale di stone free pari all’80%. I tempi operatori medi sono stati di 71 minuti, le perdite ematiche medie pari a 1,5 g/dl il catetere nefro- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia stomico è stato sempre rimosso dopo 48 ore. I pazienti sono stati dimessi in 72 ore. Il follow-up dei pazienti trattati ha dimostrato come 9 di essi fossero stone free ed 1 presentasse un frammento residuo del diametro di 9 mm trattato successivamente con ESWL. In conclusione riteniamo, in accordo con alcuni autori, che i risultati ottenuti nel trattamento della calcolosi complessa con singolo accesso di diametro ridotto siano sovrapponibili a quelli realizzati con accessi multipli o di maggiori diametro. La MIPP, tecnica meno traumatica in assoluto, si è dimostrata capace, grazie ai progressi tecnologici, di ottenere ottimi risultati in termini di tempo operatorio, percentuali di stone free, sicurezza di procedura anche nella calcolosi complessa. ANALISI DELLE COMPLICANZE DELLA LITOTRISSIA PERCUTANEA. S. Cavalleri, P. Beltrami, L. Ruggera, I. Piacentini, W. Artibani Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia, Università degli Studi di Verona In questo lavoro riportiamo l’analisi delle complicanze in seguito ad interventi di litotrissia percutanea (PCNL) eseguiti presso la nostra Divisione negli ultimi 2 anni. Abbiamo trattato 94 pazienti affetti da calcolosi renale: in 29 casi si trattava di calcolosi renale semplice, in 32 casi di calcolosi multipla e in 33 di calcolosi a stampo. Il tramite nefrostomico è stato creato sotto guida radiologica e la dilatazione è stata eseguita con dilatatore a palloncino e successivo posizionamento di una camicia di Amplatz. In 84 casi l’accesso è stato attraverso il gruppo caliceale inferiore, in 2 casi attraverso il gruppo medio e in 2 attraverso il superiore. In 6 casi sono stati effettuati accessi multipli. La litotrissia è stata portata a termine mediante l’impiego di energia ultrasonica; solo in 2 pazienti abbiamo associato una frantumazione mediante energia balistica. La durata media del trattamento è stata di 90 min (range 25-240 min), la derivazione urinaria è stata rimossa mediamente dopo 4 giorni (range 1-24) e l’ospedalizzazione è durata in media 5 giorni (range 2-41). Abbiamo suddiviso le complicanze in intra e post-operatorie. Tra le complicanze intraoperatorie abbiamo avuto un caso di perforazione della via escretrice, risoltosi con il posizionamento di un stent ureterale lasciato in sede per tempi più lunghi, una emorragia che ha deter- minato l’interruzione dell’intervento, eseguito la settimana successiva e una perforazione del colon trattata con intervento chirurgico a cielo aperto. Le complicanze post-operatorie hanno compreso l’emorragia tale da richiedere emotrasfusioni (in media 900 cc di sangue) verificatasi in 6 casi, e la febbre superiore a 38° C riscontrata in 16 pazienti (17%). In 2 casi è comparsa una fistola artero-venosa risolta senza sequele mediante embolizzazione percutanea. Escludendo i casi in cui si è avuta febbre, compatibile con il tipo di calcolosi trattata (a stampo e infetta) si sono verificate complicanze in 8 pazienti (8.5%). Analizzando le complicanze abbiamo notato una riduzione dei casi di emorragia. Riteniamo che tale fenomeno sia stato determinato da un miglioramento della strumentazione, dall’impiego della dilatazione a palloncino, dal posizionamento della camicia di Amplatz e quindi da una riduzione dei tempi operatori. Per quanto riguarda la perforazione del colon con conseguente necessità di un intervento chirurgico riparativo a cielo aperto, tale complicanza è comparsa in un paziente precedentemente sottoposto a pielolitotomia la cui conseguenza era stata una posteriorizzazione del colon discendente. Conoscendo tale situazione, l’accesso era stato effettuato in posizione più mediale ma non sufficiente ad evitare il colon. Riteniamo pertanto indicata nei pazienti precedentemente sottoposti a chirurgia addominale l’esecuzione preoperatoria di una TAC che permetta un’attenta valutazione della disposizione spaziale degli organi vicini al punto di accesso. In conclusione confermiamo che la litotrissia percutanea debba essere considerata un intervento mini-invasivo con una ridotta percentuale di complicanze. Pazienti selezionati necessitano di indagini di imaging per ottenere un più preciso bilancio spaziale della via escretrice. Risultano infine ininfluenti le complicanze minori sui tempi di ospedalizzazione. IL TUMOR SEEDING NELLA LAPAROSCOPIA UROLOGICA: UNA INDAGINE INTERNAZIONALE. A. Celia1, S. Micali1, P. Bove2, S. De Stefani1, M.C. Sighinolfi1, C. Di Pietro1, C. De Carne1, G. Bianchi1 1 Dipartimento di Urologia, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena; 2Dipartimento di Urologia, Università di Roma “Tor Vergata”, Roma Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 5 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Obiettivi: Il problema della disseminazione peritoneale delle metastasi si è presentato in seguito alle esperienze di procedure laparoscopiche, in special modo nel campo ginecologico. L’obiettivo di questo studio è quello di determinare quale possa essere il meccanismo della disseminazione tumorale durante gli interventi di chirurgia urologica per cancro, e di determinare se sia un evento raro o un ulteriore complicanza di questa procedura. Materiali e Metodi: Sono stati inviati 50 questionari a vari dipartimenti di urologia con esperienza di chirurgia laparoscopica per cancro. La busta conteneva una lettera che spiegava gli obiettivi di questo studio e due schede di valutazione. Risultati: Sono stati completati e rispediti 20 questionari. Sona stati valutati 18750 procedure laparoscopiche, di cui 10912 per cancro: 2604 nefrectomie radicali, 559 nefroureterotomie (NUT), 555 nefrectomie parziali, 27 ureterotomie segmentali, 3665 prostatectomie radicali, 1869 asportazioni di linfonodi pelvici (PLD), 419 asportazioni di linfonodi retroperitoneali (RLD), 336 surrenalectomie e 108 interventi di altro genere. La disseminazione tumorale è stata riscontrata in 13 casi (0,1%): 3 dopo NUT per carcinoma a cellule transizionali (TCC), 4 dopo nefrectomia, 4 dopo surrenalectomia per metastasi, 1 dopo RLD per cancro del testicolo e 1 dopo PLD per cancro del pene. Conclusioni: In letteratura sono stati descritti un totale di 10 casi di disseminazione tumorale in laparoscopia urologica; inoltre, con questo questionario, si sono scoperti altri 5 casi. In ultima analisi, la nostra principale scoperta è stata che la disseminazione tumorale, pur essendo un raro evento, con una incidenza dello 0,1%, può essere correlata con l’asportazione di tumori di grandi dimensioni. LA BIOPSIA RENALE LAPAROSCOPICA. A. Celia, S. Micali, C. De Carne, M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, G. Bianchi Dipartimento di Urologia, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Introduzione: Di fronte a quadri di microematuria e proteinuria persistenti, la biopsia renale è l’unica metodica disponibile per ottenere una diagnosi sicura di una qualsiasi patologia renale. Sfortunatamente certe condizioni cliniche (come pazienti non collaboranti, ipertesi, affetti da coagulopatie o sotto terapia con anticoagu- 6 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 lanti e con particolari anomalie anatomiche) precludono l’esecuzione di una biopsia renale percutanea. Lo scopo dello studio è di descrivere la nostra tecnica operativa e di riportare la nostra esperienza fatta su 4 pazienti, sottoposti a biopsia renale laparoscopica. Materiali e metodi: I pazienti sono stati posizionati in decubito laterale. È stato eseguito un approccio retroperitoneale, si raccomanda di utilizzare 2 trocars. Per creare lo pneumoperitoneo è stata insufflata CO2 ad una pressione di 15 mmHg, è stata eseguita una modesta dissezione del grasso retroperitoneale per scoprire il polo inferiore del rene. Per eseguire il prelievo abbiamo usato una pinza da biopsia da 5 mm, il sito della biopsia è stato folgorato con pinza elettrificata o in alternativa l’aspiratore elettrificato. Infine, per ottenere una migliore emostasi, abbiamo applicato del Surgicel (Cellulosa Ossidata) sul letto bioptico. Risultati: Tutte le biopsie sono state eseguite con successo. Il tempo operatorio medio è stato di 1.15 min., in tutti i pazienti le perdite ematiche sono state minime e la degenza media è stata di 1.7 giorni. Durante il periodo postoperatorio in tutti non è stata eseguita terapia antidolorifica e tutti sono tornati alle loro normali attività in 4-6 giorni. Non ci sono state complicanze peri e postoperatorie. Discussione: La tecnica è semplice, sicura e non richiede una grossa esperienza laparoscopica. Questa è una metodica minimamente invasiva ed economicamente accettabile. Noi crediamo che l’approccio laparoscopico retroperitoneale sia una valida alternativa all’approccio chirurgico tradizionale. ENUCLEORESEZIONE RENALE LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE MEDIANTE DISPOSITIVO TISSUELINK. A. Celia, S. Micali, S. De Stefani, G. Bianchi Dipartimento di Urologia, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Introduzione: Le neoplasie renali di piccole dimensioni a sviluppo esofitico, non coinvolgenti la via escretrice, possono essere trattate con terapia conservativa. L’intervento laparoscopico può considerarsi un’alternativa alla chiurugia tradizionale presentando vantaggi come miniinvasività, ridotta degenza postoperatoria e rapida ripresa delle normali abitudini di vita. Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Materiali e metodi: In questo video presentiamo il caso clinico di un paziente obesa di 58 anni nella quale è stato riscontrato incidentalmente una neoformazione renale solida a sviluppo esofitico del diametro di 4 cm a carico del rene destro, localizzata in sede renale medioinferiore e posteriore. Si posiziona la paziente in decubito laterale sinistro (a 45°). Si utilizzano 4 porte d’accesso transperitoneale: una paraombelicale per il trocar ottico, 3 in sede sottocostale a 2-3 cm dall’arcata costale per i trocar operativi. Il video illustra i momenti salienti dell’intervento reppresentati dalla medializzazione del colon destro, isolamento dell’uretere, isolamento del peduncolo vascolare, apertura della fascia di Gerota, scollamento del grasso perirenale ed esposizione della neoformazione renale. L’enucleoresezione della neoformazione viene eseguita mediante dispositivo Tissuelink, un dispositivo di elettroresezione e rraffreddamentoidrico che evita la formazione di escara. Il sanguinamento appare modestissimo anche in assenza di clampaggio preventivo dell’ilo renale, l’emostasi viene completata mediante coagulazione del letto della neoformazione con il medesimo dispositivo. Risultati: La enucleoresezione laparoscopica in casi selezionati si dimostra fattibile anche in assenza di clampaggio del peduncolo renale e il dispositivo di elettroresezione utilizzato in questo caso riduce il sanguinamento e otiimizza la enucleazione evitando la formazione dell’escara. COME RIDURRE I COSTI DELLA NEFRECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA VALUTANDO LA CURVA DI APPRENDIMENTO E LE MODIFICHE DELLA TECNICA E DEL MATERIALE IMPIEGATO. A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, T. Maga, A. Losa, M. Riva, R. Naspro, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele-Turro, Milano Introduzione: La nefrectomia radicale per via laparoscopica si è dimostrata oncologicamente equivalente alla procedura a cielo aperto. Relativamente alle possibili discrepanze di costi tra i due interventi, riportiamo di seguito l’analisi dei costi eseguita presso il nostro Istituto relativamente alla nefrectomia radicale laparoscopica nel 2002 (VLN02), nel 2003 (VLN03) ed alla nefrectomia radicale a cielo aperto (Open). Materiali e Metodi: L’analisi dei costi è stata eseguita per interventi “standard” senza complicanze intra o post operatorie in modo da poter eseguire una valutazione corretta delle procedure. I fattori componenti i costi totali delle due procedure sono stati rispettivamente: A) i costi di sala operatoria (tempo operatorio dall’ingresso del malato in sala sino alla sua uscita -come rilevato da cartellino anestesiologico), i materiali ed il personale; B) i costi della degenza (giorni di degenza, medicine, esami). Dall’anno 2003 abbiamo introdotto una modifica nella tecnica di nefrectomia laparoscopica con l’impiego di clip anche per il controllo della vena renale (Weck clip), al posto della suturatrice meccanica EndoGIA, oltre ad aver limitato al minimo indispensabile l’impiego di materiale monouso. Risultati: La durata dell’intervento laparoscopico nel 2002 era di 250 min; nel 2003 di 225 min mentre l’intervento a cielo aperto era di 195 min (dall’ingresso del paziente in sala operatoria alla sua uscita) La degenza è stata rispettivamente di 3.8 gg (VLN02 e VLN03) e di 6.5 gg (Open). Il costo orario, escluso il materiale monouso specifico, della sala operatoria presso il nostro Istituto è di 480€ mentre il costo dei materiali monouso per la nefrectomia laparoscopica era di 812€ nel 200€ e di 152€ nel 2003. L’analisi dei costi ha pertanto documentato un costo di sala operatoria di 2812€ per la VLN02, di 1952€ per la VLN03 e di 1540€ per la Open. I costi di degenza per le tre procedure sono stati rispettivamente 1220€ per la VLN02 e VLN03 e di 2010€ per la Open. I costi totali delle tre procedure sono risultati essere: 4032€ per la VLN02, di 3172€ per la VLN03 e di 3550€ per la Open. Conclusioni: Grazie alla riduzione nell’impiego di materiale monouso ed al completamento della curva di apprendimento della nefrectomia radicale laparoscopica, i costi della chirurgia minimanente invasiva possono essere significativamente ridotti sino a divenire vantaggiosi rispetto a quelli della chirurgia a cielo aperto. RISULTATI ONCOLOGICI A MEDIO TERMINE DELLA CRIOABLAZIONE LAPAROSCOPICA DI NEOPLASIE RENALI (LRC). A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, P. Bellinzoni, A. Losa, V. Dell’Acqua, R. Naspro, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele-Turro, Milano Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 7 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Introduzione: La criablazione laparoscopica di piccole neoplasie renale si prefigge di ottenere gli stessi risultati oncologici della chirurgia conservativa renale a cielo aperto, con i vantaggi tipici della chirurgia minimamente invasiva. Materiali e Metodi: Dal settembre 2000, 39 pazienti (32 maschi - 7 femmine) di età media 64 aa (range 29-80) sono stati sottoposti a LRC per lesioni renali documentate mediante TAC o RMN. La sede delle lesioni era a dx in 20 casi e sinistra in 19 casi mentre il diametro medio delle lesioni era di 25.7 mm. In 23 casi è stato impiegato un approccio transperitoneale e in 16 un approccio retroperitoneoscopico. Risultati: Il tempo operatorio medio è stato di 194 min (range 120-300); le perdite ematiche sono state di 165.3 cc (range 20-900). In 1 caso si è resa necessaria una conversione chirurgica dell’intervento. L’esame istologico definitivo delle biopsie intraoperatorie ha documentato 29 casi di carcinoma renale, 6 casi di oncocitoma, 2 angiomiolipomi e 2 casi “indefiniti”. La degenza postoperatoria media è stata di 3.8 giorni (range 3-7). Le complicanze postoperatorie sono state 3 casi di iperpiressia, 2 ematoma perirenale, 1 caso di edema polmonare e 1 caso di ematuria macroscopica, trattati in modo conservativo. Come complicanza tardiva si è registrato 1 caso di sindrome del giunto pielo ureterale che ha richiesto una correzione chirurgica 8 mesi dopo l’intervento. Il diametro medio della criolesione alla RMN in prima giornata era di 48.2 mm; la riduzione media delle lesioni a 1 mese (39 pz), 3 mesi (38 pz), 6 mesi (37 pz), 12 mesi (34 pz) 18 mesi (32 pz) e 24 mesi (25 pz) di follow-up è stata rispettivamente del 34%, 43%, 59%, 73%, 85%; nei 5 pz con follow-up a 36 mesi è documentabile solo una cicatrice renale nella sede del pregresso trattamento di crioablazione. Le biopsie percutanee delle lesioni a 6 mesi di follow-up sono state eseguite su 25 pz con esito negativo per presenza di tessuto neoplastico residuo; nei rimanenti 12 casi non sono state eseguite per istologia favorevole (8 casi) o per rischio di lesioni spleniche o intestinali durante la procedura (4 casi). In 1 pz con biopsie negative a 6 mesi, al follow-up di un anno è stata riscontrata una lesione in adiacenza alla zona criotrattata. L’esplorazione chirurgica ha documentato la presenza di una neoplasia renale, trattata mediante nefrectomia radicale. Conclusioni: La crioablazione laparoscopica di piccole masse renali si dimostra una metodica sicura, riproducibile ed efficace. Il follow-up è 8 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 promettente anche se un prolungato periodo di osservazione è necessario per poter definire appieno il ruolo ed il potenziale della metodica. SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE: 12 ANNI DI ESPERIENZA. A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, A. Centemero, T. Maga, A. Losa, L. Rigatti, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele-Turro, Milano Introduzione: La surrenalectomia laparoscopica è considerata la tecnica chirurgica di scelta per l’ablazione delle lesioni surrenaliche benigne. Diversi approcci e tecniche sono state descritte, con accesso trans o retroperitoneoscopico. Presentiamo la nostra esperienza di 12 anni di chirurgia laparoscopica del surrene, con approccio transperitoneale. Materiali e Metodi: Nel periodo ottobre 1992 dicembre 2003, 213 approcci laparoscopici al surrene sono stati eseguiti presso il nostro Istituto. In particolare 186 surrenalectomie unilaterali (62 S. di Conn, 43 S. di Cushing, 37 Feocromocitomi, 34 Incidentalomi e 10 lesioni maligne), 19 surrenalectomie bilaterali e 8 casi di chirurgia conservativa. Il paziente viene posizionato sul fianco a 60° con il letto flesso per ampliare il campo chirurgico; il primo step dell’intervento è la legatura precoce della vena surrenalica, al fine di impiegarla come filo guida per la corretta dissezione del surrene. Risultati: L’intervento laparoscopico è stato completato con successo tranne che in 5 casi che hanno richiesto una conversione chirurgica a cielo aperto, di cui 2 durante surrenalectomia per patologia maligna. Il tempo operatorio medio è stato di 151 min per il gruppo unilaterale, di 236 min per il gruppo bilaterale e di 84 min per gli interventi conservativi. Le complicanze sono state rappresentate da 3 casi di emoperitoneo drenati chirurgicamente, 3 casi di sanguinamento trattati conservativamente (emotrasfusioni) e 2 casi di infezioni della ferita. I pazienti sono stati in grado di alzarsi sin dalla prima giornata postoperatoria e sono stati dimessi rispettivamente dopo 2.7, 5 e 1.5 giorni nei tre gruppi. Conclusioni: La surrenalectomia laparoscopica transperitoneale è una tecnica sicura ed efficace, minimamente invasiva e rappresenta sicuramen- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia te l’indicazione “gold standard” per il trattamento della maggior parte delle patologie surrenaliche di interesse chirurgico. CISTECTOMIA LAPAROSCOPICA CON RISPARMIO DI CAPSULA PROSTATICA E VESCICOLE SEMINALI E NEOVESCICA ORTOTOPICA: ESPERIENZE INIZIALI. A. Cestari, G. Guazzoni, L. Nava, P. Bellinzoni, A. Centemero, R. Naspro, V. Dell’Acqua, P. Rigatti. Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele-Turro, Milano Introduzione: In pazienti giovani, dove il mantenimento della potenza sessuale e della continenza urinaria sono di fondamentale importanza, la cistectomia radicale con risparmio della capsula prostatica e delle vescicole seminali, con ricostruzione di una neovescica ortotopica, appare una valida alternativa alla tradizionale cistoprostatectomia. Presentiamo la nostra esperienza iniziale con questa procedura eseguita per via laparoscopica. Materiali e Metodi: Tre uomini (età 53, 58 e 49 anni) affetti da neoplasia vescicale superficiale pluriecidiva e resistente alla terapia con instillazioni endovescicale, sono stati sottoposti a cistectomia radicale laparoscopica con risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali. Una settimana prima dell’intervento è stata eseguita una TURP preliminare al fine di ottenere una valida capsula prostatica e di asportare tutto il tessuto uroteliale intraprostatico. Dopo l’induzione di pneumoperitoneo e l’introduzione di 5/6 trocars, gli ureteri vengono isolati e sezionati; i dotti deferenti e le vescicole seminali vengono identificati e isolati per la procedura conservativa. La cistectomia viene eseguita sezionando i peduncoli vascolari mediante EndoGia. Dopo aver estratto il pezzo chirurgico attraverso una incisione periombelicale di 7 cm, vengono isolati 60 cm di ileo e confezionata una neovescica a cielo aperto con reimpianto degli ureteri. Dopo aver reindotto il pneumoperitoneo, viene eseguita l’anastomosi ileo-capsulare in 2/3 emicontinue per via laparoscopica. Risultati: Non sono state registrate complicanze maggiori. I tempi operatori sono stati rispettivamente di 480, 450 e 410 minuti. Le perdite ematiche sono state 150, 220 e 300 ml rispettivamente. I drenaggi sono stati rimossi dopo 4 giorni (2 pazienti) e 6 giorni e i pazienti sono stati dimessi in ottava giornata (2 casi) e nona giornata.post operatoria. I tre pazienti sono risultati completamente continenti dopo la rimozione del catetere vescicale con una normale uroflussometria. Al follow-up trimestrale la valutazione andrologica ha dimostrato un recupero della funzione sessuale equivalente al periodo preoperatorio. Conclusioni: La cistectomia laparoscopica con risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali e neovescica ortotopica si è rivelato un intervento sicuro e riproducibile con buoni risultati funzionali. In pazienti giovani che desiderino mantenere una adeguata potenza sessuale può rappresentare una valida alternativa alla tradizionale cistectomia radicale. CALCIFICAZIONE DI STENT URETERALE POST-TRATTAMENTO DI URETEROLITOTRISSIA IN PAZIENTE CON ADENOMA PARATIROIDEO. M. Coppola1, A. Crimi1, A. Russo1, G. Luciano1, A. Tammaro1, F. Sorrentino1, P. Perozziello1, C. Esposito1, D. Rubino2, A. Russo2, M. D’Armiento3 1 Reparto Urologia Ospedale S. Leonardo Castellammare di Stabia, Napoli; 2Reparto Urologia, Polla, Salerno; 3Clinica Urologia I^ Facoltà Federico II, Napoli La calcificazione di stent in pazienti sottoposti ad ureterolitotrissia per calcolosi è una evenienza rara. Il fatto che si sia verificato ad un paziente iperparatiroideo risulta singolare. Un maschio di 46 anni, affetto da calcolosi renale recidivante da diversi anni, giunse alla nostra osservazione per colica renale sinistra. Sottoposto ad accertamenti si evidenziò una calcolosi pelvica sinistra con uretero-idronefrosi sinistra. Trattato con ureterolitotrissia ad energia balistica con asportazione dei frammenti litiasici, gli fu posizionato uno stent ch 6. Dopo circa 35 giorni fummo costretti a ricoverare il paziente per sopraggiunte complicanze quali ematuria e stranguria. Le indagini radiografiche ed ecografiche eseguite mostrarono una calcificazione a “corona di rosario” dello stent, che venne rimosso con estrema difficoltà in narcosi. La dimissione del paziente venne fatta priva di stent, in attesa di ulteriori accertamenti. I successivi esami ematochimici richiesti mostrarono un incremento della calcemia (13.5 ng/ml), del PTH (209.9 pg/ml), Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 9 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia della calciuria (510 mg/24h). La scintigrafia paratiroidea resasi necessaria evidenziò un adenoma paratiroideo superiore destro, per tale motivo ricoverato in clinica endocrinologica, il paziente venne operato di adenomectomia paratiroidea. Controlli ematochimici postoperatori confermarono la normalizzazione dei valori sierici della calcemia e del PTH, ed un follow-up urologico fatto a distanza di due mesi dall’intervento mostrò una Rx vie urinarie stone-free. INSTILLAZIONE ENDOVESCICALE DI BCG NEL TRATTAMENTO DI NEOPLASIE SUPERFICIALI DELLA ALTA VIA ESCRETRICE. R. Damiano1, F. Cantiello1, S. Bolognini1, M. Schiavo2, M. de Sio2, A. Oliva2, M. Scarpelli1, M. Palumbo1, R. Sacco1, M. D’Armiento2 1 Clinica Urologica Università Magna Graecia Catanzaro; 2Clinica Urologica Seconda Università di Napoli Obiettivi: Valutazione, nel trattamento d’elezione delle neoplasie uroteliali superficiali dell’alta via escretrice, dell’efficacia terapeutica del BCG somministrato attraverso il reflusso vescica-uretero-renale creato dal posizionamento di uno stent ureterale. Materiali e Metodi: 12 pazienti, età media 56,4 anni, con rapporto M/F 9/3, in totale 16 unità renali, con presenza di neoplasia ureterale (UUTTCC) superficiale (Ta-1 G1-G2) del diametro < 2 cm, sono stati sottoposti ad ureteroscopia con biopsia a freddo, diatermocoagulazione transureteroscopica, apposizione di stent ureterale e successiva instillazione di BGC intravescicale ceppo Connaugh 81 mg diluiti in 50 ml con istillazione settimanale per 6 settimane. Sette pazienti presentavano anamnesi di neoplasia vescicale. In 6 casi la lesione risultava singola, mentre in 3 casi multipla (due lesioni isolate), ed in 4 casi risultava bilaterale, in 3 casi la lesione era associata ad una lesione sincrona della parete vescicale. La funzionalità renale preoperatoria risultava nella norma in tutti i pazienti, e nelle lesioni unilaterali era presente una unità renale controlaterale sana alla UEV e TC. Risultati: Tutti i pazienti hanno completato il ciclo di trattamento. Lo stent ureterale è stato rimosso al termine della fase di induzione. Effetti collaterali correlati alla terapia adiuvante sono stati rappresentati dal riscontro di sinto- 10 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 matologia irritativa nel 67% (8/12) dei pazienti, iperpiressia (> 38,5°C) nel 25% (3/12) con remissione spontanea in tutti i casi, macroematuria persistente in 2 pazienti. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a citologia urinaria e uretrocistoscopia trimestrale, ecografia trimestrale per il primo anno e semestrale per il secondo anno, UEV alternata a TC ogni sei mesi, ed ureteroscopia e citologia selettiva annuale. Al primo controllo trimestrale dopo l’ immunoterapia, la citologia urinaria, positiva in 8 pazienti su 12 prima dell’ intervento, è risultata negativa in tutti i pazienti. Delle 16 unità renali 13 hanno risposto al trattamento con BCG ed, al follow up a 24 mesi su 11 unità renali, ricorrenza di malattia era presente in 3 su 11 unità renali. Nessun paziente è deceduto per progressione o per complicanze della patologia neoplastica della alta via escretrice La ricorrenza è risultata omolaterale in 2 pazienti, in 1 caso multipla, mentre in 1 caso si è avuta una progressione invasiva che ha richiesto la nefroureterectomia. Conclusioni: La immunoterapia con BCG mediante l’impiego di uno stent ureterale per il trattamento adiuvante di neoplasie superficiali dell’alta via escretrice risulta essere una terapia efficace nel preservare le unità renali e può essere applicata come opzione di trattamento nei casi elettivi, oltre che imperativi. STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO SULL’EFFICACIA DELLA RESEZIONE VAPORIZZAZIONE TRANSURETRALE DELLA PROSTATA (TURVP) VERSO LA RESEZIONE STANDARD (TURP). R. Damiano1, F. Cantiello1, C. Rotondo1, A. Manfredi1, G. Lacava1, Giulio Aiello1, A. Giacobbe1, R. Sacco1, M. D’Armiento2 1 Clinica Urologica, Università Magna Graecia Catanzaro; 2Clinica Urologica Seconda Università di Napoli Obiettivi: Valutazione della efficacia e dei risultati della resezione vaporizzazione mediante impiego di una ansa a benderella Olympus™ (TURVP) nei confronti della resezione transuretrale della prostata standard (TURP) Materiali e Metodi: 65 pazienti, di età media 67 anni SD 7,5, affetti da IPB sintomatica con evidenza di ostruzione al deflusso (numero AG > 40), con riscontro di IPSS medio 18,3 e volume prostatico medio 47 gr, sono stati prospetticamente suddivisi in due gruppi e sottoposti a Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia resezione transuretrale della prostata mediante impiego di ansa di resezione classica (gruppo A 30 pz) e ansa larga a benderella per la resezione vaporizzazione (gruppo B 35 pz). Parametri di valutazione sono stati considerati il tempo di resezione, il volume resecato, le complicanze intraoperatorie (variazione dei livelli di Hb, Hct e elettroliti sierici), la durata del cateterismo postoperatorio, le variazioni del flusso urinario, del grado di ostruzione al deflusso, del residuo urinario e del punteggio sintomatologico IPSS. Risultati: I due gruppi sono risultati omogenei per età, volume prostatico, IPSS, flusso urinario, grado di ostruzione e incidenza di residuo urinario. Il tempo di resezione media è risultato rispettivamente 45 min (gruppo A) verso 53 min (gruppo B), il volume (peso) di tessuto resecato rispettivamente 22 ± 7 gr verso 20 ± 9 gr, Tra i due gruppi di pazienti, a 24 ore dalla resezione endoscopica, le variazioni dei livelli di emoglobina (-0,8 verso -1,0 g/dl) ematocrito (-3,5 verso -2,6 ml/dl) e Na sierico (-3,1 verso-1,9 Meq/l) sono risultate minime. Due pazienti del gruppo A hanno richiesto una unità di emazie concentrate. Nel II giorno post-operatorio è stato possibile rimuovere il catetere nel 70% (21/30) dei pazienti sottoposti a TURP e nel 77% (27/35) dei pazienti sottoposti a TURVP, mentre il catetere è rimasto in sede oltre il III giorno post-operatorio nel 6% (2/30) dei pazienti del gruppo A, ed in nessuno del gruppo B. Al follow up a tre mesi il punteggio sintomatologico medio di IPSS si è ridotto di 14 unità nel gruppo A verso 15 nel gruppo B, mentre il flusso max è incrementato da 9,2 ml/sec a 24,7 ml/sec per il gruppo A, mentre da 8,7 ml/sec a 23,1 ml/sec per il gruppo B. l’incidenza del residuo urinario significativo (> 10% della capacità vescicale) si è ridotta dal 30% al 6,6% nel gruppo A e dal 29% al 5,7% nel gruppo B. Al follow up medio a 12 mesi (26 verso 31 pz) il valore di IPSS è risultato ridotto di 12 unità nel gruppo A e di 13 unità nel gruppo B, mentre il valore medio del numero di AG si è rispettivamente ridotto da 58 a 22 nel gruppo A e 54 a 20 nel gruppo B. Il volume prostatico medio a 12 mesi dalla resezione è risultato ridotto del 45% verso 51%. Conclusioni: La TURVP offre risultati sovrapponibili alla TURP tradizionale sul profilo della sicurezza e dell’efficacia dei risultati a distanza, ma presenta l’indubbio vantaggio di una minore perdita ematica intraoperatoria e quindi di una migliore visione nel corso della procedura tale da avere un impatto positivo sulla curva di apprendimento dell‘operatore. EFFICACIA DELLO STENTING URETERALE DOPO LITOTRISSIA URETEROSCOPICA CON LITHOCLAST. R. Damiano1, R. Autorino2, F. Cantiello1, G. Ciambrone1, A. Zappavigna1, V. Liotti1, M. Schiavo2, A. Russo2, R. Sacco1, M. D’Armiento2 1 Clinica Urologica Università Magna Graecia Catanzaro; 2Clinica Urologica Seconda Università di Napoli Obiettivi: Abbiamo condotto uno studio finalizzato a valutare l’efficacia del posizionamento di elezione di uno stent ureterale dopo trattamento ureteroscopico della litiasi ureterale mediante Lithoclast. Materiali e Metodi: Tra i pazienti da noi sottoposti a litotrissia intracorporea dal gennaio 2000 al dicembre 2002 abbiamo selezionato un totale di 104 pazienti, prospetticamente suddivisi in due gruppi da sottoporre al posizionamento (A, 52 pz) o meno (B, 52 pz) di uno stent ureterale dopo la frammentazione del calcolo ottenuta mediante ureteroscopia con ureteroscopio semirigido (Wolf 8,9 Fr) ed energia balistica Lithoclast fino alla creazione di frammenti di diametro -< 3 mm. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a stretto follow up a 3, 7 e 15 giorni a distanza dal trattamento mediante valutazione clinica e compilazione di questionario sintomatologico con attribuzione di punteggio analogo visivo (VAS – visual analog score) relativamente al dolore postoperatorio, ai disturbi minzionali, ai sintomi sistemici ed alle complicanze postoperatorie a distanza. Risultati: In tutti i pazienti del gruppo A è stato posizionato uno stent ureterale al termine della ureteroscopia. I due gruppi di pazienti sono risultati paragonabili in relazione alle variabili basali come età, sede della litiasi e diametro medio del calcolo. L’intervento è stato effettuato mediante anestesia generale o epidurale in regime di ricovero ordinario. Il tempo operatorio medio nel gruppo A è risultato 42 ± 12 min, sovrapponibile nei confronti del gruppo B con 37 ± 20 min (p value 0,65), mentre la degenza ospedaliera media è risultata 26 ± 4 h verso 27 ± 5 h (p value 0,5) L’impiego di pinze e cestelli per l’estrazione del calcolo è risultato con una incidenza del 42% verso il 46% dei casi, quindi sovrapponibile nei due gruppi (p value 0,15) così come l’incidenza media di una lesione Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 11 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia della mucosa ureterale 0,8 ± 0,6 verso 0,8 ± 0,7 (p value 0,6). Al follow up a 15 giorni tutti i pazienti sono risultati stone – free. Nella valutazione della sintomatologia, a tre giorni il punteggio sintomatologico (VAS) medio del dolore nel gruppo senza stent è risultato significativamente più elevato nei confronti del gruppo con stent in sede (p = 0,01), successivamente al controllo a 7 giorni i due valori sono risultati simili e sovrapponibili (2,7 verso 2,9 p value 0,07). I disturbi minzionali sono risultati maggiormente prevalenti nel gruppo A, ed in 12 pazienti del totale senza stent gruppo B (11,5%) è stato necessario un nuovo ricovero a distanza di un intervallo compreso tra 36 e 72 ore. L’incidenza della stenosi ureterale visibile al controllo urografico a distanza di sei mesi non ha mostrato differenze statistiche tra i due gruppi. Conclusioni: I nostri risultati, relativi all’impiego dell’energia balistica e della tecnologia descritta, dimostrano l’utilità dell’ apposizione dello stent ureterale anche dopo ureteroscopie non complicate, eseguite senza dilatazione dell’ uretere e con frammentazione della litiasi mediante energia balistica. L’UTILIZZO COMBINATO DI ENDOSCOPI RIGIDI E FLESSIBILI NELLA NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL) NELLA CALCOLOSI RENALE COMPLESSA GARANTISCE ALTI TASSI DI STONE-FREE. A. De Lisa, R. Cadoni, G. Puggioni, E. Usai, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Obiettivi: Obiettivo del studio è quello di valutare se l’ausilio di endoscopi flessibili (per trattare calcoli non raggiungibili con lo strumento rigido o per effettuare la clearance di frammenti migrati dopo la litotrissia con endoscopio rigido) durante la PCNL influisca in maniera significativa sul tasso di stone-free. Materiali e Metodi: Nel periodo luglio 1998 gennaio 2004 abbiamo sottoposto a PCNL per calcolosi renale (diametro > 2.5 cm) 202 pazienti. Volendo confrontare l’efficacia della tecnica combinata (endoscopia rigida e flessibile) con quella tradizionale (endoscopia rigida) abbiamo diviso i pazienti in due gruppi di serie consecutive. Nel gruppo A abbiamo incluso 116 pazienti (118 unità renali-UR) 12 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 sottoposti a PCNL (nel periodo 7.19988.2002) ed in cui solo 40 procedure (non consecutive) sono state effettuate con tecnica combinata. In questo gruppo le procedure hanno utilizzato un unico accesso (109 UR), due accessi (5 UR) o 3 accessi (2 UR). Il gruppo B ha compreso 86 pazienti (88 UR) sottoposti a PCNL (nel periodo 9.2002-1.2004) ed in cui è stata utilizzata sempre la tecnica combinata. In questo gruppo abbiamo utilizzato un solo accesso in 86 UR e 2 accessi in 2 UR. Risultati: Nel gruppo A il tasso di stone free al termine della procedura al controllo fluoroscopico è stato del 76%. Il tasso di stone free ad un mese è stato del 12% (cumulativo 88%). I pazienti con calcolosi residua sono stati trattati con ESWL. Nel gruppo B il tasso di stone free al termine della procedura è stato del 97%. Conclusioni: La nostra esperienza ha confermato la validità dell’utilizzo routinario della metodica combinata in modo da ottenere i risultati migliori in termini di stone-free e di riduzione di tecniche ausiliarie (ESWL, reintervento). LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA CONSERVATIVA NEI TUMORI UROTELIALI DELL’ALTA VIA ESCRETRICE: ANALISI DI UNA SERIE CONSECUTIVA DI 101 CASI. A. De Lisa, R. Cadoni, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione: Presentiamo la nostra esperienza nella tecnica conservativa “organ-sparing” per la terapia dei tumori uroteliali dell’alta via escretrice (UUTT) di basso grado e stadio. Materiali e Metodi: Tra il marzo 1992 e il novembre 2002 abbiamo trattato 101 pazienti (106 unità renali) con UUTT di basso stadio e grado (Ta, Tis, T1; G1-G2). Le indicazioni comprendevano: tumore ureterale (47 pz), tumori della pelvi e dei calici (59 pz), tumori bilaterali (5 pz) e tumore in rene unico (5 pz). La valutazione pre-operatoria includeva: urografia, TAC addome-pelvi, citologia. I tumori dell’uretere e quelli localizzati nella pelvi e nel calice superiore di diametro < 2 cm sono stati trattati con tecnica retrograda (TR) e ureteroscopi flessibili o rigidi.Tumori più grandi nella pelvi o nei calici sono stati trattati con tecnica percutanea (19 pz).La tecnica percutanea (PC) è stata condotta con la tecnica di dilatazione “one-shot” e Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Amplatz da 18 o 24Fr. Il follow-up è stato effettuato con endoscopia della vescica e dell’alta via (“panendoscopia” PE), urografia, citologia urinaria, TAC addome-pelvi. Risultati: Il follow-up medio è stato di 40.6 mesi (15-132).L’esame istologico ha evidenziato: pTa, G1-G2 (46 pz); pT1G2 (20 pz); pTx, G1-G2 (16 pz pT1/CIS, G2 (4 pz); pT2 (2 pz) pTxGx (20 pz). Abbiamo esaminato le complicanze riferite ad un totale di 503 procedure (terapeutiche e di follow-up):6 casi di stenosi ureterali; 7 perforazioni ureterali; 34 pz con ematuria sono stati trattati conservativamente; un paziente dopo emorragia importante è stato trattato con elettrocoagulazione endoscopica; un ematoma perirenale (terapia conservativa). Il tempo medio di recidiva è stato di 12.6 mesi (40% di recidive nella TR, 22% nella PC). La recidiva è stata più spesso di basso grado e stadio (pTxG1-G2=23%) e superficiale (pTa G1-G2 = 51%). Due pazienti hanno sviluppato una neoplasia invasiva (T2) e sono stati trattati con nefroureterectomia. Una paziente ha sviluppato metastasi diffuse ed è deceduta. La sopravvivenza tumore-specifica è del 97.3% (gennaio 2004). Conclusioni: Il trattamento conservativo deve essere utilizzato sempre nei tumori di basso stadio e grado. L’ottimale selezione dei pazienti è fondamentale assieme all’esecuzione di un rigoroso programma di follow-up. CONFRONTO FRA LINFADENECTOMIA CON TECNICA OPEN E VIDEOLAPAROSCOPIA (VLS) NELLA TERAPIA CHIRURGICA DELLE NEOPLASIE RENALI. A. De Lisa, R. Cadoni, F. Floris, E. Usai, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Obiettivi: Scopo dello studio è stato quello di confrontare, valutando efficacia e accuratezza nella stadiazione, la linfadenectomia eseguita durante l’intervento di nefrectomia radicale open con quella eseguita in VLS. Materiali e Metodi: Nel periodo maggio-dicembre 2003 abbiamo sottoposto a nefrectomia radicale(nel sospetto diagnostico di neoplasia renale) 24 pazienti (età media 66.2 anni; maschi:17, femmine:7). Dodici pazienti sono stati sottoposti a nefrectomia radicale con tecnica open e accesso lombotomico (gruppo A), mentre dodici pazienti sono stati operati con VLS ed accesso transperitoneale (gruppo B). Nel gruppo A la stadiazione è stata: T1N0M0G2 (6 pz), T2N0M0-G2 (3 pz), T2N0M1-G2 (1 pz), T3N1M1-G3 (1 pz), oncocitoma (1 pz).La stadiazione nel gruppo B è stata: pT1N0M0-G1 (3 pz), pT1N0M0-G2 (4 pz), pT2N0M0-G2 (3 pz), pT1N1M0-G1 (1 pz), oncocitoma (1 pz). La linfadenectomia è stata effettuata da un unico operatore (ADL) con protocollo standard: a destra dissezione dei linfonodi ilari, paracavali, interaortocavali; a sinistra dissezione dei linfonodi ilari e paraaortici. Da ambo i lati il limite superiore è stato individuato a livello del pilastro diaframmatico e quello inferiore alla biforcazione aortica. Risultati: La media dei linfonodi esaminati nel gruppo B è risultata di 18 linfonodi per paziente (min. 1 - max. 31); in due pazienti un linfonodo para-aortico è risultato positivo. Nella linfadenectomia open la media è stata di 5,1 linfonodi per paziente (min 1 – max. 11); in un paziente un linfonodo para-cavale è risultato positivo. Valutando i tempi impiegati per la linfadenectomia nelle due tecniche, si è notata una notevole similarità, con un tempo medio in VLS di 32 min (25-35) e di 35 min (27-35) in open. Conclusioni: La linfadenectomia in VLS si è dimostrata efficace e accurata nella stadiazione quanto la tecnica open. La tecnica VLS offre la possibilità di asportare un numero significativo di linfonodi e di eseguire il medesimo protocollo di linfadenectomia con tempi di esecuzione sovrapponibili. La sua applicazione si presta quindi ad un trattamento alternativo alla chirurgia a cielo aperto in un numero e in una tipologia di casi progressivamente crescente. I MOTIVI DELL’INSUCCESSO NELLA TERAPIA ENDOSCOPICA DELLA STENOSI DEL GIUNTO PIELO-URETERALE. ANALISI DI UNA SERIE CONSECUTIVA DI 46 CASI. A. De Lisa, C. Sotgiu, R. Cadoni, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Obiettivi: Scopo dello studio è stata la valutazione dei risultati dell’endopielotomia percutanea con l’intento di individuare le cause degli insuccessi. Materiali e Metodi: Nel periodo dal novembre 1999 al dicembre 2003 abbiamo trattato con tecnica percutanea, 46 pazienti con età media 37 anni (14-77) affetti da malattia del giunto pieloureterale (GPU). Il follow-up medio è stato di 25 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 13 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia mesi (48-2). Gli esami strumentali preoperatori hanno incluso urografia e scintigrafia renale sequenziale. La tomia è stata effettuata in 40 casi con lama a freddo ed in 6 casi con diatermocoagulazione. Al termine della procedura è stato posizionato uno stent a DJ: 7/12 Ch (7 casi), 7 Ch (1 caso) o 7/14 Ch (38 casi). In tutti i pz è stata posizionata una nefrostomia rimossa in media in 2° giornata e i pazienti sono stati dimessi il giorno successivo.Lo stent ureterale è stato rimosso dopo 3 settimane, dopo 7 settimane dall’intervento è stata praticata urografia di controllo. I controlli successivi sono stati effettuati ogni 6 mesi. Risultati: Il tasso di successo (definito come scomparsa della sintomatologia dolorosa e assenza di ostruzione alla urografia di controllo) dopo la prima procedura endoscopica è stato dell’ 84%.1 pz è stato sottoposto ad una seconda endopielotomia percutanea,3 a endopielotomia retrograda con risoluzione. Il tasso di successo globale è stato del 93%. I 3 pazienti in cui la seconda endopielotomia non è stata efficace (3%) sono stati sottoposti a: plastica sec. A-H a cielo aperto (2 p.ti), lisi di briglie aderenziali (1 p.te). Conclusioni: La tecnica di endopielotomia anterograda offre risultati ormai ben noti e che si attestano su risultati sovrapponibili alla nostra esperienze. Ciò che emerge dal nostro studio è che gli insuccessi non potevano essere prevedibili poiché il trattamento della patologia ha utilizzato metodiche standard per tutti i pazienti. Gli insuccessi hanno riguardato sia la tecnica di tomia a freddo che quella con diatermocoagulazione. In un caso di insuccesso abbiamo utilizzato uno stent da 7 Ch al posto di uno stent a doppio calibro. In considerazione dell’alto tasso di successo e dell’imprevedibilità degli insuccessi riteniamo comunque utile l’impiego della tomia a freddo e di uno stent a doppio calibro. Inoltre la tecnica, visti gli ottimi risultati forniti e la minima invasività, si conferma come l’approccio di prima scelta nella patologia del GPU. INNOVAZIONI TECNICHE IN URETEROSCOPIA: IMPLICAZIONI SULLA PRATICA CLINICA. M. De Sio, R. Autorino, D.R. Giordano, L. Cosentino, U. Pane, F. Di Giacomo, M. D’Armiento Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi, Napoli 14 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Obiettivi: I progressi avvenuti negli ultimi anni in campo endourologico hanno permesso un sempre maggiore trattamento delle patologie dell’alta via escretrice. Abbiamo valutato in che modo e misura le innovazioni tecniche abbiamo avuto impatto sulla pratica clinica e sui risultati ottenuti. Materiali e Metodi: Abbiamo messo a confronto il trattamento ureteroscopico di tre gruppi di pazienti in tre diversi periodi, il gruppo A (52 pz trattati nel biennio 1991-92), il gruppo B (113 pz nel biennio 1993-94) ed il gruppo C (161 pz nel biennio 2002-03). Sono stati presi in considerazione fattori quali l’indicazione all’intervento, la localizzazione della patologia, il tipo di ureteroscopio, la durata della procedura, le procedure ancillari, gli strumenti accessori, il successo e le complicanze della procedura stessa. L’analisi statistica dei dati è stata effettuata tramite test del chi-quadrato. Risultati: Nel gruppo A veniva utilizzato un ureteroscopio rigido Storz 11.5 Ch ed un sistema di litotrissia ad ultrasuoni. Nel gruppo B, un ureteroscopio semirigido Circon micro 6L, un ureteroscopio flessibile 5 Ch a deflessione passiva e lo Swiss Lithoclast per la litotrissia Nel gruppo C, ureteroscopi semirigidi di diametro variabile da 6 a 10 Ch, un ureteroscopio flessibile Olympus a deflessione attiva 6.9 Ch ed ancora lo Swiss Lithoclast per la litotrissia. Il numero di procedure effettuate è significativamente e progressivamente aumentato nel confronto tra i 3 gruppi di pazienti ed in particolare tra il gruppo A e quelli B e C come conseguenza dell’utilizzo di ureteroscopi semirigidi. Significativamente incrementato anche l’utilizzo di strumenti flessibili tra i gruppi B (5.3%) e C (21.7%), conseguenza della disponibilità di strumenti a deflessione attiva. La dilatazione ureterale è passata dal 100% del gruppo A (in cui veniva effettuata di routine) al 7% del gruppo B ed al 11,2% del gruppo C. La progressione dell’ureteroscopio risultava impossibile nel 9.6% del gruppo A, 0.9% del gruppo B, 4.9% del gruppo C. Nel gruppo A il 100% delle procedure operative interessava il trattamento della calcolosi che nel gruppo B rappresentava il 95.2% e nel gruppo C il 93.6%, i rimanenti rappresentando il trattamento di neoplasie uroteliali superficiali. A scopo diagnostico la procedura veniva eseguita rispettivamente nel 3.8%, 7% e 13% de casi. Tale incremento è derivato soprattutto dal follow-up di nepolasie trattate conservativamente. Il tasso globale di estrazione dei calcoli è stato Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia del 74% (gruppo A), 85% (gruppo B) e 92.4% (gruppo C), essendo aumentato il numero di pazienti stone-free al termine della procedura. Calcoli ureterali prossimali sono stati trattati rispettivamente nel 12%, 35% e 46.6% dei casi. Il tasso di complicanze è stato del 20% vs 9% vs 7.6% rispettivamente. La degenza media postintervento è stata di 3.5 giorni nel gruppo A vs 1.5 giorni per il gruppo B e C. Conclusioni: I progressi nel campo della strumentazione endoscopica e dei presidi ausiliari a disposizione dell’endourologo hanno permesso nel corso dell’ultimo decennio di ampliare le indicazioni alla diagnosi ed al trattamento delle patologie dell’alta via escretrice. Fondamentali sono stati l’utilizzo delle fibre ottiche per l’ureteroscopia rigida e della deflessione attiva per l’ureteroscopia flessibile. Inoltre, grazie ad un sempre maggiore training ed alla codificazione della strategia introperatoria si sono ridotte le complicanze, permettendo di rendere l’ureteroscopia una procedura sempre più affidabile ed efficace. della nefrostomia) è stata di 85 minuti (25-120) per il gruppo A e di 70 minuti (20-130) per il gruppo B. La riduzione media della Hb è stata di 1.2 g/dl per il gruppo A e di 2.7g/dl per il gruppo B. Al termine della procedura 18/20 pazienti del gruppo A contro 19/20 pazienti del gruppo B risultavano liberi da calcoli. In 1 paziente del gruppo A si verificava la perforazione della pelvi renale durante la dilatazione con estrusione di alcuni frammenti. Nel gruppo B 1 caso di sepsi postoperatoria ed 1 caso di sanguinamento postoperatorio prolungato. La durata della degenza è stata lievemente più breve nel gruppo A (3.5 giorni) rispetto al gruppo B (5 giorni) Conclusioni: La Miniperc riduce le perdite ematiche intraoperatorie e la durata della degenza. La durata dell’ intervento risulta tuttavia maggiore, anche quando nel gruppo B il tramite nefrostomico è stato effettuato con la dilatazione coassiale progressiva, per la necessità di eliminare meccanicamente i frammenti attraverso un tramite di dimensioni ridotte. MINIPERC, ESPERIENZA PRELIMINARE. M. De Sio, A. Campitelli, R. Angrisani, T. Realfonso, U. Di Mauro, O. Intilla, R. Sanseverino U.O.C. Urologia, Ospedale Umberto I, Nocera Inferiore, Salerno TERAPIA PROFILATTICA FUORI FUOCO PER RIDURRE IL DANNO RENALE CAUSATO DALL’ESWL. E. Di Grazia1, J. Gutierrez2, M. Loske3 1 Divisione di Urologia, Azienda Garibaldi, Catania; 2Nuevo Hospital Civil, Universidad de Guadalajara, Mexico; 3Centro de Fisica Aplicada y Tecnologia Avanzada, Universidad Nacional de Mexico, Querétaro, Mexico Obiettivi: Riportiamo la nostra esperienza preliminare sull’ utilizzo della Miniperc in una valutazione comparativa retrospettiva con la tecnica standard di PCNL. Materiali e Metodi: I primi 20 casi di pazienti sottoposti a litotrissia percutanea attraverso una camicia di Amplatz 14 Ch con strumentario dedicato (gruppo A: 13 m/7f, età media 31.4anni) sono stati retrospettivamente paragonati a un gruppo di 20 pazienti sottoposti a PCNL con l’utilizzo di una camicia Ch 28/30 con nefroscopio 26 Ch (gruppo B: 9m/11f, età media 33.2 anni). Tutti i pazienti presentavano calcoli di diametro max <2.5 cm. Per la frammentazione dei calcoli è stato preferenzialmente utilizzato una fonte di energia balistica per il gruppo A, gli ultrasuoni per il gruppo B. Il laser è stato utilizzato in maniera episodica in entrambi i gruppi. Sono stati valutati la durata dell’intervento, le perdite ematiche intraoperatorie, lo stone free rate, le complicanze immediate, la durata della degenza. Risultati: La durata media dell’intervento (dalla puntura della via escretrice al posizionamento Introduzione: È noto che l’ESWL causa un danno renale e che le lesioni si estendono in proporzione all’aumentare dell’energia da shock utilizzata. Dopo SWL è stato dimostrata una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare e del flusso plasmatico renale. Studi recenti hanno mostrato che la vasocostrizione causata dal trattamento con onde di shock a carico del polo renale a basso voltaggio protegge l’altro polo dal danno causato da un successivo trattamento con SWL ad alto voltaggio. Sembrerebbe che la vasocostrizione prodotta da onde da shock di basso voltaggio limiti il sanguinamento e lo sviluppo di lesioni causate da ulteriori onde da shock, tuttavia il più basso livello di energia capace di indurre questo effetto protettivo non è noto e potrebbe essere inferiore rispetto a quello minimo riportato dai litotritori commerciali. L’obiettivo dello studio è testare l’ipotesi che il trattamento con onde fuori fuoco possa essere utilizzato Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 15 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia come trattamento profilattico per il danno determinato all’applicazione successiva d’onde da shock a maggiore voltaggio. Materiali e Metodi: Tre gruppi di 10 maiali femmine di 10 settimane furono anestetizzati e preparati per SWL con un litotritore Direx Tripter Compact. Quattro maiali furono trattati con 6000 colpi generati a 22 Kv focalizzati sul polo inferiore del rene. Un secondo gruppo di 4 maiali ricevette lo stesso trattamento, però dopo essere stato trattato con 3000 onde profilattiche generate a 22 Kv posizionando il polo renale inferiore del rene sull’asse di simmetria del riflettore ad una distanza di 50 mm da F2. La regione focale (F2) fu mantenuta fuori il corpo cosicché un ampio volume del rene ricevette una bassa dose d’onde da shock. 2 maiali furono impiegati come controlli. I reni trattati e non trattati furono rimossi chirurgicamente per analisi istologica attraverso una nefrectomia bilaterale previa legatura in blocco del peduncolo, avendo cura che non fossero manipolati eccessivamente per evitare lesioni chirurgiche. Risultati: 6 mila onde da shock a 22Kv causarono lesioni emorragiche nella corteccia e nella papilla del polo renale trattato. Il danno istologico e le dimensioni delle lesioni osservati nel gruppo profilattico sembrano indicare un minor danno, anche se non si raggiunge una differenza statisticamente significativa. Conclusioni: La somministrazione preliminare d’onde da shock fuori-fuoco può ridurre il danno da successivo trattamento con SWL. Ulteriori esperimenti sono in corso per confermare questa iniziale osservazione. Una ulteriore conferma di tali risultati potrebbe essere rivoluzionario in termini di minor danno renale causato dal SWL. EFFICACIA E RISULTATI NEL TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO DEL VARICOCELE IN ETÀ PEDIATRICA. C. Esposito1, A. Savanelli2, A. Centonze1, G. Monguzzi3, M. Gonzalez-Sabin3, L. Mastroianni4, M. De Marco2, M. Bitonti1, A. Chiappinelli2, R. Damiano1, A. Settimi2 1 Università di Catanzaro “Magna Graecia; 2 Università di Napoli “Federico II; 3Ospedale Buzzi Milano; 4William Soler Hospital, La Habana, Cuba; 5 Università di Ancona Obiettivi: Valutazione dei risultati e dei vantaggi mediante l’impiego della terapia laparoscopica 16 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 nel trattamento del varicocele in età pediatrica. Materiali e Metodi: 101 pazienti sono stati sottoposti a trattamento laparoscopico del varicocele in quattro differenti centri di chirurgia pediatrica. L’età dei pazienti è variata tra 8 e 17 anni (media 11.7 anni), la sede del varicocele è risultata a sinistra in 97 casi (96.1%) mentre in 4 casi (3.9%) il varicocele è risultato bilaterale. Tre pazienti presentavano recidiva di varicocele sinistro. 75 pazienti sono strati trattati mediante laparoscopia con approccio transperitoneale: 10 (13.4%) con la sola legatura della vena testicolare (Ivanissevich), e 65 (86.6%) sono stati sottoposti a legatura della arteria e della vena testicolare (Palomo). In 26/101 pazienti la procedura è stata effettuata per via retroperitoneoscopica: 5 pazienti sono stati sottoposti a legatura sec. Ivanissevich e 21 pazienti sec. Palomo. In 6 (5.9%) casi, trattati mediante laparoscopia, è stata effettuata una procedura aggiuntiva durante lo stesso intervento: in particolare, per 5 pazienti si è provveduto alla chiusura del dotto peritoneo-vaginale che risultava pervio sul lato destro, ed in 1 paziente, precedentemente sottoposto ad appendicectomia, è stata effettuata una contestuale lisi di aderenze tra le anse intestinali e la parete addominale. Risultati: Il tempo operatorio medio è risultato 30 minuti, con una ospedalizzazione di circa 24 ore. Nel corso del follow up si sono manifestati 10 casi (9,9%) di idrocele destro in pazienti sottoposti alla tecnica sec Palomo. Recidiva di varicocele si è evidenziata in 3 pazienti: 1 caso (6.6%) dopo Ivanissevich e 2 casi (2.3%) dopo trattamento sec. Palomo. Conclusioni: La nostra preliminare esperienza mostra che i risultati dell’approccio laparoscopico nei pazienti con varicocele sono comparabili rispetto alle altre tecniche chirurgiche e radiologiche. La laparoscopia sembra avere tre principali vantaggi nei confronti delle altre tecniche: per prima la mini-invasività e la precisione dell’ intervento, inoltre consente il trattamento contemporaneo di patologie associate nel corso della stessa anestesia come accaduto in 6 casi. In ultimo consente il trattamento contestuale del varicocele bilaterale senza cicatrici addizionali o prolungamento del tempo operatorio. Noi crediamo che la legatura delle vene ed arterie testicolari sia preferibile alla legatura della sola vana testicolare, anche se la procedura sec. Palomo determina una incidenza del 10% della comparsa di idrocele postoperatorio. Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ORCHIDOPESSI LAPAROSCOPICA SENZA DIVISIONE DEI VASI SPERMATICI. PUÒ ESSERE CONSIDERATA LA PROCEDURA DI SCELTA NEL TESTICOLO INTRADDOMINALE? C. Esposito1, A. Centonze1, M. De Marco2, A. Chiappinelli2, F. Cantiello1, G. La Cava1, R. Damiano1, A. Settimi1 1 Università Magna Graecia di Catanzaro; 2 Università Federico II, Napoli Obiettivi: Differenti tecniche chirurgiche sono state descritte per il trattamento del testicolo non palpabile. A seguito di una ampia esperienza con la tecnica di Fowler Stephens in due stadi, gli autori riportano la loro esperienza con la orchidopessi laparoscopica effettuata senza divisione dei vasi spermatici Materiali e Metodi: Durante un periodo di 36 mesi, 85 pazienti con testicolo non palpabile (91 testicoli) sono stati sottoposti a laparoscopia diagnostica esplorativa. In 25 pazienti (29.4 %) di questa serie con evidenza di testicolo intraddominale, è stata effettuata una orchidopessi laparoscopica senza divisione dei vasi spermatici. In 10 casi il testicolo era prossimale all’anello inguinale interno mentre in 15 casi era localizzato a sede intraddominale alta. La tecnica ha richiesto: La sezione del gubernacolo (se presente), l’apertura del peritoneo lateralmente ai vasi spermatici, la mobilizzazione dei vasi testicolari e del deferente nel retroperitoneo per 8-10 cm. Il testicolo è stato posizionato nello scroto attraverso l’anello inguinale interno (14 casi) - se questo era pervio - o attraverso la creazione di un nuovo anello inguinale (11 casi) creato medialmente ai vasi epigastrici. In un singolo caso in cui, dopo la mobilizzazione, l’allungamento senza tensione dei vasi spermatici non è risultato adeguato, abbiamo effettuato la tecnica di Fowler Stephens Risultati: La durata media dell’intervento è risultata 55 min (range 40 a 75 min). Tutti i testicoli sono stati posizionati nello scroto con successo. Riportiamo una singola complicanza intraperatoria (1,2%) per rottura iatrogenica dei vasi spermatici da eccessiva trazione Conclusioni: Sulla base della nostra limitata esperienza crediamo che la orchidopessi laparoscopica effettuata senza sezione dei vasi spermatici possa essere considerata la procedura di scelta nel trattamento del testicolo non palpabile, avendo una ridotta incidenza di compromissione della vascolarizzazione del testicolo e risul- tando minimamente invasivo. Nei casi di testicolo intraddominale alto è possibile considerar l’effettuazione di una orchidopessi sec Fowler Stephens. LE PUNTURE AL CALICE RENALE IN CORSO DI NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL) INCIDONO SUL RISCHIO EMORRAGICO? S. Ferretti, P. Salsi, A. Frattini, S. Fornia, P. Cortellini Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma Introduzione e Obiettivi: Una delle complicanze più importanti in corso di PCNL è sicuramente quella emorragica. Lo scopo di questo lavoro è indagare l’eventuale correlazione fra il numero di punture effettuate al calice interessato nel corso dell’accesso nefrostomico con varie tecniche e l’entità del sanguinamento postoperatorio. Materiali e Metodi: Abbiamo considerato 100 pazienti non consecutivi sottoposti a PCNL tra il maggio 2002 e il dicembre 2004: il criterio di inclusione prevedeva che il paziente venisse liberato dai calcoli in una unica seduta e che nel corso dell’intervento non venissero effettuate procedure endourologiche accessorie. Il tramite è stato confezionato con diverse tecniche: dilatatori metallici tipo Alken, tecnica “One-Shot”, dilatazione pneumatica, dilatatori teflonati progressivi e tecnica minipercutanea (MIPP). È stato verificato il numero di punture (ovvero il numero di volte che veniva attraversato il parenchima renale con l’ago) effettuate per raggiungere il calice prescelto, il tempo di esposizione radiologica, i valori emocromocitometrici pre- e postoperatori, eventuali trasfusioni (autologhe o eterologhe), i tempi di degenza. I dati così ottenuti sono stati suddivisi in gruppi in base ai seguenti criteri: a) numero di punture effettuate (n° 6 gruppi); b) tecnica di confezionamento del tramite (n° 5 gruppi); c) entità del sanguinamento postoperatorio, intesa come perdita in g/dL di Hb (n° 7 gruppi). Si è quindi proceduto ad una analisi delle variazioni intra gruppi e fra gruppi. Risultati: L’età dei pazienti varia tra i 17 e gli 83 anni (media 54 + 16); le punture effettuate sono variate da 1 a 12 (in media 3,5 + 2,1); il tempo di esposizione radiologica è variato da 38 sec a 17 min (in media 5,9 + 3 min); la perdita ematica media è stata di 1,1 + g/dL (da 0,1 a 3,9 g/dL); in 27 pazienti era stata predisposta una autoeArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 17 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia modonazione; 6 pazienti sono stati trasfusi, dei quali 2 con sangue autologo e 4 con sangue eterologo; la degenza media è stata di 6,3 + 2,9 giorni (da 3 a 18 giorni). L’analisi statistica eseguita con il T-Test di Student e l’analisi della varianza tra gruppi ha evidenziato che non esiste in questa serie di pazienti alcuna correlazione tra il numero di punture effettuate per l’accesso al calice o la tecnica impiegata e l’entità della perdita ematica, ha riconfermato il dato già rilevato in un nostro precedente lavoro che la tecnica “One- Shot” a parità di efficacia e sicurezza permette una minore esposizione radiologica rispetto alle altre tecniche utilizzate (4,89 + 2 min contro 6,33 + 3,7 min; p < 0,001). Conclusioni: I nostri dati suggeriscono che l’entità delle perdite ematiche conseguenti a procedure di nefrolitotrissia percutanea è indipendente sia dal numero di punture effettuate per accedere al calice prescelto che dalla tecnica impiegata per confezionare il tramite. Ciò dal nostro punto di vista significa che è più importante ottenere il tragitto più congruo possibile all’anatomia renale, anche al prezzo di plurime punture del rene stesso, al fine di minimizzare il rischio di sanguinamento post-operatorio significativo. EMINEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA PER IDRONEFROSI IN RENE A FERRO DI CAVALLO. M. Garofalo, M. Malizia. F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo, G. Martorana Clinica Urologica, Università di Bologna Introduzione: Il rene a ferro di cavallo (f. di c.) è la più comune anomalia di fusione renale. Consiste nella presenza di due distinte masse renali poste verticalmente alla linea mediana e congiunte a livello dei rispettivi poli inferiori da un istmo parenchimatoso o fibroso. Può essere associata ad altre anomalie genitourinarie o extra genitourinarie come anomalie di posizione renale, rene policistico, estrofia vescicale, ipospadia, criptorchidismo oppure mielomeningocele, idrocefalo, diverticolo di Meckel, anomalie cardiache o disordini cromosomici. La vascolarizzazione è variabile per sede e numero, così come la posizione degli ureteri. Il rene a f. di c. non richiede solitamente una correzione chirurgica ma, in presenza invero non infrequente, di patologie renali associate quali stenosi ostruttiva del giunto pieloureterale o calcolosi, eventualmente complicate da sintomatologia algica o flo- 18 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 gistica, può essere necessario un trattamento chirurgico volto alla correzione della condizione patologica associata e che talora può richiedere la sezione dell’istmo. Nel caso riportato l’intervento indicato era di eminefrectomia sinistra dagli autori eseguita con tecnica laparoscopica. Caso Clinico: Si descrive il caso di un paziente maschio di anni 18 con sintomatologia algica dell’emiaddome sinistro e frequenti episodi iperpirettici. La diagnosi, dapprima ecografica e successivamente confermata con RMN era di esclusione funzionale e marcata idronefrosi sinistra da probabile ostruzione giuntale in rene a f.di.c. con scarsissima componente parenchimale dell’emirene sinistro. L’istmo appariva parenchimatoso. Con accesso laparoscopico transperitoneale, constata la sevridronefrosi, identificati e legati con endoclip alcuni rami arteriosi e venosi e l’uretere e si eseguì l’eminefrectomia sinistra conducendo la resezione in un piano di confine tra la componente parenchimatosa istmica e quella fibrotica di pertinenza dell’emirene sinistro. L’emostasi fu conseguita efficacemente con bisturi ad ultrasuoni e a circuito bipolare. Il paziente venne dimesso in terza giornata postchirurgica e una TC eseguita a due anni di distanza dall’intervento ha dimostrato normale morfologia del parenchima e piena funzionalità del rene residuo. Conclusioni: La tecnica laparoscopica nel caso descritto si è dimostrata efficace e sicura, comportando inoltre scarsa ospedalizzazione e trascurabile danno estetico, parametri di rilevante importanza nei soggetti giovani, nel raffronto con la tecnica chirurgica a cielo aperto di norma eseguita. ENUCLEORESEZIONE RENALE LAPAROSCOPICA. NOTE DI TECNICA E RISULTATI. G. Grosso, M. Amenta, M. Occhipinti, F. Maritati U.O. Urologia, Casa di Cura Privata Polispecialistica “Dott. Pederzoli”, Presidio ASL 22 Regione Veneto, Peschiera del Garda (Verona) Introduzione: La chirurgia nephron sparing ha goduto negli ultimi anni di notevole interesse; infatti, mentre appare ormai consolidato il ruolo della chirurgia di risparmio di necessità, la tumorectomia renale si va sempre più affermando anche come opzione terapeutica di scelta. Le neoformazioni renali esofitiche, di limita- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia te dimensioni, non coinvolgenti la via escretrice, rappresentano l’indicazione elettiva a suddetta chirurgia. La scelta dell’approccio laparoscopico, a parità di risultati oncologici, ci ha consentito di ottenere, rispetto alla chirurgia tradizionale, una netta riduzione della morbilità, della degenza ospedaliera e una precoce ripresa delle normali attività socio-lavorative. Materiali e Metodi: Posta l’indicazione alla chirurgia nephron sparing utilizziamo esclusivamente la via laparoscopica. Il video illustra i due diversi approcci transperitoneale-retroperitoneale scelte a seconda della localizzazione delle neoformazioni renali (superficie anteriore o posteriore dell’organo). Non realizziamo di routine il clampaggio preventivo dell’arteria renale. Eseguiamo l’ischemia calda qualora la diagnostica per immagini suggerisca un’importante neo-circolo della massa o se la neoformazione lambisca le arterie lobari. L’exeresi viene eseguita con bisturi ad ultrasuoni. L’emostasi del letto della lesione viene eseguita con coagulazione bipolare e ponendo punti in monofilamento riproducendo la tecnica consueta. Conclusioni: Casistica personale: 33 tumorectomie. Tempo operatorio medio: 77 minuti. Perdite ematiche medie: 350 cc. Degenza media: 5 giorni. Anatomia patologica: 5 oncocitomi, 28 carcinomi renali a cellule chiare. Margini chirurgici positivi: 2 casi. PRELIEVO DI RENE DA DONATORE VIVENTE PER VIA LAPAROSCOPICA: IL FILM. G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, P. Bellinzoni, A. Centemero, M. Zanoni, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele-Turro, Milano Introduzione: La chirurgia minimamente invasiva offre sicuri vantaggi al donatore di rene vivente ed ha ampliato il numero di trapianti tra consanguinei. In questo film descriviamo la tecnica impiegata presso il nostro Istituto per l’espianto laparoscopico di rene. Materiali e Metodi: Il rene preferenzialmente selezionato è il sinistro. Il paziente viene posizionato sul fianco a 60° con il letto flesso di circa 30° per ampliare lo spazio tra arcata costale e cresta iliaca. I tempi dell’intervento, eseguito per via transperitoneale, sono i seguenti: 1) La linea di Toldt viene incisa dalla flessura splenica sino al sigma con medializzazione del colon discendente ed esposizione della Gerota. 2) Vengono successivamente identificati i reperi anatomici significativi quali il peduncolo vascolare e l’uretere. 3) La vena renale viene isolata per un lungo tratto, sezionando tra clip la vena surrenalica per il risparmio dell’omonima ghiandola. 4) Si isola e si scheletrizza l’arteria renale sino all’aorta. 5) L’isolamento del rene prosegue scollando l’organo dal surrene e dai tessuti fibroadiposi circostanti. 6) L’uretere viene sezionato controllando l’emissione di urina. 7) Viene eseguita una incisione sec. Pfannestie estesa sino alla fascia, senza aprire il peritoneo per evitare uscita di CO2 e conseguente scomparsa della camera di lavoro. 8) Attraverso questa incisione viene inserito un apposito sacchetto per estrazione di organi e il rene, completamente isolato e ancora attaccato al suo peduncolo vascolare, viene inserito nel sacchetto che trazionato verso la parete addominale mette in chiara esposizione il peduncolo vascolare. 9) L’arteria e la vena renale sono sezionate rispettivamente tra clip e con l’impiego di EndoGIA e l’organo estratto dalla cavità addominale protetto dall’apposito sacchetto. Risultati: Sono state eseguiti due espianti laparoscopici di rene da donatore vivente. I tempi operatori sono stati di 260 e 220 minuti; le perdite ematiche di 25 e 35 cc, mentre il tempo di ischemia a caldo è stato rispettivamente di 120 e 150 sec. I donatori sono stati in grado di deambulare e assumere dieta idrica sin dalla prima giornata post-operatoria e sono stati dimessi dopo 4 e 3 giorni dall’intervento. Conclusioni: L’espianto di rene laparoscopico da donatore vivente è una procedura chirurgica efficace, riproducibile e offre al donatore tutti i vantaggi tipici della chirurgia minimamente invasiva. PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA(VLP) “NERVE SPARING” CON RISPARMIO DELLA FASCIA DI DENONVILLERS: IL FILM. G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, T. Maga, L. Rigatti, M. Zanoni, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele-Turro, Milano Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 19 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Introduzione: Uno dei punti di critica della VLP appare essere quello relativo all’esecuzione di un corretto intervento “nerve-sparing”. Nel film viene presentata la tecnica impiegata presso il nostro Istituto per l’esecuzione della VLP “nerve sparing” con risparmio della fascia di Denonvilers. Materiali e Metodi: Indotto il pneumoperitoneo e posizionata la porta ottica e 4 porte operative laparoscopiche, i tempi dell’intervento sono i seguenti: 1) Incisione del peritoneo a livello del Douglas con isolamento e dissezione dei deferenti e vescicole seminali. Al fine di non procurare lesioni termiche al plesso pelvico, il peduncolo deferenziale viene clippato e sezionato con forbici a lama fredda. 2) Creazione del piano tra prostata e Fascia di Denonvillers. Entrambe le vescicole seminali vengono sollevate e retratte cranialmente per esporre il piano di clivaggio tra prostata e fascia di Denonvillers. Questo piano avascolare viene agevolmente sviluppato per via smussa sino in prossimità dell’apice prostatico. Il piano deve essere sviluppato quanto più lateralmente possibile al fine di assottigliare i peduncoli prostatici laterali. 3) Si incide il peritoneo parietale lateralmente alle due arterie ombelicali per accedere allo scavo pelvico. La fascia endopelvica viene incisa con isolamento e legatura del Santorini. Viene sviluppato il piano tra prostata e collo vescicale sino a repertare inferiormente le vescicole seminali, precedentemente isolate. 4) Sezione dei peduncoli laterali. Grazie al risparmio della fascia di Denonvilliers, i peduncoli vascolari appaiono assottigliati ed il “bundle” neurovascolare si scolla per via smussa con maggior facilità. Per evitare danni termici al fascio neurovascolare, il controllo del peduncolo viene eseguito con clip e forbice a lama fredda. Qualora fossero necessarie forme di coagulazione termica è fondamentale l’impiego di pinze bipolari per ridurre le dispersioni laterali di energia. 5) Sezione del Santorini e dell’uretra a livello dell’apice prostatico e completamento della prostatectomia radicale. 6) L’anastomosi vescico-uretrale viene eseguita a punti staccati. La magnificazione ottica laparoscopica permette di valutare correttamente il posizionamento dei punti di sutura evitando potenziali danni legati alla trasfissione dei 20 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 fasci neurovascolari nel loro decorso parauretrale. Conclusioni: La tecnica di prostatectomia radicale laparoscopica con risparmio della fascia di Denonvillers è una tecnica riproducibile efficace e che permette di migliorare la dissezione “nerve sparing” della prostata per via laparoscopica. L’URETEROSCOPIA D’URGENZA IN PAZIENTI CON COLICA RENALE. S. Guercio, C. Terrone, C. Scoffone, C. Cracco, M. Poggio, I. Morra, R. Tarabuzzi, M. Cossu, G. Ghignone, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano (To) Introduzione: La colica renale (CR) rappresenta circa il 3-5% degli accessi al Pronto Soccorso e il 30-35% delle urgenze urologiche. La litiasi urinaria rappresenta la causa più frequente di CR, pur esistendo altre possibili cause che possono provocare un’ostruzione delle vie urinarie. Lo scopo del lavoro è quello di valutare l’efficacia (diagnostica e terapeutica) dell’ureteroscopia, eseguita in regime di urgenza, in pazienti con CR. Materiali e Metodi: Dall’1/2001 all’8/2003, 100 pazienti consecutivi (63 maschi, 37 donne; età mediana: 51 anni), provenienti dal P.S., sono stati sottoposti a ureteroscopia d’urgenza, con ureteroscopio semirigido Wolf 7.5 Ch, per CR resistente alla terapia medica. Gli interventi sono stati eseguiti da operatori nel corso della curva di apprendimento di una metodica standardizzata. Risultati: Nausea, macroematuria, febbre, compromissione della funzione renale erano presenti in 16, 10, 14 e 18 pazienti rispettivamente. Un paziente era monorene. Calcoli ureterali erano presenti in 94 casi (diametro mediano: 10 mm; range: 4-20 mm); gli altri pazienti presentavano stenosi ureterali (2), endometriosi periureterale (1) e segni di recente espulsione di calcoli (3). 15 calcoli erano localizzati nell’uretere sottogiuntale, 28 in quello lombare, 46 in quello pelvico, 1 in una giunzione uretero-ileale, 4 pazienti presentavano litiasi multipla. In 1 paziente l’intervento non è stato eseguito per insorgenza di problemi cardiologici all’induzione dell’anestesia. I pazienti con calcoli sono stati sottoposti a: ureteroscopia+litotrissia con lithoclast (60), ureteroscopia+estrazione del calcolo con Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia cestello (17), push-up (7), procedura incompleta per danno ureterale (2) o uretere non compiacente (7). In 96/99 pazienti è stato applicato un JJ (ben tollerato nel 59% dei casi). Il ricovero mediano è stato di 2 giorni (range 1-12). Nel post-operatorio si è verificato un solo caso di pielonefrite. I successi terapeutici eziopatogenetici sono stati ottenuti nell’84% dei casi. Il 92% dei pazienti, interrogati con questionario anonimo a distanza di tempo, si dichiaravano soddisfatti della procedura a cui erano stati sottoposti. Non è stata trovata una relazione statisticamente significativa tra la sede dei calcoli, l’anno delle procedure, il diametro e la percentuale di successi. Conclusioni: L’ureteroscopia in urgenza, per l’alta percentuale di successi e le scarse complicanze, rappresenta una valida possibilità terapeutica in pazienti selezionati con CR. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DELLE STENOSI URETERO-ILEALI RISULTATI A LUNGO TERMINE. M. Malizia, E. Brunocilla, T. Forlani, S. Lupo, E. Vece, G. Martorana Clinica Urologica, Università di Bologna Introduzione e Obiettivi: Abbiamo analizzato retrospettivamente l’efficacia del trattamento endoscopico nelle stenosi urtero-ileali nei Pazienti (Pz) sottoposti a derivazione urinaria per neoplasia vescicale o per altre cause. Metodi: 213 Pz sottoposti a derivazione urinaria presso il nostro istituto dal ottobre 1995 al ottobre 2002. 64 Pz sono stati sottoposti a derivazione urinaria secondo Bricker, 87 a neovescica ileale ortotopica secondo Studer,12 neovesciche ileali secondo Hautmann, 45 sottoposti ad ureterocutaneostomia e 5 ad Indiana Pauch. Abbiamo quindi analizzato i 168 Pz in cui è stata eseguita una anastomosi uretero intestinale, 6 dei quali monorene. In 156 Pz è stata realizzata una anastomosretero-ileale senza tecnica antireflusso, mentre nei 12 Pz sottoposti a neovescica ileale secondo Hautmann è stata confezionata una anastomosi con tecnica antirefulusso di tipo siero-mucoso secondo Ghoneim. Sono state riscontrate 16 stenosi uretero-ileali su 330 anastomosi uretero-ileali (4,8%), di cui una è stata eseguita in un Pz portatore di neovescica ileale secondo Hautmann, 1 su 24 unità renali impiantate (4,1%) e le restanti 15 stenosi su 306 unità renali impiantate (4.9%) con anastomosi senza tecnica antireflusso. In tutti i Pz la diagnosi è stata effettuata radiologicamente ed endoscopicamente escludendo recidiva neoplastica. 10 Pz sono stati trattati endoscopicamente, in 4 Pz non è stato possibile procedere a trattamento endoscopico per l’impossibilità di superare la stenosi con filo guida, nei restanti 2 Pz si è proceduto direttamente ad intervento chirurgico di reimpianto ureterale poiché la stenosi superava i 2 cm di lunghezza. Dei 10 Pz trattati endoscopicamente, 7 sono stati trattati mediante dilatazione iperbarica e 3 con Acucise. La riuscita del trattamento è stata evidenziata mediante controllo radiologico. Risultati: Ad un follow-up medio di 36 mesi nei Pz sottoposti a trattamento endoscopico,la percentuale di successo è stata del 20%(2 su 10). Nei Pz sottoposti ad endoureterotomia con Acucise la percentuale di successo è stata del 33% (1 su 3). Nei Pz trattati endoscopicamente che hanno sviluppato recidiva della stenosi è stato eseguito successivamente intervento chirurgico con una percentuale di successo del 87,5% (7 su 8). Nell’unico Pz in cui anche la terapia chirurgica non è risultata efficace è stato posizionato uno stent ureterale. I Pz liberi da recidiva sono stati valutati con esame urografico nel follow-up. Conclusioni: Secondo la nostra esperienza, seppur limitata a pochi casi, il trattamento endoscopico può essere un ragionevole trattamento nella stenosi 1.5 cm, poichè è di facile esecuzione e praticamente privo di morbidità, negli altri casi e nelle stenosi su base trofica ischemica la percentuale di successo è molto bassa. In questi ultimi il trattamento chirurgico rimane il gold standard con percentuale di successo di circa 88% Bibliografia: 1. Laven BA, ò Connor RC, Gerber GS, Steinberg GD. Long term results of endoureterotomy and open surgical revison for management of ureteroenteric strictures after urinary diversion. Urol, 2003, 170(4 pt1) 1226-30. TRATTAMENTO PERCUTANEO DI LITIASI PIELOCALICEALE INFERIORE A STAMPO CON PUNTAMENTO ECOGRAFICO E RADIOLOGICO E IMPIEGO DI CAMICIA DI AMPLATZ TRASPARENTE (ULTRAXX CLEAR SHEATH, COOK). M. Mari, F. Mangione, M. Bellina U.O.C. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli, Torino Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 21 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Presentiamo il trattamento percutaneo di un voluminoso calcolo pielico e caliceale inferiore a stampo. La procedura percutanea viene preceduta dall’applicazione per via retrograda di un catetere ureterale da occlusione, che permette di assistere la procedura percutanea attraverso la opacizzazione delle cavità renali e il controllo della loro distensione. La puntura percutanea al calice inferiore del rene viene effettuata per via ecografica, limitando l’utilizzo della scopia in brillanza al controllo della correttezza della procedura con pielografia anterograda. Tale approccio permette di limitare l’esposizione degli operatori alle radiazioni ionizzanti e di sfruttare la manualità che l’urologo possiede nell’uso dell’ecografia. Per la litolapassi viene adoperata energia a ultrasuoni. Abbiamo riscontrato notevoli vantaggi nell’utilizzo di una camicia di Amplatz trasparente, a becco di flauto (Ultraxx clear sheath, Cook), che permette un miglior controllo del tramite nefroscopico, nonché un più agevole recupero di frammenti litiasici risultanti dalla litotrissia ed eventualmente dislocati al di fuori del campo visivo concesso dalle normali camicie. CISTOPESSI LAPAROSCOPICA EXTRAPERITONEALE. G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M. Remotti, G. Caruso SC di Urologia Ospedale di Sondalo (SO) La metodica presentata è una tecnica laparoscopica estremamente semplice soprattutto se si ha dimestichezza con l’accesso extraperitoneale utilizzato per la prostatectomia radicale laparoscopica extraperitoneale. La pz è in posizione supina con un rialzo di 10 cm sotto il bacino e con le gambe divaricate, per permettere l’accesso alla vagina durante l’intervento. Attraverso una incisione sott’ombelicale, previa apertura della fascia, si introduce un dito nello spazio preperitoneale che viene così scollato. L’ampliamento di questo spazio avviene con un palloncino dissettore. Viene quindi introdotto un trocar da 10 mm a dx (a due cm dalla cresta iliaca su di una ideale linea che unisce la cresta alla prima incisione), e due a 10 e 5 mm, a sn. il primo a due cm dalla cresta e il secondo in posizione intermedia tra quest’ultimo e il trocar centrale. Creata la cavità con il gas si provvede a 22 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 identificare il pube e a scollare il grasso perivescicale con identificazione del collo e delle pareti laterali della vagina. Viene quindi introdotta in cavità un rete di prolene della larghezza di circa tre cm che viene fissata sulla parete vaginale, lateralmente all’uretra e al collo con dei punti che vengono annodati per via intracorporea, prima da un lato e successivamente dall’altro. Con l’aiuto delle dita introdotte in vagina si regola la tensione delle reti che vengono fissate alla faccia posteriore delle branche superiori del pube, con dei particolari punti metallici laparoscopici (Protack). Si seziona e si asportano le porzioni di reti in eccedenza. Si rivede l’emostasi e si estraggono i trocar. Il catetere può essere rimosso dopo un giorno. NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA EXTRAPERITONEALE. G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M. Remotti, G. Caruso SC di Urologia Ospedale di Sondalo (SO) Nel video viene mostrata la tecnica della nefrectomia laparoscopica eseguita presso il nostro centro. L’accesso è retroperitoneale, con paziente in posizione lombotomica e con un rialzo sotto il fianco. Si utilizzano 4 trocar, 3 posizionati agli apici e al centro di una ideale linea lombotomica sottocostale, il 4° posizionato anteriormente subito sotto l’apice della X costa. La prima incisione è sottocostale e attraverso di essa con il dito si libera lo spazio retroperitoneale, tale aspazio viene ampliato con il trocar dissettore. I successivi trocar verranno introdotti sotto la guida del dito. Il primo tempo prevede la creazione di un adeguato spazio retroperitoneale con identificazione del piano del muscolo psoas che serve da guida per l’identificazione dei vasi renali. Sollevando il rene si ha accesso prima all’arteria che viene isolata accuratamente e circondata con un passafili laparoscopico. Viene quindi chiusa con clip autobloccanti Hem-o-lok prima di essere sezionata. Subito dopo si identifica la vena, anch’essa adeguatamente preparata e circondata con passabili. Preferiamo eseguire la chiusura della vena anzichè con endogia, nel seguente modo: legatura della vena con un laccio passato con il passafili e annodato per via intracorporea; l’affastellamento della stessa creato con questa manovra per- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia mette l’apposizione di due clip tipo Hem-olok e la successiva sezione. Terminata la legatura e sezione dei vasi si procede a isolare e sezionare tra clip l’uretere e successivamente a isolare il rene con la sua capsula dal peritoneo, isolando prima il polo superiore e successivamente l’inferiore. Terminato l’isolamento di tutto il rene si introduce attraverso un trocar da 15 mm posizionato al posto di uno già preesistente un sacchetto da 15 mm all’interno del quale si posiziona l’organo che viene estratto attraverso una miniincisione lombare. Il drenaggio a revisione dell’emostasi e la sutura delle porte pongono fine all’intervento. PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA (VLRP): NOSTRA ESPERIENZA. G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo Clinica Urologica, Università di Bologna Introduzione e Obiettivi: la prostatectomia radicale è il gold standard terapeutico per il carcinoma della prostata clinicamente localizzato. Fra le opzioni chirurgiche la tecnica laparoscopica ha assunto negli ultimi anni una importanza sempre maggiore ed attualmente ha sostituito in molti centri gli accessi chirurgici convenzionali. Si è cercato di individuare i passaggi chiave della prostatectomia radicale laparoscopica transperitoneale e di indicare la loro soluzione in base alla nostra curva di apprendimento per agevolare l’acquisizione di questa tecnica. Materiali e Metodi: 60 pazienti sono stati sottoposti a VLRP sec. Montsouris da marzo 2002 a gennaio 2004 Risultati: I tempi chirurgici che necessitano di particolari accorgimenti da seguire per una corretta esecuzione della tecnica sono: isolamento delle vescicole seminali, incisione della fascia di Denonvillier, esposizione del Retzius, legatura del plesso di Santorini, individuazione del piano di clivaggio vescico-prostatico, isolamento dei fasci vasculo-nervosi, preparazione dell’apice prostatico e sezione dell’uretra. Le vescicole seminali devono essere accuratamente isolate per facilitare la loro successiva anteriorizzazione e l’isolamento del collo vescicale. L’incisione corretta della fascia di Denonvillier permette un miglior isolamento dei peduncoli laterali e dell’apice. Esporre il Retzius tramite incisione laterale è importante per individuare un corretto clivaggio evitando lesioni vescicali; nel paziente obeso può essere utile una preventiva sezione delle arterie ombelicali e dell’uraco. Il plesso di Santorini deve essere legato in prossimità del pube per evitare di tagliare accidentalmente il punto durante la sezione del plesso e per non avere un moncone esuberante che ostacoli la successiva anastomosi vescico-uretrale. La fase di distacco del collo vescicale dalla prostata consente un’ottimale evidenziazione delle fibre muscolari del trigono ed una fondamentale netta demarcazione dei bundles laterali. L’isolamento dei bundles è facilitato dalla trazione e dalla rotazione controlaterale esercitata sulla prostata da parte dall’aiuto. L’apice prostatico viene praparato con particolare attenzione seguendo la sua morfologia per evitare accidentali lesioni della prostata e per permettere un’adeguata sezione, sia a livello oncologico che morfologico per la successiva anastomosi, dell’uretra. Conclusioni: Ognuno di questi accorgimenti, maturati durante la nostra esperienza, ha permesso una semplificazione degli steps chirurgici successivi ed una netta riduzione dei tempi operatori. Bibliografia: 1. Guillonneau, B., Cathelineau, X., Barret, E., Rozet, F., Vallancien, G.: Laparoscopical radical prostatectomy: technical and early oncological assessment of 40 operations. Eur Urol, 36: 14-20, 1999. 2. Guillonneau, B., Cathelineau, X., Doublet, JD, Vallancien, G. Laparoscopical radical prostatectomy: the leassons learned. J Endourol, 15(4): 441-5, 2001. PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: VALUTAZIONE DEI RISULTATI ONCOLOGICI SUI PRIMI 60 CASI. G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, A. Franceschelli, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo Clinica Urologica, Università di Bologna Introduzione e Obiettivi: Abbiamo valutato la positività dei margini chirurgici ed il valore del PSA a 3 e 6 mesi dei nostri primi 60 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale laparoscopica. Metodi: Tra Marzo 2002 e Gennaio 2004, 60 pazienti, di età media 64.4 anni (range 46-76), con carcinoma prostatico clinicamente confiArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 23 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia nato sono stati sottoposti ad intervento di prostatectomia radicale laparoscopica sec. Montsouris, le ultime 20 delle quali eseguite con intento nerve-sparing. Tutti i pezzi operatori sono stati esaminati dallo stesso patologo secondo il protocollo di Stanford. Risultati: Lo stadio patologico dopo prostatectomia radicale laparoscopia è risultato: in 12 pazienti pT2a (20%), in 11 pT2b (18%), in 17 pT2c (28%), in 15 pT3a (25%) ed in 5 pT3b (8%). In 14 pazienti (23%) all’esame istologico definitivo sono stati riscontrati uno o più margini di resezione positivi, così distribuiti per stadio: pT2a in 2 pazienti (14%), pT2b in 2 pazienti (14%), pT2c in 3 pazienti (21%), pT3a in 5 pazienti (35%), pT3b in 2 pazienti (14%). La localizzazione dei margini positivi è risultata 5 margini positivi apicali e 9 laterali. In nessun caso si è riscontrato un coinvolgimento del collo vescicale. In 34 dei 60 pazienti operati di prostatectomia radicale laparoscopica è disponibile il follow-up del PSA a 3 e 6 mesi. In 3 pazienti su 34 è stato riscontrato un valore di PSA superiore a 0,2 ng/ml (in particolare 0,9 ng/ml, 2,1 ng/ml e 5,1 ng/ml), nei rimanenti il valore è rimasto inferiore a 0,1 ng/ml. Conclusioni: La percentuale di margini positivi e il follow-up a 6 mesi nella nostra esperienza iniziale con la tecnica laparoscopica è risultata sovrapponibile a quella riportata in letteratura e dimostra che la prostatectomia radicale laparoscopica, anche nella fase iniziale dell’apprendimento, non è penalizzata da una riduzione della radicalità oncologica. Bibliografia: 1. Guillonneau B and Vallancien G. Laparoscopical radical prostatectomy the Montsouris experience. J Urol 2002 163418. 2. McNeal E, Villers A, Redwine EA et al. Capsular penetration in prostate cancer significance for natural history and treatment. Am J Surg Pathol 1990 14-240. DORNIER LITHOTRIPTER S: I PRIMI 50 TRATTAMENTI NEL NOSTRO DIPARTIMENTO. S. Micali, A. Celia, C. Di Pietro, S. De Stefani, C. De Carne, G. Bianchi Dipartimento di Urologia, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Obiettivi: è stata valutata l’efficacia a breve termine della litotrissia extracorporea ad onde d’urto con il litotritore Dornier Lithotripter S nel trat- 24 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 tamento di calcoli renali ed ureterali. Materiali e Metodi: Tra febbraio e aprile 2003, sono stati trattati calcoli renali e 19 ureterali. I pazienti sono stati valutati un mese e tre mesi dopo il trattamento. Sono stati presi in considerazione la grandezza e la localizzazione dei calcoli, il numero totale di onde d’urto. Risultati: La percentuale di stone-free per i calcoli ureterali è stata del 63% ad un mese e dell’84,2% a tre mesi. La percentuale di stonefree per i calcoli renali è stata del 75% a un mese e dell’87,5% a tre mesi. La percentuale complessiva di stone-free è stata del 70,6% ad un mese e dell86,3% a tre mesi. È stato necessario somministrare una terapia analgesica in 12 pazienti (23,5%). Non ci sono state serie complicanze, fatta eccezione per una steinstrasse. Conclusioni: Il Dornier Lithotripter S è davvero efficace nel trattamento di calcoli renali ed ureterali. PRIMA TELECHIRURGIA IN ITALIA: DUE ESPERTI UNISCONO LA PROPRIA ESPERIENZA. S. Micali, A. Celia, M. Bruschi, S. De Stefani, C. De Carne, G. Bianchi Dipartimento di Urologia, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Obiettivi: La chirurgia mini-invasiva presenta numerosi vantaggi, ma sfortunatamente si associa ad una lunga curva di apprendimento. La telechirurgia è stata sviluppata per ridurre le complicanze dovute all’inesperienza dei chirurghi, poiché permette ad un chirurgo, situato in un sito operativo remoto, di guidare passo dopo passo un chirurgo meno esperto che opera in un sito primario utilizzando sistemi robotizzati, telecomunicazioni e video-tecnologie. Nella nostra esperienza abbiamo voluto valutare un’altra modalità di interazione tra chirurghi esperti, eseguendo le nostre prime 5 surrenalectomie laparoscopiche. Materiali e Metodi: Presso la nostra Università sono stati eseguiti 5 surrenalectomie laparoscopica in telechirurgia assistiti dall’Università degli Studi di Torino. Il sistema comprende: un collegamento audio e video. Con una lavagna magnetica il chirurgo “pilota” può evidenziare graficamente suggerimenti sullo schermo presente in sala operatoria ed infine, possiede anche la possibilità di coagulare direttamente. Risultati: Tutti gli interventi sono stati portati a Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia termine con successo, senza complicanze intra e post operatorie. Il chirurgo operante aveva una buona esperienza laparoscopica generale ed una buona esperienza di surrenalectomie a cielo aperto, ma non aveva mai eseguito una surrenalectomia laparoscopica. I risultati ottenuti da questa serie preliminare sono sorprendenti: infatti, i tempi operatori sono molto contenuti, il sanguinamento è stato minimo e la degenza post operatoria non è stata superiore a 2 giorni. Conclusioni: Questa esperienza preliminare di telechirurgia ha dimostrato la fattibilità della metodica, e sopratutto la sua sicurezza. Dai risultati ottenuti è emerso che anche un chirurgo esperto può beneficiare delle potenzialità didattiche della telechirurgia. Infatti, il collegamento audio-video permette lo scambio di opinioni, la discussione di pareri tecnici, come la scelta di una via da seguire, e confronti con la chirurgia tradizionale. Riteniamo che, contrariamente a di ciò che era stato dedotto dalle precedenti esperienze, la telechirurgia sia utile soltanto per un rapporto docente allievo; la metodica è molto efficace anche a migliorare la performance chirurgica di operatori esperti che hanno il desiderio di implementare le loro indicazioni laparoscopiche. ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA PER NEOPLASIA RENALE ESPERIENZA PRELIMINARE SU 22 CASI. C. Milani, L. De Zorzi, G. Balta, W. Battanello, M. Ferraro, M. Repele, E. Bratti, M. Dal Bianco U.O.C. Urologia, Ospedale S. Antonio, Padova Introduzione: La nefrectomia radicale rimane il gold standard nel trattamento del carcinoma renale parenchimale, tuttavia il ruolo della chirurgia conservativa nel trattamento delle piccole neoplasie renali incidentali è ampiamente consolidato. Una proposta alternativa alla terapia conservativa tradizionale è rappresentata dalla chirurgia laparoscopica. Riportiamo la nostra esperienza sulla enucleoresezione laparoscopica per neoplasia renale. Materiali e Metodi: Nel periodo aprile 2002 dicembre 2003 22 pazienti con neoplasia renale (13 maschi, 9 femmine) incidentalmente diagnosticata, sono stati sottoposti ad enucleoresezione laparoscopica. In 19 casi si trattava di neoformazioni espansive solide, in 3 di cisti complesse. L’età media era di 61,1 anni (range 44-84) e le dimensioni medie delle neoformazioni di cm 2,9 (range 1-4%). La tecnica impiegata ha previsto l’accesso retroperitoneale in 21 casi e quello transperitoneale in 1 caso, l’utilizzo di 3 o 4 trocar, l’isolamento extrafasciale e la sospensione su fettuccia dell’arteria renale, l’escissione della neoformazione con Ultracision e la sutura dei bordi parenchimali. In 4 casi è stato riposto preoperatoriamente uno stent ureterale (mono J) per la contiguità della neoformazione con la via escretrice. Risultati: In 3 casi, dopo l’isolamento dell’arteria renale e del rene, il dominio non ottimale della neoplasia (2 sul versante anteriore, 1 polare superiore) ha imposto la conversione chirurgica (mini-lombotomia) prima di ogni manovra di exeresi. In 19 pazienti l’intervento è stato portato correttamente a termine. In questi casi il tempo operatorio medio è stato di 208 minuti (range 130-300). L’ischemia renale è stata utilizzata in 10 casi con un tempo medio di 22,3 min (range 10 45). In 4 casi si è verificata una lesione caliceale trattata con successo con sutura e/o riposizione temporanea (complessa e reiterata in un caso) di stent uretrale (double J). Le perdite ematiche medie sono state di 375 ml (range 50950). Non si sono verificate complicanze maggiori. La durata media della degenza è stata di 7 giorni (range 4-22). L’esame istologico ha evidenziato carcinoma renale parenchimale in 20 casi (cistico in 3), oncocitoma in 1 e leiomioma in 1. In tutti i casi la malattia era confinata ai margini di resezione. Conclusioni: L’enucleoresezione laparoscopica è una alternativa alla chirurgia conservativa a cielo aperto. Tempi operatori, perdite ematiche, complicanze e durata della degenza sono risultati accettabili, compatibilmente con un’esperienza preliminare. La via extraperitoneale è risultata indicata preferibilmente per neoplasie a sede postero-laterale e medio-inferiore quella transperitoneale per tumori della superfice anteriore o antero-superiore del rene. Nella nostra esperienza l’exeresi è risultata completa, ma il breve follow-up non permette altre considerazioni oncologiche. TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA NEOPLASIA UROTELIALE DI BASSO STADIO E BASSO GRADO: RISULTATI A LUNGO TERMINE. E. Montanari, L. Carmignani, B. Mangiarotti, A. Del Nero, P. Acquati, M. Grisotto Clinica Urologica Università degli Studi di Milano, Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 25 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Azienda Ospedaliera S. Paolo-Polo; Istituto di Urologia dell’Università di Milano, Ospedale Maggiore IRCCS Milano Introduzione: La nefroureterectomia chirurgica o laparoscopica con resezione eventualmente endoscopica di piattello vescicale è il trattamento standard della neoplasia dell’alta via ecretrice. La terapia conservativa è indicata di necessità nei pazienti a rischio di insufficienza renale, nella neoplasia in rene unico o bilaterale ma in casi favorevoli di neoplasia di basso grado, stadio ben dominabile endoscopicamente e resecabile anche in pazienti con rene controlaterale normale L’approccio percutaneo garantisce, nei casi di malattia non trattabile con ureteroscopia, un accesso eccellente alla cavità pielica permette la resezione radicale, crea l’accesso per un second o third look di verifica a breve, predispone ad una terapia topica Obiettivo del nostro lavoro è stato la revisione tecnica e clinica a lungo termine della nostra esperienza nel trattamento percutaneo di necessità della neoplasia uroteliale dell’alta via escretrice di basso grado e stadio Materiali e Metodi: Dal marzo 1997 al dicembre 2003 abbia trattato 3 pazienti (4 unità renali) (Tabella 1). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a staging pre-operatorio endourologico (URS rigida e flessibile), prelievo bioptico e staging radiologico. L’accesso alla via escretrice è stato ottenuto sotto controllo eco-fluoroscopico, stabilizzato con guida terumo 0.035 spinta in uretere, dilatato con tecnica one shot a 26 Ch con rispetto del colletto caliciale, protetto da camicia di Amplatz. La resezione è stata condotta con resettore monocanale Olympus 24 Ch. Terminata la resezione è stata posizionata nefrostomia re-entry 24 Ch. Ad 1 settimana abbiamo eseguito nefroscopia e biopsia a freddo ed è stata posizionata nefrostomia 8 Ch. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a 48 ore dalla resezione ad instillazione transnefro- stomica di Mitomicina C 40 mg/1000 cc fisiologica per 24 ore e ad una settima dal second look alla prima di 6 intillazioni settimanali transnefrostomiche di oncotice 1 fiala/150 cc in 1 ora. Risultati: Tutti i pazienti da noi trattati conservativamente per necessità per neoplasia uroteliale dell’alta via escretrice pT1 G2 sono vivi con funzionalità renale <2.0 mg/100 e liberi da malattia ad un follow-up medio di circa 6 anni. Conclusioni: La resezione percutanea di neoplasia di basso grado e stadio dell’alta via escretrice, purché condotta con accorgimenti che garantiscono la radicalità del trattamento (studio preoperatorio), limitino il rischio del “seeding” (precisione dell’acccesso, dilatazione rapida, isolamento del tramite, resezione a bassa pressione) ed eventualmente supplementata da terapia adiuvante, rappresenta una alternativa alla terapia standard della neoplasia uroteliale. INTRAVAGINAL SLIG-PLASTY NEL TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO. I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano Introduzione e Obiettivi: Il nostro obiettivo è stato quello di verificare l’efficacia dell’Intravaginal Sling-Plasty (IVS) nel trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo. Materiali e Metodi: Da maggio 2001 a gennaio 2004 abbiamo sottoposto ad intervento di sling con benderella in prolene con tecnica tension free, utilizzando il dispositivo IVS, 44 pazienti di età compresa tra 45 e 78 anni, affette da incontinenza urinaria da sforzo non associata a prolassi di segmenti Tabella 1. Paziente Età Pre-Op. Stato mono/birene Diametro NPL cm Istologia F.-U. (mesi) S.M. 65 Mono 3.5 pT1-G2 84 C.G. dx 76 Bi 0.8 pT1-G2 81 2.0 pTI-G2 81 2.8 pT1-G2 3 C.G. sn C.G. 26 72 Mono Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia vaginali. Tutte le pazienti sono state sottoposte preoperatoriamente a indagine urodinamica, e valutazione della mobilità uretrale con Q-tip test. Sono stati considerati affetti da deficit sfinteriale i soggetti con un Abdominal Leak Point Pressure (ALPP) uguale o inferiore a 60 cm H2O. Tutte le pazienti di questa casistica presentavano una ipermobilità uretrale con Q-Tip test 13 pazienti presentavano un deficit sfinteriale con ipermobilità uretrale associato in 4 casi a instabilità detrusoriale. L’età media di questo gruppo era di 64 (range: 55-82). Le restanti 31 pazienti presentavano un ALPP di 40 cm H2O con ipermobilità uretrale, in 7 di queste era associata una instabilità detrusoriale. L’età media di questo gruppo era di 55 (range: 43-74). La procedura di posizionamento dell’IVS è stata eseguita in anestesia spinale secondo la tecnica originale descritta da Petros. I controlli post-operatori sono stati effettuati dopo 3, 6, 12 e 24 mesi con valutazione dello stress test, Q-tip test nei soggetti che presentavano ancora disturbi della continenza o della fase di svuotamento con indagine urodinamica Risultati: Il follow-up medio è di 13 mesi (range: 1-31). Il tempo medio impiegato per questi interventi è stato di 20’ (range: 1530’). In 1 caso si è verificata una emorragia con formazione di un’ematoma retropubico trattato conservativamente. In nessun caso si sono verificate perforazioni della vescica. La dimissione è avvenuta nella prima giornata post-operatoria dopo la rimozione del catetere in 36 casi su 44. Tutte le pazienti sono state dimesse con terapia antibiotica per i 5 giorni successivi all’intervento. 8 pazienti hanno lamentato un lieve bruciore minzionale nei primi giorni. 2 pazienti hanno dovuto ricorrere agli autocateterismi per difficoltà di svuotamento: la prima per circa 15 giorni, la seconda per 3 settimane. 10 delle 13 (77%) pazienti affette da deficit sfinteriale risultano asciutte, una paziente risulta migliorata, mentre in 2 casi l’incontinenza da sforzo è rimasta invarita. In 3 casi l’instabilità detrusoriale pre-esistente non era documentabile al controllo urodinamico. In una sola paziente, di questo gruppo, è insorta una instabilità detrusoriale ex novo. Tra le pazienti con ALPP 60 cmH2O, 29 (94%) risultano asciutte e 2 migliorate. Delle 7 pazienti con instabilità detrusoriale, 5 pre- sentavano una risoluzione dell’instabilità al controllo urodinamico. In 2 casi è insorta una instabilità ex novo. Attualmente nessuna paziente presenta segni di estrusione della benderella. Conclusioni: Nella nostra esperienza la tecnica di sling senza tensione al terzo medio uretrale con utilizzo del dispositivo IVS si è dimostrata sicura, con bassa incidenza di complicanze e una percentuale di successo elevata. Riteniamo inoltre che l’I.V.S. possa essere indicata anche nelle pazienti con sospetto deficit sfinteriale purchè associato a ipermobilità uretrale. UTILIZZO DELLO STRATASIS TF IN UN CASO DI INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO COMPLICATA DA DIVERTICOLI. I. Morra, M. Cossu, G.P. Ghignone, A. Caglià, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia - Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche - Università degli Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano Introduzione: L’incontinenza urinaria da sforzo è presente nel 32% delle donne affette da diverticolo uretrale. In passato l’esecuzione di una concomitante sospensione uretrale era stata sconsigliata per l’elevata incidenza di recidive. Nel 1993 McGuire propose l’utilizzo dello sling pubo-vaginale con fascia dei retti per la concomitante correzione dell’incontinenza. In questo caso abbiamo voluto utilizzare un sling in sottomucosa intestinale porcina (Stratasis TF): per la concomitante correzione dell’incontinenza questo materiale sembra favorire la migrazione e la crescita cellulare, l’interazione tra cellule e la differenziazione, determinando una riparazione e ricostruzione cellulare. Materiali e Metodi: Si tratta di una paziente di 53 anni affetta da circa 2 anni da cistiti ricorrenti, algie perineali, dispareunia, incontinenza da sforzo grave con utilizzo di 6-7 pannolini al die. All’esame obiettivo si apprezzava una piccole massa teso elastica e dolorabile in corrispondenza del terzo medio uretrale, la cui spremitura determinava la fuoriuscita di pus dal meato uretrale. La cistografia e l’ecografia confermavano il sospetto di diverticolo uretrale. L’indagine urodinamica evidenziava una genuina incontinenza da sforzo con LPP di 60 cmH2O. L’intervento di diverticulectomia è stato effettuato mediante una incisione a U Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 27 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia rovesciata sulla parete anteriore della vagina in corrispondenza del diverticolo, apertura della fascia periuretrale e isolamento del diverticolo. Il diverticolo è stato aperto per identificarne l’ostio sulla parete uretrale. Completata l’escissione del diverticolo l’uretra è stata suturata in continuo longitudinalmente, mentre la fascia periuretrale è stata ricostruita trasversalmente. Lo sling in Stratasis TF è stato quindi posizionato mediante appositi introduttori posizionando la benderella al di sotto del terzo medio uretrale. L’integrità vescicale è stata verificata con la cistoscopia. Risultati: A 12 mesi dall’intervento la paziente è continente, non usa pannolini e non lamenta bruciori minzionali né dispareunia. L’urodinamica di controllo conferma l’assenza di incontinenza, e l’ecografia transvaginale non evidenzia alterazioni a carico della parete uretrale. Conclusioni: Riteniamo che non vi siano controindicazioni a eseguire una diverticulectomia con concomitante intervento di sling tension free con utilizzo di materiale riassorbibile quale la sottomucosa intestinale porcina. UNA NUOVA MESH PER IL TRATTAMENTO DEL PROLASSO VAGINALE ANTERIORE. I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche ,Università degli Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano Introduzione e Obiettivi: Il nostro obiettivo è stato quello di verificare l’efficacia della mesh Vypro II per la correzione tension-free del prolasso vaginale anteriore. Materiali e Metodi: Da giungo 2002 a novembre 2003 abbiamo sottoposto ad intervento di correzione di cistocele sintomatico con mesh Vypro II 23 pazienti di età compresa tra 55 e 83 anni. Tutte le pazienti sono state sottoposte preoperatoriamente, oltre a all’esame obiettivo, a indagine urodinamica e cistografia. Il prolasso vaginale è stato classificato secondo Half Way Sistem (HWS). 4 pazienti presentavano un cistocele di grado 2, 13 un cistocele di grado 3 e 6 di grado 4. La correzione del prolasso è stata eseguita per via vaginale utilizzando una mesh costituita da prolene e vicril (Vypro II), sagomata a T intraoperatoriamente. In base alla conformazione anatomica della 28 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 paziente la mesh non viene ancorata con punti di sospensione ma adagiata al di sotto della vescica con i bracci della T inseriti nello scavo pelvico attraverso un apertura della fascia lateralmente al collo vescicale. Ove necessario è stata eseguita l’isterectomia con sospensione della cupola vaginale o il posizionamento di una sling tipo IVS. I controlli post-operatori sono stati effettuati dopo 3, 6, 12 mesi con valutazione dello stress test in clino e ortostatismo, indagine urodinamica nei soggetti che presentavano disturbi della continenza o della fase di svuotamento e cistografia a 6 e 12 mesi. Risultati: Il follow-up varia da 2 a 18 mesi. Il tempo medio impiegato per questi interventi è stato di 60.6’ (range 45-120’). In 7 casi è stata posizionata una sling IVS per concomitante incotinenza da sforzo, mentre in 5 pazienti è stata effettuata l’isterectomia per prolasso. In un caso è stata perforata la vescica durante le manovre di isolamento. Non si sono verificati ematomi pelvici né si sono rese necessarie trasfusioni ematiche. La rimozione del catetere è avvenuta in V giornata post-operatoria. 3 pazienti con prolasso di grado 4 e una paziente con prolasso di grado 3 hanno lamentato l’insorgenza di incontinenza da sforzo de novo. Al momento non si sono avute erosioni della parete vaginale o estrusione della mesh. Nessuna delle pazienti trattate presenta un cistocele superiore al grado 1 sec HWS. Conclusioni: L’utilizzo di questa nuova mesh in prolene intrecciato con fili riassorbibili in vycril si è dimostrato efficace e sicuro nel trattamento dei prolassi vaginali anteriori di grado superiore al 2. La caratteristica principale di questa mesh è senz’altro la parziale riassorbibilità che sembra ridurre notevolmente il rischio di erosioni pur mantenendo una elevato tasso di successi. VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DELLA TERMOTERAPIA A MICROONDE CON DISPOSITIVO DI MISURAZIONE DELLA TEMPERATURA INTRAPROSTATICA NEL TRATTAMENTO DELL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA OSTRUENTE. I. Morra, F. Vacca, G.P. Ghignone, A. Caglià, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia - Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche - Università degli Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Introduzione e Obiettivi: Negli ultimi anni sono state introdotte diverse tecniche miniinvasive per il trattamento dell’ostruzione minzionale da IPB. Abbiamo voluto valutare l’efficacia della Feedback Trans Urethral Microwave Thermotherapy (TUMT) nel trattamento dell’ostruzione da iperplasia prostatica benigna. Materiali e Metodi: Dal novembre 2001 fino a dicembre 2003 sono stati trattati presso il nostro centro mediante Feedback TUMT 66 pazienti affetti da ipertrofia prostatica benigna ostruente. I criteri di eligibilità alla termoterapia sono stati: diametro longitudinale della prostata non inferiore a 35 mm e assenza di terzo lobo, assenza di sospetto carcinoma prostatico. I pazienti, non portatori di catetere a permanenza, sono stati sottoposti preoperatoriamente e 6 mesi dopo il trattamento a uroflussometria, studio pressione flusso e compilazione dell’IPSS. I trattamenti sono stati effettuati tutti in anestesia locale e la rimozione del catetere è avvenuta dopo 2 settimane; a tutti i pazienti è stata prescritta terapia antibiotica e antiflogistica. Attualmente 41 pazienti su 66 hanno un follow-up post-operatorio superiore a 6 mesi. Risultati: L’età media dei pazienti era di 74 anni (range: 48-85); la degenza ospedaliera media è stata di 24 ore. Il volume prostatico medio trattato è stato di 73 cc (range: 35-203 cc). La durata media dei trattamenti è stata di 34 minuti (range: 5-70). In un caso la procedura è stata sospesa per intolleranza o insorgenza di complicanze intraoperatorie. L’IPSS medio preoperatorio era pari a 17.2 (range: 6-33) e dopo 6 mesi dal trattamento era di 7.6 (range: 1-22); l’IPSS Quality of Life è variato da 3.45 a 1.72 nel follow-up. Dei 41 pazienti con valutazione urodinamica pre e post-trattamento, 9 (21.9%) presentavano all’analisi avanzata di Schafer un’ostruzione di grado 2, 16 (39%) di grado 3, 13 (31.7%) di grado 4 e 3 (7.3%) di grado 5 prima del trattamento; a 6 mesi 14 pz (34.1%) presentavano un’ostruzione di grado 0, 17 (41.4%) un’ostruzione di grado 1, 8 (19.51%) un’ostruzione di grado 2 e solo 2 (4.87%) un’ostruzione di grado 3. Il flusso massimo medio è aumentato da 6.93 ml\sec a 14.6 ml\sec. Il residuo post-minzionale medio si è ridotto da 145 ml prima del trattamento (range: 20-400 ml) a 35 ml. Il valore medio della Pdet al flusso massimo è diminuita da 68.20 cmH2O a 30.05 cmH2O come pure il valore della massima pressione detrusoriale (da 85.53 cmH2O a 51.25 cmH2O). L’URA media si è ridotta da 38.68 a 13.72. Nella prima ora dopo il trattamento tutti i pazienti hanno presentato macroematuria; il 23% (15/66) dei pazienti ha avuto ritenzione urinaria dopo la rimozione del catetere. Un paziente è andato incontro ad un episodio di epididimite acuta un mese dopo la rimozione del catetere. 13 pazienti su 66 (20%) hanno lamentato pollachiuria, bruciore e urgenza minzionale per un periodo variabile da 2-3 giorni fino a 2 mesi. Conclusioni: I nostri dati denotano come la TUMT sia una tecnica mini-invasiva efficace per il trattamento dell’ostruzione cervico-prostatica; l’assenza di complicanze intraoperatorie e l’utilizzo della sola anestesia locale rendono questa procedura particolarmente allettante per il trattamento dei pazienti ad alto rischio anestesiologico. NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA SECOND-LOOK MINIINVASIVO. F. Nistico, F. Falvo, D. Pirritano, A. Spasari, B. Talarico, V. Ielapi, V. Militi, M. Prencipe, F. Ventrici U.O. Urologia, Azienda Ospedaliera “PuglieseCiaccio”, Catanzaro L’approccio terapeutico alla calcolosi renale a stampo prevede, in accordo con le Linee Guida Internazionali, la Nefrolitotrissia Percutanea (PNL) in unico tempo, ovvero in associazione a reintervento successivo (Second-Look) e Fo terapia ausiliaria. Presentiamo una metodica minimamente invasiva nella procedura di second-look che, in anestesia locale e senza dilatazione fasciale, utilizza l’ureterorenoscopio rigido, attraverso il tramite nefrostomico, per l’asportazione dei frammenti residui dopo PNL - o anche per una ulteriore litotrissia balistica - con il risultato di una bonifica completa delle cavità calico-pieliche. Negli ultimi quattro anni (2000-2003) sono state eseguite 62 PNL e, nel 16,1% di esse (10 casi) è stato attuato il second-look mini-invasivo. Tutti i pazienti così trattati sono risultati stone-free, senza necessità di reintervento in anestesia generale e con minima ospedalizzazione. Riteniamo tale metodica una ragionevole opzione terapeutica in casi adeguatamente selezionati. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 29 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia STENOSI URETRO VESCICALE POST PROSTATECTOMIA RADICALE: INCIDENZA IN RELAZIONE AL NUMERO DEI PUNTI ANASTOMOTICI E SUO TRATTAMENTO. S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G. Metta, A. Gallo Istituto Nazionale Tumori, I.R.C.C.S. Fondazione “Pascale” Napoli Introduzione e Obiettivi: la prostatectomia radicale rappresenta oggi il gold-standard per la terapia del carcinoma prostatico localizzato. L’esecuzione della anastomosi uretro-vescicale rappresenta sicuramente uno dei momenti fondamentali di tale intervento, poiché da essa dipende l’insorgenza della stenosi post-chirurgica. Sebbene la maggior parte degli autori la esegue ponendo 6 punti, da una revisione della letteratura si evince che non esiste una linea di condotta unitaria per questo tempo operatorio. Scopo del presente studio è la valutazione delle stenosi post-operatorie e del loro trattamento nei pazienti afferenti al nostro centro sottoposti a prostatectomia radicale per via retropubica. Materiali e Metodi: Sono stati arruolati 65 pazienti sottoposti ad intervento di PR per via retropubica presso la nostra Istituzione. Età media 62,4 (54 – 73). La casistica è stata suddivisa in tre gruppi a seconda del numero dei punti posti sull’anastomosi uretro-vescicale: primo gruppo 2 punti (ore 12 e ore 6), secondo gruppo 4 punti (ore 12-3-6-9), terzo gruppo 6 punti (ore 12-2-4-6-8-10). Per ciascuno di questi pazienti è stato valutato il tempo operatorio, l’eventuale insorgenza di stenosi dell’anastomosi tramite uroflussimetria a 3-6-9 e 12 mesi dall’ intervento (valori di qmax < 10ml/min indicativi di stenosi) e conferma mediante uretrocistografia retrograda e minzionale. Risultati: Gruppo 1 (2 punti): 21 pz. Giorni di degenza postoperatoria: 5,4. Tempo di permanenza del catetere: 14 giorni. Tempo operatorio medio: 2 ore 12 minuti. Stenosi: 3 casi. Gruppo 2 (4 punti): 22 pz. Giorni di degenza postoperatoria: 5,8. Tempo di permanenza del catetere: 10 giorni. Tempo operatorio medio: 2 ore 30 minuti. Stenosi: 1 caso. Gruppo 3 (6 punti): 22 pz. Giorni di degenza post-operatoria: 5,6. Tempo di permanenza del catetere: 7 giorni. Tempo operatorio medio: 2 ore 54 minuti. Stenosi: 2 casi. Tutti i pazienti con stenosi dell’anastomosi vescico uretrale sono stati trattati mediante uretroto- 30 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 mia interna sec. Sachse con degenza media di 1.3 giorni. La cateterizzazione è stata di 5.6 giorni. In un solo caso del gruppo 1 a 9 mesi dal trattamento si è verificata una recidiva stenotica trattata nuovamente con uretrotomia e con catetere a dimora per 2 settimane. Conclusioni: Non esistono differenze per l’insorgenza della stenosi post operatorie tra le varie tecniche di anastomosi utilizzate. Inoltre il tipo di tecnica non incide sul tempo di degenza e sebbene da una parte ponendo 6 punti si ha una significativa diminuzione del tempo di permanenza del catetere, dall’altra ponendo solo 2 punti si ha una notevole riduzione del tempo operatorio. Per il tipo di stenosi verificatesi si ha che per il gruppo 1 l’esuberanza del tessuto di granulazione cicatriziale post-operatoria è maggiore che per i gruppi 2 e 3; ciò per il minor numero di punti posizionati e per l’inevitabile esuberanza e plicatura del tessuto retratto dal monofilamento di sutura nei due punti cardinali posti in maniera tangenziale tra i due lembi. Tutto ciò si traduce in stenosi fibrotiche più lunghe e tenaci da resecare con una maggiore tendenza alla recidiva. Per i pazienti dei gruppi 2 e 3 l’aspetto delle stenosi è invece anulare ed a velo, con una minore componente sclerotico–cicatriziale e senza tendenza alle recidive, come evidenziato dalla nostra casistica. TRATTAMENTO CONSERVATIVO NELLE NEOPLASIE INFILTRANTI (T2-T3A) DELLA VESCICA. VALUTAZIONE RETROSPETTIVA SU 131 PAZIENTI. S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G. Metta, A. Gallo Istituto Nazionale Tumori. I.R.C.C.S. Fondazione “Pascale”, Napoli Introduzione: La cistectomia radicale è la terapia gold standard per il carcinoma vescicale (CA) infiltrante la muscolare. Il trattamento bladder sparing è giustificabile solo se non comprometta significativamente la sopravvivenza con un debulking completo alla resezione transuretrale (TUR) del CA. Abbiamo valutato con un’analisi retrospettiva la nostra casistica considerando: la sopravvivenza dei pz. e le recidive con follow up minimo consolidato di 5 anni. Materiali e Metodi: Abbiamo rivisitato 131 pazienti (pz.) in un periodo tra il gennaio 1994 ed il dicembre 1997 giunti alla nostra osservazione per CA e randomizzati con protocollo di Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia trattamento I.N.T. in 3 bracci: a) TUR + radioterapia adiuvante (43 pz.), b) TUR + chemioterapia adiuvante (61 pz.), c) TUR + chemio + radio (27 pz.). I criteri di inclusione sono stati: 1) CA (ristadiati con classificazione TNM 2002) pT2 e pT3a con rispettivamente 102 e 29 pz., 2) debulking completo allaTUR, 3) mapping negativo per ca in situ, 4) ASA elevato per chirurgia demolitiva o rifiuto del pz. all’ablazione dell’organo, 5) CA mono o plurifocale con diametro complessivo ≤ 3 cm, 6) assenza di idronefrosi, 7) performance status idoneo per chemio e/o radio a scopo terapeutico, 8) consenso informato del protocollo oncologico. Il braccio a prevedeva acceleratore lineare su scavo pelvico per 45 Gy in 30 sedute [complicanze: 12 casi cistite attinica emorragica, 7 casi stenosi ureterale (stentig precoce), 10 casi proctite e/o diarrea severa]. Il braccio b ha previsto tre cicli di M VEC (complicanze: 12 casi di insufficienza renale transitoria, 21 casi di leucopenia ± transitoria). Il braccio c prevedeva 3 cicli di M VEC con successivo ciclo di 40 Gy su vescica e linfonodi pelvici (complicanze 6 casi di ematuria transitoria, 2 di leucopenia e 3 di proctite). Per tutti il follow up cistoscopico è stato bimestrale. Risultati: Braccio a: 10 pz. liberi da CA,21 pz. cistectomia di salvataggio per recidiva infiltrante, 12 pz. TUR per recidiva superficiale con il 63.6% di sopravvivenza globale per i pz. non cistectomizzati a 5 anni. Braccio b: 27 pz. liberi da CA, 23 pz. cistectomia di salvataggio per recidiva infiltrante, 11 pz. TUR per recidiva superficiale con il 73.6% di sopravvivenza globale per i pz. non cistectomizzati a 5 anni. Braccio c: 16 pz. liberi da CA, 7 pz. cistectomia di salvataggio per recidiva infiltrante, 4 pz. TUR per recidiva superficiale con il 70% di sopravvivenza globale per i pz. non cistectomizzati a 5 anni. Per i 51 pz. sottoposti a cistectomia di salvataggio, la sopravvivenza al 5° anno dalla TUR iniziale è stata del 64.7%. Conclusioni: Il braccio c, pur non offrendo una sopravvivenza significativamente migliore, garantisce il miglior intervallo tumor free con il 59.2% a 5 anni, il braccio b il 44.3% ed il braccio a il 23.2%. In conclusione le terapie combinate per pz. fortemente motivati al bladder sparing offrono un buon controllo a medio termine ed una sopravviveza del 70% (5 anni), ma necessitano di follow up serrato con significativo disconfort. Non è ancora possibile un’analisi comparativa della sopravvivenza a lungo termine con i cistectomizzati per insufficiente follow up. TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA CALCOLOSI RENALE: NOSTRA ESPERIENZA SU 340 CASI. V. Petterle, V. Scarpa, S. Valerio, E. Bassi Dipartimento Nefro-Urologico, Ospedale Civile di Conegliano, Treviso Gli Autori riferiscono l’esperienza maturata negli ultimi 13 anni su 340 casi di litotrissia percutanea eseguita per calcolosi renale. Effettuano una analisi della casistica trattata, della tecnica attuata e dei risultati ottenuti. Ribadiscono il valore della metodica che andrebbe maggiormente estesa al trattamento della calcolosi renale, in relazione al basso costo dello strumentario necessario, all’efficacia della tecnica, e ai tempi brevi di degenza che essa consente, anche in monoterapia. Materiali e Metodi: 340 i casi di calcolosi renale, multipla (83), a stampo (98), pelvica (95), giuntale (64). I calcoli risultavano composti da struvite nel 62% dei casi, da ossalato di calcio nel 30% dei casi e da cistina da acido urico nei restanti casi. L’accesso percutaneo operativo è sempre stato realizzato sotto controllo fluoroscopico, di regola unico (multiplo 13 volte), sottocostale (tranne 25 volte), tramite puntura del calice prescelto, posizionamento preliminare di guida metallica e dilatazione coassiale con i dilatatori di Alken. La litotrissia ad ultrasuoni è stata eseguita contestualmente all’accesso in un’unica seduta in quasi l’80% dei casi: la singola seduta ha avuto durata variabile da 35 minuti a 90 minuti; è stata eseguita la “sandwich therapy” nel 20% circa dei casi (pcn-eswl) di quei frammenti inaccessibili mediante l’accesso percutaneo. Risultati: Dall’analisi della loro casistica gli Autori rilevano la percentuale elevata di stone free anche in monoterapia, e considerano la pcnl tecnica gold standard nei calcoli della pelvi e/o pielocaliceali inferiori o giuntali di 1000 mm2, perchè efficace, rapida, sicura ed economica. I risultati in termini di pazienti stone-free sono influenzati sia dal volume del calcolo, sia dall’anatomia del sistema collettore che dalla sua dilatazione. Stone free dopo monoterapia (superficie del calcolo): 0-1000 mm2 85,2%; 1000-1500 mm2 86,8%; oltre 1500 mm2 86%. Stone free dopo pcnl-eswl 92%. Per 187 pz era disponibile un follow-up di almeno sei mesi. Infine, in ragione dell’elevato rischio di recidiva è obbligatorio uno stretto follow-up di questi pz. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 31 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia UTILIZZO DI SPIRALI NON FERROMAGNETICHE NEL TRATTAMENTO PERCUTANEO DEL VARICOCELE SINISTRO. F. Poletti1, C. Marcato2, L. Astesana1, U. Maestroni1, A. Salvaggio1, P. Cortellini1 1 Unità Operativa di Urologia e 2Istituto di Scienze Radiologiche, Azienda Ospedaliera e Università di Parma Secondo le linee guida della S.I.A. il varicocele è una patologia caratterizzata dalla comparsa di varici del plesso pampiniforme. Il trattamento può essere effettuato con tecniche chirurgiche o con tecniche percutanee. L’imporsi della tecnica percutanea deriva oltre che dalla miniinvasività della procedura anche dalla elevata percentuale di recidive o meglio di persistenze del reflusso spermatico in seguito a chirurgia tradizionale, dovuta alla mancata legatura di tutte le vene refluenti e dalla possibilità di complicazioni del circolo linfatico particolarmente significative in caso di legatura in sede inguinale o subinguinale. A partire dagli anni 90 abbiamo trattato con tecnica per cutanea oltre 700 casi di varicocele. Fino a 4 anni fa abbiamo essenzialmente utilizzato solo la tecnica della sclerotizzazione del circolo venoso spermatico interno e questo ci ha portato a registrare una percentuale di recidive (o persistenze) del 8%. Per tale motivo abbiamo deciso di associare alla sclerotizzazione anche la embolizzazione della vena spermatica principale mediante spirali non ferromagnetiche laddove la vena presenta un calibro pari o superiore a 6 mm. Dapprima sono state utilizzate spirali di tungsteno e successivamente di platino. Tale scleroembolizzazione è stata praticata essenzialmente nei varicoceli di 2° e 3° grado sec. Dubin mentre la sola sclerotizzazione è stata praticata nei varicoceli di 1° grado. Questo protocollo (utilizzato per il trattamento di 250 varicoceli) ci ha consentito di ridurre le recidive dal 8% al 1-2%. Nessuna complicanza è stata registrata in seguito alla apposizione delle spirali che sono risultate di facile applicazione attraverso il catetere angiografico 5 F utilizzato anche per la flebografia superselettiva e per la sclerotizzazione. PROSTATECTOMIA LAPAROSCOPICA CON GRAFT DI NERVO SURALE: RISULTATI FUNZIONALI. 32 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, F. Ragni, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano, Torino Introduzione e Obiettivi: La prostatectomia radicale laparoscopica ha guadagnato nel corso dell’ultimo decennio sempre maggiore popolarità in seno alla comunità urologica grazie alla miniinvasività della tecnica e ai favorevoli risultati funzionali. Lo scopo di questo studio è quello di valutare i risultati funzionali, in termini di potenza sessuale, dopo prostatectomia radicale nerve sparing monolaterale e graft di nervo surale controlaterale. Materiali e Metodi: Sono stati presi in considerazione 29 pazienti sessualmente attivi affetti da carcinoma della prostata (stadio clinico T1cT2a, PSA < 10 ng/ml e Gleason Score < 7), afferenti alla nostra Divisione. 15 pazienti (gruppo A) sono stati sottoposti a prostatectomia radicale nerve sparing monolaterale con graft di nervo surale controlaterale, 14 pazienti (gruppo B), sono stati sottoposti a prostatectomia laparoscopica nerve sparing monolaterale. I pazienti sono stati successivamente coinvolti nel programma di riabilitazione sessuale mediante terapia iniettiva intacavernosa precoce e successiva assunzione di 5 PDE inibitori per os. La valutazione della funzione erettile è stata condotta nel pre e nel post-operatorio, successivamente a 3, 8 e 12 mesi mediante questionario IEEF 5. Le analisi statistiche sono state condotte mediante Chi quadro e test di Fisher. Risultati: I due gruppi risultavano sovrapponibili in termini di caratteristiche cliniche (età, stadio della malattia, numero di biopsie positive, lateralità della neoplasia IEEF 5 pre-operatorio) A 12 mesi dall’intervento, per i pazienti del gruppo A risultava evidente un significativo miglioramento dello score IEEF 5 rispetto al post-operatorio (p<0.001), mentre questo miglioramento non risultava statisticamente significativo per i pazienti del gruppo B (p>0.05). Complessivamente si registrava una percentuale di erezioni valide (sufficienti per la penetrazione vaginale) pari al 41% nei pazienti del gruppo A e pari al 20% nei pazienti del gruppo B. Conclusioni: I risultati di questo studio, pur con i limiti imposti dalla ridotta numerosità campionaria, dimostrano che mediante il graft del Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia nervo surale è possibile ottenere un significativo miglioramento in termini di mantenimento della potenza sessuale. A nostro avviso, ulteriori esperienze appaiono necessarie per convalidare questa tecnica. ACCESSO PREVENTIVO AL PEDUNCOLO RENALE IN CORSO DI NEFRECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA SINISTRA: VARIANTI DI TECNICA. F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, M. Cossu, I. Morra, M. Poggio, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano, Torino Introduzione: Uno dei principi dell’asepsi oncologica nella chirurgia radicale del carcinoma renale è rappresentato dall’accesso preventivo al peduncolo. Scopo del video è dimostrare la riproducibilità di tale principio in chirurgia laparoscopica con due diversi accessi in corso di nefrectomia radicale sinistra. Paziente 1: Il primo caso si riferisce all’accesso preventivo all’arteria renale attraverso il Treitz. Introdotti quattro trocars da 12 mm. si ispeziona la cavità addominale e si reperiscono la vena mesenterica inferiore, l’aorta e la flessura duodeno-digiunale. L’intervento inizia con la sezione del legamento di Treitz e lo scollamento della quarta porzione duodenale. Si espone lo spazio retroperitoneale pre-aortico. L’esposizione dell’aorta prosegue cranialmente sezionando una piccola arteria lombare e successivamente l’arteria gonadica sinistra. La dissezione prosegue al di sotto della vena renale fino ad individuare l’arteria renale sinistra che viene accuratamente liberata dalle strutture linfatiche, isolata alla sua emergenza con il dissettore e legata con nodo extracorporeo a sua volta fissato con nodo laparoscpoico intracorporeo. In asepsi neoplastica si procede al tempo della nefrectomia iniziando con la mobilizzazione della flessura splenica e del colon discendente. Paziente 2: Nel secondo caso l’accesso preventivo al peduncolo renale procede attraverso l’incisione della doccia parietocolica sinistra e dei legamenti freno-colico e spleno-parietale che consentono la mobilizzazione mediale della flessura splenica, della milza e della coda del pancreas, che vengono progressivamente scollate dalla fascia di Toldt fino ad individuare il peduncolo renale che appare in intimo rapporto con la flessura duodeno-digiunale. Sezionato il Treitz si espone un’arteria polare di minor calibro che viene campata all’emergenza con emolock e sezionata. Si individua l’arteria principale che viene isolata con il dissettore, campata all’emergenza con emolock e sezionata. Liberata la vena renale con dissettore si procede alla sua sezione con endogia. La dissezione procede cranialmente con l’isolamento del peduncolo surrenalico medio che viene sezionato previa apposizione di emolock. Si procede quindi alla liberazione progressiva della loggia renale dal muscolo psoas sezionando con endogia i vasi gonadici. Si isola quindi l’uretere che viene clippato e sezionato nella sua porzione lombare. La liberazione della loggia renale dai piani muscolari posteriori prosegue cranialmente fino ad esporre le fibre del diaframma. L’intervento termina con la lifadenectomia pre e latero-aortica e con l’estrazione in endobag del rene e della sua atmosfera adiposa. Conclusioni: L’accesso preventivo al peduncolo renale attraverso il Treitz, in corso di nefrectomia radicale laparoscopica sinistra, è possibile solo in pazienti selezionati. Negli altri casi si può comunque rispettare il principio dell’asepsi oncologica attraverso la medializzazione della flessura colica sn., della milza e della coda del pancreas, ottenendo una eccellente esposizione dell’arteria e della vena renale sn. in assenza di manipolazioni della loggia renale. TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO DI CARCINOMA CORTICOSURRENALICO DESTRO. F. Porpiglia1, R. Tarabuzzi1, M. Cossu1, C. Fiori1, A. De Lisa2, P. Usai2, E. Usai2, R.M. Scarpa1 1 Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino, Ospedale San Luigi - Orbassano, Torino; 2Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Trapianti d’Organo, Università degli Studi di Cagliari, Ospedale S. S. Trinità, Cagliari, Italia Introduzione: Nell’ultimo decennio la laparoscopia ha assunto un ruolo preminente nel trattamento di molte patologie in ambito urologico; in particolare questa tecnica è diventata il “gold standard” nella cura della più parte delle lesioni surrenaliche. Tuttavia il ruolo della laparoscopia Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 33 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia nel trattamento di lesioni surrenaliche maligne è a tutt’oggi materia di vivace dibattito, in quanto i pochi dati disponibili in letteratura non consentono un giudizio univoco circa l’efficacia della procedura. Presentiamo un caso di surrenectomia laparoscopica destra eseguita per carcinoma cortico-surrenalico (ACC). Case Report: Si tratta di una paziente di 38 anni in buone condizioni generali con riscontro incidentale di lesione surrenalica destra del diametro di 9 cm circa. Si posiziona la paziente in decubito laterale sinistro e si introducono 4 trocar da 12 mm. Dopo aver creato lo pneumoperitoneo, si incide il peritoneo sottoepatico e si medializza la seconda porzione del duodeno. L’incisione prosegue lungo il margine posteriore del fegato, fino al legamento triangolare che viene sezionato. La superficie anteriore della lesione surrenalica viene progressivamente liberata dalla superficie inferiore del fegato. La dissezione della loggia surrenalica prosegue liberando la lesione dalla loggia renale e dalla parete muscolare posteriore. Il margine superiore della massa viene liberato dalle aderenze con la superficie epatica e dalle connessioni diaframmatiche. Durante questa fase si identifica e si seziona un voluminoso peduncolo superiore. Dopo aver adeguatamente mobilizzato la massa, si prosegue nella dissezione lungo il margine laterale della cava fino ad isolare la vena surrenalica che viene clippata e sezionata. Infine, si completa la liberazione della loggia surrenalica dai piani muscolari posteriori. A questo punto si isola e successivamente si lega e si seziona il peduncolo arterioso mediale. La massa viene estratta mediante endobag. Si ispeziona la loggia surrenalica che dimostra la radicalità dell’intervento ed il buon controllo dell’emostasi. L’intervento è durato 120 minuti e le perdite ematiche sono risultate minime. Non sono state registrate complicanze intra-postoperatorie. La paziente è stata dimessa in III giornata postoperatoria. L’esame istologico è risultato compatibile con adenocarcinoma surrenalico a basso grado di malignità in stadio II di MacFarlane. Conclusioni: Il case report da noi presentato dimostra che la laparoscopia è una tecnica impiegabile nel trattamento dell’ACC. Ovviamente, non è ancora possibile esprimere un giudizio definitivo circa l’efficacia oncologica di tale procedura. Tuttavia, riteniamo che, se vengono rispettati i principi della chirurgia oncologica, la surrenectomia laparoscopica per 34 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 questo tipo di lesioni sia una procedura efficace al pari della tecnica “open”. CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: STUDIO DI FATTIBILITÀ. F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, C. Cracco, G.P. Ghignone, M. Poggio, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano, Torino Introduzione: Lo sviluppo della laparoscopia urologica ha determinato, in alcuni centri, l’introduzione di tale approccio per l’esecuzione della cistectomia radicale. Scopo del lavoro è analizzare i risultati nei primi 10 casi da noi trattati, con particolare riferimento alla fattibilità di tale procedura. Pazienti e Metodi: Dal novembre 2002 al gennaio 2004 abbiamo eseguito 10 cistectomie radicali con l’approccio laparoscopico transperitoneale. L’età media dei pazienti (8 maschi; 2 femmine) era di 60.7 anni (range 42-78). L’indicazione all’intervento, in tutti i pazienti, è stata posta per diagnosi istologica dopo TURB di neoplasia transizionale infiltrante. Il tempo della cistectomia e della linfoadenectomia regionale sono stati eseguiti con approccio laparoscopico transperitoneale con 3 trocars da 12 mm e 2 trocars da 5 mm. Nei 4 casi sottoposti a sostituzione vescicale con neovescica ad Y, il serbatoio ileale è stato confezionato attraverso una minilaparotomia e l’intervento è poi proseguito per via intracorporea con le anastomosi tra neovescica ed uretra ed uretero-ileali. Nei 6 casi sottoposti a derivazione urinaria esterna non continente con condotto ileale sec. Bricker, dopo la cistectomia e la linfoadenectomia pelvica laparoscopica l’intervento è proseguito e terminato per via minilaparotomica. Sono stati quindi valutati i tempi operatori, le perdite ematiche, le complicanze perioperatorie, il decorso post-operatorio ed i risultati istologici. Risultati: Il tempo medio relativo alla cistectomia e alla linfoadenectomia è risultato di 130 minuti (range 110-150); il tempo relativo alla sostituzione vescicale con neovescica ad Y di 250 minuti (range 220-260); il tempo relativo alla derivazione di Bricker di 100 minuti (range 80-120). Le perdite ematiche medie sono risultate di 650 ml. (range 500-800). In nessun caso il tempo della Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia laparoscopia è stato convertito a cielo aperto. Non si sono osservate complicanze maggiori perioperatorie. Complicanze minori (febbre, linforrea prolungata, scompenso cardiaco) sono state osservate in 3 pazienti (30%). L’utilizzo di analgesici è stato limitato alla I GPO. Nei pazienti con neovescica ortotopica il tempo medio di cateterismo è risultato di 17 gg. (range 14-25). Il tempo medio di ricovero, in tutti i pazienti, è risultato di 16 gg. (range 13-28). L’esame istologico è risultato pT0 in 2 casi, pT2 in3, pT3 in 3, pT4 in 2. Il numero medio di linfonodi asportati è risultato 19 (range 8-26); 2 pazienti sono risultati N+ (20%). In tutti i casi i margini di resezione sono risultati indenni da neoplasia. Conclusioni: La cistectomia radicale laparoscopica rappresenta ancora una procedura pionieristica ad elevato grado di difficoltà, anche per urologi con adeguato training laparoscopico. Per quanto riguarda il tempo demolitivo la laparoscopia è in grado di riprodurre i principi oncologici della chirurgia “open” rispettando il concetto di mininvasività con tempi operatori accettabili. Il tempo ricostruttivo nella nostra esperienza richiede tempi lunghi e, quando eseguito con tecnica combinata, sembra ridurre i vantaggi della laparoscopia. UTILIZZO DI PROTESI ALLOGENICHE NEL TRATTAMENTO PER VIA VAGINALE DEL COMPARTIMENTO ANTERIORE. T. Realfonso, R. Sanseverino, U. Di Mauro, O. Intilla, R. Angrisani, A. Campitelli U.O.C. Urologia, Ospedale Umberto I, Nocera Inferiore, Salerno Introduzione: L’introduzione di protesi allogeniche ha permesso di migliorare sensibilmente i risultati di correzione del prolasso anteriore nella donna. Materiali e Metodi: Abbiamo utilizzato due tipi di protesi allogeniche: una sintetica in polipropilene ed una biologica a base di collagene (Pelvicol). La protesi viene configurata in una forma rettangolare per il sostegno vescicale o con una bandeletta sotto-uretrale in caso di ipermotilità associata a prolasso. Risultati: Abbiamo valutato 12 donne non sessualmente attive, trattate con protesi in polipropilene: la riparazione è stabile tra 11 e 25 mesi dopo l’intervento. Non si è osservata nessuna erosione dell’uretra o della vescica; due erosioni della vagina sono state trattate in maniera conservativa. Abbiamo utilizzato il biomateriale in 7 casi: in due abbiamo configurato la protesi con una bandeletta sotto-uretrale. In una sola paziente si è verificata una disuria post-operatoria che ha reso necessario il riposizionamento con minore tensione della bandeletta sotto-uretrale. Conclusioni: l’utilizzo di protesi allogeniche permette di ottenere risultati più stabili a medio termine nella correzione del prolasso vaginale. L’introduzione dei biomateriali dovrebbe ridurre le complicanze legate alle protesi sintetiche. STRATEGIE TERAPEUTICHE NELLA CALCOLOSI DEL RENE TRAPIANTATO. A. Rocca, F. Lasaponara, F. Cauda, U. Ferrando S.C. Urologia 3, Ospedale Molinette, Torino Presso il nostro Centro Trapianti sono stati eseguiti a partire dal 1981 più di 1500 trapianti di rene (0,7%). I casi di litiasi urinaria riscontrati sono 15 (6 maschi e 9 femmine) di età compresa tra i 13 ed i 57 anni. La litiasi a carico del rene trapiantato è stata riscontrata da 4 mesi a 8 anni dopo il trapianto. Si trattava in 7 di litiasi renale, in 1 caso di litiasi duplice pielica ed ureterale, in 6 casi di litiasi ureterale (uno duplice via escretrice nativa e del graft in paziente sottoposto a uretero-ureteroanastomosi) ed 1 di litiasi vescicale (paziente sottoposta ad enterocistoplastica). Le dimensioni dei calcoli erano comprese tra i 4 ed i 22 mm. Si è resa necessaria l’applicazione di pielostomia percutanea preventiva in 4 pazienti. Si è ricorsi alla terapia medica in 6 casi, all’URTS in 6 casi (3 risultato infruttuoso), a litotripsia endovescicale in 1 caso ed a ESWL in 7 casi (2 infruttuosi, in un caso sono stati necessari 3 trattamenti) 1 caso di PCNL. In nessun caso si è verificata una steinstrasse, nè si è dovuti ricorrere a sedute dialitiche dopo trattamento. Sono risultati stone-free 11 pazienti, mentre in 4 la concrezione residua era 3 mm. I valori di creatinina dopo terapia sono stati compresi tra 0,9 e 1,7 dl/ml senza significativa perdita funzionale. La litiasi infetta o di piccole dimensioni, purché non ostruente e suscettibile di terapia medica. L’ESWL con litotritori di terza generazione si è dimostrata efficace in una buona percentuale di calcoli sia renale che ureterali in considerazione del fatto che l’uretere del graft conserva una buona peristalsi. L’ureteroscopia si è dimostrata efficace nei casi un cui è stato possibile risalire Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 35 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia attraverso l’anastomosi. Tale manovra, però, e oggettivamente difficoltosa sia per l’abituale sede di impianto, che per la tecnica antireflusso: per questi motivi è pressoché routinario il ricorso ad una pielostomia derivativa nel caso di ostruzione. La pielostomia permette un’agevole accesso al rene per una trattamento percutaneo miniinvasivo senza compromissione funzionale. Il trattamento deve quindi essere precoce ed attuato presso centri con competenza specifica in quanto il buon risultato è legato alla possibilità di ricorrere, caso per caso, a trattamenti diversificati a seconda del particolare momento patologico. Va sottolineata l’importanza del confezionamento anastomotico sulla parete vescicale laterale al fine di rendere possibili i trattamenti endoscopici. La tecnica percutanea, che fino ad oggi ha avuto scarso spazio in questi pazienti, sarà sempre più utilizzata quando l’ureteroscopia si dimostrasse attuabile, in considerazione di un tramite già posizionato, di camice di piccolo calibro, strumenti flessibili ed energie laser. NOSTRA ESPERIENZA NEL MANAGEMENT DELLE STENOSI URETERALI. A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Aquilino, L. Fondacaro, A. Lazzara, M. Motta Clinica Urologica II, Università di Catania Introduzione e Obiettivi: Le stenosi ureterali possono presentare diverse cause eziologiche. L’obiettivo del nostro studio è quello di descrivere le tecniche da noi utilizzate nel trattamento delle stenosi riportando i risultati confrontati con la letteratura. Materiali e Metodi: Sono stati arruolati pazienti trattati con endoureterotomia presso il nostro reparto dal gennaio 2002 al settembre 2003. Gli studi radiologici realizzati di routine sono: l’urografia e la pelografia retrograda abitualmente sufficienti per valutare la localizzazione e l’estensione della stenosi. Complessivamente sono stati trattati 14 pazienti: 8 con stenosi del giunto pielo-ureterale e 6 con stenosi iatrogene dell’uretere. Il trattamento di scelta era rapresentato dall’incisione endoscopica realizzato per via percutanea nel caso di stenosi del giunto pielo-ureterale, mentre il restante tratto dell’uretere è stato trattato per via retrograda o combinata, ad es. nei pazienti con stenosi dell’anastomosi vescicale in rene trapiantato. L’incisione endoscopica può essere effettuata sotto visione con lama a freddo, con laser o con elettrodo. Gli 36 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Autori preferiscono eseguire l’endoureterotomia usando ureteroscopio semirigido o flessibile, lama a freddo o holmium laser. L’appropropriata direzione dell’incisione endoscopica è la seguente: incisione laterale o postero-laterale a livello dell’uretere prossimale; incisione anteriore nell’uretere pelvico; incisione anteriore nell’uretere distale. Si evidenzia l’esteso stravaso del mezzo di contrasto e quindi si dilata usando un catetere a palloncino fino a 6/7 mm. Viene quindi posizionato uno stent JJ ureterale 7/14 che nelle stenosi dell’uretere distale viene posizionato in maniera opposta che nell’endopielotomia. Lo stent ureterale JJ viene rimosso dopo 4/6 settimane. Risultati: Il follow up mediano è stato di 7 mesi con una percentuale di successo del 61%.Il tempo operatorio medio è stato di 120+/- 30 min. In 2 casi è stato necessario eseguire nefrectomia per importante idronefrosi e GRF inferiore al 10%; in 1 è stata eseguita pieloplastica per il recidivare della sstenosi; in 1 paziente si è intervenuti eseguendo reimpianto uretero-vescicale sec Barry. Conclusioni: Una varietà di metodiche mini invasive nel trattamento delle stenosi ureterali sono oggi disponibili. La dilatazione a palloncino è l’approccio più semplice di prima istanza. L’incisione endoscopica può essere eseguita per via anterograda o retrograda. Lo stent viene posizionato per circa 6 settimane. Nuove endoprotesi sono oggi disponibili, ma a lungo termine hanno insuccesso. URETEROCUTANEOSTOMIA: NOTE DI TECNICA PER MIGLIORARE L’ACCESSO RETROGRADO CON STRUMENTI RIGIDI. A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Burrello, B. Giammusso, A. Lazzara, M. Motta Clinica Urologica II, Università di Catania Introduzione: L’utilizzo dell’ureterocutaneostomia come derivazione urinaria è oggi impiegato solo in casi selezionati. Nei casi in cui ancora viene impiegata, è importante poter avere un facile accesso all’uretere e alla via escretrice intrarenale che abitualmente si ottiene tramite l’utilizzo di strumenti flessibili. Materiali e Metodi: Riportiamo la nostra esperienza a proposito di un caso di stenosi complessa dell’anastomosi uretero-neovescicale in una donna di 50 anni dove, per la ridotta lun- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ghezza dell’uretere utilizzabile per la reanastomosi, si è proceduto al confezionamento di necessità di una ureteroscutaneostomia con lo stoma cutaneo posizionato in corrispondenza della linea ascellare posteriore sull’ombelicale traversa invece del normale posizionamento sui quadranti anteriori dell’addome. Dopo 8 anni la paziente ha sviluppato nello stesso rene trattato un calcolo a stampo con classica indicazione alla nefrolitotomia percutanea. Tuttavia si è deciso di realizzare l’approccio al calcolo per via ureterale retrograda dal tramite ureterostomico con un mininefroscopio rigido 15 F. utilizzando energia balistica per la litotrissia. Il caso è stato risolto in unica sessione senza anestesia. Risultati: In seguito a questa esperienza, consigliamo di effettuare questo tipo di ureterocutaneostomia con posizionamento dello stoma tra la linea ascellare media e posteriore, specialmente in pazienti che necessitano di uno stretto follow up endoscopico delle alte vie urinarie o che sono a rischio di recidiva litiasica. Questo approccio infatti offre al paziente la possibilità di manipolare autonomamente le sacche per il raccoglimento delle urine e nello stesso tempo permette l’utilizzo di strumenti rigidi (ureteroresettore) o semirigidi nel trattamento di eventuali patologie delle alte vie urinarie. La differenza tra le due metodiche si riflette sull’anatomia del decorso ureterale che, mentre nell’intervento classico è provvisto di un accesso cutaneo con una doppia angolatura ureterale (cutanea e giunto pielo ureterale) che rende difficile l’utilizzo di strumenti rigidi, nel secondo caso porta lo stoma ureterale e il decorso dell’uretere quasi in asse con il calice inferiore, permettendo un approccio sovrapponibile a quello percutaneo. AMPIA LESIONE URETERALE IATROGENA POST URETEROLITOTRISSIA: RISOLUZIONE DI UN CASO. A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, F. Guzzardi, S.V. Condorelli, M. Motta Clinica Urologica II, Università di Catania Obiettivi: Oggi l’ureteroscopia rappresenta il gold standard nel trattamento della calcolosi ureterale. È ormai pratica routinaria che però non è scevra da complicanze quali: avulsione, perforazione, stenosi dell’uretere, sepsi. Tali complicanze possono determinare dei reliquati severi. Descriviamo il caso di una paziente monorene funzionale destro con una stenosi iatrogena complessa (post ureterolitotrissia) a carico dell’uretere lombo-iliaco destro della lunghezza di circa 5 cm. Materiali e Metodi: Paziente di 36 anni, monorene funzionale destro, in seguito a calcolosi dell’uretere pelvico destro è stata sottoposta, presso altra struttura sanitaria, ad ureterolitotrissia complicatasi con perforazione dell’uretere sottogiuntale e malposizionamento di stent ureterale JJ destro esitando in setticemia. La paziente quindi è stata ricoverata in unità di terapia intensiva e contestualmente sottoposta a posizionamento di nesfrotomia percutanea destra. Giunta alla nostra osservazione sono state eseguite: ecografia renale, Tc addome e pelvi, contrastografia transnefrostomica, pielografia ascendente ed ureteroscopia diagnostica che evidenziano la presenza di estesa stenosi dell’uretere lombo-iliaco destro e rene grinzo sinistro. Il caso è stato risolto eseguendo nefrectomia sinistra e crociatura dell’uretere controlaterale con il rene destro. Risultati: Le alternative terapeutiche di ricostruzione di uretere non utilizzabili in caso di segmenti estesi stenotici sono rappresentati: sostituzione ureterale con anse ileali; plastica secondo psoas Hitch con lembo di Boari; autotrapianto. Tuttavia, l’intervento eseguito è stato invece: esplorazione chirurgica dell’uretere sinistro anastomizzandolo alla pelvi renale destra incrociando l’uretere al di sotto della radice del meso. La nefrostomia percutanea destra è stata rimossa dopo due settimane, mentre lo stent ureterale dopo quattro settimane. Il follow up a 12 mesi ha evidenziato una normale funzionalità renale. Conclusioni: Il caso presentato sottolinea l’importanza dell’esplorazione dell’intero albero urinario bilateralmente in quanto, come in questo caso, può essere utilizzato il distretto non funzionante in interventi ricostruttivi a carico della via escretrice controlaterale. TRATTAMENTO DEI DIVERTICOLI CALICIALI. NOSTRA ESPERIENZA E REVISIONE DELLA LETTERATURA. A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Nicolosi, F. Marchese, B. Giammusso, M. Motta Clinica Urologica II, Università di Catania Introduzione e Obiettivi: I diverticoli caliciali sono spesso associati alla presenza di calcoli. Il trattamento di tale patologia a tutt’oggi non è standardizzato. Nei dati della letteratura revisionati in effetti si rilevano delle discordanze sul tipo di Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 37 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia trattamento da eseguire in tali circostanze. Sulla base della nostra esperienza proponiamo la nostra strategia nel trattamento dei diverticoli caliciali. Materiali e Metodi: Sono stati trattati presso la nostra Divisione 12 diverticoli caliciali associati a calcolosi: 3 diverticoli del gruppo caliciale superiore con colletto patent e calcolo di diametro < ad 1 cm trattati con ESWL in prima istanza ed in un caso secondo trattamento con ureterorenoscopia flessibile. Due casi di diverticoli del calice superiore uno e del calice medio l’altro entrambi ≤ ad 1.5 cm trattati con ureterorenosscopia flessibile. In 3 casi calcoli dei diverticoli caliciali ≤ 2 cm trattati con approccio percutaneo ed infine 1 calcolo delle dimensioni di 4 cm allocato in un diverticolo del gruppo anteriore dei calici inferiori per il quale si è consigliato trattamento open. Risultati e Conclusioni: Dei casi trattati gli stone free a 3 mesi sono stati pari al 65 %. In relazione alla nostra esperienza ed ai risultati riportati dalla letteratura proponiamo il seguente algoritmo di trattamento della calcolosi nei diverticoli caliciali nei pazienti sintomatici. Calcoli dei diverticoli caliciali superiore e medio con colletto patent ≤ 1 cm trattamento ESWL. Calcoli ≤ 2 cm parzialmente “patent” uretero-renoscopia flessibile. Calcoli del gruppo caliciale inferiore = 3 cm nefrolitotrissia per cutanea ed infine calcoli dei gruppi caliciali anteriori delle dimensioni di 4 cm approccio chirurgico open o laparoscopico. 38 cistica 12 ch., in due tempi con un quantitativo di etilene corrispondente al 20% del contenuto cistico.Le dimensioni medie delle cisti erano di 79 ± 11.78 mm (range 60 - 100). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecografia e TC addomino-pelvica. Il follow up è stato realizzato a 1, 3, 6, 9, 12 mesi con ecografia ed esame delle urine. I parametri considerati come successo sono stati i seguenti: diametro massimo della cisti inferiore al 50% del diametro alla diagnosi e risoluzione della sintomatologia algica. Risultati: Due pazienti non sono stati sottoposti a trattamento per la presenza di contenuto ematico intracistico al momento della puntura. Al follow up si riscontrava la progressiva riduzione del volume cistico che raggiungeva un diametro medio di 40 ± 16.8 mm a 1 mese; 37 ± 14.8 mm a 3 mesi; 29.8 ± 13.5 mm a 6 mesi; 26 ± 13.8 mm a 9 mesi e 11.5 ± 6.36 a 1 anno.Non è stata registrata nessuna complicanza o recidiva significativa. Conclusioni: Con questa metodica è stata dimostrata la completa risoluzione del quadro sintomatologico con tempi di ricovero minimi (2 giorni) e senza complicanze significative a breve o a lungo termine. Sottolineiamo inoltre un aspetto particolare di nostra osservazione che è la progressiva riduzione nel tempo del volume cistico. SCLEROTIZZAZIONE PERCUTANEA DELLE CISTI RENALI CON ETILENE. PARTICOLARE OSSERVAZIONE DELLA RIDUZIONE VOLUMETRICA NEL TEMPO. A. Saita, M. Aquilino, A. Bonaccorsi, A. Polara, F. Guzzardi, S.V. Condorelli, M. Motta Clinica Urologica II, Università di Catania TURP IN ANESTESIA LOCALE CON RESETTORE BIPOLARE. R.M. Scarpa1, C. Scoffone1, C. Terrone1, F. Porpiglia1, R. Tarabuzzi1, I. Morra1, M. Cossu1, F. Vacca1, G.P. Ghignone1, S. Guercio1, M. Poggio1, R. Rocci Ris2, C. Caretto2, A. Tempia2 1 Divisione Universitaria di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Luigi; Orbassano (To); 2Divisione Universitaria di Anestesia e Rianimazione Obiettivi: Le cisti renali rappresentano una condizione patologica frequente diagnosticata attraverso le metodiche di imaging, solitamente asintomatiche. Descriviamo la nostra esperienza nel trattamento delle cisti semplici con aspirazione percutanea, e sclerotizzazione con etanolo in due tempi a distanza di 24 h. Materiali e Metodi: Nello studio sono stati inclusi 42 pazienti affetti da cisti renali semplici sintomatiche trattate con sclerotizzazione percutanea, dopo posizionamento di nefrostomia intra- In questo video presentiamo un intervento di TURP eseguito, con resettore bipolare, in anestesia locale indotta mediante catetere di Schelin utilizzato per la somministrazione di farmaci intra e periprostatici. Il catetere ideato da Schelin è autostatico e presenta un canale operativo nel quale può essere introdotta un’agocannula di 1,2 mm di diametro, che fuoriesce a 5 cm dal palloncino con un’angolazione di 30° e penetrazione intraprostatica di 45 mm. Si pone il paziente in posizione litotomica; dopo adeguata lubrificazione dell’uretra si introduce il Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia catetere di Schelin. Si gonfia il palloncino con 10 cc di soluzione fisiologica e, sotto guida ecografica trans-rettale, si dispone il catetere in lieve trazione sul collo vescicale. Sotto controllo ecografico, si procede all’ introduzione dell’agocannula. Si eseguono 3 iniezioni intraprostatiche alle ore 4, 8 e 12 con 10 cc di mepivacaina epinefrina allo 0.5% ciascuna, secondo lo schema proposto da Schelin stesso. L’associazione con farmaci sistemici a rapida biodegradazione con azione ansiolitica, sedativa e analgesica permette di raggiungere un’adeguato livello di soddisfazione del paziente, senza effetti secondari nel post-operatorio. Si introduce quindi il resettore bipolare ACMI Vista CTR e si procede alla resezione dell’adenoma prostatico. Il resettore bipolare ACMI lavora in radiofrequenza, utilizzando speciali anse doppie: la prossimale è attiva, mentre la distale funge da placca di ritorno. Grazie alla nuova tecnologia Coblation si ottiene una resezione attraverso la disintegrazione molecolare in elementi semplici. Questa particolarità fa sì che le temperature di esercizio oscillino tra i 40° e i 70° C, contro i 300°-400° C del resettore monopolare, dove l’alta temperatura provoca una vaporizzazione cellulare. Tale caratteristica consente anche di ottenere, per l’esame istologico, frammenti di tessuto prostatico non alterati dalle correnti di taglio. Il resettore monopolare consente inoltre l’utilizzo di normale soluzione fisiologica, riducendo i rischi di sindrome da riassorbimento. Durante questa procedura, una particolare attenzione andrà posta alla distensione della vescica e al conseguente dolore per il paziente, non controllabile con l’anestesia locale eseguita. Al termine della procedura si posiziona un catetere tipo Dufour con lavaggio continuo, che verrà rimosso dopo 24-48 h e il paziente è generalmente dimissibile entro le 24 h. facendo di questa tecnica una tipica procedura di Day Surgery. TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO IN TEMPO UNICO DI CARCINOMA RENALE DESTRO CON LOCALIZZAZIONE SURRENALICA CONTROLATERALE. F. Scieri1, G. Breda2 1 Scuola di Specializzazione in Urologia, Università degli Studi di Trieste; 2S.C. di Urologia, Ospedale San Bassiano, Bassano del Grappa Gli Autori descrivono il caso di S.A. di 77 anni, giunto alla loro osservazione con diagnosi di eteroplasia renale destra con localizzazione secondaria al surrene di sinistra individuata, in prima istanza, mediante ecotomografia dell’addome eseguita per un trauma lombare. La tomografia computerizzata con ricostruzione tridimensionale ha documentato a carico del terzo inferiore del rene destro la presenza di lesione espansiva solida di natura neoproduttiva con struttura disomogenea ipodensa, a margini lobulati del diametro massimo di 6 centimetri (cm). Non evidenti difetti di riempimento di natura trombotica nella vena renale di tale lato e nella vena cava inferiore. Formazione nodulare con presa di contrasto a margini regolari e struttura di somogenea del diametro di 2,7 cm era segnalata in sede surrenalica sinistra. La risonanza magnetica ha confermato l’ingrandimento del surrene sinistro sostenuto da lesione nodulare presentante forma triangolare e diametro di 2,4 cm e disomogenea intensità di segnale nelle scansioni T2 pesate ed ipointensa nelle sequenze T1 pesate in un quadro compatibile con lesione di verosimile natura ripetitiva. È stato eseguito un intervento di adrenalectomia sinistra e nefrectomia radicale destra laparoscopica per via transperitoneale in tempo unico. Ruotato il paziente sul fianco destro, sono state usate cinque porte per l’asportazione del surrene che è stato lasciato in cavità addominale previo inserimento nell’apposito sacchetto. Successivamente il paziente è stato ruotato sul fianco sinistro ed è stata eseguita la nefrectomia radicale destra. Delle quattro porte usate per il surrene, solamente una era stata posizionata sulla linea mediana, sotto l’apofisi ensiforme, ed è stata conservata anche per la successiva nefrectomia radicale destra, che ha necessitato il posizionamento di altre quattro porte. La strategia operatoria è consistita nell’eseguire prima l’adrenalectomia sinistra onde garantirsi l’integrità del rene sano omolaterale e di proseguire poi con l’intervento di nefrectomia radicale destra. È stato risparmiato il surrene di destra. I pezzi operatori sono stati estratti dalla cavità addominale dopo essere stati allocati nei sacchetti e praticando una minilaparotomia mediana di 6 cm seguendo una linea di congiunzione tra due porte sulla linea mediana, a ridosso dell’ombelico. I tempi chirurgici parziali sono stati di 80 minuti per la surrenalectomia e 120 per la nefrectomia. Il paziente è stato dimesso in quarta giornata post-operatoria clinicamente guarito. L’esame istopatologico ha dimostrato trattarsi di carcinoma renale di tipo misto: cellule scure ed ossifile a pattern soliArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 39 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia do-papillare, grading (GN sec. Fuhrman) 3 - 4, commiste a zone di cellule chiare G 2 -3. Al surrene: nodulo a cellule chiare compatibile con localizzazione secondaria. Stadiazione: pT2, pN0, pM1. Il trattamento laparoscopico simultaneo di una patologia renale e/o surrenalica bilaterale mantiene i vantaggi della laparoscopia sulla chirurgia aperta, sia pure con un maggiore dispendio di tempo e di porte. Si può discutere se convenga modificare la propria usuale disposizione delle porte, prediligendo la linea mediana per risparmiare tempo e denaro. A nostro avviso non conviene lasciarsi condizionare da questi fattori. La scelta deve tenere conto del posizionamento migliore per quel singolo organo: solo così il tempo perso per mettere qualche porta in più verrà poi guadagnato (…con gli interessi!). RICANALIZZAZIONE BILATERALE DI ANASTOMOSI URETERO-ILEALE PER VIA COMBINATA CON HOLMIUM-LASER. C. Scoffone, S. Guercio, M. Cossu, C. Cracco, F. Ragni, M. Poggio, A. Caglià, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Luigi; Orbassano, Torino La stenosi dell’anastomosi uretero-ileale rappresenta una delle complicanze più frequenti in corso di chirurgia ricostruttiva dell’apparato urinario. L’utilizzo del laser a Olmio ha permesso di raggiungere percentuali di successo che variano dal 60 al 90%. Presentiamo il caso di un paziente sottoposto a cistectomia radicale con derivazione urinaria secondo Bricker nel settembre 2000. In altra sede, nel marzo 2003 erano state posizionate due nefrostomie per stenosi bilaterale dell’anastomosi. Con il paziente in posizione prona, si introduce un filo guida nel distretto escretore destro, attraverso il catetere nefrostomico, oltrepassando la stenosi dopo alcuni tentativi. Si esegue quindi dilatazione del tramite nefrostomico sino a 14 CH con camicia tipo “ureteral sheath”, controllandone il corretto posizionamento mediante amplificatore di brillanza. Con ureteroscopio flessibile si raggiunge la stenosi, che viene superata dallo strumento stesso. Si posiziona quindi, per via retrograda, sondino endoureterale tipo Mono J 8 CH. Si procede quindi al trattamento della via escretrice di sinistra. Mediante il sondino 40 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 nefrostomico si eseguono numerosi tentativi di passaggio del filo guida, attraverso la stenosi, che risultano infruttuosi. Mediante contrastografia si evidenzia chiusura completa dell’anastomosi senza passaggio del mezzo di contrasto nel serbatoio ileale. Con analoga procedura di dilatazione si introduce, tramite “ureteral sheath”, ureteroscopio flessibile giungendo sino al tratto stenotico. Si esegue, contestualmente, la condottoscopia con il cistoscopio flessibile che evidenzia l’anastomosi uretero-ileale di destra; riducendo al minimo la fonte luminosa del cistoscopio, si evidenzia quindi la sede della pregressa anastomosi di sinistra per transilluminazione dell’ureteroscopio flessibile. Attraverso l’ureteroscopio, per via anterograda, si introduce la fibra del laser ad Olmio con cui si riesce a ripristinare la continuità tra l’uretere e il condotto ileale. Dopo aver estratto la fibra si introduce filo guida tipo Terumo e si procede ad ampliamento del tramite con laserizzazione per via retrograda. Si posiziona infine sondino endoureterale tipo Mono J 10 CH. Il trattamento di ricanalizzazione con approccio combinato risulta efficace, permettendo di evitare procedure chirurgiche più invasive. TURP IN DAY SURGERY: CATETERE DI SCHELLIN, ANESTESIA LOCALE E RESETTORE BIPOLARE. C.M. Scoffone1, R.M.Scarpa1, I. Morra1, C. Terrone1, F. Porpiglia1, R. Tarabuzzi1, M. Cossu1, S. Guercio1, M. Poggio1, G.P. Ghignone1, R. Rocci Ris2, C. Caretto2, A. Tempia2 1 Divisione Universitaria di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano, Torino; 2Divisione Universitaria di Anestesia e Rianimazione Introduzione: In questo lavoro abbiamo voluto valutare la possibilità di eseguire la resezione endoscopica di prostata, per il trattamento dell’ostruzione cervico-uretrale, in anestesia locale e in regime di Day-Surgery. Materiali e Metodi: Da giugno a ottobre 2003 abbiamo sottoposto a TURP in anestesia locale 15 pazienti di età compresa tra 59 e 77 anni. Tutti i pazienti erano stati sottoposti a valutazione del volume prostatico con ecografia transrettale e indagine urodinamica. L’anestesia locale è stata effettuata utilizzando il catetere di Schelin Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia per l’iniezione intraprostatica di mepivacaina allo 0.5% con controllo ecografico transrettale della posizione dell’ago all’anestesia locale è stata associata una modesta sedazione. La procedura di resezione è stata effettuata utilizzando il resettore ACMI Vista CT con speciali anse doppie, una prossimale attiva e l’altra distale con funzione da placca di ritorno. Con questo sistema le temperature di taglio oscillano tra i 40 e i 70° C. La procedura viene eseguita utilizzando come liquido di lavaggio una normale soluzione fisiologica. Risultati: Il volume prostatico medio era di 29 cc (range: 13-47 cc). Tutte le procedure sono state terminate senza dovere ricorrere a narcosi. Il tempo operatorio è di 26.7 min (range 20.740.7 min). La cistoclisi continua è stata mantenuta solo la prima notte dopo l’intervento in tutti i pazienti trattati. La perdita ematica media è stata pari a 120 cc. Tutti i pazienti sono stati dimessi in prima giornata post-operatoria in 5 pazienti il catetere vescicale è stato rimosso in 1a giornata postoperatoria, mentre in 9 in 2a giornata postoperatoria. Un solo paziente è andato incontro a ritenzione urinaria dopo rimozione del catetere in 2a giornata postoperatoria. Nessun paziente è stato ricoverato per macroematuria da caduta di escara. Nessun paziente ha avuto stenosi uretrali o sclerosi loggia prostatica. Conclusioni: La TURP rappresenta tuttora il gold standard nel trattamento dell’ostruzione cervico-prostatica. L’utilizzo del catetere di Schelin ha consentito un’anestesia locale efficace, semplice e sicura permettendo l’esecuzione della TURP in regime di Day Surgery. LITIASI DELL’URETERE LOMBARE. OPZIONI TERAPEUTICHE. G. Sebastiani, P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras, L Puccetti, G. Fasolis Dipartimento di Urologia ASL 18, Alba-Bra Introduzione: Il trattamento della litiasi dell’uretere lombare dipende da diversi fattori rappresentati dalle dimensioni del calcolo, dalla verosimile composizione, dall’esperienza e dallo strumentario a disposizione dell’operatore ed infine anche dalle esigenze e preferenze del paziente. Per dimensioni del calcolo superiori a 5 mm il trattamento di elezione dovrebbe essere rappresentato dalla litotrissia extracorporea ad onde d’urto per la mininvasività della procedura e la ripetibi- lità della stessa pena la bassa percentuale di risoluzione della patologia. Scopo del nostro lavoro e stato quello di valutare l’efficacia del trattamento di litotrissia extracorporea ed il gradimento del paziente confrontato con gli stessi parametri riferiti all’ureteroscopia. Materiali e Metodi: Dal gennaio 2001 al marzo 2003 presso la nostra U.O.A. di urologia 72 pazienti sono stati trattati con ESWL per litiasi dell’uretere lombare (diametro medio di 0.8 cm) mentre 48 pazienti sono stati sottoposti ad intervento di ureteroscopia ed ureterolitotrissia (diametro medio di 0.9 cm). L’ureteroscopia è stata considerata come trattamento di prima linea in pazienti molto sintomatici, con o senza distensione delle vie urinarie a monte e/o rialzo febbrile. Le dimensioni del calcolo non hanno rappresentato criterio di scelta. Ai pazienti, al momento della dimissione, è stato consegnato un questionario con punteggio da 1 a 5 che esprimeva il grado di soddisfazione (A molto soddisfatto 5 molto insoddisfatto). Risultati: Dei 48 pazienti sottoposti ad ureteroscopia ed ureterolitotrissia, 46 (96%) sono stati considerati stone-free alla radiografia diretta di controllo del giorno successivo. In 2 soli pazienti (4.5%) si è osservata la retromigrazione del calcolo nel calice inferiore (trattato successivamente con ESWL), in 4 pazienti (8%) è stato necessario il posizionamento di stent ureterale doppio J per lesione minima della mucosa dell’uretere. Dei 72 pazienti trattati con ESWL, 37 pazienti (52%) sono risultati stone-free al primo trattamento, 14 pazienti (19%) al secondo trattamento, 8 pazienti (12%) al terzo trattamento mentre 13 pazienti (18%) sono stati sottoposti ad ureteroscopia. La valutazione del questionario di soddisfazione mostra un punteggio medio di 3.8 per i pazienti sottoposti ad ESWL ed un punteggio di medio di 1.6 per i pazienti sottoposti ad ureteroscopia. Conclusioni: La litotrissia extracorporea ad onde d’urto ha rivoluzionato il trattamento della litiasi renoureterale. Trova forse il punto di minore efficacia proprio nella litiasi dell’uretere lombare ove le percentuali di successo sono basse. La bassa invasività della otrissia endoscopica, l’alta percentuale di successo, il costo sovrapponibile e la possibilità di esecuzione in Day Surgery (con pernottamento) rendono questa metodica una reale alternativa anche come trattamento di prima scelta per la calcolosi dell’uretere lombare e sicuramente più gradita dal paziente per la rapidità di esecuzione e risoluzione. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 41 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia TRATTAMENTO URETEROSCOPICO DELLA LITIASI IN DAY SURGERY: NOSTRA ESPERIENZA. M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F. Francesca U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa Introduzione: La calcolosi ureterale costituisce la principale indicazione all’ureteroscopia. Grazie all’avvento di endoscopi miniaturizzati e sistemi di litotrissia utilizzabili attraverso di essi (laser), in molti casi l’ureteroscopia operativa può essere oggi praticata in regime di ricovero giornaliero. Obiettivi: Valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento endoscopico della calcolosi ureterale in regime di “one-day-surgery” (ODS), paragonandolo al ricovero ordinario. Materiali e Metodi: Tra settembre 2000 e gennaio 2004 194 pazienti sono stati trattati in via endoscopica per litiasi ureterale. È stato utilizzato uno strumento semirigido 6-7% Fr., ricorrendo al laser ad olmio (Coherent Versapulse® PowerSuite H.L.) per la litotrissia. Al termine dell’intervento, in base alle difficoltà della procedura e/o alle condizioni della via escretrice, è stato posizionato un catetere ureterale (da mantenersi in situ 2-6 ore), oppure uno stent JJ; in alcuni casi l’uretere non è stato cateterizzato. Riportiamo gli esiti di questa esperienza, valutati retrospettivamente. Risultati: Su 194 pazienti trattati, 99 (51%) sono stati trattati in regime di ODS, mentre 95 (49%) sono stati routinariamente ricoverati, per patologie intercorrenti o motivi logistici (i.e. residenza lontana dall’Ospedale). Tra coloro programmati per ODS, 14/99 pazienti (14,1%) hanno presentato conversione del ricovero in regime ordinario: 3 per complicanze anestesiologiche, 4 per iperpiressia, uno a causa di una lesione iatrogenica ureterale, uno per essere sottoposto ad ulteriori accertamenti, 3 per monitorare la funzionalità renale, mentre 2 hanno richiesto di pernottare in ospedale per motivi logistici. Di questi, solo un caso si è verificato negli ultimi 10 mesi (il tasso di conversione è passato dal 17 al 4,3%). Pertanto, solo 8 su 99 pazienti (8%) hanno richiesto il ricovero in regime ordinario per motivi correlati alla procedura. Conclusioni: In molti casi l’ureteroscopia operativa può oggi essere eseguita con successo in regime di ODS. Pochi pazienti richiedono un ricovero ordinario per motivi clinici. È comunque fondamentale assicurare un’adeguata profilassi 42 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 antibiotica, un efficace controllo post-operatorio del dolore, nonché un buon drenaggio della via escretrice superiore. ENDOURETEROPIELOTOMIA RETROGRADA CON LASER AD OLMIO: NOSTRA ESPERIENZA. M. Simone, C. Casarosa, F. Manassero, P. Casale, F. Francesca U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa Obiettivi: Il trattamento endoscopico della giuntopatia può giovarsi di diverse tecniche: Acucise, incisione con elettrocauterio o a freddo, incisione mediante laser. Scopo di questo studio è stata la valutazione prospettica di efficacia e sicurezza del trattamento retrogrado transuretrale di questa patologia. Materiali e Metodi: Tra settembre 2000 e luglio 2003 sono state eseguite 25 endopielotomie retrograde in 24 pazienti per giuntopatia primitiva (bilaterale in un caso). Sono stati utilizzati un ureteroscopio semirigido 7-8% Fr. e un Laser ad Olmio (Coherent Versapulse® PowerSuite). In tutti i casi è stata realizzata un’endopielotomia posterolaterale sotto visione diretta. Al termine della procedura è stato posizionato stent doppio J, da mantenersi in situ 4 settimane. Prima dell’intervento e, successivamente, a 6, 12 mesi sono state eseguite sia urografia ev, che scintigrafia renale diuretica, per conferma diagnostica e valutazione post-operatoria. Abbiamo definito “successo completo” la scomparsa completa della sintomatologia e il miglioramento obiettivo alle indagini di follow up; è stato considerato “successo parziale” la sola scomparsa dei sintomi, in presenza di patterns di imaging invariati. Risultati: In tutti i casi l’incisione del giunto è risultata agevole, senza complicanze post-operatorie. Dopo follow up mediano di 27 mesi (range 6-39), abbiamo registrato successo completo in 15 casi (60%), parziale in 4 (16%) e fallimento della procedura in 6 casi (24%). Conclusioni: Il Laser ad Olmio ha rivelato ottime capacità di taglio ed emostasi. Perciò l’endopielotomia retrograda appare metodica sicura ed efficace. La scintigrafia renale diuretica rappresenta il mezzo più adatto nel monitorare l’esito della procedura. Tuttavia, nonostante gli incoraggianti risultati iniziali, è necessario accumulare ulteriore esperienza e un follow up adeguato per paragonare questo ad altri trattamenti endoscopici. Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia POLIPI FIBROEPITELIALI DELL’URETERE. M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F. Manassero, F. Francesca U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa I polipi fibroepiteliali sono rare neoplasie benigne dell’uretere che possono originare in qualsiasi tratto anche se è nota una maggiore incidenza a carico della giunzione pielo-ureterale. Riportiamo 2 casi presentatisi alla nostra osservazione per macroematuria; in entrambi i casi l’urografia mostrava una immagine di minus ureterale a contorni netti suggestiva per tale patologia. Il primo caso è stato trattato a cielo aperto attraverso una lombotomia di minima: eseguita una ureterotomia longitudinale si estrae un polipo fibroso di circa 4 cm di lunghezza. Si localizza l’inserzione sulla parete ureterale; in tale punto l’uretere risulta stenotico come già evidenziato dalla URS diagnostica. Si reseca un tratto di circa _ cm di uretere a livello della base d’impianto e si esegue una anastomosi terminoterminale, previo spatolamento dei due monconi su catetere di Bracci. Il trattamento dei polipi ureterali, specialmente nei casi in cui la base di impianto sia sottile, è attuabile interamente per via endoscopica come dimostrato nel secondo caso dove la sottile base d’impianto viene sezionata con energia Laser, quindi il polipo viene estratto con una pinza. La base d’impianto viene sottoposta a biopsia prima di completare la coagulazione Laser. In letteratura è descritta la possibilità che un carcinoma a cellule transizionali insorga da un polipo fibroepiteliale (1). Pur trattandosi di casi aneddotici, il dato non può essere sottovalutato in considerazione della rarità della patologia. Pertanto, in questa ottica crediamo che la resezione a cielo aperto della base d’impianto possa mantenere un razionale terapeutico nei casi in cui questa sia particolarmente ampia e che il paziente debba essere preventivamente informato sulla necessità di un follow up qualora si opti per il trattamento endoscopico. Bibliografia A. Tasca, P. Ferrarese, G. Abatangelo, E. Scremin, F. Nigro Urologia, U.L.SS. 6, Vicenza Introduzione: L’impiego ormai standardizzato di tecniche laparoscopiche in urologia ha reso possibile un approccio mini-invasivo alla neoplasia transizionale dell’alta via urinaria. In questo lavoro riportiamo la nostra esperienza relativa a dieci pazienti, sottoposti a nefroureterectomia con approccio combinato: laparoscopico e chirurgico. Materiali e Metodi: Dieci pazienti, giunti alla nostra osservazione perchè affetti da neoplasia transizionale dell’alta via urinaria, sono stati sottoposti a nefroureteropapillectomia con approccio combinato retroperitoneoscopico, per il tempo renale chirurgico minilaparotomico, per il completamento dell’ureteropapillectomia, per la linfadenectomia iliaca e l’artazione del pezzo chirurgico. Il decorso post-operatorio è stato privo di complicanze degne di nota il catetere vescicale è stato rimosso in IV giornata post-operatoria e i pazienti dimessi in V giornata, previa rimozione del drenaggio pelvico, in buone condizioni generali. Risultati: I vantaggi della nefroureteropapillectomia laparoscopica appaiono significativi in termini di ridotta perdita ematica, minor dolore post-operatorio, dimissione precoce e rapida convalescenza. L’approccio chirurgico combinato proposto permette, oltre a ciò, di ridurre i tempi operatori, assicura la rimozione del pezzo operatorio integro e minimizza il rischio di disseminazione neoplastica a livello delle porte. Conclusioni: L’approccio descritto è proponibile nei casi in cui lo stato dell’uretere pelvico renda difficoltoso l’approccio laparoscopico o comunque ne allunghi i tempi. È necessario tuttavia un follow-up a lungo termine che evidenzi risultati almeno compararabili al trattamento chirurgico standard in termini di bonifica oncologica. 1. Zervas A; Rassidakis G; Nakopoulou L; Mitropoulos D; Dimopoulos C. Transitional cell carcinoma arising from a fibroepithelial ureteral polyp in a patient with duplicated upper urinary tract. J Urol, 1997 Jun, 157:6, 2252-3. ND-AYAP, UNA NUOVA SORGENTE LASER PER L’ENDOUROLOGIA A STUDIO SPERIMENTALE. A. Tasca, W. Cecchetti, F. Zattoni, F. Nigro, E. Scremin Urologia, U.L.SS. 6, Vicenza APPROCCIO RETROPERITONEOSCOPICO AI TUMORI DELLA VIA ESCRETRICE SUPERIORE: DESCRIZIONE DI 10 CASI. Introduzione e Obiettivi: Il laser al NeodimioIttrio-Alluminio-Perovskite (Nd-YAP) è una nuova sorgente solida capace di operare ad Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 43 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia impulsi con emissione a 1340 nm a una lunghezza d’onda alla quale la radiazione è assorbita dall’acqua. Tali caratteristiche sono molto simili a quelle del laser ad Olmio ed assicurano che, durante le procedure endourologiche, un’elevata densità di potenza si sviluppi nella sede del bersaglio irradiato. Gli autori hanno eseguito una serie di test di laboratorio per verificare se Nd-YAP potesse essere impiegato come litotritore. Materiali e Metodi: Due serie di sei calcoli, di calcio ossalato diidrato e cistina rispettivamente, sono state immerse in acqua. È stato utilizzato un prototipo di Nd-YAP, accoppiato a fibre ottiche di 200 mm, 300 mm e 320 mm, per trasmettere impulsi laser a vari livelli di energia e frequenza sulla superficie dei calcoli. Sono stati considerati il valore soglia per la formazione del plasma, il livello di energia necessario per la litotrissia ed i ratei di frammentazione dei calcoli. Risultati: Sia i calcoli di calcio ossalato diidrato che quelli di cistina sono stati frammentati con la fibra di 200 mm, ad un’energia pari a 660 mJ e con una frequenza compresa tra 5 e 30 Hz. È stato inoltre rilevato il tipico breakdown acustico, espressione dell’avvenuta formazione di plasma, che dà luogo all’onda d’urto. Conclusioni: Il laser al Neodimio, impiegato con la fibra di 200mm con l’estremità immersa in acqua, dà luogo alla formazione di plasma ad un’energia per impulso tra 500 e 660 mJ. Oltre tale soglia di potenza, anche i calcoli urinari più duri, come quelli di cistina, possono essere frammentati. TRATTAMENTO PERCUTANEO DI UNA CISTI PIELOGENA CONTENENTE CALCOLI. A. Tasca, F. Nigro, E. Scremin, P. Ferrarese Urologia, U.L.SS. 6, Vicenza Introduzione: Il trattamento miniinvasivo delle cisti pielogene può avvenire per via percutanea, endoscopica o laparoscopica. L’approccio percutaneo e quello laparosopico sono preferibili in presenza di camere diverticolari ampie originanti dal versante posteriore o anteriore, rispettivamente. L’approccio endoscopico è più adeguato in presenza di camere diverticolari più piccole ed ha quale presupposto indispensabile l’identificazione dell’orifizio diverticolare. Materiali e Metodi: Il video descrive il trattamento percutaneo di una cisti pielogena contenente 44 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 calcoli originante dal versante posteriore del gruppo caliceale superiore del rene dx. Verificata la non praticabilità dell’approccio transuretrale (inadeguata deflessione dello strumento, ridotta visibilità), si è preceduto con approccio percutaneo caliceale inferiore, nefroscopia flessibile ed identificazione dell’ostio diverticolare, che è stato inciso con laser. è stata quindi eseguita litotrissia laser della calcolosi endodiverticolare. Risultati: Il trattamento è stato privo di complicanze. L’urografia di controllo a tre mesi dal trattamento ha documentato l’assenza di calcolosi e l’ampia pervietà del colletto diverticolare trattato. Conclusioni: L’approccio percutaneo alle cisti pielogene si è dimostrato un trattamento sicuro ed adeguato. È influenzato dalla correttezza dell’indicazione e dall’esperienza dell’operatore. PTTA/HIFU NEL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA PROSTATICO LOCALIZZATO 2 ANNI DI ESPERIENZA E 12 MESI DI FOLLOW UP. M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando S.C. Urologia 3, A.S.O. S. Giovanni Battista (Molinette), Torino Introduzione: L’uso terapeutico di energie focalizzate nell’uomo fu introdotto per la litotripsia extracorporea circa 20 anni fa. Lo stesso principio di energia è stato adattato con opportune trasformazioni al trattamento del carcinoma prostatico e sviluppato a Lione e Monaco in 10 anni di ricerca tecnica ed esperienza clinica. Materiali e Metodi: Tra il novembre 2001 ed il dicembre 2003 abbiamo eseguito 130 trattamenti HIFU con il sistema Ablatherm: 101 trattamenti per carcinoma prostatico (CaP) localizzato in pazienti che non potevano (per età o comorbilità) o non volevano essere sottoposti ad intervento chirurgico, e 29 trattamenti per recidiva locale di malattia dopo chirurgia, radioterapia o HIFU. Le indicazioni sono state: CaP localizzato (cT1-T2 N0 M0) con PSA <20 ng/ml, volume <50g, età avanzata, comorbilità, rifiuto della chirurgia e preservazione della potenza nei casi selezionati. Il trattamento viene effettuato per via transrettale in anestesia spinale dopo l’inserimento di un catetere sovrapubico e l’esecuzione di una TURP. All’applicatore HIFU è abbinata una sonda ecografica che permette di stabilire il piano di trattamento. L’apparecchiatura produce quindi la programmata serie di lesioni Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia lavorando a 3 MHz e generando una temperatura che può arrivare a 80° C nell’area focale. Risultati: Presentiamo 61 casi con follow up a 12 mesi, di cui 55 trattamenti totali e 6 trattamenti parziali. Nei trattamenti totali le biopsie prostatiche eseguite a 12 mesi dal trattamento sono risultate negative nel 100% (6/6) dei pazienti a basso rischio (LR), nel 96% (24/25) di quelli a rischio intermedio (IR) e nell’ 83,4% (20/24) di quelli ad alto rischio (HR). A 12 mesi dal trattamento il PSA è risultato <1 ng/ml nel 66,6% (4/6) dei LR, nel 68% (17/25) degli IR e nel 60,8% (14/23 perché 1 pz è deceduto per altri motivi) degli HR. Nei trattamenti parziali a 12 mesi dal trattamento il PSA è risultato <1 ng/ml nel 66,6% (4/6) dei casi. In 7 casi è stata necessaria una revisione endoscopica della loggia prostatica per sclerosi o ritenzione urinaria tardiva da cenci necrotici. Una stress incontinence moderata o grave è stata evidenziata in 9 casi. Conclusioni: I dati forniti dal seguente follow up confermano l’efficacia della metodica quale valida alternativa alla chirurgia tradizionale e alla radioterapia in termini di biopsie negative, valore del PSA e morbilità. Esso comporta un breve ricovero, è ben tollerato dai pazienti con accettabili effetti collaterali e non pregiudica l’esecuzione di ulteriori trattamenti locali in caso di insuccesso. transrettale in anestesia spinale e dopo l’inserimento di un catetere uretrale invece che sovrapubico come normalmente avviene nei trattamenti HIFU tradizionali. Risultati: Il numero medio di lesioni HIFU indirizzate sulla lesione è stato di 164. I pazienti sono stati tutti dimessi in prima giornata ed il catetere uretrale è stato rimosso mediamente dopo 4 giorni. Il PSA nadir mediano è stato 0,1 ng/ml. Con un follow up medio di 13,6 mesi, il PSA medio è 0.4 (0.01-0.9). Le biopsie della zona anastomotica eseguite in 4 casi a 6 mesi dal trattamento sono risultate negative. Non è stata evidenziata alcuna complicanza intra o postoperatoria. Conclusioni: Il trattamento HIFU si propone come metodica efficace e sicura per il trattamento della recidiva locale di adenocarcinoma prostatico dopo prostatectomia radicale. Esso viene eseguito in una sola seduta, è ben tollerato dal paziente e presenta minore morbilità rispetto alla radioterapia esterna. PTTA/HIFU DELLA RECIDIVA LOCALE SU ANASTOMOSI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE RETROPUBICA: NOSTRA ESPERIENZA. M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando S.C. Urologia 3, A.S.O. S. Giovanni Battista (Molinette), Torino Obiettivi: Scopo dello studio è quello di valutare l’efficacia della terapia con wall-stent in Nitinol nelle stenosi ureterali. Materiali e Metodi: Nel periodo novembre 1998-settembre 2001 abbiamo trattato 16 pazienti (14 M- 2 F) affetti da stenosi dell’uretere (15 monolaterali, 1 bilaterale). Le stenosi erano cosi suddivise: stenosi in anastomosi ureterointestinale in derivazione urinaria sec. Studer (6 p.ti di cui uno con stenosi bilaterale); stenosi dell’uretere sottogiuntale (2 p.ti); uretere pelvico (8 p.ti). Le stenosi propriamente ureterali includevano: fibrosi post-attinica, pregressa endoscopia, pregresso passaggio di urolita. In tutti i p.ti il wall stent è stato inserito solo dopo recidiva della stenosi trattata in prima istanza con: intervento a cielo aperto (2 p.ti); dilatazione meccanica fino a 16 Ch ed inserimento di dj (14 p.ti). L’eziologia delle stenosi era in tutti i pazienti di natura benigna. Risultati: Il follow up medio è stato di 50 mesi (29-63). Attualmente (febbraio 2004) 14 pazienti (87.5%) presentano una buona cana- Introduzione: Le opzioni terapeutiche per il trattamento della recidiva locale di malattia dopo prostatectomia radicale consistono classicamente nella radioterapia esterna e nella terapia ormonale. Materiali e Metodi: Tra il luglio 2002 ed il dicembre 2003 abbiamo eseguito 8 trattamenti HIFU con sistema Ablatherm per recidiva locale di malattia dopo 18-72 mesi dalla prostatectomia radicale. La recidiva è sempre stata confermata istologicamente con biopsia transrettale ecoguidata. L’assenza di altre localizzazioni metastatiche è stata confermata mediante l’esecuzione di PET e scintigrafia ossea total body. Il trattamento è stato effettuato per via L’UTILIZZO DEL WALL-STENT IN NITINOL NELLE STENOSI URETERALI: UNA TERAPIA EFFICACE E DI LUNGO DURATA. P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De Lisa Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 45 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia lizzazione dell’uretere operato. Gli esami di follow up non hanno evidenziato complicanze. Due pazienti hanno presentato una recidiva della stenosi dovuta ad una ricrescita tissutale al di sopra dello stent fino all’occlusione completa del lume ureterale (tempo alla recidiva di 3 mesi) Conclusioni: Nella nostra esperienza la terapia con protesi metallica è stata sempre utilizzata come tecnica di seconda istanza quando le tecniche di dilatazione meccanica avevano fallito. La terapia delle recidive di stenosi ureterali con wall stent mostra risultati efficaci e di lunga durata. I risultati ci inducono a sottolineare l’importanza dello stretto follow up dei pazienti per poter trattare in maniera efficace e poco invasiva le recidive. TERAPIA ENDOSCOPICA DELLE STENOSI URETERALI INTRINSECHE: ANALISI DI UNA SERIE DI 85 PAZIENTI. P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De Lisa Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Obiettivi: Valutare l’efficacia della tecnica terapeutica endoscopica nei pazienti affetti da stenosi ureterale benigna. Materiali e Metodi: Tra gennaio 1997 e dicembre 2003 abbiamo trattato 85 pazienti (41 femmine; 44 maschi) affetti da stenosi ureterali localizzate: sull’uretere pelvico (25 p.ti), sull’uretere lombare(13 p.ti), su quello sottogiuntale (21 p.ti).L’eziologia delle stenosi comprendeva pazienti già sottoposti a: 1)terapia endoscopica per trattamento di neoplasia uroteliale (28 p.ti) in cui la stenosi si è verificata nella sede di applicazione della fonte di energia per la resezione (diatermia o laser); 2) terapia endoscopica (con utilizzo di Lithoclast) per litiasi (34 p.ti), 3)pregressa tubercolosi urinaria (11 p.ti);4) pregressa terapia radiante (12 p.ti). I pazienti del gruppo 1 con stenosi sono stati sottoposti a biopsia della zona stenotica che ha escluso una recidiva neoplastica. Ciascun gruppo è stato suddiviso in due bracci per ricevere la seguente terapia: A) tomia a caldo con ansa diatermica, o B) dilatazione meccanica. In tutti i pazienti è stato posizionato uno stent ureterale dj a doppio calibro 7/14 Ch, tenuto in sede per 3 settimane. I gruppi sono stati cosi suddivisi: gruppo 1): 12 p.ti terapia A, 16 p.ti terapia B; gruppo 2): 18 p.ti 46 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 terapia A, 16 p.ti terapia B; gruppo 3): 6 p.ti terapia A, 5 p.ti terapia B; gruppo 4): 7 p.ti terapia A, 5 pazienti terapia B. Risultati: Il follow up medio è stato di 48.6 mesi (3-85). 75 pazienti (88%) dopo un solo trattamento sono liberi da stenosi al followup. 10 pazienti (12%) hanno sviluppato una recidiva: nel gruppo 1) 3 p.ti (di cui 2 trattati con terapia B); nel gruppo 2) 5 p.ti (di cui 3 con terapia A); nel gruppo 4) 1 p.te sottoposto a terapia B. Il tempo medio alla prima recidiva è stato di 13 mesi. Conclusioni: La tecnica endoscopica per la terapia delle stenosi ureterali benigne si è dimostrata efficace e con buoni risultati a distanza. Nell’analisi dei risultati non abbiamo trovato differenze statisticamente significative tra i due tipi di trattamento della stenosi e questo non ci permette di capire quale terapia sia preferibile. L’utilizzo di uno stent ureterale di calibro adeguato per un periodo non inferiore alle 3 settimane potrebbe essere una delle chiavi del successo terapeutico. Le ragioni della recidiva non sono chiaramente identificabili dai nostri risultati, ma sono da ricondurre verosimilmente ad elementi legati alla eziologia della stenosi. Da sottolineare inoltre l’importanza di uno stretto follow up al fine di individuare e trattare le possibili recidive. LA HE-TUMT AD ALTE ENERGIE NELLA TERAPIA MINI-INVASIVA DELL’IPB. P. Usai, R. Cadoni, P. Pili, D. Porcu, A. De Lisa Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione: Scopo dello studio è stato quello di valutare in termini di efficacia e sicurezza la HETUMT (High Energy Transurethral Microwave Therapy) con Prostalund-Feedback Treatment® (PLFT) nella terapia dell’IPB. Materiali e Metodi: Nel periodo giugno 2002-settembre 2003 abbiamo trattato 32 pazienti di età media 71.6 anni (92-55) affetti da IPB. Tutti avevano un volume prostatico >30 ml, assenza di lobo medio ed una lunghezza dell’uretra prostatica >35 mm. 3 pazienti erano portatori di catetere vescicale da più di 3 mesi. L’esame urodinamico effettuato negli altri 29 ha confermato l’ostruzione da IPB. Tutti presentavano un IPPS > 13 (22-26) ed un Qmax <13 ml/sec (7.411.9). Il trattamento ha prodotto un valore medio di necrosi di 25 ml. La potenza media uti- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia lizzata è stata di 78 Watt. Dopo il trattamento è stato posizionato un catetere tran-suretrale 18 Ch tenuto a dimora per 15 gg. Il paziente è stato dimesso in giornata. Risultati: Il follow up medio è di 11 mesi (4–19). Tutti i parametri indagati hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo già a 3 mesi di follow up che si è poi mantenuto nel tempo. In particolare il valore medio dell’IPSS ha avuto un decremento del 81% (26-5), il Bother score del 91% (5.1-0.5) ed il residuo post-minzionale del 100% (81.4 ml-assente).Il valore medio di flusso massimo ha avuto un incremento del 120% (9.8 ml/s-21.6). Complicanze riscontrate: infezione non complicata delle vie urinarie (35%), ematuria (9%), eiaculazione retrograda (18%), ritenzione risolta con cateterismo fino al 21° giorno (23%). Conclusioni: La TUMT con PLFT si è dimostrata efficace e ben tollerata, raggiungendo significativi miglioramenti della sintomatologia e del flusso urinario già a 3 mesi, mantenendo tale risultato a 12 mesi. La possibilità di condurre il trattamento in anestesia locale e in regime di ricovero giornaliero e l’alto grado di soddisfazione del paziente rendono la procedura un’ottima alternativa alle procedure chirurgiche tradizionali per la terapia dell’IPB. TERAPIA DELLA CISTITE INTERSTIZIALE. O. Varriale, S. Domizio, G.F. Testa. U.O.C. di Urologia, A. O. “V. Monaldi”, Napoli Introduzione e Obiettivi: Per gli Autori, la cistite interstiziale è più frequente di quanto si creda. La sua diagnosi è per esclusione. Materiali e Metodi: In un anno abbiamo sottoposto a screening diagnostico per cistite interstiziale pazienti di entrambi i sessi con “diagnosi dubbia” e persistenza di dolore vescicale e/o pelvico con intensa pollachiuria. Abbiamo individuato all’esame istologico 11 casi di cistite interstiziale. Il primo approccio terapeutico è stato l’Idrodistensione vescicale in anestesia, in corso di cistoscopia con biopsie multiple. Nella Idrodistensione si verifica una discreta remissione dei sintomi urologici per 1 - 4 mesi. Alla ripresa dei sintomi 5 pazienti sono stati sottoposti a terapia endovescicale con dimetilsulfossido e 6 con un cocktail (eparina, triamcinolone, bicarbonato di sodio e acqua sterile). La remissione parziale è avve- nuta in tutti i pazienti trattati con DMSO con durata di 1 a 3 mesi. I sei trattati con cocktail, hanno avuto remissione parziale con una durata massima di 2 mesi. Nessun effetto collaterale è stato riscontrato. Alla ripresa dei sintomi si è trattato i pazienti non responders con altre terapie. I risultati ottenuti sono stati più favorevoli con DMSO, compreso il paziente che non aveva risposto al cocktail farmacologico. Risultati: Delle tre terapie, la più efficace è stata l’idrodistensione vescicale seguita dal DMSO e infine dal cocktail proposto da Philip Hanno. Gli effetti benefici sulla sintomatologia sono stati parziali, nessun effetto collaterale è stato riscontrato. Come proposto dalla letteratura, la terapia può essere ripetuta. Conclusioni: Questa patologia, di forte impatto sociale, deve essere sempre ricercata se sospettata La maggiore casistica stimolerà la ricerca per la patogenesi e la terapia. PROCEDURE DIAGNOSTICHE E TERAPIA DELLA CISTITE INTERSTIZIALE. O. Varriale, F. Uricchio, S. Domizio, G.F. Testa U.O.C. di Urologia, A. O. “V. Monaldi”, Napoli Introduzione e Obiettivi: La Cistite Interstiziale va sospettata quando è presente pollachiuria,dolore vescicale e/o pelvico e per “diagnosi dubbie”. È confermata dal riscontro di numerosi mastociti nel detrusore. Materiali e Metodi: Patologia più frequente di quanto si creda, specie nel sesso femminile. Nella nostra casistica in 1 anno su 11 casi, 6 sono maschi e 5 femmine. Nei maschi il sospetto diagnostico si pone raramente, la diagnostica si arresta al riscontro di ostruzione cervico-uretrale, vescica iperriflessica o prostatite. Il paziente del video ha 65 anni, da molti anni soffriva di pollachiuria. 2 anni prima si evidenziò un’ostruzione cervicouretrale (flusso massimo 8 ml/sec). Sottoposto a TUR-P migliorò il flusso, ma rimase immodificata la sintomatologia dolorosa. Dopo 2 anni alla uroflussimetria, spiccava una capacità vescicale ridotta. Il massimo volume vescicale era di 175 cc con stimolo impellente. La cistoscopia in anestesia evidenziò solo una discreta quantità di capillari nella sottomucosa. Seguì una idrodistensione con NaCl ad una pressione di 80 cm di H2O sino alla comparsa di iscuria paradossa. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 47 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia La capacità vescicale dopo idrodistensione fu di 510 cc, dimostrando una ridotta capacità funzionale. Alla successiva cistoscopia diversi capillari sanguinavano, erano comparse diverse petecchie o glomerulazioni specie del fondo,parete posteriore,laterali e cupola. Furono praticate 7 biopsie vescicali a freddo, a tutto spessore, in 7 diversi quadranti. Emostasi, catetere per 24 ore e dimissione. Risultati: L’esame istologico evidenziò numerosi mastociti nel detrusore. La terapia attuata nei pazienti è la idrodistensione vescicale in anestesia, l’instillazione con DMSO e/o con un cocktail di eparina,triamcinolone, bicarbonato di Na e acqua sterile. Si è avuta remissione parziale e non duratura della sintomatologia con le terapie praticate. Conclusioni: Se ricercata, la cistite interstiziale risulterà più frequente. La terapia praticata è di efficacia parziale e temporanea, è ripetibile perché priva di effetti collaterali. La diagnosi nei casi sospetti evidenzierebbe un’incidenza maggiore, ciò indurrebbe ad una maggiore ricerca della patogenesi e terapia. CISTITE CROSTOSA ED URETEROIDRONEFROSI DA CHEMIOTERAPIA ENDOVESCICALE. O. Varriale, S. Domizio, G.F. Testa U.O.C. di Urologia, A. O. “V. Monaldi”, Napoli Introduzione e Obiettivi: La chemioterapia endovescicale riduce l’incidenza delle recidive da Carcinoma e la progressione di malattia. Tra i farmaci più utilizzati con successo c’è la Mitomicina-C. Non raramente può dare serie complicanze, e bisogna valutarne la causa e l’incidenza. Materiali e Metodi: Il protocollo terapeutico da noi usato è quello di 40 mg in 50 cc di Soluzione Fisiologica per 1 ora in vescica, 1 volta a settimana per 4 settimane e poi 1 volta al mese per 1 anno. Le instillazioni iniziano entro 20 giorni dalla TUR. Con una frequenza del 5% circa si riscontra (alla Cistoscopia a 3 mesi dalla TUR) il quadro della Cistite Crostosa. Specie nelle aree di resezione la vescica è ricoperta da tessuto atipico composto da Whitecells, sali di calcio e fibrina. Al disotto c’è tessuto fibroso cicatriziale che ha sostituito il tessuto muscolare resecato. Tenacemente aderente alla superficie di questo tessuto atipico vi sono cal- 48 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1 coli di grandezza variabile da 1 a 7 mm. Quando i calcoli o il tessuto descritto si stacca nosi verifica ematuria macroscopica. In una percentuale pari all’1% si è verificata riduzione della capacità vescicale, con parete spessa, meati ureterali a buca di golf, assenza di reflusso, ureteroidronefrosi bilaterale con insufficienza renale. L’urografia faceva sospettare una stenosi bilaterale dell’uretere intramurale che invece era pervio a sondino ureterale 6 Ch. Queste complicanze a gravità differente le abbiamo osservate in tre casi, tutti di sesso femminile e con peso corporeo inferiore ai 60 kg. In un caso, la diagnosi tardiva ha provocato perdita della capacità vescicale, insufficienza renale ed incontinenza. Si praticò nefrostomia percutanea. Negli altri 2 casi la terapia con idrodistensione-vescicale in anestesia e Deflazocort per 1 mese ha permesso il ritorno alla normalità dell’apparato urinario. Risultati: Effettuando follow up endoscopico stretto rivolto ad evidenziare eventuali effetti collaterali in fase precoce sarà possibile scongiurare le complicanze. La sorveglianza attuata dopo il primo caso ci ha permesso il recupero di una normale funzione dell’apparato urinario negli altri casi. Conclusioni: L’ipotesi patogenetica è che le complicanze siano dovute ad una ipersensibilità alla Mitomicina-C delle tre pazienti e al loro basso peso corporeo. ADENOMECTOMIA PROSTATICA MINIINVASIVA È POSSIBILE RIMUOVERE IL CATETERE IN PRIMA GIORNATA. F. Ventura, G. Scalese, V. Disanto Reparto di Urologia, Ospedale Generale Regionale “F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti, Bari Introduzione: L’adenomectomia prostatica è tecnica chirurgica open che ancora oggi trova indicazione in presenza di adenomi di peso superiore ai 50-60 g, e in Italia tale tecnica (retropubica o transvescicale) è eseguita nel 35% circa dei pazienti. L’adenomectomia open richiede una incisione sovrapubica di circa 10 cm e il cateterismo che viene prolungato per periodi variabili dai 5 ai 10 gg. Materiali e Metodi: L’adenomectomia prostatica mininvasiva è una tecnica di chirurgia open che presenta rispetto alle tecniche tradizionali numerosi vantaggi sia in termini di aggressivi- Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia tà chirurgica che di cateterismo e degenza p.o. Utilizzando resettore con ottica ed ansa di Collins si incide circolarmente l’uretra a livello del collicolo seminale Incisione sovrapubica di 3 cm, riempimento vescicale, reperimento della vescica con 2 punti, cistotomia di 1 cm, incisione del collo vescicale utilizzando resettore con ottica e ansa di Collins enucleazione digitale transvescicale dell’adenoma ed estrazione dello stesso a pezzi emostasi della loggia prostatica con recettore, ottica ed ansa curva cateterismo, cistoraffia in doppio strato, drenaggio capillare e sutura. Risultati: Dal 1998 al 2003 abbiamo eseguito 458 interventi in prostate di peso medio di 90g (50-190), Qmax preoperatorio medio 4-10 ml/sec, postoperatorio 18-33 ml/sec, IPSS preoperatorio 22-32, post-operatorio 0-5. Cateterismo p.o. 1,5 gg. Degenza media postoperatoria 2,5 gg (2-4). Nel 10,5% dei pazienti è stata eseguita emotrasfusione. Complicanze a distanza (sclerosi del collo vescicale) 3 pazienti. In nessun caso abbiamo osservato ritenzione urinaria o fistole urinose sovrapubiche alla rimozione del catetere. Conclusioni: L’adenomectomia prostatica mininvasiva è un intervento rapido eseguibile abbastanza agevolmente in 45’, indicato in adenomi di peso superiori ai 50 g. Pur se di facile esecuzione richiede una discreta esperienza endoscopica per eseguire una corretta emostasi dopo l’enucleazione dell’adenoma. La nostra esperienza dimostra che la rimozione precoce del catetere già in prima giornata non complica il decorso clinico, accorcia la degenza e riduce il rischio di stenosi uretrali. Nel confronto con le tecniche chirurgiche open tradizionali (transvescicale e retropubica) presenta notevoli vantaggi oltre che per la precoce rimozione del catetere, anche per il miglior comfort del paziente, sia per la minore degenza postoperatoria, che per le complicanze immediate ed a distanza. Anche nel confronto con la TUR a adenomectomia prostatica mininvasiva permette di ottenere risultati migliori in termini di cateterismo degenza e qualità della minzione. OSTRUZIONE URETERALE IN PAZIENTE MONORENE CAUSATA DA UN ANEURISMA DELL’ARTERIA IPOGASTRICA: DESCRIZIONE DI UN CASO E REVISIONE DELLA LETTERATURA. S. Zaramella, G. Monesi, E. Kocjancic, P. Gontero, G. Ceratti, M. Sala, M. Favro, G. Marchioro, B. Frea Clinica Urologica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità”, Novara Introduzione: L’ostruzione ureterale, secondaria a compressione o fibrosi, rappresenta una complicanza relativamente rara degli aneurismi dell’ aorta addominale e degli aneurismi delle arterie iliache comuni. Decisamente aneddotico è il riscontro di ostruzione ureterale secondaria ad aneurisma della arteria ipogastrica. Descriviamo il caso di un paziente monorene con insufficienza renale secondaria ad ostruzione ureterale da aneurisma dell’arteria ipogastrica destra. Caso Clinico: Paziente di 90 anni sottoposto ad applicazione di protesi vascolare aorto-bisiliaca e nefrectomia sinistra nel 1986, per aneurisma infrarenale dell’aorta addominale e delle arterie iliache comuni, recente episodio di arresto cardiaco in corso di intervento di ernioplastica inguinale, lieve insufficienza renale cronica. Giunse alla nostra osservazione per anuria senza sintomatologia dolorosa associata, ecograficamente si riscontrò di moderata dilatazione delle vie escretrici di destra, l’Rx addome era negativa per calcolosi calcica, creatinina sierica 3,8 mg/dl, azotemia 55 mg/dl, K 5,5 mEq. Considerato il quadro ostruttivo, si decise di sottoporre il paziente ad intervento in urgenza di stenting ureterale retrogrado, senza ricorrere ad anestesia viste le precarie condizioni generali del paziente. Dopo tale manovra si riscontrò pronta ripresa della diuresi e normalizzazione della funzionalità renale. La TAC senza mezzo di contrasto eseguita successivamente evidenziò un voluminoso aneurisma dell’arteria ipogastrica destra di 3,5 x 4,5 cm, dislocante e comprimente l’uretere destro. È attualmente in corso una valutazione da parte del chirurgo vascolare per la terapia dell’aneurisma, il paziente è ancora portatore di stent ureterale. Discussione: L’aneurisma della arteria ipogastrica è in assoluto il più raro fra tutti gli aneurismi intra-addominali, nell’85% è monolaterale, ed è generalmente associato da aneurismi dell’aorta addominale e delle arterie iliache comuni. Il dolore colico, l’ostruzione ureterale, la micro e Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 49 Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia macroematuria ed il riscontro di una massa pulsante all’esplorazione rettale sono i sintomi ed i segni urologici più frequenti. Conclusioni: L’aneurisma isolato dell’arteria ipogastrica è una rara causa di ostruzione ureterale, in letteratura sono stati riportati meno di 100 casi, in un terzo circa dei pazienti i sintomi d’esordio sono urologici. La terapia è chirurgica con endoaneurismoraffia ed ureterolisi, ma in pazienti con scadenti condizioni generali di salute trova spazio un trattamento conservativo endourologico. SESSIONE INFERMIERISTICA Lunedì 19 Aprile 2004 Sala Nettuno 1 8.00-18.00 Titolo Relatore Le infezioni del tratto urinario e il cateterismo ad intermittenza M. Marchetti (Ancona) La prostatectomia radicale per via laparoscopica R. Marega (Bologna) La sterilizzazione della strumentazione endoscopica R. Marega (Bologna) “Il paziente urologico in one day-surgery” Strumenti operativi di supporto per la gestione del paziente M. Ruggeri (Bologna) La resezione transuretrale A. Oliva (Napoli) Il paziente portatore di urostomia G. Musella (Napoli) L’ambulatorio per la riabilitazione del PPP e l’incontinenza urinaria C. Pennetta (Foggia) La stenosi dell’uretra maschile M. Urbinati (Bologna) La gestione delle derivazioni urinarie esterne ed interne, attualità e prospettive per il miglioramento della Q.V. del paziente. L. Eto (Napoli) Malattia di Alzheimer e disturbi della continenza urinaria. Il ruolo del Nursing D. Di Prima (Matera) Direttore Responsabile Pietro Cazzola Direzione Marketing Armando Mazzù Registrazione Tribunale di Milano n.289 del 21/05/2001 50 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1 Redazione e Amministrazione Scripta Manent s.n.c. - Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091 - 0270608060 Fax 0270606917 - E-mail: [email protected] Stampa Parole Nuove s.r.l. - Via Garibaldi 58 - 20047 Brugherio (MI)