INTERAZIONI FARMACOCINETICHE CLINICAMENTE RILEVANTI CON ANTIDEPRESSIVI DI SECONDA GENERAZIONE: UN AGGIORNAMENTO - Introduzione Tra i disturbi psichiatrici, la depressione è classificata come patologia dell’umore caratterizzata da una serie di segni e sintomi comportamentali che tendono a ridurre gradatamente il tono dell’umore, arrivando a compromettere il corretto funzionamento fisico, psichico e sociale. Oggi sappiamo che la depressione è dovuta ad una combinazione di fattori genetici (predisposizione familiare e fattori biologici tra cui i livelli dei neurotrasmettitori serotonina, noradrenalina e dopamina, ipotesi monoaminica o delle amine biogene per i disturbi dell’umore), fattori ambientali e psicologici (stress, traumi); inoltre, ha un ruolo fondamentale l'asse ipotalamoipofisi-surrene che regola la risposta a lungo termine allo stress, inducendo il surrene al rilascio di cortisolo. Elevati livelli di cortisolo provocano insonnia, diminuzione dell'appetito, diabete mellito, osteoporosi, diminuzione dell'interesse sessuale, aumento dell'espressione comportamentale dell'ansia, immunosoppressione, danni a vasi cerebrali e cardiaci (ipotesi della diatesi da stress). La terapia farmacologica per il trattamento della depressione si avvale di psicofarmaci con il potere di normalizzare l'equilibrio alterato dei neurotrasmettitori. A partire dagli anni Cinquanta, si sono usati gli antidepressivi triciclici o TCA (Tricyclic antidepressant) che, bloccando la ricaptazione di serotonina e noradrenalina, hanno mostrato notevole efficacia. Tuttavia questi antidepressivi hanno effetti collaterali, dovuti all'azione anticolinergica, che non sono tollerati: tachicardia, aritmie, secchezza delle fauci, stipsi, ritenzione urinaria, offuscamento della vista. Gli inibitori delle monoamino ossidasi IMAO (monoamine oxidase inhibitors), agiscono come inibitori della monoaminossidasi, enzima che metabolizza serotonina e catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina) portando ad un aumento della concentrazione di questi neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale. Essi presentano un'efficacia paragonabile a quella degli antidepressivi triciclici ma inducono eccitamento, insonnia, tremori, allucinazioni, ipotensione, sudorazione ridotta; inoltre, producono effetti tossici per interazione con sostanze contenti elevate dosi di tiramina (formaggi, alcuni vini e birre, fegato, banane, fave, fichi). Gli antidepressivi di seconda generazione, a struttura non triciclica, sono efficaci e meglio tollerati. Si distinguono cinque gruppi: 1. Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) - Citalopram (Elopram, Seropram in Italia) - Escitalopram (Cipralex, Entact in Italia) - Fluoxetina (Fluoxerene, Fluoxetina-generica in Italia; Prozac in Italia) - Fluvoxamina (Dumirox in Italia) - Paroxetina (Daparox, Eutimil, Sereupin in Italia) - Sertralina (Zoloft in Italia) Si possono osservare effetti collaterali come sonnolenza, xerostomia, irritabilità, ansia, diminuzione dell'appetito e diminuzione della pulsione e capacità sessuale. 2. Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (NSRI o SNRI) - Desvenlafaxina (Pristiq) - Duloxetina (Cymbalta, Xeristar in Italia) - Venlafaxina (Efexor, Zarelis) - Nefazodone 3. Antidepressivi serotoninergici specifici e noradrenergici (NaSSA) - Mianserina (Lantanon in Italia) - Mirtazapina (Remeron, Avanza, Zispin) Questi bloccano i recettori adrenergici presinaptici alfa-2 e allo stesso tempo alcuni recettori della serotonina. Possono presentarsi effetti collaterali come sonnolenza, aumento dell'appetito e di peso. 4. Inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina (NaRI) - Atomoxetina (Strattera) - Mazindolo (Mazanor, Sanorex) - Reboxetina (Davedax, Edronax) 5. NDRI (inibitori della ricaptazione della noradrenalina e della dopamina). - Bupropione (Wellbutrin, Zyban) 6. Agonista della melatonina e antagonista della serotonina, disinibisce la trasmissione noradrenergica e dopaminergica: - Agomelatina. CLASSE PRINCIPI ATTIVI Imipramina, amitriptilina, clomipramina, doxepina, dosulepina, trimipramina, nortriptilina TCA Tranilcipromina, fenelzina,isocarboxazide IMAO Citalopram, Escitalopram, Paroxetina, fluoxetina, fluvoxamina, sertralina SSRI Reboxetina NaRI Venlafaxina, duloxetina SNRI Bupropione NDRI Mirtazapina, agomelatina, trazodone, nefazodone. ALTRI I gravi effetti collaterali degli antidepressivi di prima generazione, ed il ben documentato rischio di interazioni farmacologiche con altri farmaci co-somministrati, hanno contribuito al loro graduale declino nella pratica clinica per lasciare il posto agli antidepressivi di seconda generazione il cui buon profilo di tollerabilità ed il meccanismo d’azione maggiormente selettivo rappresentano punti di forza. - Interazioni farmacologiche Poiché gli antidepressivi di seconda generazione sono comunemente prescritti in associazione con altri farmaci usati per il trattamento di malattie psichiatriche o somatiche concomitanti (antimicrobici, farmaci cardiovascolari, ansiolitici, antipsicotici) potrebbero verificarsi interazioni farmacologiche; sebbene presentino un basso rischio di interazioni farmacodinamiche per merito della loro selettività d’azione, mostrano capacità inibitoria sugli isoenzimi CYP del citocromo P450, pertanto sono associati ad interazioni di tipo farmacocinetico clinicamente rilevanti soprattutto a livello della biotrasformazione metabolica. (Vedi tabella “Principali interazioni farmacocinetiche degli antidepressivi di II generazione” nella home page di www.fvcalabria.unicz.it). Il processo di metabolizzazione di una sostanza introdotta nell’organismo avviene a carico di enzimi localizzati a livello di fegato, intestino, reni, polmoni, cute, plasma e sistema nervoso centrale. Le reazioni di biotrasformazione sono di due tipi: Reazioni di fase I: reazioni di ossidoriduzione e di idrolisi ad opera dei citocromi; Reazione di fase II : reazioni di coniugazione, mediate da diversi enzimi e cofattori, che aggiungono diversi gruppi funzionali per rendere più facilmente eliminabile il farmaco; con acido glicuronico (o glicuronoconiugazione), acetilazione, con amminoacidi (soprattutto glicina, taurina e glutammina), con solfato (o solfoconiugazione) e metilazione. Il sistema CYP negli uomini consiste in più di 50 enzimi localizzati sulla membrana del reticolo endoplasmatico liscio degli epatociti ed in molti altri tessuti. Questi enzimi sono responsabili delle reazioni ossidative di fase uno di molti farmaci, nutrienti, tossine e sostanze endogene, sono divisi in famiglie e sottofamiglie in base alle similitudini delle sequenze aminoacidiche; ogni enzima è distinto attraverso il CYP seguito da un numero che indica la famiglia, una lettere che indica la sottofamiglia ed un altro numero che denota la specifica isoforma. Gli isoenzimi CYP che giocano il ruolo maggiore nella biotrasformazione degli agenti terapeutici sono CYP1A2, CYP2C9, CYP2C19, CYP2D6 e CYP3A4. Minori ma clinicamente rilevanti CYP2A6, CYP2B6, CYP2C8 e CYP2E1. Molti farmaci sono substrato per una sola isoforma di CYP, mentre altri sono metabolizzati da più isoforme risultando in una serie di metaboliti. Esiste una grande variabilità di espressione e di attività di questi enzimi che porta a delle differenze interindividuali manifestate con l’esposizione al farmaco; la variabilità deriva da fattori genetici, fisiopatologici, ambientali (inclusa la cosomministrazione di altri farmaci). I polimorfismi dei CYP hanno importanti implicazioni cliniche e riguardano CYP2C9, CYP2C19 e CYP2D6. Le interazioni farmacologiche che coinvolgono le isoforme di CYP generalmente derivano da una loro inibizione o induzione. - L’inibizione enzimatica consiste nella competizione con un altro farmaco per il legame al sito bersaglio e la quota metabolizzata di un agente somministrato concomitatamente diminuisce mentre la concentrazione plasmatica e gli effetti farmacologici aumentano. Quando si sospende la somministrazione dell’inibitore, le condizioni precedenti si ristabiliscono in base alla quota di eliminazione del farmaco influenzato e dell’inibitore. - L’induzione enzimatica porta alla riduzione della concentrazione plasmatica del composto attivo e alla perdita di efficacia terapeutica. E’ un processo lento dose- e tempo-dipendente. Poiché di solito il processo richiede la sintesi di nuovi enzimi, l’induzione si verifica con un leggero ritardo rispetto alla esposizione dell’agente induttore, in genere da pochi giorni a una o due settimane. Il tempo che intercorre per la de- induzione è allo stesso modo graduale e dipendente dalla quota di degradazione dell’enzima e dal tempo richiesto per l’eliminazione del farmaco induttore. L’attività degli enzimi che metabolizzano i farmaci potrebbe essere incrementata anche dalla somministrazione cronica di uno xenobiotico, alcool, componenti assunti con la dieta e fumo. Le interazioni farmacocinetiche sono studiate inizialmente in vitro per predirne l’importanza in vivo, ma non tutte le potenziali interazioni in vitro si verificano in vivo. Quando si valuta il rischio potenziale, l’estensione ed il significato clinico di un’interazione farmacocinetica è necessario considerare diversi tipi di fattori: - Fattori correlati al farmaco: potenza, dose/concentrazione dell’inibitore/induttore, indice terapeutico del substrato, estensione del metabolismo del substrato, la presenza di metaboliti attivi o tossici. - Fattori correlati al paziente: predisposizione genetica, suscettibilità agli eventi avversi come nel caso di pazienti anziani. - Fattori epidemiologici: probabilità di interazione per due farmaci prescritti insieme. Generalmente, ci si aspetta un’interazione farmacocinetica clinicamente rilevante quando un farmaco con basso indice terapeutico è somministrato con un potente inibitore o induttore della maggiore via di metabolizzazione che il farmaco utilizza. Al contrario, poiché molti farmaci hanno diverse vie metaboliche, l’inibizione di un enzima che gioca un ruolo marginale in tutta l’eliminazione del farmaco somministrato può avere effetti limitati sulla sua disponibilità e ci si aspetta solo un minimo incremento delle concentrazioni plasmatiche: un’altra isoforma può provvedere all’eliminazione attraverso una via metabolica secondaria ma adeguata. - Potenziali interazioni farmacocinetiche con antidepressivi di II generazione Tutti i farmaci antidepressivi di seconda generazione sono sottoposti ad intensa biotrasformazione epatica e ciascuno presenta un particolare profilo di rischio di interazioni farmacocinetiche. (Vedi tabella “Isoenzimi coinvolti nel metabolismo degli antidepressivi di seconda generazione ed enzimi da loro inibiti” nella sezione “Farmaci e ADR”- antidepressivi sul sito www.fvcalabria.unicz.it). La somministrazione concomitante di farmaci che agiscono da inibitori o induttori degli enzimi coinvolti nella biotrasformazione degli antidepressivi di seconda generazione possono influenzare la loro eliminazione, portando a modifiche nelle concentrazioni plasmatiche e conseguenti effetti clinici. Comunque, la maggior parte degli antidepressivi di seconda generazione ha un largo indice terapeutico quindi l’inibizione o l’induzione del loro metabolismo solo raramente conduce ad interazioni clinicamente rilevanti. D’altra parte, possono essere associati ad inibizioni clinicamente rilevanti degli isoenzimi CYP e richiedere cautela quando aggiunti ad un regime di politerapia. Gli antidepressivi di seconda generazione differiscono in maniera considerevole nel loro potenziale di inibizione individuale degli isoenzimi CYP ed influiscono in maniera diversa sulla concentrazione plasmatica del farmaco cosomministrato. SSRI FLUOXETINA È metabolizzata principalmente attraverso la N-demetilazione a metabolita attivo norfluoxetina. I risultati di studi sia in vitro sia in vivo indicano che il maggiore responsabile della reazione è CYP2D6, con contributo aggiuntivo degli altri. Gli studi indicano che sia la fluoxetina che il suo metabolita sono potenti inibitori del CYP2D6 ed in maniera moderata degli altri. Pertanto, la fluoxetina presenta un alto rischio potenziale di interazioni farmacocinetiche con altri agenti cosomministrati e metabolizzati dallo stesso CYP. Inoltre, poiché la fluoxetina ed il suo metabolita presentano una lunga emivita (7-14 giorni) l’inibizione dell’isoenzima si protrae per settimane oltre la sospensione del trattamento. PAROXETINA Metabolizzata nel fegato tramite ossidazione e metilazione in prodotti inattivi che sono coniugati con acido glucuronico o sulfurico. Le isoforme coinvolte nella ossidazione sono CYP2D6 ad alta affintà, la cui saturazione è responsabile della cinetica non lineare dei farmaci, ed il CYP3A4 a bassa affinità. La paroxetina è un potente inibitore del CYP2D6 in vitro, mentre ha effetti minimi sulle altre isoforme. Pertanto, la paroxetina può aumentare la tossicità di vari agenti psicotropi che sono metabolizzati principalmente dal CYP2D6. FLUVOXAMINA È sottoposta ad un intenso metabolismo epatico che comprende de metilazione ossidativa e deaminazione. Il CYP1A2 e il CYP2D6 sembrano essere le isoforme implicate in queste reazioni. La fluvoxamina è un potente inibitore di CYP1A2 e CYP2C19, in maniera moderata inibisce gli altri. Conseguenza dell’inibizione non selettiva è la possibilità di interagire con farmaci di diverse categorie. SERTRALINA La maggiore via metabolica per la sertralina è rappresentata dalla N-demetilazione a Ndemetilsertralina, che è meno attiva come bloccante della ricaptazione di serotonina rispetto al composto originario. I dati degli studi in vitro indicano nella reazione sono coinvolti diversi isoenzimi. La sertralina possiede capacità inibitoria sul CYP2D6, di tipo dose dipendente. CITALOPRAM Si tratta di una miscela racemica degli enantiomero S attivo ed R inattivo. La via metabolica principale è rappresentata dalla N-demetilazione ad N- desmetilcitalopram, reazione mediata dagli isoenzimi CYP2C19, CYP2D6 e CYP3A4. Il citalopram ha il potere di inibire solo debolmente CYP2D6. ESCITALOPRAM Enantiometro S attivo del citalopram. Secondo gli studi in vitro, CYP2C19, CYP2D6 e CYP3A4 contribuiscono nella stessa misura alla formazione di S-desmetilcitalopram (escitalopram), mentre solo CYP2D6 è responsabile della produzione di S-didesmetilcitalopram. Gli effetti di inibizione sugli isoenzimi sono deboli, il che suggerisce un basso rischio potenziale di interazioni farmacologiche. SNRI VENLAFAXINA Metabolizzata nel fegato nel suo maggiore metabolita attivo O- desmetilvenlafaxina e metabolita inattivo N- desmetilvenlafaxina. Le evidenze sia in vitro sia in vivo suggeriscono che il CYP2D6 sia l’enzima responsabile della de metilazione, mentre il CYP3A4 lo è della N-demetilazione. Secondo gli studi in vitro, la venlafaxina è un debole inibitore del CYP2D6 ed ha un effetto minimo o nullo sugli altri enzimi. A causa del suo effetto inibitorio sul sistema citocromiale epatico, la venlafaxina ha una bassa predisposizione per le interazioni farmacocinetiche con gli altri farmaci somministrati contemporaneamente. DULOXETINA Sottoposta a metabolismo epatico mediante il CYP2D6 e il CYP1A2 da cui derivano diversi metaboliti ossidati e coniugati inattivi ed eliminati principalmente nelle urine. La duloxetina è subsrtato di CYP2D6 ed è anche suo inibitore seppure moderato, e di CYP1A2. Altri antidepressivi di seconda generazione MIRTAZAPINA Antidepressivo noradrenergico e serotoninergico metabolizzato a livello epatico attraverso la 8idrossilazione ed N-demetilazione che avvengono per CYP2D6 e CYP3A4 rispettivamente. L’inibizione è debole su entrambi i CYP. Gli studi suggeriscono che la mirtazapina abbia un proflio favorevole di interazione farmacologica, e che siano poco probabili le influenze sugli altri farmaci cosomministrati. BUPROPIONE Antidepressivo che inibisce il reuptake neuronale di norepinefrina e dopamina e non ha apprezzabile affinità per i recettori post sinaptici. Il bupropione è metabolizzato nel fegato per idrossilazione ed il suo principale metabolita idrossibupropione ssembra essere farmacologicamente attivo. Studi in vitro indicano che il CYP2B6 sia coinvolto nella metabolizzazione del bupropione. Mentre i dati in vitro suggeriscono che il bupropione ed il suo metabolita hanno bassa attività di inibizione sul CYP2D6. NEFAZODONE Antagonista del recettore 5-HT2 della serotonina che inibisce il reuptake sia della serotonina che della norepinefrina. È metabolizzato nel fegato nel metabolita idrossinefazodone che ha una attività farmacologica smile a quella del farmaco originario e in triazoledione e metaclorofenilpiperazina, entrambi meno attivi del nefazodone. Studi in vitro indicano che il nefazodone è un potente inibitore di CYP3A4 e debole di CYP2D6. Basandoci su dati biochimici, il nefazodone potrebbe avere significative probabilità di interagire quando somministrato in combinazione con substrati di CYP3A4 con basso indice terapeutico. La conoscenza degli effetti dovuti alla inibizione di una particolare isoforma di CYP, da parte degli antidepressivi di seconda generazione, può indirizzare il medico proscrittore verso la scelta più appropriata nel singolo caso del paziente da trattare in base a fattori costituzionali e alla presenza di altri farmaci assunti contemporaneamente. Clinically relevant pharmacokinetic drug interactions with second-generation antidepressants: an update. E. Spina, V. santoro, C. D’Arrigo. Clinical Therapeutics/vol. 30, Num 7, 2008.