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Comunicazione e linguaggio
Psicologia
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
6 pag.
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COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO
Il linguaggio è un sistema di comunicazione, prerogativa unica dell’essere umano. È uno strumento di
rappresentazione simbolica, all’interno di un sistema caratterizzato da regole che si origina e si definisce
all’interno di una comunità umana.
Nonostante le differenze superficiali, tutti le lingue umane hanno delle proprietà comuni, i cosiddetti
universali linguistici. Essi si definiscono come i principi generali che ricorrono in ogni lingua, ossia i principi
comuni caratteristici di ogni variante del linguaggio verbale umano. La più importante di queste è la
produttività, secondo cui le lingue naturali sono produttive in due sensi differenti:
1. In qualunque lingua non vi è limite di generazione di nuove frasi in quanto qualsiasi lingua del
mondo può essere utilizzata per creare un numero infinito di frasi.
2. Qualunque idea o pensiero esprimibile in una lingua, può esserlo allo stesso modo in un'altra.
Tutte le lingue sono produttive perché sono costruite secondo alcune identiche modalità fondamentali;
innanzitutto nel linguaggio verbale si usa un numero limitato di suoni linguistici, il fonema, ovvero l’elemento
minimo distinguibile dagli altri all’interno di una sequenza fonica. In tutte le lingue del mondo, i fonemi
possono essere combinati tra loro per formare un numero illimitato di unità lessicali dotate di significato: le
parole. Quest’ultima si associa in modo arbitrario al suo significato. Benché, infatti, molte parole evochino
direttamente e riproducano foneticamente il significato della realtà che intendono rappresentare, il suono di
esse non corrisponde al significato. Come ha posto in evidenza Saussure, i segni linguistici sono arbitrari e
convenzionali e, per tale motivo, la lingua si pone, in questa prospettiva, come un sistema di differenze di
suoni combinati a un sistema di differenze di significati. Le parole,infine,possono essere combinate tra loro
per generare enunciati e discorsi; a partire da un numero limitato di parole, è possibile generare un numero
illimitato di frasi. ( SINTASSI). Anche il linguaggio dei segni per sordomuti, pur non contendendo alcun
suono, è una lingua naturale e possiede caratteri costruttivi su cui si fonda la produttività linguistica. Il
riconoscimento di parole è facilitato da una serie di fenomeni e processi:
•
Effetto frequenza: le parole più usate frequentemente son riconosciute più facilmente e
rapidamente.
•
Effetto del contesto: le parole inserite nell’appropriato contesto linguistico, sono riconoscibili in
modo più rapido e più accurato rispetto alle stesse parole presentate in isolamento.
•
Effetto di superiorità della parola: riconoscere suoni linguistici quando esse formano un parola
richiede meno tempo che identificare gli stessi suoni che formano stringhe di lettere prive di senso.
Di questo passo, quindi, le frasi grammaticali dotate di significato vengono udite più chiaramente e
facilmente di quelle prive di senso.
CARATTERISTICHE DEL LINGUAGGIO:
•
Arbitrarietà del segno linguistico: impossibilità di stabilire a priori una corrispondenza tra i
suoni e il loro significato.
•
Dislocazione referenziale: possibilità di non parlare sono dell’”HIC ET NUNC” ma anche di
eventi accaduti nel passato, nel futuro e altrove.
•
Illimitatezza referenziale: possibilità di esprimere qualsiasi concetto
•
Combinatoria: intrinseca del linguaggio; possibilità di costruire, a partire da un numero
limitato di elementi, un numero illimitato prima di parole ( fonemica) e poi di frasi ( sintassi).
La più piccola unità lessicale dotata di significato è il morfema, che può corrispondere a una parola o ad
una parte di essa. I morfemi possono esser legati quando, per formare una parola, devono essere sempre
usati almeno con un altro morfema, o liberi, quando corrispondono a parole semplici ( ad es. sempre e
non). Preposizioni e congiunzioni sono dette funzionali e sono impiegate per spiegare le relazioni tra i
concetti, mentre avverbi, verbi e aggettivi sono parole di contenuto ( content word). Il significato di tali
parole, corrisponde al concetto, ovvero la rappresentazione mentale dell’oggetto e dell’ evento, cui la parola
si riferisce. Ogni concetto è definito da:
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•
Intensione: l’insieme delle proprietà, funzioni e relazioni che ne determinano la strutturazione
interna.
•
Estensione: insieme di elementi, ciascuno dei quali possiede le proprietà, le funzioni e le relazioni
sopra indicate.
Come viene appreso un concetto? Heidbreder scoprì che le persone imparano le regole di
categorizzazione basate su idee concrete più facilmente di idee basate su proprietà astratte. I concetti
presentano diversi gradi di complessità a seconda delle regole che li definiscono; quando è una singola
regola a definire un concetto, esso viene detto semplice, quando le regole divengono più complesse allora
si avrà un grado maggiore di difficoltà. Bruner e Goodnow hanno usato dei concetti arbitrari per verificare
quali regole di categorizzazione erano più difficili da imparare. Quando le decisioni di classificazione
dovevano essere basate su due o più regole, l’apprendimento del concetto richiedeva più tempo di quando
fosse in gioco una sola regola. Quando un oggetto deve possedere due o più proprietà per appartenere ad
una categoria, è chiamato concetto congiuntivo. Al contrario, i concetti disgiuntivi sono più complessi. I
concetti, inoltre, sono organizzati attorno a prototipi che possiedono in massimo grado le proprietà del
concetto e in riferimento ai quali si definiscono i membri di una categoria mentale. Wittgeisten parla di
somiglianze di famiglia per indicare le relazioni esistenti tra gli oggetti che rientrano nel medesimo concetto.
Rosch, inoltre, ha distinto tre livelli nella categorizzazione mentale:
1. Categorie di base: sono quelle in cui i membri condividono il maggior numero di attributi distintivi
del prototipo.
2. Categorie subordinate: condividono sostanzialmente le caratteristiche del livello precedente ma se
ne differiscono per alcuni attributi.
3. Categorie superordinate: condividono soltanto pochi attributi generali e sono privilegiati gli aspetti
funzionali.
Il significato non è un’entità omogenea e univocamente stabilita, ma composta da aspetti convenzionali
( intersoggettivi e condivisi) e da aspetti idiosincratici( soggettivi) e articolate in funzione di:
•
REFERENZA: consiste nella relazione fra la parola e ciò che essa significa. Riferirsi ad un
oggetto con una parola e conoscere cosa essa significhi.
•
DENOTAZIONE: specifica i possibili referenti, equivalente del concetto.
•
SENSO: dato dall’insieme delle relazioni che una parola può assumere in combinazione con
altre parole.
Nel significato, inoltre, si possono distinguere tre livelli, che ne costituiscono la dimensione
individuale,culturale e sociale:
1. SIGNIFICATO SOGGETTIVO: specifico del singolo parlante
2. SIGNIFICATO CONDIVISO: appartenente a due o più interlocutori in un dato contesto.
3. SIGNIFICATO OGGETTIVO: inteso come depositario di cultura.
In questo senso, si oppongono due differenti teorie: da un lato la teoria strutturalista secondo cui le parole
hanno un significato stabile e duraturo che il parlante deve assumere se vuole essere compreso dagli altri;
dall’altro lato, la teoria funzionalista secondo cui il parlante può utilizzare le parole in modo da conferirne
valori semantici differenti in funzione dei vari contesti e a seconda delle proprie intenzioni. Nello studio degli
aspetti soggettivi del significato Osgood, Suci e Tannenbaum si sono proposti di misurare il significato
attraverso il differenziale semantico, un procedimento che consente di valutare lo spazio semantico di una
parola secondo tre fattori: bontà, attività e intensità; ogni parola può,quindi, essere semanticamente
misurata attraverso una lista di coppie di aggettivi antitetici che ne definiscono le proprietà e le qualità.
LA LINGUSITICA GENERATIVA
Formulata da Chomsky (tra il 1959 e il 1965) studioso di linguistica teorica e scienze cognitive.
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Alla base di tale teoria vi è la considerazione di una facoltà basilare del linguaggio: LA SINSTASSI. Essa si
definisce come la branca della linguistica che studia i diversi modi in cui le parole si uniscono tra loro per
formare una proposizione e i vari modi in cui le proposizioni si uniscono tra loro per formare dei periodi.
Chomsky e Philip Johnson-Laird, hanno stabilito che qualsiasi grammatica deve contenere almeno due tipi
di regole:
•
Regole della struttura sintagmatica:tale grammatica si fonda su tre elementi: 1. Vocabolario
finito; 2.Insieme finito di simboli; 3. Insieme finito di regole, la cui prima è la regola di riscrittura, che
consiste nella riscrittura di alcuni simboli in altri, fino agli elementi minimi. “riscrivere X come Y” .
Essa riguarda la struttura profonda ( significato) .
F=SN+SV quindi una frase può essere costituita da un sintagma nominale e uno verbale
SN=ART+AGG+N quindi un sintagma nominale è formato da un articolo+un aggettivo+un nome.
SV=V+SN quindi un sintagma verbale è formato da un verbo+ un sintagma nominale.
•
Regole di trasformazione: descrivono le relazioni tra le diverse frasi. Si tratta di regole che,
mostrando, in che modo una stringa di parole può essere trasformata in un’altra,specificano in che
modo i vari tipi di frasi sono connessi tra loro. In sintesi, modificando elementi informativi, si produce
una stringa diversa che può avere struttura profonda identica. Tali regole si riferiscono alla struttura
superficiale ( forma sintattica).
Le frasi possono avere struttura superficiale simile, ma diversa struttura profonda e allo stesso tempo
possono avere identica struttura superficiale e struttura profonda diversa. Queste regole sintattiche sono
intuite implicitamente e sono sollecitate dal contatto con lo stimolo linguistico, dal quale si innesca un
processo attivo di ricerca e di verifica. Inoltre, esse si attivano grazie alla maturazione di un dispositivo
specifico denominato LANGUAGE ACQUISITION DEVICE (LAD).
Quest’ultimo si definisce come un dispositivo di acquisizione della lingua, un ipotetico meccanismo del
cervello che Noam Chomsky postula per spiegare l’acquisizione umana della struttura sintattica del
linguaggio. Esso è preposto a consentire la comprensione e produzione di frasi, indipendentemente dalla
specificità delle varie lingue e dai meccanismi di apprendimento. Infatti, secondo tale modello, la lingua
madre si acquisisce ad un’età prefissata e si parla precocemente e rapidamente anche se l’offerta della
stimolazione linguistica è diversa.
Linguaggio ed abilità sociali:
Bruner fu uno dei primi che si interessò a questo aspetto del linguaggio affermando che, esso soddisfa
importanti funzioni sociali, come ad esempio il regolare il comportamento altrui o trasmettere informazioni;
lo sviluppo di tali competenze comunicative richiede l’apporto di un adulto. Le qualità che rendono cruciali
la relazione adulto-bambino al fine di acquisire il linguaggio sono due:
•
La capacità degli adulti di dare significato ai suoni e alle prime espressioni infantili ( language
acquisition support system LASS)
•
La possibilità che adulti e bambini rivolgano un’attenzione condivisa a eventi o oggetti nell’ambiente.
COMPONENTI DEL LINGUAGGIO
FONOLOGIA: capacità di discriminare e categorizzare i suoni di una lingua, si compone di:
•
Fonetica: studio dei diversi suoni e della loro articolazione.
•
Fonologia: studia il modo in cui i foni ( suoni di una lingua) vengono categorizzati e discriminati
secondo i modelli della lingua madre.
•
Fonemi: numero limitato di suoni di cui una lingua si compone.
MORFO-SINTASSI: utilizzo di regole che permettono di modificare e costruire la forma e di conseguenza il
significato delle parole e della frase; si compone di:
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•
Morfologia: si occupa di descrivere e classificare i morfemi.
•
Morfema: la più piccola unità di significato
•
Sintassi: insieme dei principi che governano il modo in cui le parole e gli altri morfemi sono ordinati
per formare unità più complesse, definite frasi.
SEMANTICA: studio del significato, multicomponenziale e incluse:
•
Denotazione: tutti i significati che una parola può avere, alcune possono essere polisemiche o
ambigue e il loro significato viene compreso dal contesto.
•
Connotazione: il sentimento che una certa parola suscita.
PRAGMATICA: è lo studio dell’uso dei meccanismi che permettono a parlanti ed ascoltatori di interpretare
il linguaggio nel contesto verbale e non verbale. È lo studio dei rapporti tra un testo ( informazione) e il
contesto ( situazione e comunicanti). Affronta soprattutto gli aspetti impliciti della comunicazione, ovvero i
processi inferenziali operati dagli interlocutori durante un’interlocuzione. Perché la comunicazione sia un
atto di condivisione di conoscenze, deve basarsi sul principio di cooperazione; Grice fu uno dei primi filosofi
del linguaggio ad affermare che tutti coloro che partecipano ad una conversazione devono condividere
alcune regole ed assunzioni di base, seguendo implicitamente il principio di cooperazione secondo cui:
“ fornire il proprio contributo così come è richiesto, al momento opportuno, dagli scopi e
dall’orientamento dei discorsi in cui uno è impegnato”
Questo principio generale viene declinato in quattro massime:
•
Massima di qualità: cercare di fornire un contributo vero, cercando di non dire cose che si credono
false e per le quali non si abbiano prove adeguate
•
Massima di quantità: cercare di fornire un contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in
modo adeguato agli scopi del discorso.
•
Massima di relazione: fornire contributi pertinenti al discorso.
•
Massima di modo: fornire un contributo perspicuo, evitando ambiguità, oscurità di espressione,
cercando di esser brevi e procedendo in modo ordinato.
LA COMUNICAZIONE
La comunicazione è intesa come una fitta rete di scambi di informazioni e di relazioni sociali che
coinvolgono ogni essere vivente nella vita quotidiana. Ha in sé un aspetto sociale, in quanto si realizza
all’interno di un gruppo, un aspetto relazionale definito dalle relazioni interpersonali, e implicitamente una
matrice culturale e una natura convenzionale, in quanto condivisione di regole e significati. È una capacità
innata, uomini ed animali la possiedono istintivamente e la realizzano in modi diversi prefissati dal
patrimonio genetico della specie a cui appartengono. Sperber e Wilson hanno sottolineato il principio della
pertinenza negli scambi comunicativi, inteso come coerenza con il contesto e gli scopi della conversazione.
Secondo questi autori, nella comunicazione hanno luogo importanti processi di inferenza per capire ciò che
l’interlocutore vuole dire. Nella comunicazione, quindi, non vi è solo il passaggio dell’informazione ma
anche produzione di senso. Infatti, parlante e destinatario sono entrambi attivi nell’avviare,
sottolineare,alimentare e modificare il gioco comunicativo attraverso un vortice di scambi. In questo modo,
la comunicazione non è solo un messaggio da decifrare, ma una intenzione da interpretare, che implica
l’interdipendenza di tre aspetti fondamentali:
1. Aspetti cognitivi: si comunica un pensiero secondo un’intenzione ben precisa e pianificata. In
poche parole voler dire qualcosa a qualcuno in una certa maniera e in una determinata situazione.
Nella comunicazione, infatti, il parlante ha l’intenzione di manifestare parte di sé a un altro,
operando una scelta di percorso fra le molte a sua disposizione, dando avvio all’architettura
dell’intersoggettività. A sua volta,il destinatario, nell’interpretare ciò che gli è stato trasmesso e
nell’attribuire a tale messaggio un valore semantico, ha la possibilità di arricchirne il significato. In
ogni atto comunicativo, quindi, vi è l’intreccio di due aspetti: uno di informazione, dato dal contenuto
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del messaggio e uno di comando, dato dal modo in cui il messaggio deve essere accolto e
compreso.
2. Aspetti relazionali: si comunica per avere un contatto e un’interazione sociale con gli altri. Il modo
in cui la comunicazione va a stabilire e costruire le relazioni interpersonali tra i soggetti.
3. Aspetti espressivi: si comunica attraverso un codice sia che questo sia il linguaggio o una forma
artistica.
LA COMUNICAZIONE COME TRASMISSIONE DI INFORMAZIONI
Si studia come un segnale viene inviato dal’emittente attraverso un canale vocale-acustico, visivo, grafico
e come questo viene ricevuto dal destinatario; l’informazione non consiste in ciò che è stato detto dalla
fonte, ma in ciò che è probabile che passi dall’emittente al ricevente. Il messaggio provoca un feedback
rispetto a chi l’ha inviato, definito come la quantità di informazione che dal ricevente ritorna all’emittente e
che modifica i suoi messaggi successivi ( comunicazione è un processo circolare e ricorrente)
LA COMUNICAZIONE COME DEFINIZIONE DELLE RELAZIONI
Quando si invia un messaggio, questo contiene:
•
I contenuti: livello di notizia
•
Un livello di comando: l’indicazione all’interlocutore di come intendere il messaggio che definisce la
relazione tra i comunicanti.
Nello scambio comunicativo il parlante comunica più di quanto dica e il ricevente è in grado di intendere più
di quanto sia stato detto.
Un altro componente importante è il contesto, inteso come la situazione generale in cui la comunicazione
ha luogo che influisce sulla scelta del codice da utilizzare per poter comunicare. Caratteristica
fondamentale di ogni sistema di comunicazione è l’intenzionalità, cioè la volontà di trasmettere una
determinata informazione. Come detto in precedenza, infatti, la comunicazione è un atto pianificato in
maniera intenzionale, articolata in una forma di dualismo, in cui da una parte vi è l’intenzionalità del
parlante di esprimere un’informazione in un determinato modo, rendendo il destinatario consapevole di
qualcosa di cui prima non era a conoscenza e dall’altra vi è l’intenzionalità del destinatario di assumere la
consapevolezza che l’atto comunicativo del parlante sia dotato di significato e impegnarsi per interpretarlo.
Con il termine atto comunicativo, si intende la più piccola unità suscettibile di essere parte di uno scambio
comunicativo, che un individuo può compiere con un’unica e precisa intenzione. Può essere costituito da
parole,gesti, combinazione di più elementi verbali e non verbali. In quest ottica è importante lo studio della
comunicazione come atto globale: al linguaggio verbale,infatti,si affianca quello non verbale caratterizzato
da espressioni paralinguistiche ( tono, intensità e velocità del parlato), espressioni extralinguistiche
( proprietà della voce) e aspetti del sistema cinesico ( movimenti del corpo e del volto) quali: mimica
facciale, sguardo, gesti e postura, prossemica e aptica.
SVILUPPO DEL LINGUAGGIO E DELLA COMUNICAZIONE NEI NEONATI P.196-205.
Attraverso lo studio del linguaggio nel bambino, è stato possibile:
•
Escludere l’ipotesi di un’acquisizione linguistica frutto esclusivamente dell’imitazione e di rinforzi
esterni.
•
Apprendere che tale competenza da abilità proprie della specie infatti:
“l’uomo nasce con meccanismi cerebrali specifici per la funzione verbale” Chomsky 1959
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L’acquisizione del linguaggio, quindi, poggia su basi biologiche.
•
Area di Broca: localizzata nel piede della terza circonvoluzione frontale del lobo sinistro, area 44 di
Brodmann, che svolge la funziona di produzione del linguaggio.
•
Area di Wernicke: localizzata nella prima circonvoluzione temporale del lobo sinistro e parte della
seconda, area 22 di Brodmann, che svolge la funzione di comprensione del linguaggio.
Le due aree sono unite tra loro dal fascicolo arcuato, decorrendo nella profondità del Giro sopramarginale
e dell’Insula, i quali hanno funzione di elaborazione fonetica e sintattica.
•
•
•
Area perisilviana anteriore con funzione di produzione linguistica
Area perisilviana posteriore con funzione di decodifica degli stimoli uditivi e comprensione
linguistica.
Aree sotto- corticali ( nuclei della base+ talamo) con funzione di elaborazione semantico lessicale.
Il linguaggio è localizzato prevalentemente nell’emisfero sinistro, ma elaborato in certe sue caratteristiche
anche nella parte destra. Nell’emisfero sinistro sono localizzate le funzioni seriali dell’elaborazione
linguistica, mentre in quello di destra risiedono le funzioni di tipo parallelo, come gli aspetti pragmatici,
prosodici e parzialmente semantici.
PENSIERO E LINGUAGGIO
È possibile pensare in mancanza del linguaggio? A questo proposito, due psicologi si dedicarono allo studio
della relazione che intercorre tra pensiero e linguaggio: J. Piaget ( 1923) e Lev Vygotskij (1934).
Jean Jacques Piaget: secondo Piaget, è impossibile separare lo sviluppo dell’intelligenza dal linguaggio,
la cui evoluzione inizia intorno ai 18 mesi di vita e si conclude verso la fine dello stadio senso-motorio,
quando inizia a svilupparsi l’intelligenza di tipo rappresentativo. Il linguaggio fa la sua comparsa insieme ad
altre forme di simbolizzazione e nasce grazie ad un più generale sviluppo cognitivo. Inoltre, è frutto della
comparsa di nuovi processi mentali e non da insegnamenti o stimoli, n’è da strutture innate specificamente
linguistiche.
Lev Vygotskij: muove dalla premessa secondo cui pensiero e linguaggio hanno radici differenti e il
passaggio dall’uno all’altro non è automatico e il loro sviluppo è inscindibile dal contesto sociale di crescita
dell’individuo. Il linguaggio prende avvio nei rapporti interpersonali e nelle interazioni del bambino con i
genitori, adulti e coetanei, inizialmente utilizzato a fini comunicativi. Successivamente viene interiorizzato
dall’individuo.
Ipotesi della relatività linguistica
La concezione secondo la quale la lingua parlata da un individuo determina il modo in cui egli percepisce e
concettualizza il mondo, è nota come ipotesi di Whorf, che, insieme a Sapir fu tra i primi sostenitori del
principio della relatività linguistica. È largamente dimostrato che il modo in cui descriviamo le cose può
influenzare il modo con cui quelle cose possono essere percepite o pensate. Whorf non era tanto
interessato alle differenze di vocabolario, quanto più alle differenze sintattiche. Secondo lui, infatti, a
plasmare il pensiero era anzitutto la grammatica del linguaggio, non le parole disponibili. L’influenza del
linguaggio sul pensiero può essere forte, ma le differenze tra le lingue umane non sembrano provocare
differenze importanti nel modo in cui le persone percepiscono e concettualizzano il mondo. Tuttavia,
l’ipotesi sulla relatività linguistica ha recentemente ripreso vigore non solo nel campo della grammatica e
del lessico, ma anche per la gestione della conversazione, per i processi di convenzionalizzazione e di
concettualizzazione, nonché per i processi di inferenza e interpretazione dei significati.
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