atti dell`evento: “uno sgurado al futuro del rwanda

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ATTI DELL’EVENTO:
“UNO SGURADO AL FUTURO DEL RWANDA: CRESCERE DOPO IL
TRAUMA
19 ANNI DOPO IL GENOCIDIO”
Sabato 19 ottobre 2013
Sede CIFE Roma
Salita de’ Crescenzi, 26
a cura di Dott.ssa Silvia Tarsi
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Dott.ssa Silvia Tarsi
Psicologa, Psiconcologa, Psicoterapeuta, Analista Transazionale Certificato (CTA),
Terapeuta Practitioner EMDR
Associazione “Lutto e Crescita – Grief & Growth”, Istituto di intervento, formazione
e ricerca sul potere trasformativo della perdita e del trauma
(www.luttoecrescita.it)
MI SENTO “BLOCCATO” E PROVO DISAGIO:
COMPRENDIAMO COSA ACCADE E PERCHÉ
!
L'11 dicembre 1946 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconobbe il crimine di
genocidio come "Una negazione del diritto alla vita di gruppi umani, gruppi razziali,
religiosi, politici o altri, che siano stati distrutti in tutto o in parte".
Il genocidio è stato un atroce evento cosiddetto “critico”, Roger Solomon definisce un
“evento critico” come una qualsiasi situazione potenzialmente in grado di sopraffare il
senso di vulnerabilità e/o il senso di controllo di una persona.
Rispetto a tale evento la persona lo vive come un Trauma, ossia ha ricordi di esso
immagazzinati in modo disadattivo nel cervello, ricordi che successivamente all’evento
vivono nel tempo del trauma, ricordi percepiti e riesperiti piuttosto che narrati.
Infatti, in condizioni di stress traumatico viene meno quel meccanismo di auto guarigione
che tutti abbiamo in condizioni normali, ossia in condizioni normali le informazioni legate
alle diverse situazioni che affrontiamo quotidianamente vengono elaborate grazie alla
creazione di collegamenti adeguati con le esperienze passate, all’attivazione di un
processo di risoluzione dei problemi del presente e nella riduzione dello stress emotivo,
utilizzando costruttivamente l’esperienza e contribuendo a generare nuovi apprendimenti.
In condizioni di stress traumatico può accadere che questo meccanismo naturale di auto!
2!
guarigione si blocchi. In questo caso, le informazioni relative all’evento stressante non si
integrano con il resto delle esperienze, ma rimangono “intrappolate” nel cervello con le
immagini, i suoni, gli odori, i pensieri, le emozioni e le sensazioni corporee che sono state
vissute al momento dell’evento e, quindi, l’elaborazione si blocca. E’ come se
l’esperienza stressante non potesse essere “digerita”, non potesse essere trasformata
in un normale ricordo e, quindi, provoca sofferenza psicologica.
Il genocidio è considerato un evento caratterizzato da due Traumi (Kai Erikson, 76): uno
individuale: “un insulto alla psiche tale da sfondare le difese di una persona in modo così
improvviso e con una tale violenza da impedirle una reazione efficace” e un trauma
collettivo: “un insulto al tessuto fondamentale della vita sociale tale da danneggiare i
legami che tengono insieme le persone e da compromettere il senso di comunità
prevalente”. Basta pensare a come si è costituito il genocidio, come parenti, vicini di casa
si sono trasformati in carnefici dei loro stessi familiari, amici, perché era stato detto loro di
uccidere.
In questo contesto ovviamente lo Stress Post Traumatico è da considerarsi quindi una
reazione normale di una persona normale ad un evento anormale, è un meccanismo
di sopravvivenza, tuttavia la reazione che dobbiamo considerare normale ad un evento
così atroce, è caratterizzata da rilevanti sintomi di Stress Post Traumatico fino allo
sviluppo della sua versione patologica se perdurano nel tempo, ossia il Disturbo vero e
proprio, con il quale le persone vivono con la sensazione di sentirsi in allerta permanente
e mostrano un disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento
sociale, lavorativo o di altre aree importanti.
Ora andremo ad individuare i sintomi dello Stress Post Traumatico che dividiamo per
semplicità espositiva in sintomi cognitivi, emotivi, comportamentali, fisici, spirituali e sociali.
I sintomi di Stress di tipo cognitivo sono: disfunzioni nel ricordo, difficoltà di
concentrazione, difficoltà di risoluzione dei problemi, diminuzione delle capacità attentive,
disorientamento, autobiasimo e valutazioni negative, pensieri disturbanti ricorrenti.
Ancora, i sintomi di stress sono anche di tipo emotivi: Ansia/Paura/Panico, rabbia,
depressione,
colpa,
vergogna,
sensazione
di
sfiducia,
stordimento/Appiattimento
emotivo/Distacco, sensazione di essere indifesi.
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3!
Del Disturbo Post traumatico da stress fanno parte anche i sintomi di tipo
comportamentali: Isolamento, evitamento, aumento della conflittualità, scatti di rabbia,
aumento del ricorso a comportamenti di controllo, impulsività, iper/ipo-reattività, variazioni
delle abitudini nel mangiare e nel bere.
Sono ben visibili perché altrettanto invalidanti i sintomi di stress fisici: disturbi del sonno,
risposta di allarme esagerata, agitazione/Irrequietezza, nausea, dolori e malesseri,
tensione muscolare, vertigini.
Gli ultimi ma non meno importanti sono i sintomi di stress spirituali e sociali, quali
perdita
di
significato,
domandarsi
“Perché
è
successo?”,
perdita
di
legami
umani/comunicativi che uniscono e che aiutano a creare significati, perdita della
fiducia/sicurezza di base.
Come tutti sappiamo purtroppo durante il genocidio le persone non hanno solamente
vissuto un evento atrocemente traumatico e violento, ma in tale condizione hanno anche
perso molti familiari e amici.
Purtroppo molte persone che hanno sviluppato il Disturbo Post Traumatico da Stress
vivendo con i relativi sintomi oltre un anno dal tragico evento, con molta probabilità
avranno elaborato la perdita del loro caro in maniera cosiddetta “complicata” fino a
sviluppare il Disturbo da Lutto Complicato.
Il Lutto Complicato prevede un prolungarsi del disagio emotivo oltre i sei mesi dalla perdita
e descrive sintomi di tipo intrusivo, di evitamento di tutto ciò che ricorda la perdita, di
depressione/disperazione.
Molta ricerca (Parkes 2007) ha dimostrato che la perdita di una persona cara amata può
causare disagio duraturo e problemi di salute fisica e mentale.
Le persone con Lutto Complicato sperimentano che il loro mondo di significati, ciò che
hanno sempre dato per scontato è stato distrutto; la vita sembra aver perso significato e
direzione dopo la loro perdita e si vive quindi uno sconvolgimento sociale/identitario.
In una ricerca di Susanne Schaal e collaboratori (Università di Konstanz, Germania e di
Butare, Rwanda) del 2007 e pubblicata nel 2010 su orfani (206) e vedove (194)
sopravvissute al genocidio, si valutano i criteri presenti del Disturbo da Lutto Prolungato
(Prigerson 2008) e i fattori di rischio di esso. In questa ricerca emerge che una significativa
parte del campione soffre i sintomi del Disturbo da Lutto Prolungato, dove il desiderio
!
4!
intenso/nostalgia per la persona cara scomparsa è il maggior sintomo riscontrato, persino
dopo 12 anni dall’evento traumatico, per cui si evince che se non si ricerca un intervento
clinico appropriato, tale non elaborazione del Lutto può continuare per tutta la vita
portando notevoli disagi all’equilibrio delle persone e delle famiglie. E’ storico lo studio del
1995 di Mary Ainsworth e Carolyn Eichberg che riguarda gli effetti sulla relazione
bambino-madre del Lutto irrisolto della madre per una figura importante di attaccamento o
di
un’altra
esperienza
traumatica
(i
bambini
mostrano
un
attaccamento
disorganizzato/disorientato verso le madri).
Dalla ricerca di Schaal inoltre si riscontra che i maggiori fattori di rischio per il Disturbo da
Lutto Prolungato sono la perdita di una persona cara in circostanze violente, i gravi sintomi
da Disturbo Post-Traumatico da Stress, la mancanza di risorse religiose/spirituali nella vita
attuale (reazioni più severe al lutto) e il non ritrovamento dei corpi delle persone care
uccise.
Il mio intervento non avrebbe senso se dopo non ci fosse quello dei miei colleghi che
possono trattare cosa si può fare anche dopo un evento cosi traumatico e violento, per
prendersi cura delle profonde ferite e quali strumenti possiamo usare noi psicologi per
aiutare le persone a raggiungere questo obiettivo.
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Dott. Giuliano Grossi
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Transazionale Certificato (CTA), Terapeuta EMDR
Associazione “Lutto e Crescita – Grief & Growth”, Istituto di intervento, formazione
e ricerca sul potere trasformativo della perdita e del trauma
(www.luttoecrescita.it)
E’ POSSIBILE “CRESCERE” DOPO UN EVENTO TRAUMATICO:
SCOPRIAMO COME
Nella situazione traumatica sono influenzati tre aspetti della persona:
1. il Sé: minacciato, pieno di orrore, impotente;
2. l’ Altro: diventa terrorizzante, pericoloso;
3. il Mondo: viene percepito frantumato, malevolo, senza senso;
Questo mette in moto la necessità di ripensare assunzioni e credenze in modo da rendere
ancora il mondo comprensibile e prevedibile.
Secondo Neimeyer (2006) l’evento traumatico rappresenta un’enorme discontinuità nella
propria costruzione autobiografica: c’è un “prima” e un “dopo”.
Questa frattura rimette in discussione le proprie assunzioni con conseguenze negative o
anche positive.
La rielaborazione narrativa richiede un’alta qualità di risposta sociale al proprio
lutto/trauma: possibilità di ‘raccontare’ la rielaborazione degli schemi
Le “reazioni” che si possono riscontrare dopo un evento traumatico sono:
•
Cronico: sofferenza acuta (angoscia, pena) dalla quale le persone non riescono ad
uscire;
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•
Recupero (Guarigione): sofferenza meno intensa rispetto al lutto cronico e per un
periodo più breve;
•
Ritardato: disagio moderato seguito da un pronto recupero ma attorno alla fine del
primo anno si evidenziano problemi di salute o in altri aspetti della vita
(concentrazione, difficoltà a godere la vita);
•
Resilienza: resistenza all’impatto dell’evento (che non vuol dire assenza di
sofferenza) e mantenimento di buon adattamento e funzionalità generale nel
tempo;
•
Crescita postraumatica.
Il nostro cervello è in grado di trovare, sempre e rispetto a qualsiasi esperienza, una
soluzione adattiva.
La Cescita Post Traumatica è definita come “la trasformazione positiva che le persone
possono sperimentare nel loro affrontare il dolore e altre circostanze di vita altamente
stressanti” (Tedeschi & Calhoun, 1996; 1999).
Le Dimensioni qualitative della Crescita Post Traumatica sono:
•
cambiamenti nella percezione di sé;
•
cambiamenti nella relazione con gli altri;
•
cambiamenti nella propria filosofia di vita;
Le Dimensioni fattoriali della Crescita Post Traumatica sono:
•
cambiamenti positivi nella relazione con gli altri (es: più intime) (Relating to others);
•
nuova comprensione di se stessi come più forti e più capaci (Personal Strenght);
•
maggior apprezzamento della vita (Appreciation of life);
•
avventurarsi in nuovi aspetti della vita (New Possibilities);
•
crescita nella dimensione spirituale o più in generale nell’ambito esistenziale (Spiritual
Change).
Come avviene la trasformazione della Crescita Post Traumatica?
L’evento critico innesca una serie di adattamenti emotivi e cognitivi necessari per dare
senso alla perdita.
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7!
Janoff-Bulman (2006) descrive il cambiamento degli schemi nel trauma e nella crescita
post-traumatica: la propria “teoria
del mondo” viene sfidata o distrutta nelle sue
convinzioni fondamentali.
Si tratta della trasformazione del trauma in OPPORTUNITÀ!
Degli esempi sono l’attività di opere di artigianato portata avanti dalle “Donne di Butare” in
Rwanda, sopravvissute al genocidio del 1994 che fanno parte della della Cooperativa
Abatore; il successo sportivo della giovane Giusy Versace che ha perso entrambe le
gambe in un grave incidente stradale.
Ma non sempre tale trasformazione avviene.
Se questo non succede, vuol dire che si è bloccato qualcosa in un meccanismo naturale.
Aiutare il cervello a riattivare quel meccanismo bloccato significa permettere ad esso di
ritrovare la sua naturale resilienza e di utilizzare l’esperienza traumatica in chiave
funzionale-adattiva.
Si può fare qualcosa quando tutto ciò non avviene?
Esiste qualcosa/qualcuno che mi può aiutare?
“Da soli si può andare in giro, in due si va sempre da qualche parte”. (da La donna che
visse due volte)
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Dott.ssa Simona Parisi
Medico Chirurgo, Specialista in Psichiatria, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
Dott.ssa Roberta Ponzano
Psicologa, Psicoterapeuta, Supervisore EMDR
Associazione “EMDR Italia”
(www.emdritalia.it)
Lo stress post traumatico, è rappresentato dall'insieme di sintomi psichici e fisici che
insorgono in seguito all'esposizione dell'individuo ad un evento traumatico, e che
provocano un livello di sofferenza tale da interferire col normale svolgimento della vita
quotidiana sociale e lavorativa della persona.
Lo stress post traumatico può essere affrontato e trattato, in base al livello di sofferenza
provocato, sia con una terapia farmacologica specifica che con la psicoterapia.
Tra le metodologie utilizzate in psicoterapia per affrontare i disturbi da stress post
traumatico, si è rivelata molto efficace la Desensibilizzazione e Rielaborazione
attraverso i Movimenti Oculari, una procedura meglio nota con l' acronimo della sua
denominazione in inglese E.M.D.R. (Eye Movement Desensitization and Reprocessing).
L'EMDR è quindi una metodologia psicologica utilizzata per affrontare il trattamento dei
problemi emotivi causati da esperienze di vita disturbanti. Per esperienze di vita
disturbanti si intendono sia eventi traumatici come aggressioni, calamità naturali, incidenti,
sia eventi disturbanti avvenuti nell'infanzia. Tale metodo può essere utilizzato nell' ambito
di una psicoterapia tradizionale.
L' E.M.D.R fu "scoperto" casualmente nel 1987 da una psicologa, la Dr.ssa Francine
Shapiro, la quale si accorse che effettuare movimenti oculari volontari riduceva l'intensità
di pensieri negativi disturbanti (movimenti oculari come quelli che avvengono nella fase
REM del sonno).
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Avviò quindi uno studio accurato sui reduci del Vietnam e sulle vittime di aggressioni
sessuali e notò che il trattamento con EMDR riduceva la sintomatologia da stress post
traumatico riscontrata nelle persone prese in esame.
Le esperienze della vita quotidiana possono risvegliare e stimolare emozioni, pensieri e
sensazioni fisiche negative derivate da esperienze traumatiche precedenti, che non sono
state adeguatamente affrontate e risolte, e che quindi possono continuare a rappresentare
una causa di disagio nella vita attuale della persona.
L’esperienza codificata di traumi precedenti rappresenta infatti una base primaria dei
disturbi ed è collegata ai problemi attuali che riporta il paziente quando viene in terapia.
Quasi tutte le disfunzioni attuali hanno quindi radici esperienziali. Il passato è presente.
Il terapeuta attraverso l'EMDR stimola il sistema innato di elaborazione delle informazioni
presente nel cervello di tutti noi, facilitando così una rielaborazione dell'esperienza
traumatica. L'EMDR sblocca quindi un processo naturale, attivando un meccanismo di
autoguarigione, già presente nelle persone, che permette così di modificare le
associazioni createsi nel momento in cui si è vissuta l'esperienza traumatica.
Pertanto possiamo considerare l'EMDR come un metodo terapeutico a base fisiologica
che facilita la rielaborazione dei ricordi delle esperienze traumatiche in modo tale da
renderle meno disturbanti, e permette quindi di pensare ai ricordi in una nuova prospettiva.
L’EMDR prevede l’utilizzo di un protocollo strutturato che permette alla persona trattata di
individuare gli elementi più disturbanti del ricordo traumatico, e di elaborarli con l'aiuto del
terapeuta che nel frattempo guida i movimenti oculari attraverso stimolazioni bilaterali.
L'obiettivo delle stimolazioni bilaterali è quello di facilitare la comunicazione tra i due
emisferi cerebrali mentre il ricordo viene processato. Oltre che attraverso i movimenti
oculari, questo tipo di stimolazione degli emisferi può avvenire anche attraverso stimoli
tattili (tapping) o mediante stimoli sonori. L' obiettivo del processo è quello di favorire nella
persona un'elaborazione rapida delle informazioni relative all'esperienza traumatica fino al
raggiungimento di una risoluzione più adattiva.
L’efficacia dell’EMDR risiede nella doppia e contemporanea focalizzazione dell’attenzione
sul
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ricordo
passato
e
sugli
stimoli
bilaterali
attuali
applicati
dal
terapeuta.
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Quest’abbinamento consente di trasformare il vissuto da percezioni travolgenti a sue
rappresentazioni più controllabili.
Esempio: da ‘sto morendo’ a ‘mi osservo mentre sono convinto di star morendo’.
Durante il percorso si possono esperire emozioni intense, si può ridere o piangere,
provare rabbia o tensione ma al termine di ogni seduta la maggior parte delle persone
riferisce una riduzione del disagio legato al trauma vissuto, poiché man mano che
cambiano le convinzioni negative a favore di quelle positive nuove, si assiste a una
riduzione della sintomatologia disturbante.
Il protocollo EMDR prevede un lavoro impostato su tre assi:
1. Passato: ricordi di eventi di vita disturbanti
2. Presente: trigger odierni del disturbo
3. Futuro: costruzione di nuove abilità per un funzionamento più adattivo
Durante un trattamento con EMDR, oltre le esperienze passate, vengono quindi prese in
considerazione anche le cause attuali di stress nella vita della persona, ed inoltre i
pensieri e le azioni desiderate per il futuro. Questo tipo di approccio permette di affrontare
il ricordo traumatico in modo globale, cogliendo gli aspetti disfunzionali nella vita presente
della persona e migliorandone la prospettiva futura.
Il trattamento con EMDR si è dimostrato efficace, oltre che nel trattamento dello stress
post traumatico, anche in altri disturbi, quali attacchi di panico, ansia da prestazione, lutto
complicato, abusi sessuali, disturbi dissociativi. Viene inoltre utilizzato per rinforzare la
funzionalità delle persone nello svolgimento del proprio lavoro, per migliorare le
prestazioni sportive degli atleti o le performance di chi lavora nel mondo dello spettacolo.
Molte ricerche sul trattamento di vittime di violenze sessuali, catastrofi naturali, incidenti,
indicano che l’EMDR conduce a rapida desensibilizzazione dei ricordi traumatici e a una
ristrutturazione cognitiva che riduce in modo significativo i sintomi delle persone.
Nel 1995 Wilson, Becker e Tinker hanno pubblicato su una rivista scientifica prestigiosa, il
Journal of Consulting and Clinical Psychology, uno studio condotto su 80 persone con
disturbo da stress post traumatico,
dimostrando un notevole miglioramento della
sintomatologia dopo trattamento con EMDR, e un mantenimento dei risultati ottenuti in
studi di follow-up condotti a distanza di 15 mesi.
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11!
Nel 2004 il Veterans Affairs e il Department of Defense hanno raccomandato l’EMDR per il
trattamento dei traumi.
Il Dipartimento Psicologia Clinica dell’American Psychologic Association indica l’EMDR
come approccio psicoterapico più efficace per il trattamento del PTSD.
Il SAHMSA’s National Registry of Evidence-based Programs and Practices ha inserito
l’EMDR tra le psicoterapie dimostratesi efficaci sulla base dei risultati.
Inoltre, sono state fatte numerose ricerche, e molti studi sono tutt'ora in corso, sui
meccanismi attraverso i quali l'EMDR riesce ad attivare e facilitare la rielaborazione delle
esperienze traumatiche.
a. Studi con strumentazione SPECT (Università di Boston, 1999)
b. Journal of Clinical Psych. (2002) prima ricerca di valutazione degli effetti dell’EMDR
a livello neuroendocrino
c. Studi con risonanza magnetica (Università di Siena, 2006)
d. Analisi qualitativa dell’EEG di pazienti trattati con EMDR (1997, 2006)
Un altro importante contributo alla ricerca sull’efficacia clinica e neurobiologica dell’EMDR
è stato dato da un recente studio condotto dall’Associazione per l’EMDR in Italia (Centro
Ricerca e Studi in Psicotraumatologia, Milano) in collaborazione con il Dipartimento di
Neuroscience, Sezione di Psichiatria e Sezione di Neurologia dell’Università di Siena.
Riporto qui di seguito l’abstract della pubblicazione dello studio.
Studio di valutazione dell’efficacia clinica e neurobiologica
dell’EMDR in pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico
L.BOSSINI, I.CASOLARO, E.SANTARNECCHI, C.CATERINI,
D.KOUKOUNA, I.FERNANDEZ, A. FAGIOLINI
Riassunto. Forti evidenze sostengono l’impiego dell’EMDR nei pazienti affetti da disturbo
da stress post-traumatico
(PTSD). Obiettivo. Valutare l’efficacia clinica e neurobiologico-strutturale dell’EMDR nel
PTSD drug-naïve e senza comorbilità.
Materiali e metodi. Tramite RMN cerebrale abbiamo valutato il quadro clinico e misurato
le volumetrie ippocampali
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12!
in 29 soggetti con PTSD e in 30 controlli sani. I pazienti sono stati trattati con EMDR e
dopo tre mesi di psicoterapia sono
stati rivalutati i parametri clinici e i dati morfovolumetrici. Risultati e discussione. I risultati
indicano la scomparsa della
diagnosi in tutti i pazienti che hanno terminato il percorso (n=18). Contemporaneamente in
tutti è stato rilevato un incremento
medio del 6% dei volumi ippocampali. Conclusioni. Il nostro studio suggerisce che il
trattamento con EMDR è associato
a un significativo miglioramento dei sintomi di PTSD e a un parallelo incremento dei
volumi ippocampali.
(Supplemento alla Rivista di psichiatria, 2012, 47, 2)
Per i riferimenti bibliografici e per avere ulteriori informazioni riguardo la Terapia con
EMDR,
è
possibile
consultare
il
sito
dell’Associazione
per
l’EMDR
in
Italia: www.emdritalia.it
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Dott.ssa Silvia Tarsi
Psicologa, Psiconcologa, Psicoterapeuta, Analista Transazionale Certificato (CTA),
Terapeuta Practitioner EMDR
Associazione “Lutto e Crescita – Grief & Growth”, Istituto di intervento, formazione
e ricerca sul potere trasformativo della perdita e del trauma
(www.luttoecrescita.it)
UN PROGETTO IN COMUNE PER “CRESCERE”:
PER I RWANDESI CHE VIVONO A ROMA E SUL TERRITORIO DEL
RWANDA
L'esperienza del lutto, della perdita e degli eventi traumatici segna la vita di ognuno di noi:
c'è un 'prima' e un 'dopo' l'evento nei nostri racconti e nel nostro modo di pensare alla vita.
Spesso ci accorgiamo di non essere preparati ad affrontare questo 'dopo' con il suo carico
di dolore.
Spesso il proprio mondo interiore e il mondo relazionale debbono essere ripensati,
modificati per includere l'evento e il suo significato per la propria vita a livello esistenziale,
psicologico e relazionale.
Per molte persone questo processo di trasformazione può essere lungo e difficile, per
alcune persone può non avviarsi e comportare una stagnazione nel dolore o nella
sofferenza somatica che diventa sterile.
La nostra associazione vuole offrire un sostegno a coloro che vogliono prendersi cura di
questo processo trasformativo che parte dall'accogliere il dolore e prosegue con la sua
trasformazione in un motore di crescita e cambiamento.
A questo scopo offriamo:
- Consulenza gratuita (2-8 incontri) alla quale può seguire, se necessario, l'invio a gruppi
di sostegno, psicoterapia breve mirata (in strutture gratuite pubbliche e private),
psicoterapia specifica per lutto complicato;
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- Formazione per psicologi e psicoterapeuti
- Ricerca
Come associazione desideriamo essere di aiuto ai sopravvissuti al genocidio
supportandoli nella ricerca del loro processo di trasformazione, di un nuovo equilibrio
affrontando il dolore del trauma.
Si tratta di un progetto complesso perché mira al benessere a lungo termine in casi in cui
le persone si sentono “bloccate” nel loro trauma senza prospettive, speranze, fiducia in sé
e negli altri.
In base ai fondi che riusciamo a reperire sarà possibile offrire a queste persone il percorso
di aiuto più funzionale ed efficace.
La nostra associazione, attraverso un programma di screening gratuito di 2-8 incontri può
accogliere il bisogno della persona e valutare assieme a lui il percorso più utile, per un
eventuale invio a dei gruppi o ad un trattamento di psicoterapia individuale.
La nostra associazione infatti è disposta ad offrire dei gruppi di informazione-educazione o
di psicoeducazione che affrontano aspetti di educazione alla salute, formazione/gestione
dei comportamenti da stress post traumatico per la normalizzazione dei sintomi, supporto
psicosociale, sviluppo della “crescita” di gruppo, con la presenza di un mediatore culturale
che possa fare da intermediario tra noi e la cultura dei membri del gruppo.
Attraverso un percorso di psicoterapia, assieme a strumenti terapeutici di elezione per i
disagi da stress post traumatico, supportiamo la persona a raggiungere il suo obiettivo di
cambiamento.
Inoltre, grazie ai contatti che Marie Claire Safari di Um Onlus e Françoise Kankindi di Bene
Rwanda Onlus hanno preso sul territorio del Rwanda, è possibile pensare a dei progetti
mirati sul territorio, quali ad esempio, con la collaborazione dell’Associazione EMDR Italia,
formare i colleghi psicologi alla tecnica E.M.D.R. rientrando nel Progetto di Assistenza
Umanitaria già realizzato in altri Paesi quali Cuba e Vietnam e, inoltre, formare i colleghi
psicologi al Lutto Traumatico.
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