Gif Resoconto 2007

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Gruppo Interregionale di Farmacovigilanza
Data di pubblicazione di questo rapporto: Luglio 2008
Resoconto annuale sulla segnalazione spontanea
Anno 2007
In questo documento vengono analizzate le segnalazioni pervenute nel corso del 2007
nelle regioni aderenti al GIF.
L’analisi è stata fatta sulle segnalazioni di reazioni avverse provenienti da 7 regioni
(Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Sicilia, Veneto, Toscana e
Campania) e dalla Provincia Autonoma di Trento.
Nel rapporto relativo al 2006 (vedi il Resoconto GIF 2006 disponibile nel sito
web per il download) avevamo analizzato e commentato le modifiche alla
struttura del sistema della farmacovigilanza in Italia con l’inserimento dei
Centri Regionali. Ricordiamo brevemente che i Centri Regionali agiscono come
centri di coordinamento scientifico delle attività di farmacovigilanza nelle
regioni con lo scopo principale di migliorare l’analisi dei dati raccolti.
Oltre alla validazione dei dati raccolti con particolare riferimento alla codifica i
Centri Regionali collaborano periodicamente con l’AIFA nell’analisi dei segnali
sul database nazionale.
Come già ricordato l’anno scorso tutti i gruppi di lavoro che costituiscono il GIF
sono ed agiscono come Centri Regionali di Farmacovigilanza, analizzando le
segnalazioni inserite nella Rete Nazionale.
Il contenuto di questo documento, pur riferendosi alle stesse segnalazioni
inserite nella Rete Nazionale, analizza solo quelle relative alle regioni del GIF e
non rappresenta il parere ufficiale dell’AIFA per quanto riguarda i segnali
commentati.
La segnalazione spontanea in Italia e nelle regioni del GIF
Come ogni anno iniziamo il resoconto mostrando la situazione della
segnalazione spontanea nello scorso anno, confrontandola con quella dell’anno
precedente, nelle regioni del GIF e nel resto d’Italia.
La tabella 1 mostra il tasso di segnalazione del 2007 nelle regioni del GIF e in
tutta l’Italia secondo i dati pervenuti alle regioni GIF entro gennaio 2008,
calcolati sulla base della data di compilazione della scheda. In tabella viene
riportato anche il totale relativo all’area GIF e quello relativo all’intero territorio
nazionale.
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Tabella 1. Tasso di segnalazione (numero di segnalazioni per milione di abitanti) nelle
regioni del GIF nel 2007 e variazioni rispetto all’anno precedente.
Tasso
2007
Campania
Emilia Romagna
Friuli Venezia Giulia
Lombardia
Prov. Autonoma Trento
Sicilia
Toscana
Veneto
Totale GIF
Resto d’Italia
45,8
148,9
190,1
357,2
257,3
94,3
415,8
212,8
219,7
71,2
%
vaccini
45,8%
38,1%
60,3%
10,1%
18,7%
27,5%
5,9%
32,9%
21,1%
19,2%
Diff. 2007-2006
totale
farmaci
vaccini
+46%
-8%
+78%
+76%
+27%
0%
+65%
-11%
+94%
0%
-26%
+97%
+39%
+6%
+80%
+11%
-39%
-18%
-45%
-11%
-8%
-12%
-30%
+9%
+43%
+22%
+59%
+35%
+1%
-21%
Osservando i dati riportati possiamo dire che l’aumento delle segnalazioni
riportato nel resoconto dello scorso anno si è largamente confermato
quest’anno. Complessivamente al GIF sono giunte quest’anno circa 6.300
segnalazioni, con un incremento del 43% rispetto all’anno precedente. Circa il
30% delle segnalazioni è grave. Il tasso di segnalazione italiano nel 2007 è
stato di circa 160 segnalazioni per milione di abitanti con un incremento
complessivo del 40% rispetto all’anno precedente.
I dati della tabella evidenziano le differenze presenti tra le regioni GIF e le altre
regioni italiane. Oltre l’80% delle segnalazioni italiane viene infatti da queste
regioni che hanno avuto complessivamente un tasso di segnalazione tre volte
più alto. E’ però da notare come anche le altre regioni abbiano mostrato un
consistente incremento delle segnalazioni (+22% rispetto al 2006). La
segnalazione spontanea in Italia sta quindi crescendo e ciò è certamente
dovuto, oltre al lavoro nelle diverse realtà regionale e locali, anche all’attività
di coordinamento dell’Ufficio di Farmacovigilanza dell’AIFA.
L’inserimento dei Centri Regionali e il finanziamento di progetti di
farmacovigilanza nelle varie Regioni hanno infatti dato dei risultati migliorando
il tasso di segnalazione e l’efficacia del sistema italiano di sorveglianza sui
farmaci.
Ciò però non deve far dimenticare come l’Italia sia ancora lontana dai livelli
raggiunti da altri Paesi. Il tasso di segnalazione nel Regno Unito nel 2007 è
circa il triplo di quello italiano (416 segnalazioni per milione di abitanti) ed è
aumentato del 25% negli ultimi due anni. In Olanda i dati recentemente
disponibili per il 2007 riportano un tasso di segnalazione di 445 segnalazioni
per milione di abitanti con un incremento del 10% rispetto al 2006.
I dati della Tabella 1 mostrano anche un generale aumento delle segnalazioni,
con le eccezioni dell’Emilia Romagna e della Sicilia; spiccano però, soprattutto
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se messi in relazione al tasso di segnalazione e al numero complessivo delle
segnalazioni, gli incrementi in Lombardia e in Toscana. La prima ha il maggior
numero di schede (quasi la metà di quelle italiane), la seconda ha il più alto
tasso di segnalazione nazionale. In entrambe queste regioni sono partiti
programmi di rilevazione delle reazioni avverse in Pronto Soccorso,
aumentando le segnalazioni provenienti dai medici ospedalieri.
Dai dati mostrati appare anche evidente la differenza nella situazione dei
vaccini rispetto agli altri farmaci. Le segnalazione da vaccini infatti sono in calo
anche evidente in quasi tutte le regioni GIF (tranne il Friuli e il Veneto) e
confermano la tendenza alla diminuzione osservata già a partire dal 2005 in
tutta Italia. Sarebbe quindi auspicabile intervenire anche in questo ambito
ricordando che l’unificazione del flusso delle segnalazioni verso i responsabili
locali di farmacovigilanza deve essere unita alle attività di formazione e stimolo
alla segnalazione nei distretti sanitari, dove vengono effettuate la maggior
parte delle vaccinazioni.
La situazione dei farmaci risente evidentemente dei progetti e delle attività
svolte in Lombardia e Toscana, ma riflette anche una maggiore attenzione dei
professionisti sanitari verso il problema della sicurezza dei farmaci.
L’incremento infatti è consistente in quasi tutte le regioni italiane.
La figura sottostante mostra la provenienza delle segnalazioni nel 2007 nelle
regioni del GIF.
ALTRO
8,2%
MEDICO
OSPEDALIERO
51,6%
PAZIENTE
0,2%
FARMACISTA
7,6%
INFERMIERE
2,1%
MEDICO
TERRITORIO
30,2%
La situazione è leggermente modificata rispetto all’anno scorso. Ad un calo dei
medici del territorio (dal 35,5 al 30,2%) corrisponde un aumento dei medici
ospedalieri (dal 44,5 al 51,6%) e dei farmacisti (che passano dal 4,9 al 7,6%).
Calano leggermente le segnalazioni degli infermieri (dal 2,6 al 2,1%), figure
professionali che potrebbero, con l’aumento delle attività di formazione, avere
un ruolo ben più importante nel sistema della segnalazione spontanea. Quasi
assenti le segnalazioni da parte dei pazienti (0,2%).
Il sistema in Italia si basa tuttora in larghissima parte sulle segnalazioni dei
medici e anche in questo caso la differenza rispetto ad altri Paesi è notevole.
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Nel Regno Unito ad esempio le segnalazioni inviate dai medici sono solo il 37%
del totale, comunque più frequenti rispetto a quelle dei farmacisti (17%),
infermieri (9%) e pazienti (17%). In Olanda le segnalazioni dei medici sono
ancora meno (28%), più o meno uguali a quelle inviate direttamente dai
pazienti (27%) e inferiori a quelle dei farmacisti (38%).
La tabella 2 mostra i farmaci che nel corso del 2007 nelle regioni del GIF hanno
avuto almeno 40 segnalazioni
Tabella 2
Principio attivo
amoxicillina + acido clavulanico
amoxicillina
acido acetilsalicilico
nimesulide
levofloxacina
ketoprofene
warfarin
ceftriaxone
paracetamolo
diclofenac
lansoprazolo
ticlopidina
iomeprolo
ibuprofene
tramadolo
claritromicina
oxaliplatino
ciprofloxacina
iopromide
erlotinib
etanercept
amiodarone
pregabalin
moxifloxacina
acido zoledronico
infliximab
docetaxel
ketorolac
allopurinolo
clopidogrel
duloxetina
N. segn.
316
241
214
167
143
138
133
124
111
109
108
99
96
82
79
77
77
65
64
56
56
49
48
46
45
45
43
43
42
42
40
% gravi
29%
30%
73%
57%
43%
42%
73%
61%
39%
56%
16%
79%
42%
46%
27%
39%
62%
42%
31%
29%
64%
69%
27%
48%
60%
62%
53%
65%
60%
64%
30%
Ai primi posti troviamo farmaci largamente utilizzati in Italia. Facciamo però
notare l’alta percentuale di segnalazioni gravi per farmaci certamente non
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recenti quali l’acido acetilsalicilico, il warfarin, il ceftriaxone e soprattutto la
ticlopidina che abbiamo commentato negli anni scorsi per situazioni nelle quali
un uso più razionale da parte dei prescrittori potrebbe portare ad una
diminuzione di questi eventi.
I segnali del 2007
Il database del GIF viene analizzato ogni 6 mesi alla ricerca di possibili “segnali”. L’analisi
comprende sia una valutazione caso per caso (case-by-case assessment) sia con tecniche di
data-mining per arrivare ad una valutazione statistica del rischio (PRR = Proportional Reporting
Ratio, per approfondire vedi anche i rapporti precedenti del GIF o Hauben et al, The role of
data mining in pharmacovigilance. Expert Opin Drug Saf 2005; 4(5):929-48).
Lo studio delle reazioni avverse associate ad un farmaco è un processo continuo che, a partire
dalle prime segnalazioni, porta agli studi di farmaco epidemiologia e alla valutazione
quantitativa del rischio. Le associazioni farmaco-evento selezionate riflettono quindi come
sempre situazioni diverse: alcune sono reazioni non presenti sul foglietto illustrativo e quindi
da considerarsi non note, altre sono già state segnalate ma sono probabilmente poco
conosciute dai prescrittori, altre ancora riflettono segnali evidenziati da altri Centri Nazionali di
Farmacovigilanza.
I segnali evidenziati nel corso del 2007 includono:
Acitretina e impotenza
Amoxicillina+acido clavulanico e alterazioni del gusto e
dell’olfatto
Amoxicillina e discromie della lingua
Antipsicotici e disturbi muscolari
Antivirali e disturbi psichiatrici
Bifosfonati e reazioni ematologiche
Bifosfonati per os e osteonecrosi
Citalopram e pancreatite
Claritromicina (e altri macrolidi) e alterazioni dell’udito
Etoricoxib e reazioni ematologiche
Isotretinoina e disturbi psichiatrici
Inibitori di pompa protonica e disordini del sistema riproduttivo e
della mammella
Inibitori di pompa e iperglicemia
Inibitori di pompa e reazioni ematologiche
Lanreotide e pancreatite
Metformina e pancitopenia
Metoclopramide in pediatria
Quetiapina e pancreatite
Rosiglitazone e fratture
Rosuvastatina e ginecomastia
Ticlopidina e polmonite
Tiocolchicoside: profilo di rischio
Travoprost e degenerazione della macula lutea
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Acetretina e impotenza
In questo semestre è stato segnalato un caso di disfunzione erettile associato
all’uso di acitretina, risoltosi con la sospensione del farmaco, che si è verificato
in un soggetto di 39 anni dopo circa 2 mesi di terapia alla dose di 25 mg/die.
L’acitretina è un retinoide aromatico di sintesi che sostituì l’etretinato, di cui
rappresenta il principale metabolita attivo1, nel trattamento della psoriasi grave
negli adulti, perché si riteneva che, pur possedendo un potenziale teratogeno
paragonabile, presentasse una più breve emivita di eliminazione.
Successivamente è stato riscontrato che l’acitretina può essere riesterificata ad
etretinato, specialmente in presenza di alcool etilico2.
Nel database GIF risulta un secondo caso, mancante di informazioni sull’esito
del dechallenge, presentatosi nel 2002 in un soggetto di 50 anni trattato per
un mese alla dose di 30mg/die.
Questo evento avverso non è riportato sulla scheda tecnica della relativa
specialità medicinale.
Segnalazioni di disfunzione erettile da acitretina sono presenti anche in
database di altri sistemi di farmacovigilanza che consentono l’accesso ai dati:
in particolare risultano 2 casi nel database olandese Lareb3 e 5 in quello del
Regno Unito4.
Da un’analisi della letteratura effettuata su Pubmed non sono emerse
pubblicazioni che trattino di disfunzioni erettili da acitretina, mentre risultano
due case report che associano questo tipo di problemi a terapie con etretinato.
Nel primo caso, diagnosticato insieme a disturbi psichiatrici in un soggetto di
37 anni, è stata ipotizzata una relazione causale probabile sulla base di un
dechallenge positivo5. L’articolo è stato criticato per la mancanza di
accertamenti diagnostici sulle condizioni vascolari, ormonali e neurologiche del
paziente6. Nel secondo caso, verificatosi in un soggetto di 40 anni, la
correlazione è stata confermata da un rechallenge positivo7.
Altri retinoidi sono stati associati a casi di disfunzione erettile: durante uno
studio prospettico per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza
dell’isotretinoina nella terapia dell’acne, sei pazienti hanno riferito difficoltà nel
mantenimento dell’erezione insieme a sintomi clinici di depressione8. In animali
trattati con retinoidi è stata riscontrata atrofia testicolare con arresto della
spermatogenesi9. Da queste osservazioni sembra ipotizzabile una correlazione
tra l’insorgenza di impotentia coeundi e l’uso di acitretina e di altri retinoidi.
Tale effetto avverso potrebbe esplicarsi attraverso un’azione diretta dei
retinoidi a livello periferico o essere secondario a reazioni psichiatriche,
principalmente di tipo depressivo, sulla cui comparsa in seguito all’uso di
retinoidi esiste una rilevante, seppur controversa, letteratura10.
Bibliografia
1. Goodman and Gilman’s The Pharmacological Basis of Therapeutics, 11th
edition: 1686
2. Katz HI, Waalen J, Leach EE. Acitretin in psoriasis: an overview of adverse
effects. J Am Acad Dermatol, 1999; 41:S7-S12
6
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3. http://www.lareb.nl/
4. http://www.mhra.gov.uk/
5. Halkier-Sorensen L. Sexual dysfunction in a patient treated with
etretinate. Acta Derm Venereol, 1988; 68(1):90-1
6. Krause W. Diagnosis of erectile dysfunction in etretinate treatment. Acta
Derm Venereol, 1988; 68(5):458
7. Reynolds OD. Erectile dysfunction in etretinate treatment. Arch Dermatol;
1991; 127(3):425-6
8. Tirado Sanchez A, Leon Dorantes G. Erectile dysfunction during
isotretinoin therapy. Actas Urol Esp, 2005; 29(10):974-6
9. Kamm JJ. Toxicology, carcinogenicity, and teratogenicity of some orally
administered retinoids. J Am Acad Dermatol, 1982; 6:652-9
10. Strahan JE, Raimer S. Isotretinoin and the controversy of psychiatric
adverse effects. Int J Dermatol, 2006; 45(7):789-99
Amoxicillina + acido clavulanico e alterazioni del gusto e dell’olfatto
Il GIF ha ricevuto nel 2007 due segnalazioni di perdita del gusto associata a
terapia con amoxicillina + acido clavulanico. Queste segnalazioni si aggiungono
ad altri due casi di deficit gustativo e perdita dell’olfatto pervenuti al GIF
rispettivamente nel 1996 e 1995. Riportiamo nella tabella sottostante i dati
principali relativi a queste segnalazioni.
Caratteristiche delle reazioni avverse relative ad alterazioni del gusto e
dell’olfatto associate a trattamento con amoxicillina da sola o in associazione
con acido clavulanico
Altri
Reazione avversa Età Sesso Latenza
Esito
farmaci
Perdita del gusto,
Clorexidina
infiammazione e
Caso
(sospetto)
Nessuna
colorazione
47
F
3 giorni
1*
glucoferro, variazione
bluastra della
Supradyn
lingua
Caso
Nessuna
Perdita dell’olfatto
71
F
3 giorni
2*
variazione
Guarigione
Caso
Deficit gustativo,
50
M
1 mese Omeprazolo
con
3**
glossite, stomatite
postumi
Perdita del gusto,
Caso
arrossamento
68
F
Guarigione
4*
mucosa orale
*Amoxicillina + acido clavulanico, **Amoxicillina
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Nella scheda tecnica delle specialità medicinali contenti amoxicillina da sola o
in associazione con acido clavulanico, tra gli effetti indesiderati non sono
riportate alterazioni del gusto e/o dell’olfatto.
In letteratura le informazioni circa alterazioni del gusto e/o dell’olfatto
associate ad amoxicillina e/o acido clavulanico sono scarse rispetto ad altre
classi di antibiotici quali i macrolidi (segnale commentato dal GIF nel 2005).
In letteratura è stato possibile reperire un solo caso di disturbo transitorio
dell’olfatto associato a trattamento con amoxicillina. Alterazioni del gusto sono
state riportate in seguito a trattamento con antibiotici quali sulfamidici,
penicilline, cefalosporine, chinoloni, macrolidi, tetracicline e aminoglicosidi1.
In uno studio di fase III/b, che ha valutato l’efficacia di claritromicina e
amoxicillina/acido clavulanico somministrati per via orale nel trattamento della
bronchite cronica, è stato osservato che le alterazioni del gusto sono più
frequenti con claritromicina rispetto ad amoxicillina/acido clavulanico (9/142
(6%) vs 1/145 (1%); p=0,01)2.
I meccanismi proposti per questi disturbi comprendono: inattivazione o
alterazione della funzione recettoriale sensoriale, probabilmente legata ad
alterazione del flusso di ioni calcio e di altri ioni; chelazione o deplezione dello
zinco legato ai tessuti; alterazione del catabolismo della bradichinina e della
sintesi di secondi messaggeri; catabolismo e alterazione del sistema delle
prostaglandine3,4.
Nel primo caso analizzato è da segnalare che il collutorio a base di clorexidina
potrebbe aver contribuito all’insorgenza della reazione avversa. In letteratura è
stato infatti possibile reperire uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco,
controllato con placebo, che ha valutato gli effetti avversi soggettivi (per
mezzo di un questionario) ed oggettivi di una soluzione di clorexidina 0,2%
senza alcool utilizzata come collutorio in pazienti sottoposti a trattamento
periodontale non chirurgico. In questo studio, gli effetti avversi riportati più
comunemente comprendono cambiamenti di colore della mucosa labiale e
orale, compresa colorazione della lingua, dopo 3 giorni di applicazione. Gli
autori hanno concluso che lavaggi con clorexidina 0,2% senza alcool per una
settimana possono causare una maggiore irritazione della mucosa orale e
sensazione di bruciore, ed una alterata percezione del sapore rispetto al
placebo5. Nel terzo caso è da segnalare che per omeprazolo le alterazioni del
gusto risultano attese e pertanto non è possibile escludere che il farmaco
concomitante abbia contribuito all’insorgenza della reazione avversa.
Bibliografia
1. Welge-Luessen A, Wolfensberger M. Reversible anosmia after amikacin
therapy. Arc Otolaryngol Head Neck Surg, 2003; 129:1331
2. Anzueto A et al. Comparison of the efficacy of extended-release
clarithromycin tablets and amoxicillin/clavulanate tablets in the
treatment of acute exacerbation of chronic bronchitis. Clin Ther, 2001;
23:72
8
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3. Henkin RI. Drug-induced taste and smell disorders. Incidence,
mechanisms and management related primarily to treatment of sensory
dysfunction. Drug Saf, 1994; 11:318
4. Ackerman BH, Kasbekar N. Disturbances of taste and smell induced by
drugs. Pharmacother, 1997; 17:482
5. Gurgan CA et al. Short-term side effects of 0.2% alcohol-free
chlorhexidine mouthrinse used as an adjunct to non-surgical periodontal
treatment: a double-blind clinical study. J Periodontol, 2006; 77:370
Amoxicillina e discromie della lingua
Nel 2007 è pervenuta al GIF una nuova segnalazione relativa a discromie della
lingua associate all’assunzione di amoxicillina e, attualmente, vi sono tre
segnalazioni di questo tipo nell’intero database.
La reazione avversa si è manifestata in due casi a seguito di monoterapia a un
dosaggio di 2 g di amoxicillina per 6 giorni, mentre nel terzo caso la reazione si
è manifestata dopo 3 giorni di terapia di amoxicillina (1 g) in associazione con
un altro antibiotico, per il trattamento di una gastrite da Helicobacter pylori.
La reazione non è segnalata nel foglietto illustrativo del farmaco, ma nella
banca dati Micromedex1, che rimanda per gli effetti avversi alla
benzilpenicillina, è riportato che occasionalmente sono stati segnalati casi di
“lingua nera villosa”. Lingua villosa o lingua nera villosa è un’affezione benigna
caratterizzata da ipertrofia delle papille filiformi presenti sul dorso linguale, che
appare così colorato dal nero al marrone scuro. L’eziologia è ancora
sconosciuta, ma questo disturbo è stato associato a numerose condizioni
predisponenti quali il fumo, una scarsa igiene orale, l’assunzione di antibiotici
per via topica o sistemica, terapia corticosteroide sistemica, infezioni da lieviti
e radioterapia per tumori maligni di testa e collo2.
In letteratura pochi sono i casi in cui questo tipo di reazione avversa è
riportata. Naidenova afferma che alcuni studi epidemiologici e clinico-eziologici
sull’incidenza della lingua nera villosa tra 3.334 bambini di età compresa tra i 2
mesi e i 14 anni hanno stabilito chiaramente che tale condizione si manifesta in
bambini in cui sono stati somministrati antibiotici per il trattamento di una
patologia primaria. Nell’ambito di un altro studio, che valutava l’effetto di una
formulazione di amoxicillina a lunga durata in 25 pazienti con infezioni orali o
maxillofacciali, tra gli effetti avversi sono stati osservati anche casi di lingua
nera villosa4.
Inotre, nel database olandese del Lareb, sono state riportate dal 1997 al 2007
26 segnalazioni di lingua nera villosa da amoxicillina. Nel 65% (17) dei casi
riportati il principio attivo era stato somministrato in associazione con altri
farmaci, il 69% (18) delle reazioni si è manifestata in soggetti di sesso
femminile e in 23 casi i pazienti avevano età maggiore ai 40 anni5. Tali
caratteristiche si possono riscontrare anche in due dei tre casi presenti nel
database del GIF.
9
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La reazione tuttavia non è grave e solitamente regredisce alla sospensione
della terapia.
Bibliografia
1. Database Micromedex: accesso al 20/09/2007
2. Yuca K, Calka O, Kiroglu AF, et al. Hairy tongue: a case report. Acta
Otorhinolaryngol Belg 2004; 58(4):161-3
3. Naidenova M. Some epidemiological and clinical-etiological studies on
children with lingua nigra villosa. Stomatologiia (Sofiia) 1989;71(4):11-5
4. Suzuki M, Saito K, Shiota T, et al. Fundamental and clinical studies of
long acting amoxicillina granules in oral and maxillofacial surgery
infections. Jpn J Antibiot 1983
5. Database Lareb: accesso al 19/09/2007
Antipsicotici e disturbi muscolari
Nel database del GIF sono presenti svariate segnalazioni da antipsicotici
riguardanti reazioni avverse muscolo-scheletriche, quali mialgia, miopatia e
miosite. Sono stati inoltre segnalati in associazione all’impiego di antipsicotici
12 casi di rabdomiolisi e 7 relativi a marcato aumento delle creatinfosfochinasi
(CPK) del tipo MM. Sui 12 casi di rabdomiolisi, sono stati esclusi quelli associati
a sintomi caratteristici della Sindrome Neurolettica Maligna (SNM) o ad ipotesi
alternative, sebbene i dati debbano essere interpretati con cautela a causa
della potenziale incompletezza delle informazioni descritte. Si evidenziano
quindi 5 segnalazioni di sospetta rabdomiolisi non rispondente ai criteri di SNM
da antipsicotici associate, rispettivamente, ad aloperidolo (2 casi), risperidone
(2 casi) e olanzapina (1 segnalazione in un paziente precedentemente trattato
con aloperidolo). Analogamente, in 3 segnalazioni, imputate ad olanzapina (2
casi) e clozapina, viene descritto un aumento marcato dell’enzima
creatinfosfochinasi MM in assenza di infezioni, SNM o convulsioni. Dall’analisi
dei dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sono stati individuati altri 4
casi di rabdomiolisi in assenza di SNM, di cui 2 imputati al risperidone,1 a
clozapina ed 1 ad aloperidolo.
L’associazione tra rabdomiolisi, non rispondente ai criteri di SNM, ed impiego di
alcuni antipsicotici è già stata segnalata dal Lareb nel 20041. Per l’olanzapina,
questa associazione è inoltre supportata dai dati dell’OMS, della FDA e da
numerosi case report presenti in letteratura2-4; l’evento rabdiomolisi è incluso
infatti nel foglietto illustrativo del farmaco, tra quelli definiti come “molto rari”.
La rabdomiolisi non è invece menzionata nelle schede tecniche di aloperidolo o
risperidone, salvo che essere citata come potenziale complicazione della SMN.
Sono stati comunque pubblicati alcuni case-report riguardanti rabdomiolisi in
assenza di SNM associata ad aloperidolo, risperidone e quetiapina5-7.
Alcune pubblicazioni hanno evidenziato aumenti della creatinchinasi (tipo MM)
in associazione ad antipsicotici atipici8-11, notevolmente più marcati rispetto a
quelli normalmente rilevati nelle psicosi acute o nei casi di SNM. L’incremento
nell’attività della creatinchinasi serica potrebbe essere dovuta alla capacità di
10
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questi farmaci di aumentare la permeabilità della membrana cellulare,
specialmente nel muscolo scheletrico, in pazienti particolarmente vulnerabili. E’
stato ipotizzato un possibile ruolo della serotonina in questo processo.
Il meccanismo ipotizzato per l’insorgenza del danno muscolare da antipsicotici
coinvolge l’efflusso di potassio calcio-dipendente, che è responsabile
dell’iperpolarizzazione di membrana e della refrattarietà muscolare. I pazienti
con difetti nei canali del potassio attivati dal calcio presentano un maggiore
influsso di calcio durante la depolarizzazione lenta del muscolo scheletrico e
quindi sono più suscettibili ad aumento della permeabilità di membrana
cellulare, che a sua volta induce la rabdomiolisi. Le infezioni, che portano ad
una riduzione del metabolismo, ad esempio, di clozapina e olanzapina con
aumento dei loro livelli serici, potrebbero contribuire all’insorgenza di
rabdomiolisi.
Un altro meccanismo postulato riguarda il ruolo della serotonina che si
accumula nel muscolo scheletrico mediante diffusione passiva. Da studi su
roditori è emerso che la serotonina può essere tossica per il muscolo
scheletrico causando necrosi ed aumenti massivi dell’attività del CK. Gli
antipsicotici triciclici potrebbero interagire con la serotonina endogena per
causare danno muscolare scheletrico1,12. Alcuni autori ipotizzano invece
l’insorgenza di una forma atipica di SNM che si manifesta solo con
rabdomiolisi13.
Bibliografia
1. Nederlands Bijwerkingen Centrum Lareb. Clozapine, olanzapine and
rhabdomyolysis. September 2004, available at
http://www.lareb.nl/kennis/signalen.asp
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chronic psychiatric patients during neuroleptic treatment. Minerva
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3. Rosebraugh CJ, et al. Olanzapine-induced rhabdomyolysis. Ann
Pharmacother 2001; 35(9):1020-3
4. Shuster J. Olanzapine and rhabdomyolysis. Nursing, 2000; 30(9):87
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evidence of NMS. Ann Pharmacother 1997; 31(7-8):927-8
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with olanzapine therapy. Ann Pharmacother 1999; 33(6):697-700
9. Meltzer HY, et al. Marked elevations of serum creatine kinase activity
associated with antipsychotic drug treatment. Neuropsychopharmacol
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10. Scelsa SN, et al. Clozapine-induced myotoxicity inpatients with chronic
psychotic disorders. Neurology 1996; 47(6):1518-23
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Keshavan MS, et al. Creatine kinase elevations with clozapine. Br J
Psychiatry 1994; 164(1):118-20
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treatment in a patient with decreased calcium-dependent potassium
permeability of cell membranes. Clin Neuropharmacol 1998; 21(4):262-4
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13.
amisulpride: a probable atypical presentation of neuroleptic malignant
syndrome. J Clin Psychiatry 2004; 65(12):1724-5
Antivirali e reazioni psichiatriche
Nel database del GIF sono presenti 20 segnalazioni di eventi avversi psichiatrici
associati all’uso di farmaci antivirali (5 dall’Emilia Romagna, 4 dalla Lombardia,
2 dalla Sicilia, 3 dalla Toscana, 6 dal Veneto; età mediana dei pazienti: 53
anni) per un totale di 28 reazioni avverse.
La reazioni si osservano per la maggior parte in pazienti che non fanno uso di
farmaci psichiatrici (categoria ATC N), parametro utilizzato per identificare
possibili condizioni concomitanti in grado di favorire l’insorgenza degli eventi.
Queste reazioni avverse sono almeno in parte attese sebbene il loro
meccanismo sia poco noto. Gli eventi interessano quasi tutte le categorie di
farmaci antivirali, e per ciascun farmaco esiste una documentazione minima in
letteratura. La capacità dei singoli farmaci di distribuirsi nel liquido
cerebrospinale determina il rischio specifico di alterazioni psichiatriche. Il
farmaco antivirale per il quale eventi psichiatrici sono maggiormente
documentati è efavirenz1,2. Per gli antivirali nucleosidi e nucleotidi con
esclusione degli inibitori trascrittasi inversa (J05AB), reazioni psichiatriche sono
documentate in pazienti con insufficienza renale o condizioni di rischio
predisponenti3-5. Sebbene la segnalazione spontanea non consenta una
valutazione accurata di tali fattori di rischio, tra i pazienti in terapia con questi
farmaci solo in un caso è documentabile una possibile insufficienza renale e in
3 casi l’uso concomitante di farmaci psichiatrici. Inoltre per alcuni degli eventi
raccolti, non è possibile escludere inoltre il contributo della patologia infettiva
per la quale il farmaco è stato prescritto.
E’ probabilmente necessario un approfondimento del profilo di tollerabilità
psichiatrica di questi farmaci per mezzo di studi specifici.
La tabella sottostante riassume alcune caratteristiche degli eventi segnalati.
N. casi con farmaci
psichiatrici
concomitanti
J05AB: NUCLEOSIDI E NUCLEOTIDI (ESCLUSI INIBITORI TRASCRITTASI
INVERSA)
ALLUCINAZIONE
4
Attesa2
0
2
aciclovir
CONFUSIONE
2
Attesa
0
SONNOLENZA
1
Attesa2
0
Farmaco
Reazione
avversa
N.
ADR
Attesa/Inattesa1
12
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DELIRIO
1
inattesa
1
DEPRESSIONE
1
Attesa
0
ribavirina
INSONNIA
2
Attesa
0
PSICOSI
2
inattesa
1
ALLUCINAZIONE
7
attesa
2
valaciclovir
AMNESIA
2
inattesa
0
2
CONFUSIONE
2
attesa
0
brivudina
CONFUSIONE
1
inattesa
0
J05AE: INIBITORI DELLE PROTEASI
ANORESSIA
1
inattesa
0
indinavir
NERVOSISMO
1
inattesa
0
J05AF: NUCLEOSIDI E NUCLEOTIDI INIBITORI DELLA TRASCRITTASI
INVERSA
didanosina
ANSIA
1
inattesa
0
ANORESSIA
1
attesa
0
stavudina
ANSIA
1
attesa
0
SONNOLENZA
1
attesa
0
CONFUSIONE
1
inattesa
1
lamivudina
DEPRESSIONE
1
attesa
1
INSONNIA
1
attesa
0
adefovir
INSONNIA
1
inattesa
0
J05AG: NON-NUCLEOSIDI INIBITORI DELLA TRANSCRITTASI INVERSA
AGITAZIONE
1
attesa
0
ANSIA
1
attesa
1
DEPRESSIONE
1
attesa
0
efavirenz
IMPOTENZA
1
inattesa
0
INSONNIA
1
attesa
0
NERVOSISMO
1
attesa
0
J05AX: ALTRI ANTIVIRALI
neuramide
CONFUSIONE
1
inattesa
0
1
Fonte: www.codifa.it; 2generalmente in caso di insufficienza renale, presenza
di fattori di rischio, sovradosaggio.
Bibliografia
1. Cespedes MS, Aberg JA. Neuropsychiatric complication of antiretroviral
therapy. Drug Saf 2006; 29:865-74
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after immediate hemodyalisis in an end-stage renal disease. Int J
Dermatol 2007; 46:883-4
13
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Bifosfonati e reazioni ematologiche
Nella banca dati del GIF sono presenti 12 segnalazioni di reazioni ematologiche
in corso di terapia con bifosfonati. In 11 casi il farmaco era stato prescritto per
il trattamento dell’osteoporosi ed in 1 caso per ipercalcemia da metastasi ossee
per neoplasia polmonare.
I 12 pazienti erano in terapia con: acido risedronico (4) ed acido alendronico
(4) per os, acido clodronico per via intramuscolare (2), acido pamidronico (1)
ed acido zoledronico (1) per via endovenosa. Le reazioni segnalate hanno
riguardato: 3 anemie emolitiche autoimmuni (2 con clodronato per via
intramuscolare, 1 con acido alendronico associato a colecalciferolo), 2
leucopenie (con alendronato) e 1 neutropenia (con acido zoledronico), 2
petecchie agli arti inferiori (1 con acido alendronico associato a colecalciferolo,
1 con acido risedronico), 1 trombocitopenia (con acido pamidronico), 1
anemizzazione (con acido risedronico), 1 aumento dell’INR (con acido
risedronico), 1 epistassi associata ad emorragia oculare (con acido
risedronico). L’analisi delle segnalazioni evidenzia che in 4 casi l’associazione
tra farmaco ed evento risulta dubbia, per la presenza di farmaci o di condizioni
concomitanti che potrebbero aver determinato la reazione. In particolare, nei
seguenti casi:
neutropenia in trattamento concomitante con gemcitabina (farmaco
antiblastico con attività mielosoppressiva);
aumento del valore dell’INR con assunzione concomitante di
acenocumarolo;
anemizzazione conseguente a sanguinamento in corso di esofagite;
quest’ultima patologia, peraltro di natura gastrointestinale e non
ematologica, è riportata in scheda tecnica dell’acido risedronico e
comunque si è manifestata in paziente sottoposto anche a trattamento
con acido acetilsalicilico;
il caso di anemia emolitica con acido alendronico associato a
colecalciferolo (per cui la reazione non è nota), in trattamento
concomitante con diversi farmaci tra cui amoxicillina ed acido clavulanico
(per cui invece la reazione è riportata in scheda tecnica).
Reazioni ematologiche sono presenti solo nelle schede tecniche di acido
zoledronico (comune: anemia; non comuni: trombocitopenia, leucopenia; raro:
pancitopenia) e di acido pamidronico (comuni: anemia, trombocitopenia,
linfocitopenia; molto raro: leucopenia).
Sono riportati pochi dati in letteratura in merito alla comparsa di reazioni
ematologiche con l’uso di bifosfonati. Nella banca dati Micromedex, oltre alle
già citate reazioni presenti nella scheda tecnica di acido zoledronico e
pamidronico1-3, è indicata la comparsa di lieve linfocitopenia in pazienti
pediatrici in trattamento con acido alendronico e di trombocitopenia con l’uso
di acido ibandronico4.
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Un case report5 ha evidenziato la comparsa di porpora trombotica
trombocitopenica in una donnna di 52 anni in trattamento con acido
zoledronico, di supposta natura immunomediata.
A supporto della scarsa disponibilità di dati in letteratura relativi alle reazioni
ematologiche da bifosfonati, si segnala che una recente review sulla
tollerabilità di questi farmaci utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi non
prende in considerazione questo tipo di reazioni6.
Le segnalazioni presenti nella banca dati GIF, solo parzialmente supportate
dalla letteratura, suggeriscono pertanto l’opportunità di effettuare un attento
monitoraggio della tollerabilità ematologica di questi farmaci.
Bibliografia
1. Body JJ et al. Aminohydroxypropylidene bisphosphonate (APD) treatment
for tumor-associated hypercalcemia: a randomized comparison between
a 3-day treatment and single 24-hours infusions. J Bone Miner Res 1989;
4:923-8
2. Body JJ et al. Dose/response study of aminohydroxypropylidene
bisphosphonate in tumor-associated hypercalcemia. Am J Med 1987;
82:957-63
3. Mautalen CA et al. Side effects of disodium aminohydroxypropylidene
diphosphonate (APD) during treatment of bone deseases. Br Med J 1984;
288:828-9
4. Anon. Committee for proprietary medicinal products. European public
assessment report. Bonviva, International Non-Proprietary Name (INN):
Ibandronic acid. The European Agency for the Evaluation of Medicinal
products, London, 25, June 1996
5. Ferretti G et al. Zoledronic acid-associated thrombotic thrombocytopenic
purpura. Ann Oncol 2004; 15:1847-8
6. Strampel W et al. Safety considerations with bisphosphonates for the
treatment of osteoporosis. Drug Saf 2007; 30:755-63
Bifosfonati somministrati per via orale ed osteonecrosi
I bifosfonati rappresentano un’importante classe di farmaci utilizzati nel
trattamento di patologie metaboliche e oncologiche che coinvolgono l’apparato
scheletrico (fratture patologiche, schiacciamenti vertebrali, radioterapia o
interventi chirurgici all’osso, ipercalcemia neoplastica). Il loro meccanismo
d’azione si basa sulla capacità di inibire il riassorbimento osseo mediato dagli
osteoclasti. I bifosfonati più comunemente utilizzati in terapia sono:
alendronato, risedronato, ibandronato, pamidronato e zoledronato. Mentre i
primi tre vengono impiegati nella prevenzione ed il trattamento dell’osteoporosi
e nel morbo di Paget, pamidronato e zoledronato svolgono un ruolo nella
prevenzione delle complicanze ossee e nel trattamento dell’ipercalcemia severa
associata a mieloma multiplo o a metastasi ossee conseguenti a carcinoma
mammario o prostatico. Generalmente i bifosfonati sono ben tollerati e non
causano effetti collaterali rilevanti; tra i più comuni: diarrea, nausea, dolori
15
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addominali, irritazione esofagea e gastrica. Negli ultimi anni diverse
segnalazioni hanno tuttavia descritto l’osteonecrosi della mandibola quale
effetto avverso potenzialmente grave associato alla somministrazione cronica
di tali farmaci. Sebbene nella maggior parte dei casi questo evento avverso si
sia verificato in pazienti oncologici che assumevano pamidronato e/o
zoledronato per via endovenosa, il numero di segnalazioni relative
all’assunzione di alendronato per via orale, nel trattamento dell’osteoporosi, è
in continua crescita. Infatti, nonostante l’alendronato venga somministrato a
basse dosi ed abbia una scarsa biodisponibilità orale, il suo utilizzo è
aumentato nell’ultima decade.
Uno studio retrospettivo ha coinvolto 98 pazienti con diagnosi di osteonecrosi
della mandibola, 13 dei quali erano stati trattati con bifosfonati per via orale
per la cura o la prevenzione dell’osteoporosi. Di questi 13 pazienti (tutte
donne), 2 sono state escluse dallo studio perché avevano in passato ricevuto
un trattamento con bifosfonati per ev. L’analisi finale è quindi stata condotta su
11 soggetti. La durata media di utilizzo dell’alendronato è stata di 4,1 anni
(intervallo: 1,5-7 anni). L’osteonecrosi della mandibola è emersa dopo un
intervento di chirurgia dentaria in 9 pazienti, mentre nei restanti 2 casi in
seguito a utilizzo di dentiere non adatte. A tutte le pazienti è stata prescritta
una terapia antimicrobica a lungo termine con amoxicillina o doxiciclina,
mentre 7 di loro sono state sottoposte a procedure chirurgiche di lieve entità
(i.e. levigamento/raschiamento). Dei 9 soggetti valutati dopo 6 mesi di followup, 3 erano guariti completamente, 1 era parzialmente guarito mentre i
restanti 3 non avevano avuto miglioramenti. Il fumo potrebbe avere un effetto
sinergico nella patogenesi della osteonecrosi della mandibola, le fumatrici
accanite hanno infatti avuto una guarigione più difficoltosa.
In un altro studio con 119 casi di osteonecrosi, il tempo intercorso tra
l’assunzione di alendronato e l’insorgenza dei primi sintomi è stato di 3 anni, in
confronto ai 14,3 mesi registrati per il pamidronato e i 9,4 mesi per lo
zoledronato1. La caratteristica collocazione dell’osteonecrosi indotta da
bifosfonati nella cavità orale può essere attribuita ad alcuni elementi: uno dei
principali fattori di rischio per l’osteonecrosi della mascella da alendronato,
come da altri bifosfonati, è dato dalla durata della terapia, i pazienti
maggiormente a rischio sono quelli trattati per più di 12 mesi. L’alendronato,
analogamente a risedronato, pamidronato, acido zoledronico e ibandronato, è
un aminobifosfonato in quanto contiene nella sua catena un gruppo nitrogeno
che gli conferisce una maggiore potenza rispetto ai non-aminobifosfonati; esso
rimane nello scheletro senza essere degradato per molto tempo: con un tempo
di emivita che sembra essere superiore ai 12 anni. I dati provenienti dalla
letteratura suggeriscono che l’alendronato non si distribuisce in modo uniforme
nello scheletro ma si concentra maggiormente nelle aree dove l’attività
osteoclastica è più intensa2. Inoltre, la maggiore esposizione della cavità orale
all’ambiente esterno, permessa dal solco gengivale, può facilitare l’infezione
dell’osso sottostante. Di conseguenza, le estrazioni dentarie o altre procedure
invasive che richiedono una maggiore capacità riparativa e di rimodellamento
16
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dell’osso, aumentano il rischio di osteonecrosi, aggravato anche dalle proprietà
anti-angiogenetiche dei bifosfonati. Infine, fattori patogenetici quali terapie
(chemioterapia,
radioterapia,
steroidi)
e/o
patologie
concomitanti
predispongono maggiormente all’insorgenza di tali complicanze. Un approccio
ragionevole all’insorgenza di osteonecrosi della mandibola nei pazienti che
assumono alendronato per periodi di tempo prolungati sembra essere quello di
interrompere la loro assunzione prima e dopo un intervento di chirurgia
dentaria elettivo. Due anni di terapia con 20 mg/die di alendronato, seguiti da
3 anni a 5 mg/die sopprimono il turn over osseo in modo irrecuperabile. Al
contrario, alcuni autori3 sostengono che dopo 2 anni dalla sospensione di un
trattamento con 2,5 mg/5 mg al giorno di alendronato, si verifichi un aumento
della densità ossea4. In ogni caso, senza ulteriori studi, non è ancora possibile
stabilire quanto tempo prima un paziente che assume alendronato debba
interrompere la terapia per poter affrontare senza complicazioni un intervento
di chirurgia elettiva.
Bibliografia
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controlled trial. Ann Intern Med 1999; 131(12):935-42
Citalopram e pancreatite
Il citalopram appartiene agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina
(SSRI) ed è autorizzato in Italia per il trattamento delle sindromi depressive
endogene e per i disturbi d’ansia associati a crisi di panico con o senza
agorafobia. Gli SSRI rappresentano ad oggi la terapia preferenziale per il
trattamento della depressione in quando si ritiene che provochino, rispetto ai
trattamenti di riferimento, effetti avversi transitori e meglio tollerabili. Le
reazioni avverse più frequenti associate all’utilizzo di questi farmaci sono di
entità lieve-moderata e comprendono nausea, anoressia, diarrea, insonnia,
nervosismo, stato d’ansia, agitazione, diminuzione più o meno protratta della
libido, ritenzione urinaria.
L’utilizzo del citalopram, e degli SSRI in generale, può però provocare reazioni
avverse gravi, quali la sindrome serotoninergica, aritmie cardiache, angina
instabile, la sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico,
sintomi extrapiramidali gravi e complicazioni emorragiche.
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GIF
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Dall’analisi delle segnalazioni del 2007 sono pervenute nelle regioni aderenti al
GIF 2 segnalazioni di pancreatite a seguito della somministrazione di
citalopram. Nel primo caso il paziente ha manifestato un aumento delle amilasi
pancreatiche e dolore addominale, mentre nel secondo caso la pancreatite è
stata asintomatica e il paziente si è accorto della patologia solo dopo aver
effettuato degli esami del sangue per una tachicardia sospetta.
La pancreatite è riportata in Italia come effetto indesiderato raro nella scheda
tecnica di alcuni SSRI, mentre per quanto riguarda il citalopram solo l’FDA ha
ritenuto necessario inserire tale reazione nell’RCP del farmaco.
Si riporta che l’incidenza della pancreatite da farmaci è circa del 2.5%. Alcuni
farmaci più comunemente causa di pancreatite possono essere i farmaci
antivirali, farmaci ipolipidemici, antipsicotici atipici, corticosteroidi e altri
farmaci immunosoppressori, inibitori COX-2, FANS, aminosalicilati (mesalazina,
sulfasalazina), antagonisti del recettore dell’angiotensina II, ACE-inibitori,
antagonisti del recettore H-2. Tutti questi farmaci insieme, sono responsabili di
oltre il 60% delle segnalazioni di pancreatite1.
Da una ricerca condotta sulle principali banche dati è stato possibile reperire
alcuni studi che hanno valutato la possibile associazione tra assunzione di SSRI
ed insorgenza di pancreatite.
Il primo è stato uno studio caso-controllo effettuato sulle segnalazioni di
reazioni avverse presenti nella banca dati della Organizzazione Mondiale Della
Sanità (WHO). L’analisi non ha prodotto nessuna associazione positiva tra SSRI
e pancreatite, ma come affermano gli autori, un risultato negativo non significa
che non esistano reazioni avverse relativamente al citalopram, ma piuttosto
che le segnalazioni non sono state numericamente rilevanti da produrre un
dato statisticamente significativo. Inoltre, lo studio ha presentato alcune limiti,
oltre a quelli propri della segnalazione spontanea (sottosegnalazione,
misclassificazione), infatti non essendo stata fatta una valutazione caso per
caso delle segnalazioni in questione, non sono stati considerati alcuni fattori
che possono essere causa di pancreatiti (consumo di alcol, infezioni, patologie
autoimmunitarie, tumori, disturbi biliari ed esposizione a tossine virali)2.
In un altro studio caso-controllo, l’uso di farmaci antidepressivi ha comportato
un rischio doppio (OR 2,1; CI 1,2-3,7) nei pazienti che li assumevano, tuttavia
il fumo di sigaretta e il consumo di alcol possono aver agito da fattori
confondenti3.
In un altro studio condotto in tre ospedali della Danimarca per valutare se l’uso
di SSRI potesse essere correlato all’insorgenza di pancreatite acuta, i soggetti
sono stati divisi in gruppi diversi a seconda che al momento del ricovero in
ospedale stessero o meno assumendo ancora SSRI. Dall’analisi è emersa una
correlazione statisticamente significativa tra farmaco e reazione, tuttavia
risultati analoghi si sono ottenuti anche per altre classi di farmaci
antidepressivi, per cui gli autori non escludono che l’aumentato rischio sia
correlato a fattori legati allo stile di vita dei soggetti depressi4.
In conclusione, pur non essendo possibile stabilire un’associazione causale tra
assunzione di citalopram ed insorgenza di pancreatite, il coinvolgimento del
18
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farmaco dovrebbe essere preso in considerazione dopo l’esclusione di altre
cause ragionevoli. Alla luce di queste considerazioni, e tenendo conto che la
FDA ha già provveduto ad inserire la pancreatite nella sezione delle reazioni
avverse della scheda tecnica del farmaco, sarebbe da valutare la possibilità di
aggiornare le informazioni di sicurezza nelle schede tecniche dei medicinali a
base di citalopram in Italia e in Europa.
Bibliografia
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2(Hepatic injury and pancreatitis during treatment with serotonin reuptake
inhibitors: data from the World Health Organization (WHO) database of
adverse drug reactions, Int Clin Psychopharmacol. 2003;18(3):157-61);
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pancreatitis, Eur J ClinPharmacol (2002) 58; 275–283);
4(Selective serotonin reuptake inhibitors and risk of acute pancreatitis: a
population-based case-control study, J Clin Psychopharmacol. 2007; 27(3):
259-62);
Claritromicina (e altri macrolidi) e alterazioni dell’udito
Nel corso del 2007 è pervenuta alla banca dati del GIF una segnalazione di
ipoacusia associata a terapia con claritromicina; altri due casi di alterazione
temporanea dell’udito erano pervenuti al GIF, nel 1997 dalla Lombardia e nel
2002 dal Friuli Venezia Giulia.
Nella scheda tecnica di azitromicina, claritromicina ed eritrocina viene fatto
riferimento ad alcuni casi in cui si è presentata un’alterazione dell’udito in
seguito all’assunzione di macrolidi e viene indicata la reversibilità di tale
reazione. La tabella sottostante elenca le reazioni dell’apparato uditivo legate a
macrolidi presenti nel totale della banca dati GIF.
N.
Segn.
Azitromicina
Claritromicina
Eritromicina
Reazione
Età
Sordità
87
3
Diminuzione
dell’udito
Sordità
Tinnito
Tinnito
1
Diminuzione
dell’udito
Sordità
Tinnito
3
Sesso
Latenza
Esito
F
4 giorni
86
F
4 giorni
38
F
<1 giorno
68
F
19 giorni
79
F
5 giorni
38
57
F
F
nd
nd
Nessuna
variazione
Guarigione
con postumi
Reazione
invariata
Non ancora
guarito
Non ancora
guarito
Guarigione
nd
19
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GIF
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Nella Rete Nazionale di farmacovigilanza, oltre a quelle elencate, è inoltre
presente una segnalazione proveniente dal Piemonte (nel 2006) in cui è
riportata una diminuzione dell’udito in seguito alla somministrazione di
claritromicina in una donna di 41 anni. La terapia prevedeva l’assunzione di 2
compresse al giorno per 7 giorni; non sono disponibili la gravità e l’esito della
reazione.
In letteratura l’insorgenza di ototossicità da macrolidi è una reazione
ampiamente riportata, anche se non sono presenti dati che indichino una stima
del rischio. Sono descritti casi di ototossicità associata all’utilizzo di
claritromicina: in uno studio del 20021 viene descritta una perdita bilaterale
dell’udito in un uomo di 76 anni insorta 4 giorni dopo la prima
somministrazione di claritromicina; la reazione è comunque migliorata in
seguito a sospensione del farmaco.
Un caso di tinnito da claritromicina viene riportato nel 20032 in un uomo di 50
anni al nono giorno di trattamento. Anche in questo caso si è avuto un
miglioramento in seguito a sospensione del farmaco.
In uno studio del 20053 viene invece riportato un caso di perdita dell’udito
irreversibile associata a claritromicina in una paziente di 81 anni. Tre giorni
dopo l’assunzione del farmaco la paziente riferiva perdita dell’udito all’orecchio
destro (problemi uditivi erano già stati riscontrati all’orecchio destro) e
l’interruzione del trattamento non ha portato ad un miglioramento come negli
altri casi.
Nel 2006 il Centro regionale di farmacovigilanza di Saint-Etienne ha ricercato
nel database nazionale francese tutte le segnalazioni di eventi avversi a carico
dell’apparato uditivo associate all’assunzione di eritromicina orale4: sono state
individuate 8 segnalazioni che riguardavano 6 donne e due uomini trattati con
dosi giornaliere standard di eritromicina(2g o 3g/die). I disturbi dell’udito, che
si sono presentati da 2 a 15 giorni dall’inizio della terapia, consistevano in
diminuzione dell’acuità uditiva associata a tinnito, sordità e tinnito da solo. Sei
pazienti hanno recuperato completamente, mentre 2 hanno mostrato un
miglioramento della acuità uditiva e del tinnito5.
Bibliografia
1. Kolkman W, Groeneveld JH, Baur HJ, Verschuur HP. Ototoxicity induced
by clarithromycin. Ned Tijdschr Geneeskd 2002; 146: 1743-5
2. Letters to tha Editors. Tinnitus due to clarithromycin. The journal of
laryngology & Otology, December 2003, Vol.117, 1006-1010
3. J Coulston and N balaratnam. Irreversible sensorineural hearing loss due
to clarithromycin. Postgrad. Med. J. 2005; 81; 58-59
4. Guy C. et al. Erythromicin ototoxicity i after oral treatment:
voriconazole: French pharmacovigilance database analysis. 27° French
pharmacovigilance meeting, Montpellier: 10-12 April 2006. Fundamental
Clin Pharmacol 2006; 20: 191
20
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5. Guy C. ” Lettre à la revue Prescrire” recived on 12 June 2006.
Etoricoxib e reazioni ematologiche
Nella rete nazionale di farmacovigilanza (anni 2000-2007) sono presenti 5
segnalazioni di reazioni ematologiche comparse in corso di terapia con
etoricoxib: 3 pancitopenie, 1 piastrinopenia, 1 leucopenia con neutropenia
relativa.
Un caso di pancitopenia riguarda un uomo di 77 anni in trattamento
unicamente con etoricoxib alla dose di 90 mg/die per artralgie generalizzate.
La reazione è comparsa dopo 10 giorni di terapia ed è stata confermata da
prelievo bioptico con diagnosi di ‘aplasia midollare’. Il trattamento della
reazione ha comportato la sospensione del farmaco, la somministrazione di
corticosteroidi ed il trasferimento del paziente in un centro ematologico; al
momento non è tuttavia disponibile l’esito della reazione avversa.
Una pancitopenia associata a manifestazioni emorragiche è comparsa in una
donna di 77 anni a seguito dell’assunzione per 6 giorni di etoricoxib alla dose di
90 mg/die. La reazione ha richiesto la sospensione del farmaco ed il
trattamento con metilprednisolone 80 mg/die; la risoluzione completa è
avvenuta dopo circa 2 mesi.
Una pancitopenia transitoria è stata segnalata in una donna di 75 anni che ha
assunto 2 compresse di etoricoxib 90 mg per il controllo del dolore in artrite
psoriasica. La reazione, confermata da biopsia midollare, si è risolta
spontaneamente dopo circa 10 giorni dalla sospensione del farmaco. La
paziente era affetta anche da diabete ed ipertensione arteriosa ed era in
trattamento da circa 6 anni con numerosi altri farmaci, alcuni dei quali
notoriamente associati alla comparsa di reazioni ematologiche. Tuttavia, in
base al criterio temporale per la recente esposizione, l’unico farmaco sospetto
è risultato l’etoricoxib.
Una piastrinopenia (64.000/ml) si è verificata in un uomo di 87 anni affetto da
artrite reumatoide ed in trattamento con etoricoxib 90 mg/die da 15 giorni. La
conta delle piastrine era nella norma prima dell’inizio della terapia. L’esito della
reazione non è noto.
Un ultimo caso riguarda la comparsa di una lieve leucopenia (3.320/ml) con
neutropenia relativa in una donna di 60 anni in terapia da circa due mesi con
etoricoxib 60 mg/die per grave cervicalgia. Dopo 10 giorni dalla sospensione
del farmaco la reazione si è risolta completamente.
Nella scheda tecnica di etoricoxib sono riportate come reazioni non comuni la
diminuzione di ematocrito, emoglobina, leucociti e piastrine. Anche la scheda
tecnica degli altri inibitori della COX-2 (celecoxib, rofecoxib, valdecoxib,
lumiracoxib, parecoxib) segnala la rara comparsa di reazioni ematologiche
(soprattutto anemia, leucopenia e trombocitopenia). Tali reazioni, riguardanti
l’intera classe farmacologica dei COX-2 inibitori, non sono state tuttavia
specificamente approfondite in letteratura.
21
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Si segnala un case report1 relativo alla comparsa di trombocitopenia in un
uomo di 66 anni, in terapia da 2 mesi con rofecoxib alla dose giornaliera di
12,5 mg per il trattamento di dolori articolari. La relazione farmaco-evento è
stata giudicata probabile dagli autori, in base al criterio temporale, all’assenza
di cause alternative (il paziente non assumeva altri farmaci e non aveva
condizioni predisponenti) ed al dechallenge positivo (la sospensione di
rofecoxib aveva comportato la completa e persistente normalizzazione della
conta piastrinica).
Nel caso dell’etoricoxib2, reazioni ematologiche (riduzione dell’emoglobina e dei
leucociti) sono state riportate tra le alterazioni di laboratorio comparse
nell’1,3% dei pazienti inclusi in uno studio clinico finalizzato a valutare
l’efficacia e la tollerabilità del farmaco nell’osteoartrite del ginocchio.
Le segnalazioni di reazioni ematologiche con etoricoxib presenti nella rete
nazionale di farmacovigilanza, alcune delle quali clinicamente rilevanti, trovano
scarso approfondimento in letteratura. Risulta pertanto necessario attuare un
puntuale monitoraggio della tollerabilità ematologica di questo farmaco e
dell’intera classe dei COX-2 inibitori, per aggiornarne il profilo rischio-beneficio
nelle reali condizioni d’impiego.
Bibliografia
1.
Kentos A et al. Probable rofecoxib-induced thrombocytopenia.
Rheumatology 2003; 42: 699-700.
2.
Gottesdiener K et al. Results of a randomized, dose-ranging trial of
etoricoxib in patients with osteoarthritis. Rheumatology 2002; 41: 1052-61.
Inibitori di pompa protonica e disordini del sistema riproduttivo e della
mammella
Un articolo pubblicato su Drug Safety nel 2007 (1) ha descritto 24 casi,
segnalati al sistema di farmacovigilanza spagnolo, riguardanti ginecomastia
associata all’assunzione di inibitori di pompa protonica (IPP). La ginecomastia è
riportata nella scheda tecnica di omeprazolo, lansoprazolo ed esomeprazolo
come una reazione ad insorgenza molto rara; non sono comunque citate altre
reazioni avverse a carico dell’apparato riproduttivo per nessuno dei farmaci
appartenente a questa classe terapeutica, salvo la galattorrea per il
lansoprazolo.
Una recente analisi relativa alle segnalazioni spontanee di reazioni avverse da
IPP (2) mette in luce una loro specifica azione sull’apparato riproduttivo
femminile e sul sistema endocrino.
Nella banca dati Rx List sono citati alcuni eventi segnalati in seguito all’impiego
di esomeprazolo, pantoprazolo e lansoprazolo (frequenza <1%), quali ad
esempio dismenorrea, vaginite e disordini mestruali, ma la cui relazione di
causalità con l’uso dei farmaci non è stata del tutto chiarita. Nel 2004 è stato
inoltre pubblicato un case-report di galattorrea da lansoprazolo (3).
La Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) ha raccolto dal 2001 ad oggi 27
segnalazioni di reazioni avverse a carico del sistema riproduttivo e della
22
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mammella da inibitori della pompa protonica. Le 27 schede riguardano:
ginecomastia (18 casi); galattorrea (2 casi, di cui 1 con alterazione del ciclo
mestruale); mastodinia (2); patologie vulvari (2 casi); menorragia (1);
metrorragia (1); impotenza (1).
Le 18 schede di ginecomastia si riferiscono a lansoprazolo (6 schede),
esomeprazolo (6), omeprazolo (4), e pantoprazolo (2).
I disturbi mestruali sono stati associati a omeprazolo in 2 segnalazioni, di cui
una riferisce l’insorgenza concomitante di galattorrea e la co-somministrazione
del domperidone; l’altro caso è imputato al pantoprazolo. In questi casi, la
relazione di causalità farmaco-reazione avversa, valutata mediante algoritmo
di Naranjo, è risultata probabile in 2 schede (relazione temporale plausibile,
assenza di altre cause concomitanti e dechallenge positivo) e possibile nel caso
relativo a omeprazolo e domperidone, farmaco quest’ultimo frequentemente
imputato in reazioni, quali galattorrea ed irregolarità mestruali. L’altra
segnalazione di galattorrea è stata invece imputata all’esomeprazolo.
Secondo alcuni studi, la ginecomastia potrebbe derivare da un alterazione del
rapporto estrogeni/androgeni dovuta all’azione sul metabolismo dell’estradiolo
da parte di alcuni farmaci, come ad esempio l’omeprazolo, che, inibendo il
citocromo P450 (CYP)3A4, inducono un incremento della concentrazione degli
estrogeni in circolo.
Poichè anche l’esomeprazolo ed il lansoprazolo
vengono metabolizzati
prevalentemente attraverso il CYP3A4 ed in minor misura tramite il CYP2C19,
effetti analoghi possono essere attesi anche per questi farmaci.
Relativamente ai disturbi mestruali segnalati (menorragia, metrorragia) ed alla
galattorrea, è plausibile ipotizzare lo stesso meccanismo d’azione alla base
della loro insorgenza. E’ noto infatti che tali eventi possono anch’essi derivare
da alterazioni ormonali quali l’aumentata produzione o eccessiva assunzione di
estrogeni o la presenza di estrogeni non adeguatamente compensati da
progesterone. L’aumentata concentrazione di estrogeni potrebbe inoltre
stimolare la replicazione delle cellule lattotrofiche dell’ipofisi secernenti
prolattina, che a sua volta potrebbe indurre galattorrea.
Il segnale necessita di ulteriori indagini per essere confermato, poiché, come
detto in precedenza, la gran parte degli eventi segnalati non sono riportati
nella scheda tecnica dei farmaci appartenenti a questa categoria.
Bibliografia
1.
Carvajal A, Macias D, Gutiérrez A, Ortega S, Sáinz M, Martín Arias LH,
Velasco A. Gynaecomastia associated with proton pump inhibitors: a case
series from the Spanish Pharmacovigilance System. Drug Saf. 2007; 30: 52731.
2.
Salgueiro E, Rubio T, Hidalgo A, Manso G. Safety profile of proton pump
inhibitors according to the spontaneous reports of suspected adverse reactions.
Int J Clin Pharmacol Ther. 2006; 44(11): 548-56.
3.
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induced by lansoprazole. Aten Primaria. 2004; 34: 325-6.
23
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Inibitori della pompa protonica ed iperglicemia
Nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) sono presenti 4 segnalazioni di
iperglicemia da inibitori della pompa protonica (IPP), riferite in particolare a
lansoprazolo (2 casi), pantoprazolo ed esomeprazolo. L’evento non è riportato
nelle scheda tecnica dei prodotti.
Caso 1. Un paziente diabetico di sesso maschile, di 40 anni di età, viene
trattato con lansoprazolo per gastroduodenite. Dopo 2 giorni dall’inizio della
terapia, si evidenzia un aumento dei livelli glicemici nonostante la terapia
antidiabetica con insulina. Il paziente assumeva da lungo tempo acido
ursodesossicolico, ramipril, amlodipina, atorvastatina e furosemide. Non sono
note interazioni farmacologiche tra questi farmaci ed il lansoprazolo. Alla
sospensione del farmaco, i valori glicemici ritornano alla normalità.
Caso 2. Una donna diabetica di 63 anni viene trattata con esomeprazolo per
reflusso gastroesofageo. Dopo 14 giorni dall’inizio della terapia, si evidenzia un
aumento dei livelli glicemici nonostante la terapia antidiabetica. Non è noto se
la paziente assumesse altri farmaci concomitanti. Alla sospensione del
farmaco, i valori glicemici ritornano alla normalità.
Caso 3. Una donna diabetica di 79 anni viene trattata con pantoprazolo per
reflusso gastroesofageo. Dopo 24 ore dall’inizio della terapia, si evidenzia un
aumento dei livelli glicemici nonostante la terapia antidiabetica. La paziente
assumeva da lungo tempo altri farmaci concomitanti, quali warfarin, insulina,
indobufene, irbesartan, metoprololo, nitroglicerina. Non sono note interazioni
farmacologiche tra
questi farmaci ed il pantoprazolo. Il caso presenta
dechallenge e rechallenge positivi.
Caso 4. Una donna di 64 anni viene trattata con lansoprazolo per reflusso
gastroesofageo. Dopo 9 giorni dall’inizio della terapia, si evidenzia un aumento
dei livelli glicemici. La paziente assumeva anche il candesartan. Non si hanno
notizie su dechallenge o sull’eventuale presenza di patologie concomitanti.
Tre dei casi segnalati riguardano pazienti diabetici sotto stretto controllo
farmacologico; la loro interpretazione è di conseguenza piuttosto complessa,
sebbene sia possibile ipotizzare un effetto dipendente da una interazione tra
farmaci oppure tra il farmaco e la patologia. La relazione di causalità IPP iperglicemia è avvalorata comunque da una correlazione temporale plausibile e
dal dechallenge positivo.
Esistono alcune evidenze a supporto di un’ipotetica azione degli IPP sui valori
glicemici, sebbene queste non possano essere ritenute sufficienti per refutare o
avvalorare il segnale proposto.
In uno studio clinico statunitense [1] su pazienti in terapia con pantoprazolo,
l’1% dei pazienti trattati con il farmaco (n = 521) ha manifestato episodi di
24
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iperglicemia, mentre nessuno dei controlli trattati con placebo (n = 82) ha
mostrato questo tipo di reazione. Da quanto riportato nella banca dati Rx List,
sono stati segnalati a livello internazionale sporadici casi di diabete mellito ed
iperglicemia/ipoglicemia in seguito all’impiego del lansoprazolo (frequenza
<1%), ma la cui relazione di causalità con l’uso del farmaco non è stata ben
definita.
Finora, in base agli studi disponibili [2-4], il lansoprazolo non è stato associato
ad effetti significativi sulle funzioni endocrine, incluse le concentrazioni seriche
di aldosterone, insulina, ormoni tiroidei, testosterone, ormone paratiroideo,
glucagone, gonadotropine o prolattina.
Una recente analisi relativa alle segnalazioni spontanee di reazioni avverse da
IPP [5] mette invece in evidenza una specifica azione del lansoprazolo
sull’apparato riproduttivo femminile e sul sistema endocrino.
D’altra parte da alcuni studi sperimentali [6] emerge che l’ipergastrinemia
indotta tipicamente dagli IPP potrebbe causare un incremento dei livelli di
insulina, con potenziali effetti ipoglicemici. L’ipoglicemia è stata infatti
segnalata in associazione ad omeprazolo.
A fronte della scarsa documentazione presente in letteratura, il segnale
necessita quindi di ulteriori indagini per essere confermato.
Bibliografia
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Prod Info Protonix(R), 2001c).
2.
Dammann HG, von zur Muhlen A, Balks HJ, et al: The effects of
lansoprazole, 30 or 60 mg daily, on intragastric pH and on endocrine function
in healthy volunteers. Aliment Pharmacol Ther 1993; 7: 191-196.
3.
Gaetani M, De Giorgio R, Buratti P, et al: Chronic oral administration of
lansoprazole does not affect the hypothalamic pituitary gonadal axis in healthy
young men. Eur J Gastroenterol Hepatol 1995; 7: 211-213.
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Barradell LB & Faulds D: Lansoprazole. A review of its pharmacodynamic
and pharmacokinetic properties and its therapeutic efficacy in acid-related
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Lu YC, Sternini C, Rozengurt E, Zhukova E. Release of transgenic human
insulin from gastric g cells: a novel approach for the amelioration of diabetes.
Endocrinology. 2005; 146: 2610-9.
Inibitori di pompa protonica e reazioni avverse ematologiche
Dall’analisi della banca dati del GIF sono state evidenziate 45 segnalazioni di
reazioni avverse ematologiche associate ad inibitori di pompa protonica, ed in
particolare a: omeprazolo (19 segnalazioni), esomeprazolo (8), lansoprazolo
(8), pantoprazolo (7) e rabeprazolo (4). In una scheda di segnalazione, erano
indicati come farmaci sospetti sia l’omeprazolo che il pantoprazolo.
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Le 45 segnalazioni includono le seguenti reazioni avverse:
Omeprazolo - leucopenia (8 eventi), trombocitopenia (7), anemia (3),
pancitopenia (2), anemia emolitica (1), granulocitopenia (1) e porpora (1
caso con trombocitopenia). Le segnalazioni relative all’anemia si
riferiscono a pazienti che hanno manifestato sintomatologie differenti ed,
in particolare, anemia con astenia ingravescente, eritrodermia, prurito ed
insufficienza renale moderata; anemia e peggioramento di insufficienza
renale cronica preesistente ed infine anemia associata a leucopenia e
trombocitopenia. L’anemia emolitica è stata invece associata a
trombocitopenia.
Esomeprazolo - leucopenia (2 casi); trombocitopenia (1), leucocitosi (1),
anemia emolitica (1), porpora (1), anemia (1), granulocitopenia (1) ed
ematomi diffusi (1).
Lansoprazolo - porpora (3 casi), leucopenia (2), anemia (19), eosinofilia
(1) , emorragia ns (1).
Pantoprazolo - leucopenia (4), trombocitopenia (3), anemia (3),
granulocitopenia (1).
Rabeprazolo - porpora (3); granulocitopenia (1).
In assenza dei dati di consumo non è possibile effettuare una valutazione
comparativa della tossicità ematologica da inibitori della pompa protonica;
sembra comunque che l’omeprazolo presenti una maggiore frequenza di
reazioni avverse a carico del sistema ematopoietico, dato tra l’altro supportato
da una maggiore documentazione presente in letteratura. Da quanto riportato
nella banca dati Micromedex, risulta che le manifestazioni ematologiche
associate all’uso di omeprazolo si sono manifestate in meno dell’1% dei
pazienti trattati col farmaco. In particolare sono state osservate reazioni
avverse, quali pancitopenia, trombocitopenia, neutropenia, anemia, leucocitosi
ed anemia emolitica. La relazione di causalità tra la somministrazione del
farmaco e le reazioni segnalate non è stata però ben determinata per tutti gli
eventi. Alcune tra le reazioni avverse segnalate, quali anemia emolitica,
anemia e porpora, non sono infatti incluse nella scheda tecnica
dell’omeprazolo.
In letteratura sono stati riportati alcuni casi di anemia associati ad alterazione
della funzionalità renale in seguito all’impiego di omeprazolo (1-2), così come
altri episodi di anemia da carenza di ferro (3). Viene riportato, inoltre, il caso di
una donna di 80 anni che ha manifestato anemia emolitica acuta associata a
trombocitopenia in seguito all’assunzione di omeprazolo. La presenza nel
sangue della paziente di IgG dirette contro il farmaco ha permesso di ipotizzare
un meccanismo autoimmune alla base dell’evento (4). Recentemente è stato
pubblicato un altro case report di anemia emolitica di origine autoimmune da
omeprazolo (5).
L’esomeprazolo, enantiomero dell’omeprazolo, riproduce, come atteso, lo
spettro di tossicità del suo analogo a livello ematologico. Anche per
l’esomeprazolo, alcuni tra gli eventi segnalati (anemia emolitica, anemia,
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leucocitosi e porpora) non sono descritti nella scheda tecnica associata al
prodotto.
Per gli altri farmaci le reazioni segnalate sono tutte incluse nelle schede
tecniche, ad eccezione della porpora. Per valutare l’imputabilità di questo
evento ai diversi farmaci, sarebbe però necessario verificare l’eventuale
presenza di trombocitopenia.
Il segnale meriterebbe quindi un ulteriore approfondimento, soprattutto per ciò
che riguarda i casi di anemia emolitica ed anemia ed in termini quantitativi per
la valutazione di una eventuale disproporzionalità di reazioni avverse
ematologiche da omeprazolo rispetto agli altri inibitori di pompa protonica.
Bibliografia
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acute renal failure secondary to omeprazole. Postgrad Med J. 1998; 74: 416-8.
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Omeprazole. Ir Med J. 2007; 100: 372.
Isotretinoina e disturbi psichiatrici
L’isotretinoina è lo steroisomero di sintesi della tretinoina. Il meccanismo
d’azione non è stato ancora chiarito nei dettagli, è stato provato tuttavia che il
miglioramento del quadro clinico dell’acne grave si accompagna ad una
diminuzione dell’attività delle ghiandole sebacee ed a una riduzione, dimostrata
istologicamente, del volume delle ghiandole stesse. E’ stata dimostrata anche
un’attività antinfiammatoria a livello cutaneo dell’isotretinoina1.
L’isotretinoina è in commercio in Italia dal 1987 per il trattamento delle forme
gravi di acne che non rispondono a trattamenti topici o antibiotici sistemici. A
causa dell’elevato rischio teratogeno la sua prescrizione deve avvenire
nell'ambito di un “Programma di prevenzione della gravidanza” che prevede
l'attuazione di misure atte a garantire che le donne in età fertile non siano
gravide nel momento in cui iniziano la terapia e non inizino una gravidanza
durante il trattamento, né nel mese successivo alla sua sospensione. Dall’inizio
della sua commercializzazione negli USA nel 1982, sono stati segnalati casi di
disturbi psichiatrici quali alterazioni dell’appetito e dell’umore, depressione,
psicosi e tendenza al suicidio. Alcuni pazienti sono migliorati dopo l’interruzione
del farmaco, ma non sempre la sospensione della terapia è stata sufficiente a
garantire una completa risoluzione della sintomatologia psichiatrica.
Attualmente nel database dell’OMS sono presenti più di 200 segnalazioni di
anoressia, provenienti soprattutto dagli USA e ad oggi sono presenti 4.218
report di disturbi psichiatrici da isotretinoina (ben 1.076 report di tentati
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suicidi). Sono stati anche condotti studi epidemiologici in particolare su
depressione e sintomi suicidari, tuttavia non vi sono oggi dati scientifici
sufficienti per stabilire e quantificare una chiara relazione causale tra
isotretinoina e disordini psichiatrici. In ogni caso nella scheda tecnica del
farmaco viene segnalata la possibile insorgenza di disturbi psichiatrici quali
alterazioni comportamentali, depressione e sintomi psicotici, raramente
tentativi di suicidio. Nel 2000 è stata pubblicata una “Dear Doctor Letter” per
richiamare l’attenzione dei medici sugli effetti psichiatrici della isotretinoina e
sulla necessità di sorvegliare e valutare attentamente i pazienti che
manifestino reazioni di questo tipo2.
Nella banca dati del GIF sono presenti in totale 5 segnalazioni (di cui 2 del
2007) di problemi psichiatrici associati all’uso di isotretinoina. Le reazioni
riportate sono: ansia (1), depressione (2), depressione psicotica (1), disturbi
della personalità (1), isteria (1) e un suicidio. Si tratta di pazienti di sesso
femminile, di età compresa fra i 13 e i 31 anni e che hanno assunto
l’isotretinoina per l’acne (cistica o nodulocistica) o per una cheratosi follicolare.
Solo in due casi l’esito è stato la guarigione. A questi casi bisogna aggiungere
un case-report, proveniente dal Veneto e pubblicato sull’ultimo numero del
bollettino di farmacovigilanza “FOCUS”. Si tratta di un caso di anoressia grave
in una ragazza dopo un trattamento con isotretinoina per l’acne, raccontato
dalla madre, con il commento del medico di medicina generale3. Nel caso
segnalatoci, la mera applicazione degli algoritmi per stabilire il nesso di
causalità tra l’anoressia e il farmaco ci dà un grado di “possibile relazione”.
Purtroppo non ci è dato sapere se il riconoscimento dei primi sintomi e
l’interruzione tempestiva del farmaco avrebbero impedito l’aggravarsi della
patologia, ma non possiamo escluderlo.
Questa drammatica vicenda ci dà l’occasione per ricordare ai medici che usano
questo farmaco, che pure si è dimostrato efficace nelle forme gravi di acne,
una particolare attenzione non solo ai più noti effetti teratogeni del farmaco,
ma anche a quegli effetti comportamentali che soprattutto negli adolescenti
possono essere sottovalutati e messi con difficoltà in relazione alla terapia.
Bibliografia
1. REFI 2006
2. Bollettino d’Informazione sui Farmaci n. 1, 2000
3. FOCUS, n. 50, agosto 2007
Lanreotide e pancreatite
Il lanreotide è un analogo della somatostatina, impiegato prevalentemente nel
trattamento dell’acromegalia, qualora la secrezione dell’ormone della crescita
non risulti normalizzata in seguito a intervento chirurgico o radioterapia. La sua
azione inibitrice sulla secrezione esocrina intestinale, sugli ormoni digestivi e
sui meccanismi di proliferazione cellulare, lo rende inoltre un farmaco adatto
anche al trattamento dei sintomi clinici di tumori carcinoidi e adenomi
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tireotropi primari. Il lanreotide è disponibile in Italia come specialità medicinale
Ipstyl dal 1996.
Nel database del GIF sono presenti due segnalazioni di pancreatite associata
all’assunzione di lanreotide, una proveniente dalla Sicilia (nel 1996) e una dal
Veneto (nel 1998). In entrambi i casi, è stata segnalata l’insorgenza di
pancreatite acuta in pazienti maschi, rispettivamente di 29 e 45 anni, in
terapia con lanreotide, da un solo giorno, per una precedente diagnosi di
acromegalia. Essendo un farmaco somministrato ogni 10/15 giorni, non
sappiamo se erano stati fatti nei due pazienti precedenti cicli di terapia.
Nella Rete Nazionale di farmacovigilanza è presente un’altra segnalazione di
pancreatite da lanreotide proveniente dalla Puglia (nel 2007), avvenuta in un
paziente di 76 anni in terapia con lanreotide per carcinoma della prostata. La
reazione è avvenuta dopo un mese di terapia, probabilmente dopo la seconda
somministrazione del farmaco. L’esito riportato di tale reazione è stato il
decesso del paziente.
Questa segnalazione sembra essere la stessa di un case report pubblicato nel
2006 da un gruppo di medici dell’Università di Bari1.
Il paziente di 76 anni in terapia con lanreotide e metilprednisolone per
carcinoma prostatico dopo un precedente periodo di radioterapia e
chemioterapia. I sintomi insorgono 12 ore dopo la seconda somministrazione
del farmaco. Il paziente muore per complicazioni legate alla pancreatite acuta
necrotizzante, diagnosi confermata dall’autopsia.
Nella scheda tecnica della lanreotide2 la reazione di pancreatite non è
menzionata tra gli effetti indesiderati.
In letteratura sono riportati alcuni casi di pancreatite acuta associata ad
analoghi della somatostatina, riferiti principalmente alla somministrazione di
octreotide3; tuttavia in un lavoro del 1996 viene descritto il caso di un paziente
di 42 anni affetto da acromegalia che ha sviluppato pancreatite acuta in
seguito alla somministrazione di entrambi gli analoghi della somatostatina,
octreotide e lanreotide4. In particolare il soggetto, precedentemente trattato
con octreotide senza un evidente miglioramento, ha sviluppato importanti
disturbi epigastrici accompagnati da un aumento della concentrazione degli
enzimi pancreatici dopo la prima somministrazione di lanreotide.
La presenza del case report pubblicato, unito agli altri dati di letteratura rende
plausibile questo segnale suggerendo l’inserimento di questa reazione nella
scheda tecnica del farmaco
Bibliografia
1.
Battaglia M., Ditonno P., Palazzo S., Betocchi C., Garofalo L, Selvaggi
F.P. Lethal somatostatin analog-induced acute necrotizing pancreatitis in a
patient with hormone-refractory prostate cancer. Scan. J Uro and Nephro,
2006
2.
REFI: Scheda tecnica del farmaco
3.
Fredenrich A, Sosset C, Bernard JL, Sadoul JL, Freychet P. Acute
pancreatitis after short-term octreotide. Lancet 1991, 338:52-3
29
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Gruppo Interregionale di Farmacovigilanza
4.
Soule S., Conway G. Effectiveness and tolerability of slow release
lanreotide treatment in active acromegaly: six month report on an Italian
multicentre study. Letters to the editor, JCE & M, 1996, Vol.81, No 12, 4502
Metformina e pancitopenia
Il GIF ha ricevuto nel 2007 due segnalazioni di pancitopenia associata a
metformina. Le segnalazioni provengono dalla Toscana (2007) e dalla
Lombardia (1996).
La metformina, è una biguanide con effetti antiperglicemici: riduce la glicemia
basale e postprandiale, non stimola la secrezione di insulina e quindi non causa
ipoglicemia. Il suo meccanismo d’azione si basa sulla riduzione della
produzione del glucosio epatico attraverso l'inibizione della gluconeogenesi e
della glicogenolisi, sull’aumento della sensibilità all'insulina nei muscoli,
migliorando l'assorbimento e l'uso del glucosio periferico e sul ritardare
l'assorbimento intestinale del glucosio. Inoltre metformina aumenta la capacità
di trasporto di tutti i tipi di trasportatori di membrana del glucosio (GLUT).
Nell'uomo, indipendentemente dall'azione sulla glicemia, la metformina ha
effetti favorevoli sul metabolismo dei lipidi: riduce i livelli di colesterolo totale,
di LDL e dei trigliceridi. E’ indicata nel trattamento del diabete mellito di tipo 2
negli adulti, in particolare nei pazienti in sovrappeso, quando il regime
alimentare e l'esercizio fisico da soli non bastano ad un controllo adeguato
della glicemia. Nella scheda tecnica delle specialità medicinali contenenti
metformina, tra gli effetti indesiderati molto comuni sono presenti i sintomi
gastrointestinali come nausea, vomito, diarrea, dolori addominali e perdita
dell'appetito; questi si verificano generalmente all'inizio della terapia e nella
maggior parte dei casi scompaiono spontaneamente. Il sapore metallico in
bocca è presente tra i sintomi comuni; la comparsa di eritema come anche
l’acidosi lattica sono state riscontrate in alcuni soggetti, ma raramente. La
reazione di pancitopenia non è menzionata tra gli effetti indesiderati.
Dall’analisi della letteratura è emerso però che nei pazienti sottoposti a
trattamento con metformina a lungo termine, è stata osservata una
diminuzione dell'assorbimento della vitamina B12. Tale effetto può essere
determinato sia dalla dieta che dall’assunzione del farmaco. Una diminuzione
della vitamina B12 si presenta in circa il 20% dei pazienti anziani. Molti fattori
possono contribuire a tale deficienza, inclusa la dieta, le patologie
gastrointestinali, disordini immunitari e farmaci. Molti studi hanno analizzato
pazienti in cura con biguanidi: il 46% ha riportato malassorbimento della
vitamina B12, che si risolve con l’interruzione della terapia. In 71 pazienti in
cura con metformina, 21 presentano un basso assorbimento di B12, 4 hanno
bassi livelli della vitamina1. La deficienza di cobalamina (vit. B12) è associata a
sintomi come neuropatie periferiche (35%), confusione e demenza (30%),
disordini ematologici come anemia, leucopenia, trombocitopenia
e
pancitopenia2. Dai numerosi studi che analizzano le conseguenze della
mancanza della vitamina B12, specialmente nei pazienti anziani, emerge come
30
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sia importante il suo effetto sulle anormalità o manifestazioni ematologiche. Un
articolo riporta che in 201 pazienti, con età media di 67 anni, con deficienza di
cobalamina ben documentata, sono state osservate: anemia (37%), leucopenia
(13,9%), trombocitopenia (9,9%). Circa il 10% dei pazienti ha riportato
conseguenze pericolose per la vita, ad esempio anemia, anemia emolitica,
pancitopenia sintomatica3.
Per quanto riguarda la segnalazione proveniente dalla Toscana, il nesso di
causalità applicato con l’algoritmo di Naranjo è risultato possibile per il farmaco
sospetto. La correlazione tra la pancitopenia e la metformina risulta comunque
non necessariamente legata al farmaco a causa della mancanza del
dechallenge, per le scarse informazioni circa la ricomparsa dell’effetto in
seguito alla ripresa del farmaco, e per il fatto che anche gli altri farmaci assunti
dalla paziente (ACE inibitori e calcio antagonisti) possono determinare disordini
ematici come agranulocitosi, neutropenia, trombocitopenia e anemia.
Bibliografia
1. Liu KW, et al. Age Ageing. 2006 Mar;35(2):200-1
2. Andres E, et al. Rev Med Interne. 2003 Apr;24(4):218-23
3. Andres E, et al. Clin Lab Haematol. 2006 Feb; 28(1):50-6
Metoclopramide in pediatria
La metoclopramide, farmaco neurolettico, antagonista della dopamina, indicato
principalmente per il trattamento della nausea e del vomito, è disponibile in
Italia da molti anni.
Nel marzo del 2004 uno studio multicentrico sulla “Sorveglianza degli eventi
avversi dei farmaci in pediatra”, coordinato dall’ISS, ha messo in evidenza un
incremento del rischio di insorgenza di problemi neurologici nei bambini in
seguito a somministrazione di metoclopramide. Questa analisi aveva
evidenziato che nei bambini vi era un aumento del rischio pari a 3 se si
consideravano tutti gli eventi neurologici e pari a 73 se si considerava solo la
sintomatologia extrapiramidale. Lo studio metteva, inoltre, in evidenza come
nella maggior parte dei casi la metoclopramide veniva prescritta per il
trattamento del vomito in corso di febbre ed influenza. Una revisione delle
segnalazioni nella banca dati della Rete Nazionale di Farmacovigilanza ha
confermato tali evidenze. Quindi, sulla base di questi dati la allora così
chiamata Commissione Unica del Farmaco (CUF) ha riconsiderato il rapporto
beneficio/rischio della metoclopramide nel trattamento dei disturbi gastrici nei
bambini e ha deciso di controindicare questo farmaco per il trattamento dei
bambini al di sotto dei 16 anni. In un comunicato stampa di quest’anno
l’Agenzia Regolatoria Francese (Afssaps), dopo un’indagine nazionale di
farmacovigilanza relativa alla metoclopramide e l’uso nei bambini, ha
dimostrato che l’impiego di forme farmaceutiche non adatte ai bambini, il
mancato rispetto della posologia raccomandata e/o dell’intervallo tra le dosi
sono in genere all’origine di effetti neurologici importanti. Così l’Afssaps ha
31
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ricordato che la soluzione orale di metoclopramide di 2,6 mg/ml è la sola
formulazione autorizzata in Francia in età pediatrica per il trattamento
sintomatico di nausea e vomito non causati da terapie antineoplastiche, che
ogni assunzione non deve essere superiore a 1 gtt/kg con una dose massima
giornaliera di 4 gtt/Kg nel corso della giornata, rispettando sempre e
comunque un intervallo tra le dosi di almeno 6 ore. Anche la Medicine
Evaluation Board (MEB) olandese ha limitato l’uso nei bambini al trattamento
di nausea e vomito di origine nota e solo se il trattamento con altri farmaci è
inefficace o non possibile (Febbraio 2007). Il MEB ritiene che esistano
alternative migliori della metoclopramide. Per esempio, secondo il MEB il
domperidone rappresenta la scelta migliore nel trattamento della nausea postoperatoria e dell’emicrania nei bambini poiché con minori rischi extrapiramidali.
Analogamente, gli antagonisti ai recettori 5-HT3 (per es.: ondansetron) sono i
farmaci di scelta nella nausea dovuta alla chemioterapia fortemente
emetogena per via della maggiore efficacia e dei minori eventi avversi.
Il problema che desideriamo sollevare con questo segnale è che nonostante
queste restrizioni d’uso presenti e queste evidenze, riconosciute anche a livello
internazionale, i pediatri italiani utilizzano ancora questo farmaco al disotto
della fascia d’età protetta. In totale, nella banca dati GIF ci sono 35
segnalazioni in bambini al di sotto dei 16 anni, di cui 11 a partire da marzo
2004, data della controindicazione. Le reazioni avverse sono principalmente
neurologiche di natura extrapiramidale quali spasmi, distonia, ipertonia,
opistotono, e movimenti anormali del collo come il torcicollo. Il farmaco è stato
utilizzato principalmente per trattare il vomito e la nausea, anche in corso di
febbre, ma anche per trattare gastroenteriti e gastriti. Questi effetti sono ben
noti nella scheda tecnica, e descritti come reversibili entro 24 ore dalla sua
interruzione.
Quetiapina e pancreatite
Dall’analisi dei dati del database del GIF sono state evidenziate 5 segnalazioni
di pancreatite associati ad antipsicotici atipici, di cui 1 riguardante quetiapina,
2 riferiti a clozapina e 2 ad olanzapina. Il caso relativo alla quetiapina riguarda
una paziente di 83 anni, andata incontro a pancreatite acuta, complicatasi con
subocclusione intestinale, dopo 5 mesi di terapia con il farmaco somministrato
alla dose di 200 mg/die per disturbi psicotici associati a demenza senile. La
reazione, giudicata grave e con necessità di ospedalizzazione, è migliorata
dopo una iniziale riduzione del dosaggio e successivamente alla sospensione
del farmaco. I farmaci concomitanti erano lorazepam e digossina, che non
sembrano interagire con la quetiapina e per i quali non sono riportati in
letteratura effetti a carico del pancreas.
Alcuni studi hanno di recente messo in relazione l’uso di antipsicotici atipici con
la pancreatite; in particolare sono stati segnalati alcuni casi indotti da
clozapina, olanzapina e quetiapina1,2. In un comunicato dell’ADRAC del 20063,
32
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clozapina ed olanzapina, in particolare, risultano tra i primi 10 farmaci associati
all’insorgenza di danni pancreatici.
Nelle schede tecniche di clozapina ed olanzapina, la pancreatite viene riportata
come una reazione avversa che può insorgere molto raramente. Per la
quetiapina, tale evento non è invece menzionato nel riassunto delle
caratteristiche del prodotto.
Recentemente l’Health Canada4 ha pubblicato un avviso concernente la
possibilità di insorgenza di pancreatite e trombocitopenia da quetiapina. Su
615 segnalazioni associate a quetiapina, 9 riportavano la pancreatite come
reazione avversa e si riferivano a pazienti di età compresa tra i 24 e i 71 anni.
Queste reazioni si manifestarono durante l’assunzione di quetiapina e, mentre
in 1 caso la quetiapina era l’unico farmaco sospetto, in 4 casi i pazienti stavano
assumendo in contemporanea farmaci anch’essi potenzialmente associati a
pancreatite (clozapina, sodio valproato, minociclina, fenofibrato)1,5. Un
paziente aveva manifestato emorragia al pancreas, mentre un altro necrosi del
tessuto pancreatico. Come sottolineato dall’ADRAC, la fascia di pazienti più a
rischio nell’insorgenza di pancreatite da farmaci sembrano essere gli anziani e
tutti i pazienti in politerapia, o HIV positivi o affetti da tumore ed i soggetti che
assumo farmaci immunomodulatori3.
Bibliografia
1. Gropper D, Jackson CW. Pancreatitis associated with quetiapine use. J Clin
Psychopharmacol 2004; 24:343-5
2. Hagger R, et al. Olanzapine and pancreatitis. Br J Psychiatry 2000; 177:567
3. Adverse Drug Reactions Advisory Committee (ADRAC). Drug-induced
pancreatitis. Aust Adv DrugReactions Bull 2006; 25:22
4. CADRN. Quetiapine: pancreatitis and thrombocytopenia. Canadian Adverse
Reaction Newsletter 2007; 17(2):1-2
5. Eltookhy A, Pearson NL. Drug-induced pancreatitis.Can Pharmacists J 2006;
139:58-60
Rosiglitazone e fratture
Il rosiglitazone è un farmaco antidiabetico appartenente alla categoria dei
tiazolidinedioni, o più semplicemente glitazoni, indicato nel trattamento del
diabete mellito di tipo 2 sia in monoterapia, che in combinazione duplice o
triplice con altri antidiabetici orali. Rosiglitazone diminuisce la glicemia
mediante la riduzione dell’insulino-resistenza a livello del tessuto adiposo,
muscolo-scheletrico e del fegato1.
Nel corso del 2007 è pervenuta al GIF una nuova segnalazione relativa a
fratture associate all’assunzione di rosiglitazone e, attualmente, vi sono due
segnalazioni di questo tipo nell’intero database. In entrambi i casi la frattura si
è verificata a seguito di un trauma lieve, in pazienti di sesso femminile.
La reazione non è presente nel foglietto illustrativo del farmaco, ma nella
banca data Micromedex2, tra le reazioni avverse a carico dell’apparato
muscolo-scheletrico sono riportate fratture e osteopenia.
33
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I dati relativi alle fratture da rosiglitazone sono emersi dallo studio clinico
ADOPT (A Diabetes Outcome and Progression Trial), che ha valutato il controllo
glicemico, dopo somministrazione di rosiglitazone, rispetto a metformina e
glibenclamide, in 4.360 pazienti diabetici di età media di 57 anni, di cui il 42%
donne, per un periodo compreso tra i 4 e i 6 anni. La revisione dei dati di
sicurezza emersi dallo studio ADOPT ha messo in evidenza che c’è un rischio
maggiore di fratture nelle donne affette da diabete mellito di tipo II che
assumono rosiglitazone rispetto a quelle che assumono metformina o
glibenclamide. L’incidenza di fratture è stata del 9,3% per rosiglitazone, del
5,1% per metformina e del 3,5% per glibenclamide. Va sottolineato inoltre che
la maggior parte delle fratture osservate nel corso dello studio ADOPT si è
verificato al livello del piede, della mano e del braccio, siti diversi da quelli
associati all’osteoporosi post-menopausale (es. anca e colonna vertebrale)3.
I risultati di questo studio hanno portato, a marzo 2007, alla pubblicazione di
una nota informativa importante da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco
(AIFA) in accordo con le autorità regolatorie europee, al fine di informare i
prescrittori sulle novità in materia di sicurezza d’uso dei farmaci contenenti
rosiglitazone. Altri studi hanno messo in luce, inoltre, che l’assunzione di
rosiglitazone può causare una diminuzione della formazione dell’osso o della
densità minerale ossea o perdita ossea. Grey e collaboratori hanno valutato
l’impatto di un trattamento con rosiglitazone (8 mg/die) in donne in postmenopausa sane, ovvero senza diabete o osteoporosi. Dopo 14 settimane di
trattamento la densità ossea all’anca era diminuita in maniera significativa nel
gruppo in trattamento con rosiglitazone rispetto al placebo (-1,9% vs 0,2%);
inoltre anche i marker della formazione ossea si erano ridotti. Nonostante
questi risultati siano emersi in pazienti sane, ciò non toglie che i risultati
possano essere applicati anche alle donne affette da diabete4.
Anche lo studio osservazionale Health, Aging and Body Composition (Health
ABC) che ha studiato per un periodo di 4 anni pazienti anziani (età 70-79 anni)
in terapia antidiabetica, ha evidenziato che, per ciascun anno, nelle donne l’uso
di glitazoni è associato a una maggior perdita ossea sia a livello di colonna
vertebrale sia a livello del trocantere4. Probabilmente, come affermano
Schwartz e Sellmeyer5, i dati ad oggi non sono sufficienti a raccomandare uno
screening per l’osteoporosi per tutte le pazienti in terapia con rosiglitazone o
eleggibili a tale trattamento, tuttavia è bene ricordare che le donne anziane in
post-menopausa hanno un rischio maggiore di fratturarsi e pertanto ciò deve
essere tenuto in debita considerazione da parte dei medici prescrittori.
Bibliografia
1. Scheda tecnica del farmaco
2. Database Micromedex: accesso al 20/09/2007.
3. Kahn SE, Haffner SM, Heise MA, et al. Glicemic durability of
rosiglitazone, metforminm, or glyburide monotherapy. N Engl J Med
2006; 355:2427-43
4. Grey A, Bolland M, Gamble G, et al. The peroxisome-proliferatoractivated receptor-gamma agonist rosiglitazone decreases bone
34
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formation and bone mineral density in healthy postmenopausal women:
a randomized, controlled trial. J Clin Endocrinol Metab 2007; 92:1305-10
5. Schwartz AV, Sellmayer DE, Vittinghoff E, et al. Thiazolidinedione use
and bone loss in older diabetic adults. J Clin Endocrinol Metab 2006;
91:3349-54
6. Schwartz AV, Sellmayer DE. Thiazolidinedione therapy gets complicated.
Is bone loss the price of improved insulin resistance? Diabetes Care
2007; 30:1670-71
Rosuvastatina e ginecomastia
Nei resoconti GIF relativi al 2004 e al 2005 abbiamo già discusso la possibile
associazione tra atorvastatina e ginecomastia. Nella banca dati GIF sono
presenti due segnalazioni di ginecomastia associata alla rosuvastatina (una
pervenuta nel 2007). Un’altra segnalazione è presente nella banca dati AIFA
proveniente dalle Marche. La tabella seguente descrive le caratteristiche
principali delle tre segnalazioni:
Età Posologia
68
57
56
20 mg/die
20 mg/die
10 mg/die
Durata
terapia
58 gg
5 mesi
8 mesi e 7 gg
Farm.
Concom.
nessuno
nessuno
Amlodipina,
ASA, atenololo
Esito
Regione
miglioramento Prov. Trento
miglioramento Marche
risoluzione
Veneto
Ad oggi il database GIF contiene sei segnalazioni da ginecomastia da statine (2
da rosuvastatina e 4 da atorvastatina). Altre due segnalazioni associate alla
rosuvastatina sono presenti nel database AIFA (quella delle Marche e un caso
segnalato dalla letteratura).
Nessuna delle schede tecniche delle statine riporta la ginecomastia tra le
reazioni avverse, tranne la lovastatina. In questo caso però la reazione viene
riportata come effetto di classe.
La ginecomastia è stata associata in letteratura a diverse statine
(simvastatina1, pravastatina2, lovastatina3, atorvastatina4, e solo recentemente
rosuvastatina5). Nel caso associato alla rosuvastatina si tratta di un uomo di
57 anni con una storia di patologia coronarica e infarto al miocardio in terapia
cronica con ASA, amlodipina, losartan-idroclorotiazide, bisoprololo, pentofillina.
La rosuvastatina era stata inserita due mesi prima in terapia in sostituzione
del’atorvastatina. Alla comparsa della ginecomastia il farmaco viene sospeso, i
sintomi si sono risolti e il paziente ha poi ripreso la terapia con atorvastatina
dopo un mese senza ulteriori problemi.
Le statine potrebbero indurre ginecomastia attraverso la soppressione della
sintesi di colesterolo che porta all’inibizione nella produzione di steroidi da
parte
delle
gonadi
con
conseguente
alterazione
del
rapporto
estradiolo/testosterone (3,4).
Bibliografia
35
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1. Australian Adverse Drug Reaction Bulletin. Simvastatin and adverse
endocrine effects in men. 1995; 14 (3).
2. La Presse Médicale. Gynécomastie attribuable à la pravastatine. 1999; 28
(15): 787.
3. Lakartidningen. Pharmaceutical preparations are usually the cause of
gynecomastia. 1996; 93:489-90.
4. Pharmacotherapy. Golf-inhibiting ginecomastia associated with atorvastatin
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5. Pharmacotherapy. Gynecomastia possibile induced by rosuvastatin. 2008;
28(4):549-551
Ticlopidina e polmonite
La ticlopidina è un antiaggregante piastrinico ampliamente usato nella pratica
clinica per prevenire ictus ed altri eventi trombotici in pazienti con disturbi
cardiovascolari e cerebrovascolari. Gli effetti indesiderati maggiormente
associati al suo utilizzo includono complicazioni ematologiche, gastrointestinali
e a carico del fegato.
Nella banca dati del GIF sono pervenute nel 2006 alcune segnalazioni relative a
casi di polmonite secondaria a neutropenia in pazienti trattati con ticlopidina.
In letteratura sono riportati alcuni casi che associano l’utilizzo di ticlopidina alla
possibile insorgenza di polmonite. Nonostante tale evento avverso non venga
descritto come una diretta conseguenza della neutropenia, è probabile che le
due reazioni siano correlate tra loro. La terapia con ticlopidina può infatti
causare neutropenia e quindi una depressione del sistema immunitario
aumentando così il rischio di gravi infezioni che, in condizioni normali, non
desterebbero alcuna preoccupazione (ad esempio un raffreddore può diventare
facilmente una polmonite in un paziente immunodepresso con neutropenia).
Ad una paziente di 67 anni, non fumatrice, è stata diagnosticata una polmonite
interstiziale 5 mesi dopo aver iniziato una terapia con ticlopidina, ma i primi
sintomi erano stati avvertiti dalla paziente già dopo 4 mesi. La tossicità
polmonare in generale può essere dovuta sia a un effetto citotossico diretto del
farmaco sia a una reazione allergica1. Nel caso specifico appena descritto, gli
autori attribuiscono l’insorgenza della polmonite interstiziale ad una reazione
allergica dovuta all’assunzione della ticlopidina. La paziente infatti è risultata
positiva al LST (lymphocyte stimulation tests) e i suoi sintomi sono regrediti
dopo interruzione della terapia con ticlopidina e somministrazione di
prednisolone. Comunque, gli antiaggreganti piastrinici, quali ticlopidina e
aspirina, stimolano l’attività dei neutrofili, aumentandone l’attivazione e
l’aderenza, suggerendo così un loro possibile contributo nel danno polmonare.
Un uomo di 54 anni è stato trattato con ticlopidina in seguito a un infarto del
miocardio. Sei mesi dopo aver iniziato la terapia che gli era stata prescritta, ha
manifestato prurito e rash cutaneo. Dopo 8 mesi, una radiografia al torace ha
evidenziato la presenza di noduli multipli. I dati di laboratorio indicavano la
36
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GIF
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presenza di disfunzione epatica e di eosinofili nell’espettorato. Una volta
interrotta l’assunzione di ticlopidina, le lesioni cutanee sono rapidamente
migliorate e i noduli multipli completamente scomparsi. Tutto ciò ha portato
alla conclusione che si sia trattato di polmonite indotta da ticlopidina2.
Un altro caso riportato in letteratura è quello di una donna di 66 anni che è
stata trattata con ticlopidina per la prevenzione primaria dell’insufficienza
cardiaca. I primi sintomi comparsi quando la terapia è stata sospesa sono stati
rash cutaneo e, due giorni dopo, shock settico, polmonite e neutropenia (600
cellule/mm3), con diminuzione del numero di piastrine, della conta degli
eritrociti e dell’emoglobina. Non sono state necessarie trasfusioni. Una volta
effettuato l’antibiogramma, la paziente è stata sottoposta ad una terapia
antibiotica ed è stata dimessa dopo 38 giorni con normalizzazione dei valori di
laboratorio3.
Sebbene la polmonite da ticlopidina sia raramente riportata in letteratura,
secondo alcuni autori1, si tratta di una reazione che per ragioni non note è
sottosegnalata. Dato l’ampio utilizzo del farmaco, sarebbe opportuno
monitorare la funzionalità polmonare al fine di individuare tempestivamente
una reazione avversa grave ma potenzialmente reversibile nella maggior parte
dei casi, se opportunamente trattata1.
Bibliografia
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induced by ticlopidine. Circ J. 2002; 66(8):773-6
2. Watanabe M, Machida K, Higashimoto I, et al. Multiple pulmonary
nodules due to ticlopidine-induced pneumonitis. Nihon Kokyuki Gakkai
Zasshi 1999; 37(10):841-5
3. Grabowski M, Barg W, Biełous-Wilk A, et al. Transient pancytopenia due
to ticlopidine-a case report. Pol Arch Med Wewn 2005; 114(4):974-7
Tiocolchicoside: shock anafilattico e profilo di rischio
Nel 2007 sono pervenute al GIF 2 segnalazioni di shock anafilattico associato
alla somministrazione di tiocolchicoside, entrambe dalla Lombardia. In un caso
la gravità della reazione ha reso necessaria l’ospedalizzazione, nell’altro ha
messo in serio pericolo di vita la paziente. L’esito è stato comunque per
entrambe un miglioramento.
Attualmente nella banca dati GIF sono presenti 9 segnalazioni di shock
anafilattico riportate in seguito all’ assunzione di tiocolchicoside.
L’associazione tra tiocolchicoside e shock anafilattico è un argomento già
trattato nei precedenti rapporti del GIF, nel 2004 e nel 2006; la reazione è
stata inserita nella scheda tecnica della sola specialità medicinale Muscoril
iniettabile, e comunque non vengono riportati dati di incidenza.
Commentiamo quest’anno il profilo di rischio della tiocolchicoside soprattutto in
relazione agli scarsi dati sull’efficacia di questo farmaco (vedi commento del
2006). Oltre allo shock anafilattico infatti sono presenti nella banca dati GIF
altre gravi effetti. In totale la banca dati GIF raccoglie attualmente 139
37
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segnalazioni attribuite alla tiocolchicoside. Queste includono, oltre agli shock
anafilattici, altre gravi reazioni riferite agli apparati cutaneo, gastrointestinale,
ed ematologico.
Nella banca dati dell’AIFA è presente anche una segnalazione di sindrome di
Stevens-Johnson (un’altra è presente nella banca dati GIF) proveniente dalla
Sardegna nel 2005, che ha purtroppo avuto un esito fatale.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati due case report di gravi reazioni cutanee
da tiocolchicoside (1-2).
Bibliografia
1. Guarneri C, Polimeni G, Guarneri F, Cuzzocrea S Embolia cutis
medicamentosa following thiocolchicoside injection. J Eur Acad Dermatol
Venereol. 2007 Dec 7.
2. Guarneri F, Guarneri C, Cannavò SP. Skin atrophy caused by
thiocolchicoside injections.Int J Dermatol. 2006. Dec;45(12):1473-4.
Travoprost e degenerazione della macula lutea
Nell’intera Rete Nazionale di Farmacovigilanza sono presenti reazioni avverse
oculari legate all’uso di travoprost, come ad esempio congiuntivite, congiuntiva
emorragica, dolore oculare, edema maculare e anomalie della visone. Sono
presenti inoltre due casi degenerazione della macula e due casi edema
maculare cistoide. Le segnalazioni provengono dal Veneto e dall’Emilia
Romagna. In un caso il paziente ha presentato edema maculare cistoide dopo
assunzione di travoprost per un glaucoma congenito dopo 15 giorni di
trattamento ed è stato costretto comunque ad una trabeculectomia per ridurre
la pressione intraoculare. In un altro caso un paziente ha manifestato un foro
della macula dopo somministrazione di travoprost per un lungo periodo di
tempo (circa due anni) e infine nella segnalazione proveniente dall’Emilia
Romagna il paziente ha manifestato sia edema maculare cistoide che foro
maculare retinico in seguito ad un trattamento di tre mesi con travoprost per
un glaucoma; si è resa necessaria una vitreoctomia.
Il travoprost è chimicamente correlato alla prostaglandina F2alfa ed è indicato
per ridurre la pressione intraoculare. È usato in pazienti affetti da glaucoma ad
angolo aperto (una malattia nella quale la pressione oculare aumenta perché il
liquido non può defluire all’esterno dell’occhio) e in pazienti affetti da
ipertensione oculare (pressione oculare superiore alla norma).
Durante studi clinici con oltre 850 pazienti, travoprost è stato somministrato 1
o 2 volte al giorno in monoterapia o terapia aggiuntiva a timololo 0,5%. Negli
studi clinici non sono stati riportati effetti indesiderati gravi di tipo oftalmico o
sistemico. L'effetto indesiderato correlato al trattamento più frequentemente
riportato è stata l'iperemia oculare (36,7%) che è stata leggera nel 91,7% dei
casi. La sospensione della somministrazione dovuta all'iperemia oculare si è
verificata con una frequenza del 2,5% (1,2,3). Durante gli studi clinici con
travoprost sono stati riportati i seguenti effetti indesiderati, ritenuti
38
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sicuramente, probabilmente o possibilmente correlati al trattamento. Tra gli
effetti oculari quelli più comuni sono risultati: l’iperemia oculare (molto
comune), il prurito oculare, il disagio oculare (bruciore o dolore puntorio
transitori all'instillazione), il dolore oculare, l’occhio secco, la sensazione di
corpo estraneo, la decolorazione dell'iride, la fotofobia, la cheratite e i bagliori
(comuni), la lacrimazione, la visone offuscata, la congiuntivite, l’allungamento
delle ciglia, l’irritazione oculare, l’irite, l’edema palpebrale, la sensazione di
appiccicoso, la diminuzione dell'acuità visiva, la blefarite e il dolore
sopraccigliare (non comuni) (4).
Un uomo di 70 anni con glaucoma ad angolo aperto in entrambi gli occhi ha
sviluppato uveite ed edema corneale dopo due giorni dalla somministrazione di
travoprost. Dopo la sospensione del farmaco la reazione si è risolta nell’arco di
10 giorni (5).
Con l'uso degli analoghi della prostaglandina F2alfa è stato riportato edema
maculare, incluso edema maculare cistoide. Ciò si è riscontrato soprattutto in
pazienti afachici, pseudofachci con una lacerazione della capsula posteriore
della lente, o in pazienti a rischio conclamato per l'edema maculare (6,7,8). Il
benzalconio cloruro, usato comunemente come conservante nei prodotti
oftalmici, può inoltre favorire l’edema maculare cistoide (6)
Bibliografia
1.
Product Information: Travatan(R), travoprost ophthalmic solution. Alcon
Laboratories, Fort Worth, Texas, 2003c
2.
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Travatan(TM), a new prostaglandin analog, in patients with ocular
hypertension or open-angle glaucoma (abstract), 3rd Int Glaucoma SymposIGS, Prague, Czech Republic, 2001
3.
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latanoprost and timolol in patients with open-angle glaucoma or ocular
hypertension. Am J Ophthalmol 2001; 132:472-484
4.
Product Information: Travatan(R), travoprost ophthalmic solution. Alcon
Laboratories, Fort Worth, Texas, 2003c
5.
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travoprost. Arch Ophthalmol. 2003 Jul;121(7):1054-5
6.
Neu F. Cystoid macular edema. Bull Soc Belge Ophtalmol.
2007;(304):71-6
7.
GIOFIL
8.
Guida all’Uso dei Farmaci, Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), n. 4 anno
2007
39
www.gruppogif.org
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