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CORSO TRIENNALE DI MUSICA & TERAPIA- Sede di TORINO 2016.
APPROCCI ED APPLICAZIONI INTERDISCIPLINARI DELLA
MUSICOTERAPIA E RELAZIONE CON ALTRE TERAPIE.
Applicazioni di interventi di musicoterapia in ambito preventivo,
psichiatrico e riabilitativo.
Relatore: Gianni Vizzano.
Candidata: Isabella Mancino.
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RINGRAZIAMENTI
I miei ringraziamenti vanno al Dottor Manarolo Gerardo ed al corpo docenti del
Corso Triennale di Musicoterapia di Torino per avermi non solo formata in questa
disciplina terapeutica con grandi competenze in materia ma con grande umanità e
sensibilità hanno saputo stimolare una mia crescita personale.
Ringrazio il mio tutor Gianni Vizzano pilastro fondamentale per la mia preparazione
a questa professione affiancandolo nei due tirocini svolti a cui va tutta la mia
riconoscenza e stima.
Ringrazio tutti i pazienti che ho avvicinato perché da loro ho potuto imparare molto.
Ringrazio sentitamente l’amico Franco che ha curato con pazienza e maestria la
parte formale di questa tesi.
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INDICE:
PREMESSA:
Definizione di transdisciplinarietà.
Io il mio primo paziente in musicoterapia.
CAPITOLO 1-I MODELLI DELLA MUSICOTERAPIA:
1.1 Musicoterapia benzoniana.
1.2 Musicoterapia comportamentale e cognitiva.
1.3 Musicoterapia creativa di Nordoff e Clive Robbins.
1.4 Musicoterapia analitica di Mary Priesley.
1.5 Immaginario guidato e la musica GIM.
1.6 Modelli di musicoterapia in Italia:
1.7 Musicoterapia per Loredano Matteo Lorenzetti.
1.8 Musicoterapia per Luigi Postacchini.
1.9 Musicoterapia per Mauro Scardovelli.
CAPITOLO 2-AMBITI APPLICATIVI DELLA MUSICOTERAPIA:
2.1 Musicoterapia e Prevenzione: il caso di M.
2.2 Musicoterapia in ambito psichiatrico e il caso di E., Sindrome di Asperger.
2.3 Musicoterapia in ambito riabilitativo e il caso di A., stato di coma vegetativo.
CAPITOLO 3-OSSERVAZIONI DURANTE IL PERCORSO DI FORMAZIONE DI MUSICOTERAPIA E
CONCLUSIONE.
BIBLIOGRAFIA.
APPENDICE: Traduzione articolo dal Brain Injury Journal, Volume 30, 2016.
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“…………..Io attribuisco l’effetto principale al
suono
perché
esso
è
propriamente
quella
sensazione a cui la Natura ha dato quella
miracolosa forza sull’animo umano (come l’ha data
agli odori, alla luce, ai colori)……..e sebbene egli
ha bisogno dell’armonia nondimeno al primo
istante, il puro suono basta ad aprire e scuotere
l’animo umano…..”.
(17 ottobre 1821, Giacomo Leopardi da ‘Lo Zibaldone’).
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PREMESSA
Transdisciplinarità è un termine relativamente recente, apparso per la prima volta in Francia
nel 1970 durante una conferenza dello psicologo svizzero Jean Piaget in cui lui per primo
utilizzò questo termine.
Questa attitudine può essere intesa come uno spazio intellettuale in cui possono essere
valutati e studiati la natura dei legami tra i molteplici domini della conoscenza.
Nella tesi parlo di casi e di tirocini che mi hanno portata a lavorare accanto ad altre figure
professionali, quali lo psicologo,il fisioterapista, il medico, l’educatore, il logopedista e
personale di struttura.
Ho potuto osservare durante i tirocini come il ruolo del musicoterapeuta sia riconosciuto
all’interno di un team multidisciplinare dando la possibilità al medesimo di esaminare la
logica degli interventi, l’applicazione e l’approccio in accordo con quelle che sono le
metodologie delle altre discipline terapeutiche, attraverso lo scambio di idee e di diverse
prospettive di osservazione, dove una parte non è egemonica rispetto alle altre. In questo
contesto le persone si trasformano in una squadra poiché nella transdisciplinarità l’intento
non consiste solo nell’integrare ma anche nell’ assimilare in modo reciproco le conoscenze
tra i soggetti che conducono l’esame.
Soprattutto in occasione del tirocinio a Villa Anna a Cambiano più volte, nel confronto tra
musicoterapeuta e le varie figure che vi operano all’interno, ho avuto la sensazione di far
parte di un’orchestra, dove ognuno suona una parte dello spartito facendo tesoro dei vari
suggerimenti ricevuti dai colleghi e, insieme a loro, cerca di trasmettere consonanze e
armonia in una sinfonia.
Mi pare importante parlare di approcci collaborativi in un momento come questo in cui, in
Italia, emerge un certo fervore intellettuale nello studio delle applicazioni della
musicoterapia promosso da musicoterapeuti impegnati nella ricerca scientifica.
Nel Convegno di Musicoterapia tenutosi a Torino il 24 ottobre 2015 è stato evidente come
stiano aumentando le strutture all’interno delle quali viene accolta la figura del
musicoterapeuta a cui viene riconosciuto un ruolo professionale e di valore per i contributi
terapeutici finalizzati al conseguimento della cura degli ospiti in un lavoro transdisciplinare.
[Definizione di transdisciplinarietà tratta da: Le Garzantine: Filosofia- Ristampa del 2007.Edizioni Garzanti s.p.a]
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IO, IL MIO PRIMO PAZIENTE IN MUSICOTERAPIA.
Era una domenica pomeriggio, ricordo come ora, che dalla porta finestra della mia
cameretta entrava una aria piacevole di inizio di primavera ed io ero per terra sul tappeto a
giocare con un piccolo pianoforte a coda, giocattolo ricevuto il Natale precedente . Mentre
ascoltavo un disco di musica classica, uno dei tanti di mia madre, amante della musica,
cercavo di suonare anche io sul mio piccolo piano-giocattolo cercando di seguire il
pianoforte di quel concerto di Rachmaninoff che intanto risuonava per le stanze di tutta
casa. Ero rapita da quello scorrere di note, dalla melodia, guardavo contenta il mio
pianoforte con il coperchio rosso scuro simil madreperla, come si usava allora, e quella
tastiera bianca e nera su cui appoggiavo le mie manine cercando di imitare il ritmo e il
movimento del suono. Non esisteva nulla intorno a me in quei momenti, mi sentivo spesso
come sospesa nell’aria e non avevo il senso del tempo che passava e non sentivo altro che
la musica che sembrava entrarmi nelle orecchie e pervadere ogni parte di me …..avevo
cinque anni e mezzo.
Proprio quella domenica entrò nella cameretta mia madre e si sedette di fronte a me sulla
poltrona cercando di capire, osservando in silenzio, il mio gioco. Quando il concerto finì e
così pure io, mi venne vicino e mi chiese: “ma ti piace così tanto quello strumento ….? “ “si,
lo vorrei suonare ma davvero !” io risposi.
Mi promise che ne avrebbe parlato con mia nonna per vedere come fare e a chi rivolgersi
per delle lezioni. All’epoca non esisteva ancora la scuola civica musicale a Pinerolo dove io
abito; la aprirono molti anni dopo e fui una allieva di questa scuola in seguito.
Mio padre dissentì sin da subito dicendo che io dovevo pensare a studiare nella vita e non a
suonare e fare la ciarlatana in giro, e che era un’arte che non mi avrebbe mai dato nulla
neppure da mangiare. A distanza di anni e soprattutto dopo dieci anni di psicanalisi
Junghiana, potevo affermare con convinzione e fermezza che , l’autonomia economica la
musica non me l’ avrebbe data, ma salvare la mia anima e la mia vita da una infanzia
terribile dal punto di vista affettivo sicuramente sì.
Mia nonna fu la mia salvezza come spesse volte in tutta la mia vita, arrivandosene un
giorno con il nominativo di una maestra di musica. Così , in poco tempo, ebbi l’opportunità
di fare alcune lezioni di musica presso l’asilo privato delle suore, anche perché si voleva
capire se la mia scelta era per gioco o una reale vocazione.
Ricordo il pianoforte verticale delle suore all’asilo dove mi era stato concesso di fare lezione
per un’ora due volte a settimana, tutto di nascosto a mio padre.
La cosa si fece seria, iniziai
ad andare a casa della maestra a prendere lezione di
pianoforte e solfeggio. Scoprimmo che scrivevo dalla sinistra nel momento in cui dovetti
disegnare le mie prime note sul pentagramma.
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Ero mancina e la maestra di prima elementare non volle correggermi come invece si era
soliti in quegli anni a scuola. Alla scuola elementare delle suore di San Giuseppe trovai
Suor Lucia, la mia maestra, che come Suor Giancarla , maestra dell’asilo, incentivò questa
mia propensione alla musica, facendomi suonare il pianoforte verticale presente in ogni
aula durante le ore di ricamo; era anche stato fatto per esercitarmi a suonare di fronte ad
altri, in questo caso le mie compagne delle elementari, siccome sin da giovane età
partecipai a dei concorsi di pianoforte, così, anziché ricamare le tovagliette da regalare ai
genitori a fine anno scolastico, io allietavo il mio spirito esercitandomi suonando gli esercizi
di tecnica e le prime sonate per pianoforte.
Dalle suore di San Giuseppe c’era un maestro di musica che andava regolarmente ogni
settimana, e così cambiai didatta, anche perché la mia maestra si era sposata e cambiando
città mi aveva dovuta abbandonare ….
Avevo 7 anni quando la mia cara nonna mi comperò un pianoforte verticale che fu collocato
in casa sua per permettermi di studiare musica senza ostacoli da parte di mio padre che
poco aveva gradito e, forse, capito, che io stavo seriamente imparando a suonare.
Era marrone scuro, lucido, di terza mano, di marca inglese, Johnson &Jonhson…bello..dal
suono dolce e soprattutto mio.
Finalmente ce l’avevo fatta. Divenne il mio principale compagno di giochi, il mio migliore
amico, un transfert eccezionale della mia sofferenza, delle mie emozioni. E dei miei sfoghi.
Le ore passavano senza che me ne rendessi conto quando suonavo, e i miei stati d’animo
si sentivano sull’esecuzione dei pezzi.
Mi divertivo e tramite i suoni mi esprimevo, che per me era da sempre stato difficile perché
poco ascoltata in famiglia. Potevo trasgredire dall’educazione asburgica che mi era stata
impartita, ma soprattutto, quando finivo di suonare ero tranquilla, serena, con l’animo
appagato perché ero stata per tutto il tempo Io, senza che nessuno mi castigasse, mi
giudicasse svalutandomi . Il mio pianoforte per me c’era sempre e ogni volta che lo suonavo
dava voce alla mia anima.
Ci fu un episodio quando avevo nove anni che fu illuminante per la mia mente. Prima di
cena, dopo aver finito i compiti, mi era concesso guardare la televisione. Una sera mi
soffermai a vedere un programma , come gli attuali rai educational, in cui si mostravano
alcune scene di una scuola per bambini a cui veniva insegnata la musica con tanto di
lavagna con pentagramma disegnato sopra, li si faceva cantare e suonare con dei
tamburelli. La voce fuori campo di una maestra raccontava che avevano osservato come la
musica migliorasse la comunicazione tra i bambini stessi, aiutava quelli più lenti
nell’apprendimento a migliorare loro profitto scolastico e via dicendo. Tra me e me dissi: “
ecco cosa voglio fare nella vita. Voglio fare come quelle maestre “. Negli anni 70 non si
parlava della Musicoterapia con lo studio di adesso e la consapevolezza delle potenzialità
nell’ applicazione ai bambini, osservavano dei fatti e se ne parlava citando teorie
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provenienti dall’America quasi come se il fenomeno sonoro musicale portasse con sé un
qualcosa di magico e miracoloso visti i benefici che ne derivavano.
Avevo le idee chiare, ma dovetti fare i conti con la mia famiglia che mai avrebbe capito il
perché avrei scelto una strada così incerta, all’epoca, al posto di una professione
consolidata quale quella medica.
Accettai scelte scolastiche mio malgrado, ad esempio il liceo classico anziché il liceo
musicale , università di medicina piuttosto che composizione e direttore d’orchestra, dal
momento che da piccina sognavo e giocavo facendo finta di dirigere la Sinfonia del Nuovo
Mondo di Dvorack di fronte al giradischi . La ‘conditio sine qua non’ fu che avrei accettato
ogni sorta di indirizzo scolastico se mi fosse stato permesso di continuare gli studi al
Conservatorio. Così accadde, trascorrendo l’adolescenza, la giovane età tra versioni di
latino e greco e pagine dei libri di tecnica pianistica e di opere di tutti i compositori che si
dovevano studiare per dare gli esami. Il mio pianoforte non era solo uno strumento che
produceva suoni, ma permetteva che il mio” Io” venisse preservato ed espresso almeno in
questi momenti di studio. Non mollai mai il mio sogno di divenire una musicista incentivata
da una frase di una preziosa professoressa di Italiano del Liceo classico che poco prima
della maturità mi scrisse sul diario che avrei avuto tanto da dare agli altri a partire dalla mia
musica, considerazione fatto dopo che mi sentì suonare “ Al chiar di luna “ di Beethoven. Gli
studi a medicina avevano un senso se pensavo che le nozioni che imparavo mi potevano
servire nel momento in cui io avrei scelto di fare la musicoterapeuta.
Dopo 23 anni riuscii a fare quadrare la mia vita in modo da permettermi di frequentare la
scuola di musicoterapia diretta dal dottor Manarolo Gerardo che aveva portato una sede
proprio a Torino, semplificandomi la frequenza che sarebbe stata altrimenti un po’ più
complicata e costosa se fossi dovuta andare ad Assisi o a Genova.
Non sono diventata musicista ma ho sviluppato una capacità di “sentire” diverso, nato da
una vita di sofferenza e la musica è stata una grande e salvifica compagna di vita sin da
subito nella mia esistenza. Ascoltarla mi ha aiutato ad ascoltare tante volte me stessa, ha
guidato le mie emozioni ricambiandole con delle sensazioni a volte risuonanti nella mia
anima, a volte avvolgendomi come un abbraccio di amore e protezione. Un sentire che ha
portato la mia sensibilità verso diverse “musiche” appartenenti ad ognuno di noi, comprese
quella di un padre che sono riuscita ad ’ascoltare’ cercando significati delle tante
dissonanze che albergavano in lui.
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Capitolo I:
I MODELLI DELLA MUSICOTERAPIA.
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Quando mi chiedono che cos’è la Musicoterapia non ho altra risposta se non la seguente
definizione:
“La musicoterapia è l'uso della musica e/o dei suoi elementi (suono, melodia, ritmo
per opera di un musicoterapista qualificato, in rapporto individuale o di gruppo,
all’interno di un processo definito per facilitare e promuovere la comunicazione, le
relazioni, l’apprendimento la mobilizzazione, l’espressione, l’organizzazione e altri
obiettivi terapeutici degni di rilievo nella prospettiva di assolvere i bisogni fisici,
emotivi, mentali, sociali e cognitivi. La musicoterapia si pone come scopi di
sviluppare potenziali e/o riabilitare funzioni dell’individuo in modo che egli possa
ottenere qualità della vita attraverso la prevenzione, la riabilitazione o la terapia”
(VIII Congresso Mondiale di Musicoterapia di Amburgo nel 1996).
Nella spiegazione di come l’uomo usi la musica e suoi elementi come terapia bisogna fare
cenni a quelli che sono gli studi delle neuroscienze in questo ventennio.
Sulla base degli studi delle Neuroscienze le abilità musicali si sviluppano sin dalla prima
infanzia. Il gruppo di Lecanhuet (2004) ha dimostrato che il feto può modulare il proprio
comportamento in risposta alla stimolazione musicale, in modo correlato all’età
gestazionale in particolare con maggiori capacità di processamento dopo le 33-34
settimane di vita. Poiché lo studio è eseguito nel grembo materno in cui il bambino è
immerso questo stimolo lo potrebbe percepire come non specifico.
Un gruppo di finlandesi appartenenti alla EMTR, Registro Europeo per Musictherapist e
Supervisor, costituito nel 2005, ha dimostrato recentemente questi effetti in bambini
esposti durante la vita uterina a delle melodie. Una volta nati i bambini ascoltavano dei
brani musicali, tra cui le melodie già udite in utero e in questi brani venivano inseriti dei
piccoli errori. Le risposte elettrofisiologiche dei bambini dimostravano la capacità di
discriminare errori nelle melodie ‘familiari’. Questo sta a dimostrare come l’apprendimento e
lo sviluppo cognitivo inizino già nella vita uterina e di come la musica fra tanti a cui il
bambino è esposto possa favorire questi apprendimenti. All’ inizio delle esperienze
sensoriali il bambino ha la capacità di percepire i toni in relazione tra loro. A 6-7 mesi i
bambini possono combinare le frequenze in un singolo evento percettivo, che sia un tono o
un fonema, e imparano a preferire la musica che è più consona al loro ambiente sonoro
ovvero imparano a selezionare in base alla cultura di appartenenza. I bambini sono in grado
di percepire e preferire la consonanza fra due note già a 6 mesi e sono in grado di ritenere
in memoria sia i toni che brevi melodie anche per due settimane.
Ad 8 mesi sono in grado di identificare un pattern ripetitivi all’interno di un continuum
sonoro, in seguito imparano a categorizzare i suoni in base alla loro probabilità di essere
preceduti o seguiti da un altro pattern e infine utilizzano questa informazione per
comprendere dove si trovano le parole e gli intervalli all’interno del continuum.
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In un recente lavoro delle Neuroscienze in cui è stato studiato che non solo sentiamo la
melodia della musica ma ne sentiamo anche il ritmo, e questa percezione presuppone una
integrazione precoce fra sistema uditivo e vestibolare, che ci permette di muovere il corpo a
tempo, comprendendo anche le variazioni all’interno del ritmo, indipendentemente
dall’informazione visiva. Tale abilità è già presente ed efficace a 7 mesi ovvero appena il
bambino ha raggiunto il controllo posturale del tronco, e resiste anche ad informazioni
propriocettive contrarie: un bambino è in grado di muoversi a tempo, indipendentemente dal
movimento ritmico dell’adulto che lo tiene in braccio cui viene fatto ascoltare un altro ritmo.
Dai 10 ai 12 anni si è in grado di memorizzare le concatenazioni delle sequenze degli
accordi.
In questi ultimi anni si è assistito ad una incredibile evoluzione della tecnica delle neuro
immagini che ha permesso di formulare una serie di ipotesi sullo sviluppo di varie funzioni
cognitive tra cui le abilità musicali. Dal lavoro di Shlaug sulle differenze volumetriche del
cervello dei musicisti e non, si è in grado oggi di definire la differenza di materia grigia e
perfino le variazioni di spessore della corteccia collegate a funzioni o disfunzioni come nel
caso dell’amusia congenita ( mancanza della facoltà di comprendere o di riprodurre
un’espressione musicale)pur avendo funzioni uditive e linguistiche intatte.
Da un punto di vista funzionale si è osservato un percorso della neurofisiologia basata su
potenziali evocati e registrazione dell’attività elettrica cerebrale spontanea, che hanno
fornito informazioni su quello che avviene in tempo reale nel cervello durante l’ascolto
musicale. La risonanza magnetica funzionale ci fornisce, invece, ciò che avviene nelle
funzioni correlate all’anatomia. Così ugualmente si è potuta studiare quale tipo di
risoluzione in frequenza è propria della corteccia uditiva. Inoltre, e non di minore
importanza, la ricerca ha studiato il vasto mondo delle emozioni.
La ricerca ci può fornire ancora molte risposte ma non potrà, forse, spiegare in modo
esaustivo cosa rende la musica tanto affascinante ed accessibile per l’uomo, da renderla
una delle attività più piacevoli indipendentemente da età, sesso, cultura.
Albert Einstein scrisse : “ Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre
speranze e dei nostri desideri per divenire l’oggetto della libera curiosità e della
contemplazione, lì iniziano l’arte e la scienza. Se cerchiamo di descrivere la nostra
esperienza all’interno degli schemi della logica entriamo nel mondo della scienza; se,
invece, le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono
alla comprensione razionale e pur tuttavia manifestano intuitivamente il loro significato,
entriamo nel mondo della creazione artistica, ciò che accomuna i due mondi è l’ispirazione
a qualcosa di arbitrario, di universale. “
Infatti, la cognizione della musica è strettamente legata all’acquisizione di senso che essa
rappresenta per l’uomo, alle emozioni che suscita, agli stati affettivi che evoca e alimenta.
Cognizione e affettività, emozione e conoscenza si consustanziano in un tutto fenomenico
ed esperienziale coerente e ricco. [Gerardo Manarolo- Manuale di Musicoterapia, 2006].
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Alla luce di quanto osservato si potrebbe dire che l’uomo e suono stanno come la musica e
terapia.
La psicologia della musica e la musicoterapia sono due discipline differenti con modesti
punti di contatto fra di loro. [Gerardo Manarolo-Psicologia della musica e musicoterapia,
2009].
Tra i molti autori che sostengono questo, Parncutt è forse quello che ne ha fornito di
recente una sintesi molto chiara. [G.Manarolo, 2006]. Parncutt, nato in Australia nel 1957, si
specializzò in psicologia della musica all’Accademia australiana. É stato docente della
Musicologia Sistematica alla Krl-Franzens-Universitäte di Graz in Austria nel 1998. Studiò
musica e fisica all’università di Melbourne e di New England. Dopo il dottorato fu inserito in
gruppo di ricercatori quali Terhaudt E. (Monaco), J. Sundberg (Stoccolma),A.Choen
(Canada), A.Bregman (Montreal), Slodoba (Inghilterra). Tra il 1996 e il 1998 ebbe la
cattedra in Letteratura della psicoacustica in Inghilterra. Fece ricerche nella percezione
della struttura musicale ( toni, consonanze, armonia, tonalità, ritmo ed accenti), inoltre,
studiò la psicologia della performance musicale e l’origine psicologica della tonalità e della
musica.
Secondo questo studioso la psicologia della musica sarebbe sostanzialmente una disciplina
accademica basata su ricerche e dati empirici e con modelli di riferimento abbastanza
stabili nella comunità scientifica internazionale, mentre la musicoterapia sarebbe soprattutto
una pratica professionale che ha come punto di riferimento i pazienti, i casi clinici trattati e
conoscenze delle profonde differenze, da nazione a nazione, nei modelli teorici di base
negli standard operativi e nei percorsi di formazione. Parncutt sostiene che i due mondi,
quello della psicologia della musica e quello della musicoterapia, sono indubbiamente molto
più vicini tra loro negli obiettivi da conseguire. [ Roberto Caterina. Psicologia della musica,
2009]
Nel definire quali siano i modelli teorici di riferimento e gli ambiti di intervento della
musicoterapia c’è da dire che negli ultimi anni è andato aumentando l’interesse per
l’applicazione di modalità espressive non verbali quali la musica, la danza, il colore, il
segno, in ambito preventivo, riabilitativo e psicoterapeutico. Il diffondersi di pratiche ‘non
convenzionali’, alternative ed espressive, esprime la risposta ad una richiesta di
accadimento, richiesta disattesa nei trattamenti tradizionali.
La piena autonomia e credibilità che questa disciplina terapeutica conserva è data da
presupposti medici, psicologici, storico-antropologici delle sue procedure, e da una distesa
e diffusa pratica e da una letteratura scientifica.
Nella musicoterapia possono trovare fonte di sollievo e di cura soggetti con gravi handicap,
pazienti affetti da profonde turbe psichiche, malati sofferenti per patologie terminali, ma
anche quadri clinici segnati da disarmonie psico-corporee.
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L’impiego di modalità comunicative non verbali, l’attenzione verso il corpo (rianimato,
gratificato, espresso) consentono di delimitare un’area di piacere, di contatto e di reciprocità
anche in contesti clinici caratterizzati da sofferenza, isolamento e chiusura, permettendo di
attivare percorsi espressivi.
Talvolta, comprendere e interpretare in senso comunicativo e relazionale la realtà
fenomenologica di condizioni cliniche può permettere un percorso di cura e di sostegno
psicologico anche laddove si pensava possa essere possibile solo un approccio
assistenziale. [G.Manarolo, 2006].
Proprio per questo la musicoterapia presenta differenti procedure applicative che fanno
riferimento a diversi indirizzi psicologici; al Congresso di Washington sono stati riconosciuti
cinque principali modelli musicoterapici. La musicoterapia benzoniana, la musicoterapia
comportamentale e cognitivista, la musicoterapia creativa di Nordoff- Robbins, la
musicoterapia analitica di Mary Priesly, l’approccio definito’immaginario guidato e musica’,
GIM.
Va detto che per la caratteristica di multidisciplinarietà la musicoterapia presenta un
contesto teorico poco integrato ed è più il frutto di accostamenti che queste integrazioni
producono; questo perché l’elemento sonoro-musicale non è possibile sempre tradurlo e
categorizzarlo nei vari modelli psicoterapici. Dunque, è necessario dotarsi di metodi
condivisi, congrui il più possibile con i modelli teorici di riferimenti, per far emergere anche
attraverso l’impiego di modalità statistiche, tipologie di fruizione sonoro-musicale, tipologie
di trattamento musicoterapico che possono costituire occasioni di integrazione fra le diverse
componenti della musicoterapia e favorire lo sviluppo di una disciplina autonoma e solida
sia sul piano teorico sia sulla metodologia di intervento.
I modelli a cui i musicoterapeuti possono rivolgersi sono i seguenti:
1.1 La musicoterapia benenzoniana:
Il ‘modello’ di Benenzon, medico psichiatra e musicista argentino, impiega una tecnica di
tipo attivo incentrata sull’improvvisazione; il contesto è non verbale e l’atteggiamento del
musicoterapeuta è finalizzata all’osservazione e all’ascolto del paziente. Questo tipo di
approccio è rivolto ai pazienti che soffrono di turbe della comunicazione, della relazione di
origine psicogena e/o organica.
Per Benenzon la musicoterapia è una disciplina scientifica che indaga l’unità uomo-suono
per avviare processi diagnostici e terapeutici.
Il suono, la musica, il movimento sono utilizzati per arrivare a momenti di regressione e
catarsi ed anche per aprire canali di comunicazione per il miglioramento del ben-essere
dell’individuo e creare processi comunicativi e relazionali non esistenti precedentemente.
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Il modello teorico di riferimento è la psicodinamica, branca della psicologia che spiega i
fenomeni mentali come il risultato di un conflitto che deriva da forze inconsce che si
manifestano e richiedono controllo da parte di forze opposte che ne impediscono
l’espressione.
La psicologia sistemica ritiene di poter indagare il mondo psichico a partire dal sistema della
comunicazione regolato dalle leggi della totalità per cui il mutamento di una parte genera il
mutamento del tutto, considera la circolarità di un sistema per cui tutto viene influenzato e
la equifinalità per cui ogni sistema è la miglior spiegazione di sè stesso, perché i parametri
del suddetto sistema prevalgono sulle condizioni da cui il sistema stesso ha origine.
Il musicoterapeuta entra in contatto con il paziente attraverso la scoperta del suo ‘ISO’:
l’identità sonora di ogni individuo (Iso Universale inconscio. Battito cardiaco, voce della
madre; Iso culturale: identità etnica di ogni individuo; Iso Gruppale: iso di un gruppo; Iso
Complementare: l’insieme dei quotidiani riaggiusta menti di Iso gest e culturale).
Se l’Iso permette il contatto col paziente l’oggetto intermediario, in tal caso l’elemento
sonoro-musicale, permette di sviluppare una relazione che supera le resistenze, le inibizioni
e le angosce nei confronti dell’altro.
L’analisi della seduta utilizza i rapporti transferali e sono richieste una supervisione e un
training in musicoterapia didattica.
La seduta va articolata in tre fasi:
-
-
Bisogna favorire la disposizione del paziente all’integrazione terapeutica tramite la
distensione, momento catartico;
Segue la fase di percezione ed osservazione in cui si hanno sia l’iso del paziente sia
del musicoterapeuta.
Infine, si avrà il dialogo sonoro.
1.2 La musicoterapia comportamentale e cognitiva:
I modelli psicoterapici di riferimento sono quelli della psicologia comportamentistacognitivista in cui si studia la relazione tra emozione, pensiero e comportamento ed
evidenzia come i problemi emotivi siano il frutto di credenze disfunzionali nel tempo;
dunque, c’è l’intento di sostituire questi pensieri con altri più funzionali.
Questo modello non vede la musica come un fattore che può modificare la vita interiore
dell’individuo ma come elemento di rinforzo positivo o negativo. Usa per lo più tecniche
attive e recettive.
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Il fine è quello di analizzare un comportamento e modificare oppure sviluppare determinate
strategie cognitive. Prevede, dunque, l’uso di rinforzi quali possono essere il premio per la
scelta corretta, la penalizzazione per il contrario, l’uso di strategie come l’esposizione,
l’estinzione e la desensibilizzazione.
La tecnica dell’esposizione consiste nell’esporre sistematicamente il soggetto alla
situazione temuta in modo che si riduca l’ansia da essa prodotta.
L’estinzione è la ripetizione dello stimolo condizionato senza risposta. L’omissione di stimoli
ripetuti fa diminuire pian piano la risposta condizionata.
Nella tecnica della desensibilizzazione il paziente trovandosi in una situazione di
rilassamento muscolare viene invitato ad immaginare in modo crescente la situazione che
gli provoca ansia. Così facendo egli associa l’evento temuto allo stato di rilassamento ed
apprende ad affrontare progressivamente le situazioni ansiogene senza rispondere con
reazioni di evitamento.
Ci si avvale anche di tecniche di rilassamento, di giochi di ruoli finalizzati ad ottenere
condizionamenti e controcondizionamenti.
Le principali azioni svolte dall’elemento sonoro sono le seguenti:
° stimolo (traccia da seguire, stimolo o spunto).
°struttura che organizza la dimensione temporale ed il movimento corporeo.
°centro di attenzione.
° rinforzo.
Secondo Leslie Bunt osserva e pubblica nel suo libro Musicoterapia, un’arte oltre le parole,
Edizioni Kappa, Roma, 1997, in merito: “….. la musica sembra… essere di aiuto nello
sviluppo della capacità di lettura di imitazione e di numerazione… la musica riduce il tasso
di aggressività, i comportamenti stereotipati, quelli iperattivi e di disadattamento….”.
Dunque, per Bunt la musica è usata come esperienza di apprendimento musicale in grado
di modificare i comportamenti non musicali.
1.3 La musicoterapia creativa di Paul Nordoff e Clive Robbins:
È caratterizzata da un approccio attivo e gli indirizzi psicologici di riferimento sono la
psicologia umanistica e l’antroposofia di Stern.
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La psicologia umanistica vede i suoi esordi negli anni ’70; Maslow e Rogers individuarono
nei bisogni di crescita e di affermazione le principali spinte di ogni comportamento umano
nel senso di autostima in cui il presupposto fondamentale è l’equilibrio personale. Studia le
dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali di una esistenza. Pone
l’attenzione anche sull’emozione e l’esperienza.
L’antroposofia sterniana ovvero conoscenza dell’uomo è un percorso spirituale e filosofico
di Rudolf Stern. Secondo lui esiste un mondo spirituale intellettualmente comprensibile ed
accessibile ad una esperienza diretta per mezzo di una crescita e sviluppo interiore.
Riconciliazione tra arte, scienza e religione che richiama l’idealismo tedesco di Schelling (
(filosofo tedesco nato a Wurtemberg nel1775 e morto a Bad Ragaz nel 1854). Quest’ultimo
considera l’idea di un completo parallelismo tra natura e coscienza, nel senso che allo
sviluppo di forme sempre più alte e complesse di coscienza corrisponde il potenziamento
della natura che diviene da natura naturans a natura naturata per giungere fino alle soglie
della coscienza di cui costituisce una parte di preistoria.
Dunque per Stern la psicologia è lo strumento che consente di costruire un sistema
filosofico e una conoscenza dell’uomo completa. Al centro delle sue concezioni sta il
concetto di persona, che esprime una individualità finalizzata e complessa, autoorganizzata e in grado di stabilire relazioni con l’ambiente a tre livelli: quello biologico,
quello psicologico, quello valutativo che consente di istituire una gerarchia di valori. La
persona è una sintesi di elementi non riducibili solo a dati ereditari e ambientali e in cui
estrema importanza rivestono la funzione linguistica e il livello di intelligenza. Stern si
rivolse anche allo studio dell’euritmia (arte del movimento) e alla impressione di armoniosità
che esso procura.
Questo modello musicoterapico si prefigge di promuovere l’essere umano, di potenziarne
l’espressività e gli aspetti comunicativi e relazionali, di ridurre i comportamenti patologici.
Questo tipo di approccio prevede due musicoterapeuti di cui uno si relazioni col paziente
per facilitarne l’accesso all’esperienza sonoro-musicale, l’altro, per lo più al pianoforte,
improvvisa specifiche sequenze sonoro-musicali in rapporto al contesto con l’utente.
Questo tipo di intervento prevede tre fasi:
L’incontro e rispecchiamento.
 Induzione della risposta e della produzione musicale.
 Sviluppo delle abilità musicali ed espressive.
Si rivolge prevalentemente a bambini e adulti affetti da disabilità psicointellettive di diversa
origine.
Nordoff e Robbins si propongono di penetrare il mondo chiuso ed isolato del paziente dove
non vi sono contatti con la realtà, di offrire nuovi strumenti per l’espressione dei propri
vissuti e per la loro condivisione.
Si basa sull’improvvisazione clinica e di graduale sviluppo cosicchè i pazienti possono poco
per volta gestire questo nuovo strumento di comunicazione e di contatto con la realtà.
16
Nell’improvvisazione, luogo in cui si sente stimato e compreso, il paziente trova la sua
personale identità musicale. Attraverso l’improvvisazione inizialmente esplorativa il
musicoterapeuta crea una situazione che servirà all’indagine diagnostica e alla terapia,
poiché avrà proceduto alla conoscenza dell’identità sonora e comportamentale del
paziente. Alla fine quello che può accadere è che tra musicoterapeuta e paziente si formi
una relazione musicale che apre la via a competenze innate., in cui si deve cercare la via
migliore per arrivare a delle risposte da parte del paziente.
Il materiale musicale più significativo viene trascritto in modo che possa divenire un
riferimento nelle sedute successive.
1.4 La musicoterapia analitica di Mary Priesley:
Si tratta di un approccio attivo che si pone come strumento introspettivo finalizzato ad una
evoluzione psichica del paziente. Questo modello richiede una adeguata formazione
analitica o psicoterapica da parte del musicoterapeuta.
Le fasi di intervento sono:
 Identificazione di un problema
 Definizione dei ruoli improvvisativi del musicoterapeuta.
 Improvvisazione del tema.
 Discussione dell’esperienza di improvvisazione.
Questo metodo impiega le valenze simboliche della musica improvvisata da
paziente/musicoterapeuta, per esplorare la vita interiore del paziente, per favorirne
l’evoluzione, per trasformare, integrare e rafforzare il proprio Sé.
Il riferimento psicologico è la psicologia analitica Junghiana.
Jung afferma:
“ In quanto concetto empirico denomino il Sé come il volume complessivo di tutti i fenomeni
psichici nell’uomo. Esso rappresenta l’unità e la totalità della personalità considerata nel
suo insieme. In quanto però quest’ultima, a causa della sua componente inconscia, può
essere conscia solo in parte, il concetto del Sé è, propriamente parlando, potenzialmente
empirico e quindi è, allo stesso titolo, un postulato. In altri termini, esso abbraccia ciò che è
oggetto d’esperienza e ciò che non lo è, ossia ciò che ancora non è rientrato nell’ambito
dell’esperienza. Esso ha queste qualità in comune con moltissimi concetti peculiari delle
scienze naturali i quali sono piuttosto semplici “nomi” che non idee. Poiché la totalità che
consta di contenuti sia coscienti che inconsci, è un postulato, il suo concetto
è trascendente; per ragioni empiriche infatti essa presuppone l’esistenza di fattori inconsci,
e caratterizza con ciò un’entità che solo in parte può venire descritta, ma che per quel che
riguarda l’altra parte rimane pro tempore inconoscibile e non delimitabile. Poiché in pratica
esistono fenomeni della coscienza e dell’inconscio, il Sé, in quanto totalità psichica,
possiede tanto un aspetto cosciente quanto un aspetto inconscio. Empiricamente il Sé
appare nei sogni, nei miti e nelle favole in una immagine di “personalità di grado superiore”,
come re, eroe, profeta, salvatore ecc.; oppure di un simbolo della totalità, come il cerchio,
17
il quadrato, la quadratura del circolo, la croce ecc. Rappresentando una complexio
oppositorum una sintesi degli opposti, esso può apparire anche come diade unificata,
quale è per esempio il Tao, fusione della forza yang e della forza yin, come coppia di fratelli
oppure sotto l’aspetto dell’eroe e del suo antagonista (drago, fratello nemico, nemico
mortale, Faust e Mefistofele ecc.). Ciò vuol dire che sul terreno empirico il Sé appare come
un giuoco di luce e di ombra, quantunque concettualmente esso venga inteso come un tutto
organico e quindi come un’unità nella quale gli opposti trovano la loro sintesi.
Poiché un concetto del genere si sottrae a ogni rappresentazione – tertium non datur: esso
è anche, per questa stessa ragione, trascendente. Da un punto di vista logico, esso
sarebbe anzi una speculazione oziosa, qualora non stesse a designare e a denominare i
simboli unitari che ricorrono sul piano empirico. Il Sé non è un’idea filosofica, giacché non
contiene l’affermazione di una sua propria esistenza, cioè non si ipostatizza. Da un punto di
vista intellettuale esso possiede solo il valore di una ipotesi. Per contro, i suoi simboli
empirici possiedono assai spesso una notevole numinosità (per esempio il mandala), vale a
dire un originario valore affettivo (per esempio Dens est circulus.., la tetrade pitagorica, la
quaternità ecc.) rivelandosi in tal modo una rappresentazione archetipica che si differenzia
da altre rappresentazioni di tal genere in quanto occupa una posizione centrale in modo
conforme all’importanza del suo contenuto e della sua numinosità”.
(C. G. Jung, Tipi psicologici, Boringhieri, Torino, 1968).
Il musicoterapeuta cerca di collegare anche attraverso la verbalizzazione la musica
improvvisata alle dinamiche intra e interpersonali del paziente collegandole alla sua storia
emotiva.
Mary Priestley inpiega varie tecniche:




Entra nella comunicazione somatica, quando le emozioni del paziente diventano
sintomi fisici.
Comunicazione subverbale in cui paziente e musicoterapeuta improvvisano insieme
senza tema né ruoli specifici.
Tecnica della separazione che aiuta ad analizzare esperienze o emozioni che
prevedono l’esplorazione e l’integrazione di diverse polarità.
Prove di realtà in cui il paziente utilizza un tema della sua improvvisazione come
cambiamento esistenziale; gli viene chiesto ad esempio di concentrarsi su un
ostacolo interiore che incontra quale può essere la paura del rifiuto…….
1.5 Immaginario guidato e la musica GIM:
È un processo che utilizza tecniche di rilassamento e musica classica per stimolare
l’immaginario a lavorare per fini terapeutici (Bonny, 1990).
Modello recettivo che usa il verbale e richiede una specifica formazione psicoterapica . Il
modello psicologico di riferimento e quello psicodinamico, trans-personale.
18
Questo riferimento è una branca della psicologia che spiega i fenomeni mentali come il
risultato di un conflitto. Il conflitto deriva da forze inconsce che si manifestano e richiedono
controllo da parte di forze opposte che ne impediscono l’espressione ( infanzia, valore del
mondo interno ).
La seduta ha una durata di circa 90 minuti e prevede:



Rilassamento e individuazione di un tema
Scelta una musica il musicoterapeuta incoraggia il processo immaginativo del
paziente, che così è indotto ad esplorare il proprio mondo.
integrazione dell’esperienza e riemersione dello stato regressivo.
L’osservazione che va fatta è sul come si intende il’musicale’: si può definire approccio
musicoterapico dove la musica è concepita come un mezzo, uno strumento, finalizzato ad
un percorso evolutivo e questa impostazione riferisce ad un modello proprio della psicologia
dinamica e cognitivo-comportamentale ; altrimenti, si parla di musicoterapia dove la musica,
il fare o vivere una esperienza musicale rivesta di per sé connotazioni evolutive e
maturative. In questo caso il modello psicologico a cui si deve fare riferimento è quello
umanistico.
A riguardo la musica per la terapia e come terapia cito Kenneth Bruscia in quanto
musicoterapeuta e studioso nella ricerca musicoterapica. Egli ha certificazioni professionali
in musicoterapia, fa parte della GIM ed ha avuto numerose esperienza con diversi tipi di
utenza, dalle persone con disabilità intellettive, ai disturbi psichiatrici, esperienze in
oncologia e malati di AIDS, psiconevrosi e anziani. Docente presso la New York University,
a Temple nel 1974 ha fondato diversi gradi di bachelor, master e dottorati di ricerca in
musicoterapia. Ha servito come presidente della American Association for Music and
Therapy; ha fatto parte del comitato editoriale di quattro importanti riviste come
Musicoterapia, Musicoterapia Prospectives, Arts in psicoterapia, Journal of Music Therapy e
fondò la Newsletter Internazionale di Musicoterapia.
I suoi interessi di ricerca includono i metodi fenomenologici ed euristici della musicoterapia,
i metodi narrativi ed euristici, i metodi euristici di studio esperienziale dei clienti, i metodi
euristici di studio esperienziale della musicoterapia, metodi proiettivi di valutazione
terapeutica, sviluppo di paradigmi di ricerca per la psicoterapia con la musica, immagini
particolarmente guidate con la musica, sviluppo della teoria della musicoterapia, ricerca di
efficacia quantitativa.
Bruscia, nel suo libro Defining Music Therapy (1998), definisce la musicoterapia come un
‘processo sistematico di intervento’ dove il terapeuta aiuta il paziente a raggiungere uno
stato di salute tramite l’uso di esperienze musicali e della relazione che si sviluppa tra loro
come forza dinamica di cambiamento. Ciò che diversifica la musicoterapia da qualsiasi altra
forma di terapia è la sua fiducia nella musica come agente, contesto, catalizzatore
dell’esperienza terapeutica che sono:
19
l’improvvisazione, ri-creazione, composizione ( Musicoterapia Attiva) e ascolto della musica
(Musicoterapia Recettiva). Ciascuna può coinvolgere il procedimento verbale, il disegno, la
pittura, il movimento espressivo, la danza ed il gioco.
1.6 Modelli Italiani di Musicoterapia
Esistono modelli italiani che vedono le origini grazie all’opera di promozione svolta dalla Pro
Civitate Christiana di Assisi, a partire dagli anni ’70. Ed è sempre ad Assisi che viene
avviato nel 1981 in forma sperimentale il primo corso italiano di musicoterapia. In questo
contesto prende gradualmente forma una originale riflessione sulla musicoterapia nei suoi
fondamenti scientifici , sul suo metodo e i suoi risultati. Lorenzetti, Postacchini ed in seguito
Scardovelli fondano la nascita di un pensiero in tema di musica, prevenzione, riabilitazione
e terapia peculiare e fruttuoso.
L’approccio teorico della scuola italiana considera l’elemento sonoro/musicale
essenzialmente un mediatore facilitante lo sviluppo di percorsi relazionali. Tale
impostazione fa parte della psicologia dinamica per Postacchini, integrate da contributi
afferenti alla prospettiva ecologica e all’ottica sistemica per Lorenzetti e per Scardovelli è
tributaria di categorie che appartengono alla Pragmatica della Comunicazione , della
Programmazione
Neurolinguistica,
della
Psicologia
Umanistica,
della
teoria
dell’attaccamento di Bowlby.
1.7 La musicoterapia per Loredano Matteo Lorenzetti
Lorenzetti è pedagogista, specializzato in Psicologia alla Facoltà medica di Milano,
diplomato al conservatorio G. Verdi di Milano.
La musicoterapia secondo Loredano Matteo Lorenzetti è costituita principalmente dal
‘suono-ritmo-movimento’ che ne deriva da una primaria ed originale esperienza di proto
comunicazione tra feto e madre che interpella lo spazio della comunicazione e della
comunicazione terapeutica. Lorenzetti ha un approccio psicodinamico pertanto lui
interviene in modo da sfruttare le risorse di una comunicazione non verbale e in parte
verbale, in un’ottica di intervento ecologico centrato sulla relazione, valorizzazione delle
parti sane e creative di ciascun individuo.
Per intervento ecologico si intende un sistema di relazioni, in cui il suono e la musica sono
portatori di elementi antropologici, sociologici, culturali, esistenziali entro la concezione
dell’intervento medesimo, delle sue modalità di messa in atto, dei suoi mezzi e dei suoi
scopi. Il suono e la musica sono il linguaggio della realtà oggettiva e anche di quella
soggettiva, esso contiene elementi preverbali, simbolici, comunicativi dell’individuo.
20
1.8 La musicoterapia per Pier Luigi Postacchini
Laureato in Medicina e Chirurgia , specializzato in Psichiatria e Neuropsichiatria Infantile,
psicoterapeuta e psicoanalista ha pubblicato numerosi articoli e testi sulla musicoterapia,
co-autore con A. Ricciotti e M. Borghesi di “Lineamenti di Musicoterapia”. Ha scritto anche
“Viaggio attraverso la Musicoterapia”. Musicista e suona in vari gruppi il sassofono baritono
e il clarinetto basso.
La musicoterapia è concepita come una prassi preventiva, riabilitativa o terapeutica in cui la
musica costituisce un parametro relazionale non verbale attraverso il quale si può costruire
una ‘relazione terapeutica’ in situazioni di handicap neuropsichico.
Egli attinge alla psicologia dinamica, sono utilizzate le concettualizzazioni di Freud, Melanie
Klein, Wilfred Bion, Leon e Rebecca Grinberg, Daniel Stern ed anche di Giorgio Moretti.
La modalità osservativa impiegata è quella espressa dall’ osservazione diretta ee partecipe
anche questa di matrice psicodinamica.
L’analisi dell’elemento sonoro-musicale viene analizzato basandosi sulle teorie di Fernando
Dogana comprendendo così i concetti del fonosimbolismo. Fondamentalmente nel
fonosimbolismo di considera l’aspetto simbolico primario contenuto nelle valenze
espressive dell’’elemento sonoro che si esprime attraverso la stessa scrittura sonora.
Esistono diverse tipologie fonosimboliche:



il fonosimbolismo ecoico: il suono imita qualche aspetto sonoro del mondo reale,
come ad esempio nelle onomatopee;
il fonosimbolismo cinestesico: il suono evoca caratteristiche proprie di altre modalità
sensoriali, il suono è metaforicamente definito duro o molle, luminoso o sccuro. Il
fonosimbolismo cinestesico si fonda sulla percezione di isomorfismo tra strutture
pertinenti a modalità sensoriali diverse (tattili, visive, cinestesiche, cromatiche).
Il fonosimbolismo fisiognomico: il suono evoca caratteristiche emotive e o
psicologiche, (il suono può essere definito allegro, triste, ecc); i processi che lo
determinano sono la trasposizione metaforica e dunque dal fonosimbolismo
sinestesico si passa a quello fisiognomico in quanto il lessico delle emozioni
presenta numerose metafore riferite a qualità fisiche, e la trasposizione sintomatica
poiché nel significante vengono trasposte determinate configurazioni che
accompagnano specifiche emozioni.
Egli considera anche le teorie degli Schemi di rappresentazione dell’espressività musicale
di Michel Imberty , quest’ultimo, infatti, ebbe il pregio di legare le opzioni strutturali con le
dinamiche emozionali suscitate dall’ascolto della musica, in tal modo, ottenendo una
concreta possibilità di valutazione del dato musicale.
21
Il quadro teorico di Postacchini è integrato dai concetti benenzoniani di Iso e di oggetto
intermediario rappresentato dall’elemento sonoro musicale, e dal concetto di area
transazionale di Donald Winnicot, che permette lo sviluppo della capacità di vivere nella
realtà oggettiva riuscendo a conservare il nucleo dell’ onnipotenza soggettiva, che permette
l’espressione dell’originalità e della passione dell’individuo. E’ una sorta di luogo dove il
bambino può giocare creativamente.
La finalità dell’intervento musicoterapico è quella di costruire una ‘relazione terapeutica’
attraverso il parametro sonoro-musicale che possa favorire un’integrazione spaziale (
(distinzione tra Sé ed il Sé), temporale, (dalla dimensione dell’Essere a quella del Divenire),
sociale (rapporto con il mondo esterno e definizione della propria identità). Per Postacchini
questa integrazione è agevolata da un processo di armonizzazione, per la quale si intende
tutta una complessa successione di eventi che tende a promuovere uno sviluppo armonico
di vari analizzatori sensoriali, motori, cognitivi e affettivi ( teorie contenuti nel testo “Problemi
e psicopatologia dell’età evolutiva” di Giorgio Moretti). Dunque, è un percorso che migliori il
rapporto tra dimensione sensoriale e quella mentale, alla cui base troviamo la
sintonizzazione. Stern concettualizzò la sintonizzazione riguardo il rapporto intersoggettivo
che si instaura fra la madre e il bambino, che è una competenza inconscia dove la madre
restituisce al bambino una rilettura metaforica e analogica su ciò che sta dietro uno stato
d’animo. Riguarda gli affetti vitali ovvero le qualità dinamiche e cinetiche delle sensazioni e
dei profili di attivazione. Madre e bambino per entrare in contatto e per relazionarsi devono
condividere affetti di vitalità e devono accordarsi così come fanno i musicisti quando
suonano insieme, così da entrare in sintonia affettiva tra loro.
Tale approccio si prefigge di intervenire sull’esperienza emotiva del soggetto e tramite i
processi di sintonizzazione facilitare una maggiore armonizzazione e regolazione degli
aspetti emotivi quindi una maggiore fluidità bidirezionale tra sensazione, percezione e
pensiero.
1.9 Musicoterapia per Mauro Scardovelli
Musicista diplomato presso il Conservatorio di Genova, si specializza in Psicologia presso
la Facoltà di Medicina di Pavia; ha svolto attività di musicoterapeuta con bambini
gravemente ritardati e per quindici anni è stato docente al Corso Quadriennale di
Musicoterapia ad Assisi. Ha creato un modello originale di musicoterapia e PNL (Dialogo
Sonoro).
La musicoterapia è considerata una tecnica applicabile a quei casi in cui il disturbo della
comunicazione di evidenzia in una disarmonia e disarticolazione degli aspetti temporali
ritmici ed energetici.
Scardovelli fa riferimento alle teorie della Pragmatica della Comunicazione e della
Programmazione Neurolinguistica ed infine della Psicologia Umanistica.
Le finalità dei suoi interventi è quella di definire una base sicura tramite il ‘freming’ ovvero
mettere in cornice e organizzare i comportamenti espressivi spontanei del paziente.
22
La base comune che si realizza tra paziente e terapeuta costituisce la premessa di un
percorso esplorativo. In questo caso le strategie utilizzate sono l’osservazione delle
caratteristiche psicocorporee dell’utente, il misurarsi rispetto ad esse, il ricalcare gli aspetti
ritmici-energetici di tale comunicazione; il musicoterapeuta tende così facendo a
rispecchiare la ‘fisiologia’ dell’utente e di entrare nel suo progetto auto espressivo. In tal
modo il paziente sentendosi accettato e riconosciuto può accedere anche ad emozioni
negative.
Da questi modelli teorici si evidenzia come sia obiettivo comune ribadire la specificità
dell’intervento musicoterapico delineandone gli aspetti espressivi, comunicativi relazionali
implicati nello scambio di natura emotiva. Dunque la musicoterapia risulta indicata in ambiti
clinici dove la comunicazione emotiva non è adeguata laddove vi è una carente
integrazione psicocorporea e dove esiste una disregolazione emotiva e per questo si
intende un processo dove non vi è la possibilità di articolare il vissuto emotivo con una
rappresentazione simbolica dello stesso. Si tratta di sperimentare le proprie emozioni e
pensarle. Per esperienza personale, aldilà dei vari contesti in cui ho operato, è emerso sin
da subito in me il pensiero che più volte mi sono trovata ad attingere a varie delle teorie
sopra enunciate e descritte senza aderire necessariamente ad una sola anche riguardo ad
uno stesso caso trattato con un intervento musicoterapico. Proprio per i momenti di
regressione e di evoluzione che l’individuo ha durante una seduta di musicoterapia il poter
usufruire dell’elemento sonoro-musicale sia in interventi di musicoterapia attiva sia recettiva
in modo coerente allo stato d’essere del paziente è importante così da garantire un certo
confort psicologico durante il setting, ovviamente operando con ordine e non in modo
confusivo che porterebbe all’annullamento della relazione del musicoterapeuta col paziente.
La chiarezza sul proprio operato e un obiettivo indicativo del proprio intervento deve far
parte del cosiddetto ‘contratto’ col paziente. Di conseguenza, mantenendo chiari i metodi e
il setting si facilita la comunicazione e l’interazione con altri professionisti dell’equipe con cui
si condivide il caso clinico.
Una riflessione ulteriore va fatta nel momento in cui da un lato è evidente come sia
fondamentale per ogni musicoterapeuta essere pienamente consapevole del proprio quadro
teorico di riferimento ma di come la dizione ‘modelli’ appare un po’ impropria per lo stato
dell’arte musicoterapico.
Infatti, la multidisciplinarietà della musicoterapia presenta un contesto teorico poco integrato
e più il risultato di accostamenti che di reali integrazioni e non sempre si osserva
congruenza tra le premesse teoriche enunciate e la prassi che ne consegue, questo perché
è assai difficile tradurre l’elemento sonoro-musicale all’interno di categorie psicologiche
utilizzate dai diversi ‘modelli’ musicoterapici. Tale difficoltà però può trovare una evoluzione
se si va perseguendo un rapporto più stretto con la dimensione clinica poiché qui può
essere fatta una integrazione fra le diverse teorie che compongono la musicoterapia e gli
aspetti applicativi e di metodo.
23
Gli ambiti applicativi in cui la musicoterapia può trovare utilizzo sono principalmente tre:
-Intervento di tipo preventivo, in cui l’elemento sono- musicale ha finalità contenitive e
maturative; la musica in tal caso può agevolare un percorso di crescita e di conoscenza
personale, può sviluppare la creatività così da permettere modalità espressive comunicabili
e socializzanti in cui possono essere eventualmente trasformati potenziali nuclei patogeni.
Dunque, la musica può essere utilizzata in percorsi finalizzati allo sviluppo di relazioni,
come in contesti di disagio sociale e psichico, e alla maturazione emotiva,
all’individuazione, all’integrazione.
-Intervento con valenze riabilitative in cui si prefigge di riattivare e potenziare settori
deficitari, funzioni non evolute o regredite; in questi casi la gratificazione dell’elemento
sonoro-musicale può consentire un’attivazione del soggetto anche specifica; inoltre,
l’elemento sonoro-musicale nella sua strutturazione e nelle sue modalità di fruizione e di
espressione che propone rappresenta un potenziale modello al cui interno articolare e
modificare le potenzialità del soggetto che emergono.
-Intervento con valenza psicoterapica in cui il terapista può favorire un lavoro centrato sui
contenuti evocati e rappresentati dal musicale, sia in ambito espressivo sia recettivo,
corrispondendo con dei rimandi di riformulazione e di interpretazione, oppure, è proprio il
lavoro espressivo che costituisce parte integrante del processo terapeutico. La costruzione,
l’elaborazione, la trasformazione dell’oggetto sonoro-musicale possono rappresentare delle
fasi di un processo di cambiamento e/o di strutturazione.
L’intervento musicoterapico può prefiggersi l’obiettivo di una maggiore strutturazione del Sé
e favorire una integrazione intrapsichica in una ottica più evolutiva.
[Gerardo Manarolo- Manuale di musicoterapia, 2006].
24
Capitolo II:
GLI AMBITI APPLICATIVI DELLA MUSICOTERAPIA.
.
25
La Musicoterapia trova applicazione in ambito preventivo, riabilitativo e terapeutico.
Il contesto preventivo trova esemplificazione in diversi ambiti: la gravidanza, l’età evolutiva,
la terza età , le cure palliative , la preparazione preoperatoria. Nei primi tre contesti la
musicoterapia si confiura come un intervento di prevenzione primaria e per questo termine
si intende la possibilità di identificazione e modifica o addirittura l’abolizione delle condizioni
ambientali considerate patogene. [G.Vizzano- Il laboratorio espressivo musicale nella
scuola dell’infanzia, 2011].
L’intervento musicoterapico in hospice viene definito come una prevenzione terziaria,in cui
le iniziative di prevenzione tendono ad evitare le recidive o a impedire la cronicizzazione e
le complicanze del disturbo.
Si parla, invece, di prevenzione secondaria se l’intervento musicoterapico ha come finalità
di ridurre l’incidenza per la morbilità. [G.Vizzano, 2011].
La musicoterapia in fase preoperatoria è di carattere preventivo di tipo primario.
Le applicazioni riabilitative, invece, si dividono in un ambito psichiatrico ed in un ambito
neurologico; questa suddivisione, in parte forzata, vuole differenziare gli interventi volti a
promuovere aspetti espressivi, comunicativi, relazionali, atti a favorire una migliore
regolazione delle emozioni, ambito psichiatrico, da quegli interventi mirano al recupero o al
potenziamento di specifiche competenze neuropsicologiche e neuromotorie.
In ambito psichiatrico rientrano gli interventi rivolti alla tossicodipendenza, alla cura dei
disturbi psichiatrici propri dell’età adulta e dell’adolescenza, al trattamento del disagio
psichico che si osserva dei deficit neuromotori e dei sintomi psichiatrici presenti in gravi
quadri involutivi.
In ambito neurologico le esperienze musicoterapiche si rivolgono al trattamento degli stati di
coma vegetativo persistenti, alla riabilitazione dei disturbi afasici e dei parkinsoniani motori
e degli Alzheimer.
E’ bene sottolineare come ogni tipo di intervento musicoterapico necessita di una verifica di
tipo qualitativo e una di tipo quantitativo.
La verifica integra approccio qualitativo e quantitativo; il primo rappresenta la modalità
principale di analisi degli interventi musicoterapici, prende in considerazione gli aspetti
relazionali e vi è la necessità di comprovare i risultati raggiunti proprio per uscire dalla
autoreferenzialità. Dunque, l’analisi del processo è maggiormente legato ad un approccio
qualitativo, l’analisi del risultato a quello quantitativo. [G.Manarolo, 2006].
Mentre nell’analisi del processo vengono studiati i parametri di relazione mt/pz,
l’esposizione della musica da parte del paziente e del musicoterapeuta, il cambiamento
della musica nel corso del trattamento, nell’analisi dei risultati vengono misurate le
26
variazioni
della
condizione
fisica-psicologica
come
ad
esempio
il
miglioramento/peggioramento dello stato fisico del paziente, la variazione di alcuni indici
corporei quali il battito, la pressione ed il respiro, il miglioramento dell’autostima, la
percezione del sé e insight e la risoluzione dei conflitti. [G.Manarolo, 2006].
Nella verifica qualitativa il protocollo descrittivo delle singole sedute è una interpretazione di
processi inter e intrapsichici. Il metodo osservativo si avvale di una osservazione diretta
partecipe che poi si discute in supervisione. Il supervisore fornisce un punto di vista
ulteriore, più neutro sicuramente, al processo terapeutico e dimostra le ragioni più o meno
consapevoli di certe scelte.
Nella verifica quantitativa si osservano diverse procedure: indagine storica, procedure
descrittive (studio dettagliato di un caso), osservazione sistematica, metodo correlazionale
e studio delle relazioni tra tre variabili, procedure sperimentali che hanno lo scopo di
stabilire la relazione di casualità tra eventi, manipolando la variabile indipendente. La
verifica di tipo quantitativo osserva principalmente il numero di cambiamenti nell’attenzione
e nell’interesse per la produzione nel corso della seduta, la durata dell’impegno nella
produzione artistica, il numero di contatti con il musicoterapeuta per verificare il
cambiamento nel rapporto tra musicoterapeuta e paziente. Questo tipo di verifica si
concentra sul numero di cambiamenti espressivi, sul tempo dedicato all’intervento
musicoterapico, sul contatto con il terapeuta e sulla elaborazione dei vissuti emotivi.
[G.Manarolo,2006].
Ciò che può essere misurato sono:
- l’interazione con lo strumentario ( indifferenza, rifiuto, interesse…);
- l’interazione con il musicoterapeuta, la produzione sonoro-musicale del paziente che può
essere strutturata, non strutturata e ripetitiva, strutturata e modulata…;
- l’interazione sonoro-musicale ovvero assenza di tratti ricorrenti/rapporto armonico tra le
parti della sequenza.
Il musicoterapeuta utilizza l’elemento sonoro-musicale quale mediatore espressivo
facilitante una relazione musicoterapeuta-paziente con il fine di raggiungere un obiettivo
preventivo oppure riabilitativo.
Si può dunque affermare che la prevenzione è un intervento con finalità globalmente
contenitive e maturative in cui la musica è un mezzo per la conoscenza personale, mentre
la riabilitazione è un intervento atto a riattivare e potenziare settori deficitari, funzioni non
evolute o regredite. [G.Manarolo, 2006].
27
2.1 MUSICOTERAPIA E PREVENZIONE
Da qualche tempo a questa parte si sta comprendendo che la “salute” non è solo
intesa come assenza di malattia, bensì è vivere con ritmi giusti per ognuno, vivere
in un ambiente sano ed accogliente, nutrire in modo adeguato il corpo e la mente,
coltivare buone relazioni che facciano stare bene noi stessi. (1)
Dunque, il fattore benessere più importante è preso in considerazione in tutte
quelle forme di relazione di aiuto nella sfera preventiva dei fattori di rischio e di
disagio.
L’introduzione dell’approccio musicoterapico in un contesto scolastico ed educativo
ha sempre sollevato dubbi e timori principalmente per due ragioni:
-la prima è dovuta al fatto che esiste una difficoltà nel definire i contorni di questa
disciplina che confina con l’ambiente psicopedagogico e con quello psicoterapico.
-la seconda è che Il disorientamento che ne deriva è una conseguenza del fatto
che alcune pratiche musicoterapiche derivano da un contesto psicopedagogico
con cui possono condividere aspetti teorici e metodi; basti pensare al modello
Nordoff-Robbins(1) caratterizzato da un approccio attivo, in cui la Mt creativa
intende promuovere l’essere umano, di potenziarne l’espressività, gli aspetti
comunicativi e relazionali riducendo, laddove presenti, gli aspetti patologici. Questo
modello fa riferimento alla psicologia umanistica e all’antroposofia di Stern che
riconosce all’uomo la capacità di elevarsi alla conoscenza dell’invisibile e compiere
la sua funzione nell’universo.
[ Stefano Navone, 2011].
L’intervento musicoterapico utilizza l’elemento s/m in chiave metaforica. I suoni, le
musiche proposte e prodotte sono intese come espressione di un mondo interno e
come rapporto tra mondo interno ed esterno. Il “musicale” nell’individuo
rappresenta sia qualità sia problematiche del soggetto e propone possibili linee
evolutive.
28
Nell’ambito preventivo della Mt lo scopo non è quello di educare alla musica ma
piuttosto mettere in relazione con la musica a tal punto da entrare in contatto con
la dimensione emotiva del bambino tramite l’elemento s/m. Dunque, un percorso
che tende ad una vera e propria educazione alle emozioni in modo da riuscire ad
esprimerle, riconoscerle e regolarle.
Inserito in un ambito scolastico il musicoterapista si trova ad avere un ruolo
all’interno di un team rappresentato dalle insegnanti. E’ chiaro come sia importante
definire il proprio ruolo e spiegare i principi e gli usi terapeutici della Mt, quali sono
le modalità di intervento e quali sono gli intenti o obiettivi che il musicoterapista si
prefissa durante questo tipo di percorso con i bambini che possono consistere nel
migliorarne la comunicazione e le relazioni di socializzazione tra i bimbi stessi e/o
dare loro una possibilità di poter esprimere le proprie emozioni. Questa
conoscenza agli insegnanti può avvenire in vari modi : attraverso workshop, inservice training, letture, dimostrazioni di video, condivisione di sintesi di lavoro
congiunto.
A tal proposito, durante il mio tirocinio presso la Scuola per l’infanzia G.Rodari di
Alpignano, presenziai a degli incontri tra il Musicoterapista (il mio tutor) e le
maestre della scuola, che furono invitate a fare personalmente esperienza di ciò
che potevano essere gli interventi di Musicoterapia tramite una esperienza di
gruppo, utilizzando strumentario Orff, fornito dal mio tutor, con metodo
improvvisativo, invitando il gruppo a provare ad instaurare dei dialoghi sonori a
coppia.
Un altro momento importante e significativo che rende il lavoro del Musicoterapista
come un lavoro integrato in un contesto scolastico sono i momenti di confronto sia
con le maestre sia con i genitori del bambino in un contesto individuale che
permetta una massima discrezione e privacy necessarie in un rimando così
delicato e personale.
Alla base di tutto questo vi è l’osservazione che il musicoterapista fa durante le
sedute di Mt con i bambini ed annota stilando dei protocolli di seduta che saranno,
in seguito, materiale utile nella compilazione delle relazioni inerenti al proprio
lavoro svolto, da consegnare alla scuola.
Nei protocolli vengono annotate osservazioni colte durante la seduta sottolineando,
talvolta, alcune situazioni di rilievo che hanno destato l’attenzione del
musicoterapista, di frasi o parole pronunciate dai bimbi dietro le quali si possono
cogliere significati simbolici o l’espressione positiva o negativa di una emozione, di
comportamenti o condotte dei bambini osservati; sarebbe opportuno indicare in
ogni protocollo la data, il numero di seduta, i nomi dei bambini partecipanti, al fine
di evidenziare alcuni fenomeni di evoluzione o di arresto di alcune espressioni
significative emersi durante gli incontri.
Un altro punto importante è far capire allo staff degli insegnanti che questo tipo di
lavoro richiede uno spazio proprio, setting, e che non è possibile svolgerlo nelle
classi. Il lavoro del musico terapista nell’ambiente scolastico deve essere flessibile
e adattarsi agli orari della scuola, ai momenti di ricreazione e di mensa.
29
Ad Alpignano il setting delle sedute era un luogo ampio utilizzato come palestra e
centro educativo-ludico-ricreativo.
Questo fa sì che il bambino capisca il diverso ruolo che il musicoterapista ha
rispetto al ruolo dell’insegnante e così pure il contesto in cui si viene a trovare così
da facilitarlo ad accettare nuove regole, rispetto a quelle conservate in classe.
Una regola, ad esempio, è quella di suonare senza parlare, cosa assai difficile con
dei bambini che associano l’esperienza s/m con il gioco in cui si parla per
comunicare.
Da quanto detto risulta importante la condivisione di un programma e le modalità di
intervento
con la scuola al fine di dare un senso al lavoro svolto con ogni bambino nel quale
possano emergere degli aspetti comportamentali , comunicativi ed emozionali, utili
per il lavoro educativo dell’ insegnante stesso.
Ho osservato come l’approccio musicoterapico, attraverso una dimensione dialogica e
relazionale, sviluppa un processo definibile unico tra MT e bambino. L’elemento sonoro
musicale ha in sé la potenzialità di educare le emozioni stesse dei bambini tramite
l’espressione, il riconoscimento e la regolarizzazione di queste.
Oltre alla suddetta funzione aggiungerei quella integrativa che l’applicazione della
musicoterapia ha in questo ambito.
Innanzitutto, vorrei sottolineare la collaborazione delle maestre in questo progetto, che con
la loro costante presenza e competenza hanno dato un prezioso contributo allo svolgimento
dell’intervento musicoterapico. La relazione con le maestre fu subito molto buona e il loro
sorriso, ritrovato ogni qual volta mi recavo qui per il mio tirocinio, mi ha accompagnato sino
alla fine.
Proprio in relazione alle maestre, voglio qui ricordare il contesto positivo in cui ho operato,
in cui professionalità, umanità, competenza ed attenzione nello svolgimento del proprio
lavoro sono state le costanti peculiarità.
Ho avuto, nel passato, esperienze sia personali sia professionali in questi ambienti e
pertanto credo di essere obiettiva nell’affermare la massima serietà di queste maestre che
ho conosciuto. La loro apertura all’inserimento della musicoterapia mi ha meravigliata,
soprattutto perché ho visto interesse, collaborazione, curiosità intellettiva e pratica sempre
più crescente. Hanno capito quanto può essere importante il “musicale” che c’è in ognuno
di noi sin dai primi anni di vita, di come ogni elemento sonoro proposto dal bambino è una
metafora del loro mondo interno e del loro rapporto con l’esterno. Proprio in questi contesti
in cui musica, terapia e prevenzione concorrono a sollecitare ed accogliere l’identità sonora
del bambino e poter così rientrare nella sua dimensione emotiva e, talvolta, rilevare punti di
criticità, si può svolgere un lavoro definibile terapeutico.
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IL CASO DI M.
M. ha 10 anni, figlio unico e frequenta la quarta elementare. La madre riferisce che
il bambino ha la media del nove ma potrebbe fare di più perché sbaglia facendo
errori di distrazione a scuola; lo deve seguire costantemente nello svolgimento dei
compiti perché, dice, che a casa è molto dispersivo.
A scuola ha l’appellativo di ‘piccolo maestro’ perché a volta aiuta i compagni nei
compiti e ha una buona condotta. Ama storia, matematica e geografia, un po’
meno l’italiano a meno che non vi siano temi dove lui può inventare delle belle
storie e dove, lui stesso dice, possa liberare la sua fantasia.
Settimanalmente pratica alcuni sport: judo e lo sci che ama tanto. Infatti vorrebbe
imparare a fare lo sci d’alpinismo.
Dal 2005 M. è in cura dallo psichiatra Dott. Frizzi per disturbi d’ansia (così mi viene
riferito dalla madre).
Secondo lei ha tutto inizio da un parto difficile in cui è rimasta 70 ore senza acque,
cosicchè il bimbo ha riportato sofferenza neonatale con dei sintomi che si sono
protratti a lungo come il reflusso gastrico e pianto continuo fino ai tre anni.
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Per questi motivi c’è stato un attaccamento simbiotico con la madre fino a sei anni
di età. Ci sono stati problemi di distacco durante l’inserimento all’asilo all’età di
quattro anni con episodi di crisi di ansia, come, ad esempio, sentire la gola che si
chiude, soffocamento e difficoltà nella respirazione.
Nel 2005 contrae il Rotavirus con conseguente ospedalizzazione per
disidratazione con enorme difficoltà da parte del personale medico e paramedico
nel somministrare le terapie e contenere le sue crisi, definite di panico. Da quel
momento, a causa del trauma ospedaliero nessun medico può avvicinare Mattia
perché terrorizzato dal camice bianco.
Nel contempo ha cambiato asilo per problemi sorti con la direttrice che, sostiene la
madre, non aveva capito bene e giudicato malamente l’iperattività del bambino. Da
qui in avanti furono frequenti gli attacchi di ansia e di panico.
La madre, che mi conosce da tempo, mi chiese che cos’è la musicoterapia e io le
diedi le informazioni richieste; le dissi di parlarne con il neuropsichiatra infantile che
segue M. per sentire quale poteva essere il suo parere in merito e se vi era la
possibilità di collaborare.
Proposi di condurre il lavoro terapeutico in collaborazione con la psicanalista
Dott.ssa Gribaudo offrendo la possibilità a M. di avere più incontri terapeutici al
mese rispetto a quello che poteva offrirgli l’Asl TO3.
Il neuropsichiatra di riferimento disse che il setting di musicoterapia a suo parere
era appropriato per tirare fuori a M. emozioni e pensieri sul momento che stava
vivendo in famiglia dove era in atto la separazione dei suoi genitori. Inoltre
aggiunse che l’aiuto della psicoanalista sarebbe stata una ulteriore risorsa.
Così, a marzo del 2013 iniziai gli incontri di musicoterapia nel mio studio a
Pinerolo.
M. mi riferisce che ultimamente sente la madre come la ‘nemica’ perché lo’pressa’,
non gli dà tregua e lo critica sempre. E questo corrispondeva alla realtà.
La madre raccontava che lui rispondeva facendo i capricci e picchiandola, mentre
a scuola risultava essere un bambino modello e socievole con gli amici che
frequentava poco a casa e di questa cosa M. si lamentava perché avrebbe voluto
invitare più spesso i suoi amici.
Dal 2010 M. diceva di avere una “ supernemica” che è l’amante del padre. Infatti,
da due anni era a conoscenza della crisi matrimoniale dei suoi genitori e reagiva in
modo isterico ed aggressivo con entrambi i genitori con azioni che rasentavano la
disperazione e l’esasperazione al pensiero della separazione dei suoi genitori.
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Le crisi consistevano nel dare fuoco alla carta in casa, poi spaventato chiedeva
aiuto quando vedeva che le fiamme si ingrandivano; minacciava i genitori con i
coltelli da cucina e c’ era stato un episodio in cui voleva buttarsi giù dal balcone
perché diceva di essere esasperato dai suoi genitori. Alla mia domanda “che cosa
senti quando dai fuoco alla carta” o “ cosa senti quando ti comporti in modo così
pericoloso” lui rispondeva che avvertiva una sensazione di liberazione nell’atto di
appiccare il fuoco ma poi subentrava la paura dell’incendio quando vedeva le
fiamme e subito dopo si sentiva confuso e non sapeva perché aveva fatto tutto
questo.
Per questi motivi ho proposto di fare degli interventi di musicoterapia, spiegando
come questa disciplina condotta da un operatore qualificato veniva applicata in età
evolutiva sottolineando l’intento di poter favorire lo sviluppo globale del bambino,
quindi la crescita affettivo-relazionale ed emotiva, attivare e stimolare il processo di
conoscenza di sé e degli altri e sviluppare la propria individualità così da
permettere a M. di accedere al proprio mondo personale, conoscere la propria
identità e aumentare la consapevolezza rispetto alle situazioni problematiche.
Il suono, la musica e il movimento sono importanti elementi di sviluppo affettivo ed
emotivo e di arricchimento della propria dimensione interiore e simbolica.
Ho avuto modo di analizzare alcune musiche che piacciono particolarmente a M.
come “Baila” di Gigi D’Alessio, “Fotomodelle” di D’Alessio e “La mia banda suona il
rock” nella versione cantata da Laura Pausini. E’ emerso che M. ama
prevalentemente i ritmi veloci in tempo binario e soprattutto il genere latinoamericano. Sono tutti brani che invitano al movimento del corpo, melodie gioiose e
giocose per alcuni versi, per altri un po’ malinconiche. Vi sono numerosi effetti
sonori dati dalle percussioni molto originali. M. presenta un lato creativo
interessante e ha un animo piuttosto “colorato” ed originale.
I brani evocano filastrocche del tutto coerenti con la sua età. I ritmi così veloci,
ripetitivi sottolineano l’esistenza di una certa compulsività e gli assoli di chitarra
elettrica presenti in due brani sembrano dei veri e propri sfoghi con la voce che
urla. Le percussioni all’inizio di un brano rappresentano uno stimolo sonoro intenso
che induce al movimento. In una lettura di tipo interpretativo si potrebbe affermare
che lui ha bisogno sempre di stimoli forti per fare le cose.
I numerosi cambi di tonalità in modo minore esprimono una certa malinconia e
nella ripetitività delle frasi musicali si intravvede un pensiero del bambino che
vorrebbe cambiare qualcosa della sua vita che gli procura sofferenza e non riesce
nell’intento sino a portarlo all’ansia. Infatti, la struttura musicale crea tensione
nell’ascoltatore ed il sonoro è sempre di elevata intensità.
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Setting musicoterapico:
Utilizzo strumentario Orff costituito sia da strumenti melodici sia ritmici.
Metodologia:
La tecnica utilizzata è l’improvvisazione in un contesto non verbale.
Sintesi del caso e del percorso:
Utilizzando il mediatore sonoro-musicale è possibile accogliere anche la
contraddizione, il frammentato e l’inesprimibile.
Durante una seduta M. mi disse: ‘ quando suono caccio via il rumore che ho dentro
di me’. Secondo il mio parere, avere la figura della psicanalista per M. è una
risorsa di aiuto ulteriore perché con i suoi interventi può dare un significato alla
parola ‘rumore’, far capire al bambino come i suoni lo aiutano per questo e mettere
ordine nella confusione in cui versa e che chiaramente afferma.
Inizialmente, essendo un bambino a cui viene negata quotidianamente qualsiasi
libertà di scelta, stabilisco di lasciare a lui la scelta degli strumenti da portare nel
setting di volta in volta. Prevalgono nelle prime sedute gli strumenti a percussione
che lui suona con le mani o con i battenti ad alta intensità sonora con una modalità
che definirei compulsiva, senza mai interrompersi, anche quando cerco di inserirmi
in un dialogo sonoro. Proseguendo le sedute M. introduce anche due strumenti più
melodici:il glockenspiel e la carimba, che suona sempre ad elevata intensità
sonora. Chiaramente sfoga le tensioni sugli strumenti a volte dando l’idea di
esserne così preso da non rendersi conto del tempo che passa e di chi sta intorno
a lui.
Ha un ritmo irregolare, piuttosto disordinato e non segue né imita i ritmi che di tanto
in tanto gli propongo, come se avesse un problema di riconoscimento e di
identificazione di questi; la psicanalista afferma che questo potrebbe essere la
conseguenza di un protratto legame simbiotico con la madre.
Nel tempo, dopo qualche mese di sedute, che avvenivano a cadenza settimanale,
Mattia inizia ad imitare i ritmi strutturati durante i nostri dialoghi sonori. Inizia ad
‘ascoltare’ e in modo del tutto naturale prova a seguirmi.
Ho osservato con interesse il modo in cui M. dispone i battenti durante la seduta.
Prende tutti i battenti a disposizione e anche se non li usa li dispone uno accanto
all’altro in modo estremamente preciso ed ordinato, come se dovesse avere il
controllo di tutto e tutto deve essere in ordine. A fine seduta riordina i battenti nel
posto preciso da cui li ha presi.
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Il bambino a fine della seduta commenta l’esperienza sonoro-musicale disegnando
il setting oppure facendo un disegno a mano libera o scrivendo pensieri.
Alla fine delle sedute lui è sempre stanco, e si lamenta per questo, ma appare
visivamente sereno e sorridente. Mentre suonava un giorno ha verbalizzato: “ Sono
stanco ma non posso fermarmi…… devo fare questo…” indicando gli strumenti da
suonare. Nella quarta seduta mentre suonava si ferma improvvisamente, e si dà
degli schiaffi perché dice che si stava addormentando. Inoltre, afferma che anche a
casa alla sera è sempre stanco ma “non può dormire”, sicuramente a causa della
situazione di casa, penso io. Spesso trasferisce la sua rabbia nei confronti di suo
padre sulle percussioni, a suo dire, perché non lo considera affatto e si sente
abbandonato da lui. Interessante osservare come lui sia solito sovrapporre le
percussioni, ad esempio, il tamburo sui bonghi, il tamburello sul tamburo quasi
come proiezione di un legame simbiotico di cui lui necessita perché è stata la sua
condizione affettiva fino a quel momento di crisi.
Della madre riferisce che non è mai contenta e lo ‘martella’ sempre. In una seduta
ha rappresentato la figura materna con un tamburello che inizialmente ha suonato
sfiorando la membrana quasi come accarezzandola con la mano. In seguito ha
terminato percuotendola con un battente ad alta intensità sonora in modo
compulsivo quasi come se si fosse incantato.
In una seduta lo invito ad ascoltare dei brani musicali e a provare ad esprimersi o
scrivendo o disegnando ciò che le musiche suscitano in lui, anche solo segnalando
quei brani di maggior o minore gradimento. Questo genere di esperienze non è
piaciuto affatto al bambino che ha iniziato ad essere iperattivo, a parlare durante
l’ascolto e visibilmente teso. Gli chiesi cosa stava succedendo e lui mi rispose che
aveva paura di sbagliare il compito e non voleva ascoltare né disegnare. In realtà,
mentre parlava ascoltava e disegnava. Ma era preoccupato e ansioso, allora per
aiutarlo gli avevo chiesto se voleva ascoltare la musica che piaceva a lui e così
avevamo fatto.
M. non ha più continuato a venire in seduta, né da me né dalla psicanalista, perché
la madre non vedeva miglioramenti; il neuro psichiatra, in quel momento, ci aveva
contattato dicendosi dispiaciuto di questa scelta perché lui da solo, per ragioni di
sovraccarico lavorativo all’Asl, non poteva condurre in maniera decente e
sufficiente il lavoro terapeutico col bambino.
Conclusioni:
In questo caso il lavoro svolto su M. ha comportato l’ applicazione di più discipline,
in cui la Musicoterapia ha avuto un ruolo fondamentale nel momento in cui il
bambino in seduta aveva avuto la possibilità di esprimere non verbalmente ma con
i suoni il suo mondo interiore tanto travagliato. Quindi, era potuto emergere tutto il
disagio e la sofferenza di M. su cui sia la psicanalista sia il neuropsichiatra hanno
potuto lavorare.
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Molto significativa è stata la gestualità del bambino durante le sedute di
musicoterapia ed anche la disposizione strumentale grazie alla quale ho avuto
ogni volta lo spunto per intervenire entrando nel suo mondo interiore che in quel
momento il bambino mi portava.
Da quanto detto è stato davvero importante in un caso così complesso,anche per
le dinamiche familiari che comportava, aver potuto lavorare e collaborare insieme
ad altri specialisti su un obiettivo comune che era quello di supportare questo
bambino e aiutarlo anche farmacologicamente ad affrontare una serie di traumi
affettivi di quel momento cercando di rafforzare la sua identità, per nulla espressa,
che lo portava ad un senso di frustrazione interna che veniva sfogata in modo
aggressivo ed incontrollato con condotte pericolose per sé e per gli altri.
Qualche miglioramento comportamentale ed emozionale si è ottenuto e sono
venuta a conoscenza dal neuropsichiatra che il bambino chiede ancora oggi di
poter riprendere le sedute di musicoterapia perché, a suo dire, queste sedute gli
piacciono molto perché a lui piacciono gli strumenti e soprattutto la musica…….”.
Ricordo una sua frase: “qui è tutto divertente perché posso suonare quello che
voglio…..”.
Interessante da un punto di vista terapeutico che i significati emersi nelle sedute di
musicoterapia hanno trovato una rispondenza in ciò che è emerso nel Test dei
colori eseguito dalla psicanalista. Infatti, facendo un confronto con i contenuti dei
miei protocolli di seduta e il test è emerso che il bambino ha una buona struttura di
personalità, molto elastico e gioioso e questo era emerso nel setting
musicoterapico sia nella disposizione degli strumenti sia nella modalità con cui
venivano suonati; Nel test si afferma che M. aveva bisogno di pace ed armonia;
ecco le sue parole… “io qui suono ciò che voglio”… Inoltre, i compromessi
eccessivi hanno inibito i suoi piaceri avvertendo un senso di impotenza portatore di
ansia continua tanto da farlo sentire sempre stressato; ecco perché nella seduta di
ascolto delle musiche in cui gli era stato chiesto una specie di compito da svolgere
aveva creato in lui ansia e agitazione mentre nelle sedute con gli strumenti
l’improvvisazione lo lasciava libero di agire. Il suo essere stato coinvolto
eccessivamente nella separazione da parte della madre l’aveva portato a sentire
minaccioso l’ambiente di casa portandolo ad una sensibilità repressa.
Dunque, facendo musica lui poteva in quel modo liberarsi dei suoi conflitti interni e
trovare in seduta una certa stabilità nel suo caos interiore, anche perché più volte
mi ha riportato dei sogni fatti il giorno prima della seduta in cui c’era in modo
ricorrente un bisogno di trovare delle vie di fuga. Da qui emergono la sua mancata
fiducia verso tutti, la poca stima di sé stesso, la sua perdita di volontà nelle cose
portando tutto questo ad una diagnosi di depressione.
Pare che l’intervento di musicoterapia, in questo caso specifico, sia servito a creare
un discorso di interdisciplinarietà tra più professionisti che si potessero occupare
del bambino.
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La necessità di più figure si è resa necessaria in seguito all’analisi dei bisogni del
bambino, così da poter intraprendere una cura in cui lui si potesse esprimere
verbalmente e non, parallelamente ad una terapia farmacologica di cui
necessitava, in quanto la sola Musicoterapia non avrebbe potuto essere
sufficiente, pur essendo stato riconosciuto dal neuropsichiatra e dalla psicanalista
che proprio in queste sedute il bambino era riuscito a tirare fuori molto di sé.
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Nelle fasi di verbalizzazione delle sedute M. era solito disegnare ed alla mia domanda:
“cosa succede mentre suoni?” egli mi rispose con il disegno che ho qui riportato.
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Di seguito riporto uno strumento creato da me durante un laboratorio alla Scuola di
Musicoterapia al Terzo anno. Si tratta di un sonaglio ricavato dalla parte terminale dello
schienale di una sedia alla cui prossimità ho inserito dei campanellini, scelti in base alla loro
sonorità, fino a dare un aspetto antropomorfo. Il destinatario è una bambina di 6 anni con
diagnosi di Anoressia nervosa per la quale mi erano stati chiesti degli interventi di
musicoterapia.
L’aspetto antropomorfo era stato studiato per una bambina come questa che non aveva
amiche se non compagni di scuola con cui faceva fatica a relazionarsi così da divenire un
oggetto intermediario tra me e lei che in questa fase patologica aveva serie difficoltà nella
comunicazione verbale e nell’espressione di qualsiasi emozione. Lei stessa diede il nome al
sonaglio di Francesca e per tutto il percorso musicoterapico questo strumento fu sempre
presente fino al momento del distacco che avvenne quando la bambina inizio a socializzare
a scuola e crearsi delle amiche con cui giocare.
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2.2 MUSICOTERAPIA E RIABILITAZIONE PSICHIATRICA.
Postacchini scrive:
“La Musicoterapia è finalizzata alla facilitazione di un progetto integrativo dell’identità, tale
integrazione presuppone che all’interno dell’individuo avvenga una chiarificazione tra
mondo interno e quello esterno, che si attua dapprima nello spazio, poi nel tempo e infine
nelle relazioni sociali e a favorire questo percorso di integrazione fino al massimo livello
possibile per la singola persona è il nostro obiettivo strategico. Per il conseguimento di tale
obiettivo utilizziamo una tattica che prevede come risultato intermedio una migliore
armonizzazione della personalità”.
Il concetto di armonizzazione si intende una complessa successione di eventi mirata a
promuovere uno sviluppo armonico di vari analizzatori ovvero sensoriali, motori,
neuropsicologici,
cognitivi,
affettivi
e
sociali.
[G.Manarolo,
M.Borghesi-Musica
e
Terapia,2004].
La condizione di sofferenza psichica è caratterizzata da una disarmonia cronica e i suddetti
analizzatori in questo caso non si integrano; dal momento in cui la fase di apprendimento e
di consolidamento non avvengono in modo fluido e coerente, ogni cambiamento viene
vissuto in maniera drammatica e minacciosa e di conseguenza lo stato di crisi non può
risolversi.
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Il processo terapeutico deve, dunque, portare gli analizzatori sensoriali e motori ad
integrarsi il più possibile così da integrarsi nell’organizzazione mentale del paziente;
bisogna fare in modo che altrettanto fluido sia il passaggio tra i momenti di percezione
sensoriale e quelli di elaborazione mentale al fine che possano avere luogo i processi di
simbolizzazione. [G.Manarolo,2006].
Nel contesto della relazione musico terapeutica sono utilizzati parametri armonizzanti di tipo
sonoro-musicale che favoriscono le sintonizzazioni di natura affettiva che, secondo Stern,
sono alla base di qualsiasi modalità comunicativa non verbale. È stato pubblicato a cura di
A. Seva il libro “The european handbook of psychiatry and mental health”, in cui un intero
capitolo è dedicato alle terapie espressive e loro applicazioni in ambito psichiatrico. Si parla
di principi e metodologie della musicoterapia trattate da due musicoterapeuti che da anni
lavorano nel campo della musicoterapia,C. Schwabe e A. Reinhardt.
Partendo da una concezione bio-psico-sociale del disagio mentale, la musicoterapia viene
definita come una forma specifica di intervento psicoterapico, intendendo con questo
termine una modalità di approccio terapeutico che, pur nel rispetto di diversificate modalità
tecniche di intervento, riconosce indicazioni ed obiettivi precisi: viene escluso da questo
contesto un utilizzo della musica con finalità pedagogiche ed educazionali.
Inoltre, l’introduzione della musicoterapia all’ interno delle diverse modalità di trattamento in
psichiatria ha richiesto un progressivo adeguamento delle tecniche a contesti di intervento
che si sono andati modificando radicalmente negli anni.
In molti paesi il passaggio da una assistenza psichiatrica di tipo custodialistico centrata sul
manicomio ad un'altra tendenzialmente organizzata secondo la filosofia della Community
Psychiatry ha favorito la comparsa di un maggior interesse al campo riabilitativo; su di un
piano organizzativo tale cambiamento si è manifestato
con la comparsa di strutture
terapeutiche alternative al ricovero ospedaliero ( day hospital, centri diurni, alloggi
protetti…..) volte a ridurre al minimo il tempo trascorso dal paziente in ospedale e a
contrastare i rischi di una possibile cronicizzazione della patologia; in questo contesto la
musicoterapia ha dovuto mostrare una notevole flessibilità per adeguarsi a contesti
terapeutici così diversificati. [G.Manarolo, 2006].
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È possibile classificare le diverse metodiche a seconda dell’uso che viene fatto della musica
nel contesto terapeutico; si possono riconoscere quindi attività orientate a:
-ascolto della musica (RECEZIONE MUSICALE).
-canto di canzoni popolari e canoni, arrangiamento di motivi ballabili e danza
(RIPRODUZIONE MUSICALE).
-improvvisazione con strumenti acustici, ritmici e melodici o con “parti del corpo”
(PRODUZIONE MUSICALE).
Alcune peculiarità della musicoterapia rispetto ad altre tecniche psicoterapiche sono:
-capacità nel favorire l’espressione di contenuti emozionali.
-capacità della musica di rappresentare un “oggetto intermediario”, quasi una offerta
all’interazione con la quale possono essere aggirati livelli di comunicazione
patologicamente predeterminati.
-sviluppo di una comunicazione tendenzialmente non verbale che permetta l’ampliamento di
possibilità espressive e quindi una differenziazione del “processo di interazione”.
[G.Manarolo-M.Borghesi,2004]
Dunque, la musica non viene considerata tanto da un punto di vista estetico , storico,
stilistico, ma come strumento per far risaltare i processi interni alla comunicazione; in tale
teoria la musica può essere considerata una forma specifica di linguaggio umano e la
musico terapia come una terapia orientata all’azione ed alla partecipazione attiva.
Nelle diverse situazioni cliniche l’attenzione riservata all’aspetto espressivo emozionale o a
quello relazionale comportamentale condizionerà precise indicazioni terapeutiche nonché la
scelta di specifici compiti musicali.
Le tecniche espressive vengono inserite nell’ambito delle terapie espressive ovvero
quell’insieme di terapie non-verbali che utilizzano mediatori ‘artistici’ allo scopo di favorire,
ampliare e modellare le modalità espressive e comunicative. Infatti il mediatore artistico è
uno spazio potenziale che l’individuo crea tra Sé e il mondo esterno per giocare, esercitarsi,
confrontarsi, attraverso rappresentazioni simboliche, con i bisogni del proprio mondo interno
e con le esigenze della realtà esterna. [G.Manarolo- M.Borghesi, 2004]
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Con il "traitement moral"di Pinel si inizia a delineare la moderna concezione di terapie
espressive; il traitement è una prima forma di attenzione verso l’espressività dei malati
psichici e un primo tentativo terapeutico fondato sulle attività espressive che i pazienti
potevano mettere in atto. Il momento in cui le arti-terapie incominciarono a costituirsi come
un intervento autonomo risale agli anni della Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e in
Inghilterra come protocollo riabilitativo per le nevrosi traumatiche legate agli eventi bellici.
Le terapie espressive sono connotate sia da valenze psicoterapiche che riabilitative, infatti,
come precisa Montanari (1999) consentono di articolare interventi ad alta e bassa
simbolizzazione.
Ho avuto l’opportunità di svolgere un tirocinio presso Villa Anna a Cambiano in provincia di
Torino le cui ospiti presentano quadri di disabilità motorie, ritardo mentale medio-grave
accompagnato da crisi di epilessia, sindrome di Down, quadri di oligofrenia e, in un caso,
autismo. Le terapie farmacologiche sono costituite da farmaci antipsicotici, anti-epilettici e
altri in uso sulla base di patologie emergenti durante la loro vita.
Di questo tirocinio mi è rimasto impresso quanto la musicoterapia abbia dei potenziali
comunicativi elevati. Nelle sedute non si è fatto altro che ricercare dei suoni appartenenti ad
ogni ospite e mettere in comunicazione i propri suoni con quelli degli altri tali da creare un
ponte comunicativo che altrimenti non si verificherebbe. Per alcuni è bastato codificare dei
suoni significativi per creare un dialogo sonoro che, benché bizzarro, aveva un significato
chiaro tra il Musicoterapeuta e l’ospite tale da permettere di creare momenti di
sintonizzazione in cui l’ospite si sentiva riconosciuta, accolta, gratificata e in cui c’era la
possibilità di sentire e ascoltare ciò che apparteneva al mondo emotivo della persona
stessa. Ecco perché tra le terapie alternative più indicate in psichiatria la musicoterapia
abbia le caratteristiche più indicate per fare un lavoro “riabilitativo”riuscito nel limite delle
patologie che ogni ospite porta con sé.
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IL CASO DI E.: Sindrome di Asperger
E. ha 16 anni, vive a Grugliasco con la mamma, un fratellino più piccolo, due fratellastri figli
del nuovo compagno della madre. Frequenta ancora la terza media presso la scuola Levi di
Grugliasco ed ha una copertura totale di sostegno scolastico. La minore è seguita da una
educatrice privata per circa 20 ore settimanali da quando E. era in quinta elementare.
L’educatrice riferisce che la minore ha un ampio vocabolario e la definisce una ragazza
“verbale”, affettuosa, anche troppo. L’unico deficit è relativo alla difficoltà di E. di interagire
con gli altri sia in gruppo sia con gli adulti; spesso si rifugia nel suo mondo fatto di favole e
cartoni animati e non si distoglie dal suo interesse bensì bisogna entrare nel suo mondo.
Ultimamente sono comparse stereotipie motorie, diversamente non ha difficoltà nella
deambulazione.
Nel 2007 E. è stata seguita da una psicoterapeuta analista adleriana per un’ora alla
settimana per un anno, poi sospesa.
Nel 2008 è stata seguita a casa da un’altra psicoterapeuta comportamentista con teorie
ABA.
Nel 2009 un’altra persona si occupa di E. nella didattica con metodo ABA un’ora alla
settimana. Nel contempo c’è stato un breve intervento di musicoterapia con il fine
puramente ludico e didattico nell’insegnamento di filastrocche. L’educatrice si occupava di
farle fare i compiti, portarla in biblioteca o libreria perché alla ragazza piace molto leggere
soprattutto ad alta voce, poiché mentalmente le è difficile. Va anche a fare yoga. Un po’ di
anni fa i familiari si sono rivolti ad una dottoressa di Milano per una dieta per E. e la zia, che
è il caregiver più presente nella vita della ragazza, aveva notato evidenti miglioramenti
comportamentali in seguito ad essa.
La zia è un punto di riferimento importante per E.; vive e lavora a Novara, ma cerca di
seguire da vicino la vita dei due nipoti, figli del fratello morto suicida nel 2006. Per E. il
padre era una figura importante, sa che è morto ma non sa come. La zia riferisce che suo
fratello aveva rapporti “fusionali” con le altre persone e molto con i figli.
Col patrigno, persona molto squadrata, E. non ha nessun tipo di rapporto e lo rifiuta e con la
madre ha un rapporto di amore-odio, quest’ultima soffre di depressione da tanti anni, di
ansia accompagnata ad angoscia, tant’è che per lei ogni piccola cosa diventa enorme.
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Per quanto riguarda l’autonomia, E. riesce con i suoi tempi a vestirsi e un po’ a lavarsi ma
sempre supervisionata. Se nel bagno le cose non sono riposte come lei le aveva messe va
in tilt. In generale non ci tiene molto all’igiene personale. Dal punto di vista medico le sono
stati fatti degli esami genetici a Torino ed è stato riscontrato che la ragazza ha un debole
fattore di impiego delle endorfine. Si è venuti a conoscenza di numerosi suicidi nelle
generazioni precedenti in famiglia da parte di entrambi i genitori.
Da un punto di vista di terapia farmacologica le vengono somministrati Tavor e Seroquel.
E. presenta un Disturbo pervasivo dello sviluppo con Ritardo Cognitivo di grado medio che
va sotto il nome di Disturbo di Asperger. Le caratteristiche principali di questo disturbo sono
una grave e perdurante compromissione dell’interazione sociale e lo sviluppo di modalità di
comportamento, interessi, attività ristrette e ripetitive.
Contrariamente al Disturbo Autistico non vi sono ritardi clinicamente significativi del
linguaggio, infatti E. presenta un eloquio che risulta corretto da un punto di vista morfosintattico, ma non sempre il linguaggio è volto alla comunicazione ed allo scambio. Talvolta
è presente ecolalia e ripetitività. La ragazza presenta stereotipie, atteggiamenti bizzarri, crisi
di aggressività sia verbale sia fisica, difficoltà alimentari. Le autonomie personali sono
acquisite, ma è necessaria la continua presenza di una figura adulta che la sostenga nello
svolgimento in modo adeguato di tali pratiche.
Durante l’anno scolastico in corso, quando è avvenuto il nostro primo incontro,E. ha
evidenziato in modo sempre più marcato uno stato di insoddisfazione e di ansia e la
comparsa di crisi di aggressività verbali e fisiche che si manifestano principalmente nel
contesto scolastico e familiare. E. presenta difficoltà nel gestire le frustrazioni e l’attesa.
Non dimostra interesse ad interagire con i compagni di scuola privilegiando il rapporto
esclusivo con l’adulto di riferimento. Dai compagni è raramente ricercata anche a causa dei
suoi comportamenti bizzarri, incomprensibili per loro e del crescente divario di età. E. è
spesso isolata e totalmente assorbita dai suoi interessi. Dice: “ i pensieri dei cartoni animati
non mi lasciano in pace”.
E. scrive esclusivamente in stampatello ma con numerosi errori. Legge invece
discretamente bene. Presenta elevati problemi di calcolo: riesce a contare e fare di calcolo
entro la decina. Non conosce l’uso del denaro e ha difficoltà ad orientarsi nello spazio e nel
tempo. Non è capace a leggere l’ora e di scandire il tempo in giorni pur conoscendo a
memoria i giorni, mesi e le ore. Non sa attraversare autonomamente la strada.
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Nello svolgimento dei compiti ha difficoltà di concentrazione tanto che nell’ultimo anno non
le erano più stati dati i compiti da fare a casa.
E. aveva effettuato una Valutazione Funzionale Multiprofessionale presso il Presidio San
Camillo di Torino; La valutazione aveva concluso che E. ha mostrato di possedere buone
capacità in tutte le aree testate e a loro giudizio sarebbe stato opportuno attivare un
investimento educativo nell’area del funzionamento autonomo, quella in cui erano emersi le
maggiori difficoltà ma anche un significativo numero di performance emergenti, finalizzato
all’utilizzo ottimale delle capacità della ragazza in contesti sempre meno protetti. L’ottica di
tale intervento è quella di consegnare ad E. gli strumenti di sostegno all’autonomia
proponendole compiti strutturati in modo rigoroso affinchè le risultino chiari e comprensibili.
PROPOSTA DI INTERVENTO:
La sofferenza del nucleo familiare che emerge dalla conoscenza diretta e dalle relazioni
sanitarie acquisite insieme al graduale esaurimento dell’esperienza scolastica come spinta
evolutiva e di socializzazione rende necessario immaginare l’inserimento della Minore
all’interno di una Struttura residenziale frequentata da pari.
E. è una persona estremamente sensibile all’ambiente circostante. Interrompere la
quotidianità del contesto familiare, scolastico ed educativo potrebbe comportare una
regressione psicologica e delle competenze della ragazza. Tuttavia in un ambiente protetto
e con un alto grado di affettività, ove E. possa sentirsi libera di esprimersi senza essere
continuamente ripresa potrebbe ricrearsi una motivazione ad apprendere maggior grado di
autonomia.
Alla luce delle valutazioni fatte la zia di E. decide di contattare la Dott.ssa Gribaudo,
psicanalista del gruppo Sé Stante di cui faccio parte, per far fare alla nipote delle sedute
che la preparassero e la aiutassero in quel passaggio così delicato dal nucleo familiare alla
Struttura, individuata nei pressi di Cuneo diretta dal Dott. Arduino, chiedendo se era
possibile nello stesso tempo fare anche delle sedute di musicoterapia che aveva letto
indicate in questi casi tanto più che E. aveva una passione per il teatro, la musica, le
canzoni.
Quando mi viene proposto faccio una valutazione per vedere se ci sono i presupposti per
una presa in carico per degli interventi di musicoterapia intervistando soprattutto
l’educatrice che affianca E. molte ore al giorno e con cui fa attività più ludico-ricreative.
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La specificità dell’approccio musicoterapico richiede che il paziente abbia un rapporto
particolare con l’elemento sonoro-musicale; si tratta di un “sentire”, anche inconsapevole,
recettivo alle sollecitazioni sonoro-musicali.
Gli interventi di musicoterapia possono avere un senso in questo caso se finalizzati a
promuovere uno sviluppo armonico di vari analizzatori quali quelli sensoriale, motori,
neuropsicologici, cognitivi, affettivi e sociali al fine di facilitare un processo integrativo
dell’identità in cui nell’individuo avvenga una chiarificazione tra mondo interno e quello
esterno che si attua nello spazio, nel tempo e poi nelle relazioni sociali. Si tende ad una
“armonizzazione” della personalità (Postacchini, Ricciotti, Borghesi).
Inoltre, si possono riconoscere alcune peculiarità della musicoterapia rispetto ad altre
tecniche psicoterapiche:
-notevole capacità nel favorire l’espressione dei contenuti emozionali;
-capacità della musica di rappresentare un “oggetto intermediario” (Benenzon, 1973), come
una offerta all’interazione con la quale possono essere aggirati livelli di comunicazione
patologicamente predeterminati;
-sviluppo di una comunicazione tendenzialmente non verbale che permetta l’ampliamento di
possibilità espressive e quindi una differenziazione del processo di interazione.
Il considerare il paziente come persona creativa ed artistica fa sì che si possa esprimere
liberamente ritrovando i propri ritmi interni e in ultima analisi le proprie emozioni.
OSSERVAZIONI DURANTE IL PERCORSO MUSICOTERAPISTO DI E.:
(tratto dai protocolli di seduta).
Superato il primo impatto con la mia figura da subito E. ha mostrato una buona relazione
con lo strumento musicale. Infatti, nella prima seduta si era seduta davanti al glockenspiel e
mi aveva insegnato la scala “do,re,mi,fa,sol,la, si do”, sia in modo ascendente sia
discendente accompagnandola con la sua voce. Riconosce i vari strumenti e ne
sperimenta, di volta in volta, le sonorità.
Ad E. è stata data la possibilità di scegliere cosa portare e cosa fare di volta in volta.
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Dunque, per mesi il mio compito è stato di accompagnare strumentalmente ciò che E.
faceva e la stessa poteva intervenire con qualche strumento scelto da lei quando e come
voleva. Cercavo di instaurare un dialogo sonoro con lei ogni volta anche se per breve
tempo.
Nelle prime sedute lo strumentario è stato il seguente:
tamburo, tamburello, bonghi, campane sonore, ocean drum, shakerè, sonagli di vario
genere, jambe, glockenspiel, rana, ovetto, tubi sonori, carimba, maracas, nacchere,
triangolo, bastone della pioggia.
E. predilige strumenti melodici mentre quelli più ritmici li considera poco e il ritmo da lei
prodotto è assai irregolare. Inizialmente E. non aveva alcuna terapia farmacologica e
seguiva una dieta a Milano studiata apposta per lei. Pertanto arrivava in seduta agitata con
un aumento delle stereotipie come frasi ripetute tante volte, un linguaggio fantastico,
movimento di avanti e indietro per la stanza continuo. Talvolta, arrivava in seduta stanca,
per le attività fatte prima come il nuoto, lo yoga, per cui si adagiava sul pavimento in
posizione fetale e si riposava. Io intervenivo con produzioni sonore a bassa intensità, con
strumenti melodici graditi a lei, evocando ninna nanne o comunque melodie dal ritmo
cullante, come per farle intendere che stavo accogliendo in quel momento lei e la sua
stanchezza. E. si lasciava “cullare” sempre distesa e ascoltava i vari suoni.
Il teatro è sempre stato un argomento prediletto per lei così durante le sedute avvenivano
momenti di teatro in cui E. dava a me ed alla psicanalista dei ruoli da interpretare e a me
dava anche il compito di musicare il tutto. Talvolta E. seguiva con vocalizzi le mie musiche,
improvvisate e coerenti il più possibile al racconto del momento teatrale diretto e condotto
da lei. Avevo osservato che man mano che si proseguiva in questo modo terapeutico E.
aveva il bisogno sempre di più di parlare. I suoi dialoghi pur avendo ancora delle frasi con
terminologia fantastica stavano diventando sempre più comprensibili ed anche il ritmo e le
cadenze di alcune parole più chiare. Inizialmente parlava velocissima tanto da risultare
difficile rispondere o interloquire con lei, invece una certa tranquillità e desiderio da parte
sua di essere ascoltata e capita sembrava avanzare.
Dopo qualche mese di seduta E. prima di suonare
uno strumento lo manipolava
lungamente e iniziava a dare un definizione ad ognuno. Ad esempio il sonagli fatto ad arco
lo aveva associato alla faccia di un gatto, da questo spunto lei raccontava storie di gatti
anche se il più delle volte incomprensibili, ma ad un attenta analisi, in realtà, in quel
momento lei stava dicendomi delle cose di Sé.
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Osservo nel tempo come le stereotipie diminuiscono in seduta, E. pare più distesa e
tranquilla soprattutto quando suoniamo strumenti altamente regressogeni quali il bongo,
che lei definisce il cuore che batte, il bastone della pioggia e l’ocean drum, e si irrita
visibilmente quando suoniamo strumenti ad intensità e timbro più acuto.
Un giorno mi chiese di portarle le canzoni delle Zecchino d’oro. Qualcosa era accaduto
perché dalle ninna nanne la richiesta ora era di canzoni per bambini. Quel giorno in cui c
‘era l’ascolto delle canzoni portate da me E. era di buon umore ed ascoltava ciò che le
dicevo. Aveva voluto scegliere lei quali canzoni ascoltare; “Facciamo festa” era stata la sua
prima scelta……. durante l’ascolto E. aveva sempre camminato su e giù per la stanza ed io
con un tamburo seguivo la sua camminata e cercavo di portare il ritmo della sua camminata
al ritmo della canzone. Dopo qualche minuto il passo di E. era in sintonia col ritmo della
canzone e man mano che si continuava ad ascoltare i brani E. da sola cercava di seguirne
il ritmo e quelli più movimentati la inducevano a saltellare alzando le braccia sorridendo.
Tutte le canzoni scelte da lei avevano la caratteristica della filastrocca, del racconto con
melodie cullanti e l’ultimo brano molto ritmato (tù-tutùn-ciac), ballabile, l’aveva fatta divertire
molto tanto da volerlo ascoltare più volte.
Durante tutta la seduta E. pur ascoltando la musica si era soffermata ad osservare alcuni
oggetti presenti sui mobili dello studio, cosa che non era mai successa prima.
Proseguendo nella terapia E. iniziava a propormi le musiche dei musical della Walt Disney,
pare piacerle il canto. Dopo l’ascolto di queste musiche un giorno mi portò una canzone
composta da lei ! Non solo aveva scritto le parole bensì aveva anche pensato alla melodia
e così me l’aveva cantata con mio grande stupore prima in italiano poi in un simil inglese.
E. mi richiedeva sempre più brani ritmici che la facessero ballare e divertire a tal punto che
mi chiese di portarle delle canzoni della cantante americana Lavigne.
Nello stesso tempo avevo osservato che mentre le richieste sonore stavano evolvendo in
brani sempre più strutturati armonicamente, anche i libri che portava in seduta per poterli
musicare erano variati passando dalle favole, racconti per bambini piccoli a testi come “ I
ragazzi della via Pal”, “ Il libro della rapa gigante” per arrivare infine a “Moby Dick”.
Durante le ultime sedute, prima che E. venisse introdotta in una struttura, mi seguiva con lo
sguardo costantemente, molti erano i momenti di sintonizzazione sonora sia con la voce sia
con gli strumenti.
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In una verbalizzazione dell’ultima seduta aveva detto che la psicanalista era una
“benefattrice”, perché precisa e le ricordava la dea Diana, Io ero come la dea Venere
perché sono la musica e quindi armoniosa ,dunque aveva capito che forse ero la sua
mamma, a suo dire.
Ancora oggi ricevo telefonate di E. dalla struttura dove vive e i progressi iniziati nelle nostre
sedute di musicoterapia sono continuati. La sua autonomia migliorata e così pure la
comunicazione con gli altri, prova sentimenti di amore-amicizia per alcuni operatori della
struttura e so dalla zia che è ben voluta. Le stereotipie sono contenute e la sua qualità di
vita migliorata essendo più tranquilla a tal punto di prendersi cura anche di ragazzi che
arrivano in struttura. Mi telefona dicendo che io sono la sua mamma buona e che prova
amore per me e quando mi sente mi racconta cose che pensa importanti che le possono
essere accadute.
COMMENTO:
È stato interessante notare come da una fase di regressione delle sedute iniziali in cui
erano presenti momenti in cui la ragazza si metteva in posizione fetale sul pavimento con
chiusura totale, si sia passati ad una fase di lettura di fiabe poi al teatro come una fase di
gioco e dalla parola si sia passati alla canzone.
La mia figura con valenza materna poteva essere la conseguenza di un sentirmi da parte di
E. come una amica di gioco adulta, che si è sempre posta in modo accogliente e per
imitazione cercava di andarle incontro.
Anche i contenuti del musical hanno fatto emergere i sogni di E. portandola, a volte, a farne
una vera e propria drammatizzazione. E. tramite il canto aveva iniziato a dare “voce” a sé
stessa, dai toni alti iniziali con la mano davanti la bocca si è passati ad una voce che
poteva cantare senza la mano davanti con toni più moderati, dall’espressione visiva più
serena e soprattutto le erano state poste le condizioni di poter parlare, la qual cosa era
difficile quando era in famiglia o a scuola.
Sicuramente le sedute di musicoterapia hanno fornito dei mezzi ad E. per potersi esprimere
in modo più comprensibile pur mantenendo, talvolta, un linguaggio ‘fantastico’ e a
migliorare il suo modo di rapportarsi con gli altri con modi meno aggressivi, pur mantenendo
una certa ripetitività delle frasi, l’ hanno portata a scegliere cosa vuole e non vuole fare e a
sensibilizzarla ai bisogni anche degli altri ragazzi che vivono con lei in struttura, l’hanno
aiutata a provare emozioni e sensazioni e ad esprimerle.
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Tutto questo è stato possibile grazie al lavoro integrato tra la musicoterapista, la
psicanalista e l’educatrice della ragazza sempre presente e molto collaborativa.
“Il cuore intelligente di un bambino può arrivare nei luoghi più oscuri ma riesce a cogliere il
delicato momento del distacco”.
(‘Detachment’, di Tony Kaye, 2012).
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2.3 MUSICOTERAPIA IN AMBITO RIABILITATIVO NEUROLOGICO.
L’esperienza che descriverò si riferisce ad un intervento musicoterapico riabilitativo rivolto
ad una paziente in stato di coma vegetativo. Questo intervento ha carattere empirico e
sperimentale progettato per una paziente che chiamerò A.
Nel novembre del 2012 arrivò al Centro di psicoterapia Sè Stante una richiesta di intervento
in un caso di coma vegetativo residente ad Alessandria.
Fu fatta inizialmente una valutazione da parte dei neuropsicologi del Centro ed in seguito mi
interpellarono perché avevano pensato che potesse essere utile un intervento di
musicoterapia in questo caso. Fu una richiesta da parte dei genitori anche di provare con la
Musicoterapia sotto consiglio di una neurologa dell’Ospedale Besta di Milano.
Mi chiesero di recarmi al domicilio e verificare se potevo o meno prendere in carico questa
paziente di nome A.
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Così l’8 dicembre 2012 mi recai ad Alessandria e iniziai a prendere visione di tutta
l’anamnesi remota e prossima della paziente.
A. Presentava un quadro di coma vegetativo in esiti di TCE da incidente stradale,
evento del 26 dicembre 2010.
B. Esiti interni di NCH de compressivo bi-frontoparietale; esiti di intervento di cranio
plastica, ricalottatura, con posizionamento di della valvola Hackim regolata a maggio
dell’anno successivo a 90 mmH2O.
C. Comizialità associata .
D. Portatrice di PEG e tracheotomia.
E. Politraumatismi da incidente: frattura della clavicola e del femore sn, emo e
pneumotorace ed edema cerebrale diffuso.
F. Risultano focolai contusivi multipli, interessati il mesencefalo ed il corpo calloso con
alterazione della sostanza bianca bilaterale e danno ischemico secondario e
sviluppo conseguente dell’idrocefalo.
G. Tetraplegia spastica.
Fu ricoverata immediatamente ad Innsbruck dove all’ingresso fu diagnosticato uno stato
vegetativo conclamato con verticalizzazione dinamica su Erigo. Il ricovero durò circa otto
mesi poi fu mandata a casa dove A. iniziò un programma riabilitativo neurologico con
intervento di fisioterapisti e logopedisti.
Durante il ricovero la paziente era stata riadattata all’ortostatismo in carrozzina basculante,
per tempi via via sempre più lunghi. Fu sottoposta a stimolazione nel laboratorio
multisensoriale volto a favorire una ricerca attiva di contatto con l’ambiente e l’interlocutore.
All’inizio A. presentava occhi aperti non in grado di esplorare l’ambiente e nemmeno di
stabilire un contatto con l’interlocutore tranne per brevi e occasionali momenti e, se
chiamata, si registrava un aumento della frequenza respiratoria.
Dopo 18 mesi dall’incidente era ricomparso il ciclo mestruale.
Alla stimolazione nocicettiva presentava occasionale flessione del II dito mano destra. Vi
erano presenti riflessi arcaici quali la masticazione, suzione e morso maggiormente
felicitabili in emivolto di destra. Erano presenti atti deglutitori efficaci. Non furono evidenziati
lesioni a carico del tronco encefalico e si concluse con diagnosi di “ sdr apallica/stato
vegetativo conclamato con acinesia frontale”.
Per quanto riguarda la mia disciplina terapeutica mi documentai su quali erano stati gli esiti
dei Potenziali evocati, soprattutto acustici, nel momento in cui il meato acustico era del tutto
illeso. Gli esiti dei BAEP che riporto risalgono al controllo effettuato presso l’Ospedale Besta
di Milano. Gli stimoli sensoriali presentavano una risposta periferica nella norma con una
risposta corticale agli stimoli acustici semplici seppur con caratteristiche anomale di
presentazione.
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Per quanto riguardava i potenziali visivi, PEV , il segnale era assente e A. era areagente
alla luce all’occhio sinistro e poco reagente all’occhio destro.
Alla luce di quanto riportato chiesi una settimana di tempo per riflettere e dare una risposta
positiva per l’assunzione di questo caso e capire come avrei potuto agire tenendo conto
delle potenzialità che il suono possiede.
È bene partire da quelle che sono state le mie considerazioni e riflessioni in merito a questo
caso.
Innanzittutto, presi in considerazione alcune definizioni dalla letteratura medica, psicologica
e dalla fisica acustica per quanto riguarda i suoni di cui desidero fare breve cenno per poi
pensare alla applicabilità di sedute di musicoterapia presso il domicilio di A.
CHE COS’É IL COMA ?
Lo stato di coma indica una assente o minima reattività agli stimoli e definisce una
condizione simile ad un sonno profondo dal quale il paziente non può essere risvegliato, vi
è una perdita della coscienza e dell’attività volontaria n cui non c’è reazione agli stimoli
abituali e si va incontro ad una ridotta attività del Sistema Reticolare che, costituendo una
sorta di rete dal tronco encefalico alla corteccia cerebrale espleta funzione di ricezione,
elaborazione e analisi dei messaggi specifici in arrivo e a dare risposte adeguate. Inoltre, il
SRA è responsabile dello stato di vigilanza, del ritmo sonno veglia e dei meccanismi di
attenzione. Il Sistema Reticolare influisce sulla respirazione e sulla circolazione e ha strette
connessioni con il sistema limbico e l’ipotalamo.
Nel caso di A. il coma è l’esito di un trauma cerebrale con danno assonale diffuso. Inoltre, in
questo caso, non si era raggiunto dopo tre anni uno stato di minima coscienza.
CHE COSA SI INTENDE PER COSCIENZA?
Il concetto di coscienza si è sviluppato parallelamente allo sviluppo della filosofia, della
psicologia e neurofisiologia. Il termine fu introdotto da Leibniz che distinse da un lato “Le
petit perceptions” (somma degli stimoli subliminali), dall’altro ”La aperception” attraverso cui
le percezioni arrivano a livello cosciente. Questa distinzione contiene l’ipotesi di una soglia
sensitiva suscettibile di sperimentazione psicofisica, e la separazione tra contenuti psichici
avvertiti coscientemente e contenuti preconsci. Wernike localizzò l’aperception nella
corteccia cerebrale. In ambito neurologico lo stato di veglia coincide con la coscienza vera e
propria cioè con l’autoconsapevolezza.
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Benedetti riassume in 5 punti la struttura della coscienza:
-
-
-
è il risultato di attività neuroniche complesse
gli impulsi che sfociano nel fatto percettivo cosciente si svolgono in circuiti centroperiferici che, attivano la periferia sensoriale, danno luogo ad un feed back centroperiferico-centrale.
per il riconoscimento nel fatto percettivo si attivano zone corticali dove c’è una
memoria passata
per giungere alla consapevolezza che si sta svolgendo tutto nella propria mente è
necessaria l’acquisizione dell’Io e quindi devono entrare in attività le zone
encefaliche che assicurano lo schema corporeo.
l’analisi percettiva degli stimoli che arrivano alla corteccia presupponendo la loro
integrazione in schemi ideo-verbali che approdano al linguaggio.
L’Io, il sistema nervoso centrale e l’ambiente percettivo costituiscono i parametri di
COSCIENZA secondo lo studioso Fredericks.
Il coma è una perdita totale della coscienza e della attività volontaria, simile al sonno, e il
paziente conserva un livello minimo di attivazione dell’organismo e può essere di diversi
gradi in base alla conservazione o meno della percettività e reattività.
Nel caso sottopostomi il Coma è definito vegetativo: questo stato è la prima evoluzione
neuro comportamentale e la si può riscontrare nell’apertura spontanea degli occhi.
Stato Vegetativo è il termine diagnostico utilizzato per indicare il passaggio ad una
condizione di vigilanza incostante, non responsiva e di iniziale recupero neurologico senza
una concomitante ripresa dello stato di coscienza. Il paziente presenta solo risposte di
natura riflessa come ad esempio risposte neurovegetative.
In questo caso, infatti, erano presenti l’apertura degli occhi spontanea o in seguito a stimoli
esterni, risposte riflesse autonomi come tachicardia, ipertensione, sudorazione per
stimolazioni nocicettive o proprio-esterocettive quali tatto, dolore, temperatura oppure
riflessi motori arcaici quali il
morso, ripresa delle funzioni autonomo-vegetative
(cardiovascolare, respiratoria,digestiva) e il ritmo sonno-veglia. Sono presenti vocalizzazioni
non articolate, motilità spontanea e stereotipi motori ed adattamenti posturali non finalistici.
Nessuna evidenza di coscienza di sé e o di comportamenti volontari.
Negli stati di coma non esistono protocolli standardizzati che permettono una diagnostica
univoca ma esistono dei parametri di valutazione da osservare.
Uno di questi è la GLASGOW COMA SCALE che tiene conto di tre ambiti di rilevazione che
sono l’apertura degli occhi, il movimento, risposta verbale.
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APERTURA OCCHI
1234-
Nessuna
Al dolore
Al comando
Spontanea
RISPOSTA VERBALE
12345-
Nessuna
Incomprensibile
Inappropriata
Confusa
Normale
RISPOSTA MOTORIA
123456-
Nessuna
Estensione al dolore
Flessione al dolore
Retrazione al dolore
Localizzata al dolore
Al comando
Il coma normalmente ha un punteggio ≤ 8.
Inoltre, esiste la DISABILITY RATING SCALE (DRS), che misura le disabilità residue, e la
FUNCTIONAL INDIPENDENCE MEASURE (FIM) che riporta le principali capacità
funzionali e motorie del paziente.
56
Per questo caso ho fatto molte riflessioni su quello che è il suono da un punto di vista fisico
riprendendo teorie della fisica acustica e in seguito continuare nei miei pensieri nelle teorie
di Michel Imberty che ho apprezzato proprio grazie alle lezioni del Prof. Paolo Ciampi
durante il corso di Musicoterapia a Torino.
La Fisica Acustica è una scienza teorica e sperimentale del suono. Anticamente Pitagora
studiò i fondamenti dell’ acustica musicale. Mersenne, in età moderna, studiò i suoni
armonici e la vibrazione delle corde. Galileo rese visibile le onde sonore sulla superficie di
un bicchiere di acqua. Chladny studiò le vibrazioni delle piastre e delle membrane e studiò
l’eco. De la Tour e Savart studiarono la relazione tra altezza e numero di vibrazioni del
suono. Helmotz, infine, fece un’analisi dei suoni con i risuonatori definendo gli infrasuoni e
gli ultrasuoni.
Le onde sonore hanno una lunghezza d’onda molto superiore alla luce e la riflessione non
ha sempre gli stessi termini. Le caratteristiche del suono sono:
-la Frequenza che è un ripetizione di eventi analoghi in un intervallo di tempo. Un numero di
cicli che un segnale compie in un secondo, ad esempio, 1 ciclo al secondo =1 Hertz. Le
frequenze percepibili vanno da 10 a 30.000 Hz. Da 0 a 10 Hz sono infraoniche.
-la Lunghezza d’onda è la distanza tra due rarefazioni o condensazioni ed è inversamente
proporzionale alla frequenza. Le frequenze più basse hanno lunghezze d’onda di alcuni
metri, le frequenze più alte di alcuni centimetri.
Si potrebbe dire che un fenomeno sonoro è ciò che ascoltiamo e nella sua generalità di
definizione metto in evidenza quattro fasi di cui è sempre costituito:
1- PRODUZIONE di onde meccaniche ad opera di una sorgente che vibra detta
sorgente sonora; esempi di sorgenti sonoro sono: gli strumenti musicali la cui parte
vibrante può essere percossa, o strofinata con un archetto, una membrana, una
barra, un piatto percosso, o ancora, una colonna d’aria la cui vibrazione è
comandata dal fiato dello strumentista. Le nostre corde vocali sono fatte vibrare
dall’aria che esce dai polmoni e che danno origine alla voce. Qualunque fenomeno
che provoca uno spostamento di aria ( battito d’ali di un colibrì, un aereo che
abbatte la barriera supersonica, una bomba che esplode……) avente caratteristiche
fisiche opportune.
2- PROPAGAZIONE delle onde attraverso un mezzo elastico come l’aria. Il fenomeno
è ondulatorio e costituisce l’Onda Sonora.
3- RICEZIONE all’onda sonora e PERCEZIONE dell’onda da parte di un opportuno
apparato in grado di trasformare ed elaborare l’energia sonora in energia di altra
forma ( per esempio il sistema uditivo umano).
4- ELABORAZIONE del segnale trasformato generalmente in impulsi elettrochimici da
parte del cervello.
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Ciò che rende interessante e complesso lo studio del mondo dei suoni è il fatto che in esso
si intrecciano parametri oggettivi e soggettivi.
Nei parametri oggettivi delineo le grandezze fisiche che descrivono le vibrazioni e che
caratterizzano la lunghezza d’onda sonora e sua propagazione. Ne sono esempio la
frequenza, la lunghezza d’onda, la velocità di propagazione.
I parametri soggettivi invece sono tutte le proprietà del suono percepito e dipendono dalla
elaborazione a livello sensoriale e cerebrale dello “ stimolo sonoro” da parte del soggetto
che ascolta. Ne sono esempio l’altezza, l’intensità ed il timbro ma anche qualità più
impalpabili come la grandezza, la consonanza e l’armonia.
I collegamenti dei parametri oggettivi e soggettivi sono attualmente ancora in fase di studio.
Proprio in queste caratteristiche del suono di frequenza, lunghezza d’onda , ampiezza ho
ritrovato le stesse caratteristiche nelle onde cerebrali dei tracciati di un qualsiasi
elettroencefalogramma, dunque ho ritenuto di partire proprio da questo concetto per iniziare
le sedute di musicoterapia nello stato di coma.
Oltre a questa riflessione più di carattere riabilitativa neurologica ho unito quelli che sono i
parametri soggettivi del suono percepito. Così ho pensato di farmi un’anamnesi sonora
raccogliendo i cd di A. e intervistando i familiari e le amiche, per capire quali generi musicali
la paziente era solita ascoltare.
Richiamai alla memoria anche l’anatomia dell’apparato uditivo, utile per comprendere
meglio i contenuti delle perizie della psicologa neurosensoriale che, dopo l’analisi iniziale
del caso, determinò con i suoi parametri che l’età neurologica della paziente è di 1,8 mesi.
Ero stata allieva di Oskar Schindler all’università e ricordo la definizione che lui in modo
molto semplice aveva dato riguardo al funzionamento dell’apparato acustico; egli disse che
questo apparato da un punto di vista anatomico e fisiologico risulta costituito da una
struttura periferica e da una struttura centrale. L’organo periferico è rappresentato dal
padiglione auricolare, la membrana timpanica, cassa timpanica e internamente dall’organo
del Corti e nervo acustico. La struttura centrale comprende il nervo acustico o cocleare, i
nuclei uditivi, le fibre del tronco encefalico e le aree uditive cerebrali. L’organo sensoriale
uditivo ha come scopo quello di trasformare gli stimoli acustici o sonorità in una serie di
segnali o stimoli nervosi. Tutta questa parte anatomica in A. è stata illesa e dunque
funzionante ma non è certa ancora ora quale sia la capacità uditiva o acuità uditiva, poiché
viene a mancare una elaborazione dei segnali da parte della corteccia cerebrale. Ero certa
che comunque degli stimoli sonori sarebbero arrivati e di lì avevo pensato che
somministrare delle sonorità piuttosto che musiche ad A. rappresentasse uno stimolo
neurosensoriale efficace.
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La membrana del timpano è innervata dal nervo vagale, che è un nervo molto esteso e
costituisce parte del sistema parasimpatico che, in collaborazione col sistema simpatico,
rappresenta il sistema autonomo.
Semplificando il percorso anatomico che può fare un suono è il seguente.
-
-
-
-
-
Il nervo acustico, situato nel modiolo della coclea che trasmette lo stimolo sonoro ed
è costituito da cellule bipolari, raggiunge a livello del tronco encefalico i nuclei
cocleari, situati a livello del bulbo pontino.
Il nervo procede biforcandosi sui nuclei cocleari distinti in dorsale e ventrale. Da
questi partono assoni al nucleo olivare superiore di entrambi i lati del tronco
encefalico, i quali ascendono il lemnisco mediale e innervano il il collicolo inferiore
del mesencefalo. I neuroni del collicolo inviano i loro assoni nel corpo genicolato
mediale, centri palio- talamici; il corpus geniculatum mediale è una stazione di
integrazione della via uditiva. Il collicolo inferiore invia assoni non solo al NGM ma
anche al collicolo superiore in cui si ha una integrazione delle informazioni uditive e
visive e al cervelletto. Ricordo come la corteccia uditiva primaria reagisce a suoni
sinusoidali ed a stimoli acustici complessi come i suoni multipli e le variazioni
timbriche. La corteccia uditiva primaria di sinistra elabora informazioni con modalità
rapide, quella di destra analizza gli spettri di frequenze e timbri.
All’interno della corteccia uditiva e del tronco encefalico è mantenuta una struttura
tono topica, infatti le basse frequenze sono rappresentate in posizione rostrale e
laterale, le alte frequenze in posizione caudale e mediale; oltre a questa struttura
esistono colonne di cellule con interazioni bineuronali simili. Esistono i neuroni EE
che rispondono alla stimolazione di entrambi gli orecchi, e neuroni EI che sono inibiti
dalla stimolazione.
Nei nuclei cocleari c’è una mappa della membrana basilare: l’organizzazione
sistematica in una struttura uditiva sulla base della frequenza caratteristica è
chiamata tonotopia. Mappe tono- topiche esistono sia nel nucleo di trasmissione del
nervo uditivo, sia nel nucleo genicolato mediale sia nella corteccia uditiva.
L’intensità del suono è analizzata attraverso la frequenza di scarica dei neuroni ed il
numero dei neuroni attivati, eventi in rapporto fra loro;
Per i suoni compresi da 20 a 2.000 Hz il processo coinvolge il ritardo interneuronale;
per i suoni compresi da 2.000 a 20.000 Hz si utilizza la differenza di intensità
interneuronale.
59
OSSERVAZIONI SUGLI ASPETTI NEUROFISIOLOGICI
DELL’ESPERIENZA SONORO/MUSICALE APPLICATA NEL COMA
VEGETATIVO:
Sono quasi quattro anni che lavoro su questo caso; ho avuto la fortuna di poter monitorare
con cardiofrequenzimetro ed EEG e braccialetto per rilevamento parametri del
SNV(Sistema Nervoso Vegetativo) alcune mie sedute di cui indico i protocolli a fine
capitolo. Tutto questo è stato voluto dal Dottor Lanfranchi direttore di Villa Beretta,
Ospedale ValDuce a Costamasnaga in provincia di Lecco. E’ chiaro come la percezione
acustica è l’ultima ad essere perduta nell’approfondirsi del sonno, inoltre essa può
modificare l’EEG non solo di chi dorme ma anche nel paziente in stato di coma. Le vie
acustiche centrali, che veicolano il segnale sonoro-musicale si incrociano in modo
complesso e sono collegate con altre formazioni non specificatamente acustiche come la
formazione reticolare che regola la vigilanza e l’attenzione selettiva; i centri oculocefalogici,
cioè i movimenti dello sguardo e del capo che realizzano l’istintivo volgersi verso una fonte
sonora nello spazio. I nuclei cocleari a livello pontino salgono tramite il lemnisco laterale a
formazioni sottocorticali come il corpo genicolato mediale, collicolo inferiore e superiore,
che assicurano reazioni di ammiccamento brusco ad esempio all’ascolto di un suono
brusco ed inatteso. Questi segnali sono evidenti e conservati in questo caso.
Il mio lavoro, somministrando musiche d’ascolto, è consistito nella ricerca di semplici suoni
di diversa intensità, altezza e frequenza. Ho collaborato con un DJ che mi ha aiutato a
riprodurre dei cd per questo tipo di lavoro, in seguito ho scelto musiche di una architettura
sonora e strutturale semplice, attingendo dal repertorio di musica rinascimentale e barocca,
osservando come A. fosse sensibile ad alcuni strumenti piuttosto che altri e questo
parametro degli ascolti è andato variando in tre anni e mezzo. Se dapprima le sue reazioni
al suono erano prevalentemente su frequenze medio alte, ecco che ora lo spettro di
frequenze si è esteso; le reazioni sono visibili sul volto di A. che, col trascorrere del tempo,
sembrano sempre più coerenti e significative alla musica ascoltata. Un altro misuratore di
parametri variabili durante l’esposizione ai suoni e alla musica, di cui posso usufruire in ogni
seduta, è un saturimetro con il quale posso rilevare frequenza cardiaca e pressione
arteriosa dell’ossigeno. Da questi parametri si possono costruire delle mappe di gradimento
o meno di A. Invece, il riflesso psicogalvanico non mi è permesso in nessun modo di
monitorarlo ( questo riflesso è l’insieme delle modificazioni correlabili all’attività delle
ghiandole sudoripare che sono presenti quando all’individuo vengono somministrati stimoli
visivi, acustici, olfattivi….
Posso generalizzare che le emozioni sia piacevoli sia spiacevoli possono determinare un
aumento della frequenza cardiaca ; a carico dell’apparato respiratorio sono state osservate
variazioni della frequenza respiratoria e del rapporto tra inspirazione ed espirazione; in
merito a questo ho osservato che durante l’ascolto di brani caratterizzati da intensi
accelerando e rallentando c’è una tendenza alla sincronizzazione in alcuni casi della
frequenza cardiaca in altri del ritmo respiratorio.
60
Mi reco due volte alla settimana a fare le sedute di Musicoterapia perché ho suddiviso il mio
lavoro in due parti:
-
-
Ascolto di musiche e suoni di diversa struttura le prime e di frequenza, altezza ed
intensità i secondi che io stessa produco tramite un IPad che ha un programma, la
Garage band, dove posso suonare con diversi strumenti, a corda, percussione, ogni
sorta di organi e pianoforti, utilizzando anche la mia voce, di cui prendo nota e faccio
le mie osservazioni. Materiale utile per stilare i protocolli contenuti in una agenda
dove ogni figura riabilitativa coinvolta, fisioterapisti, logopediste, otorinolaringoiatra,
a loro volta scrivono ogni giorno il loro protocollo sul lavoro fatto. Questo permette di
rendere noto il lavoro svolto con eventuali obiettivi preposti, ed inoltre, serve per
comunicare tra di noi cercando di conservare una certa sinergia per il
raggiungimento degli obiettivi stessi. Molte volte ho variato i contenuti delle mie
sedute, un po’ perché cercavo di lavorare su parti di A. comuni a tutti e poi perché
nel tempo ho codificato alcune risposte ed espressioni di A. così da capire che molte
volte era Lei a guidarmi.
Movimento del corpo nel suono; avevo fatto un lavoro del genere in alcune lezioni
del Prof. Ciampi, il quale ci aveva fatto fare un lavoro in coppia in cui una persona
veniva condotta e l’altra conduceva mobilizzando un braccio del compagno
ascoltando la musica seguendone il ritmo e l’espressione melodica. Così ho
applicato questo sistema per far sentire ad A. di come il suo corpo si muoveva a
ritmo regolare di una musica che, in quanto tale, dava un senso ordinato al
movimento stesso. Di aiuto mi sono state le lezioni delle Professoresse che ci hanno
insegnato ad ascoltare il nostro corpo, la mente e ascoltare in modo più percettivo
l’altro. La percezione di A. ha comportato per me uno sforzo affinchè ogni volta che
io iniziavo le sedute divenisse un foglio bianco su cui poter scrivere le sensazioni e
le percezioni che avevo della mia giovane paziente. Non potevo non considerare
che oltre agli stimoli sonori mi dovevo occupare in qualche modo dell’anima di A.,
cercare di prendermi cura del suo trauma avuto nell’incidente, nell’impatto della
macchina col terreno, di come lei stava prima dell’incidente. Il mio unico mezzo era
la musica e solo ed esclusivamente quella.
Dunque, ero andata a rivedermi il pensiero di Michel Imberty, psicologo della musica, tratto
dal suo volume Suoni, emozioni e significati del 1986.
Imberty ha trovato una grande potenzialità di comprensione e di analisi dell’evento sonoro;
lui basa il suo approccio sull’impianto strutturale della musica più che l’aspetto formale e/o
teorico storico. Lui è riuscito a legare le opzioni strutturali con le dinamiche emozionali
suscitate dall’ascolto della musica, ricavando così una concreta possibilità di valutazione
del dato musicale.
Egli parla di schemi di tensione e distensione cinetica e posturale, di risonanza emotiva di
spazialità.
61
Il primo schema di tensione e distensione si basa su aspetti dinamico-emozionali.
Lo schema di risonanza emotiva organizza l’affettività come funzione essenziale alla
costituzione dell’Io e della sua unità più o meno forte.
Lo schema di spazialità si divide in rappresentazioni iconiche e cinetiche: le prime sono
rappresentazioni immaginifiche definite, le seconde sono significati di movimenti e
determinati da essi.
Il simbolismo musicale è un qualcosa di diverso ancora che potrebbe essere contenuto in
unità elementari della musica poiché ciò che viene associato ai suddetti schemi contiene
strutture musicali più complesse .
Fondamentale è il concetto di abituazione in cui il soggetto varia lo stato di vigilanza al
variare della formazione reticolare. Infatti, ogni stimolo sonoro attiva la formazione reticolare
proprio per questo concetto l’attivazione ottenuta dallo stimolo eccitatore diminuisce
progressivamente alla ripetizione dello stimolo stesso. Ecco perché ho sempre cercato di
variare con gli stimoli sonori perché A. manifestava con le sue espressioni del viso laddove
uno stimolo la sollecitava e dove no.
Seguendo il lavoro delle logopediste sui contrasti e le tabelle di stimoli acustici consigliati
dalla neuropsicologa sensoriale ho somministrato ad A. musiche e anche stimoli sonori
complessi, talvolta suoni ‘bruschi’ ed inaspettati così da generare conflitto tra i potenziali di
risposta della corteccia cerebrale. In questo caso essendo caso in cui l’elaborazione
corticale è ancora debole utilizzo questo metodo per ‘allenare’ parte del cervello. Il pensiero
di allenare il cervello deriva dal concetto di neuro plasticità perché contrariamente a quanto
si è sempre pensato i circuiti neurali del cervello adulto non sono statici ma cambiano
continuamente in modi diversi nel corso di tutta la vita.
Secondo gli studi delle neuroscienze non è ancora chiaro se esista una neurogenesi
nell’uomo, quando invece è possibile osservarla in alcuni animali, ma esiste una certa
plasticità sinaptica, ovvero il rafforzamento o l’indebolimento delle connessioni sinaptiche
tra i neuroni. Hanno riscontrato che esiste la sinaptogenesi, ovvero la formazione di nuove
connessioni tra i neuroni poiché questi ultimi sono in grado di proiettare nuove spine
dendritiche. Per tanto, il “brain training”, l’allenamento, di qualsiasi genere, modifica la
struttura cerebrale come dimostrano gli studi imaging. L’allenamento e la pratica rendono
più precisi i percorsi neurali coinvolti nel compito da svolgere, tanto da aumentare
l’efficienza del cervello nello svolgimento delle azioni.
La plasticità sinaptica interessa tutto il cervello ed è un processo costante che porta alla
formazione di circa un milione di nuove connessioni al secondo; con l’età diminuisce questa
capacità del cervello di riorganizzarsi.
Nel caso di A. l’allenamento neuronale ha tenuto conto anche di due concetti di cui parla
Imberty che sono la Complessità formale e gli Schemi di risonanza emotiva.
62
La Complessità formale è data dal rapporto tra la somma di entropia melodica (forma
degradata di energia che se aumenta accompagna lo svolgimento di ogni processo di
trasformazione spontanea) e durata dell’intervallo metrico con il rapporto fra la variazione
media di intensità e variazione media di durata, dunque questo parametro risulta essere
formato dall’indice strutturale e da un indice di dissomiglianza degli elementi.
Se l’indice di complessità è elevato si hanno risposte di angoscia, se non è elevato si hanno
risposte malinconiche-depressive; se l’indice è tenue si hanno risposte di euforia, serenità e
piacevolezza. Tutto questo ho potuto riscontrarlo tramite modi comunicativi che vanno
dall’espressione del viso all’ammiccamento dello sguardo e a movimenti boccali durante
l’ascolto di brani musicali scelti e studiati per le sedute.
L’indice di dinamismo formale si basa sul ruolo determinante della velocità a cui è associato
il fattore di volume sonoro globale del brano musicale e si basa su una variazione musicale
media soggettiva di intensità, variazione che fa parte di dinamiche ritmiche ed armoniche.
Questo indice è dato dal rapporto tra velocità (numero medio di note in una unità
cronometrica data, intervallo metrico) e l’intensità soggettiva. C’è una correlazione tra indice
di complessità formale e indice di dinamismo generale, tanto che si intende come
integrazione formale una minor componente della complessità formale e un indice di
dinamismo medio da cui derivano risposte emozionali positive,, mentre si ha
disintegrazione formale quando l’indice di complessità formale è alto ed il dinamismo è
tenue che determinano risposte emozionali malinconiche,depressive e talvolta di angoscia.
Questi stati emozionali li posso monitorarli tramite il saturimetro, che mi rileva la frequenza
cardiaca, la respirazione, osservando anche le contrazioni del diaframma, l’espressione del
volto e da piccoli movimenti spontanei del braccio e della mano dx, che nel corso del
tempo hanno assunto un significato importante perché ad ogni attacco musicale A. risponde
muovendosi.
La musica, al di là della sua funzione regressogena, basta pensare all’ipotetico “Paradiso
perduto delle nostre origini “di Franco Fornari, rappresenta un elemento ordinante
formalizzante, capace di dare senso e significato dove non c’era.
Schon afferma che la musica rappresenta uno strumento di mediazione tra il caos originario
delle emozioni e il linguaggio articolato dell’intelletto.
Pertanto, in base a quanto finora ho scritto, mi è parso che davvero l’intervento
musicoterapico applicato in questo caso di coma vegetativo potesse in qualche modo
fornire dei mezzi ad A. per migliorare la sua comunicazione con l’esterno, il suo stato
emozionale e, forse, potrà essere di aiuto nel raggiungimento di uno stato di minima
coscienza.
63
La conduzione di questo caso è stata favorita da due fattori importanti; il primo, è la
conduzione delle sedute di musicoterapia presso il domicilio della persona, per cui posso
svolgere tranquillamente il mio lavoro senza gli obblighi e i tempi delle strutture così da
concedere ad A. di potersi riposare di tanto in tanto nelle sedute e poter così dare un senso
compiuto di inizio, svolgimento, fine di una seduta. Il secondo, la comunicazione continua
con gli altri professionisti dell’equipe di riabilitazione tramite diario clinico, lettere, riunioni
presso il domicilio.
Quando si osserva qualcosa abbiamo modo di confrontarci e di parlarne insieme, cosa
molto importante nel momento in cui non si ha verbalizzazione da parte del paziente.
Parliamo spesso di sensazioni che noi terapeuti abbiamo, a cui si cerca di dare un
significato il più coerente possibile sulla base delle competenze che ognuno di noi porta
della propria materia.
Altro punto fondamentale che ho dovuto affrontare in questo tipo di lavoro è stato il
rapporto con me stessa di fronte ad uno stato di coma. Nelle mie revisioni ho analizzato
parti di me in difficoltà, che in qualche modo risultavano anch’esse, per così dire, in uno
stato di coma.
Basti pensare ad alcune circostanze della mia vita che da tempo lasciavo “stagnanti”.
Questo per dire che se io dovevo essere uno stimolo efficace per A. io per prima avrei
dovuto superare certe difficoltà.
Ho dovuto imparare come tutelare il mio lavoro e la relazione con il paziente dalla presenza
costante e talvolta invadente dei familiari, in questo caso dei genitori e sorelle di A. , e pur
comprendendone lo stato emotivo che oscilla da momenti di speranza a momenti di
sconforto più totale, disperazione e depressione in cui ci si appiglia a qualsiasi cosa venga
detto sull’argomento del coma, devo sempre tenere ben presente che durante la seduta ciò
non deve rappresentare un’interferenza, che andrebbe a variare gli stimoli sonori-musicali
che in quel momento agiscono sul cervello di A.
Per concludere questa esposizione del caso allego i protocolli di seduta musico-terapica
durante il monitoraggio presso Villa Beretta di Costamasnaga.
64
RELAZIONE DI SEDUTA DI MUSICOTERAPIA MONITORATA
Costamasnaga, 14 maggio 2014
RELAZION
E DI
SEDUTA
La seduta è stata effettuata nella camera della Sig.na A. a porta chiusa sotto la direzione
DI
del
Dott.
Lanfranchi e in presenza dell’ Ingegnere biomedico presso Villa Beretta.
MUSICOT
È stata
fatta soltanto una seduta di musicoterapia recettiva con stimolazioni sensoriali
ERAPIA
MONITOR
uditive a frequenza sonora variabile; non è stato possibile effettuare una seduta combinata
ATA
di stimolazione
sensoriale uditiva e lavoro corporeo con movimento degli arti superiori.
Quindi, le eventuali variazioni del sistema neurovegetativo possono risultare quasi nulle
durante la seduta.
C
Per
o il monitoraggio sono stati utilizzati i seguenti strumenti diagnostici: EEG, bracciale per
las rilevazione di alcuni parametri del sistema neurovegetativo, cardiofrequenzimetro.
t
a scelta dei brani ha tenuto conto di due aspetti:
La
1m– brani già ascoltati da A. in precedenti sedute
a
2 – brani con diverse caratteristiche sonore di ritmo, frequenza, ampiezza, durata e
s
intensità
n
a
g musica è stata fatta ascoltare sia in cuffia sia senza cuffia e A. è distesa sul letto con il
La
a leggermente sollevato.
capo
,
PROTOCOLLO
DI SEDUTA ESEGUITO:
1
4
Inizio con EEG basale: durata 5 minuti
m
a
1ª STIMOLAZIONE SONORA
g
g
Bach,
Sei Lob und Preis mit Ehren, da BWV 167
i
o
Caratteristiche sonore del brano:

2

0
1
4 
Ritmo binario, tempo veloce, frequenza sonora medio-alta
Il tema viene eseguito dal violoncello che dialoga con altri violini e strumenti a fiato;
presenza del basso continuo che si inserisce armonicamente nei dialoghi tra archi
Moduli armonici ripetuti con crescendi e diminuendi con frequenza medio-alta
FASE 1 musica in cuffia
Brano ripetuto 2 volte: durata 4:26 minuti
L
EEG basale: durata 5 m
a
FASE
2 musica non in cuffia
s
e
Brano eseguito 2 volte: durata 4:26 minuti
d
u
EEG basale: durata 5 minuti
65
65
OSSERVAZIONI:
Alice è vigile e attenta ai suoni con e senza cuffie.
2ª STIMOLAZIONE SONORA
Bach, Passione di S. Matteo, da BWV 244
Caratteristiche sonore del brano:
 Ritmo binario, tempo andante, il basso continuo è più strutturato e fa da
sfondo (bassa frequenza al tutto il brano)
 Le frequenze sonore sono medio-basse (questo brano rispetto al
precedente va ad interagire maggiormente sulle onde theta)
FASE 1 musica in cuffia
Brano eseguito 1 volta: durata 6:20 minuti
FASE 2 musica non in cuffia
Brano eseguito 1 volta: durata 6:20 minuti
OSSERVAZIONI:
Alice tende ad assopirsi con le basse frequenze e il ritmo più lento
3ª STIMOLAZIONE SONORA
Amy Winehouse – Franck, Intro E Stronger than me
Caratteristiche sonore del brano:
 “Musica del cuore di Alice”
 Genere “blues”, ritmo binario, tempo moderatamente veloce
 Brano nel complesso molto ritmico che induce al movimento corporeo
 In questo brano è presente un ritmo sincopato in cui vi è uno
spostamento del tempo ritmico al tempo forte al tempo debole,
producendo una sorta di ritardo nel ritmo, infatti, è definito un tempo
irregolare
 Effetti sonori acustici presenti a fine brano
FASE 1 musica non cuffia
Brano eseguito 1 volta: durata 3:53 minuti
66
OSSERVAZIONI:
da uno stato di distensione ed assopimento con gli occhi chiusi A. si desta già
dalle prime note del brano e segue la musica con un movimento oculare diretto
verso la fonte sonora e pare essere un brano stimolante per lei.
La fonte sonora è emessa da una cassa wireless così da orientare il suono in
diverse parti della stanza e a diversa distanza da A. prima dalla parte sinistra e
poi dalla parte destra. A. è sempre attenta e segue la fonte sonora con lievi ma
percettibili movimenti del capo.
4ª STIMOLAZIONE SONORA.
Mum: I’m 9 today
Caratteristiche del brano:
 Brano costituito da diverse sonorità come un gioco di suoni anche
registrati nell’ambiente, di oggetti ecc…….
 Ritmo binario
 Alte e basse frequenze e diverse intensità sonore
 Inserimenti di effetti sonori melodici su una base marcatamente ritmica
 Musica elettronica composta su sintetizzatori
L’originalità del brano presenta caratteristiche sonore tali che alice pare
percepire e rimanere vigile per tutto l’ascolto. Poiché i passaggi da piano e forte,
i rumori di sottofondo come anche le voci, le diverse altezze dei suoni eseguiti,
apparentemente, in modo casuale attirano l’attenzione di chi l’ascolta.
L’ascolto è fatto tramite cassa wireless anche in questo caso facendo provenire
il suono prima a destra e poi a sinistra di Alice.
Durata del brano: 4:07 minuti
5ª STIMOLAZIONE SONORA.
Robert Powell: Assassin’s tango
Caratteristiche del brano:
 Ritmo binario
 Tempo inizialmente lento con finale più veloce e un crescendo di alta
intensità sonora finale (come un bolero)
 Inserimento di strumenti lungo il brano poco per volta
 Il finale in sospeso, ovvero, si ferma improvvisamente in levare
La fonte sonora è emessa dalla cassa wireless, orientata nello spazio intorno ad
Alice.
67
E’ un brano normalmente usato in seduta combinata (suono e movimento); le
sue caratteristiche sonore invitano al movimento corporeo e alla stimolazione
delle onde cerebrali alfa. Si agisce muovendo gli arti superiori prima da un
emisoma poi dall’altro.
Durata: 4:07 minuti
6ª STIMOLAZIONE SONORA
Esposizione ai suoni di alcuni strumenti diversi per caratteristiche sonore di
frequenza, ampiezza e durata del suono stesso.
Ocean drum-xilofono-ghirò-ocean drum
Caratteristiche degli strumenti:
 Ocean drum: produce l’effetto dell’acqua dell’oceano (da cui il nome),
elevata potenzialità regressogena come tutti gli strumenti che
richiamano l’effetto dell’acqua.
 Ghirò: strumento in legno, appartenente alla cultura musicale latino
americana; il suono si produce strofinando lo strumento con un battente
di legno.


Xilofono: è un metallofono il cui suono si produce tramite percussione
con battenti; strumento melodico a media alta intensità sonora. Grazie
alla presenza di una cassa armonica in legno produce sonorità con una
specie di eco.
Sono tutti strumenti molto sonori, sia i ritmici sia i melodici, con una
elevata capacità vibratoria e per questo utilizzati in seduta collocandoli
sul corpo disteso della persona.
La durata della seduta è stata di 2:50 minuti.
A., nonostante una visibile stanchezza, è sempre attenta ai suoni degli
strumenti e sembra seguire le diverse sonorità.
I suoni degli strumenti hanno meno risonanza rispetto le musiche che sono
caratterizzate da una complessità strutturale armonica, da suoni di diversi
strumenti che suonano insieme, dunque, le stimolazioni fatte semplicemente
con uno strumento sono di breve durata ma possono essere ugualmente
profonde ed intense.
68
RELAZIONE SEDUTA DI MUSICOTERAPIA
CARDIOFREQUENZIMETRO
MONITORATA
DA
BRACCIALE
E
A. quando sono arrivata era assopita sulla sedia, appena uscita dalla palestra.
Le parlo ma non apre gli occhi; viene distesa sul letto.
Apre gli occhi e rimane sveglia.
All’esame obiettivo A. è piuttosto rigida sia per quanto riguarda gli arti superiori, sia inferiori.
La Po2 è 99 e la frequenza cardiaca 70.
Ausculto il ritmo cardiaco per cercare di selezionare brani musicali con un ritmo molto simile
a quello di A. o leggermente più veloce dovendo essere di stimolo per i movimenti corporei.
Alle 12.13 viene somministrato il Lioresal.
N.B: Ogni volta che scrivo l’ora corrisponde al momento in cui schiaccio il tasto del
braccialetto come concordato con Eleonora.
ORE 12.20:
Inizio il lavoro toccando A. in ogni parte del corpo (total body), per farmi sentire e per
iniziare a stimolare con la sola pressione delle mie dita sul suo corpo seguendo il ritmo della
musica scelta per questo lavoro.
Durata 15 minuti circa
Brano: Handel: Water Music Suite HWV 348 Largo e poi Allegro.
ORE 12.25
Lavoro su addome inferiore e arti inferiori:


Il lavoro corporeo consiste sempre in stimolazione sensoriale che io svolgo con le
mani movimentando il bacino e gli arti inferiori seguendo il ritmo musicale. Proseguo
con lieve mobilizzazione degli arti inferiori prima a destra per circa 6 minuti poi a
sinistra per altrettanti minuti, seguendo il fraseggio musicale.
Stimolazione addome inferiore e superiore sempre seguendo il ritmo (più veloce
rispetto a prima)
69
ORE 12.45
Alzo leggermente la schiena di A. e faccio stimolazione del capo e del viso.
Durata 5 minuti
Brano: fino ad ora ho condotto il lavoro sempre con i vari tempi della Water Music Suite di
Handel.
ORE 12.50
Lavoro corporeo su arti superiori e torace mobilizzando il corpo di A. anche a livello delle
scapole passando le mie mani sotto la sua schiena.
A. è nuovamente in posizione supina.
OSSERVAZIONE:
Alle 12.53 decido di sospendere il lavoro corporeo perché A. presenta una rigidità elevata e
gli arti sono decisamente poco trattabili. Il volto di A. è direzionato verso destra. Avverto
Eleonora via sms di questa pausa. Osservo durante la pausa che A. alza l’ avambraccio di
destra. Il braccio di sinistra è piegato sull’addome come l’ho lasciato.
Durante il ciclo, come oggi che è al primo giorno, ha sempre una rigidità aumentata degli
arti superiori e inferiori. L’addome è teso alla palpazione e presenta gonfiore rispetto al
solito. Le mani sin dall’inizio della seduta sono chiuse a pugno e non si riesce ad aprirle.
C’è una lieve accelerazione del respiro , decido di misurare la Po2 e la F.C.
La Po2 è a 100 e la F.C 86.
Decido di rimettere la musica ed osservare condividendo questa decisione con Eleonora
sempre via sms.
L a musica è caratterizzata da un ritmo lento : Terzo tempo della Traviata di G.Verdi
A. solleva l’arto di destra e il gomito sfiora il letto. Abbassa e rialza l’arto leggermente più
volte pari due volte al minuto.
A. è sempre vigile col volto rivolto verso sinistra. (peraltro è solita assumere questa
posizione).
70
Gli atti respiratori sono più profondi e regolari
PO2 99 e F.C. 92 - Durata del brano 4,24 minuti
Continuo col brano di Mozart : Sonata per pianoforte ed orchestra n.23 K488 facendo
ascoltare il Preludio-Adagio.
Questo brano ha simili caratteristiche di ritmo e tempo del precedente.
A. direziona sempre l’arto di destra verso l’addome; in un crescendo molto lungo del brano
A. sposta l’avambraccio verso l’esterno e, nel contempo, ci sono brevi e rapidi movimenti, di
diversa natura dalle classiche mioclonie, del piede destro in estensione.
Durata del brano e di osservazione 7,11 minuti
Il seguente brano è OBLIVION di Piazzolla che ha un ritmo sempre lento.
La sonorità del bandoneon emerge rispetto agli altri strumenti sottolineando molto bene il
ritmo.
La gamba sinistra, intanto, è sempre leggermente piegata e ferma cosi pure il braccio di
sinistra che rimane sempre appoggiato sull’addome inferiore.
Durata del brano 3,35 minuti.
Totale pausa 15 minuti circa.
ORE 13.10
Inizio del lavoro corporeo
PO2 99 F.C 91
Brano: INVERNO dalle Quattro stagioni di Vivaldi.
Impossibile muovere entrambi gli arti superiori perché rigidi.
Osservo il viso di A. : gli occhi hanno uno sguardo molto triste e lacrimano. Il labbro
inferiore si contrae e si estroflette. Espressioni già viste in A. soprattutto nel periodo di
sovrastimolazione da parte della madre; personalmente credo che A. sia stata nuovamente
molto stimolata in questi gg., ma so che Aurelia passa momenti di sconforto e di non
accettazione nel vedere che la figlia non ha grossi cambiamenti e reagisce stimolandola
continuamente e standole fisicamente molto addosso. Questa cosa io ho sempre cercato di
contenerla, come oggi, ma alle mie affermazioni seguono rimbrotti e disappunti.
71
Bisogna capire che A. ha un suo tempo, un suo ritmo e che bisognerebbe cercare di
rispettare maggiormente e cosi, proprio in virtù delle mie affermazioni, ho sempre cercato di
farmi capire.
Non essendo capita per ovvi motivi e vedendo nel tempo tutta questa compulsività materna
sulla figlia ho invitato la madre a farsi seguire psicologicamente, perché a volte, questo
troppo attaccamento è sembrato controproducente. L’esempio è stato far ascoltare ad A. il
canto dei delfini perché Aurelia aveva letto che era ‘guaritore’ (ahimè) e così per due mesi,
non sapendone io la ragione, ogni frequenza usata in seduta era inefficace………. il canto
dei delfini per la sua caratteristica anche ultrasonica mi mascherava ogni tipo di intervento
sonoro……..
Sospendo nuovamente il lavoro corporeo, parlo ad A. dondolando il suo corpo sul letto,
effetto culla, e le dico di stare tranquilla che sta andando tutto bene e che comprendo il suo
stato. Ovviamente, alla base delle mie scelte musicali per Alice ho dovuto tenere conto non
solo di un corpo incidentato ma così pure di un’anima traumatizzata.
Vivaldi dura circa 9 minuti.
Decido di mettere una musica che appartiene ad A. e che le piaceva tanto.
Inizio con le canzoni di Jovanotti.
Nuovamente ascolto della canzone ‘Bella’ di Jovanotti e dopo averla cullata un po’ il suo
viso si distende e continua a muovere l’avambraccio di destra appoggiando sempre il
gomito sul letto.
PO2 91 e F.C. 87
Il brano dura 5,30 minuti
Intanto le accarezzo le mani come se dovessi scaldargliele.
Il secondo brano di Jovanotti è ‘Le tasche piene di sassi’ che vocalizzo e canticchio per far
sentire la mia voce e quindi la mia presenza ad A.
Gli arti superiori sono trattabili (penso all’effetto del Lioresal) e li mobilizzo ma per poco
tempo. Il sinistro è meno rigido del destro.
Il brano dura 3,33 minuti dopodichè finisco la seduta, mi congedo da A. e prima di
allontanarmi le metto sotto la mano sinistra un coniglietto morbido , la copro, le faccio
ascoltare ancora una canzone di Jovanotti che è ‘Innamorato’.
PO2 95 F.C. 82
72
Continua con brevi movimenti del braccio destro mentre il sinistro è fermo ma decisamente
più disteso e per nulla rigido a tal punto da riuscire ad aprirle la mano.
Fine seduta 13.51.
Avverto via sms Eleonora del termine del lavoro.
Aspetto Alice che rientra in stanza dopo la palestra, la madre è assente e la accolgo io in
stanza.
Dopo pochi minuti si addormenta e io la lascio riposare. E’ decisamente rilassata e gli arti e
le mani si distendono molto bene. Il respiro è profondo e regolare, buona la saturazione di
ossigeno e frequenza cardiaca nella norma.
C ‘è da osservare che se arrivano suoni o rumori esterni udibili e di entità acustica
apprezzabili A. si sveglia e rimane vigile per un po’ di minuti. Questo stato di sonnolenza di
A. è piuttosto rilevante nei giorni di ciclo mestruale, e la stessa appare anche più
suscettibile e vulnerabile ad ogni stimolo a cui risponde irrigidendosi e, in alcuni momenti,
con comparsa di mioclonie agli arti.
Nell’ultimo ricovero a Costamasnaga il tracciato dell’EEG presenta una buona
organizzazione complessiva con un ritmo di fondo 9c/sec., dunque migliorata da quando A.
è sottoposta a stimoli sonori-musicali e migliorati sono i potenziali evocati acustici. Riporto
la relazione e gli obiettivi che avevo fatto dopo l’ultimo ricovero.
73
RELAZIONE CLINICA DI A.





ANAMNESI PROSSIMA DEL 16/06/2014
ESITI OSPEDALIZZAZIONE A VILLA BERETTA PRESSO IL
LANFRANCHI
PIANO FARMACOLOGICO E PROGRAMMA PER RIABILITAZIONE
PROGETTO DI ALICE DEL DOTT.LANFRANCHI
PROGETTO RIABILITATIVO DI DOTT.SSA BAROLO LUCIA
DOTTOR
L’ ospedalizzazione è iniziata in data 05/02/2014 e terminata in data 10/06/2014.
La diagnosi di dimissione è “Stato vegetativo in esiti di TCE da incidente della strada”.
Eseguita durante la degenza presso il centro:
-sostituzione cannula tracheostomica con posizionamento Portex n°7.
-regolata DVP a 90 mm. H2O.
-assestata terapia con KEPPRA 10mlx2 al giorno
-Indagata funzionalità vescico-urinaria con esami clinico-strumentali e valutazione
neurologica .
ESAME OBIETTIVO.
Bilancio neuromotorio all’ingresso
DRS 24 STATO VEGETATIVO
GCS 8
Apertura OO spontanea.
Non emissione di suoni durante la valutazione.
Presenza di cannula chiusa nelle 24 ore.
AASS atteggiati in flessione e mani chiuse in pugno….. già forniti in precedente degenza
splint in estensione dita e polso.
Bilancio deglutizione
Alimentazione e idratazione via PEG
Bilancio clinico
74
Comizialità secondaria in terapia con Keppra
Presenza di DVP con valvola Hackim tarata a 90 .
Terapia farmacologica:
Esomeprazolo
Baclofen (lioresal) miorilassante
Levetiracetam (keppra) antiepilettico
Zolpidem(stilnox) benzadiazepiana.
Cannula tracheostomica chiusa nelle 24 ore.
E’ stato inserito lo stilnox in dose 10 mg 1 cp alle ore 8.
QUADRO DEI POTENZIALI EVOCATI.
-Non evocabili potenziali visivi bilateralmente per stimolazione con pattern flash.
-assenza delle componenti corticali sensitive per stimolazione degli arti superiori e
inferiori (nella norma la componente periferica agli arti superiori, non valutabile agli
arti inferiori).
Nella norma risultano i potenziali evocati nel tronco encefalico.
PEA: per stimolazione ipsi e contro laterale si rileva un potenziale con latenze
assolute ed interpicco normali bilateralmente; normale il rapporto di ampiezza I/V.
PROGETTO DOTT.LANFRANCHI
-Prevenzione lesioni terziarie
-trattamento lesioni secondarie
-Trattamento disfagia: il medico chiede di collaborare nella riabilitazione per
arrivare ad un obiettivo di rimozione della cannula tracheostomica.
PROGRAMMA FISIOTERAPICO
Mobilizzazione passiva
Stretching AASS/AAII
Erigo
75
PROGRAMMA LOGOPEDICO
Esercizi a secco di stimolazione buccale-orale con alimenti di gusti diversi SENZA
DEGLUTIZIONE.
Esercizi a secco di stimolazione dei pilastri tonsillari.
I dati clinici emersi hanno convalidato nella loro interezza i quadri di valutazione
della Dott.ssa Barolo sia quelli del mese di settembre sia della rivalutazione prericovero a Villa Beretta di gennaio a tal punto da risultare una guida sicura su cui
noi possiamo lavorare e orientare i nostri interventi per il progetto riabilitativo
richiesto anche dal dott. Lanfranchi.
Riporto al fondo le tabelle , a mio parere, più significative, sovrapponibili ai dati dei
potenziali evocati e a quanto emerso nell’esame obiettivo neurologico.
GLI OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO E IL PROGETTO RIABILITATIVO
PROPOSTE DALLA DOTTORESSA BAROLO SONO:





acquistare un maggior livello di coscienza: aumentare il contatto con
l’ambiente e le persone familiari ed eventuale canale comunicativo.
Aumentare un livello di responsività verso l’esterno
Stabilire un canale comunicativo strutturato e stabile utilizzando tavole della
comunicazione facilitata e incrementando e stabilizzando l’uso del pollice
per comunicare.
Migliorare la capacità sensoriale su tutto il corpo: stimolando con materiali
contrastanti su tutto il corpo per uniformare la sensibilità; stimolando con
materiali disturbanti e dolorosi su tutto il corpo per equilibrare le sensibilità;
stimolazioni oro-buccali; stimolazioni odorose contrastanti sul’intera
superficie corporea
Migliorare la capacità olfattiva e gustativa: stimolazioni odorose contrastanti
e stimolazioni gustative differenti.
Infine riporto le tabelle di valutazione da parte della neuropsicologa sensoriale. La
presa visione di tutto questo materiale clinico e di valutazione è utile per il
musicoterapeuta per avere un quadro clinico in cui deve intervenire con la
musicoterapia mantenendo come obiettivo le finalità comuni stabilite dall’equipe di
professionisti.
76
Dalla nuova valutazione i dati che emergono sono i seguenti:
Nella tabella seguente sono riportati i valori ottenuti dal paziente nella somministrazione di
una valutazione neuropsicologica sensoriale seguendo il protocollo del FHC (Family Hope
Center) and University of Philadelphia. I punteggi riportati fanno riferimento ai punteggi
ottenuti nelle varie aree espressi in mesi; la norma corrisponde all’età cronologica del
paziente riferita in mesi. Sono inoltre, indicati i valori dell’esito dei test (Raggiunto = R,
Quasi raggiunto = QR, Parzialmente raggiunto = PR, non ancora raggiunto = NAR)
TEST ESEGUITI
PUNTEGGIO
NORMA
ESITO
PUNTEGGIO
Settembre 2013
Vista e Lettura
Udito e Comprensione
Sensibilità e Tattilità
Locomozione e Mobilità
Comunicazione e Linguaggio
Manualità e Scrittura
Competenza Emotiva e Sociale
Gennaio 2013
1,8*
8,8*
7
275
275
275
NAR
NAR
NAR
1,7
8
7
1,5*
6,2*
275
275
NAR
NAR
1
1,8
6,3
7,6*
275
275
NAR
NAR
6,3
6
*aree migliorate in 8 mesi
77
TEST ESEGUITI
PUNTEGGIO
NORMA
ESITO
Gennaio 2014
Vista e Lettura
PUNTEGGIO
Settembre 2013
6,1**
279 NAR
1,8
Udito e Comprensione
8,8
279 NAR
8,8
Sensibilità e Tattilità
8,6*
279 NAR
7
Locomozione e Mobilità
1,5
279 NAR
1,5
Comunicazione e Linguaggio
7*
279 NAR
6,2
Manualità e Scrittura
6,4
279 NAR
6,3
Competenza Emotiva e Sociale
8,6*
279 NAR
7,6
*aree migliorate in 4 mesi
78
Riporto una tabella di stimoli psicosensoriali acustici che ho alternato con gli stimoli sonorimusicali.
Stimolazione Uditiva
Obiettivo
Creare una capacità permanente di sentire, riconoscere e localizzare
istantaneamente i suoni dell’ambiente in cui Alice vive. Essere in grado di filtrare
i suoni mentre si è impegnati in conversazioni o altre attività. Non essere
sensibile ai suoni dell’ambiente.
10x
Fare da uno a tre suoni diversi per circa un minuto.
Usare un’ampia gamma di suoni di diversi volumi e toni.
Cominciate con nove suoni diversi al giorno.
Esempi
Sbattere delle pentole e padelle con diversi utensili fatti di materiali diversi
come plastica, metallo o legno.
Riempire dei contenitori e scuoterli, tipo bottiglie di fatte di vetro o plastica
nelle quali vengono messi oggetti diversi tipo, graffette, riso, fagioli, viti ...
Siate creativi con i suoni di oggetti della casa.
Usate apparecchi meccanici che avete a casa.
Ipersensibilità
Cominciate con pochi secondi per ogni suono e gradualmente
arrivate alla capacità di tollerare ogni suono per almeno 20 secondi.
Iposensibilità
Cominciate con una durata di tempo e l’intensità necessaria finchè
non avete la sensazione che A. inizi a percepire qualche suono. La
lunghezza e l’intensità possono essere ridotte man mano che lei
diventa più ricettiva nel sentire i suoni.
79
Fase 1
Permettete ad A. di vedere quello che state facendo ed identificare i suoni,
quindi mettevi di fronte a lei.
Fate i suoni da posizioni diverse davanti a lei in modo che possa vedere “
come suona” quando lo stimolo proviene da diverse posizioni.
La settimana successiva sempre con gli stessi suoni passate alla
Fase 2
Fate i suoni da dietro al paziente ed osservate se egli può sentire o meno,
può riconoscere ed è tranquillo con i suoni quando non è in grado di vedere
cosa produce il suono.
Osservazioni:
Nel contratto iniziale con la famiglia avevo previsto di svolgere un lavoro per almeno 5 anni
tempo necessario per osservare e valutare le variazioni e, forse, qualche miglioramento da
parte del paziente. Un tempo dilatato si direbbe, in realtà, giusto per la condizione di uno
stato di coma in cui spazio e tempo assumono un’altra dimensione.
80
CAPITOLO III:
OSSERVAZIONI DURANTE IL PERCORSO DI FORMAZIONE
DI MUSICOTERAPIA.
La scuola di Musicoterapia che ho frequentato non mi ha dato solo una buona preparazione
teorica ma mi ha permesso di misurarmi in più ambiti di applicazione così da poter
scegliere, forse, quello più proprio.
Questa disciplina terapeutica ancora poco nota nelle sue modalità di intervento alla maggior
parte delle persone necessita, da un lato, di divulgazione con proposte di veri e propri
laboratori esperienziali non a carattere terapeutico aperti a tutti coloro che desiderino
imparare ad ascoltare sé stessi confrontandosi col proprio suono e col suono degli altri
attraverso la musica, dall’altro lato di ricerca basata sull’esperienza dei musico terapeuti
che a loro volta possono confrontarsi col proprio tutor e con un supervisore.
L’esperienza basata sull’applicazione della musicoterapia in vari contesti può portare ad
osservazioni, discussioni, feed back utili per l’ottimizzazione dei protocolli di seduta, della
metodologia personalizzata e via dicendo.
Laddove ho visto che ciò esiste, per le esperienze che ho fatto, il discorso è agevolato
perché le strutture che ci accolgono hanno un numero di persone che possono favorire lo
studio sulla comparazione dei dati che emergono dalle sedute e da un percorso di più mesi
.
Uno tra gli stimoli più forti che la scuola mi ha dato è stato proprio quello di condurre dei
lavori e immaginare di fare piccoli progetti in cui si possa applicare la musicoterapia. Alla
base sta il processo di valutazione del caso che nella formazione viene sempre
puntualizzato come fondamentale per una eventuale presa in carico.
Personalmente gli ambiti tra i più interessanti sono quelli dell’analisi delle “musiche del
cuore” e la riabilitazione psicosensoriale nello stato di coma vegetativo,di cui ho già avuto
modo di parlare.
Interessante è l’analisi della “musica del cuore”, perché ho potuto notare quanto una musica
può dire sull’essere dell’individuo. Durante il percorso formativo noi allievi della scuola di
Musicoterapia abbiamo consegnato quattro/cinque musiche del cuore che sono state
analizzate in aula sia da un punto di vista sonoro-grammaticale sia quello più interpretativo.
Uno degli ambiti musicali che mi ha sempre affascinato è l’analisi musicale.
81
Che cos’è l’analisi musicale?
È un corpus organizzato di cognizioni volte ad appurare la struttura della composizione
musicale. Come disciplina si è andata a costituire alla fine del secolo XIX però le sue radici
affondano ben più lontano proprio per la sua natura di riflessione fondamentale sui modi di
essere della musica. Dalla Grecia classica fino al Medio Evo la musica fu oggetto di
deduzioni metafisiche o matematico-razionale che configuravano non tanto un’analisi
quanto una teoria speculativa della musica poco incline a confrontarsi con l’effettiva
esperienza del suono. Dal Medio Evo in poi compaiono le prime trattazioni sugli elementi
costitutivi della composizione musicale sia sotto l’aspetto logico organizzativo sia tecnico
pratico. Nei secoli XVII e XVIII si assiste ad una progressiva parcellizzazione del sapere
musicale in discipline distinte ed è in questo momento che la teoria della musica tende a
prospettarsi come analisi assumendo due fondamentali connotati: l’uno con l’elaborazione
di appropriati strumenti e metodi di osservazione delle strutture musicali in sé, l’altro con il
coinvolgimento dell’analisi nella riflessione compositiva stessa sino a farne il momento
fondante di specifiche operazioni creative.
Schenker elabora una originale teoria che porta all’individuazione di una struttura profonda
del flusso musicale di superficie (quello effettivamente udito) chiamato Ursatz. Altra
componente dell’Ursatz è la condotta lineare della melodia chiamata Urlinie. A seguire negli
Usa si connette la fioritura di studi sui principi analitici del ritmo che sono stati fondamentali
per la psicologia della musica (Meyer) e della linguistica generativa (Narmour).
Schönberg elabora osservazioni sulla “variazione sviluppante” che consente di studiare a
distanza ravvicinata la forma o architettura musicale perciò che essa diviene partendo da
una figura sonora soggetta a continue trasformazioni. Particolare attenzione la diede allo
studio delle altezze dei suoni.
Dagli anni 50 in poi si assiste ad una fioritura di ricerche analitiche volte a provare quanto la
musica si presti ad essere letta anche sotto un piano simbolico.
Se vado a confrontare l’analisi musicale sopra descritta con quello che è la psicologia
analitica ovvero la psicologia del profondo elaborata da C.G.Jung vi sono delle analogie
soprattutto per quanto riguarda la letteratura simbolica del suono.
Dalla mia esperienza sull’analisi del cuore che ho fatto nel corso del tempo sia per motivi di
esperienza sia per ragioni di studio ho osservato che ogni individuo ritmo e suoni sono
caratteristici di quell’individuo.
Nella scelta delle musiche del cuore suono e ritmo non sempre sono identici ma subiscono
variazioni che ho osservato dipendono dallo “stato d’essere” dell’individuo in quel momento,
attingendo ad una conoscenza discografica che fa parte della propria storia o di ascolti
recenti.
82
Osservando ed analizzando tutti questi aspetti, facendo molta esperienza in tal senso,
emergono aspetti “tipici” di ogni individuo e dove richiesto in seguito alle letture
interpretative lavorare su aspetti critici della persona che possono essere alla base di disagi
o semplicemente dare una lettura di quello che è l’essere dell’individuo in quel momento.
Non è come definire un profilo di personalità ma certamente alcune caratteristiche della
persona possono venire fuori.
Nei casi patologici diagnosticati è altresì interessante ascoltare quali musiche vengono
scelte e analizzare quali analogie simboliche e di struttura sonoro-musicale corrisponde una
certa patologia. Una analisi del cuore interessante che ho fatto è stata quella di una
infermiera professionale che soffriva di Disturbo Bipolare di Personalità. Le sue musiche del
cuore si potevano perfettamente dividere in due generi musicali : metà appartenente al
genere cantautoriale italiano e nello specifico Renato Zero, del quale aveva scelto soltanti i
brani più tristi e melanconici e metà appartenente al genere funky e hip hop che aveva
ascoltato durante le lezioni di acqua gym caratterizzati da ritmi compulsivi e veloci quasi
ipnoici.
Un giorno una psicanalista mi ha chiesto di analizzare le musiche del cuore di una sua
paziente. La bambina soffre di allucinazioni uditive, secondo la diagnosi, e lei stessa dice
che di notte sente il suo cuore battere forte da assordarla, che una voce maschile la
comanda ed è spaventata. Le musiche del cuore che ho ascoltato appartengono tutte al
genere hip hop molto allegre, tempi e ritmi strutturati e molto giocose ed alcune cullanti,
molto piacevoli anche per me all’ ascolto. Nell’ascolto di una musica sola di genere hip hop
con contaminazioni rapper mi ha colpito il video in cui si inscena una storia di sesso
violento. Pensando all’età della paziente e alle scene viste qualcosa di inquietante mi ha
assalita. Quello che caratterizza tutti i brani è la presenza di molti effetti sonori in
particolare l’ eco e le percussioni che evocano un cuore che batte forte e, infine, l’alta
intensità sonora (probabilmente per coprire le voci e il “rumore” interni). Avevo notato come
ci fosse un liev motiv che in qualche modo univa le musiche. Non avevo avuto modo di
ascoltare le musiche del cuore di uno e più schizofrenici per fare una comparazione con
questo caso, ma anche a me non convince del tutto la diagnosi fatta. Mi è sorto il dubbio
che proprio all’interno del nucleo familiare ci fossero cose non dette dalla madre che è
l’unica dei due genitori a prendersi cura della figlia. Vengo a sapere che il padre lavora
tanto e sta via dal mattino alla sera e caratterialmente è un uomo collerico, aggressivo
verbalmente la cui modalità di comunicazione è l’ urlo; ha modalità svalutative sia con la
moglie che con le due bambine. Ecco la spiegazione,forse, dei sintomi della bambina
costretta a subire questo padre la cui voce pare penetrarle dentro e il cuore che batte è la
paura. Chiaramente è un’ipotesi ma che può portare a riflettere e cercare quale via
psicoterapica e farmacologica sia più giusta per iniziare a contenere l’ansia che la bambina
riporta quotidianamente andando a minare ogni tipo di relazione a lei appartenente.
83
Questi due sono alcuni dei casi interessanti su cui ho potuto fare osservazione ma in ogni
analisi delle musiche ho trovato sempre un qualcosa che mi ha meravigliato e mi ha fatto
capire che ascolto, intuizione e percezione sono caratteristiche importanti per chi svolge
questo tipo di lavoro sulla persona, alla cui base c’è un lungo e profondo lavoro su noi
stessi. Ecco l’importanza di revisioni e supervisioni in cui ci si può confrontare e lavorare
anche su noi stessi soprattutto prendendosi cura di quelle parti che emergono che possono
presentare delle criticità e delle difficoltà nello svolgimento del lavoro di Musicoterapeuta.
Infine l’osservazione più interessante che ho fatto durante le analisi delle musiche del cuore
è che nella maggior parte dei casi emergono aspetti sia del passato sia del presente
dell’individuo così da osservarne anche l’evoluzione del proprio essere nel tempo.
Il musico terapeuta durante l’analisi sonoro musicale dovrebbe riuscire a diventare come
una pagina bianca,ovvero predisporsi ad una condizione di ascolto dell’altro cercando di
limitare il più possibile quello che può essere l’ascolto personale del brano e di ciò che può
evocare nella propria mente poichè potrebbe rischiare di interferire e non dare un’autentica
lettura dei significati appartenenti all’altra persona. Ecco un’analogia con quello che è la
figura di uno psicanalista.
Concludo con una frase di un’amica a cui avevo chiesto di poter analizzare le sue musiche
del cuore : “È bellissimo quando le persone ti chiedono di ascoltare una canzone, è come
se ti dicessero : Tieni, ascolta, questo è un pezzo di me.”
84
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86
APPENDICE
ARTICOLO TRADOTTO DA: “BRAIN INJURY”.
Volume 30, 2016-Issue 7
RISPOSTE IMMEDIATE IN SEDUTE DI MUSICOTERAPIA DIALOGICA INDIVIDUALE IN
PAZIENTI IN STATO DI MINIMA COSCIENZA.
Breve sintesi:
Oggetto dello studio:
Lo scopo di questo studio è di analizzare le risposte immediate in seguito ad un intervento
di musicoterapia individuale (IDMT) in pazienti con una sindrome di bassa vigilanza non
responsiva (UWS) e negli individui di minima coscienza (MCS)e di sviluppare uno
strumento di valutazione per gli interventi di musicoterapia.
Metodi:
Sette pazienti sono sottoposti a tre condizioni:
1) Sono sottoposti a suoni e stimoli in un ambiente quotidiano prima di un intervento di
musicoterapia.
2) Sono sottoposti ad una specifica improvvisazione di musicoterapia per stabilire un
dialogo col paziente (IDMT).
3) Sono sottoposti a suoni e stimoli dell’ambiente quotidiano immediatamente dopo un
intervento di musicoterapia.
Le registrazioni video sono analizzate da sei valutatori che usano la musicoterapia negli
stati di coma vegetativo e di minima coscienza ( MUVES) e viene sviluppato uno strumento
di valutazione in questo studio.
La diagnosi di coma vegetativo o di minima coscienza è stabilita da una scala per la
valutazione dei disordini di coscienza nella persona con gravi cerebro lesione acquisita
(CRS-R).
Risultati:
Durante l’intervento musicoterapico il punteggio negli stati di minima coscienza è più alto
che in altre condizioni. Durante l’intervento di Mt (IDMT), non c’è una differenza
significativa negli MUVES nel punteggio totale tra UWS e MSC. L’indice di affidabilità degli
stati vegetativi ha un punteggio di 0.76.
87
Conclusione:
L’ intervento IDMT potrebbe indurre subito risposte in pazienti con basso livello di vigilanza
e soprattutto in pazienti in uno stato di coma vegetativo. MUVES sembra essere un
accettabile strumento di valutazione per l’IDMT.
INTRODUZIONE:
L’IDMT è una tecnica di improvvisazione musicale dal vivo per pazienti che soffrono di
disturbi della coscienza dopo un danno cerebrale.
Usando questa tecnica il musicoterapista può modificare sensibilmente i modelli di
improvvisazione strumentale o vocale secondo la reazione evidente dei pazienti; in seguito,
ci sono cambiamenti nel respiro e nella frequenza cardiaca condotta dal ritmo musicale e
dal tempo.
Inoltre, ogni sottile movimento osservato non cosciente è rispecchiato durante
l’improvvisazione; per esempio, in un contesto melodico o verbale attraverso il terapista. Lo
scopo è di fornire agli individui che non possono comunicare in coma vegetativo la migliore
opportunità possibile per interagire nel corso dell’improvvisazione, e, così facendo, di
stabilire un dialogo non verbale tra terapista e paziente.
Gli individui a bassa responsività sono definiti stato di coma vegetativo (VS), un termine che
ha sostituito recentemente quello di sindrome da vigilanza non responsiva (UWS), proprio
perché è una immagine peggiorativa dell’aggettivo ‘vegetativo’.
Lo stato di coma vegetativo è caratterizzato da una mancanza di vigilanza agli stimoli
esterni, sebbene il ciclo sonno-veglia persista con occhi aperti e funzioni vegetative.
La vigilanza negli stati di coma vegetativo e di minima coscienza è complessa.. Lo
strumento di valutazione attuale usa definizioni di chiara operatività basata sui
comportamenti evocati da stimoli esterni standardizzati, come l’essere chiamato o il dolore
evocato ed anche per i clinici con più esperienza sono a rischio di una diagnosi errata.
Piccoli cambiamenti potrebbero essere sotto riportati, i quali possono condurre ad una
ritrattazione dei benefici dei tentativi terapeutici.
Perciò l’uso di tecnologie avanzate come la fRMN, risonanza magnetica funzionale, l’
elettroencefalogramma e altri esami di elettrofisiologia sono usati per migliorare la
valutazione dello stato di coscienza.
Inoltre, i pazienti con disturbi di coscienza soffrono di una privazione ambientale, così la
percezione dei segni di vigilanza e una reazione adeguata a questi va cambiando.
Queste circostanze hanno portato al concetto di relazione medica verso questi individui in
stato vegetativo in seguito ad un danno cerebrale.
88
In questo contesto appare ragionevole offrire un intervento di musicoterapia per una serie di
ragioni.
Principalmente è stato riferito che i pazienti con diagnosi di disturbi della coscienza sono
sensibili all’ascolto sonoro: un valido strumento che porta ad una affidabile valutazione
nello stato di coma vegetativo e di minima coscienza.
La funzione di ascolto permane nello stato vegetativo, come si è visto dagli studi comparati
di una PET e di una fRMN.
La circonvoluzione superiore del temporale bilaterale risponde ai dialoghi negli VS e MSC
dopo una lesione cerebrale.
Il cervello traumatizzato è attivato dalla stimolazione sonora e dai dialoghi. Alcuni pazienti in
VS e MSC hanno dimostrato delle risposte nella fRMN.
Per di più, hanno dimostrato in particolare che le reazione agli stimoli sono emotivamente
più salienti,così come alle voci dei familiari.
I pazienti, hanno clinicamente dimostrato, che hanno una attività cerebrale dopo essere
stati chiamati col proprio nome, dopodichè vengono registrati dei potenziali evocati acustici.
Come parte della recente riabilitazione neurologica la musicoterapia può creare stimoli
sonori a carattere personale, ed è efficace nei disturbi neurologici così come anche
nell’ictus, nei disturbi del Parkinson e nella cecità.
La musica è anche usata come possibilità terapeutica negli stati di minima coscienza; porta
ad una attivazione nel cervello nella parte corticale e sottocorticale.
Come si vede dalla fRMN, la stimolazione con la musica porta ad una attivazione della
circonvoluzione superiore del temporale bilaterale nei pazienti in MSC, ma non nei VS. Nei
pazienti con alterato stato di coscienza la musicoterapia migliora la comunicazione, riduce
l’inerzia e il movimento psicomotorio.
La musicoterapia può servire nella valutazione diagnostica negli MSC.
Lo strumento di valutazione di Musicoterapia in disturbi di coscienza (MATADOC) si è
sviluppato da un precedente uso della musicoterapia come strumento di valutazione nei
MSC.
La valutazione musicoterapica negli MSC valuta le risposte alla musica in individui con
alterato stato di coscienza ed è sensibile specialmente nell’ascolto e nel dominio visivo.
Lo strumento di protocollo in un intervento standardizzato include stimoli uditivi, visivi o
comandi verbali tra gli altri. Di contro, l’intervento musicoterapico è altamente dipendente da
ogni sottile espressione del paziente.
89
Naturalmente, la sessione di IDMT è, per questo motivo, aperta completamente, senza una
strutturazione pre-determinata che permette una richiesta flessibile da parte del
musicoterapista ad ogni segno apprezzabile di coscienza.
Questo tipo di improvvisazione può condurre potenzialmente a stimoli emozionalmente
apprezzabili che può indurre reazioni in pazienti con disturbi di coscienza.
Sebbene l’intervento di MT è un metodo improvvisativo viene descritto analogamente nella
letteratura di musicoterapia.
Perciò questo studio ha l’interesse di esaminare le risposte immediate alla musicoterapia in
pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza e lo scopo è di sviluppare uno strumento
di valutazione preliminare ad un metodo.
METODI:
Soggetti clinici:
I criteri di inclusione comprendono pazienti adulti con diagnosi stabilita di coma vegetativo e
stato di minima coscienza causati da eventi traumatici o danni cerebrali non traumatici.
Sono inclusi soggetti che hanno una anamnesi remota di disturbi di neurologici e
psichiatrici, danni congeniti all’udito o di una sospetta diagnosi di sindrome tetraplegica e di
paralisi dei muscoli a controllo bulbare (unici mezzi di comunicazione sono i movimenti
oculari e l’ammiccamento).
Tutti i soggetti devono essere ricoverati in riabilitazione per la loro malattia.
La diagnosi viene confermata dalla scala di valutazione dei disordini di coscienza nelle
persone con gravi cerebro lesioni e nello stesso tempo viene fatta una valutazione di
intervento musicoterapico.
Nella TABELLA I riportata al fondo dell’articolo sono inclusi in questo studio sette pazienti,
cinque maschi e due femmine, con una età compresa tra 22 e 69 anni (M=47,29 e
F=19.36).
Questa ricerca ha avuto una durata che va da novembre 2013 a febbraio 2014.
Tutti i pazienti hanno una lesione cerebrale traumatica, encefalopatia ipossica o ischemica,
encefalopatia per emorragia cerebrale o tossica. Il tempo dall’incidente è calcolato da 2 a
35 mesi e il punteggio della scala CRS-R è tra 1 e 14. ( M= 6.47 e F= 4,35). Quattro
pazienti sono in stato vegetativo e tre in stato di minima coscienza.
TABELLA I: Caratteristiche cliniche dei soggetti in esame in stato di coma vegetativo e di
minima coscienza al tempo delle videoregistrazioni.
90
La TAC dimostra che il Soggetto 1 ha un danno assonale diffuso ed una atrofia corticale
piuttosto aumentata ed i ventricoli e periventricoli laterali ipodensi.
Il Soggetto 2 ha un idrocefalo distinto con zone sopratentoriali e periventricolari ipodense.
Il Soggetto 3 ha un danno assonale diffuso con unna generalizzata atrofia corticale.
Il Soggetto 4 ha avuto una severa emorragia nella regione sinistra temporo-occipitale
inizialmente complicata da un aumento di pressione cerebrale.
Il Soggetto 5 ha avuto una sofferenza cerebrale per una encefalopatia tossica ed ipossica
dopo rianimazione cardiopolmonare per intossicazione da anfetamine.
Tuttavia nell’attuale TAC non sono state scoperte altre anomalie.
Il Soggetto 6 ha avuto una emorragia sub aracnoidea e intracerebrale così come un ictus in
una arteria anteriore sinistra cerebrale. Le regioni cerebrali colpite sono le regioni a sinistra
fronto-basali e parietali così come il nucleo a sinistra lenticolare.
Il Soggetto 7 ha avuto un ictus nelle arterie cerebrali nella parte mediana a sinistra e a
destra posteriore. Le lesioni sono localizzate a sinistra della circonvoluzione precentrale e
delle regioni occipitali a destra.
Il consenso informativo scritto è stato dato dalle autorità ai rappresentanti legali dei soggetti
e la ricerca è stata eseguita secondo i principi della Dichiarazione di Helsinki.
SETTING:
Lo scopo di questo studio è di osservare le risposte immediate in seguito ad un IDMT in una
comune circostanza ambientale dei pazienti ricoverati in ospedale.
Di conseguenza, l’intervento musicoterapico è stato condotto nel setting dove ogni paziente
è stato ospedalizzato. Le stanze sono di circa 26 metriquadri.
Durante la registrazione non c’è nessun secondo compagno di stanza. La ricerca ha luogo
alla luce del giorno senza l’accensione di luci artificiali.
PROCEDURE DI VALUTAZIONI:
In un progetto, i partecipanti a questo sono stati sottoposti a tre diverse condizioni, ognuna
delle quali della durata di 20 minuti.
I video registrati durante l’intero periodo di tempo sono stati analizzati da sei valutatori
(musico terapisti e neurologi) a cui era stata nascosta la diagnosi e il punteggio della scala
CRS-R e i risultati analizzati dagli altri.
91
CONDIZIONI 1 e 3: Stimolazione ambientale.
Se la risposta alla musicoterapia viene confrontata con gli effetti di un ambiente circostante
di completa tranquillità, nella prima e terza condizione la reazione del soggetto è nulla
durante tutto il tempo, nella condizione 2 invece può essere misurato un effetto causato
dall’IDMT.
Perciò, il concetto di stimolazione ambientale nelle condizioni 1 e 3 devono essere
approfondite per evitare un aumento dell’errore di eventuali effetti della MT.
Di conseguenza, durante il caso 1 e 3 immediatamente prima e dopo un intervento di MT è
stato creato un setting ambientale dove i soggetti sono stati sottoposti a prove acustiche e
visive ma nessuno personalmente indirizzato ad ognuno di loro. Per quanto riguarda le
stimolazioni acustiche , tutti i soggetti sono monitorati da un piccolo monitor i cui segnali
vengono emessi di volta in volta proprio come nella loro quotidianità. Per di più la finestra
della camera è stata aperta e i suoni ed i rumori esterni del traffico e le voci esterne
possono essere udite dai soggetti in questione.
Le risposte a questi tipi di stimoli sono documentate nella valutazione delle sottoscale delle
funzioni uditive.
Le funzioni visive sono state fatte dal musicoterapista e da un cameraman presente nella
stessa stanza. Il musicoterapista si è preparato (Caso 1) e si è organizzato (Caso 3) con i
suoi strumenti ed il cameraman ha fatto le riprese e registrato i video. Le attività hanno
avuto luogo nel campo visivo dei soggetti.
La valutazione delle funzioni motorie e le funzioni verbali/dialoghi è stata documentato
rispettivamente per ogni percettibile attività del capo e delle estremità , della bocca, della
voce e del viso.
I movimenti risultano spontanei o indotti dagli stimoli sopradescritti visivi ed acustici.
Usando questo metodo, l’attività cerebrale è stata documentata, per esempio, quando si è
verificato un segnale al monitor ed il soggetto ha iniziato a fare uno schiocco o allungato il
braccio verso la fonte sonora.
Il punteggio di minima vigilanza è stato riportato all’apertura degli occhi come evento
spontaneo o come conseguenza di uno stimolo esterno descritto.
CONDIZIONE 2: IDMT
Durante un intervento di musicoterapia, la situazione ambientale di base non è stata
cambiata, ma il musicoterapista si indirizza verso i soggetti ed applica un IDMT. In questo
modo l’intervento di musicoterapia si è aggiunto alle condizioni originarie esterne.
92
Lo scopo principale dell’intervento musicoterapico è di stabilire un dialogo non verbale con
ogni soggetto e comunicare con questi individui in modo sensoriale adattando le sonorità
usate nell’improvvisazione in base alle reazioni osservate.
Un musicoterapista con una estesa esperienza in interventi di musicoterapia porta avanti la
terapia. Lo stesso gira tra i soggetti e fornisce una stimolazione sonora improvvisata attiva
come cantare, producendo ronzii o suonando strumenti, ad esempio percussioni, piccolo
tamburo, chimes, xilofono, etc, senza usare musica registrata.
L’improvvisazione inizia con la semplice voce oppure con suoni e melodie suonate con gli
strumenti. Il tempo ed il ritmo inizialmente viene sincronizzato con gli intervalli respiratori;
per esempio il Soggetto 4 ha un respiro di Cheyne-Stokes. Perciò, il musicoterapista ha
utilizzato una canzone che decelleri ed accelleri di conseguenza. Durante l’improvvisazione
il terapista è chiuso con i pazienti ed osserva attentamente i loro comportamenti. Dopo ogni
minima reazione apprezzabile il terapista adatta le modulazioni musicali
dell’improvvisazione cambiando ritmo, rumorosità e melodia. Suona anche strumenti come
tamburi e chimes vicino alle estremità dei soggetti e così facendo favorisce la
partecipazione dei soggetti stessi alla musica strumentale. Il carattere personalizzato
dell’IDMT ha contribuito ad osservare reazioni, avvalorando l’importanza di una relazione
basata su di un approccio sensoriale nel trattamento degli individui in uno stato di bassa
vigilanza.
In risposta alle reazioni dei soggetti in un modo musicale, il terapista li rispecchia e la
presente stimolazione improvvisata cambia in un dialogo sonoro. Di conseguenza, il
processo di improvvisazione è completamente aperto e dipende da ogni minima
espressione del paziente.
PARAMETRI DEI RISULTATI:
I parametri dei risultati sono tutte le reazioni dei pazienti; per esempio, cambiamenti del
sistema vegetativo come modificazione del respiro e la frequenza cardiaca, movimento
degli arti e dei muscoli facciali.
93
STRUMENTO DI VALUTAZIONE DELLA MUSICOTERAPIA
NEGLI STATI VEGETATIVI E DI MINIMA COSCIENZA (MUVES):
Lo strumento di valutazione della MT negli stati vegetativi e di minima coscienza è
sviluppata dalle videoregistrazioni. Come si vede nella TABELLA II, ci sono le misurazione
delle funzioni uditive, visive, motorie e buccali in seguito all’intervento della MT negli stati
sopraindicati così come la comunicazione e lo stato di vigilanza. Il punteggio tra 0 e 6 può
essere trovato in ogni sottoscala; la migliore risposta dei pazienti equivale a 6 mentre 0
descrive sempre una assenza completa di reazione degli stimoli.
I modelli di comportamento riproducibile e significativi sono classificati usando il numero più
alto del punteggio. Molti riflessi del tronco cerebrale sono segnati con un punto. Le risposte
del SNV come la frequenza cardiaca e respiratoria vengono anch’esse valutate.
TABELLA II: MT IN STATO VEGETATIVO E DI MINIMA COSCIENZA: UNO STRUMENTO
DI VALUTAZIONE PER LE RISPOSTE IMMEDIATE ALL’INTERVENTO DI MT IN
PAZIENTI IN COMA VEGETATIVO E IN PAZIENTI CON MINIMO STATO DI COSCIENZA.
ANALISI DEI DATI MUVES:
I risultati dell’applicazione della MT negli stati vegetativi e di minima coscienza ottenuti in
diverse condizioni sono confrontati usando statistiche non parametriche. ( Test di Wilcoxon,
Friedmann Test).
Un gruppo confrontato tra pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza è stato
condotto usando il Test di Mann-Whitney. Tuttavia., l’affidabilità tra i valori e la validità della
MUVES è stata testata usando i coefficienti di correlazione di Spearman tra tutti i valutatori
e tra i risultati di MUVES e CRS-R.
RISULTATI DELLA VALUTAZIONE DI MUVES:
I risultati sono riportati nella TABELLA III.
Durante l’IDMT i pazienti hanno raggiunto il più alto punteggio totale in MUVES che durante
altre condizioni. Lo stimolo ambientale dopo l’IDMT è sempre stato associato al punteggio
più basso. Il punteggio totale di MUVES e le sottoscale delle funzioni uditive si differenziano
in modo significativo durante le tre condizioni dove in seguito all’IDMT raggiunge il
punteggio più alto in ogni scala.
Dunque, il punteggio totale e le sottoscale dell’intervento MT negli stati vegetativi e di
minima coscienza delle funzioni uditive e visive hanno un punteggio alto in modo
significativo durante l’’IDMT confrontato con i valori principali degli stimoli ambientali prima
e dopo l’IDMT.
94
TABELLA III: RISULTATI DELL’INTERVEMTO DI MT NEGLI STATI VEGETATIVI E DI
MINIMA COSCIENZA (MUVES).
Sebbene i pazienti in MSC hanno un punteggio totale più alto dei pazienti in stato
vegetativo e così pure nei valori delle sotto-scale, durante l’IDMT i pazienti in stato
vegetativo non mostrano differenze così significative statisticamente.
TABELLA IV: GRUPPO A CONFRONTO DEI RISULTATI DI MUVES IN SV E MSC
DURANTE L’IDMT:
Caratteristiche psicometriche di MUVES: misurazione della durata, frequenza, intensità dei
fenomeni psichici.
Come si può vedere nella TAB. IV durante una condizione ( stimoli ambientali subito prima
dell’IDMT), il punteggio totale di MUVES e sotto-scale delle funzioni uditive e visive e orali e
di dialogo sono correlate in modo significativo con il corrispondente punteggio CRS-R. Non
c’è significativa correlazione dei coefficienti che sono osservati durante e dopo l’IDMT.
TABELLA V: VALIDITA’ DELLA VALUTAZIONE DI COSCIENZA IN MUVES.
Correlazione dei coefficienti tra i risultati di MUVES e CRS-R durante le tre condizioni.
Il IRR (Indice di Rendimento) di punteggio totale di MUVES è basato su 126 osservazioni;
sette pazienti sono stati analizzati da sei valutatori indipendenti durante le tre condizioni
(7x6x3=126).
Il principale coefficiente di affidabilità dell’IDMT è di 0.76 (SD=0.12; RANGE: 0.55-0.92).
DISCUSSIONE:
I risultati di MUVES indicano che i pazienti hanno dimostrato risposte all’IDMT. In
particolare, sono sembrati reagire meglio agli stimoli uditivi e visivi durante l’IDMT che nel
setting ambientale.
La musica improvvisata può essere cambiata molto sensibilmente in sintonia con le
espressioni dei pazienti così ogni espressione del paziente conduce ad una variazione
adeguata della musica presente in quel momento durante l’IDMT e quest’ultima può essere
considerata come un alto approccio musicale personale con una componente dialogica.
L’evidenza pubblicata precedentemente dimostra che ci sono cambiamenti
comportamentali nelle persone con disturbi di coscienza indotti da stimoli a carattere
personale. In questo contesto il carattere personale dialogico dell’IDMT potrebbe contribuire
ad un approccio basato sulla relazione nel trattamento individuale negli stati vegetativi.
95
Tuttavia, l’IDMT si avvale di uno speciale mediatore: la musica. Stimoli sonori possono
attivare diverse regioni del cervello molto diffuse e una rete bilaterale delle strutture
temporali, frontali, parietali, cerebellari e limbiche legate all’attenzione e al processo
semantico, alla memoria e al sistema motorio come è stato dimostrato.
La musica induce un processo emozionale per l’attivazione del nucleo striato ventrale e
dorsale, le parte anteriore del cingolato e le aree mediane del temporale; regioni dove il
flusso di sangue aumenta in corrispondenza della musica. Le risposte intensamente
piacevoli alla musica vengono confrontate con le attività nelle regioni cerebrali implicate
nella ricompensa (gratificazione) ed nella emozione.
L’attivazione del sistema limbico e paralimbico può cambiare con una funzione di
consonanza e dissonanza e percepita come piacere o dispiacere.
La risposta emozionale al piacere o dispiacere alla musica viene correlata con l’attività nelle
regioni paralimbiche del cervello e, ascoltando i ritmi musicali, si induce all’attivazione
dell’area motoria supplementare e la corteccia mediana pre-motoria.
Ascoltare i ritmi della musica integra le regioni motorie del cervello.
Queste osservazioni supportano l’idea che la musica induce una attivazione molto diffusa
del cervello e questo può essere di particolare valore negli individui con un danno cerebrale
grave.
Perciò, la musica applicata durante l’IDMT potrebbe anche indurre attività nelle rimanenti
funzioni cerebrali dell’individuo in stato di minima coscienza nel presente studio.
La MT porta ad un contatto umano tra il terapista e l’individuo incosciente e l’IDMT è una
combinazione tra la qualità di un approccio dialogico altamente personale ed il mediatore
della musica. Questa è la differenza tra IDMT e stimoli ambientali accidentali dei casi 1 e
3che rappresenta una probabile spiegazione degli effetti osservati immediatamente in
IDMT.
Immediatamente dopo l’IDMT quando il punteggio di MUVES sono più bassi le analisi dei
video dimostrano che tutti i pazienti sono rilassati o persino addormentati.
Questo può essere spiegato dal fatto che il più alto grado di attivazione durante l’IDMT è
risultato probabilmente dalla fatica e dall’esaurimento di energie.
Un limite di questo studio è che, durante le condizioni 1 e 3, la stimolazione ambientale non
era completamente standardizzata, perciò l’estensione ed il tipo di stimolazione varia da
individuo ad individuo. Però, il percorso di IDMT può essere non fisso ma deve presentare
un personale approccio per permettere risposte flessibili ad ogni segno apprezzabile di
vigilanza.
96
Non è opportuno confrontare gli effetti dell’IDMT con un protocollo standardizzato di stimoli
esterni eseguiti prima o dopo l’IDMT del soggetto che potrebbe essere vigile o affaticato
così da influenzare l’efficacia dell’IDMT. Tuttavia, nella condizione 2 la stimolazione
ambientale viene sommata all’IDMT. Perciò i risultati di MUVES durante la condizione 2
potrebbero effettivamente essere intesi come una risposta all’IDMT.
Le impressioni preliminari delle caratteristiche psicometriche di MUVES indicano che l’IRR
(indice di rendimento) può essere accettato oltre le tre condizioni, rispetto a valori standard
dei disturbi di coscienza.
La validità della valutazione nello stato di coscienza di MUVES è testato dalla correlazione
dei risultati di MUVES e CRS-R nel punteggio totale così come nelle sotto-scale
corrispondenti.
Negli individui in VS, l’intervento musicoterapico ad una valutazione che può essere
complicata dalle funzioni della zona limbica per cui si può correre il rischio di una sbagliata
interpretazione come risposte emotive intenzionali . Di contro, il tasso di errata diagnosi
negli SV è alta. L’applicazione della MT induce a risposte intenzionali negli individui
preventivamente diagnosticati in SV, così da portare a cambiare diagnosi in stato di minima
coscienza. La musica induce una attivazione corticale e sottocorticale biemisferica del
cervello.
Perciò è anche possibile che l’IDMT essendo uno stimolo dialogico personale che attiva in
modo diffuso la rete cerebrale attivi gli individui in VS con gravi danni cerebrali. Questa
circostanza potrebbe indurre una buona risposta in individui in VS durante l’IDMT. Queste
osservazioni supportano il punto di vista che l’IDMT è un metodo sensibile per evocare
reazioni in individui in MSC. In seguito ad un intervento musicoterapico tutti i pazienti sono
rilassati e stanchi come spiegazione della assenza di correlazione tra MUVES e CRS-R
durante la condizione 3.
CONCLUSIONE:
L’IDMT induce immediatamente reazioni in individui in VS e MSC. La ragione potenziale di
questo è data dal più elevato approccio dialogico personale avvalendosi della musica come
mediatore che può attivare in modo diffuso la rete neuronale e dare risposte in individui con
gravi lesioni cerebrali. Sebbene l’IDMT non sia standardizzato e, perciò, ogni sessione
individuale non è comparabile, la sua sensibilità nell’evocare reazioni sembra essere
elevata.
A questo punto l’intervento di MT in VS e di MSC è uno strumento di valutazione fidato in
modo accettabile. Tuttavia, lo studio di questi risultati preliminari, riguardo il valore di questo
metodo terapeutico ed una completa standardizzazione dell’intervento di MT negli stati
vegetativi e di minima coscienza è giustificata.
97
Age
Nature
damage
since incident CRS-score
(months)
Table I. Clinical features of participants with UWS and Gender
in
a MCSof brainTime
at the time of video recording.
Participant number
1
M
24
TBI
35
5 (UWS)
2
M
38
HE
35
6 (UWS)
3
F58
HE
3
3 (UWS)
4
M
69
CI
4
1 (UWS)
5
M
22
TE; HE
5
14 (MCS)
6
M
54
SH; CH; CI
2
10 (MCS)
7
F66
CI
3
7 (MCS)
Table II. MUVES (Music Therapy in a Vegetative or Consistent
Minimally reproducible reactions to auditory
Conscious State): Assessment tool for immediate responsesstimuli:
to IDMT
4
points
of patients with UWS and in a MCS.
Inconsistent localization of sounds and
auditory stimuli (movement of head or eyes):
In
both
directions:
3
points
Auditory functions: Reaction to any existing auditory stimulus
In
one
direction:
2
points
Reflexive reactions to auditory stimuli (e.g.
blinking,
face
grimacing):
1
point
No reaction: 0 points
Visual functions: Reaction to any existing visual stimulus Sustained visual pursuit with head and eyes:
In
both
directions:
3
points
In
one
direction:
2
points
Reflexive reaction to visual stimuli (e.g.
blinking,
face
grimacing):
1
point
No reaction: 0 points
Motor functions:
Purposeful movements (e.g. movement of
head, arm stretching, grasping, kicking): 4
points
Occasional non-purposeful movements: 3
points
Automatic movements (e.g. scratching, thumbsucking,
stereotypes):
2
points
Postural
responses:
1
point
No reaction: 0 points
Motor functions:
Purposeful movements (e.g. movement of
head, arm stretching, grasping, kicking): 4
points
Occasional non-purposeful movements: 3
points
Automatic movements (e.g. scratching, thumbsucking,
stereotypes):
2
points
Postural
responses:
1
point
No reaction: 0 points
Oral functions and speech
Intelligible speech and words: 6 points
Effort to verbalize (consonant – vowel –
consonant):
5
points
Singing and humming without text: 4 points
Babbling,
murmuring:
3
points
Affective unarticulated expressions (e.g.
sighing,
groaning,
crying):
2
points
Yawning, chewing, smacking: 1 point
No reaction: 0 points
Communication (only to rate during IDMT)
Reproducible
intelligible
and
adequate
response and reactions to music therapeutic
interventions:
5
points
Communication via yes/no code in any form: 4
points
Musical communication (e.g. adopting rhythms,
imitating musical structures): 3 points
Changing of deepness or rhythm of breath: 2
points
98
Vigilance score
Vegetative changes (e.g. perspiration, flushing,
paling,
tears):
1
point
No reaction: 0 points
Eyes open during complete time, participant
looks
around:
3
points
Eyes open during complete time with stiff view:
2
points
Eyes partially open, partially closed: 1 point
Eyes completely closed: 0 points
Comparison
condition
1/2/3*
Table III. MUVES results. 12342–4
(1+3)/2
M (SD); 95% CI
MUVES
Auditory functions
0.50
1.52
0.45
0.48
1.05
(0.51)
(0.87)
(0.64)
(0.79); 0.32–1.78, pp <= 0.01
0.02
Visual functions
0.40
1.07
0.36
0.38
0.69
(0.41)
(0.94)
(0.56)
(0.84); –0.09–1.47,p p= =0.07
0.04
Motor functions
1.04
1.69
0.83
0.94
0.75
(0.80)
(0.86)
(0.81)
(0.69); 0.12–1.38, pp == 0.10
0.06
Oral functions and speech 0.83
1.02
0.67
0.75
0.27
(0.55)
(0.87)
(0.96)
(0.42); –0.12–0.66,p p= =0.51
0.08
Communication
—2.19
——
—(0.96)
Vigilance score
1.36
1.62
0.98
1.17
0.45
(1.09)
(0.10)
(1.09)
(0.59); –0.10–1.00,p p= =0.16
0.06
Total score without communication
4.14
7.07
3.29
3.71
3.36
(2.40)
(3.01)
(3.42)
(2.48); 1.07–5.65, pp <= 0.01
0.02
Total score including communication
—9.26
——
—(3.70)
Table IV. Group comparison of MUVES results in the UWS/MCS sub-groups during
UWS
MCS
IDMT.
MCS
(n (n
= 4)
–= UWS*
3)
Auditory functions
1.29
1.83
(0.83)
0.54;
(1.00)
p = 0.37
Visual functions
0.87
1.33
(0.98)
0.46;
(1.01)
p = 1.00
Motor functions
1.50
1.94
(0.27)
0.44;
(1.39)
p = 1.00
Oral functions and speech
0.92
1.17
(0.65)
0.25;
(1.26)
p = 1.00
Communication
1.62
2.94
(0.25)
1.32;
(1.08)
p = 0.07
Vigilance score
1.58
1.67
(0.80)
0.09;
(1.42)
p = 1.00
Total score without communication
6.17
8.28
(2.53)
2.11;
(3.71)
p = 0.37
Total score including communication
7.79
11.22
(2.40)
3.43;
(4.73)
p = 0.29
Condition 1: environmental
Condition
Condition2:
3:
Table V. Validity of MUVES awareness assessment: Correlation
before IDMT
IDMT
Environmental stimuli
coefficients between the results of MUVES and CRS-R during stimuli
the three
after IDMT
conditions.
Correlations of MUVES scales with corresponding scales of CRS-R
MUVES auditory functions/CRS-R auditory function scale
0.91, p < 0.01
MUVES visual functions/CRS-R visual function scale
0.76, p = 0.03
MUVES motor functions/CRS-R motor function scale
0.07, p = 0.44
MUVES oral functions and speech/CRS-R oromotor/verbal function
0.78,
scale
p = 0.02
MUVES vigilance score/CRS-R arousal scale
0.16, p = 0.37
MUVES total score/CRS-R total score
0.68, p = 0.04
0.47,
0.61,
p=p
0.15
= 0.07
0.00,
0.56,
p=p
0.50
= 0.10
0.25,
–0.12,
p = 0.29
p = 0.40
0.42,
0.50,
p=p
0.18
= 0.13
0.09,
–0.02,
p = 0.43
p = 0.48
0.41,
0.21,
p=p
0.18
= 0.32
BIBLIOGRAFIA:
99
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show cerebral responses in fMRI [21 Eickhoff SB, Dafotakis M, Grefkes C, Stöcker T, Shah NJ, Schnitzler
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Thwaites H. Vegetative state and responses to sensory stimulation: an analysis of 24 cases. Brain Injury
1996;10:807–818.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]] and familiar voices, are shown [21
Eickhoff SB, Dafotakis M, Grefkes C, Stöcker T, Shah NJ, Schnitzler A, Zilles K, Siebler M. FMRI reveals
cognitive and emotional processing in a long-term comatose patient. Experimental Neurology
2008;214:240–246.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]]. Laureys S, Perrin F, Brédart S. Selfconsciousness in non-communicative patients. Consciousness & Cognition 2007;16:722–741.[CrossRef],
[PubMed], [Web of Science ®]], whereupon they generate auditory evoked potentials [23 Perrin F,
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[Web of Science ®]] and fMRI activation in associative temporal areas [2 Muthesius D. A history of music
therapy. Neurological Rehabilitation 2003;9:S5–S12.], music therapy can create auditory stimuli with
personal character, and is effective in neurological disorders, such as stroke [26 Music is also used as a
therapeutic option for patients in low awareness states [29 Rollnik JD, Altenmüller E. Music in disorders of
consciousness. Frontiers in Neuroscience 2014;3:190.]. It leads to a cortical and subcortical activation of
the brain [30 Altenmüller E, Schlaug G. Neurobiological aspects of neurologic music therapy. Music &
Medicine 2013;5:210–216.[CrossRef]] without hemispheric dominance [31 Altenmüller E. Brain electrical
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and blink rate [34 O’Kelly J, James L, Palaniappan R, Taborin J, Fachner J, Magee WL.
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(MATADOC), developed from the previously used Music Therapy Assessment Tool for Low Awareness
States (MATLAS) [36 Magee WL. Development of a music therapy assessment tool for patients in low
awareness states. Neurorehabilitation 2007;22:319–324.[PubMed], [Web of Science ®],37 Daveson BA,
Magee WL, Crewe L, Beaumont G, Kenealy P. The music therapy assessment tool for low awareness
states. International Journal of Therapy and Rehabilitation 2007;14:545–549.[CrossRef]], assesses the
responses to music therapy of people with impaired consciousness and is especially sensitive in the
auditory and visual domain [38 O’Kelly J, Magee WL. The complementary role of music therapy in the
detection of awareness in disorders of consciousness: an audit of concurrent SMART and MATADOC
assessments. Neuropsychological Rehabilitation 2013;23:287–298.[Taylor & Francis Online], [Web of
Science ®]]. The tool’s standardized intervention protocol includes isolated auditory and visual stimuli or
verbal commands, amongst others [39 Magee WL, Siegert RJ, Daveson BA, Lenton-Smith G, Taylor SM.
Music Therapy Assessment Tool for Awareness in Disorders of Consciousness (MATADOC):
standardisation of the principal subscale to assess awareness in patients with disorders of consciousness.
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responses to sensory stimulation: an analysis of 24 cases. Brain Injury 1996;10:807–818.[Taylor &
Francis Online], [Web of Science ®]]. In neuroimaging studies, familiar sounds may not only induce
cognitive, but also emotional processing in people with UWS [21 Eickhoff SB, Dafotakis M, Grefkes C,
Stöcker T, Shah NJ, Schnitzler A, Zilles K, Siebler M. FMRI reveals cognitive and emotional processing in
a long-term comatose patient. Experimental Neurology 2008;214:240–246.[CrossRef], [PubMed], [Web of
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101
Immediate responses to individual dialogic music therapy
in patients in low awareness states
Isolde Binzer Leopold Mozart Centre for Music and Music Education, Augsburg University, Augsburg,
[email protected], Hans Ulrich Schmidt Leopold Mozart Centre for Music
and Music Education, Augsburg University, Augsburg, Germany, Tonius Timmermann Leopold Mozart
Centre for Music and Music Education, Augsburg University, Augsburg, Germany, Maret Jochheim
Therapiezentrum, Burgau, Germany & Andreas Bender Department of Neurology, University of Munich
(LMU), Munich, Germany
Original Articles
Immediate responses to individual dialogic music therapy
in patients in low awareness states
Isolde Binzer Leopold Mozart Centre for Music and Music Education, Augsburg University, Augsburg,
[email protected], Hans Ulrich Schmidt Leopold Mozart Centre for Music
and Music Education, Augsburg University, Augsburg, Germany, Tonius Timmermann Leopold Mozart
Centre for Music and Music Education, Augsburg University, Augsburg, Germany, Maret Jochheim
Therapiezentrum, Burgau, Germany & Andreas Bender Department of Neurology, University of Munich
(LMU), Munich, Germany
Abstract
Abstract
Objective: The aim of this study was to analyse immediate responses to individual dialogic music therapy
(IDMT) of patients with unresponsive wakefulness syndrome (UWS) and individuals in a minimally
conscious state (MCS) and to develop an assessment tool for IDMT.
102
Methods: Seven patients were subjected to three conditions: (1) sounds and stimuli of the daily
environment immediately before IDMT, (2) specific improvisational music therapy intended to establish a
dialogue with the patient (IDMT) and (3) sounds and stimuli of the daily environment immediately after
IDMT. Video recordings were analysed by six independent assessors using ‘Music Therapy in a
Vegetative or Minimally Conscious State (MUVES)’, an assessment tool developed in this study.
Diagnosis of UWS or MCS was established using the coma recovery scale-revised (CRS-R).
Results: During IDMT, MUVES total score was higher than during the other conditions (mean difference =
3.36; p = 0.02). During IDMT, there was no significant difference in MUVES total score between the UWS
and MCS sub-groups (p = 0.29). Mean inter-rater-reliability of MUVES total score was 0.76.
Conclusions: IDMT may induce immediate responses in patients in low awareness states, particularly also
in patients with UWS. MUVES appears to be an acceptably reliable assessment tool for IDMT.
Keywords: Music therapy, unresponsive wakefulness syndrome, vegetative state, minimally conscious
state
Introduction
Individual dialogic music therapy (IDMT) is a life music improvisation technique for patients suffering from
disorders of consciousness after brain injury. Using this technique, the music therapist sensitively modifies
musical patterns of the instrumental or vocal improvisation according to all noticeable reactions of the
patient; thus, changes in breathing or heart rate lead to a modification of musical rhythm or tempo. In
addition, every subtle observable movement of the unconscious is mirrored in improvisation; for example,
in melodic or textual commentating through the therapist. The aim is to provide uncommunicative
individuals in low awareness states with the best possible opportunity to design and to influence the
course of improvisation and, in so doing, to establish a non-verbal dialogue between therapist and patient.
Low awareness states are graduated into vegetative state (VS), a term that has recently been replaced by
unresponsive wakefulness syndrome (UWS), because of the pejorative image of the adjective ‘vegetative’
[1 Laureys S, Celesia GG, Cohadon F, Lavrijsen J, León-Carrión J, Sannita WG, Sazbon L, Schmutzhard
E, von Wild KR, Zeman A, Dolce G. Unresponsive wakefulness syndrome: a new name for the vegetative
state or apallic syndrome. BMC Medicine 2010;1:68.[CrossRef], [Web of Science ®],2 von Wild K, Laureys
ST, Gerstenbrand F, Dolce G, Onose G. The vegetative state–a syndrome in search of a name. Journal of
Medicine & Life 2012;5:3–15.[PubMed]] and minimally conscious state (MCS). UWS is defined by a lack of
awareness to external stimuli, although sleep-wake cycles with open eyes and vegetative functions persist
[3 Bodard O, Laureys S, Gosseries O. Coma and disorders of consciousness: scientific advances and
practical considerations for clinicians. Seminars in Neurology 2013;33:83–90.[CrossRef], [PubMed], [Web
of Science ®]–5 The Multi-Society Task Force on PVS. Medical aspects of the persistent vegetative
state(1) . New England Journal of Medicine 1994;330:1499–1508.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science
®]]. MCS shows inconsistent, but discernible, evidence of consciousness and purposeful conduct [6
Giacino JT, Ashwal S, Childs N, Cranford R, Jennett B, Katz DI, Kelly JP, Rosenberg JH, Whyte J, Zafonte
RD, Zasler ND. The minimally conscious state: definition and diagnostic criteria. Neurology 2002;58:349–
353.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]].
Assessment of awareness in patients with UWS and in a MCS is complex. The current tools use clear
operational definitions of behaviour evoked by standardized external stimuli, such as calling or pain [7
Wilson BA. Behavioural assessment and rehabilitation techniques: foreword. Neuropsychological
Rehabilitation 2005;15:428–430.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]] and even clinicians with
considerable experience are at risk of misdiagnosis [8 Andrews K, Murphy L, Munday R, Littlewood C.
Misdiagnosis of the vegetative state: retrospective study in a rehabilitation unit. British Medical Journal
1996;313:13–16.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®],9 Gill-Thwaites H. Lotteries, loopholes and
luck: misdiagnosis in the vegetative state patient. Brain Injury 2006;20:1321–1328.[Taylor & Francis
Online], [Web of Science ®]]. Subtle changes may be under-reported, which can lead to a premature
withdrawal of beneficial therapeutic efforts [10 Canedo A, Grix MC, Nicoletti J. An analysis of assessment
instruments for the minimally responsive patient (MRP): clinical observations. Brain Injury 2002;16:453–
461.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]]. Therefore, the use of advanced technologies, such as
functional medical imaging (fMRI), electro-encephalogram (EEG) and electrophysiology is discussed to
improve assessment of awareness [11 Bruno MA, Laureys S, Demertzi A. Coma and disorders of
consciousness. Handbook on Clinical Neurology 2013;118:205–213.[CrossRef], [PubMed]–13 Owen AM,
Coleman MR, Boly M, Davis MH, Laureys S, Pickard JD. Detecting awareness in the vegetative state.
Science 2006;313:1402.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]].
103
In addition, patients with disorders of consciousness suffer from environmental deprivation [14 LeWinn EB,
Dimancescu MD. Environmental deprivation and enrichment in coma. Lancet 1978;2:156–157.[CrossRef],
[PubMed], [Web of Science ®]], so perception of signs of awareness and adequate reaction to these is
challenging. These circumstances have led to the concept of relational-medicine towards these individuals
in low awareness states after brain damage [15 Zieger A. New research and considerations in managing
minimally conscious coma patients. Rehabilitation 1998;37:167–176.[PubMed]].
In this context, it appears reasonable to propose IDMT effect for several reasons. In principle, the
auditory modality has been reported to be sensitive in diagnosis of disorders of consciousness [16
Gill-Thwaites H, Munday R. The sensory modality assessment and rehabilitation technique
(SMART): a valid and reliable assessment for vegetative state and minimally conscious state
patients. Brain Injury 2004;18:1255–1269.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]]. In
positron emission tomography (PET) studies [17 Boly M, Faymonville ME, Peigneux P,
Lambermont B, Damas P, Del Fiore G, Degueldre C, Franck G, Luxen A, Lamy M, Moonen G,
Maquet P, Laureys S. Auditory processing in severely brain injured patients: differences between
the minimally conscious state and the persistent vegetative state. Archives of Neurology
2004;61:233–238.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®],18 Owen AM, Coleman MR, Menon
DK, Johnsrude IS, Rodd JM, Davis MH, Taylor K, Pickard JD. Residual auditory function in
persistent vegetative state: a combined PET and fMRI study. Neuropsychological Rehabilitation
2005;15:290–306.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]], the bilateral superior temporal
gyri [19 Fernández-Espejo D, Junqué C, Vendrell P, Bernabeu M, Roig T, Bargalló N, Mercader
JM. Cerebral response to speech in vegetative and minimally conscious states after traumatic
brain injury. Brain Injury 2008;22:882–890.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]] and the
auditory cortex [20 Wilson S, Powell GE, Brock D, Thwaites H. Vegetative state and responses to
sensory stimulation: an analysis of 24 cases. Brain Injury 1996;10:807–818.[Taylor & Francis
Online], [Web of Science ®]] are activated by auditory stimulation and speech. Some patients in a
VS and a MCS also show cerebral responses in fMRI [21 Eickhoff SB, Dafotakis M, Grefkes C,
Stöcker T, Shah NJ, Schnitzler A, Zilles K, Siebler M. FMRI reveals cognitive and emotional
processing in a long-term comatose patient. Experimental Neurology 2008;214:240–
246.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]]. Furthermore, reactions, particularly to
emotionally salient auditory stimuli [20 Wilson S, Powell GE, Brock D, Thwaites H. Vegetative
state and responses to sensory stimulation: an analysis of 24 cases. Brain Injury 1996;10:807–
818.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]] and familiar voices, are shown [21 Eickhoff
SB, Dafotakis M, Grefkes C, Stöcker T, Shah NJ, Schnitzler A, Zilles K, Siebler M. FMRI reveals
cognitive and emotional processing in a long-term comatose patient. Experimental Neurology
2008;214:240–246.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]]. Patients show clinically
observable activity after being called by their own name [22 Laureys S, Perrin F, Brédart S. Selfconsciousness in non-communicative patients. Consciousness & Cognition 2007;16:722–
741.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]], whereupon they generate auditory evoked
potentials [23 Perrin F, Schnakers C, Schabus M, Degueldre C, Goldman S, Brédart S,
Faymonville ME, Lamy M, Moonen G, Luxen A, Maquet P, Laureys S. Brain response to one’s
own name in vegetative state, minimally conscious state, and locked-in syndrome. Archives of
Neurology 2006;63:562–569.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]] and fMRI activation in
associative temporal areas [24 Di HB, Yu SM, Weng XC, Laureys S, Yu D, Li JQ, Qin PM, Zhu
YH, Zhang SZ, Chen YZ. Cerebral response to patient’s own name in the vegetative and
minimally conscious states. Neurology 2007;68:895–899.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science
®]].
As a part of neurological early rehabilitation [25 Muthesius D. A history of music therapy. Neurological
Rehabilitation 2003;9:S5–S12.], music therapy can create auditory stimuli with personal character, and is
effective in neurological disorders, such as stroke [26 Music is also used as a therapeutic option for
patients in low awareness states [29 Rollnik JD, Altenmüller E. Music in disorders of consciousness.
Frontiers in Neuroscience 2014;3:190.]. It leads to a cortical and subcortical activation of the brain [30
Altenmüller E, Schlaug G. Neurobiological aspects of neurologic music therapy. Music & Medicine
2013;5:210–216.[CrossRef]] without hemispheric dominance [31 Altenmüller E. Brain electrical correlates
of cerebral music processing in the human. European Archives of Psychiatry & Neurological Sciences
1986;235:342–354.[CrossRef], [PubMed]]. In fMRI, music stimulation activates the bilateral superior
temporal gyri in patients in a MCS, but not in those with UWS [32 Okumura Y, Asano Y, Takenaka S,
Fukuyama S, Yonezawa S, Kasuya Y, Shinoda J. Brain activation by music in patients in a vegetative or
minimally conscious state following diffuse brain injury. Brain Injury 2014;28:944–950.[Taylor & Francis
Online], [Web of Science ®]]. In people with altered states of consciousness, music therapy improves
collaboration, reduces inertia and psychomotor agitation [33 Formisano R, Vinicola V, Penta F, Matteis M,
Brunelli S, Weckel JW. Active music therapy in the rehabilitation of severe brain injured patients during
coma recovery. Annal dell Istituto Superiore Di Sanita 2001;37:627–630.[Taylor & Francis Online], [Web of
104
Science ®]] and induces changes in EEG amplitude and blink rate [34 O’Kelly J, James L, Palaniappan R,
Taborin J, Fachner J, Magee WL. Neurophysiological and behavioral responses to music therapy in
vegetative and minimally conscious states. Frontiers in Human Neuroscience 2013;7:884.[CrossRef],
[PubMed], [Web of Science ®]].
Music therapy is also of diagnostic value in low awareness states [35 Magee WL. Music therapy with
patients in low awareness states: approaches to assessment and treatment in multidisciplinary care.
Neuropsychological Rehabilitation 2005;15:522–536.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]]. The
Music Therapy Assessment Tool for Awareness in Disorders of Consciousness (MATADOC), developed
from the previously used Music Therapy Assessment Tool for Low Awareness States (MATLAS) [36
Magee WL. Development of a music therapy assessment tool for patients in low awareness states.
Neurorehabilitation 2007;22:319–324.[PubMed], [Web of Science ®],37 Daveson BA, Magee WL, Crewe
L, Beaumont G, Kenealy P. The music therapy assessment tool for low awareness states. International
Journal of Therapy and Rehabilitation 2007;14:545–549.[CrossRef]], assesses the responses to music
therapy of people with impaired consciousness and is especially sensitive in the auditory and visual
domain [38 O’Kelly J, Magee WL. The complementary role of music therapy in the detection of awareness
in disorders of consciousness: an audit of concurrent SMART and MATADOC assessments.
Neuropsychological Rehabilitation 2013;23:287–298.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]]. The
tool’s standardized intervention protocol includes isolated auditory and visual stimuli or verbal commands,
amongst others [39 Magee WL, Siegert RJ, Daveson BA, Lenton-Smith G, Taylor SM. Music Therapy
Assessment Tool for Awareness in Disorders of Consciousness (MATADOC): standardisation of the
principal subscale to assess awareness in patients with disorders of consciousness. Neuropsychological
Rehabilitation 2014;24:101–124.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]].
In contrast, IDMT is highly dependent on every subtle expression of the patient. A course of IDMT
sessions is, therefore, completely open, without pre-determined structures, which permits a flexible
answering of the therapist to every appreciable sign of awareness. This kind of improvisation can
potentially lead to emotionally salient musical stimuli which can induce reactions of patients with disorders
of consciousness. Although IDMT as an improvisation method is analogously described in music therapy
literature [40 Herkenrath A. Encounter with the conscious being of people in persistent vegetative state. In:
Aldridge D, editor. Music therapy and neurological rehabilitation: performing health. London: Kingsley;
2005. p 139–160.,41 Tamplin J. Improvisational music therapy approaches to coma arousal. Australian
Journal of Music Therapy 2000;8:18–29.], there is a complete lack of evidence and assessment tools do
not exist.
Therefore, this study was interested in examining the immediate responses to IDMT of patients with UWS
and in a MCS, and the aim was to develop a preliminary assessment tool for the method.
Methods
Clinical subjects
Inclusion criteria were adult patients with an established diagnosis of UWS or MCS caused by traumatic or
non-traumatic brain injury. Participants who had a past history of neurological or psychiatric disorders, premorbid hearing impairments or a suspected diagnosis of locked-in syndrome were excluded. All
participants were in inpatient rehabilitation for their disease. Diagnosis was confirmed by the use of the
Coma Recovery Scale-Revised (CRS-R) [42 Giacino JT, Kalmar K, Whyte J. The JFK Coma Recovery
Scale-Revised: measurement characteristics and diagnostic utility. Archives of Physical Medicine &
Rehabilitation 2004;85:2020–2029.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]] on the same day as IDMT
assessment was conducted.
As seen in Table I, seven patients (five males, two females), with ages ranging from 22–69 years (M =
47.29, SD = 19.36), were enrolled in the study, which took place between November 2013 and February
2014. They suffered from traumatic brain injury, hypoxic or ischaemic encephalopathy, cerebral
haemorrhage or toxic encephalopathy. Time since incident ranged from 2–35 months (M = 12.43, SD =
15.45) and CRS-R scores ranged from 1–14 (M = 6.57, SD = 4.35), classifying four participants as having
UWS and three as being in a MCS.
105
Table I. Clinical features of participants with UWS and in a MCS at the time of video
recording.
CSVDisplay Table
Brain CT scans demonstrated that subject 1 had a diffuse axonal injury and a generalized cortical atrophy
further increased lateral ventricles and periventricular hypodensities. Subject 2 had a distinct
hydrocephalus with supratentorial and periventricular hypodensities. Subject 3 had a diffuse axonal injury
with generalized cortical atrophy. Subject 4 had a severe haemorrhage in the left temporo-occipital region,
initially complicated by increased cerebral pressure. Subject 5 suffered from toxic and hypoxic
encephalopathy after cardiopulmonary resuscitation due to amphetamine intoxication. Nevertheless, in
actual CT-scanning, no abnormalities were detected. Subject 6 had a subarachnoid and intracerebral
haemorrhage as well as a partial cerebral stroke of the left anterior cerebral artery. The affected brain
regions were the left frontobasal and parietal regions as well as the left lenticular nucleus. Subject 7 had
an ischaemic stroke of the left middle and the right posterior cerebral arteries. The lesions were localized
in the left precentral gyrus and the right occipital regions. Informed written consent was given by legally
authorised representatives of the subjects and research was performed according to the principles of the
Declaration of Helsinki.
Setting
The aim of this study was to observe the immediate responses to IDMT in the usual daily surroundings of
hospital inpatients. Accordingly, IDMT was conducted in the setting in which hospital inpatients are usually
accommodated. The rooms were about 26 square metres. During the video recordings, no second
roommate was present. The investigation always took place in daylight; no artificial lighting was used.
Procedure
In a cross-over design, the participants were subjected to three different conditions, each of which lasted
20 minutes. Videos were recorded during the entire time period and these were analysed by six assessors
(music therapists and neurologists) who were blinded to the diagnosis, CRS-R score and the results
analysed by others.
Conditions 1 and 3: Environmental stimulation
If the response to IDMT was compared with the effects of the surroundings of a completely calm
environment in conditions 1 and 3, the subjects’ reaction to the fact that anything at all happens during
condition 2 would be measured, instead of the effect of IDMT.
Therefore, the concept of environmental stimulation in conditions 1 and 3 has been developed to avoid an
erroneous increase of eventual effects of IDMT.
Accordingly, during conditions 1 and 3 immediately before and after IDMT, an environmental setting was
created wherein audible and visual events were noticeable to the subjects, but nobody personally
addressed them. Concerning the stimulation of the auditory functions, all subjects were connected to at
least one monitor whose alarms sounded from time to time, just as they are in everyday life. Furthermore,
the window in the room was open and corresponding sounds, such as traffic noise or voices from outside,
could be heard. Responses to this kind of stimuli were documented in the sub-scale auditory functions.
Stimulation of the visual functions was generated as the music therapist and a cameraman were present in
the room. The music therapist prepared (condition 1) and arranged (condition 3) his instruments and the
cameraman moved around the room and did the video recordings. These activities took place in the visual
field of the subjects. Assessment of motor functions and oral functions/speech documented every
perceptible activity of the body and extremities or the mouth, voice and face, respectively. The movements
were either spontaneous or induced by the described visual and auditory stimuli. Using these scales,
activity was documented, for instance, when a monitor alarm occurred and the subject began to smack at
or to stretch the arm towards the source of the sound. The vigilance score documented the opening of the
eyes, which occurred spontaneously or as a consequence of one of the described external stimuli.
106
Condition 2: IDMT
During IDMT, the basic environmental situation was not changed, but the music therapist personally
addressed the subjects and applied IDMT. In this way, IDMT was added to the original external conditions.
The general aim of IDMT was to establish a non-verbal dialogue with each subject and to communicate
with that individual in sensitively adapting the musical structures of improvisation depending on the
observed reactions.
One music therapist with extensive experience in IDMT conducted the therapy. He personally turned
towards the subjects and presented them with an actively improvised musical stimulation, such as singing,
humming, or playing instruments (e.g. tabor, body tambura, chimes, xylophone, etc.). No music recordings
were used. Improvisation began with simple vocal or instrumental sounds and melodies. Tempo and
rhythm were initially always synchronized with the respiration interval. For instance, subject 4 presented
with Cheyne-Stokes-respiration. Therefore, the therapist presented a song that decelerated and
accelerated, accordingly. During improvisation, the therapist was close to the subjects and attentively
observed their behaviour. After every minimal appreciable reaction, the therapist adapted the musical
patterns of his improvisation, e.g. in changing rhythm, loudness or melody. He also played musical
instruments, such as chimes or tabors, near the subjects’ extremities and, in this way, he stimulated them
to participate and to make their own instrumental music. In responding to the subjects’ reactions in a
musical way, the therapist mirrored them and the presented improvised stimulation changed in a dialogic
way. Accordingly, the process of improvisation was completely open, depending on each participant’s
minimal visible expression.
Outcome parameters
The outcome parameters were all the reactions of the subjects; for example, vegetative changes,
modification of breathing and heart rate or extremity and facial movements.
MUVES evaluation tool
The ‘Music Therapy in a Vegetative or Minimally Conscious State (MUVES)’ evaluation tool was
developed for video-analysis. As seen in Table II, sub-scales of MUVES measure auditory, visual, motor
and oral functions, as well as communication and vigilance. Between 0–6 points can be reached on each
sub-scale; the better the participants perform, the higher they are scored, with 0 points always describing a
complete absence of reaction to the stimuli. Reproducible and meaningful behaviour patterns are rated
using the highest number of points. Most brainstem reflexes are scored with 1 point. Vegetative
responses, such as changes in heart rate or breathing rate, are also assessed.
Table II. MUVES (Music Therapy in a Vegetative or Minimally Conscious State): Assessment
tool for immediate responses to IDMT of patients with UWS and in a MCS.
CSVDisplay Table
Analysis of MUVES data
The MUVES results obtained under the different conditions were compared using non-parametric statistics
(Wilcoxon signed-rank-test, Friedmann test). A group comparison between participants with UWS and in a
MCS was conducted using the Mann-Whitney U-test. Furthermore, inter-rater-reliability (IRR) and validity
of MUVES was tested using Spearman’s rank correlation coefficients between all assessors and between
MUVES and CRS-R results.
107
Results
Results of MUVES evaluation
The MUVES results are shown in Table III. During IDMT, participants achieved higher MUVES total scores
and sub-scales scores than during the other conditions. Environmental stimuli immediately after IDMT
were always associated with the lowest scores. The MUVES total score and the sub-scale auditory
functions differed significantly during the three conditions, with IDMT reaching the highest scores on each
scale. The MUVES total score and the sub-scales of auditory and visual functions scored significantly
higher during IDMT, compared with the mean values of the environmental stimuli before and after IDMT.
Table III. MUVES results.
CSVDisplay Table
Although patients in a MCS scored slightly better in MUVES total score and in every sub-scale during
IDMT than participants with UWS, these differences were not statistically significant (see Table IV).
Table IV. Group comparison of MUVES results in the UWS/MCS sub-groups during IDMT.
CSVDisplay Table
Psychometric properties of MUVES
As seen in Table V, during condition one (environmental stimuli immediately before IDMT), the MUVES
total score and the sub-scales of ‘auditory functions’, ‘visual functions’ and ‘oral functions and speech’
correlated significantly with the corresponding CRS-R scores. No significant correlation coefficients were
observed during and after IDMT.
Table V. Validity of MUVES awareness assessment: Correlation coefficients between the
results of MUVES and CRS-R during the three conditions.
CSVDisplay Table
The IRR of MUVES total score was based on 126 observations: seven participants were analysed by six
independent assessors during three conditions (7 × 6 × 3 = 126). Mean inter-rater-coefficient of MUVES
total score was 0.76 (SD = 0.12; range = 0.55–0.92).
Discussion
The MUVES results suggest that the participants showed immediate responses to IDMT. In particular, they
appeared to react better to auditory and visual stimuli during IDMT than in the environmental setting.
Improvised music can be changed very sensitively according to an individual’s expressions. As each
expression of the participants led to an appropriate modification of the presented music during IDMT, the
latter can be considered as a highly personal musical approach with a dialogic component.
Previously published evidence shows that there are behavioural changes in people with disorders of
consciousness induced by personally salient stimuli [20 Wilson S, Powell GE, Brock D, Thwaites H.
Vegetative state and responses to sensory stimulation: an analysis of 24 cases. Brain Injury 1996;10:807–
818.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]]. In neuroimaging studies, familiar sounds may not only
induce cognitive, but also emotional processing in people with UWS [21 Eickhoff SB, Dafotakis M, Grefkes
C, Stöcker T, Shah NJ, Schnitzler A, Zilles K, Siebler M. FMRI reveals cognitive and emotional processing
in a long-term comatose patient. Experimental Neurology 2008;214:240–246.[CrossRef], [PubMed], [Web
of Science ®]]. In this context, the personal dialogic character of IDMT could contribute to the observed
reactions, supporting the importance of a relational-based approach to treating individuals in low
awareness states.
108
Furthermore, IDMT avails itself of a special medium: music. Musical stimuli can activate different
widespread brain regions and a bilateral network of temporal, frontal, parietal, cerebellar and limbic
structures related to attention, semantic processing, memory and the motor system has been postulated
[30 Altenmüller E, Schlaug G. Neurobiological aspects of neurologic music therapy. Music & Medicine
2013;5:210–216.[CrossRef],31 Altenmüller E. Brain electrical correlates of cerebral music processing in
the human. European Archives of Psychiatry & Neurological Sciences 1986;235:342–354.[CrossRef],
[PubMed]]. Music induces emotional processing by activation of the ventral and dorsal striatum, the
anterior cingulate and medial temporal areas [43 Mitterschiffthaler MT, Fu CH, Dalton JA, Andrew CM,
Williams SC. A functional MRI study of happy and sad affective states induced by classical music. Human
Brain Mapping 2007;28:1150–1162.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]], regions where an
increased blood flow in response to music can also be observed [44 Blood AJ, Zatorre RJ. Intensely
pleasurable responses to music correlate with activity in brain regions implicated in reward and emotion.
Proceedings of the National Academy of Science USA 2001;98:11818–11823.[CrossRef], [PubMed], [Web
of Science ®],45 Koelsch S, Fritz T, V Cramon DY, Müller K, Friederici AD. Investigating emotion with
music: an fMRI study. Human Brain Mapping 2006;27:239–250.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science
®]]. Activation in the limbic and paralimbic systems [46 Brown S, Martinez MJ, Parsons LM. Passive music
listening spontaneously engages limbic and paralimbic systems. Neuroreport 2004;15:2033–
2037.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]] may change as a function of consonance/dissonance
and perceived pleasantness/unpleasantness [47 Blood AJ, Zatorre RJ, Bermudez P, Evans AC. Emotional
responses to pleasant and unpleasant music correlate with activity in paralimbic brain regions. Nature
Neuroscience 1999;2:382–387.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]] and listening to musical
rhythms induces activation in the supplementary motor area and the mid-premotor cortex [48 Chen JL,
Penhune VB, Zatorre RJ. Listening to musical rhythms recruits motor regions of the brain. Cerebral Cortex
2008;18:2844–2854.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]]. These observations support the view that
music induces a widespread activation of the brain and that this can be of particular value in people with
severe brain damage. Therefore, the music applied during IDMT might also have induced activity in the
remaining cerebral functions of people in low awareness states in the present study.
Music therapy leads to an intensive human contact between the therapist and the unconscious individual
[49 Aldridge D, Gustorff D, Hannich HJ. Where am I? Music therapy applied to coma patients. Journal of
the Royal Society of Medicine 1990;83:345–346.[Taylor & Francis Online], [Web of Science ®]] and IDMT
combines the qualities of a highly personal dialogic approach and the medium of music. This is the
difference between IDMT and the accidental environmental stimuli of conditions 1 and 3, which represents
a probable explanation for the observed immediate effects of IDMT.
Immediately after IDMT, when MUVES scores were at their lowest, video-analysis showed that all the
participants were relaxed or even asleep. This can be explained by the fact that the high degree of
activation during IDMT likely resulted in subsequent fatigue and exhaustion.
A limitation of the study is that, during conditions 1 and 3, the environmental stimulation was not
completely standardized; therefore, the extent and kind of stimulation varied between each subject.
However, the course of IDMT also cannot be fixed but has to present an open personal approach to permit
a flexible response to every appreciable sign of awareness. Therefore, it would not have been appropriate
to compare the effects of IDMT to a standardized protocol of external stimuli executed before and after
IDMT, which could either waken or tire the subjects and, thus, influence the effectiveness of IDMT.
Furthermore, in condition 2, the basic environmental stimulation was not stopped; instead, IDMT was
added to it. Therefore, the different MUVES results during condition 2 may be effectively understood as a
response to IDMT.
Preliminary impressions of the psychometric properties of MUVES suggest that it held acceptable IRR
over all three conditions, as compared with standard values of the disorders of consciousness task force
[50 Seel RT, Sherer M, Whyte J, Katz DI, Giacino JT, Rosenbaum AM, Hammond FM, Kalmar K, Pape
TL, Zafonte R, Biester RC, Kaelin D, Kean J, Zasler N. Assessment scales for disorders of consciousness:
evidence-based recommendations for clinical practice and research. Archives of Physical Medicine &
Rehabilitation 2010;91:1795–1813.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]].
The validity of the MUVES awareness assessment was tested by correlating the results of MUVES and
CRS-R in total score as well as in corresponding sub-scales. Interestingly, in condition one (before IDMT),
significant correlations were observed in total score, and in almost every sub-scale of MUVES and CRS-R,
which could not be reproduced during and after IDMT. Therefore, when applied without exposure to IDMT,
MUVES held generally sufficient validity in measuring awareness. However, when IDMT was applied and
immediately afterwards, people acted differently than in the tasks demanded from them in CRS-R.
Considering the MUVES results during IDMT, it is noticeable that patients with UWS or in a MCS
109
performed without significant differences, indicating that people with UWS also showed considerable
reactions to IDMT.
A previous PET study has reported more widespread cerebral activity in the auditory modality of people in
a MCS than in those with UWS, which is thought to be necessary for a conscious auditory perception [17
Boly M, Faymonville ME, Peigneux P, Lambermont B, Damas P, Del Fiore G, Degueldre C, Franck G,
Luxen A, Lamy M, Moonen G, Maquet P, Laureys S. Auditory processing in severely brain injured patients:
differences between the minimally conscious state and the persistent vegetative state. Archives of
Neurology 2004;61:233–238.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]]. The results of a
neurophysiological study support the view that music is capable of distinguishing MCS from UWS [34
O’Kelly J, James L, Palaniappan R, Taborin J, Fachner J, Magee WL. Neurophysiological and behavioral
responses to music therapy in vegetative and minimally conscious states. Frontiers in Human
Neuroscience 2013;7:884.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]].
The present results show that people in a MCS perform better than those with UWS during IDMT, so the
absence of statistical significance may be a consequence of the low participant number. In people with
UWS, MUVES assessment could also have been complicated by limbic behaviours, which are at risk of
being misinterpreted as purposeful emotional responses [51 Magee WL. Music as a diagnostic tool in low
awareness states: considering limbic responses. Brain Injury 2007;21:593–599.[Taylor & Francis Online],
[Web of Science ®]].
In contrast, the rate of UWS misdiagnosis is high [8 Andrews K, Murphy L, Munday R, Littlewood C.
Misdiagnosis of the vegetative state: retrospective study in a rehabilitation unit. British Medical Journal
1996;313:13–16.[CrossRef], [PubMed], [Web of Science ®]]. Application of music therapy induced
purposeful responses in an individual previously diagnosed with UWS, which led to a change of diagnosis
to MCS [35 Magee WL. Music therapy with patients in low awareness states: approaches to assessment
and treatment in multidisciplinary care. Neuropsychological Rehabilitation 2005;15:522–536.[Taylor &
Francis Online], [Web of Science ®]]. Music induces an extensive cortical and subcortical bihemispheric
activation of the brain [30 Altenmüller E, Schlaug G. Neurobiological aspects of neurologic music therapy.
Music & Medicine 2013;5:210–216.[CrossRef],31 Altenmüller E. Brain electrical correlates of cerebral
music processing in the human. European Archives of Psychiatry & Neurological Sciences 1986;235:342–
354.[CrossRef], [PubMed]]. Therefore, it is also feasible that IDMT as a personal dialogic musical stimulus
activates widespread cerebral networks also in individuals with UWS and severe brain damage. This
circumstance could have induced the relatively good performance of the UWS sub-group during IDMT.
These observations support the view that IDMT is a sensitive method to evoke reactions in people in low
awareness states.
Following IDMT, all participants remained relaxed and tired, explaining the absence of correlations
between MUVES and CRS-R during condition 3.
Conclusions
IDMT induces immediate reactions in people with UWS and in a MCS. The potential reason for this is its
highly personal dialogic approach, availing itself of the medium of music, which may activate widespread
cerebral networks and may lead to responses in people with severe brain damage. Although the IDMT
procedure is not standardized, and, therefore, individual sessions are not comparable, its sensitivity in
evoking reactions appears to be high. At this juncture, MUVES is an acceptably reliable assessment tool
for this method. Further study of these preliminary findings, concerning the method’s therapeutic value and
a complete standardization of MUVES, is warranted.
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RINGRAZIAMENTI
I miei ringraziamenti vanno al Dottor Manarolo Gerardo ed al corpo docenti del Corso
Triennale di Musicoterapia di Torino per avermi non solo formata in questa disciplina
terapeutica con grandi competenze in materia ma con grande umanità e sensibilità hanno
saputo stimolare una mia crescita personale.
Ringrazio il mio tutor Gianni Vizzano pilastro fondamentale per la mia preparazione a
questa professione affiancandolo nei due tirocini svolti a cui va tutta la mia riconoscenza e
stima.
Ringrazio tutti i pazienti che ho avvicinato perché da loro ho potuto imparare molto.
Ringrazio sentitamente l’amico Franco che ha curato con pazienza e maestria la parte
formale di questa tesi.
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