Dicembre '08 a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini Numero Novembre '08 Numero Novembre '08 EDITORIALE Come d’abitudine, novembre è il mese in cui viene annunciato il vincitore del premio “Fuori dal Mucchio”, assegnato a quello che a nostro avviso è stato il migliore esordio dell’ultima stagione discografica. Per quest’undicesima edizione, le preferenze della giuria composta dalla maggior parte del nostro staff (Alessandro Besselva Averame, Gianni Della Cioppa, Loris Furlan, Federico Guglielmi, Damir Ivic, Giovanni Linke, Francesca Ognibene, Aurelio Pasini, Elena Raugei, Giorgio Sala, Hamilton Santià, Gianluca Veltri, John Vignola, Fabrizio Zampighi) e da alcuni addetti ai lavori esterni (Fausto Murizzi di Rockit, Marina Pierri di Vitaminic, Gianluca Polverari di Radio Città Aperta, Eliseno Sposato di Radio Libera Bisignano ed Enrico Veronese di “Blow Up”) hanno decretato la seguente classifica: primo, con quindici voti, “Canzoni da spiaggia deturpata” de Le Luci della Centrale Elettrica, seguito dall’album omonimo di The Niro (otto voti) e da “Magic Powers” dei Cat Claws (sette preferenze). Questo l’elenco di tutti i dischi in concorso: The Accelerators, “Oddville” (Apple Paint Factory) Annie Hall, “Cloud Cuckoo Land” (Pippola/Audioglobe) Atari, “Sexy Games For Happy Families” (Freakhouse-Green Fog/Venus) Cat Claws, “Magic Powers” (42 Records) I Cosi, “Accadrà” (Atlantic/Warner) Dead Elephant, “Lowest Shared Descent” (Robotradio) Esterina, “Diferoedibotte” (Nopop/EMI) Fake P, “Fake P” (42 Records) Il Genio, “Il Genio” (Disastro/Cramps) Massimo Giangrande, “Apnea” (Fiorirari/Egea) Hollowblue, “Stars Are Crashing (In My Backyard)” (Midfinger/Venus) Gli Illuminati, “Prendi la chitarra e prega” (Hit Bit) Lento, “Earthen” (Supernaturalcat) Les Fauves, “N.A.L.T. 1 – A Fast Introduction” (Urtovox/Audioglobe) Lucertulas, “Tragol de rova” (Robotradio) Le Luci della Centrale Elettrica, “Canzoni da spiaggia deturpata” (La Tempesta/Venus) My Awesome Mixtape, “My Lonely And Sad Waterloo” (L’Amico Immaginario-MyHoney/Audioglobe) N.A.N.O., “Mondo/Madre” (Fosbury/Audioglobe) Princesa, “JP” (Madcap Collective) The Styles, “You Love The Styles” (H2O/Sony BMG) The Niro, “The Niro” (Universal) Trabant, “Music 4 Losers” (RSVP/Self) Vanvera, “A Wish Upon A Scar” (Here I Stay) We Were OnOff, “What Does A Fish Think About Water?” (Green Fog/Venus) Winter Beach Disco, “After The Fireworks, We’ll Sail” (Black Candy/Audioglobe) L’album de Le Luci della Centrale Elettrica, al secolo Vasco Brondi, si aggiunge così a “Ogni città avrà il tuo nome” dei Santa Sangre, “Tempo di vento” di Lalli, “Sussidiario illustrato della giovinezza” dei Baustelle, “Rise And Fall Of Academic Drifting” dei Giardini di Mirò, Pagina 2 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 “Capellirame” dei Valentina Dorme, “The Mistercervello LP” degli es, “Pai Nai” dei Methel & Lord, “Socialismo tascabile” degli Offlaga Disco Pax, “Setback On The Right Track” dei Tellaro e “I Am The Creature” dei MiceCars, vincitori - in questo ordine - dal 1998 al 2007. La premiazione, come sempre, avrà luogo nell’ambito del MEI di Faenza (RA), in programma l’ultimo week end di questo mese. Un appuntamento a cui saremo come al solito presenti con un nostro stand, e a cui vi aspettiamo numerosi. Nel mentre, non ci resta che augurarvi buona lettura di questo nuovo numero di “Fuori dal Mucchio” on-line e, naturalmente, buoni ascolti. Federico Guglielmi e Aurelio Pasini Pagina 3 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Blake/e/e/e Chiuso il discorso Franklin Delano, Paolo Iocca e Marcella Riccardi hanno scelto di continuarlo per altre vie, facendo esplodere la loro rielaborazione dell’America in mille rivoli e imbastardendola con dub, elettronica e quant’altro. Una nuova avventura - inaugurata da “Border Radio” (Unhip/Audioglobe) - che ci facciamo raccontare dalla voce di Paolo. Il titolo che avete dato al disco è quasi un manifesto programmatico: il confine non è solo quello che potrebbe mettere in contatto Italia e Stati Uniti, due universi che se pure condividono, nel vostro caso, ascolti analoghi, sono frutto di sensibilità diverse, ma i diversi generi che avete tirato in ballo nel disco. Allo stesso tempo il concetto di radio rende bene l'idea di questo passare da un genere all'altro, da uno spunto all'altro, da un umore all'altro... Le border stations erano potentissime radio Texane che usurpavano, attraverso la potenza dei loro ripetitori, i confini del Messico. “Border Radio” è un nome che ha una sua valenza all'interno della tradizione americana, e sarebbe potuto essere un buon titolo anche per i Franklin Delano. Il concetto però ci affascinava per i significati “devianti” che poteva assumere, se portato fuori contesto. È stato un po' come il nostro rapporto con l'America. Cerchi le “radici” e scopri la babilonia di stili da cui ha avuto inizio il country folk – un enorme frattale in cui ogni ramificazione si sfalda al microscopio in un'infinità di rivoli. Ti ritrovi ad ascoltare i tamburi voodoo e la lingua creola, le danze dei pellerossa e le gighe irlandesi, fino a ritrovarti a tracciare mappe che riconducono all'altro lato del globo, invece che nel cortile di qualche casa specifica. Non potevamo far altro che ripensare tutta la nostra visione delle cose e il nostro approccio alla musica suonata. “Border Radio” è il frutto di questo ripensamento e di questa liberazione da “radici” che in realtà non esistono. La vostra esperienza americana, iniziata con i Franklin Delano, non si è limitata a concerti, produttori e studi di registrazione. Se non avete messo radici laggiù, è comunque negli Stati Uniti che nasce questo progetto mi pare di capire, con il Pagina 4 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 contributo di musicisti americani. E il disco è uscito solo in un secondo tempo qui in Italia. Come ci si trova a trasformare un luogo del proprio immaginario in terreno d'azione? Il disco è in realtà nato a Bologna, e il nostro batterista precedente ha preso un aereo per venire a registrare (al Vacuum studio di Bruno Germano). Poi abbiamo deciso di farlo uscire negli States solo perché i tempi tecnici della distribuzione ci avrebbero obbligato a uno stop di sei mesi. Certo, non abbiamo mai nascosto che per noi l'Italia è un posto come un altro. Ma lo sono anche gli Stati Uniti. Pensiamo che la nostra musica possa essere proposta ovunque nel mondo, senza confini e barriere. Non ci interessa dare più peso alle parole rispetto alla musica, non raccontiamo storie. Piuttosto i nostri testi sono suggestioni, uno strumento in più per creare atmosfere in cui gli ascoltatori possano perdersi. Già nei Franklin Delano il suono era al centro del discorso al pari del songwriting. In “Border Radio” la manipolazione della materia sonora ha però un ruolo ancora più determinante, in particolar modo un elemento dub che è presente sia in modo esplicito (“Holy Dub” e “Dub-Human-Ism”) sia in modo più obliquo (“Holy Yes To The Sunny Days”). Qual'è il percorso che vi ha portati a esplorare frequenze così apparentemente lontane? Già l'ultimo brano pubblicato dai Franklin Delano (la cover di “Adeus Maria Fulo” degli Os Mutantes, nella compilation a loro dedicata da Madcap Collective nel 2007) aveva una forte connotazione etnica e dub. È da molto tempo che nei nostri lettori e piatti girano dischi di musiche “altre”. La ricerca di suoni e idee nuove ci è pian piano esplosa tra le mani e si è sparsa sugli arrangiamenti. Ci ha spinto a imbracciare nuovi strumenti con una mentalità più “punk” e perciò libera da regole. Paradossalmente la tradizione ci ha insegnato che gli strumenti vanno suonati con il cuore, non solo con il cervello e la tecnica. ”New Millennium's Lack Of Self Explication” è un titolo che mi ha colpito molto: al di là di quella che sembra, a prima vista, una considerazione negativa, in qualche modo sottende la volontà di mettersi in gioco per cercare di trovare una spiegazione. Un'attitudine esplorativa che mi pare appartenga alla vostra idea di musica... Vero. Il titolo è una sintesi del nostro malessere – penso condivisibile ovunque nel mondo Occidentale. Il nuovo Millennio ci ha per ora portato un sacco di brutte novità, e un gran caos che cerchiamo di interpretare come possiamo. Francamente, alla data di oggi e cioè a un passo dalla fine del primo decennio, non è che abbiamo le idee molto più chiare di prima: le lotte tra estremismi religiosi, le guerre per interessi economici e geopolitici, gli attentati terroristici, la crisi economica, le nuove forme di schiavitù, lo yuppismo cerebroleso imperante in Italia – per non parlare, più in piccolo, della crisi del mercato discografico, che va probabilmente agganciata a una vera e propria crisi dell'ascolto e quindi della saturazione del tempo quotidiano da dedicare a qualcuno o a qualcosa in modo totale. Stiamo cercando risposte, ma forse così è sempre stato. Ci piaceva segnalarlo, perché tutti se ne dimenticano e si perdono nei rivoli del postmoderno globalizzato. Contatti: www.blakeeee.com Alessandro Besselva Averame Pagina 5 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Pagina 6 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Gli Illuminati Ha entrambi i piedi saldamente piantati negli anni 60 “Prendi la chitarra e prega”, primo disco (uscito su Hit Bit in solo vinile) dei capitolini Gli Illuminati, e più precisamente negli anni 60 delle cosiddette messe beat, di cui la formazione riprende brani e sonorità in maniera quanto mai convincente e vitale. Frutto di vero afflato musical-religioso o divertita operazione punk-situazionista? La risposta ce l’ha data Pierpaolo De Iulis, voce e “guida spirituale” della band. Quando, come e, soprattutto, perché nascono gli Illuminati? La storia degli Illuminati è un po' complessa. Fino a poco fa suonavo in un gruppo punk, i Transex, con i quali ho realizzato due album e un 45 giri uscito postumo, perché nel frattempo ci siamo sciolti. L’evento fondamentale per l’inizio dell’avventura degli Illuminati è stato l'incontro con Tiziano Tarli, autore di un libro molto carino intitolato “Beat italiano” e dedicato per l'appunto al fenomeno della musica beat in Italia negli anni 60. Fra l’altro lui quando era un ragazzo abitava nel mio stesso palazzo ad Ascoli Piceno, io al primo piano e lui al quarto, quindi c'è anche un fattore territoriale che ci lega. Avendo in comune la passione per certe sonorità, abbiamo deciso di provare a fare musica insieme, ed è nata questa storia così bizzarra, che in qualche modo ripropone e attualizza le messe beat. Io sono un collezionista di dischi, ho una vasta raccolta di queste stranezze musicali che sono appunto le messe beat italiane, dalla primissima – quella del ‘66 – fino a quelle degli anni 70. Da un punto di vista personale abbiamo opinioni estremamente lontane da quelle che cantiamo, né abbiamo alcun legame con organizzazioni ecclesiali; siamo un gruppo assolutamente laico, e se dovessimo definirci saremmo schierati da tutt'altra parte. Troviamo divertente questa cosa; è debordante, spiazzante, perché la interpretiamo in modo molto verosimile, senza alcun intento parodistico. La facciamo così bene che, quando finiamo i concerti, c’è gente che viene da noi e vuole sapere da dove veniamo, chi siamo, se io sono davvero un religioso, dove possono venirci a vedere, se magari abbiamo una parrocchia di riferimento. Insomma, diamo un'impostazione estremamente seriosa al tutto; poi, certo, Pagina 7 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 dipende anche dalle singole situazioni: per esempio, al “Festival Beat” di Salsomaggiore il pubblico aveva abbastanza chiaro chi fossimo realmente. Però, insomma, laddove possiamo cerchiamo di utilizzare queste tattiche di mimetismo un po' situazionista, che rende la cosa ancora più divertente. Musicalmente la matrice è quella del beat; i brani sono essenzialmente cover di brani presenti sui dischi originali di queste messe beat, quindi di gruppi come il Clan Alleluia e i Barritas. Il disegno di questa operazione è di riuscire ad avere, in qualche modo, una doppia collocazione dal punto di vista di pubblico o di interesse: una strategia che ci porti ad essere recensiti e a suonare anche in ambiti cattolici. Abbiamo mandato il nostro materiale a “Famiglia Cristiana”, dove è stato recensito con tanto di intervista, e anche a dei festival americani di christian-rock, ricevendo risposte entusiastiche. Il punto, adesso, è quello di lavorare sulla verosimiglianza, al punto da calarci, come nel metodo Stanislavskij, nel ruolo della catto-band timorata di Dio. Avete fatto un lavoro particolare anche sui suoni, sulla strumentazione, al momento di iniziare questo progetto? Sì, suoniamo solo con una strumentazione vintage, quindi chitarre Vox e Rickenbacker, basso Hofner... Abbiamo una strumentazione assolutamente d'epoca, insomma. E lo stesso discorso vale anche per quanto riguarda le tecniche di registrazione. Musicalmente, il disegno è anche quello di cambiare progressivamente orientamento, spostandoci su un hard rock psichedelico progressivo con forse un cambio di denominazione, che dovrebbe diventare Il Volto di Giuda: una sorta di gruppo sullo stile dei primi Metamorfosi, di roccioso rock hard-progressivo, un po' “Jesus freak”, delle specie di hippie devoti di Gesù, scalzi, con i capelli lunghi ed enormi crocifissi di legno al collo. Ora si tratta di vedere se riusciremo a portare avanti la cosa; però devo dire che ogni volta che suoniamo ci divertiamo talmente tanto, e la gente si diverte con noi, che alla fine diciamo “vabeh, continuiamo con questa storia” (ride, Ndr). È interessante questa cosa dell'indurire un po' i suoni perché l'impressione che avevo avuto ascoltando il disco è che comunque i brani originali fossero un pochino virati verso il garage, nella vostra interpretazione. Sì, l'LP è fondamentalmente un disco di garage-beat con sonorità abbastanza rigorose, nei limiti delle possibilità di spesa. La bontà di un prodotto è maggiore quanto più si riesce a spendere per la registrazione; noi abbiamo fatto tutto piuttosto in economia, tirando fuori anche delle buone voci, delle buone armonie vocali, una parte quest’ultima che deve essere necessariamente curata se si fa un discorso di rock 'devoto', dove comunque il testo e le armonizzazioni vocali devono emergere forti. Da questo punto di vista credo abbiamo raggiunto un risultato discreto. Poi, vedremo nei prossimi mesi di cambiare un po' il sound, per non esaurire in un solo momento questo viaggio all'interno del mondo cattolico musicale: i gruppi di quell'area seguirono un'evoluzione, c'erano band che suonavano con un'attitudine cristiana, ma suonavano appunto rock, hard rock, rock psichedelico. Penso ai Metamorfosi in Italia, ma anche in America vi furono diversi esempi in tal senso. Questa, insomma, è l’intenzione; anche perché, ripeto, si tratta di un'operazione fondamentalmente ludica, che non ha finalità al di fuori del divertimento, del piacere dell'esibizione e del compiacimento nel creare un'operazione verosimile al cento percento: fare un falso d'autore e farlo bene, essere contento perché la moneta che hai stampato è talmente ben fatta che neanche il banchiere più esperto potrebbe riconoscerla. Questo è un po' il senso dell'operazione. Pagina 8 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Il disco è uscito solamente su vinile; in un certo senso decidere di fare uscire un disco solo su vinile indica - anche solo indirettamente – il tipo di pubblico a cui vi rivolgete. Sì, sicuramente. Io ho quarant'anni e da venticinque anni sono un collezionista, o meglio un ricercatore, per cui ho tonnellate di dischi e, di conseguenza, per me l'oggetto di affezione è quello, è il vinile. I CD, per quanto sia, sono oggetti abbastanza inconsistenti. Poi, diciamo, il pubblico che potenzialmente può comprare questo tipo di oggetti è quello che acquista ristampe su vinile, che è appassionato di un certo tipo di supporto. È chiaro che si tratta di un'operazione per pochi, però proprio per il fatto di volerla rendere il più possibile verosimile, il tipo di supporto è importante; farla in CD secondo me sarebbe stata una cosa un po' poco attinente. Io tra l'altro ho un'etichetta discografica, la Rave Up Records, con cui ho stampato oltre cento dischi, tutti in vinile. Se avessi fatto questa cosa utilizzando come supporto il CD non so quanto avrei venduto, quanto sarei stato capace di avere un catalogo così ampio; avendo anche una distribuzione molto piccola penso avrei fatto molta più fatica a vendere CD che non vinili. Voi avete anche la pagina MySpace. Chi vi ha contattato di più, fino adesso, che tipo di persona? Guarda, direi che il cinquanta percento sono delle persone che ascoltano garage, beat e dintorni; poi ci sono vari ignari che arrivano incuriositi, ci lasciano complimenti, vengono da un altro tipo di contesto; infine c'è la componente più interessante, con la quale mi relaziono abitualmente, che è quella del rock cristiano,e dei veri devoti. Per cui, abbiamo I Raggi di Maria e altri gruppi che fanno rock cristiano, e anche corali. Nel nostro MySpace non c'è niente che lasci dedurre che si tratti un'operazione ambigua, per cui il pubblico e i musicisti cattolici ci contattano, arrivano a noi, e credono che siamo parte della stessa famiglia, della stessa “parrocchia” appunto. Fra l'altro ho visto che il primo amico della vostra pagina MySpace è Pierluigi Giombini, il figlio del maestro Marcello Giombini, il compositore di gran parte delle prime messe beat. Tempo fa avevo contattato Marcello Giombini perché volevo coinvolgerlo nell'operazione-Illuminati; poi, purtroppo, la sua morte ha impedito che la cosa si concretizzasse. Pierluigi, invece, lo ho conosciuto mentre stavo lavorando a un documentario sulla musica dance italiana degli anni 80 intitolato “Italo Disco”, perché è l’autore alcuni dei brani più importanti del periodo, tra cui “I Like Chopin” di Gazebo. Quando gli ho parlato degli Illuminati lui è stato contentissimo, perché è anche un modo per omaggiare il padre e il suo lavoro. Siamo rimasti in contatto costante, e forse scriverà dei pezzi di messa beat per noi. Prima si parlava della tua etichetta. Come stanno andando le cose? (Grosse risate, Ndr) Chiaramente, è solo uno dei lavori che faccio, non potrebbe essere l'unico, dato che la situazione è abbastanza di vacche magre. Il mio problema è che, trattando di gruppi minori americani degli anni 70 e dei primi anni 80 (quindi punk, power-pop, glam e cose simili) mi rivolgo principalmente al mercato statunitense; l’ottanta percento dei dischi che stampo lo vendo in America, il dieci percento in Giappone e il resto Pagina 9 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 in Europa. Purtroppo, adesso, con il tracollo del dollaro sull'euro, la situazione è abbastanza grigia. Personalmente, fino all'entrata dell'euro non avevo avuto nessun problema, anzi andava tutto molto bene: gli americani compravano i miei dischi con il sorriso sulle labbra perché la lira era quello che era. Ora invece devi vendere sottocosto, anche perché le spese di produzione dei dischi sono altissime, specie se si preferisce il vinile al CD. Per fortuna, nonostante tutto, gli ambiti di nicchia sono in qualche modo tutelati. La Rave Up è una “one-man-label”: faccio tutto io, dalla grafica ai pacchetti, quindi in qualche modo riesco comunque a mandare avanti la baracca. Contatti: www.myspace.com/complessoilluminati Aurelio Pasini Pagina 10 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Hell Demonio Gli Hell Demonio sono una delle band di punta della Robotradio di Trento, etichetta di Stefano Paternoster, artefice negli anni 90 della pregevole fanzine “Equilibrio precario”. Dopo il deflagrante debutto “Greatest Hits” (2005) di chiara matrice hardcore-noise, il quintetto veronese nel nuovo album “Discography” (Robotradio-Wallace/Audioglobe) ha addomesticato il suono, producendo un ibrido tra il punk’n’roll degli Hives, il noise dei Jesus Lizard e le inflessioni emo dei Fugazi. A rispondere alle domande è il chitarrista Andrea Signorini. Gli Hell Demonio nascono nel 2004. Qual è stata la spinta a formare la band e a ispirare un suono così energico e rabbioso? Gli Hell Demonio sono nati fondamentalmente dalla nostra voglia di fare del rock’n’roll. Bene o male suonavamo già tutti in altri progetti e qui volevamo fare qualcosa di più smargiasso e arrogante. Poi non è che a Verona ci sia così tanto da fare. Sul vostro MySpace dichiarate, tra le vostre influenze, quelle di Stooges, Germs, AC/DC, Nation Of Ulysses, Jesus Lizard, Rye Coalition e Fugazi. Nel nuovo lavoro ho riscontrato come più rilevanti quelle dei Fugazi e degli Hives. Siete d’accordo e quali dischi dei Fugazi amate di più? I Fugazi sono sicuramente un punto di riferimento che non è poi prettamente musicale, ma che in senso più ampio riguarda un certo modo di approcciarsi alla musica. Degli Hives che ho macinato il primo e il secondo disco, l’ultimo invece l’ho trovato disgustoso, però pezzi come “A.K.A. Idiot” mi sono rimasti dentro. Recensendo il nuovo album “Discography” ho scritto che gli Hell Demonio hanno aggiustato il tiro producendo un suono meno istintivo e più calibrato, che non rinuncia però alla sua forza d’impatto. Quanto c’è di vero secondo voi in questa analisi? Pagina 11 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Direi molto; quando abbiamo registrato il primo disco l’abbiamo fatto rapidamente, senza soffermarci più di tanto a pensare, accompagnati solo dall’entusiasmo di un bambino con un giocattolo nuovo. Con il secondo disco invece volevamo qualcosa di diverso, sperimentare mi sembra una parola grossissima in questo caso, ma comunque cambiare. In Italia i suoni noise sono duri a morire. Penso a gruppi come Il Teatro degli Orrori o ai vostri compagni d’etichetta Dead Elephant, Putiferio e Lucertulas. Ci sono altri gruppi italiani, oltre a quelli citati, che ritenete meritevoli di attenzione? Intanto mi fa piacere vedere come vengano ultimamente sempre apprezzate le uscite del nostro produttore-mentore Paternoster. La sa lunga quello lì. Comunque in Italia ora come ora potrei citarti i Rosolina Mar, i But God Create Woman, La Quiete, Death of Anna Karina, oltre ovviamente ai nostri altri gruppi Afraid! e Rituals. Anche se il mio gruppo italiano preferito e ormai defunto sono sicuramente i Notorius, di cui consiglio a tutti di reperire la “Danza dei nervi”. Che disco! “Hell Demonio” sembrerebbe il nome di un gruppo black metal e invece è quello di una band noise-rock. Come mai la scelta di questo nome? Come puoi vedere il nome viene fuori dal nostro spiccato senso dell’umorismo. Il nuovo disco è stato registrato in Italia e masterizzato a Chicago da Bob Weston, bassista degli Shellac. Come siete entrati in contatto con lui? Che tipo di persona è? Lui per noi più che una persona è stata un e-mail. Gli abbiamo scritto, ci ha risposto e ci ha masterizzato il disco via Internet. Non me la sento di esprimere un giudizio sul caro Bob, anche se comunque è stata una persona sempre molto disponibile. Qualcuno di noi l’aveva già conosciuto precedentemente per altre cose durante i concerti, quindi ci siamo messi in contatto e così è andata. Comunque ha un modo di fare i master e soprattutto di concepire la musica assolutamente interessante, che secondo noi andrebbe rivalutato, specie in queste epoche di suoni super-compressi. Quali sono i vostri ascolti attuali e quali vi hanno colpito maggiormente? Di recente sto ascoltando un po’ di cose che non superano gli anni 80 e che quindi mi sembra paradossale chiamarli attuali. Comunque lo farò lo stesso. Un sacco i Can, specie “Soundtrack”, poi ho scoperto una discreta passione per l’Afro-beat e vado matto per le compilation “Nuggets”. I miei compagni hanno ascolti che non approvo e che quindi non riporterò qui. Tra i prossimi progetti vi è quello di un 7 pollici in presa diretta. Di che si tratta? Non avendo mai registrato direttamente su bobine, volevamo colmare questa nostra lacuna, rinunciando finalmente agli orpelli della tecnologia, per ricominciare a fare i dischi come anni e anni fa. Contatti: www.helldemonio.com Gabriele Barone Pagina 12 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Superpartner Pippola Music è andata a scovare un grazioso sestetto di Lecce e prontamente ha fatto uscire il suo esordio “Love Hotel”. Melodie appiccicaticce che rievocano Delgados, Cardigans ma anche Ustmamò. La gradevole voce di Rosita Garzia mantiene alta la loro rappresentazione già vista del pop. La strada è lastricata però da Francesco Lanferdini, seconda voce e chitarra, che ci racconta del progetto. Come vi siete avvicinati alla musica? Il primo approccio: la chitarra regalata da uno zio, la scoperta d'essere intonati, appassionarsi ad uno strumento. Mi sono avvicinato alla musica quando avevo sei/ sette anni, grazie ad una tastierina Bontempi regalatami dai miei genitori. Fu amore a prima vista e l’approccio intuitivo dell’inizio è rimasto nel tempo: tecnica zero e pochissima teoria, solo tanto orecchio e tanta passione. A quindici anni arrivò il mio primo strumento a corde, un basso elettrico, quindi anche la prima band con gli amici del liceo e il primo concerto. E l’addio ai bei voti a scuola. Qual è secondo voi il fascino del pop? Il fascino del pop secondo me sta nella forza dell’immediatezza e nella bellezza dell’essenzialità. Voi siete un sestetto ma le canzoni le scrivi te. Come nascono? Le canzoni, almeno per ciò che riguarda la melodia, nascono quasi sempre in modo molto spontaneo e spesso arrivano all’improvviso, anche nei momenti e nei posti più impensati. “Supernatural” ad esempio, si manifestò in macchina mentre mi recavo in sala prove! Ma la canzoni possono anche nascere strimpellando la chitarra o il basso, o programmando sequenze al computer, non c’è uno schema fisso, è tutto casuale, intuitivo, istintivo. Siete nati come sestetto o c'è stata una versione meno numerosa dei Superpartner? Ci siamo formati come duo, e così abbiamo registrato il nostro primo demo, ma la mia idea è sempre stata quella di formare una band vera e propria con tutti gli elementi necessari per Pagina 13 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 suonare le canzoni dal vivo in modo “classico”, più rock’n’roll, senza l’ausilio di computer o basi. Infatti, ad appena quattro mesi dalla nascita dei Superpartner, il duo si è trasformato in sestetto. Vi ci trovereste a cantare in italiano? Secondo me assomigliereste agli Ustmamò. Penso di sì, e stiamo già facendo qualche esperimento con l’italiano. Conosco abbastanza bene gli Üstmamò, soprattutto i primi dischi, ma non mi sembra che ci siano molti punti d’incontro tra noi... Mentre provate, vi capita di fare canzoni di altri? Di chi? Quasi mai, abbiamo poco tempo per provare e preferiamo concentrarci sulle nostre canzoni. La vostra musica non guarda al passato remoto ma a quello prossimo si, che potrebbe essere riferito agli anni 90 degli Stereolab, dei Delgados e Cardigans. Cosa vi ha attratto di quelle atmosfere tanto da farle vostre. I riferimenti sono tanti e guardano in tante direzioni, spaziando tra generi e periodi storici differenti. Di gruppi come Cardigans e Stereolab mi ha attratto molto quella capacità di unire sonorità vintage a soluzioni più moderne, oltre, naturalmente, alla bellezza delle canzoni e delle melodie. I Delgados non li ho mai ascoltati invece. Dal vivo esiste solo la versione completa del gruppo o andate in giro anche in versione ridotta? Tu e Rosita, per esempio... I Superpartner sono composti da sei persone, e andiamo in giro tutti insieme, anche se sporadicamente è capitato di esibirci con una formazione ridotta, chitarra-voci-tastiere, ma solo per motivi tecnico/logistici. Come avete conosciuto Federico Fiumani? Lo abbiamo conosciuto in occasione di un suo concerto a Squinzano, lo scorso dicembre. Gli abbiamo dato i nostri CD-R e Federico, dopo averli ascoltati, ci ha proposto di partecipare a Il Dono, la compilation tributo ai Diaframma. È stato un grande onore per noi prendere parte a quel tributo! Poi con Federico si è venuto a creare un bel rapporto umano, ci ha aiutato e stimolato tantissimo, dandoci suggerimenti e dritte preziose. Ha seguito le registrazioni del disco, ci ha dato la possibilità di aprire un suo concerto a Roma, e, prima che arrivasse la proposta di Pippola, ci ha anche messo in contatto con la Self. Pippola Music è stata la prima etichetta che avete contattato? In realtà è stata Pippola a contattare noi, grazie a MySpace! Siamo stati in contatto anche con altre etichette prima della proposta di Pippola: Aiuola Dischi, Operà Music, Peteran, Disastro e Ghost. Chi vi piacerebbe ascoltare alla radio prima e dopo di voi? Prima di noi magari Gino Paoli, "Sapore di sale", e subito dopo Richard Sanderson, “Reality”. Qual è stata la prima canzone ufficiale del gruppo? "The Footgirl", che è anche la prima traccia del nostro primo demo, "Microfilm". Pagina 14 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Cosa unisce, secondo te la vostra band? A parte la musica. Siamo legati da un bel rapporto di amicizia che si è consolidato anche grazie alla musica. Passiamo molto tempo insieme, anche nei momenti extra-musicali. Com'è fatta la vostra sala prove? Proviamo in uno scantinato sotto il negozio di elettrodomestici di Vincenzo. La sala prove è completamente invasa da scatole da imballaggio di frigoriferi, lavatrici e televisori. Avete già canzoni nuove? A che ritmo andate? Sì, abbiamo delle canzoni nuove ma al momento non ci stiamo lavorando, siamo molto concentrati sul live che portiamo in giro per il tour di “Love Hotel”. Dov'è stato registrato il disco e come lavora Stefano Manca, qual è il suo metodo? Il disco è stato registrato al Sudestudio di Stefano Manca, in aperta campagna salentina, tra vigneti, palme, gatti e cani. Siamo arrivati in studio con le idee abbastanza chiare dopo un lavoro minuzioso di pre-produzione in sala prove. Stefano è stato bravissimo a tirare fuori e a valorizzare il nostro suono, non credo abbia un metodo preciso, lavora d’intuito e d’ingegno, ha tantissima pazienza e spesso adotta delle soluzioni incredibili pur di ottenere quello che ha in mente. È un vero artigiano della musica. Contatti: www.superpartneronline.com Francesca Ognibene Pagina 15 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Andrea Liuzza Melancholia 1 autoprodotto/Goodfellas Andrea Liuzza ha fatto tutto da solo in questo “Melancholia 1”, così come era avvenuto nel debutto “Countless Ways For Pressing Flowers”: canzoni, arrangiamenti, registrazione e grafica. A soli ventitré anni ha le idee piuttosto chiare, e la musica che produce funziona perfettamente in un regime di autarchia. Vengono in mente, fatte le debite proporzioni, personaggi come il primo Ed Harcourt o Conor Oberst, la stessa fragilità che sfocia spesso e volentieri in rabbia espressiva, testi dal sapore autobiografico e – in questo particolare caso un armamentario elettronico che sostiene la linearità delle canzoni senza snaturarne l’autenticità intimista e anzi suggerendo soluzioni inconsuete (l’andatura proto-klezmer di “Birdie” con il canonico contrabbasso sostituito dai bassi di una tastiera elettronica). Ma non è al suono, alle soluzioni insolite, che punta Liuzza, quanto piuttosto alla qualità della scrittura, che anche quando il passo si fa spedito, le chitarre si concedono pienamente al rumore e la voce deraglia nella propria disperazione, è il caso di “Wolf”, rimane in primissimo piano, e in pezzi come lo strumentale “Unborn”, un piano solitario che sfuma verso il silenzio, mostra apertamente la propria fragilità. Due lati della stessa medaglia che innervano un brano come “Melancholia”, piano elettrico che sottolinea una melodia timida e piccoli istanti di stasi e silenzio che si insinuano tra le sferraglianti chitarre e una comune batteria in quattro quarti.. Contatti: www.andrealiuzza.com Alessandro Besselva Averame Pagina 16 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Arbe Garbe Bek Musiche Furlane Fuarte Parte della vivacissima scena friulana, gli Arbe Garbe (ovvero “erba cattiva”) sono attivi da un quindicennio. La loro travolgente carica live è testimoniata dai tour in tutti gli angoli del mondo. Cinque sono i brani dell’EP “Bek”, che segna il ritorno del gruppo di Stefano Fattori e Federico Galvani in un assetto rinnovato, con l’innesto di Roberto Fabrizio alla chitarra e Oscar Schwander al basso. Quasi venti minuti di agro-punk, tambureggianti assalti zingari, fisarmonica, mandolino e violino, superlavoro della sezione fiati (Flavio Zanuttini e Toni Pagnut), per un risultato sicuramente di notevole vitalità, anche se dalla cifra un po’ troppo omogenea a onta dell’impeto e della ricchezza d’arrangiamento. È fatale che il folk-ska balcanico (cantato in friulano e sloveno) qualcosa perda, una volta fissato su tracce. Non si può rimproverare alcunché a “Bek”, se non il limite che è nel suo atto di nascita: l’adesione a un canone, a un filone, l’adeguamento a stilemi combat-patchanka un po’ stereotipati. Per il resto, estrema bravura dei musicisti e buona prova di gruppo. Decisamente innovativa, anzi entusiasmante, la veste grafica del booklet, nata dalla campagna in rete lanciata dal gruppo “Disegna una capra per il nuovo disco”. La grafica argentina Cecilia Ibañez ha curato la confezione, utilizzando con inventiva e in maniera colorata decine di disegni. Contatti: www.arbegarbe.com Gianluca Veltri Pagina 17 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Caraserena Ricordarsi di annaffiare Parco della Musica/Egea Preceduti da fama improvvisa per un brano benedetto da Fiorello, “Ricatti esistenziali”, il cui ritornello ormai celebre recita “c’è un problema con le palle di Massimo”, i Caraserena giungono al debutto su lunga distanza. Ingegnoso e ricercato, l’album del sestetto romano declina nelle forme più intelligenti la canzone d’intrattenimento, nobile se volete, ma sempre leggera, fresca e fragrante, costruita con perizia e dedizione d’artigianato. Idea di cura inclusa nella raccomandazione del titolo – “Ricordarsi di annaffiare” – che ricorre nel pezzo d’apertura “L’implicazione molecolare”. Qui verrebbero in mente mentori come Battiato e Tiromancino, ma sono poi altri i padri del gruppo guidato dai fratelli Vanni e Filippo Trentalance. Sono gli Steely Dan di Donald Fagen, con gli arrangiamenti puliti e scintillanti, le soluzioni eleganti, il gusto per l’hook che ti accalappia e non ti lascia facilmente; è certo sound da west coast con le armonie vocali assassine, ariosissime e sventolanti come vele gonfie. I Caraserena sono musicisti abituati al jazz che fanno pop music, e nei testi c’è la lezione di Panella ed Elio, ma con un risultato né ermetico, né burlesco. È una terza via al calembour: sorridente. Fioccano immaginifiche soluzioni letterarie, dagli “svincoli ammiccanti” alle “zanzare comprensive”, dal “carisma ipertrofico” al “volubile satellite”, gli ossimori e le allitterazioni. Musica leggera, ma di peso. Contatti: www.audiotorum.com Gianluca Veltri Pagina 18 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Cattive Abitudini Cosa sei disposto a perdere? Indie Box/Halidon Oggi non voglio trattar male i lettori, per cui vi dico subito che ho deciso di evitare ogni gioco di parole legato al nome del combo veneto. Breve riassunto delle puntate precedenti a beneficio dei distratti: a metà dei '90 l'Italia si popola di band punk che cantano in italiano, tra questo spiccano per popolarità e "successo" i Peter Punk. Quando quell'avventura finisce -anche se c'è stata un'estemporanea reunion a settembre- c'è chi pensa di continuare; il resto è quello di cui parliamo ora, ovvero Cattive Abitudini e "Cosa sei Disposto a Perdere?", terzo capitolo di questa storia. Troviamo qui tutto quanto li ha resi noti tra gli appassionati del genere nostrani: testi che ondeggiano tra il disimpegnato spinto, il resoconto delle avventure alterate ad "Amsterdam" o l'alcool di "Transaminasi", e l'introspettivo disincantato di "Soldato Semplice" e "Via dalla Realtà". Non tutto è bianco o nero, ma c'è spazio anche per ricordare il tempo che non ritorna di "Se Tutti Mollano" o la constatazione di come va oggi la discografia -"sai che mi frega masterizza sto cd..."- di "Solo Voi", il tutto a velocità sostenuta e con le chitarre sugli scudi come insegnano i "maestri" Derozer e Pornoriviste. Negli anni sono migliorati parecchio e non sono più, purtroppo per loro, "la peggiore punk band italiana". Ma non sono diventati nemmeno la migliore, e rischiano di rimanere imprigionati in un pur piacevole cliché. A loro, ed ai tanti che affollano i loro live set, la scelta. Contatti: www.indiebox.org Giorgio Sala Pagina 19 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Colore perfetto Il debutto La Tempesta/Venus Proveniente dalla provincia di Perugia, Colore perfetto è un terzetto composto da David Pollini alla voce e al basso (nonché autore di liriche in bilico fra sentimenti e visionarietà), Alessandro Fioroni alle chitarre e Stefano Bandera alla batteria. Sulla scia propulsiva della sponsorizzazione di Moltheni, i ragazzi umbri arrivano al loro primo album, programmaticamente intitolato “Il debutto” e prodotto, mixato e registrato dall’esperto Giacomo Fiorenza. La scaletta schiera dieci canzoni, il più delle volte concise e idealmente suddivise fra episodi maggiormente energici e ballate delicate. Non si fanno rivoluzioni ma il bilancio parla di mezz’ora di rock emotivo, ben a fuoco e al contempo aperto alle sfumature: ci si destreggia fra timbriche elettriche e acustiche, mentre organi, vibrafoni, Wurlitzer o fisarmoniche aggiungono ulteriori sapori a una ricetta già di per sé genuina e nutriente. Il succitato Umberto Giardini partecipa in maniera attiva nel riuscito singolo per “Un giorno qualunque” (per il quale si impadronisce addirittura del microfono e firma persino il testo), nella teatraleggiante “Il muro” oppure nei cori dell’agrodolce “Come se non bastasse” e del riflessivo, notturno viaggio on the road di “Immobile attendo”. Trattandosi di un esordio, è logico che la perfezione cromatica vagheggiata dalla sigla sociale prescelta sia ancora da centrare appieno. Quello che conta è che il progetto è senza dubbio di buona fattura, da tenere sott’occhio. Contatti: www.myspace.com/coloreperfetto Elena Raugei Pagina 20 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 DJ Fede Back 2 The Boogie La Suite Federico Grazziottin è ormai un veterano della “vera” scena hip hop, almeno di quella che si è formata successivamente alla prima vera ondata negli anni 90. La perseveranza non gli fa sicuramente difetto: ha portato avanti la torcia tanto nei momenti di massima esposizione mediatica del genere quanto in quelli bui - per lui non faceva differenza, visto che non è mai stato uno di quelli che più di tanto tentasse di cavalcare i fenomeni del momento. Ora, stiamo infilando un altro (l’ennesimo) periodo in cui dell’hip hop in Italia si parlerà poco, dopo che negli ultimi anni se n’è parlato perfino troppo. In queste cicliche fluttuazioni, non possiamo non guardare con simpatia a chi porta avanti deciso un discorso che si basa sull’insegnamento di chi ha posto le basi della cultura hip hop anni a cavallo tra l’80 e il ’90. Niente “plasticoni” quindi, niente tamarrate spettacolari e compiacenti; tracce di soul invece, molto funk campionato, un tocco di jazz giusto per dare un po’ di morbidezza e ogni tanto qualche esotismo (India e Bollywood). Già fatto, già sentito. Ma è il più onesto standard che si possa seguire quando si costruisce un disco di hip hop strumentale. A DJ Fede manca però la classe per entrare nella Seria A, almeno per adesso: le sue costruzioni sono ancora troppo scolastiche per essere sensuali, le idee sono troppo educate e rispettose per essere nuove (o almeno sembrare tali). I tentativi di andare oltre, vedi i brani di matrice più strumentali in cui sono coinvolti Cato e Boosta, sono riusciti a metà: non hanno un impianto abbastanza robusto per reggere ad un vaglio più vasto. Insomma, giudizio a metà. La sufficienza è piena. Ma per ambire a qualcosa di più, ci sarebbe ancora strada da percorrere; un punto da cui partire però c’è in tal senso, ed è “Rugged Club Banger”. Contatti: www.djfede.com Damir Ivic Pagina 21 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Fare Soldi Sappiamo dove abiti Riotmaker/Warner Continuano i divertissement di Pasta degli Amari e Luka Carnifull. Quello che è cambiato, è il mondo intorno a loro: se prima erano da stolide mosche bianche pasticciare con stilemi dance ed echi anni 80 nel disinteresse generale, oggi improvvisamente tutto intorno a loro pare sintonizzato intorno a loro, nel magico mondo indie; mondo che resta, inevitabilmente, il primo bacino d’attenzione per Riotmaker. Il sospetto è che quindi “Sappiamo dove abiti” piacerà in giro più del dovuto... o meglio, rischierà di essere una rivelazione, una dimostrazione di spiazzante ingegno provocatorio, quando invece è esattamente il suo contrario. Questo album è infatti una raccolta di figurine sonore, assemblate con gusto vivace e voglia di divertirsi. L’iniziale “Dolo Boys” è probabilmente il pezzo migliore, ma meritano sicuramente una menzione anche la sognante “Il lato B del mondo” e la percussiva “Puff Dandy”. Ci sono anche cadute di tono: la cover di “Survivor” di Mike Francis non aggiunge nulla all’originale, anzi nel rispettarlo eccessivamente le toglie qualcosa, e va bene usare a fondo le sonorità anni 80 ma col “Palazzo dei cigni” davvero si esagera. In generale, ci si diverte più che abbastanza, se uno ha poche pretese e soprattutto poca conoscenza storica della musica. Se invece voi che ascoltate siete un po’ più sgamati e meno (wannabe) candidi indie adolescenti, emergono i limiti di un lavoro che, lo ripetiamo, è più una personalissima raccolta di figurine dei titolari del progetto - ma un album di figurine, per colorato che sia, non vale mai come qualità un libro vero e proprio. Contatti: www.riotmaker.net Damir Ivic Pagina 22 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Grenouille Saltando dentro al fuoco ViaAudio/Jestrai Se una band navigata come Il Teatro Degli Orrori, con quel disco epocale che è “Dell'impero delle tenebre”, ha mostrato come la lingua di Dante possa, con le dovute cautele e trattata nella giusta maniera, scendere a patti senza grossi traumi con le chitarre heavy del grunge e del noise, non ci si aspettava certo che fosse una formazione all'esordio come i Grenouille a darci ulteriore conferma in questo senso. E invece è proprio quel che è successo, almeno a giudicare da un'opera debitrice verso l'esempio musicale di artisti come Alice In Chains e Sonic Youth ma capace anche di smarcarsi abilmente dalla replica pedissequa e fine a sé stessa di modelli arcinoti. Il tutto grazie a una scrittura complessa quanto ben calibrata divisa tra irruenza e narrazione, turbolenze e architetture ibride, ma soprattutto a testi ricolmi di alienazione metropolitana – Milano la città di provenienza della formazione – e poco disposti a farsi schiacciare dalle tonnellate di chitarre acide che reggono le impalcature. Capaci, invece, di diventare un valore aggiunto, per un disco che mostra in generale una maturità difficilmente riscontrabile in un'opera prima. Che si privilegi l'anima dissonante (“Babilonia”), le mire punk (“Grosso guaio in Paolo Sarpi”), le obliquità “pop” (“La Gio e io”) o la pseudo-psichedelia (lo strumentale conclusivo “Moonshine Pub”), il risultato, insomma, non cambia: “Saltando dentro al fuoco” rimane una graditissima sorpresa. In attesa di sviluppi futuri che, siamo certi, faranno ancora parlare di questi Grenouille. Contatti: www.myspace.com/grenouillemusic Fabrizio Zampighi Pagina 23 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Il Rumore del Fiore di Carta Fallen autoprodotto Si fa presto a dire post-rock, e ricondurre tutto a talune risapute, cinematiche progressioni strumentali anglo-americane, come se si trattasse di un genere circoscrivibile e consolidato. Ma se c’è un’anima che palpita da qualche parte, capitasse anche in un angolo della provincia di Campobasso, potremmo eludere certi scontati confronti, chiudere gli occhi e provare semplicemente ad emozionarci. Il Rumore del Fiore di Carta è già nome curioso per questo quintetto, molisano per l’appunto, con cui provare a ritagliarsi una propria dimensione creativa e di ricerca attraverso sonorità dal di dentro, malinconiche, senza fretta. “Fallen”, sempre orgogliosamente autoprodotto persino in doppio vinile, rivela un passo ulteriore al già apprezzabile “Origami 62”, stavolta più efficace nel focalizzare “lo scontro/incontro tra delicatezza e rumore, tra digitale ed analogico, tra luce ed ombra”. Un esplicito manifesto d’intenti della band tutt’altro che presuntuoso, bensì consapevole del proprio stratificato bagaglio espressivo. Forse per questo le iniziali “Nestor 10”, “Reykjavik”, “Al sapore di Fisherman”, nello loro lieve narcosi striata d’elettronica, si lasciano preferire al confessato atto d’amore per i Massimo Volume di “Conto alla rovescia”. Peccati del tutto veniali, ampiamente riscattati dall’intensità di “Leon 1954” (unico buon momento cantato), dal disturbato reiterare pianistico e crescendo del brano che dà il titolo all’album, dalle effusioni electro-acustiche con tromba di “Mira”, da tutti i cinquantuno minuti nelle loro filmiche sequenze, intrisi di leggerezza, inquietudine e credibile autenticità poetica. Contatti: www.ilrumoredelfioredicarta.it Loris Furlan Pagina 24 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Le-Li Music Is Not For Grownups Garrincha Dischi In una super confezione di finta pelle colorata di verde, la neo-nata etichetta di Matteo Romagnoli dei 4fiori per Zoe, debutta sul mercato musicale con l’EP di Le-Li, ovvero Elisa già chitarra degli Almandino Quite Deluxe. Un disco che mostra già il carattere di questa ragazza che si è lasciata andare tra le montagne vicentine, mentre era sola, in questa sua espressione tutta femminile, piena di carezze, fate, grandi che non capiscono i piccoli, con la musica che attraverso una chitarra si trasforma in supereroina. Questo vestito rosa pastello è però delineato dagli arrangiamenti del buon Matteo Romagnoli che qui si fa chiamare John e oltre ad arrangiare i brani dà sostegno a Le-Li facendo a metà con i testi, suonando le tastiere e la chitarra. Quindi possiamo definire questo progetto un duo. Di primo acchito vengono in mente i Comaneci e non stupisce la presenza tra gli ospiti di una di loro, Jenny Burnazzi, al violoncello. La batteria è affidata a Francesco Brini (4fiori per Zoe), quando c’è. Importante il violino di Jacopo Ciani, meraviglioso in “Un regalo strano” dove Elisa canta in italiano poggiando la voce sulle parole con un movimento soave e sussurrato. Spero che il disco su lunga distanza previsto per gennaio/febbraio abbia più episodi in italiano visto il risultato di questo singolo brano in cui la nostra ragazza mette davvero in risalto la sua unicità. L’EP si chiude con “Pretty Vacant” dei Sex Pistols resa morbidissima con il violino, il violoncello, la chitarra e la voce della piccola dolce Le-Li con in coro Matteo. Contatti: www.myspace.com/theworldofleli Francesca Ognibene Pagina 25 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Lonesome Southern Comfort Company Lonesome Southern Comfort Company On The Camper Presi dallo sconforto a ondate regolari a causa dell’immensa mole di dischi poco significativi - magari ben suonati, da gente che conosce la materia, ma con pochissimi argomenti, e una urgenza espressiva che o non arriva con sufficiente forza alle nostre orecchie o è proprio assente - che ci capitano sul lettore, a volte ci scordiamo il motivo che ci ha spinti ad intraprendere questo mestiere: l’entusiasmo nello scoprire qualcosa di nuovo, magari ancora da sgrezzare e limare ma illuminato da una incontestabile scintilla creativa. Il debutto degli svizzeri - di Lugano - Lonesome Southern Comfort Company appartiene alla categoria dei dischi che colpiscono subito: ingenuo forse, fedele ad un immaginario alt.country che di certo non avrebbe bisogno di ulteriori seguaci, eppure dotato di una freschezza e di una schiettezza che non perde tempo a rimirarsi e a cincischiare. Strumenti acustici suonati con un misto di disillusione e voglia di cambiare un mondo pieno di orrori, ipoteticamente a metà strada tra gli Okkervil River e i Neutral Milk Hotel, una voce espressiva che veicola una qualità di scrittura sopra la media, che parla di un’America luogo terribile e crudele dal quale però si riescono a prendere le distanze con una buona dose di ironia (“Original Choir Of The Republican Party”), e che allo stesso tempo viene esorcizzata attraverso liberatorie tempeste di cupezza alla Woven Hand (“Sappony Church”) o echi del primissimo Dylan (“Blacklisted”). Tutto questo viene affrontato con qualche ingenuità come si è detto, ma soprattutto con una valanga di argomenti. Procuratevi questo disco. Contatti: www.onthecamperrecords.com Alessandro Besselva Averame Pagina 26 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Macno Tutto come prima La Scala Dischi/Venus Alla seconda prova, i comaschi Macno confermano la forte contiguità con un rock fatto di chiaroscuri, a prevalente componente cantautorale. La parentela più prossima del trio, per essere subito espliciti, è con i Marlene Kuntz, la cui cifra è abbastanza sovente richiamata (ed è auspicabile per il futuro, unico appunto, un qualche affrancamento dal canone). E quindi espressionismo elettroacustico, ricami chitarristici alternati a robusti interventi, squarci di lirismo macerato e tenebroso, esplosioni controllate. I pezzi sono ben congegnati, con il giusto dosaggio di tensione e aperture. Con qualche sorpresa: “Ultimo giorno d’estate” è uno smarrimento di psichedelia e Maghreb alla maniera dei Rolling Stones di “Their Satanic Majesties Request”. La trama del disco è tutta chitarristica, ed è giocata sugli intrecci delle sei-corde di Saro De Giacobbe e dell’ex Rosaluna Marco Ambrosi, quest’ultimo produttore dell’album e presente in tutte le tracce anche come musicista special guest, abbastanza per essere considerato a tutti gli effetti il quarto Macno. Gli altri due effettivi in organico sono il cantante Mimmiz e il bassista Alessandro Pace. Non l’unico amico-ospite, Ambrosi, in un lavoro che si avvale dei contributi del Virginiana Miller Simone Lenzi, di Lele Battista (già Sintesi), dell’altro ex-Rosaluna Manuel Franco e di Alessandro Nespoli che fanno la staffetta alla batteria dividendosi gli undici brani. Lorenzo Ori presta la sua maestria alle manopole. Contatti: www.macno.it Gianluca Veltri Pagina 27 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Noise Trade Company Crash Test One N-Label/Goodfellas Nati pochi mesi fa su iniziativa di Gianluca Becuzzi, vecchia conoscenza della scena noise elettronica italiana (ex Pankow, ex Limbo ed ex Kinetix, tra gli altri), e Chiara Migliorini, i toscani Noise Trade Company ci dicono dove intendono andare a parare fin dall’incipit del primo brano: una drum-machine indecisa tra senso di attesa e indifferenza statica e folate di synth che sembrano uscire da qualche oscuro anfratto della Sheffield di trenta anni fa. Siamo al limite del plagio, dichiarato al punto che in bella evidenza nella tracklist emerge una cover di “Nag Nag Nag” dei Cabaret Voltaire, rallentata e impigrita ma assolutamente fedele all’originale, eppure non è quello il punto: con una ironia che da un lato rassicura sulla volontà precisa di celebrare le proprie origini, senza pretese di calligrafia spacciata per genialità quindi, e dall’altra depura da possibili tentazioni trendy (l’ultima carrozza del treno per l’electro è pur sempre allettante), il duo snocciola efficaci slogan (“Waste Your Life, Be An Artist”), incisivi rumorismi (“High Resolution Caos”, una tempesta magnetica che pare generata da insetti), una “Ghost Radio” inquieta e notturna quanto basta, una trascinante “Feel The Beat (You Can)”. Senza prendersi troppo sul serio (l’apecar in copertina) i Noise Trade Company hanno creato un disco forse un po’ nostalgico e celebrativo dei tempi che furono ma decisamente godibile: magari non si tratta di vere e proprie “News From The Past”, tanto per citare un altro brano, ma il divertissement mostra invidiabile solidità. Contatti: www.myspace.com/noisetradecompany Alessandro Besselva Averame Pagina 28 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Pitch A Violent Dinner Savage Jaw Tanto - e ingiustificatamente - vasta è la mole di uscite italiane che ogni mese invadono il mercato che è fin troppo facile farsi scappare qualcosa. Nello specifico, un ritorno, se non inaspettato, per lo meno assai gradito: quello dei Pitch, formazione ravennate guidata dalla cantante e bassista Alessandra Gismondi e titolare di un paio di album sul finire dello scorso decennio, e poi sparita. Sapevamo che la Gismondi aveva già da qualche tempo ripreso la vecchia ragione sociale (pur cambiando l’organico) e avevamo avuto modo di toccare con mano i primi passi di questa seconda vita, ma l’arrivo di “A Violent Dinner”, pubblicato dalla piccola etichetta Savage Jaw sul finire del 2007, ci era proprio sfuggito. Rimediamo ora, e lo facciamo volentieri perché trattasi di un lavoro estremamente piacevole, all’insegna di un indie-rock orecchiabile e sognante – come, per esempio, in una “Françoise” che paga debito ai Blonde Redhead – ma non privo di occasionali spigoli e asperità, ben condotto dagli intrecci delle chitarre (sporche e sul filo della dissonanza, ma mai eccessivamente cattive) e dalla voce di un’Alessandra che, abbandonato l’italico idioma delle due precedenti prove sulla lunga distanza, torna all’inglese degli esordi. Non è certo su un campo appena rizollato che gioca la formazione, ma la classe e il mestiere che sfoggia sono più che sufficienti per permetterle di portare a casa il risultato senza troppa fatica. Fuor di metafora: pur muovendosi in contesti sonori ben delimitati, i quattro riescono comunque a dare vita a canzoni di assoluta gradevolezza, grazie a una indubbia quanto obliqua sensibilità pop e a un certo buon gusto in fase di arrangiamento-produzione. Forse in alcuni passaggi dovrebbero mordere un po’ di più, ma siamo certi che dal vivo questo problema non si ponga minimamente. Contatti: www.myspace.com/pitchsound Aurelio Pasini Pagina 29 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Rhumornero Umorismi neri Arroyo/Venus Funziona il gioco di parole che dà il nome a questa band pisana formata nel 2005 da musicisti con una certa esperienza alle spalle (il bassista Antonio Inserillo, già con i Death SS, il batterista Giacomo Macelloni, ex Prozac + e Super B), ma quando ci si imbatte in frasi come “Vorrei parlare con Marzullo per dirgli mi faccio domande e non mi do risposte”, ecco, si comprende la differenza tra le - ottime, lodevoli, senza alcun dubbio in buona fede intenzioni e la possibilità che la scelta dell’italiano nel rock possa non sempre essere vincente. Chiariamoci, il mestiere della band, la capacità di confezionare un robusto rock cantato in italiano è tecnicamente ineccepibile, quello che ci sembra manchi è l’ispirazione non solo nei testi ma anche nelle musiche: di certo la scelta di percorrere strade ampiamente esplorate nel corso degli ultimi quindici anni non è d’aiuto. In tutto questo rimane qualche barlume di brillantezza: una “Il deserto” che richiama oscure pagine di prog italico, azzeccata soprattutto negli intrecci vocali d’altri tempi, e “Il conflitto”, con il suo lento e ipnotico incedere. Ma è troppo poco per promuovere il progetto, e l’innegabile mestiere non è sufficiente per far parlare di novità, o di ispirata aderenza ad un canone. Sono ormai troppi i gruppi tecnicamente bravi e capaci di sfoderare un buon mestiere: per emergere davvero occorre quel genere di coraggio che pare non essere più molto popolare preso i gruppi della nostra penisola. Contatti: www.rhumornero.com Alessandro Besselva Averame Pagina 30 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Rohmer Rohmer AMS/BTF Le note di pianoforte di “Angolo I” paiono scorrere lentamente insieme ai titoli di coda. Laddove va in dissolvenza il lungo film dei Finisterre (sette dischi dal 1994 e ottimi riscontri in ambito progressive anche all’estero), prende forma il nuovo progetto Rohmer. Poteva trattarsi di un seguito fisiologicamente innovativo per la storica prog band ligure, in fondo c’è sempre un dichiarato intento tra tradizione, modernità e sperimentazione, ed è sempre il poliedrico e attivissimo bassista-compositore Fabio Zuffanti a condurre l’iniziativa, assieme ai compagni di sempre Boris Valle (pianoforte), Agostino Macor (tastiere), Mau Di Tollo (batteria). Ma c’è una nitida consapevolezza nel voltare pagina con coerenza, oltre i luoghi comuni e l’estetica retrò del progressive convenzionalmente riconosciuto, e Rohmer fa chiarezza con un nome tutto nuovo. Un nome che riecheggia da subito ambientazioni filmiche (dichiarato è il riferimento al regista francese Eric Rohmer), supportate da fascinose commistioni di elettronica e musica contemporanea, delicate tinte jazz e narcosi post-rock. Nove tracce dalla toccante introspettiva bellezza, impreziosite da efficacissimi inserti di flauto, viola, tromba e sax, meravigliosamente evocative ed emozionali, per le quali i suggeriti riferimenti ispirativi di Mark Hollis, Brian Eno, David Sylvian, Sigur Rós e dei King Crimson più pastorali sembrano assai azzeccati. Lo stupore, del tutto positivo, è anche la convivenza dell’unico momento cantato (“V.moda reale”) di deliziosa dolcezza romantica (il riaffiorare delle malie progressive), con l’insistito ipnotico minimalismo di “Elimini-enne”. Convivenza e convergenza estetica e stilistica che sa di meraviglia, quasi mai riscontrabile nella maggior parte dei dischi underground odierni. Contatti: www.myspace.com/rohmerofficial Loris Furlan Pagina 31 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Sea Of Cortez The Wise Frog Drowned In The Milk I Dischi di Strade Blu Ha alle spalle una storia abbastanza travagliata questo esordio dei Sea Of Cortez, formazione aperta che ruota attorno ai chitarristi Antonio Gramentieri e Mirko Monduzzi: registrato e completato già da alcuni anni, “The Wise Frog Drowned In The Milk” vede infatti la luce solo ora a causa di tutta una serie di problemi musicali e – soprattutto – non. Se non altro, però, l’attesa è stata ricompensata abbondantemente, perché trattasi di un lavoro di livello fuori dal comune, come inventiva, tecnica e gusto nelle scelte sonore. Affiancati dal batterista Denis Valentini e dal percussionista Bubi Staffa (ma, nel corso degli anni, hanno diviso i palchi con nomi del calibro di Howe Gelb, Bill Elm, Hugo Race, John De Leo e Steve Wynn), Monduzzi e Gramentieri mettono in mostra un talento raro, dando vita a dieci quadretti interamente strumentali in cui atmosfere desertiche si sposano a sperimentazioni sintetiche, l’elettronica si incontra col folk e i muri della tradizione vengono abbattuti a colpi di effetti (tanto sulle sei-corde quanto sulle percussioni), con occasionali interventi di organo Hammond e fisarmonica – a cura, rispettivamente, degli ospiti Pippo Guarnera e Luca Bonucci – a rendere il tutto ancora più speciale. Dall’incantevole semplicità dei fraseggi di “Khabir” alla sferragliante e waitsiana “Flexible Waltz”, dalla ruvida “Air Sickness Bag” al toccante quadretto acustico di “Then You’re Gone” non vi è un minuto di questo album che non suoni meno che interessante. In sintesi: il miglior disco strumentale uscito in Italia da parecchi anni a questa parte; da scoprire e far conoscere assolutamente. Contatti: www.myspace.com/antoniogramentieri Aurelio Pasini Pagina 32 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Sintomi di Gioia Segnalibro autoprodotto Festeggiano otto anni di vita, un paio di demo CD, la partecipazione a qualche raccolta, “Alessandria Wave 2001” per esempio ed ora “Segnalibro”, l’album di esordio. Lo rigiro tra le mani, bella la copertina, meglio ancora la confezione, un digipack che richiama un vinile apribile. Capatina sul loro sito, una biografia spesa per metà a raccontare i cambi di formazione, qualche raro concerto e le solite esibizioni via Internet. Insomma tutto nella norma per una band giovane. Ma quando ascolto “Segnalibro” la sensazione è delle migliori. Dieci canzoni che si ascoltano con piacere, a metà tra un indie rock mai banalizzato, luminescenze shoegazing (che coro in “Non puoi”) e divagazioni vagamente post rock. In questo magma, le liriche assumono una dimensione poetica, non sempre sognante, ma certamente scombussolata e obliqua (“mi baci con il contagocce, mentre io mi doso con la benzina della macchina...”, cantano in “Segnalibro”) e il merito è del chitarrista/pianista Luca Grossi, autore dei testi, che interpreta con trasporto e con una voce sottile, ma impostata. Oltre al telaio da power pop rock band, esaltato nelle deflagrazioni finali di “Come le scarpe”, il quartetto inserisce elementi che regalano tocchi di eleganza, come gli archi in “Non puoi”, “La nebbia”, il vero cantautorato rock e la bellissima “E così” – se ha un senso, direi musica rock da camera. Non tutto è sempre lucido e sotto controllo, ma la sensazione è che i Sintomi di Gioia siano qualcosa di più che l’ennesima indie rock band italiana. Siatene curiosi. Contatti: www.sintomidigioia.it Gianni Della Cioppa Pagina 33 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Snakehouse Diabolik Vision autoprodotto Arrivano dall’area bergamasca, non hanno sulle spalle una storia da raccontare, sono quattro ragazzi (beh veramente tre ragazzi ed una ragazza, Jennifer Longo alla batteria) e il collante che li unisce è la passione per un certo tipo di hard rock blues, dal gusto rétro o vintage come dicono quelli bravi. Sviluppano questo ardore con semplicità e sincerità, senza stravolgere le regole del gioco, omaggiando, tra limiti e speranze, i tanti idoli, dipanati in anni di ascolti, con otto brani, per circa mezz’ora di musica, che chiama in causa tanto i Led Zeppelin prima maniera, dal taglio blues, quanto i primi, terremotanti Grand Funk Railroad, rievocati anche nell’armonica del cantante Morgan Carminati, ugola roca e virile, non sempre duttile come stile necessita. Se il bassista Nicola Mazzucconi è musicista solido e certosino, è la chitarra di Simone Trevisan, impastata tra riff spezzati ed assolo fluidi e dal tocco southern, il vero gioiello degli Snakehouse, che in “Don’t You”, “White Table”, “I’m Ready To Groove”, l’incalzante title track, che apre il CD (confezionato slide) e le spruzzatine funky di “This Is My Style”, si dimostrano coerenti e degni di attenzione, da parte chi questo genere lo conosce o, causa anagrafe, lo ha scoperto da poco. In chiusura c’è ‘Ridin’ Of The L&N’, classico di John Mayall, in chiave boogie-rock, credibile e trascinante, che si ascolta che è un piacere. Contatti: www.myspace.com/snakehouseband Gianni Della Cioppa Pagina 34 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Stiv Blu senape Strab/Wondemark Stiv, all’anagrafe Stefano Tirella, già DJ Stiv, è un musicista poliedrico e super-impegnato. Se un centro si può rintracciare in questo che è il quinto lavoro del musicista fiorentino, al netto da remix, EP, singoli e altro, è nella scelta di cavalcare più che mai la diversificazione multiforme, rifiutare di seguire una strada, una sola. Una “ghirlanda di suoni”, la definisce lo stesso Stiv nel pezzo programmatico (e radiofonico) dell’album, “Incubo – realtà”, sorretto da un basso dub su tempi down. Nel brano, voce campionata di Jovanotti (fan del Nostro) e nel video relativo, contributo della pornostar Michelle Ferrari. Simili ritmiche, più pigre e indolenti, e in levare, vengono riprese in “Proiettile lento”, dalle sonorità distorte e echeggianti. La pop music purissima ancorché disturbata di “Bradipa” (voce di Margot dei Rumore Rosa) e l’ossessivo frasario psichedelico e claustrofobico di “Love-Fi” convivono con le vezzosità wave di “L’amore è geco” e i riff hard di “Corridoi”, confezionati dal chitarrista Paolo Fazzi insieme all’ospite Riccardo Onori (pure lui jovanottiano), con il ritornello giocato sulle doppie “corri-dai” e “corridoi”. È ancora psichedelia e ripetizione, nella traccia di dieci minuti che chiude il disco, “Serena variabile”, un lungo delirio onirico. Stiv gestisce una consapevolezza post-moderna che manipola i linguaggi, a partire dalla forma primaria che presiede al discorso musicale: il suono. Contatti: www.stiv.it Gianluca Veltri Pagina 35 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Super Sexy Boy 1986 Royal Peacocks Tornado Ride Con un nome del genere, e con questa grafica in bicromia, adesso penserete che vi si cerchi di piazzare qualche reduce dagli edonistici anni 80. Fortunatamente non sono ancora uscito di senno per cui se a voi il rock dopo i '70 ha detto davvero poco state leggendo nel posto giusto. Nati nel 2003, non nel 1986, i Super Sexy Boy 1986 vedono in formazione membri di Speedy Peones e Mudlarks, e come anticipato si dedicano ad un rock'n’roll devotissimo a nomi quali Sonics, Dead Boys e Heartbreakers. Dopo cinque anni, un demo mai pubblicato, comparsate nelle compilation di mezzo mondo ma soprattutto tanti concerti, questi cinque non troppo ragazzi ci presentano "Royal Peacocks", in uscita italiana per Tornado Ride e oltreoceano per Zodiac Killer. Un piccolo gioiellino che declina il Verbo in tredici tracce quasi senza soste o cali di tensione. Si parte subito con l'armonica di "Under My Car" e ci si ferma soltanto quando si arriva al "Planet 86", e in alcuni momenti sembra quasi che i New York Dolls, quelli veri, siano ritornati in studio. La registrazione è grezza al punto giusto, la voce di Nikola sa graffiare e farsi potente e la band gira con una precisione da manuale per diventare la colonna sonora di una stilosa serata di bagordi. Le obiezioni, tra cui l'immortale "sempre la stessa cosa", di fronte alla qualità qui proposta si fanno davvero piccole, e ci dispiace solo constatare che, salvo miracoli, in pochi fortunati ascolteranno "Royal Peacocks". Beati loro.
 Contatti: www.myspace.com/tornadorecording Giorgio Sala Pagina 36 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 The Groovers Revolution Fandango/Audioglobe Ci sono gruppi che portano avanti il proprio credo “combat” a suon di slogan, proclami, “compagni” e richiami a un mondo che - purtroppo, per certi versi - non è più quello in cui viviamo, ed è sempre più scollato dalla realtà quotidiana dei lavoratori (come peraltro in parte dimostrato dall’ultima tornata elettorale). Altri, invece, nel mondo del lavoro ci si buttano a capofitto, si sporcano letteralmente le mani e, senza retorica, mettono in musica quello che vedono, ovvero una realtà fatta di insoddisfazione, fatica e voglia di riscatto. Appartengono a quest’ultima categoria i Groovers di Michele Anelli, che proprio di questo parlano nel secondo volume di “canzoni sui nostri tempi” (come da sottotitolo; il primo risale al 2003): una raccolta di brani pieni di rabbia e di dolore, ma anche pregni di speranza in un mondo migliore e, finalmente, più a misura d’uomo. Il che, di volta in volta, prende la forma di ballate notturne avvolte dalle calde note dell’organo Hammond oppure di schegge di rock grezzo e potente, o ancora di fascinosi bozzetti elettroacustici sporcati di rumore. Magari non “contaminato” come il suo succitato predecessore, ma neppure facilmente inquadrabile come classic o “redneck” rock, “Revolution” è un disco importante, perché lontano dall’omologazione e dall’accettazione passiva delle altrui imposizioni, da un punto di vista sia musicale che umano e politico; per questo, per una volta, è il caso di lasciare in secondo piano qualsiasi discussione estetica o di genere e la presenza qualche imperfezione nell’inglese delle liriche. Contatti: www.thegroovers.net Aurelio Pasini Pagina 37 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 The Radiostars Endless Morning autoprodotto Ai nostri occhi - e alle nostre orecchie - i Radiostars hanno due pregi considerevoli. Anzitutto fanno dischi seguendo ritmi umani (questo è il loro quarto in una decina d’anni), ma soprattutto suonano senza curarsi minimamente dei trend del momento, seguendo solo e soltanto il battito dei loro cuori, che nello specifico viaggiamo a un inconfondibile tempo di rock’n’roll: a metà strada tra gli anni 50 e certe asperità hard dei 70, senza però dimenticare la lezione del migliore underground statunitense degli 80. Sballottati tra un decennio e l’altro? Niente paura, perché alla prova dei fatti la proposta del trio emiliano è tanto semplice quanto efficace: chitarra a macinare riff essenziali, sezione ritmica pulsante anche nei momenti meno aggressivi e la voce a completare il cerchio, non mancando di regalarsi qualche interessante spunto melodico (chi scrive, per esempio, si è più volte ritrovato a canticchiare il ritornello di “My Garden”). Non c’è molto di nuovo, per dire, in canzoni come la potente “Will, Frankl And The Truth” o “Nothing Is Possible”, ma è proprio questa classicità che le porta al di fuori dal tempo e le rende efficaci e divertenti in una maniera che difficilmente – speriamo – passerà di moda. E “Vowels Poetry”, col suo sapido retrogusto di frontiera, è senz’altro tra annoverarsi tra le migliori produzioni della band. La quale, per permettere al neofita come all’habitué di entrare ancora meglio nel proprio mondo, ha allegato al CD - distribuito con licenza Creative Commons - un DVD contenente tanto brani dal vivo quanto spezzoni della registrazione del disco, che ci mostrano un gruppo di musicisti divertente, divertito e (auto)ironico. Cosa che ce li fa apprezzare ancora di più. Contatti: www.theradiostars.com Aurelio Pasini Pagina 38 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Tormento & Esa Siamesi Brothers Siamesi Productions Come passa il tempo, considerazione numero uno. La considerazione numero due è che è comunque bello che ci sia chi ancora ci crede, insiste, resiste, va per la sua strada (anche dopo averne sperimentate altre, all’apparenza assai più comode). Dieci anni fa, più o meno, un disco in ensemble di Tormento ed Esa avrebbe fatto sensazione: il primo coi Sottotono l’altro con gli Otierre erano al massimo della popolarità, ma le strade dei due – che sono fratelli, per chi non lo sapesse – parevano non incrociarsi quasi mai. Oggi finalmente questo incontro arriva, con un vero e proprio album e non con qualche episodica collaborazione come in passato. Nel frattempo Sottotono ed Otierre non esistono più e per entrambi, visto dall’esterno, si ha la sensazione di un grande futuro dietro le spalle, con una carriera che poteva giocare nella massima divisione ma alla fine è finita relegata nelle serie minori. Probabile in realtà che i due siano più felici così (e nei testi, lo dicono). Siamo contenti per loro, davvero, e anzi siamo contenti in generale che per l’ennesima volta si dimostri come ci sia più contentezza umana nel fuggire le regole più becere e ciniche dello showbiz di successo. Però da critici ed analisti musicali non possiamo non dire che “Siamesi Brothers” avrebbe avuto bisogno di un polso forte, di un produttore esterno che mettesse in riga il talento dei due, asciugando le parti ridondanti e valorizzando i rispettivi pregi. Qualche produttore (sì, di quelli con esperienza da showbiz...) che spingesse Esa a tornare a lavorare sulla qualità letteraria dei testi, ché non lo fa da tempo, e inquadrasse meglio il talento vocale di Tormento, che c’è, anche se in definitiva in questo album notiamo più la sua bravura da produttore di basi che di vocalist. Qualche produttore che permettesse di infilare più episodi come “Fuori da Babilonia” (il vero terreno musicale di Esa oggi è il reggae), “Niente di nuovo” (perfetta la base di DJ Myke costruita sui Weather Report), “Mi piacerebbe”. Ci fosse stato, questo disco da discreto sarebbe diventato grandioso. Come la storia, la dedizione e la statura artistica dei due meriterebbe. Contatti: www.myspace.com/siamesibrothers Damir Ivic Pagina 39 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 Glory Days Rock Island, Rimini, 26-28 settembre 2008 Lorenzo Semprini, in arte Miami, ha tagliato alla fine dello scorso settembre il traguardo del decennale dei “Glory Days”, annuale raduno springsteeniano più importante d’Italia e forse d’Europa, e in questa occasione a celebrarlo c’è stato anche un certo Vinicio Capossela. E’ proprio Lorenzo, con i suoi The Groovers, l’anima pulsante di qualcosa che dal 1999 ad oggi è riuscita nell’intento di convogliare nella cittadina adriatica tutti i malati di Springsteen del Bel Paese, le cover band più apprezzate e molti artisti, italiani ma anche americani, che stanno cercando una loro strada e che in questa occasione hanno l’opportunità di farsi conoscere e di conoscersi. La manifestazione che saluta il compleanno del Boss - il palco era quello, suggestivo, del Rock Island - è cresciuta di anno in anno; in questa occasione ho potuto assistere alla sola serata del sabato (venerdì c’erano stati Joe Rapolla dal New Jersey, Andrea Cola e Joe Castellani) apprezzando gli interventi di Sergio Marazzi e Massimo Castagnetti in versioni acustiche e soprattutto il mestiere del bravo Daniele Rizzetto (davvero notevole il suo disco d’esordio “Io resto qua”) con “The E Street Shuffle”. Il finale è stato come consuetudine affidato alla sarabanda rock dei Miami & The Groovers, che oltre a proporre diversi pezzi del loro nuovo album “Merry Go Round” hanno donato alle centinaia di presenti perle springsteeniane e classici soul-rock. Degna di nota la imprevista sorpresa di inizio serata, quando ad aprire lo show con qualche brano pianistico è intervenuto come accennato il maestro Capossela, che casualmente si trovava a passare da quelle parti. La domenica set acustico per tutti. Alla fine applausi, abbracci e amicizia. Quanto di meglio si possa sperare di trovare in giro oggi giorno. Un grande riconoscimento va a chi ogni anno perde tempo, notti di sonno e denaro per la passione verso il rock’n’roll. E il vero spirito di questa musica è racchiuso proprio in quella passione e in quello sbattimento. Marco Quaroni Sottosuoni Teatro Civico del Castello, Cagliari, 18 ottobre 2008 Cinque gruppi finalisti selezionati tra 28 – tutti isolani, in palio c’è la possibilità di farsi conoscere sui palchi della penisola – che si esibiscono nel suggestivo Teatro Civico ad un passo dai bastioni della Cagliari vecchia, luogo bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale e ricostruito senza il soffitto in futuribile foggia: questo è in sintesi Sottosuoni, manifestazione dedicata agli emergenti parte integrante dell’annuale Karel Music Expò. La serata conclusiva ha nelle veste di ospiti i Marta sui Tubi, in crescita ulteriore sul palco, poco prima si sono dichiarati i vincitori. Si tratta dei Chemical Marriage, gruppo tecnicamente impeccabile, velleità prog suffragate dai mezzi in dotazione, un incrocio tra spinte avant – la ricerca vocale di Mike Patton – e strutture musicali forse un po’ troppo patinate ma comunque d’impatto. Formazione che ha diviso la giuria ma che ha conquistato il pubblico, a differenza dei pur notevoli Grinpipol, gruppo sassarese che coniuga con buona padronanza Pagina 40 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 reminescenze brit pop e isterismi alla Franz Ferdinand attraverso un intreccio chitarristico che a tratti fa venire in mente gli XTC, e che si assicura il premio della critica. A distanza, piazzati, gli ottimi The Giannis, il cui trascinante garage rock è filologicamente impeccabile – caratteristica necessaria per suonare del buon garage – ma inevitabilmente poco originale, i Fassbinder, autori di una apprezzabile new new wave – forse un po’ troppo “interpoliani” infiltrata da un campionatore e gli originali – ottima la presenza scenica con tute da laboratorio in bella vista - ma non del tutto a fuoco Agho Plax, musiche che fanno pensare alla lezione di Cabaret Voltaire, Devo e Kraftwerk edulcorata e una scelta di cantato che a tratti risulta un po’ troppo sopra le righe. Molto buono, in ogni caso, il livello musicale medio delle proposte. Alessandro Besselva Averame Pagina 41 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Novembre '08 La Muga Lena Tra i tanti danni di Internet (dei complimenti parlano tutti, io mi dedico alle critiche...) c’è sicuramente quello di aver tolto il gusto di poter definire una band una rivelazione. Infatti, con i tempi veloci del web, nel momento stesso in cui ciò accade, la band in questione potrebbe, nella migliore delle ipotesi, essere stata sorpassata da almeno altre cento rivelazioni dell’ultima ora o, nella peggiore, essersi sciolta durante la pausa pranzo. Ma, seguendo le orme ironiche e seriose, di chi vado a presentarvi, questi siciliani La Muga Lena sono, almeno per me, una grande rivelazione. Arrivano da Messina, suonano dal 2002, incidono un demo tape, prima ancora di essere una band e questo documenta l’eccentricità del quintetto, dallo stesso anno lottano per il movimento per i diritti psichedelici e citano King Crimson, dEUS, EL&P, Motorpyshco, Pink Floyd, Genesis e Tortoise, tra le principali influenze. Ma ascoltando i nove brani che compongono il CD-promo intitolato “Ciarlatani di brasiliana memoria” si nota invece una personalità dirompente, che trasuda colpi di genio e incoscienza e rari passaggi di autocompiacimento. Titoli come “Ciarlatani in malafede”, “Le cavallette mimetiche”, “Al posto di Rocco”, “Brasil in final”, potrebbero farvi deviare verso considerazioni ironiche di bassa lega, ma non è così, anche perché le rare frasi sono cantate in inglese; inoltre “Perni fuselli” per esempio è una canzone straordinaria, degna dei migliori Rush, confronto permesso a pochi eletti. Un calderone psichedelico di stravagante memoria. Contatti: www.myspace.com/lamugalena Gianni Della Cioppa Pagina 42 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it