Numero Ottobre '07 EDITORIALE Ben ritrovati a tutti. Secondo un’abitudine consolidata, il primo numero dell’autunno del nostro inserto telematico (o cartaceo, qualora ne abbiate stampato la versione in formato PDF) coincide con l’annuncio delle nomination per il premo “Fuori dal Mucchio”, assegnato al migliore esordio di un artista o di un gruppo italiano e giunto al non indifferente traguardo della decima edizione. Al solito, il titolo dell’album vincitore verrà scelto da una giuria composta dal nostro staff (Alessandro Besselva Averame, Giuseppe Bottero, Gianni Della Cioppa, Loris Furlan, Federico Guglielmi, Damir Ivic, Giovanni Linke, Francesca Ognibene, Aurelio Pasini, Gabriele Pescatore, Giorgio Sala, Hamilton Santià, Gianluca Veltri, John Vignola, Fabrizio Zampighi) e da alcuni ospiti, ovvero Fausto Murizzi (Rockit), Gianluca Polverari (Radio Città Aperta) ed Eliseno Sposato (Radio Libera Bisignano). Queste le “nomination” – frutto di un lavoro di cernita quest’anno ancora più rigoroso del solito – scelte tra gli esordi sulla lunga distanza e ufficiali (niente EP o CD-R, quindi) pubblicati nel periodo compreso tra settembre 2006 e agosto 2007: BEATRICE ANTOLINI – Big Saloon (Silly Boy-Madcap-Pippola/Audioglobe) BAD(LOVE)EXPERIENCE – Bad(Love)Experience (Mabel) THE BANSHEE – Public Talks (Suiteside/Audioglobe) BLACK EYED DOG – Love Is A Dog From Hell (Ghost/Audioglobe) CANADIANS – A Sky With No Stars (Ghost/Audioglobe) CARPACHO! – La fuga dei cervelli (Sleeping Star/Self) COMANECI – Volcano (Disasters by Choice/Wide) DENTE – Anice in bocca (Jestrai) DON QUIBÓL – Don Quiból (Canebagnato) MATTIA DONNA – Sul fianco della strada (Capitol/Emi) EL-GHOR – Dada Danzè (Seahorse/Goodfellas) GRIMOON – La lanterne magique (Macaco/Audioglobe) IVER & THE DRIVER – Samples And Oranges (Ghost/Audioglobe) Pagina 1 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 KAMA – Ho detto a tua mamma che fumi (Eclectic Circus-V2/Edel) LE MAN AVEC LES LUNETTES - ? (Zahr-MyHoney/Audioglobe) LNRIPLEY – LNRipley (Casasonica/Emi) MARCILO AGRO E IL DUO MARAVILHA – Viva a ilusao (L’Amico Immaginario/Audioglobe) MARTI – Unmade Beds (Green Fog/Venus) MERSENNE – Stolen Dresses (Urtovox/Audioglobe) MICECARS – I Am The Creature (Homesleep/Audioglobe) NOBRAINO – The Best Of (Acanto/Self) PETROL – Dal fondo (Casasonica/Emi) PLASMA EXPANDER – Plasma Expander (Wallace-Here I Stay/Audioglobe) THE SECOND GRACE – The Second Grace (Edel) ALESSANDRO STEFANA – Poste e telegrafi (Important/Goodfellas) Il vincitore, il cui nome sarà reso noto nell’editoriale di “Fuori dal Mucchio” del mese prossimo, verrà come sempre premiato in occasione del Meeting delle Etichette Indipendenti, in programma a Faenza (RA) il 24 e 25 novembre. Rimandiamo quindi ad allora per sapere chi andrà ad aggiungersi a un albo d’oro che fino ad ora comprende “Ogni città avrà il tuo nome” dei Santa Sangre, “Tempo di vento” di Lalli , “Sussidiario illustrato della giovinezza” dei Baustelle, “Rise And Fall Of Academic Drifting” dei Giardini di Mirò, “Capellirame” dei Valentina Dorme, “The Mistercervello EP” degli es, “Pai Nai” dei Methel & Lord, “Socialismo tascabile” degli Offlaga Disco Pax e “Setback On The Right Track” dei Tellaro. In bocca al lupo a tutti i partecipanti, quindi, buon lavoro ai giurati e a tutti voi buona lettura e buoni ascolti. Federico Guglielmi – Aurelio Pasini Pagina 2 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Amore Tarzan contro l’IBM Aiuola Alessandro Fiori (Mariposa), Gionni Dall’Orto (Articolo 31, Marco Parente, Paolo Benvegnù, Soundabout), Guglielmo Ridolfo Gagliano (Andrea Chimenti, Paolo Benvegnù), Samuele Bucelli (Baustelle). Questi nomi – e i curricula – dei membri degli Amore. Difficile, insomma, considerarli degli esordienti, sebbene questo sia il loro primo disco insieme. Invece, pur suonando come il prodotto di musicisti di grande esperienza (e talento) e all’apice della loro creatività, “Tarzan contro l’IBM” riesce ad avere dalla sua anche tutta la scanzonati incoscienza di chi si è appena buttato in una nuova avventura, e non ha paura di mettere al fuoco tantissima carne. Volendo fare un mero discorso di generi e stili, infatti, il rischio è quello di perdersi tra nomi e riferimenti, tra schegge punk e cantautorato sghembo, tra pop e disco music, ballate acustiche, improbabili filastrocche e tentazioni rumoristico-canterburiane. Una girandola di suoni talmente frenetica da far girare la testa, ma sempre innegabilmente piacevole e mai troppo cervellotica; il tutto grazie all’incontro fra la fantasia ironica e poetica allo stesso tempo di Fiori e contesti musicali improntati alla più ampia libertà. Con il sorriso sulle labbra (quello indispensabile anche solo per concepire l’idea di realizzare una ballata medievale e intitolarla “Riga gli sportelli”) ma anche con il cervello acceso e occhi e orecchie aperte (“Porco Diaz”). Un caleidoscopio che ogni volta svela dettagli nuovi e sorprendenti, reso ancora più intrigante dalla presenza di ospiti di pari livello come Massimo Fantoni, Enrico Gabrielli e il musicista-fumettista Federico Maria Sardelli. Quel che si dice un gran bell’inizio (www.amore.net.ua). Aurelio Pasini Stolen Cars Can’t Stop Thee Stolen Cars Nicotine/Ammonia Come si dice, a volte ritornano. E il ritorno è ancora più gradito quando è inaspettato. Come nel caso degli Stolen Cars: formatisi nel 1986, in pieno revival garage, con all’attivo un solo 7” e una manciata di brani in compilation varie. Non molto, ma più che a sufficienza per raccogliere consensi importanti anche all’estero. Poi, lo scioglimento, con Il Metius (voce), Michele “Mick” Anelli (basso) e JoJo (chitarra) a dare il via ad altre avventure, rispettivamente Thee STP, The Groovers e Changing Men. Tutto questo fino allo scorso anno, quando i tre hanno reclutato il Pagina 3 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 nuovo batterista Max e deciso di riprendere a far musica insieme. E “Can’t Stop Thee Stolen Cars” è esattamente il risultato che ci si può aspettare da una reunion del genere: garage rock ad altissima tensione, suonato con lo spirito di un gruppo di ventenni e con classe da veterani. Dodici i brani al suo interno (undici originali più una ottima cover di “Hey Little Bird” dei Barbarians) all’insegna di un rock grezzo e selvaggio al punto giusto, spigoloso e spensierato come si conviene, tribale ma non privo di melodie, tra richiami agli anni 60 del primo “Nuggets” e una potenza e una pulizia sonora ben più vicine alla contemporaneità – merito anche al lavoro in cabina di regia dell’ex Shandon Olly. “Christine”, “Shake It, Baby!”, “Down On Me” e “Criminal People” sono solo alcuni dei pezzi forti di una scaletta che non conosce cedimenti; una iniezione di grinta ed entusiasmo r’n’r in grado di smuovere anche chi, purtroppo per lui, certe sonorità di solito non le frequenta ( www.myspace.com/theestolencars). Aurelio Pasini The Marigold Erotomania I Dischi Del Minollo/Deambula Questione di una semplice i. Infatti esiste una band, di stampo classicamente prog, che si chiama Marigold, e io di quelli pensavo di accingermi a riferirvi. Immaginate la mia sorpresa quando, dopo i primi intensi accordi di piano dell’iniziale “Diade2”, che mi avevano tratto in inganno, si è catapultato nella casse del mio stereo il suono ruvido e multiforme di “Orgy”, con richiami a Sonic Youth e relativa generazione noise. Solo a quel punto ho letto con attenzione la biografia e ho scoperto la trappola. Ma si è trattato di un piacevole trabocchetto, perché questo trio – che arriva al debutto sulla lunga distanza, dopo l’EP “Divisional” del 2002 e svariati traguardi (partecipazione a raccolte, concorsi e concerti importanti) – non solo impasta in modo egregio tracce di The Cure, con la voce di Marco (chitarre, samples) che ha molto di Robert Smith (oltre al taglio di capelli!) e Shellac, ma in generale fa emergere una sicurezza compositiva non facile a trovarsi. Un coraggio che si fonda anche sulla convinzione di aver molto ascoltato; non a caso “Voices” richiama i Pink Floyd degli esordi e “Dogma” solca le orme di certa post new wave britannica d’annata, con l’ospitata gradita alla chitarra di Umberto Palazzo dei Santo Niente. Un calderone di influenze, gestite quasi sempre con la giusta mentalità e che maschera con intelligenza anche i rari momenti dove la tensione scema, penso a “Mongolia”. La produzione di Amaury Cambuzat conferisce al suono la spigolosità necessaria, ma resta salvo l’approccio melodico, saldamente presente in ogni solco del CD (www.themarigold.com). Pagina 4 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Gianni Della Cioppa Stella Diana Supporto colore Seahorse/Goodfellas Attivi dal 1998, con alle spalle esperienze di vario tipo nella scena rock napoletana, gli Stella Diana avevano finora prodotto tre demotape a visibilità limitata. Ora, grazie all’intervento di Paolo Messere dei Blessed Child Opera e della sua Seashore, pubblicano finalmente un vero e proprio album. “Supporto colore” è un disco maturo, registrato con l’adeguato dispiegamento di mezzi e una lucidità d’insieme che porta a dare forma ad un suono d’impatto, nitido e corposo, che va a pescare gli spunti in certa new wave (il rigore geometrico e la cupezza di certi colori, splendida in questo senso “Fall”) così come in una forma trasognata di psichedelia (“Stanze vuote”, che fa venire in mente dei CSI reinterpretati da Amerigo Verardi) o in un post rock che si libera, attraverso graduali esplosioni, di una claustrofobia iniziale – è ciò che accade in “Sirena” – poi disciolta in placidi intrecci di chitarre circolari, oppure si lancia semplicemente in liberatori crescendo, come accade nei minuti finali di “Marianne”. Si riesce pure a rendere convincente il trasporto vagamente epico che innerva l’apripista “Johnny”, impresa sulla carta ad alto rischio eppure nei fatti perfettamente riuscita. Una bella realtà, che seppure non si possa certo definire nuova ha saputo innestare nuovi spunti sul proprio tessuto, sfornando un disco al passo coi tempi, non perché legato al suono del momento ma perché elegante, essenziale e sobrio ( www.stelladiana.com). Alessandro Besselva Averame Ska-J Adesso Eh! Maninalto! Non sono certamente molte le formazioni che possono dire di essere state “battezzate” sul palco dai Wailers che accompagnarono sua maestà Bob Marley. Logico quindi che chi sia nato sotto una simile stella sia destinato a lasciare una qualche traccia di se. Nel caso degli Ska-J tutto questo si traduce in centinaia di concerti e in due dischi, cui si va ad aggiungere questo “Adesso Eh!”. Nessuno Pagina 5 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 stravolgimento, il gruppo cerca sempre di coniugare la musica jazz con le sonorità afro-giamaicane, ed a testimonianza dell’amore per la musica improvvisata si può citare la loro versione di “E la chiamano estate” di Bruno Martino, ormai un vero e proprio standard per il jazz italiano. Il passato del sax di Marco Furio Forieri, i mai dimenticati Pitura Freska, emerge nel divertissement in veneto di “Viva Gina”, ma è proprio l’atmosfera generale del disco ad essere leggera ma senza perdere in credibilità. A dare un contributo notevole al risultato finale ci pensano poi la splendida voce di Ilenya De Vito e l’organo Hammond di U-ge, che si ricongiunge con Forieri per impreziosire con il suo tocco questi undici brani. In casi come questi è proprio il mestiere, l’esperienza maturata in anni e anni di incisioni e concerti, a far la differenza, e quello che in mano ad altri può suonare noioso diventa invece, in quelle degli Ska-J, un ottimo disco di ska-jazz. Tra i migliori mai ascoltati in Italia, e non solo (www.skaj.it). Giorgio Sala My Awesome Mixtape My Lonely And Sad Waterloo L’Amico Immaginario-MyHoney/Audioglobe Il limite più evidente di questo debutto a nome My Awesome Mixtape? Essere immediatamente identificabile con certo immaginario indie “da cameretta” che oggi va per la maggiore. Ma forse, obiezione sensatissima, che accogliamo volentieri, il problema non riguarda tanto il disco in sé, quanto piuttosto l’immaginario di cui sopra e i suoi tic. E quindi preferiamo concentrarci sulla musica, e su un debutto che, pur non essendo sempre perfettamente a fuoco, ha carte notevoli da giocarsi. La giovane età del titolare del progetto, one man band con aderenze nella scena emiliana (c’è, tra i vari ospiti, Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò) e la sua ambizione innanzitutto, dacché non viene di certo a tutti in mente di farsi conoscere attraverso un concept album che racconta via metafora napoleonica le sconfitte sentimentali, proprie e altrui. Una diseducazione sentimentale che agisce mescolando rime storte, melodie tra Anticon, Animal Collective e Modest Mouse, chitarre e ritmiche elettro-trasversali. Chi li ha visti dal vivo dice che è difficile stare fermi e quindi, pur valutando in modo decisamente positivo questo album, ci auguriamo che al prossimo giro il titolare riesca a farsi ancora più incisivo. La notevole “Napalm On Bill Gates” e la disturbante “Hilarious 1” potrebbero essere un ottimo punto di partenza. Tenendo comunque conto del fatto che la qualità e la chiarezza d’intenti che qui emerge sono merce rara in Italia ( www.myspace.com/wearemyawesomemixtape) Alessandro Besselva Averame Pagina 6 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Udus DooMooD FromScratch Come descrivere la musica di questo disco? Jazz-core? Noise-Jazz? Improcore? Grindcore, così come appare sulla pagina MySpace degli stessi Udus? Definizioni interessanti, ma non bastano a coprire lo spettro delle possibilità esplorate in questo album. Possiamo fare innanzitutto il nome di Luca Mai, sax baritono degli Zu, tanto per darvi un’idea sull’eclettismo di “DooMooD”, titolo che sfoggia un geniale calembour. Insieme a lui troviamo due componenti dei Neo, band “blues-jazz-punkcore”, il chitarrista Manlio Maresca e il batterista Antonio Zitarelli. Le triangolazioni del gruppo non rivelano sostanziali rovesciamenti di prospettiva, ma un suono compatto e in continuo movimento che non inciampa mai nella maniera, un eloquio potente e inventivo. “Beach Of The Peach” nasce da un riff fiati-chitarra à la King Crimson di “Picture Of A City” e procede come fanfara stralunata tra scompigliate percussioni militaresche, “In pompa magna” nasce da un fastidioso loop proto-industrial che viene graffiato da sferzate di sax e poco alla volta saturato di suoni e lacerazioni noise, fino a diventare una specie di perverso videogame demoniaco sempre più caotico, sepolto da colpi tremendi e sirene d’allarme, “Demogorgon” rappresenta invece l’anima più convulsa e metallica del progetto, grazie soprattutto allo straordinario tour de force chitarristico di Maresca, che si diverte a giocare a ping pong con sax e batteria. Un disco bello e disturbante. Anzi, bello proprio perché disturbante (www.fromscratch.it). Alessandro Besselva Averame Mondo Marcio Generazione X EMI Forse troppa fretta, forse troppa irruenza, forse mai consigliato. Sta di fatto che noi, al posto di Mondo Marcio, avremmo aspettato un attimo prima di far uscire questo disco. Non che sia in assoluto un passo falso. Il problema sta più in una ansia di esprimersi che alla fine non è buona consigliera. Il fatto di andare dritti all’obbiettivo a livello di testi toglie profondità, toglie originalità, toglie la possibilità di avere trovate Pagina 7 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 particolari, originali, complesse, sorprendenti. Toglie in generale fascino al personaggio Mondo Marcio, che aveva dalla sua – al di là degli elementi più visibili e anche “caricati”, a partire dalla pronuncia – un che di scuro che intrigava. Discorso simile va applicato anche alla parte musicale, visto che riscontriamo lo stesso tipo di problema: c’è la voglia di far vedere di essere produttori completi, in grado di giostrare arrangiamenti e stili come il più consumato dei professionisti. Compito (parzialmente) riuscito, ma sta di fatto che complessivamente come prodotto creativo era molto più interessante e affascinante il disco precedente, quello che ha consacrato Mondo Marcio al grande pubblico (uno dei dischi mainstream comunque più interessanti dell’ultimo paio d’anni). Insomma: non siamo convinti. Vogliamo solo sperare che questo mezzo passo falso sia stato fatto e voluto al cento per cento dall’artista – questi sono errori che fanno crescere e migliorare, se analizzati a mente fredda. Se invece è tutta colpa di pressioni esterne, che pretendono subito materiale per cavalcare l’onda rap finché dura, allora c’è veramente di che intristirsi ( www.mondomarcioweb.it ). Damir Ivic Meanwhile A Second To Fly Wynona/Self Una decina di anni fa dagli stereo – non erano ancora arrivati gli iPod e derivati – dei giovani non era difficile incappare in brani di Nofx, Bad Religion oppure, per i meno scafati, Offspring. Era il periodo dell’hardcore melodico, e anche se le mode si sono avvicendate frenetiche in tutto questo tempo a ben guardare questa musica può dire ancora qualcosa. La dimostrazione recente viene dal secondo album dei Meanwhile, formazione romagnola che con “A Second To Fly” ci dimostra che il fuoco cova ancora sotto la cenere. E basta il drumming di “Anything Left”, ad esempio, per impressionare, ma anche il cantato di Mirko e la doppia chitarra di Bassa e Mauro sono fondamentali nel definire un suono decisamente personale. Del resto non è un caso se il gruppo esiste fin dal ’96 e in questi anni ha suonato in compagnia di moltissime formazioni affini. Ed è proprio il livello di maturazione artistica, la ricerca della melodia non banale e di un arrangiamento meno scontato, quello che fa davvero la differenza in questi dodici episodi, tra cui spiccano per rappresentatività “Instant” e “Wounded Pride”. In conclusione non mi sento di consigliare “A Second To Fly” ai soli nostalgici del bel tempo che fu, tra i quali si annovera anche il sottoscritto, ma anche a chi è distratto da tutt’altri ascolti in area punk rock. Non si può mai dire, magari il fuoco potrà tornare a bruciare ovunque ( www.wynonarecords.com). Giorgio Sala Pagina 8 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Lavoirlinge Short-Leg Dogs Andromeda Relix Bastano pochi secondi dell’iniziale “Sweetmeats Killers” per ricondurci senza indugi al torrido hard-rock’n’roll dei ZZ Top più alcolici e abrasivi; niente di patinato o holliwoodiano, tanto per intenderci. L’adrenalina sale e le gambe si muovono come possedute, spinte dai tipici, robusti riff del più classico rock-boogie, così credibile nel suo trasudare blues elettrico, così incredibile nella sua provenienza veneta. Ciascuna delle dieci canzoni funziona a dovere, così ruvidamente rock-blues da immaginarla facilmente riecheggiare in qualche stamberga texana fra fiumi di whisky e birra. Invece i Lavoirlinge giurano sulla propria origine del tutto veronese, e veronesi sono l’ugola al vetriolo di Nicolò Carozzi e la chitarra di Antonio Moletta, elementi distintivi, perfettamente calati nella propria parte sia nella forza espressiva che nell’efficace essenzialità del songwrinting, che non concede deviazione alcuna al di là del proprio teorema rock’n’roll bluesy, con annessi vibranti e viscerali assolo. Citiamo non solo per dovere di cronaca ma per analoga efficacia nel progetto Nicola Cavallini (basso) e Manuel Fracca (batteria), poi spuntano qua e là un organo Hammond (Bruno Marini in “Short-Leg Dog Boogie” e “Heartbreaker”) e persino le vitaminiche percussioni di Sbibu in “Revolution Station”, adorabili ospiti che conferiscono ulteriore calore e genuinità. Ancora una volta è solo fortemente rock’n’roll, che non reclama affatto questioni di originalità, e ancora ci piace un sacco (www.lavoirlinge.it). Loris Furlan La Macchina Ossuta Ferro torto autoprodotto Seppur con colpevole ritardo, ci sembrava doveroso dar notizia dell’uscita di “Ferro torto”, ultima fatica de La Macchina Ossuta. Prossima a celebrarre dieci anni di attività, la formazione capitanata da Francesco Bottai ed Alessio Colosi ha recentemente rimaneggiato il proprio organico definendo una line up a sei che comprende – oltre al bassista di sempre, Carlo Sciannameo – anche quel Pino Gulli che abbiamo conosciuto dietro i tamburi di C.S.I. e PGR. Con all’attivo già due album e altrettanti mini CD, la band si è guadagnata un buon seguito di appassionati, soprattutto nella natia Firenze dove spesso si esibisce dal Pagina 9 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 vivo. Non a caso la sua forza espressiva risiede soprattutto nelle doti tecniche degli strumentisti, convogliate nella creazione di un suono intenso e corposo, che proprio sul palco diventa inevitabilmente travolgente. A dispetto del titolo, che potrebbe calazare meglio per un’opera industriale, il nuovo CD muove intorno a calorosi standard rock blues, con la sola pretesa di coinvolgere l’ascoltatore in un’altalena di graffianti episodi elettrici e più intimi momenti acusti. Dunque nulla di nuovo sotto il cielo toscano; eppure, quando non inciampa in testi dal senso troppo oscuro o in schemi espressivi eccessivamente banali, La Macchina Ossuta è in grado di proporre brani dall’accattivante piglio armonico e dalla lodevole perizia esecutiva (www.macchinaossuta.it). Fabio Massimo Arati Krikka Reggae Na soluzion Etnagigante-V2/Edel Sarebbe difficile tracciare un panorama dell’attuale scena reggae italiana senza parlare di Roy Paci o dei Sud Sound System. Poter vantare in un album la collaborazione con entrambi è quindi un ottimo biglietto da visita, guarda caso proprio quanto successo alla Krikka Reggae con questo “Na soluzion”. Non male davvero per una formazione nata durante le jam session sulle spiagge ioniche nemmeno sei anni fa, e capace in questo breve lasso di tempo di suonare in Italia e all’estero, vincere il concorso di Arezzo Wave e del Rototom Soundsplash di Udine e condividere il palco con, un nome su tutti, Buju Banton. E fa piacere anche sapere che capace di tutto questo è un gruppo che proviene dalla Basilicata, fiero delle proprie origini al punto di cantare in dialetto bernaldese. Liriche che molto spesso sfiorano l’invettiva nei confronti di tutto quanto ha bisogno di “Na soluzion”, siano i problemi del precariato e dell’emigrazione che le guerre che insanguinano la terra. In tutto questo ben si inseriscono i già citati ospiti, con i Sud Sound System impegnati a definire quella che sembrerebbe essere una “Strategia della paura”, mentre il piccolo grande Roy si occupa della supervisione artistica e dell’arrangiamento dei fiati, oltre che licenziare il prodotto per la sua Etnagigante. Reggae, dancehall e coscienza critica, per ballare e per pensare. Chi cerca tutto questo non rimarrà certo deluso (www.etnagigante.com). Giorgio Sala Pagina 10 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Inoki Nobiltà di strada Warner Ogni tanto succede che le major vadano a pescare con un minimo di criterio, quando si tratta di cavalcare l’onda – ciclica – dell’hip hop in Italia. Inoki è in giro da un sacco di tempo e ha una frequentazione vera della scena, pur avendo spesso fatto squadra a sé. A Bologna lo si conosce bene, ormai da quasi un decennio. Ma lo conosce bene anche chi segue assiduamente la scena rap nostrana. Giunto ad avere finalmente la sua grande occasione, Fabiano Ballarin in arte Inoki se l’è giocata con saggezza. Ha evitato due che sono i classici sbagli che si fanno in queste occasioni (per noi sono sbagli, per altri sono meriti e scelte pervicacemente inseguite): cercare di strafare, buttandola sul (tentato) virtuosismo, imbottendo quindi il rap di rime (teoricamente) ultrafantasiose e sorprendenti; oppure, altra sindrome abbastanza insopportabile dell’hip hop, prendendo a piene mani dagli stilemi americani mainstream. Non c’è nell’uno né l’altro, in “Nobiltà di strada”. C’è molta linearità, c’è voglia di raccontare pensieri chiari con parole semplici, il tutto condito da basi scelte con gusto e che vanno per la loro strada, non sono cioè creature anabolizzate dalle frequenze basse e dai sintetizzatori grossolani che oggi vanno per la maggiore. Tutto ciò fa sì che magari questo non sia il CD dei vostri sogni, né qualcosa che si possa definire come vertice assoluto della rap italico da dieci anni a questa parte; siamo però sicuri che questo disco reggerà lo scorrere degli anni e delle mode molte meglio di altri. A noi pare un grandissimo merito ( www.inoki.it ). Damir Ivic Hiroshima Mon Amour Es Danze Moderne Erano circa tre anni che non si sentiva parlare degli Hiroshima Mon Amour, più o meno da quel “Cambio 1995-2001” che per la band di Teramo rappresentò se non il punto di svolta, di certo un documento di riconoscimento importante. Un disco arrivato dopo anni spesi ad affinare il suono tra LP e EP e che oltre a presentare materiale inedito, apparve come un riassunto efficace quanto necessario di molto del materiale pubblicato fino ad allora. Il passo successivo della band è “Es”, EP che se da un lato conferma la forte attrattiva per tutto quello che è new wave e dintorni dall'altro modifica in parte l'approccio alla materia rispetto al passato, infondendo più luminosità alle trame, Pagina 11 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 infittendo le geometrie, razionalizzando l'estetica generale. Così da ripartire con un post punk vibrante (“La tragica fine del figlio di Dio”) pronto a vestirsi di chitarre à la Joy Division (lo strumentale “Gotica”) e reminiscenze CCCP (“Il Canto del Diavolo”) ma che proprio nella title-track – proposta in versione base e nel My Space Remix – vive forse il suo momento meno riuscito (http://www.hma.it). Fabrizio Zampighi Gold Rust Gold Rust Sings Volume II El Cortez Messi in pausa i Satellite Inn, Stiv Cantarelli torna on the road con il suo progetto Gold Rust, garage band che esiste da molti anni e che vanta già numerosi concerti all’estero al punto da uscire con l’etichetta americana El Cortez (quella dei Richmond Fontaine). Il garage in questione è un abrasivo mix dei migliori suoni dell’underground statunitense degli ultimi anni. Subito si pensa a Neil Young – non tanto come riferimento diretto ma come padre spirituale – per poi sfogliare un libro di influenze che vede su tutti gli Uncle Tupelo e i Son Volt (entrambe creature di Jay Farrar) per poi lambire territori al confine del Pasley Underground – Dream Syndicate ma anche Green On Red – e qualche influenza southern che nel contesto non stona assolutamente. Insomma, non sarà un mostro di innovazione e modernismo questo “Gold Rust Sings Volume II” ma da queste parti non è mai stato un problema. Sia perché siamo sempre stati fan di un certo tipo di rock’n’roll, sia perché in Italia è così raro trovare band dotate di una tale attitudine che perdersi in discorsi generalisti pare assurdo e capzioso. Undici canzoni distorte e tirate al punto giusto, alcune dotate anche di melodie che si fanno ricordare – “Four Days” – altre che si dilungano in soli di chitarra acidi e al confine con la psichedelia – “Another Town/Whispers” con i suoi quasi 8 minuti di convulsioni – mentre la sezione ritmica segue secca, precisa e puntuale. Caso più unico che raro, vista la moda recente della nostra scena indie. Sarà per questo che per farsi considerare han dovuto cercarsi asilo Oltreoceano? (www.myspace.com/goldrust) Hamilton Santià Pagina 12 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Gerda Cose che dico quando non parlo Wallace/Audioglobe È legittimo far nascere un dibattito su quale possa essere la definizione più appropriata per descrivere la musica degli anconetani Gerda, arrivati alla seconda prova, ma quello che certamente si può dire è, senza volersi addentrare nei particolari, che fanno un rumore infernale, devastante, annichilente. Azzardiamo comunque una descrizione, e allora diremmo che una preponderante matrice hardcore marchia il telaio di questa musica, cantata in italiano con testi che risultano al limite dell’udibile, violentati da grida belluine che portano ad un senso di stordita violenza nichilista. Le chitarre, dal canto loro, sono sì figlie di quella scuola ma vengono sovente traviate da infiltrazioni puramente noise, a tratti sconfinando in schemi doom, con sospensioni e ripartenze. E pure con qualche dilatazione che sembra svelare parentele post e math rock. Come da tradizione, lo spargimento di sangue ha luogo nel giro di una mezz’ora scarsa, e non serve un solo minuto in più. Musica estrema fatta bene, di quella che ti arriva tra la nuca e le spalle lasciandoti agonizzante in una pozza di sangue: “Tutto in una mattina / un gomitolo di brutte esperienze / che mi rincorre e mi fa capire / che non c’è solo vita ai bordi della strada / non si vuole fermare / non vuole smettere / dovrà pure esistere un fiume giusto / dove tuffarsi / dove nuotare / un fiume giusto dove affogare / mentre sono qui schiacciato dal macigno / cerco i pezzi da rimontare per riavere le gambe e correre”. Non male, no? (www.degerda.com) Alessandro Besselva Averame Frangar Non Flectar Volume 4 Audiolabstudio Sei anni. Tanti, non solo per un’industria dai tempi frenetici come quella musicale. D’altra parte, però, con il concetto stesso di “industria” i Frangar Non Flectar non hanno davvero nulla a che fare: ogni loro nota è sudata, ogni parola sentita, ogni canzone frutto di un’esigenza espressiva sincera. Per questo fanno dischi solo quando sentono di avere davvero qualcosa da dire, e magari lasciano trascorrere tra uno e l’altro i sei anni di cui si diceva. Quelli, appunto, che separano il precedente “Tribe” da questo “Volume 4”, con cui la formazione capitolina festeggia tre lustri di attività divisi tra concerti, produzioni fonografiche e collaborazioni col mondo del teatro e del cinema (tra cui vale la pena ricordare almeno la sonorizzazione dal vivo di “Tempi moderni” di Charlie Chaplin). Tutt’altro che un gruppo banale o allineato alle mode del momento, insomma, come ben confermano Pagina 13 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 le otto tracce (più una nascosta) di questo loro nuovo lavoro: più scarne e dirette rispetto a un tempo, ma non per questo meno curate dal punto di vista dei suoni e degli arrangiamenti; cariche di tensione, viscerali, taglienti nelle chitarre come nelle parole, ma all’occorrenza anche più riflessive e notturne. Elettricità e rabbia (“Il modo migliore”, “Out Of Fashion”, una “Comin’ On Strong” quasi post-core) ma anche momenti più avvolgenti e intimistici (“Troppo poco”): questi gli estremi entro cui si muove l’evocativo rock del quartetto, diretto ed efficace anche negli episodi maggiormente ricercati (“Svegliami”). Senza compromessi e nella più totale indipendenza, al punto da distribuire il contenuto del CD tramite licenza Creative Commons, che ne autorizza la diffusione e la copia per scopi non commerciali ( www.frangarnonflectar.it). Aurelio Pasini Dna2 Anima di pelle Latlantide/Halidon Il secondo disco dei Dna2 arriva a quattro anni di distanza da “Ectoplasmi”, esordio che aveva acceso un certo interessa per la band bolognese autrice di un noise-rock abrasivo e dai toni meditabondi e fatalisti come era logico aspettarsi in quel periodo. Quattro anni sono un’eternità nel moderno mondo della musica, così labile ed incline a dimenticarsi passioni ed amori e così può capitare che quando di buon fin qui fatto dalla band sia stato scordato e che l’ascolto di “Anima di pelle”, pur maturando la riconoscibile miscela che caratterizzava l’esordio, non accenda più quelle luci che in passato avrebbe acceso con facilità. Il problema non sta tanto nella qualità della proposta – nel fare quello che fanno, sono bravi, forse ancora un po’ pretenziosi, ma bravi – ma nella quantità. In questi quattro anni il genere dei Dna2 è stato battuto in lungo e in largo ed arrivava da almeno un altro lustro di prove e variazioni sul tema. Normale quindi che “Anima di pelle” rischi di essere anacronistico, fuori tempo massimo. Questo tipo di indie-rock fatto di tensioni noise, bordate di chitarra che hanno sempre lo stesso suono e con testi che dicono sempre le stesse cose e percorrono sempre un certo tipo di estetica, al di là della qualità, può stufare molto facilmente. Si potrà ribattere che la band fa semplicemente quello che vuole fare – ed è giustissimo, anzi, massimo rispetto per questo – ma anche gli ascoltatori ascoltano quello che vogliono ascoltare ( http://www.dna2.it/). Hamilton Santià Pagina 14 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Disowned Emotionally Involved Ladymusicrecords/UKDivision Racchiuso in una confezione accattivante e graficamente impeccabile, nonostante sia un esordio questo CD dei livornesi Disowned gode di una registrazione di ottima qualità e che ben evidenzia i toni cupi della loro musica. A fronte di tanta professionalità, non deve sorprendere che la parte cartacea, quindi lontana dalla tecnologia, ovvero la classica biografia, sia gestita con uno spirito da autentici principianti. Una lunga serie di frasi, spesso superflue, che occupano uno spazio che un’enciclopedia rock, dedicherebbe ad un gruppo con sulle spalle una decine di anni di carriera. Lo segnalo perché sono anche questi dettagli (dettagli?) che danno la misura della serietà globale di una band emergente. In sintesi i Disowned, attivi dal 2001, vantano una buona esperienza in concerto, e si sente dall’amalgama generale e il raggiungimento di varie premi in numerosi concorsi. Detto ciò, non rimane che fare grossi complimenti al telaio strutturale dell’intero album, un concentrato di heavy metal drammatico, con impennate che rievocano sonorità industriali ed inserti vocali tra emocore e gothic, anche se l’utilizzo di un tappeto di tastiere rende il tutto molto affascinante e puntellato su una certa originalità. Ed è una reale sensazione di libertà espressiva che ci colpisce ascoltando i dieci pezzi che compongono il puzzle di “Emotionally Involved”, frutto di una cooperazione tra l’italiana Ladymusicrecords e l’inglese UKDivision. Personalmente mi sento di incoraggiare l’esperimento del cantato in italiano, che in “Immenso attimo”, appare ben definito. Ottima l’idea di inserire il videoclip di “Sativa”. Il sito, che nella biografia manca, è www.disowned.it. Gianni Della Cioppa Anatrofobia Brevi momenti di presenza Wallace/Audioglobe Ho ripescato sotto il letto il nastro originale di “Frammenti di durata”, il primo album degli Anatrofobia. Era il 1997 quando, proprio con le “musiche non convenzionali” autoprodotte da Setola di Maiale, la mia passione per il rock virò irresponsabilmente verso i lidi scoscesi della sperimentazione, del rumore e dell’improvvisazione. E nel corso di questa navigazione impervia la band piemontese non mi ha mai abbandonato, tanto che quando uscì “Ruote che girano a vuoto” (Zzz… Production, 1999) credetti di aver ritrovato Atlantide. Da qualche anno, però sono rientrato in porto ed ho ripreso a godermi la musica più da ascoltatore che non da addetto ai lavori. Sì, perché una cosa è sposare il piacere Pagina 15 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 dell’intrattenimento, altro è arrovellarsi intorno agli aspetti concettuali dell’arte. Oggi la band dei fratelli Cartolari ha portato alle estreme conseguenze la ricerca timbrica ed il radicale disfacimento della forma canzone. Il loro ultimo “Brevi momenti di presenza” è un’opera creata da intellettuali e riservata ad intellettuali. E per descrivere un lavoro di tale portata bisogna necessariamente scendere nel dettaglio tecnico, entrare nelle strutture geometriche, comprenderne i processi creativi, scovare le sinergie tra programmazione elettronica e istintività free-jazz. Rimango ancora una volta razionalmente affascinato da tutto ciò: cavolo che mostri! Sta di fatto che, ciò nonostante, sotto la doccia continuo a canticchiare “Chelsea Rodgers”, dall’ultimo disco di Prince (www.anatrofobia.com). Fabio Massimo Arati Pagina 16 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Overmood Curioso progetto gli Overmood da Alessandria, a cavallo tra produzione elettronica fai da te e chitarre alla Modest Mouse. Ci siamo fatti raccontare da Matteo Celerino, addetto ai sintetizzatori e ai campioni del gruppo, la genesi del loro interessante debutto su Suiteside/Audioglobe, “Sorry For The Setbacks”, registrato con l’aiuto di Rico degli Uochi Toki. Partiamo dalla particolare conformazione del gruppo, in parte rock band con le chitarre, in parte fucina di musica "prodotta" con caratteri e spunti che vanno dall'elettronica pura e semplice all'hip hop se vogliamo, pur muovendosi sempre all'interno del formato canzone. Una mediazione che è il punto di incontro e di arrivo delle singole sensibilità dei componenti, oppure il punto di partenza da cui è nato il tutto? Entrambe le cose. Detto in parole povere, suoniamo quello che ci piace per come siamo capaci: nel corso degli anni abbiamo sì suonato ed ascoltato generi diversi ma siamo sempre rimasti ancorati alla computer music che abbiamo declinato in tutto quello che ci è piaciuto fare, dall'hip hop, all'electro, agli Overmood. È una questione di gusto, di estetica e soprattutto di attitudine. Terminato il ciclo vitale degli Astenìa e dopo la breve parentesi Superangelica, verso la fine degli anni '90, abbiamo iniziato ad ascoltare un po' di tutto e se proprio devo trovare un'appartenenza di qualche tipo la trovo con i miei coetanei che hanno ascoltato certi dischi molto in ritardo ed altri in anticipo (leggi: indie americano e/o elettronica francese e tedesca). La nostra “fottuta piacevolezza” (cito la recensione di un tuo collega!) è figlia di un approccio molto onesto alla musica e questo, analogamente a quanto accade ad altri gruppi, non ci dà granché idea di dove si andrà a parare. Inoltre, usare un computer ci evita il problema di trovare un batterista. Il nome del gruppo è costituito da un neologismo che tuttavia mi pare renda molto bene il "nervosismo" di fondo, lo stato di eccitazione e irrequietezza che sembrano trasmettere i vostri brani. E' il motivo per cui lo avete scelto? Per la verità è una parola desueta che indica “uno stato di orgoglio tale da portare ad azioni folli”. Certo, uno stato d'animo del genere non si adatta molto alla nostra indole ma possiamo confermare che rispecchia inquietudine e un certo bisogno di sfogo. E questo tenendo conto che l'abbiamo scelto prima che nascesse un qualunque “mood” nella nostra musica. Suonava bene ed era un ottimo sunto programmatico. Ho accennato all'importanza del lato produttivo degli Overmood, elemento la cui importanza è accentuata dalla scelta di far produrre "Sorry For The Setbacks" a Rico degli Uochi Toki, nel suo studio. Una scelta difficilmente fraintendibile, al di là immagino delle pure questioni di vicinanza geografica. Che tipo di apporto è stato il suo? Abbiamo deciso di produrre il disco con Rico per ovvi motivi: è un fonico Pagina 17 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 estremamente bravo, ci conosciamo da tempo, abbiamo gusti musicali in comune ed ha una notevole collezione di “AL” d'epoca sempre in grado di regalare un sacco di risate tra una sessione di studio e l'altra. La produzione è una fase fondamentale per ogni disco, a maggior ragione se c'è dell'elettronica e, nel nostro caso, occupa il 50% dei pezzi. La metà del tempo che abbiamo passato al Fiscerprais è stato devoluto alla ricerca di “pacca”, “pasta” e identità dei suoni, in particolare i rullanti, che sono la nostra fissazione! È stato un lavoro interessante, tecnico ma creativo e sia noi che Rico siamo molto soddisfatti del risultato. Ci ha condotto con mano sicura verso il suono finale di “Sorry For The Setbacks”, per risponderti con una frase. Fino a che punto vi riconoscete nella categoria di indie-rock? Secondo voi ha ancora un senso, nel momento in cui quella che in origine era una attitudine è diventata un canone codificato? Esistono vie di fuga da una definizione così stretta? Potremmo dire che ci riconosciamo nell'indie-rock come attitudine e non come canone codificato. Anche perché non esiste una sola codifica. Per noi non è importante suonare indie rock secondo i canoni passeggeri o avere un pubblico di indie rocker con gusti e abiti che ci corrispondono. Non sarebbe un problema essere definiti pop-rock, elettro-pop o altro. Non ci sentiamo stretti in una categoria, come non temiamo di farne eventualmente parte, nostro malgrado. Vista, come dicevamo, la natura ibrida dell'esperimento, quale parte ha il sopravvento in occasione dei concerti? Vivete l'esperienza del live come un dimensione ulteriore da esplorare oppure come riproposizione delle atmosfere del disco? Durante i live riproponiamo parte dei pezzi del disco alternati a momenti improvvisati, un po' danzerecci, un po' noise e un po' cafoni. Ci siamo sempre sentiti molto liberi in questo frangente e un noto software tedesco ci è di grande aiuto permettendoci di giocare con tutto quello che abbiamo a disposizione sul palco. Contatti: www.myspace.com/overmood Alessandro Besselva Averame Les Fauves Nonostante non abbia molto senso parlare di “next big thing” nel panorama italiano, i Les Fauves sono tra i pochi che possono “ambire” a tale definizione. Ultima band nostrana a suonare sul prestigioso palco del festival di Benicassim, ha da poco pubblicato un esordio – “N.A.L.T. 1. A Fast Introduction” (Urtovox/Audioglobe) – che ha fatto capire quanto il quartetto di Sassuolo faccia sul serio. Pagina 18 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 La prima domanda è forse anche la più ovvia. Come mai ci avete messo così tanto per arrivare al disco d'esordio rispetto all'EP di un anno abbondante fa? Hai ragione, è passato molto dall’uscita dell’EP al disco effettivo (che comunque non comprende pezzi del precedente a eccezione di “February Lullaby”). Il motivo è prettamente discografico, nel senso che i pezzi erano già pronti da tempo ma l’impazienza per una band di far uscire qualcosa deve giustamente fare i conti con i tempi e le necessità di label e distribuzione. Ascoltando il disco rispetto ai vostri inizi - ero nel pubblico di Benicassim - si può notare una certa maturazione del sound. Un tempo eravate più grezzi, ora siete più attenti all'aspetto "sonoro" e forse l'introduzione della tastiera serve ad ampliare la gamma di sonorità disponibili. Come è avvenuta questa maturazione? Qual è stato il ruolo di Giacomo Fiorenza in tutto questo? Giacomo Fiorenza ha fatto e continua a fare tanto per noi, ma non è strettamente connesso alle scelte artistiche del gruppo, ha smussato di certo le nostre più estreme spigolosità. L’aggiunta delle tastiere è un arricchimento che ha messo in rilievo ciò che gli altri strumenti non potevano raggiungere da soli; un passo in più verso lo spazio alieno? “N.A.L.T. 1” è da voi indicato come il primo capitolo di una trilogia di luci, ombre e comportamento alieno. Da dove nasce quest'idea di seguire un progetto ben definito e sulla lunga distanza? Coprendo anche uno spettro sonoro abbastanza vasto dato che si passa da un brano dai contorni molto più sfocati come "Please Please Please" a pezzi definiti e quasi matematici come "Fava Go Go Dancer"? Non c’è un vero motivo per cui siamo arrivati subito ad una trilogia. Ci sembrava un’idea intrigante, che può assumere risvolti diversi in ogni momento presente e futuro (con i prossimi dischi), senza una meta precisa… Sarà curioso anche per noi capire alla fine quale è stato il vero percorso artistico che ci siamo lasciati alle spalle. Ciò che è sicuro è che speriamo di trovare un sound definito il più tardi possibile. Anzi, mai! Il vostro primo singolo "Our Dildo Can Change Your Life" non è stato incluso nel disco. Come mai? Abbiamo scelto di non riproporre “il dildo” soprattutto per dare spazio ad altri brani e non trascinarci troppo nel tempo qualcosa di già conosciuto nel ristretto ambito alternativo italiano. Non è comunque escluso, nel caso di una probabile uscita discografica estera dove quel pezzo è per i molti ignoto, di creare un Nalt-1 leggermente modificato. Chissà… Cos'è cambiato nei Les Fauves dall'EP al disco? Come siete maturati? Fare molte date, accettare i consigli di persone che lavorano nell’ambiente musicale (come Paolo Naselli Flores di Urtovox e Giacomo Fiorenza) e utilizzare per le prime volte uno studio professionale sono state tante delle cose che ci hanno fatto maturare e ci hanno reso “inconsciamente più consci”. Detto questo, la nostra Pagina 19 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 attitudine è rimasta la stessa: non porsi troppe domande. Fare un disco è qualcosa di piacevole solo se fatto in primis per piacere a se stessi. Il prossimo album (su cui stiamo già lavorando) sarà molto particolare e pericoloso. Non vediamo già l’ora. E, guardando più in generale, cosa è cambiato dai tempi della vostra data di Benicassim dove eravate ancora un power trio? Fondamentalmente le cose riportate sopra.. Siamo sempre noi con qualche migliaio di chilometri in più passati in furgone, e duemila euro in meno per un mastering a New York con Greg Calbi. Il live è diventato più sicuro, siamo più sciolti e divertiti sul palco. In fondo abbiamo sempre amato i “gig” energetici e così ci comporteremo al di là delle scelte che influenzeranno i dischi. Il concerto ora è molto completo e sei invitato ad uno dei prossimi. Un’oretta sul palco e preferibilmente un bel club invernale ti daranno una idea precisa di cosa intendiamo. Sia il disco che l'EP sono usciti con la Urtovox e l'idea di trilogia fa pensare ad un rapporto sul lungo termine. È raro in Italia che un'etichetta creda ad un progetto così a lungo termine. Come vi siete convinti a vicenda nella costruzione di tutto questo? Il rapporto tra noi e Urtovox oltre alla componente professionale è anche basato su un forte legame di fiducia e amicizia che si è creato già ai tempi dell’EP. Nessuno ha dovuto convincere nessuno proprio grazie a questo principio reciproco ed è bellissimo così! Come sta andando la promozione del disco? È uscito proprio ora e non sappiamo minimamente quali risultati possa raggiungere o quali porte sfiziose possa aprirci. Come dicevamo sopra non ci facciamo mai troppe domande a riguardo. Le recensioni sono state molto positive e ora aspettiamo il parere dei non addetti ai lavori che compreranno il disco. Provocargli un qualsiasi tipo di piacere sensoriale ci renderebbe ovviamente molto felici. Cosa avete in cantiere per il futuro, oltre al completamento della trilogia, s'intende. Speriamo di pubblicare qualcosa di nuovo già nel 2008 visto che ciò a cui lavoriamo ora ci intriga davvero molto. Ci piacerebbe inoltre rielaborare il vecchio EP in una strana chiave elettronica e torneremo a suonare all’estero già nei primi mesi del prossimo anno. Sono in cantiere anche un paio di altri video di cui sicuramente uno ne “riserverà delle belle”. Contatti: www.lesfauves.net Hamilton Santià Pagina 20 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Humanoira Dopo un primo EP autoprodotto è arrivato il momento per la band di Livorno dell’esordio intitolato poeticamente “L’arte di sciogliere la neve”. Appena uscito per la sempre audace e coraggiosa Snowdonia (e distribuito da Audioglobe), mi ha ricordato gli es e forse anche i Baustelle e Corman, ma poi andando avanti con gli ascolti c’è altro e si trova: l’essenza d’una malinconia, portata alla luce tramite il sorriso davvero commovente che noterete anche nelle risposte leggendo la chiacchierata che segue con il cantante e chitarrista Riccardo. Venite da Livorno, patria di Piero Ciampi e dei Virginiana Miller. Ma con quale musica siete cresciuti? Onestamente ognuno di noi quattro ha i suoi ascolti e influenze diverse. In linea di massima però forse quello che ci accomuna è il post-rock. Ci sono influenze diverse anche perché ci sono notevoli differenze d’età tra noi. Ad esempio Marco il chitarrista, è ultratrentenne e poi ci sono i ventenni quindi c’è chi è passato dagli anni 80 e chi dai 90. C’è poi Davide che ascolta Ligabue. No, scherzo! Qual’ è il vostro trait d’union allora? L’amicizia. Siamo compagni di scuola dal 1999 quando la maggior parte di noi era in terza superiore. Un giorno per scherzo ci siamo messi a suonare e abbiamo continuato fino a oggi. Ci trovavamo in casa e in sottofondo c’era un pezzo degli Iron Maden e facevamo finta di suonarlo, così si siamo chiesti perché non imparare a farlo davvero. L’attuale chitarrista Marco allora stava con mia sorella e lui suonava già però roba metal e mi stava insegnando a suonare la chitarra, un altro ragazzo suonava la batteria, il cantante l’avevamo e a Davide non rimase che suonare il basso. Poi ha scoperto tornando a casa che veniva addirittura da una genia di zii bassisti. Il nostro genere musicale prima era punk poi noise, ma andando avanti forse quello che ci ha cambiato è stato l’ascolto di “Catartica” dei Marlene Kuntz. Non so perché presi quel disco in un negozio qui a Livorno, si vede che mi piacque quel fiore della copertina, poi vidi i titoli in italiano e lo comprai e lo feci ascoltare agli altri così abbiamo scoperto che la musica aveva altre sfumature e ci siamo avvicinati a gruppi come Afterhours o CSI. Da poco i Massimo Volume sono diventati il mio gruppo preferito. Li ho scoperti 2/3 mesi fa perché qualcuno sosteneva che gli assomigliavamo per qualcosa, così ho comprato i loro dischi e mi sono chiesto come avevo fatto a non ascoltarli finora. Che peso ha l’ironia nel vostro modo di comporre? È abbastanza importante dato che poi le prove si trasformano in spettacoli di cabaret e questo incide anche sul nostro modo di fare musica, perché ormai molto è gia stato detto ed è difficile potersi esprimere linearmente. Quindi per essere originali, puntiamo sulla risata. La prima uscita è stato un EP ma era autoprodotto. Ma avevate già cercato Pagina 21 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 un’etichetta prima? No. La prima autoproduzione voleva essere un mezzo con cui provare a cercare qualcuno che ci aiutasse a capire come sviluppare meglio i nostri pezzi, perché da soli non è facile specialmente quando sei inesperto del campo. Avevamo molti pezzi pronti ma invece di registrarli tutti ci siamo concentrati su quattro. Poi abbiamo ricevuto un po’ d’offerte e consensi, qualche dissenso ma è normale, va messo in conto. Tra tutto questo abbiamo scelto l’etichetta che poi ci ha prodotto: la Snowdonia, un matrimonio felice. Il filo conduttore dell’album potrebbero essere i nonni? Si. Il disco inizia con Adios nonnini, La canzone Ciro e Anna è dedicata ai nonni di Davide. E anche l’ultima frase di “Zigulì”: “Le guardie regie in pentola lo fanno il brodo giallo.Carabinieri in umido e arrosto il maresciallo…” era uno stornello che mi cantava sempre la mia bisnonna quando ero piccino quindi nacque una cosa simpatica quando andavo all’asilo, perché tutti cantavano le canzoncine per bimbi e io cantavo uno stornello del 1921 che mi aveva insegnato appunto la bisnonna. Che dire? Sono stati importanti nella mia vita e spesso riporto frasi sagge anche nei miei testi e credo sarebbe stato piacevole per tutti conoscerli. Erano molto in gamba. Me li porto dietro ovunque. Avete intitolato il disco “L’arte di sciogliere la neve”. Com’è l’arte di sciogliere la neve? Il titolo è in onore di un mio piccolo amico d’undici anni e in particolare, al modo in cui anche un bambino riesce a struggerti con gesti semplici o con frasi banali. Tornando al CD, ci sono delle foto molto buffe di voi quattro, vuoi descriverle? Grazie a Cinzia di Snowdonia che le ha ideate. È per questo che ti dico che è un matrimonio felice, perché ti puoi immaginare la giornata divertente che abbiamo passato per realizzare queste foto. Sono state fatte da Claudia Castaldi che è bravissima e davvero in gamba, infatti le foto chi avrà modo di vederle su CD sono stupende. Cinzia ci mandò una mail e ci disse che siccome la Snowdonia, non è una novità, tiene molto alla linea dei suoi CD aveva in mente per noi di fare una mini storia e ci ha mandato una scenografia da seguire. Nella prima siamo tutti assieme che ci baciamo con le ragazze, pace e amore alla Beatles. Nella successiva dovevamo stare attorno al tavolo, in una tavola imbandita post pranzo, in cui c’erano al posto delle vivande i peluche; poi vestiti anni 20 da siculi in omaggio a Cinzia e a Messina tutti attaccati al telefonino giochiamo a poker. Nell’ultima c’è ancora Fabio il vecchio chitarrista che adesso è andato via e ha preso il suo posto Marco il mio maestro di chitarra; e qui c’è lui che ci mette a letto come Biancaneve e i sette nani e ci dà la buonanotte come fosse un addio. Insomma è Cinzia che ha inventato questa mini storia e noi l’abbiamo interpretata da folli quali siamo. Come vi approcciate alla composizione d’ogni canzone? Noi non seguiamo uno schema vero e proprio. Tutto è molto familiare e intimo. Pagina 22 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Spesso nasce prima la musica e le parole vengono in mente successivamente così ognuno ci mette del suo. Generalmente parte prima la linea di basso/ batteria e poi inseriamo il resto fino a raggiungere il testo. Se i testi sono già scritti proviamo a farli diventare musicabili o cantabili. Com’è avvenuto il contatto con Cinzia di Snowdonia? Ognuno di noi ha un ruolo nel gruppo: Davide ha la parte manageriale. Credo che abbia spedito il disco e che semplicemente lei abbia risposto. Eravamo in un periodo un po’ di stasi col gruppo. Lì lì in bilico tra continuare col post rock e dedicarci allo strumentale o continuare sui testi. Quando ci arrivò la mail di Cinzia con un sacco di complimenti e anche a me sui testi ci diede una precisa direzione e infatti adesso il cantato è anche la cosa che riscuote maggior consenso. Contatti: www.humanoira.it Francesca Ognibene Echoes Of The Whales “Echoes Of The Whales” (Disasters by Choice/Wide) è uno di quei dischi che alle indubbie qualità artistiche, aggiunge una bellezza senza tempo. Diresti: “Ad averlo composto anni addietro, risulterebbe perfetto anche fra dieci anni”. E se fosse andata davvero così? Ne abbiamo parlato con Pierpaolo Leo e Populous, titolari del progetto. Inevitabile prima domanda: com’è nata l'idea di fare un disco insieme? Pierpaolo: Ci ripetevamo spesso: "Hey! Prima o poi faremo qualcosa insieme". L'idea è diventata sempre più matura, soprattutto dopo aver collaborato sulla traccia “Drop City” del suo disco “Queue For Love”. Poi è arrivato il momento giusto per registrare, cioè alla fine di una estate. E dopo aver ascoltato una bozza di quella che poteva essere una delle prime tracce, avevamo già le idee più o meno chiare del sound. Ovviamente anche le influenze musicali sono state decisive. Entrambi amiamo certe sonorità elettroniche alla Raymond Scott e molti gruppi della scena psichedelica degli anni '60. Per quanto riguarda la composizione, l'approccio doveva essere quanto più immediato e spontaneo possibile. Spesso si partiva registrando delle bozze venute fuori con la chitarra classica o elettrica all'interno del mio studio. Successivamente si lavorava il materiale separatamente sui nostri computer, e periodicamente ci si scambiava il materiale per lavorarci daccapo autonomamente. Abitiamo a 20 chilometri di distanza e quando il materiale da scambiare era di una certa consistenza ci si trovava esattamente a metà strada. Anche questo era divertente perché l'incontro era in un parcheggio semi abbandonato e agli occhi Pagina 23 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 esterni poteva apparire come uno scambio losco da film! Altre volte, quando i files erano pochi, preferivamo mezzi come il peer to peer. Questo sistema è andato avanti fino a lavoro terminato. Nelle info del disco si parla di "registrazioni effettuate con tecnologie tutt'altro che moderne". Senza necessariamente rivelare tutti i trucchi del mestiere, quali mezzi avete usato? Pierpaolo: Diciamo che è un incontro tra mezzi analogici e digitali con preferenza verso i primi. In particolar modo ci riferiamo agli strumenti musicali. Abbiamo utilizzato chitarre e organi vintage come un vecchio Farfisa Compact del '67 e una chitarra elettrica, direi quasi preistorica, per realizzare alcune parti con l'e-bow. Una volta registrato il materiale, abbiamo poi continuato il lavoro attraverso i nostri computer. Una delle cose che ci ha stimolato di più è stata l'applicazione delle nostre tecniche di manipolazione digitale sul materiale analogico, e la preferenza di programmi DIY ai software pre-confezionati. Alcuni suoni ed effetti li ho programmati appositamente da zero in funzione delle caratteristiche di ogni pezzo, considerando ciascuno un po’ come un ecosistema autonomo. Pensate che l’uso di strumentazioni analogiche abbia influito sul suono che siete riusciti ad ottenere? Pierpaolo: Senza dubbio. Alcuni strumenti vintage hanno un suono meraviglioso perchè “impreciso” e in generale con caratteristiche che difficilmente si possono simulare. Sul vostro sito avete pubblicato una sorta di manifesto il cui incipit “It’s all about being alive”, pare un invito a vivere in armonia con sé stessi e con lo spazio che ci circonda. Lo stesso manifesto però si chiude con “Follow your own whale”, affermazione che non può prescindere da un autore (Melville) e dal suo capolavoro (“Moby Dick”). Si può vivere in armonia inseguendo le proprie ossessioni, quindi? Populous: Penso che quasi tutti siano ossessionati da qualcosa, e nella maggior parte dei casi si tratta di ossessioni che non compromettono il "viver bene". Anzi... Nel nostro caso, avere un attitudine "naturalista" ci fa sentire una volta di più in armonia con ciò che ci circonda. Dal manifesto si passa ai titoli del disco: magistrali, ironici, citazionisti. Se la parola ricopre un ruolo così importante, perchè avete rinunciato all’uso della voce? Populous: Non ti nascondo che durante la lavorazione avevamo pensato anche a delle voci. Il boss dell'etichetta che inizialmente avrebbe dovuto stampare il disco era un amico di Joanna Newsom e di Panda Bear degli Animal Collective, per cui l'idea c'era, ma i tempi si sarebbero allungati enormemente e noi avevamo il disco già finito. Alla fine siamo contenti di non averlo fatto perchè quello che c'interessava era esplorare e sviluppare il concetto di "ambient music", che di fatto è strumentale. Personalmente poi ho sempre amato i dischi senza voci e senza battiti: puoi Pagina 24 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 ascoltarli mentre leggi, mentre scrivi, senza che ti disturbino o richiedano troppa attenzione. Sono quei dischi che si completano semplicemente con la tua presenza: hai il disco in sottofondo e tutto quello che viene prodotto da te (voci, rumori domestici, passi, natura) si aggiunge alla musica come parte integrante. A proposito di tempi allungati a dismisura, più che la genesi di questo disco, pare che il parto più difficile sia stato farlo uscire nei negozi. Cosa è successo? Populous: Il disco sarebbe già dovuto uscire diversi anni fa per un altra etichetta (la Xeng). Poi il boss ha passato un periodo difficile e ha deciso di abbandonare tutto. non rispettando accordi che aveva già preso con noi e con altra gente. Per cui ci siamo trovati col culo per terra quando il disco era già alla fase dell'artwork. Divertente, no? C’è da sperare che la situazione non vi abbia demotivati del tutto! Sarebbe bello scoprire che queste “balene” porteranno ad ulteriori sviluppi. Populous: Le intenzioni di dare un seguito ci sono tutte, compatibilmente coi nostri impegni personali. Anche perchè viviamo a pochi chilometri e siamo amici "extra-musicali". Ho proposto a Pierpaolo di dare un seguito con un nuovo monicker, tipo Echoes Of The Mountains, cercando di farci ispirare da altri aspetti della natura. Domanda trasversale: di MySpace, in cui siete presenti con questo progetto e individualmente, si è detto di tutto. Al di là di carrozzoni su cui salire e scendere a piacere, credete sia realmente utile per aumentare la visibilità di un artista? Pierpaolo: MySpace è un po’ un ritorno alla fanciullezza, come quando alle scuole elementari ci si scambiava le figurine dei calciatori. Ora è lo stesso scambiandosi le icone attraverso gli add. Forse questo aspetto ludico stimola maggiormente l'uso di questo sistema che fondamentalmente inventa poco o nulla di nuovo. Lo trovo comunque un mezzo abbastanza utile per acquisire una maggiore visibilità, in particolare è utile semplicemente per la presenza costante di un player per ogni band. Contatti: www.echoesofthewhales.com Giovanni Linke Pagina 25 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Disco Drive “Things To Do Today”: ad esempio, fare definitivamente il salto di qualità. Magari non sarà appuntato in maniera esplicita, nella agenda dei Disco Drive alla voce “cose da farsi oggi”, ma di sicuro questo loro nuovo album (pubblicato da Unhip con distribuzione Audioglobe) rappresenta la voglia di un salto di qualità forte. E lo si può capire anche a non ascoltarlo: già vedere dietro al banco del mixer un nome come Steve Revitte (già con Liars, Jon Spencer, LCD Soundsystem, J Mascis) spiega un po’ di cose. Ne abbiamo parlato con uno dei due batteristi della band, Jacopo Borazzo. Come è arrivata la collaborazione con Steve Revitte? Non per caso, effettivamente. Siamo partiti da un presupposto chiaro: volevamo produrci il disco da soli. Dopo l’esperienza dell’album precedente con Max Casacci alla produzione, ci siamo sentiti pronti a rischiare e a gestire tutto noi. Però siamo sempre rimasti con la consapevolezza che un intervento esterno ci voleva, qualcuno che potesse ascoltare con oggettività e intervenire di conseguenza. Abbiamo pensato subito a Revitte, gli abbiamo mandato i demo. Gli sono piaciuti, e ha detto di sì. Inizialmente avevamo pensato di andare noi a New York, ma la cosa aveva dei costi proibitivi… Così gli abbiamo proposto di venire in Italia, facendosi una specie di vacanza pagata, e lui ha accettato. Cosa avete imparato, lavorando con lui? Beh… tutto e niente. E’ sempre labile il confine. Perché nella pratica non ti saprei dire di cose specifiche che abbiamo scoperto lavorando con lui, però di sicuro è stata un’esperienza forte. Steve è stato bravissimo a capire l’“intenzione” di questo disco, questo senza che noi gliela dovessimo spiegare – e questa dev’essere la caratteristica di uno che lavora ai suoni del tuo disco. Ha capito che a questo giro volevamo qualcosa di meno dance e più sperimentale, qualcosa in grado di percorrere più direzioni. Ha capito che la cosa giusta da fare con la nostra musica è togliere molto. In “Things To Do Today” ci sono tantissime cose che non abbiamo mai usato in passato, sintetizzatori, campionatori, c’è l’impasto di due batterie. Revitte ha scelto di lavorare quindi per sottrazione, ed è esattamente quello che speravamo che lui facesse. Facendovi quindi migliorare… Non parlerei di miglioramento. Non dico che questo disco sia migliore del precedente. Ci basta il fatto che sia venuto fuori con, come ti dicevo, una “intenzione” ben precisa. A proposito di intenzioni: mi pare chiara quella vostra di non volersi limitare alla scena musicale italiana, ma di aver sempre pensato su scala europea. Verissimo. Siamo convinti che limitarsi al proprio paese sia davvero stupido. Il mondo è così grande… Che poi, non ci vuole molto. Quando abbiamo fatto il primo tour per l’Europa, non era nemmeno uscito il nostro primo disco. Basta adattarsi, in Pagina 26 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 realtà. Avere voglia di suonare ovunque a qualsiasi condizione. Proprio qui sta il motivo per cui molti gruppi italiani alla fine non escono dai confini nazionali. Ora che anche noi un minimo di nome ce l’abbiamo, e vediamo che questo comporta una serie di piccoli privilegi e comodità, abbiamo capito come la grande maggioranza di gruppi di casa nostra non vuole rinunciare a una serie di status, a questi privilegi e comodità che dicevo – cose che in Italia hai, e che all’estero almeno all’inizio nessuno giustamente pensa a darti. Noi invece siamo partiti subito verso l’estero senza avere nulla da perdere, abbiamo fatto un po’ il processo inverso. A proposito di nome e fama, e del fatto che anche voi cominciate ad averne: e se a breve arrivasse una major ad offrirvi un contratto? Se è per questo, alla Unhip temevano che sarebbe successo già con questo disco… Comunque: per quanto ci riguarda, abbiamo sempre trovato ridicolmente semplicistica l’equazione “indie buono, major cattivo”. Le major vanno benissimo quando riesci a lavorarci alle tue condizioni; le major sono una fregatura se dici di sì alla prima proposta che ti fanno, pensando di aver ottenuto chissà quale fortuna per il solo fatto che sono venuti ad offrirti un contratto. Ma alle tue condizioni puoi lavorare solo dopo che ti sei fatto un minimo di nome e quindi di potere contrattuale. Ha senso se sei i Subsonica lavorare con una major, è invece idiota se sei alle prime armi – perché ti stai infilando in un gioco più grande di te. Comunque tutto questo discorso rischia di diventare anacronistico: gli scenari sono molto fluidi, tutto sta cambiando. C’è gente che è riuscita a diventare famosa senza avere né un manager né un’etichetta, ma solo grazie a MySpace. Al di là delle qualità musicali, perché qua intendo prima di tutto la capacità di muoversi, di avere una direzione e una consapevolezza sulle proprie qualità ed intenzioni: chi di voi sta lavorando molto bene in Italia? Direi senz’altro gli Amari. Li seguo fin da quando si autoproducevano, ho visto le mosse che via via hanno fatto. Ecco: in un mondo che andasse nel verso giusto, a Sanremo dovrebbero andarci loro, dovrebbero essere loro a rappresentare la musica italiana, il suo mainstream, loro e gruppi come i Perturbazione. I Baustelle, in buona parte, che conosciamo bene, con cui abbiamo suonato mille volte e con cui condividiamo pure l’agenzia di booking, sono riusciti a fare questo salto – è la dimostrazione che si può fare. Contatti: www.discodrive.org Damir Ivic Pagina 27 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Spazio Giovani Foggia, 31 agosto – 2 settembre 2007 Dieci anni. Mica pochi per una manifestazione musicale. E, in questo tempo, “Spazio Giovani” è con merito diventato uno dei concorsi più importanti della Penisola, tappa quasi obbligata per qualsiasi gruppo che voglia mettersi a confronto con le realtà più interessanti dell’underground emergente italiano. Perché ogni anno il livello dei gruppi che si alternano sul palco foggiano è davvero alto, e il gran numero di iscrizioni che arrivano ogni anno non fa che sottolineare la bontà della proposta. Giusto, allora, in occasione del decennale, fermarsi un momento non solo per festeggiare, ma anche per aprirsi a stimoli nuovi, allargando così il ventaglio di una proposta già di per sé più che interessante. Niente concorso, quindi, questa volta, ma spazio nell’arco di tre giorni a una dozzina di band e solisti scelti tra i tanti che sono passati da queste parti nel corso degli anni, ognuno impegnato in un mini-concerto di mezz’ora. In ordine di apparizione: Croma Nova (Roma), Gruppo Zed (Salerno), Cayo Rosso (Firenze), Radiolondra (Foggia), Areamag (Roma), Favonio (Foggia), F.A.T.A. (Carpi), Eugene (Latina), Chio And The Clockwork (Foggia), Paolo Pallante (Tivoli), Alessandro Mancuso (Palermo, già leader dei Beatipaoli) e Granma (Lecce). Una girandola di suoni a cui ha fatto da contorno un ricco programma fatto di dibattiti, incontri, un mercatino musicale (purtroppo saltato per questioni meteorologiche) e, forse la novità più ghiotta, un concorso riservato ai migliori videoclip, con un livello dei premiati davvero notevole. Il tutto non più nella cornice del Teatro Mediterraneo, bensì nel cuore del centro storico di Foggia, per permettere alla città di vivere ancora meglio una manifestazione di cui è giusto andare orgogliosi. E che l’anno prossimo si preannuncia ancora più ricca di novità e di idee. Visto l’entusiasmo degli organizzatori – con in testa il locale Assessorato alle Politiche giovanili – le speranze ci sembrano ancora una volta ben riposte. Aurelio Pasini Comaneci Hana-Bi, Marina di Ravenna (RA), 17 settembre 2007 La musica dei Comaneci è uno stato d'animo, una vibrazione che pittura il tempo, una forma mentis in cui semplicità e arte dei chiaroscuri si fondono a voci intense. Voci che cavalcano saliscendi di chitarra per poi gettarsi nel vuoto, che dialogano con i toni caldi degli archi fino a confondersi, che mescolano malinconia e Pagina 28 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 redenzione, purezza ed eleganza, in una wonderland fatta di suoni rassicuranti, ordinati, eppure mai banali. L'aspetto esteriore è quello del folk da camera, unito a uno spiccato gusto mitteleuropeo e a un'emotività catartica che emula il potere salvifico del blues. Una formula che innalza il gusto ed una certa cura negli arrangiamenti a comune denominatore e che nel recente “Volcano” ha mostrato tutte le sue potenzialità. All'Hana-Bi la band, pur impegnata a ricoprire il ruolo di apripista per Shannon Wright, si conferma realtà di spessore, colorando con i consueti toni pastello l'oretta scarsa a disposizione e cullando i presenti su note morbide e rigorose. Il violoncello di Jenny Burnazzi ondeggia e riscalda gli sfondi, la sei corde di Andrea Carella scandisce i tempi, la voce di Francesca Amati fiorisce nei punti più impensati donando al tutto consistenza. Dal pubblico, equamente diviso tra sostenitori della formazione ravennate ed esponenti dell'intellighenzia bolognese scesi presumibilmente in riviera per il live dell'artista americana (tra cui Moltheni), cenni di approvazione e applausi, segni tangibili della stima che i Comaneci hanno saputo conquistarsi nel tempo tra gli appassionati. Fabrizio Zampighi Pagina 29 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '07 Le Luci della Centrale Elettrica Le Luci della Centrale Elettrica, unica illuminazione – insieme a una immancabile insegna della Coop – per un paesaggio urbano desolante nella sua piatta e inumana monotonia; quello non solo di Ferrara, che Vasco Brondi (titolare unico di progetto e ragione sociale) conosce bene, ma anche di qualsiasi città medio-grande, non solo italiana. Un contesto desolante, che fa da sfondo a composizioni che grondano tensione e rabbia, ma che non mancano di limpidi squarci di poesia e intimismo. Come un frullatore in cui siano stati messi i cantautori classici come i CCCP e Rino Gaetano, le canzoni de Le Luci della Centrale Elettrica sono un urlo di dolore e un diario intimo, uno sfogo catartico e una carezza romantica, intense e toccanti nella loro essenza scarnificata (voce, una chitarra acustica, un’elettrica e poco altro). In attesa di un primo disco che sarà prodotto da Giorgio Canali è possibile farne la conoscenza – e noi ve lo consigliamo vivamente – collegandosi a www.myspace.com/lelucidellacentraleelettrica. Aurelio Pasini Pagina 30 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it