Numero Ottobre '05 EDITORIALE PREMIO “FUORI DAL MUCCHIO” - LE 35 NOMINATION ADDAMANERA - Nella tasca de il zio (Lizard/Audioglobe) AGATHA - Greetings From S.Sg. (Wallace/Audioglobe) AIDORU - 13 piccoli singoli radiofonici (Snowdonia/Audioglobe) ARDECORE - Ardecore (Il Manifesto) ARTEMOLTOBUFFA - Stanotte/Stamattina (Aiuola/Self) BACHI DA PIETRA - Tornare nella terra (Wallace/Audioglobe) BANDA DEI FALSARI - Il caso (Ethnoworld/Venus) BIKINI THE CAT - Cold Water Hot Water Very Hot Water (La Matricula/Venus) CAMERA 237 - Vectorial Maze (autoprodotto) CHOMSKI - Chomski (Stoutmusic/Audioglobe) CINEMAVOLTA - Weekend (Casasonica/Emi) C.V.D. - Test di resistenza all’onda d’urto (Eclectic Circus) DEEP END - Kiss The Light Goodbye (Fratto9UTS-Zahr/Goodfellas) DISCO DRIVE - What’s Wrong With You, People? (Unhip/Wide) E42 - Libera (Subhuman/Self) HORMIGA - Shore (Ghost/Audioglobe) IN MY ROOM - Saturday Saturn (Suiteside/Audioglobe) THE INTELLECTUALS - Black! Domina! Now! (Hate) ALESSIO LEGA - Resistenza e amore (Black Nota) LOMBROSO - Lombroso (Mescal/Sony) LOMÈ - Fiori su Marte (L’Eubage) LO.MO. - Camere da riordinare (Desvelos/Audioglobe) MANIACI DEI DISCHI - Hey Presto! (Temposphere/Self) VERONICA MARCHI - Veronica Marchi (La Matricula/Venus) MELLONCEK - Melloncek (Ghost/Audioglobe) MIURA - In testa (Volume/Edel) NON VOGLIO CHE CLARA - Hotel Tivoli (Aiuola/Self) OFFLAGA DISCO PAX - Socialismo tascabile (Santeria/Audioglobe) PORT-ROYAL - Flares (Resonant/Goodfellas) SCUOLA FURANO - Scuola Furano (Riotmaker) SIKITIKIS - Fuga dal deserto del Tiki (Casasonica/Emi) SQUARTET - Squartet (Jazzcore) STRIPPOP - Factory (Hkw/Venus) SUPER ELASTIC BUBBLE PLASTIC - The Swindler (Redled/Self) VALERY LARBAUD - Altro non è rimasto (Acide Produzioni/Venus) Come ogni anno di questi tempi a partire dall’ormai lontano 1998, lo staff di Fuori dal Mucchio (più alcuni ospiti) si trova ad assegnare il suo Premio riservato al miglior album d’esordio della precedente stagione discografica; Premio che, com’è risaputo, si svolge con il patrocinio del Meeting delle Etichette Indipendenti di Pagina 1 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Faenza, e proprio al MEI viene consegnato - sotto forma di una targa-ricordo nell’ambito del più ampio contesto del PIMI. Pressoché identica al solito la procedura. Tra i numerosissimi “primi album” (non “mini”) usciti sul mercato fra il 1 settembre 2004 e il 31 agosto 2005 abbiamo selezionato i trentacinque - cinque in più dello scorso anno - che ritenevamo più meritevoli. I titoli in questione sono quindi stati sottoposti ai giurati, che indicheranno cinque preferenze ciascuno; il disco vincitore sarà, ovviamente, quello che raccoglierà più voti, e che si imporrà all’eventuale, successivo ballottaggio in caso di parità. Nel ricordare che le precedenti sette edizioni hanno registrato le affermazioni di Santa Sangre (“Ogni città avrà il tuo nome”), Lalli (“Tempo di vento”), Baustelle (“Sussidiario illustrato della giovinezza”), Giardini di Mirò (“Rise And Fall Of Academic Drifting”), Valentina Dorme (“Capellirame”), es (“The Mistercervello ep”) e Methel & Lord (“Pai Nai”), elenchiamo anche i componenti della giuria: Fabio Massimo Arati, Alessandro Besselva Averame, Giuseppe Bottero, Emiliano Colasanti (Losing Today), Gianni della Cioppa, Loris Furlan, Andrea Girolami (Loser), Federico Guglielmi, Fausto Murizzi (Rockit), Francesca Ognibene, Aurelio Pasini, Gabriele Pescatore, Gianluca Polverari (Radio Città Aperta), Marina Pierri, Giorgio Sala, Hamilton Santià, Eliseno Sposato (Radio Libera Bisignano), Gianluca Veltri, John Vignola, Enzo Zappia. I risultati saranno comunicati sul numero di novembre del Mucchio e sul nostro sito. Federico Guglielmi Pagina 2 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 L’insolita compilation L’insolita compilation Pippola Music/Goodfellas Sarà anche questione di gusti, ma certo Pippola non è proprio il nome più felice che si possa scegliere per un’etichetta. Un’etichetta che per giunta si propone di essere seria, rigorosa, accurata. Cosa che tra l’altro è veramente, a sentire questa “Insolita compilation”. C’è infatti del buon materiale qua in mezzo. Giova sicuramente la presenza del nume tutelare Gianni Maroccolo (presente in prima persona con una creazione dal piglio ambient-rumorista) che nelle note viene identificato come originatore dell’idea e del concetto che sta alla base di questa compilation. Nulla di geniale in sé: la varietà stilistica, l’elettronica dal tocco umano, eccetera eccetera; a fare la differenza in senso positivo è la qualità media, che è alta in molte tracce. Si può ricondurre tutto all’indietronica volendo, ma sarebbe riduttivo. Perché la varietà stilistica di cui sopra evita che si cada nei soliti cliché alla ma-quanto-ci-piace-il-disco-dei-Notwist, e anche le parti dove l’elettronica si fa esile o rumorista arriva ad un certo punto sempre qualcosa che evita la pozza della noia. Spendiamo quindi buone parole per IG, Blume, Pt-r, per gli stessi Maroccolo e Favati; rimandiamo solo gli A.M. Boys (l’electro anni ’80 bella e sostenibile è quella di Marco Passarani, non la loro) e Cpt. Nice, bravo in “Linea di Venere” ma leggerino e banale in “Electronic Dancer”. Nota di merito finale per l’ottima e visionaria versione a più mani della morriconiana “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”: bella, bella davvero (http://www.pippolamusic.com/). Damir Ivic Sun Eats Hours The Last Ones Sun Media/Rude Anche se da queste parti abbiamo sempre tifato per loro, non era facile sinceramente credere che, nel giro di tre album, i vicentini Sun Eats Hours potessero arrivare a tanto. "The Last Ones", questo il nome della nuova fatica, verrà infatti distribuito in quattro continenti, ed è la prima volta che capita a una band nostrana. Un lavoro, questo, che osa parecchio e su più fronti, a partire da quello produttivo, con una registrazione che non teme il paragone con le migliori cose d'oltreoceano. Ma è sulla musica che si nota maggiormente il salto qualitativo compiuto da Lore e soci: non una stantia ripetizione di un cliché, quello dell'hardcore melodico, ormai logoro, quanto piuttosto una ricerca a 360° di spunti musicali, ricerca portata a compimento in queste quattordici tracce. C'è spazio così per la Pagina 3 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 melodia di "July, 27th" o per le accelerazioni di "Endless Desire", e salutiamo con piacere anche un testo certo originale come "Letters To Lucilio". Molti i particolari su cui soffermarsi, e anche dalla cura degli arrangiamenti si comprende come per i Sun Eats Hours questo sia un passo molto importante, un passo compiuto con la volontà di portare la propria musica molto lontano, ma anche con la consapevolezza che le uniche cose che pagano, nell'arte come nella vita, sono quelle fatte con convinzione e passione. E "The Last Ones" queste qualità le possiede tutte, unite ad una manciata di ottimi pezzi: si poteva chiedere di più? (www.suneatshours.com). Giorgio Sala Mariano Deidda L’incapacità di pensare Zelda Music/Sette Ottavi Gaudio per fini palati, arriva il terzo episodio della trilogia pessoiana di Mariano Deidda. Nuovi frammenti di prosa inquieta, a settant’anni dalla morte dello scrittore di Lisbona. Tutte le tinte e le tonalità del “desassossego”, quel tedio triste e ansioso che pervade le pagine di Fernando Pessoa e della folla multipla dei suoi eteronimi. Fini palati, ma anche orecchie disposte ad adagiarsi sulle malinconiche note che i versi richiedono. Come sostiene nel booklet Luciana Stegagno Picchio, studiosa di Pessoa, la musica e la voce di Deidda si soffermano “davanti a ogni strofa come uno specchio sonoro, come una eco capace di riprodurne in un altro linguaggio le impennate intuitive”. Nei solchi de “L’incapacità di pensare” si respira lo stesso dolente esilio esistenziale degli episodi precedenti, quel che viene definito “incompetenza verso la vita comune” da Antonio Tabucchi, traduttore di Pessoa e quindi anche di questi versi. Le parole di Pessoa qui misteriosamente si completano, perché il progetto del musicista sardo è dettato da amore profondissimo, ma anche da perfetta sintonia e rispetto. Le musiche composte insieme al pianista Nino La Piana vengono impreziosite dalla fisarmonica di Luca Zanetti e dal lussuoso contrabbasso parlante dell’ex Weather Report, Miroslav Vitous (www.marianodeidda.com). Gianluca Veltri Pagina 4 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Hell Demonio Greatest Hits Wallace/Audioglobe A dispetto di una “non immagine” pubblica che sembra far riferimento alla teoria dell’oscurità di residentsiana memoria e di una sana - ma anche ironica - arroganza che li spinge a debuttare con un sedicente “greatest hits”, gli Hell Demonio partono da un onestissimo e trasparente proposito: tornare al rock’n’roll nelle sue più elementari particelle costitutive. Aiutati da Fabio Magistrali, i cinque sconosciuti (si chiamano tutti Hell Demonio, appellativo seguito da una numerazione progressiva: della sola Hell Demonio n. 5 si conosce il “nome”, Black Beauty Cowbell) riescono agevolmente nell’intento. Non sappiamo se credere al fatto che, alla nascita del progetto nel gennaio dello scorso anno, tre componenti su cinque non avessero mai suonato uno strumento. In ogni caso sono cresciuti molto in fretta, arrivando a un suono grezzo quanto tecnicamente impeccabile, che raccoglie in una formula concisa punk, hardcore, r’n’r, il tutto alimentato da nutriti ascolti a base di Germs, AC/DC, Stooges e una buona parte di epigoni e seguaci attivi a partire dagli anni Novanta. Zero novità, ma questo era sottinteso. In compenso in “Greatest Hits” trovate passione, sudore, chitarre senza fronzoli, punk’n’roll della migliore qualità. Dovrebbe bastare (www.helldemonio.com). Alessandro Besselva Averame (P)neumatica Ultimi attimi Desvelos/Audioglobe Tante volte la scelta del produttore (o co-produttore) la dice lunga su un gruppo, sul suo approccio, anche solo sul suo gusto. Da questo punto di vista, i sardi (P)neumatica sono semplicemente inattaccabili. Se, infatti, il loro omonimo disco di esordio del 2003 vantava la presenza in cabina di regia di François R. Cambuzat e Chiara Locardi, ovvero L’Enfance Rouge, per realizzare “Ultimi atti” è stato chiamato Giorgio Canali. Il che è sintomatico non solo della scelta di continuare lungo la strada di un rock nervoso e senza compromessi, ma anche di una evoluzione ben precisa. In altre parole, l’impressione è che il quartetto abbia acquistato una maggiore compattezza, che si traduce in composizioni forse più lineari e relativamente prevedibili rispetto al passato, ma anche più potenti e meglio riproducibili dal vivo. In particolare, il brano che inquadra la cifra stilistica della band è “Nuda dentro”: chitarre sull’orlo della dissonanza, una strofa dalle convincenti strutture melodiche, arrangiamenti che, pur muovendosi su una falsariga ben definita (vengono in mente i Valentina Dorme come certe cose dei Marlene Kuntz), Pagina 5 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 riescono a non suonare troppo calligrafici, ma anche un eccesso di enfasi nel cantato del ritornello. Ecco, proprio questo pare essere il principale difetto del lavoro: una voce che, quando eccede in rabbia, finisce per risultare un po’ troppo sopra le righe (il recitativo in “Senza ombra”, “Considerazioni”). Sono comunque cedimenti momentanei, ché l’insieme non fatica a convincere, anche negli episodi più d’atmosfera (www.p-neumatica.it). Aurelio Pasini Gea Baillame generale Il re non si diverte/Audioglobe Chi si è trovato a formare una band tra la metà e la fine degli anni ’90, esplicitamente o no, ha subito gli stessi influssi di decine di altri ragazzi: il grunge, il post-grunge, il crossover degli inizi. Insomma, a meno di non essere succubi delle mode più apertamente commerciali, da quei pilastri non si scappava. Stava poi al gruppo limare le influenze per non diventarne stucchevole fotocopia. Parlando di rock in italiano, sono tanti i nomi di formazioni che, in questi ultimi tempi, si sono avvicendate unendo a riff decisi e di chiaro stampo “american” testi in italiano a uso di voci a metà tra la melodia nostrana e le urla di seattleiana memoria. Non ultimi i Gea, che con “Baillame generale” giungono al loro terzo lavoro - nonché primo numero di catalogo per la lombarda Il re non si diverte - confermando il loro stile fatto di rock dalle sfuriate elettriche e ritmiche determinate. Un’attitudine che favorisce un cantato che salta all’orecchio grazie a un’enfasi e una personalità capaci di far perdonare certi passaggi lirici un po’ farraginosi. Ancora incerti su quale strada imboccare definitivamente - la psichedelia “pesa” alla Motorpsycho? L’hard rock mutante alla Mike Patton? Le svisate noise dei Sonic Youth? - e protagonisti di una lunga lotta per essere qualcosa “di più” rispetto agli altri, i Gea compiono nuovi passi avanti. Starà a loro cercare di maneggiare al meglio quanto fino a qui raccolto per evolversi e diventare qualcosa di veramente speciale, cercando di non cadere nell’ovvio e nel banale perennemente in agguato dietro l’angolo (www.geaband.it). Hamilton Santià Pagina 6 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Foresta di ferro Bury Me Standing Hau Ruck/Tesco L’immaginario crudele e cruento a cui si sono ispirati i Foresta di ferro per il loro album di debutto è facilmente riconducibile alle tendenze nostalgico-militaresche caratterische del movimento post industriale, dai Death In June ai Der Blutharsch. D’altro canto, il gruppo nasce proprio dall’incontro di tre artisti assai noti in questo ambito: John Murphy, batterista e manipolatore elettronico, attivo sin dai primi anni ’80 al finaco di SPK, The Associates, Current 93 altri; Richard Leviathan, chitarrista già titolare dei progetti Strenght Torough Joy e Ostara ma conosciuto soprattutto per la sua collaborazione con il Douglas Pearce di Kapo!; Marco Deplano, terrorista del suono e noto agitatore della scena nostrana, a cui probabilmente possiamo attribuire sia la paternità, sia l’approccio stilistico di questo sodalizio. “Bury Me Standing” vede la luce all’indomani di un singolo e di una manciata di collaborazioni che hanno suscitato molte aspettative. Gli otto episodi di questo bel digipak si dividono tra mantra rumortisti (su tutti la cover di “Kshatrya”, già apparsa sul tributo agli Ain Soph) e aggraziate ballate acustiche (una menzione la merita certo “Oak Leaf”, in cui prevale l’ascendente neo folk di Leviathan). Tuttavia, seppur nella dignità di un album compiuto e ben confezionato, nulla trascende strategie sonore per lo più abusate e parimenti interpretate da molti altri esponenti del settore. Solo nella conclusiva “Seppelliscimi in piedi”, canto austero e drammatico di una generazione sconfitta ma indomita, il trio apre a scenari espressivi meno frequentati e forieri di imminenti sviluppi creativi ([email protected]). Fabio Massimo Arati Anima Anima Gas Tone Gianfranco Salvatore è uno di quei personaggi di cui non necessariamente conosci il nome, ma che sta dietro a molti fenomeni importanti. Uno è il Festival della Taranta; un altro è la Piccola Orchestra Avion Travel, che Salvatore tenne a battesimo prima che il gruppo spiccasse il volo. Dopo anni in cui si è dedicato a studiare e scrivere, Salvatore è tornato dall’altra parte. Ha imbracciato l’oud e messo su l’ensemble Anima, che debutta adesso con l’album omonimo (per la neonata etichetta Gas Tone). “Anima” incarna “il nuovo suono del Salento”, che è tarantella e elettricità, passati ancestrali e incursioni nella modernità. La convivenza di linguaggi è introdotta già dal primo episodio, dove voci femminili chiedono “Addùi ti pizzicàu la tarantella?” su Pagina 7 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 una melodia di rock mediorientale rubata al vecchio brano dei Led Zeppelin “Friends”. Si prosegue con trip-hop che unisce Lecce a Bristol, jazz-rock, alternanze di Miles Davis a tradizionali salentini come“Rirollalla” e persino Stravinskij, la cui “Petrushka” ha contagiato “Benedettu”, lungo quasi dieci minuti. Una taranta negroide prende a prestito l’approccio del rap, e questo è obbligato a convivere con innesti di voci tradizionali registrate sul campo, e con antichi canti della Grecìa Salentina (“Kali Nifta”). Questa è una fusion spericolata (www.gianfrancosalvatore.it ). Gianluca Veltri Gerda Gerda Wallace/Audioglobe È musica estrema, quella dei Gerda, con un orecchio all’hardcore storico e un altro a quello che c’è stato dopo, propaggini emo incluse. La voce, in italiano, è rabbiosa e lanciata al limite, sembra sempre sul punto di lacerarsi, e solo a tratti torna a un eloquio immediatamente comprensibile. La musica, invece, non trattiene mai il respiro, magari rallenta e si apre su scenari più introversi ma non smarrisce mai una tensione che lascia l’ascoltatore senza fiato, respirandogli tutto l’ossigeno intorno. La scuola di riferimento è precisa, un codice cui è difficile aggiungere nuovi spunti, anche se a tratti si intravedono altri linguaggi/accenti e si capisce di non essere rimasti fermi a quello che accadeva vent’anni fa. Tuttavia resta l’intensità, al di là di qualsiasi collocazione di tipo stilistico, la principale chiave di lettura di questo cd, sette brani per ventun minuti suonati con furia e energia da manuale, realizzato da Wallace in collaborazione con Shove Records e Donnabavosa: un’intensità che produce testi forse un po’ ingenui ma efficacissimi (“Pistello”, “Carne del mondo”) e riff marmorei che sfondano le casse dello stereo. Nel genere, un piccolo capolavoro (www.degerda.com). Alessandro Besselva Averame Pagina 8 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Lemeleagre Lemeleagre Ammonia-West Link/Edel Spesso e volentieri, il disco di esordio rappresenta non soltanto un punto di partenza, ma anche il compimento di una lunga gavetta. Non fa eccezione l’omonimo debutto dei riminesi Lemeleagre, che arriva a otto anni dalla nascita della band; nel mezzo, la partecipazione (e vittoria) a numerosi concorsi a livello nazionale, la realizzazione di svariati demo e un ep (“La grazia dei felini”, 2000) e la presenza nel cast del Tora! Tora!. Tutto questo per dire che ci troviamo di fronte a un gruppo esperto, che sa quel che vuole e sa come ottenerlo. Rispetto al passato, le sonorità si sono inspessite, le chitarre si sono ingrossate e i cambiamenti di organico hanno portato alla rinuncia alla voce femminile; ciò nonostante i punti saldi del suono della band sono rimasti pressoché intatti, a partire dal gusto per le melodie che quasi sempre riescono a emergere da sotto l’imponente muro di distorsioni che caratterizza la maggior parte dei brani in scaletta. Dagli Smashing Pumpkins al punk, dal grunge al power pop degli Ash, sono tanti gli ingredienti a disposizione del trio composto da Silvio Pasqualini (voce e chitarra), Alan Fantini (basso) e Barbara Suzzi (batteria), che dimostra di saperli dosare in maniera soddisfacente, anche se troppo spesso finisce per cadere nello schema “strofa (più) pulita/ritornello (più) distorto”, riproposto con tutte le variazioni del caso ma, alla lunga, un po’ prevedibile. Il che non inficia comunque l’impeto e l’energia del CD ( www.lemeleagre.com). Aurelio Pasini Theatricantor Vorrei insegnarti amore Cdf/Venus L’esordio dei siciliani Theatricantor è un disco traslucido e azzimato; se fosse un capo d’abbigliamento sarebbe una cravatta (costosa). Un disco che si fa leggere su due livelli: ogni notazione se ne tira appresso un’altra, di segno contrario. Allora: è elegante - questo si è capito - ma in esso non si riscontra un significativo scarto dal canone a cui si richiama. E il canone è essenzialmente Cammariere, Avion Travel; non Paolo Conte, e ancor meno Capossela, perché i “cantori del teatro” non suonano abbastanza sporchi e sudati. È un album ottimamente suonato dal piano di Salvo Guglielmino (anche cantante e compositore), dalla fisarmonica di Maurizio Burzillà, dal violino di Tony Granata. La maestria strumentistica è fuori discussione e certo dal vivo dà il meglio di sé. A onta di liriche non originalissime, è appassionato quanto mai il tango siculo, e però un senso di convenzionalità sovente Pagina 9 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 prevale. L’attenzione per i suoni e i particolari è palpabile, nella canzone leggera da camera venata di pop-soft-jazz (“La nostra vita insieme”), nel beguine di “L’alibi più abile”, o nella delicatezza di “La nostra storia”, ma nel singolo apripista “Quando un amore può far male”, o in “M’incanti”, si esprime al massimo un suono un po’ troppo compiacente, in cui a latitare sono lo spessore e l’allusività (www.cdfproduzioni.net). Gianluca Veltri By Popular Demand You Are Nervous Fosbury/Audioglobe Ai By Popular Demand ci si avvicina con un tocco di scetticismo. I quattro post-ventenni di Galliera Veneta si dichiarano promulgatori e sostenitori di un rock’n’roll facile e diretto che, tanto per cambiare, pare volersi aspirare a quel sound anglosassone piuttosto sciapo tanto di moda di questi tempi. Allora ci si prepara al solito fast-listening, al solito prodotto pulito e ben confezionato di cui, però, non è che si senta esattamente la mancanza. Poi si ascolta. E ci si lascia almeno parzialmente smentire: la qualità sicuramente non manca e l’impronta nervosa del sound, in stile One Dimensional Man, fa il suo bel gioco (il disco è stato, del resto, registrato e mixato da Giulio “Ragno” Favero, ex ODM) imprimendosi anche nelle zone più chiaramente pop della scaletta. L’impasto si mescola ulteriormente, in maniera più o meno indiscriminata, alle - particolarmente invocate, a giudicare dai titoli - influenze nordamericane; si spazia dal blues rimbalzante della Jon Spencer Blues Explosion di “Sugar” all’handclapping della riuscita “West Coast Revolution” che rimanda di sbieco ai Violent Femmmes, a una “Oh My Polly Jean!” tautologicamente ispirata a PJ Harvey, ad una “Pop Song” che quasi cita una “(This Is Not) A Love Song” come se fosse, però, suonata dai dei PIL appena emersi da una montagna di zucchero filato rosso. Come le magliette che i By Popular Demand pare amino portare sui palchi dei loro live, a quanto si dice coinvolgenti ( www.fosburyrecords.org). Marina Pierri Pagina 10 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Kalamandra Kalacafè Room Service Il debutto dei Kalamandra, sulla breve durata, è una boccata di buonumore e intelligenza. Cinque brani che promettono una storia futura assai interessante, condita con gli ingredienti dell’autoironia e del dissacramento. La singolare dedica iniziale di “Elsa” è un inno alla casuale bellezza del mondo; le note fanfarone di “Un’altra becera canzone d’amore” meta-dissertano sulla saturazione del discorso sentimentale. Se “I marinai” prova a raccontare una storia di quelle che non finiscono mai, come i racconti di chi va per mare (con una chitarrina giocattolo in levare), le scorribande sgangherate di“Stelle buie”, tra klezmer e odori balcanici, ci riportano a terra, sotto un cielo privato di sogni. E la “Serenata malandata” è proprio come il suo titolo, una sghemba dichiarazione su una storia che “era amor, o qualcosa di affine”. La confraternita arruffata dei Kalamandra ha un immaginario che si nutre di swing, dei film di Jarmush e di certo Burton, di atmosfere sonore in bianco e nero alla Tom Waits. Difficile segnalare qualcuno, nel compatto quintetto: ritmica movimentata di Alessandro Raise (batteria) e Dario Balmas (basso), melodie e contro-melodie guastatrici di Mattia Siccinio (fiati) e Marco Gentile (archi e corde), voce sporca di Nicola Lollino, teatrale ma mai fastidiosamente vissuta né manierata ( www.roomservicerecords.it). Gianluca Veltri N.y.X. N.y.X. New Lm Piccole realtà da esportazione crescono: dopo essere stati distribuiti in Francia, sotto le ali della Musea, i N.y.X. trovano una casa anche in Italia: è infatti la New Lm di Ravenna a ripubblicare questo cd dalla copertina piuttosto inquietante e, sostanzialmente, poco convenzionale. E poco etichettabile è la musica dei sette episodi qui contenuti, in bilico fra progressive-rock e psichedelia, capaci di svelarsi lentamente e con movimenti circolari mai semplici, che sfuggono ai silenzi del post-rock per alzare con orgoglio la testa. Si tratta di una scelta coraggiosa, quella degli N.y.X., quasi anacronistica e fuori dai circoli chiusi ma rassicuranti del panorama indie, che mette in risalto sensibilità e tecnica ma soprattutto dimostra di avere uno sguardo preciso sulle scelte stilistiche. Certo, è possibile che la radicalità e gli abbandoni psichedelici non favoriscano l’appeal di un prodotto che, in ogni caso, non è mai autoindulgente. Le chitarre a Pagina 11 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 volte sature e spesso acustiche, la sezione ritmica mai invadente, si intersecano a formare un magma che in certe occasioni si mostra suggestivo e ardito, senza cadere nelle banalità di genere e senza dimenticare la canzone d’autore italiana, pur guardando con convinzione verso il passato glorioso del prog, con i numi tutelari King Crimson ad indicare la strada. Segnali positivi, insomma, in vista di alcune collaborazioni che potrebbero spostare le coordinate geografiche ma non attitudinali del duo (www.crotalo.com). Giuseppe Bottero Dilaila Musica per robot Il re non si diverte Sull’onda della fantasia si potrebbe dire dei Dilaila come: “un incontro tra Nada e i Radiohead”. Non del tutto sbagliato, perché il timbro della voce graffiante ed emotiva di Paola ricorda da vicino l’autrice di quel piccolo capolavoro che è “Tutto l’amore che mi manca”, così come gli arrangiamenti richiamano le suggestioni evocative del periodo più legato alla canzone di Thom Yorke e soci. I Dilaila sono artefici e promotori di una musica malinconica e cupa, dal retrogusto romantico - nel senso storico del termine - ma che, a differenza di moltissimi altri esempi, non lascia spiragli alla luce. Si potrebbe parlare della disillusione di “I/O” (quando qualcuno mi guarda/se solo sapessi correre/correre via) o dello sguardo cinico al quotidiano di “Moderna” (l'inverno/è l'unica stagione/sopravissuta alla noia/fra le modelle e le vetrine/da ammirare) o del continuo alternarsi di momenti d’estasi musicali e durezza lirica (come in “Lucy”). Elementi che consentono la lettura di un disco sorprendentemente maturo e affascinante, che lima le immaturità del precedente “Amore+Psiche” e dimostra tutto il suo potenziale crescendo ascolto dopo ascolto. Lasciando da parte ogni retorica, sono episodi come “L’ora del tè”, la già citata “I/O” o “Musica per robot” a rendere questo piccolo lavoro indipendente qualcosa di speciale. Sarebbe un vero peccato non accorgersi di musica così suggestiva e così pungente, lirica ed espressiva. Perché capita sempre meno di imbattersi in canzoni così ruvide e al tempo stesso vellutate, forti ma non per questo invadenti, e i Dilaila sono capaci di riempire questo vuoto (www.dilaila.it). Hamilton Santià Pagina 12 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Libra Il viaggio di Zebra Macaco/Audioglobe Quantomeno interessante il percorso artistico dei Libra, capaci nel corso degli anni di andare oltre ai confini del muscoloso rock d’autore che ne aveva segnato gli esordi, allargando progressivamente la tavolozza di colori e sfumature in loro possesso. In particolare, grande è l’evoluzione di cui sono stati protagonisti nel periodo trascorso tra il precedente “Penso a cose strane” (Srazz, 2002) e “Il viaggio di Zebra”. E non soltanto dal punto di vista dell’organico, che comunque ruota ancora ad Alberto Stevanato (voce e chitarra) e Marco De Rossi (chitarra), ma soprattutto da quello delle sonorità. Pur non rinunciando a occasionali sfuriate e a sonorità spigolose, infatti, il quintetto di Mestre pare ora voler privilegiare le proprie inclinazioni indie-pop, oltretutto accentuate dall’entrata in scena di tastiere e drum-machine di annata. In altre parole, senza tagliare del tutto i ponti con il passato, “Il viaggio di Zebra” mostra una band in movimento, più che mai matura e tutt’altro che prevedibile, lirica e insieme di sostanza. Valgano come esempi la psichedelia semiacustica di “Io resto qui”, le sonorità sintetiche di “Strategia del terrore”, la sognante cantilena elettronica “Tv”, fino all’eplosivo crescendo di “Tu non vedi niente” e a una “Due di notte” scura e intensa. Il tutto reso con un piglio tale da compattare la varietà delle soluzioni e delle idee messe in campo. Come a dire che, a sei anni dal suo inizio, il viaggio dei Libra appare ora più che mai ricco di stimoli. Chissà quali itinerari seguirà in futuro (www.librait.it). Aurelio Pasini Il Vortice Le cose da evitare Ethnoworld/Venus Avanza tra suggestioni noise, tentazioni psichedeliche e svisate acide l’album d’esordio del Vortice, terzetto napoletano la cui opera prima si muove attraverso i clichè del genere tra propensione al riciclaggio e scarti in avanti occasionali che ne costituiscono il motivo di interesse principale. Tra riferimenti (più o meno) espliciti ai Marlene Kuntz e ai Massimo Volume, citazioni (più o meno) consapevoli di Motorpsycho e Spaceman 3 e legami (più o meno) evidenti con la new wave ed il post-rock, la personalità del Vortice emerge nei momenti più eterei e rarefatti, quando la stratificazione sonora si assottiglia e diviene essenziale: accade in “Cose da evitare”, dove è il fender rodhes ad aggiungere sfumature nuove alla tavolozza di colori della band, e in “La cenere addosso”, atipica ballata basata su un arpeggio di Pagina 13 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 chitarra che rimanda ai Radiohead di “Paranoid Android” e “Street Spirit”. Nel complesso, “Le cose da evitare” è il ritratto fedele di un gruppo ancora impegnato nella definizione del giusto equilibrio tra impatto emozionale e cura del suono (con la bilancia a pendere, per il momento, dalla parte del primo) e che, pagato dazio ai modelli e agli ascolti di una vita, può finalmente dedicarsi alla ricerca di un approccio personale alla materia. Nel bene e nel male, si tratta di ciò che caratterizza gran parte delle opere prime e che, inevitabilmente, distingue anche quella del Vortice ( www.ethnoworldmusic.com). Enzo Zappia Alessandro Grazian Caduto Macaco-Trovarobato/Audioglobe È nato con il rock, Alessandro Grazian, ma il suo attuale approdo non è esattamente frutto di una repentina conversione alla musica d’autore. Infatti, pur se impreciso e tagliato con l’accetta, l’equidistante accostamento a Jeff Buckley e Fabrizio De Andrè che è stato fatto in più di un’occasione per descriverne il percorso non è del tutto campato in aria. Al primo il Nostro è in qualche modo accostabile per via dell’utilizzo duttile ed espressivo della voce, al secondo per via di certi arcaismi linguistici e musicali (la conclusiva “Via” sarebbe piaciuta al De Andrè di “Ottocento”): solo qualche paletto, giusto per capire da che parti ci troviamo, siccome Grazian ha talento poetico e personalità in quantità anche quando incappa in alcune peraltro trascurabili incertezze. Alla qualità delle composizioni si affianca l’azzeccatissima scelta degli strumenti(sti) - tra gli ospiti, Enrico Gabrielli dei Mariposa ai fiati -, impegnati in arrangiamenti minimali e cameristici sostenuti da una schietta vena popolare. “Caduto”, “Prosopografie”, “Santa Sala” e “Tattile” sono splendide esternazioni - felicemente fuori moda - in un panorama che non sempre premia il coraggio dell’originalità. Che l’autore ci abbia messo l’anima in questo disco, è evidente. Che sia a pochi centimetri dalla perfezione espressiva, pure ( www.alessandrograzian.it). Alessandro Besselva Averame Pagina 14 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Soluzione Ciliegia ep Jost Multimedia C’è da gioire alla nascita di realtà come la Jost Multimedia, piccola e agguerrita etichetta di Mestre che sfrutta le coordinate comuni di rock, immagini e letteratura per imbastire un discorso i cui limiti possono risiedere solo nell’eccesso di stimoli. Non è fortunatamente il caso di questo “Ciliegia ep”, esordio sulla media distanza dei Soluzione - datato 2003 ma ora disponibile in una nuova, più elegante veste grafica - che coniuga le influenze tipiche dell’ex nuovo rock italiano con le soluzioni (si scusi il gioco di parole) dell’elettronica. Elettropop, quindi, o per restare alle dichiarazioni degli interessati rock estetico, suscettibile alle decadenze della scuola new wave ma non per questo incapace di assemblare brani dal sicuro impatto, come “Il voto” o “Il tempo di un’estate”, spaccato realistico che non dispiacerebbe a Federico Fiumani. Hanno un appeal decisamente particolare, i Soluzione, che si immergono spesso nei territori di Bluvertigo e La Crus, scegliendo con cura le parole e le sonorità, mai aggressive né esibite. E sebbene arrivino un po’ fuori tempo massimo, lo fanno con eleganza e concentrazione. L’apporto di Massimiliano Nuzzolo, conosciuto con il romanzo a sfondo musicale “L’ultimo disco dei Cure” e qui impegnato come collaboratore, garantisce equilibrio e uno spessore pop alla parte “comunicativa” della band, che evita alla grande le cadute tipiche di un certo filone legato all’uso dell’italiano, spesso preda di improponibili reiterazioni degli stilemi tipici del “disagio a tutti i costi”. Segno che le sinergie funzionano, e che, con sollievo, si può contaminare più forme artistiche senza timore di essere sovrastati dalla mole degli stimoli in gioco ( www.soluzione.biz). Giuseppe Bottero Tilak The Incredible Export-Guru Ethnoworld/Venus Gettare un ponte tra Oriente e Occidente, segnatamente tra le loro tradizioni musicali, in modo da dare vita a un unicum sonoro organico e compatto. Un’idea non delle più nuove, ma che in Italia non ha mai attecchito più di tanto. Fanno eccezione i Tilak, che dal 1996 portano avanti un simile discorso di contaminazione e compenetrazione, e che con “The Incredible Export-Guru” sono arrivati al traguardo del quarto album. In particolare, ciò che colpisce di più questa volta è l’uso dell’elettronica, mai così massiccio, che si concretizza tanto nella presenza delle tastiere quanto nelle programmazioni ritmiche, spesso vicine al dancefloor e ai Pagina 15 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 suoi tempi serrati. Come è intuibile, però, non si tratta che di una metà del tutto, visto che altrettanto importante è il ruolo ricoperto da strumenti e suoni di matrice soprattutto indiana, che si tratti delle corde del sitar o dei battiti delle tablas. Quel che ne risulta è un lavoro ricco di idee e sfumature, a volte avvolgente, altre decisamente più incalzante, altre ancora relativamente minimale, tenuto insieme con piglio sicuro dal polistrumentista Francesco Landucci, da sempre primo motore del progetto, coadiuvato da tutta una serie di collaboratori, a partire dalla cantante di origini greche Marina Mulopulos. Da una “Tika” che fa incontrare drum’n’ bass, hip-hop e Bhangra al quasi pop di “Green Man” passando per la chitarra acida di “Saraswati”, un CD decisamente interessante, che per essere apprezzato non richiede altro che una mentalità appena un po’ più aperta del solito ( www.tilakmusic.com). Aurelio Pasini Pagina 16 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Three In One Gentleman Suit È finalmente uscito, per la Black Candy, il secondo album dei Three In One Gentleman Suit, “Some New Strategies”. Un disco che porterà il trio emiliano a calcare i palchi numerosissime volte, perché è parere comune che siano bravi. Ci ha raccontato tutto il chitarrista Giorgio Borgatti. Voi siete tra quelli che hanno la fortuna di suonare tanto dal vivo, una cosa non proprio facile neppure per i migliori. Come fate? Non saprei, non credo ci sia un metodo. Cerchiamo di lavorare come una squadra dividendoci i compiti, così tutto diventa più facile e gli aiuti che arrivano da un booking e da un’etichetta possono venire sfruttati al meglio; per il resto, penso che ci abbia trascinato il nostro desiderio forsennato di suonare. Club dove esibirsi ce ne sono, anche se da un po’ di tempo in evidente calo. Ovviamente non possiamo confrontarci con situazioni estere, se non per sentito dire. Speriamo di poterlo testare in prima persona il più presto possibile. Nel 2003, quando uscì il vostro esordio, vi circondavano con il loro supporto e la loro passione Massimo Mosca dei Three Second Kiss e Tizio dell'etichetta Fooltribe. Chi sono adesso per voi le persone chiave? Farei una precisazione: Massimo ha semplicemente curato il mastering per la Fooltribe. Abbiamo grande stima dei Three Second Kiss, una band che ha cambiato il modo di vedere la musica a tutti e tre prima che nascessimo come band, ti assicuro che è stata una grande soddisfazione sedere al suo fianco e vederlo lavorare per “scaldare” i suoni del nostro disco. Tizio e Matteo di Fooltribe ci hanno accompagnato ed aiutato lungo tutto il corso di “Battlefields...”; un’altro è stato Simone Mambrini, il bassista degli Ornaments, che ci ha dato un grande aiuto a migliorare il nostro sound dal vivo. Oggi siamo felici di avvalerci dell’aiuto di Davide Cristiani, che già dal primo disco ci aiuta nella pre-produzione e nei suoni, di Lorenzo Monti (Milaus) che ha fatto un lavoro con i fiocchi al Bips Studio dove abbiamo prodotto interamente "Some New Strategies", e poi Leo e Giuse della Black Candy, Gianluca di DeStijl concerti ed altri come Stefano Bortoli (al mixer) e Carlo Alberto Grandi (trombone), che quando possono ci accompagnano nei concerti. La vostra musica com’è "maturata"? Cambiamenti? Dubbi spariti? La nostra musica è in movimento. Ci siamo mossi dalle dilatazioni e dalle aperture di “Battlefields...”, gettando semi diversi che potrebbero maturare in futuro. Pensiamo che sia pieno di spunti che convivono: dalla forma canzone al nervosismo ruvido di alcuni pezzi, da brani strutturati molto affini a quelli di “Battlefields…” fino a episodi semplici e scarni. Dubbi non ne abbiamo mai avuti, a parte quelli che normalmente vengono mentre si costruiscono le canzoni. Noi tendiamo a semplificare molto le cose: pensiamo solo a suonare. Arrivare a finire quest’album quali ostacoli vi ha comportato? Pagina 17 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Tutto è stato molto lineare: siamo entrati alla Bombanella Studio, da Davide Cristiani a Marano, con cinque pezzi, e abbiamo realizzato un provino di sette pezzi. Poi siamo andati al Bips Studio di Milano, da Lorenzo Monti e abbiamo registrato un disco che ne contiene undici... Certo Milano non è la Bombanella, dove puoi godere il panorama stupendo dell’Appennino modenese, ma questo ci ha aiutati a concentrarci sul lavoro da svolgere. Attualmente mi sembrate un po' più morbidi rispetto al passato... Dici? Per noi è sempre difficile essere oggettivi su queste cose, ma ci sembra di avere abbandonato buona parte degli appoggi, delle cadenze e delle dilatazioni di un tempo in favore di un approccio più nervoso; poi, visto che “Some New Strategies” è un disco molto vario, sicuramente contiene episodi decisamente soffici e rarefatti. I nostri concerti, comunque, hanno ancora toni decisamente sostenuti. Come definireste i vostri testi? La voce, per noi, è uno strumento al pari degli altri ma con un ruolo da solista: è quindi utilizzata in maniera funzionale dov’è necessario, e per questo i testi sono di solito brevi. Questa necessità di sintesi li rende strettamente dipendenti dall’andamento musicale e finiscono per essere una sorta di “didascalia del suono”. C’è uno strumento in più che vorreste aggiungere alla vostra formula? In “Some New Strategies” ci sono, gli strumenti in più, e sono ben evidenti. Carlo Alberto ha seguito tutto il periodo di creazione dei brani: l’uso del trombone è estremamente mirato e non abbiamo voluto eccedere, ci sembrava però una buona idea aggiungere un fiato così particolare nel calderone dei nostri brani... ha la doppia valenza dello strumento d’appoggio e di quello solista, troviamo che la sua presenza arricchisca davvero le nostre canzoni. L’utilizzo del pianoforte è stato assai meno ricercato ed è avvenuto in studio. Se capitasse di aggiungere ulteriori strumenti continueremmo con i fiati: troviamo la loro timbrica affascinante e poi hanno il pregio di potersi muovere liberamente al di là del blocco chitarra-basso-batteria. Qual è stato il momento più bello vissuto grazie alla musica? Sarebbe terribile se ce ne fosse solo uno, vorrebbe dire che gli altri sono da meno. I momenti belli sono quelli di iper-attività, della “frenesia del fare” legati ai concerti, o al lavoro in studio. È bello partire, arrivare, suonare, dormire (poco), ripartire per un'altra città, arrivare, suonare, dormire (poco), ripartire per un'altra città, arrivare, suonare, dormire (poco), ripartire... il problema è che poi si torna a casa. Trarrete video da quest’album? Non ci abbiamo ancora pensato bene. Ovviamente ci incuriosisce l’idea di vedere la nostra musica in una dimensione “cinematica”. Si direbbe un lavoro bello e complesso, dovremmo trovare qualcuno che abbia voglia di pensarlo, dirigerlo e tradurlo in realtà. Pagina 18 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Francesca Ognibene Contatti: www.blackcandy.it Father Murphy Quando parli con Father Murphy, non capisci mai se è serio o ti sta prendendo in giro. Ma sotto la sua ironia si nasconde una mente lucida e piena di cose da dire. Vi proponiamo un estratto di conversazione dove il “Reverendo” ci parla di sé stesso. “Six Musicians Getting Unknown”: i musicisti sono sconosciuti così come il concetto di folk, che in questo disco appare mutato e - appunto irriconoscibile? Il folk? È un modo di presentarsi e di esprimersi che ci garantisce quel qualcosa di infantile che quando sei tra le carte del mondo di Alice tutti vorrebbero rubarti. Questo disco non è lontano dal folk, esprime il nostro folk ma anche il nostro punk e noi crediamo nel punk. Anche nel pop, nel senso di popular. Le tue prime prove discografiche erano molto più anarchiche, da dove arriva questa razionalizzazione? Non è razionalizzazione, semplicemente non lavoro più del tutto per conto mio. Questa volta abbiamo registrato tutti assieme, Vittorio, Chiara Lee ed io, dopo dieci mesi di concerti in cui abbiamo rodato alcuni pezzi. Metà del disco è nato al Bombanella Studio, l’ambiente stupendo che abbiamo trovato ci ha dato enormi libertà. Ho scoperto inoltre che Vittorio e Chiara sono gli unici che riescono a ostacolare i miei tentativi di looppare all’infinito un giro di chitarra. Ascoltando il disco possiamo riconoscere anche influssi più tradizionali. In “Indie Labels” troviamo addirittura strumenti country come il banjo e il fidale. Non è un banjo, è uno yueqin, una sorta di banjo cinese! Chiara ha vissuto lì per quasi due anni e quando sono andato a trovarla ho deciso che non avrei dovuto possedere un dobro, ma un banjo cinese! Impossibile da accordare! Solo Vittorio è riuscito nell’impresa di maneggiarlo e renderlo affine alla canzone. Ma in verità, appena Paolo Iocca dei Franklin Delano si stancherà delle mie richieste, mi venderà il suo bellissimo dobro. Sempre nello stesso brano canti “I like indie-labels but indie-labels don’t like me”: ironia o presa di coscienza? “Indie Labels” nasce come regalo di compleanno per Chiara. Vivevamo a Berlino e continuavo a stressarla che nessuna etichetta era interessata alla nostra proposta. Poi, tornati in Italia, insieme a Littlebrown e Oswald abbiamo creato Madcap. Ironia e presa di coscienza sono due facce della stessa medaglia. Pagina 19 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Ecco, il Madcap Collective di cui sei fondatore. La dichiarazione del brano potrebbe sembrare paradossale se consideriamo questo aspetto. Comunque, leggendo le note, si può notare come al disco abbiano preso parte praticamente tutti gli artisti del vostro giro, dai Franklin Delano a Littlebrown. È questa la tua idea di collettivo? Per me il collettivo è un piccolo circuito di amici dove tutti hanno un compito. Nel caso del disco è stata la voltan di volere attorno a Father Murphy tutte le persone che avevano reso possibile la nostra riuscita. Ecco quindi Paolo Iocca che canta nell’ultima canzone, Littlebrown è la nostra assistenza per tutto quanto concerne la grafica e Oswald è il miglior metro di giudizio per ogni mia produzione. Senza parlare di Onga, l’inventore di Basemental, insieme a Roger il vero nostro guru. Ha centomila e più idee, un gusto sopraffino ed è sempre sincero. Il nostro salvatore. Ci vogliamo bene! A volte abbiamo tanta paura, ma siamo in buona compagnia. So che state preparando un tour, cosa dobbiamo aspettarci dai vostri live-set? Abbiamo scoperto di avere fisici e sistemi nervosi delicati, quindi abbiamo deciso di non fare più di tre concerti al mese. Sembra stupido, ma non riusciremmo mai a fare quaranta e più date come i Delano negli States. I nostri live rispecchiano molto il disco: Lee usa molte tastierine giocattolo, Vittorio suona contemporaneamente violino e batteria mentre io posso abbandonarmi alla propensione per la voce grattata di gola e una chitarra. Poi, le diapositive che Figlio Tucano ci proietta contro sono sempre più fondamentali, come le proiezioni dell’”Almanacco” di Vittorio Demarin, dieci viaggi che Alice vorrebbe aver vissuto. Se dovessi trarre un bilancio della tua esperienza artistica fino a ora, sia come musicista che come discografico, come sarebbe? Il mio responsabile, al lavoro, dice sempre di contare quello che ho fatto solo quando ho finito. Nessuno di noi è un artista, siamo semplici artigiani che producono qualcosa. Mi piacerebbe essere un artigiano che plasma nuvole sonore. Lavoriamo tutti, quindi possiamo permetterci di non andare fuori la sera e investire soldi in progetti in cui crediamo, come allo stesso tempo sputtanarci mezzi stipendi in casse di birra e elio per poi riderci su. Ti dicevo, siamo una famiglia, ma ancora non si è deciso chi sono il padre e la madre con il compito di portare i soldi a casa, quindi va bene. Onga ha fatto sì che il metodo casalingo della Constellation ci influenzasse abbastanza da rivolgerci ad artigiani del posto per avere quello che vogliamo ad un costo minore. Poi a volte dobbiamo adattarci, ma va bene, bisogna crescere consci dei propri limiti, che possono essere compositivi come economici. Quindi, sincerità e sempre dritti. Assolutamente no autoglorificazione, più che altro siamo tanti nani e tante Biancaneve... Hamilton Santià Contatti: www.maledetto.it Pagina 20 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Camera 237 Con un debutto salutato assai favorevolmente, i Camera 237 si sono appena affacciati sulmercato discografico. Catalogato quasi obbligatoriamente come post-rock (contro il volere del gruppo calabrese), “Vectorial Maze”, che si avvale della navigata produzione di Fabio Magistrali, è un lavoro onirico e ricco di immagini. Abbiamo incontrato i quattro kubrickiani (Marco Orrico, Luigi Iannini, Ignazio Nisticò, Yandro Estrada) che esprimono tutta la freschezza di una gioventù piena di entusiasmi. Come vi sembra la vita, dopo aver pubblicato un disco? Artisticamente è stato un passo fondamentale. Con l'uscita di “Vectorial Maze” abbiamo cominciato a farci notare. La stampa, ad esempio, ha apprezzato il lavoro, giudicandolo quasi sempre in maniera positiva. Anche la partecipazione al Neapolis Rock Festival e all'International Noise Festival Musica d'Alta quota, in Sicila, ci ha aiutati alla divulgazione del prodotto. Il disco comuque sta riscuotendo un discreto successo e un notevole interessamento. Suona esattamente come volevate? Partorire un album non è molto semplice. Devi mettere insieme tante idee, che poi devono convincere tutti i componenti, ma siamo molto soddisfatti di come abbiamo tirato su l'album. Suona molto "live", è coinvolgente e vario, e per un disco quasi interamente strumentale non è poco. Come è stato lavorare con Fabio Magistrali? È stata la più importante esperienza che abbiamo fatto. Ha capito fin da subito dove volevamo arrivare. L'intesa è stata immediata, le sue idee e i suoi suggerimenti sono stati azzeccatissimi. È una persona squisita, che ti mette a tuo agio. Ci ha aiutato tantissimo a migliorare la nostra composizione e nel disco ha evidenziato i nostri punti di forza, tutto questo in poco tempo. Una persona come poche. Quali sono i vostri ascolti formativi? Beh, musicalmente ascoltiamo veramante di tutto... gli ascolti formativi vanno dai Pink Floyd ai Sonic Youth, dai Motorpsycho ai Blonde Redhead. Sono molti i gruppi che abbiamo ascoltato e che ascoltiamo tuttora. Il post-punk americano (Fugazi), l'indie in generale. Sopratutto quello americano: Slint, June of 44, ma anche jazz (Miles Davis, Tony Williams) e prog. E quelli attuali? Attualmente siamo molto interssati ad un certo tipo di elettronica minimale, per fare un nome gli Air. Ma anche Sigur Rós e Radiohead ci affascinano molto. Quattro nomi che vi hanno influenzato (uno per ciascuno di voi). Pagina 21 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Quelli che abbiamo già citati: Sonic Youth, Pink Floyd, Fugazi, Motorpsycho. Il vostro nome richiama un celebre film di Stanley Kubrick tratto da un libro altrettanto celebre di Stephen King, “Shining”. Cosa lega la vostra musica al cinema e alla letteratura? La nostra musica evoca immagini, ascoltando il disco capita di “vedere” scenari o paesaggi. La cosa che più ci piace è che sia una cosa del tutto personale. Cioè... ognuno ascoltando il disco si può fare un viaggio interiore e immaginare ciò che la sua fantasia e il suo coinvolgimento emotivo gli permette. Più il coinvolgimento è alto più le "immagini mentali" saranno nitide. Ci piace associare al live delle proiezioni, come abbiamo fatto durante la presentazione di “Vectorial Maze”: notiamo che aiuta alla comprensione del nostro concerto, lo rende ancora più suggestivo. Vi sentite parte di una scena italiana? Di che? Di post-rock? Ci sentiamo parte soprattutto di una scena calabrese, con ottimi gruppi con delle ottime potenzialità, che non hanno nulla da invidiare a colleghi più famosi (fra tutti i Proteus 911, NdR), ma con pochi mezzi per dimostrare il loro valore effettivo... è un grande limite. Come classifichereste la vostra musica? Non ci definiamo assolutamente post-rock perché non partiamo con l'idea di fare un certo genere; la nostra composizione si basa sui nostri umori, sui nostri stati d'animo, a noi piace metterci in discussione e sperimentare cose nuove... non classifichiamo la nostra musica perché non ne sentiamo il bisogno, lasciamo questo compito ai nostri ascoltatori e a chi ci segue. Il riscontro dal vivo vi sta dando soddisfazioni? Sì, specialmente i live in Sicilia e al Nepaolis, dove molta gente che non ci conosceva è rimasta molto colpita dalla nostra performance. Per novembre-dicembre stiamo organizzando una tournée che ci vedrà girare tutta l'Italia, sarà importante vedere il riscontro che avremo. Cosa significa per voi fare musica partendo da una piccola realtà del Sud? C’è uno specifico o è uguale dappertutto? Al Sud siamo più svantaggiati. Purtroppo, tranne qualche caso isolato, finora non si è riuscito a creare un circuito che renda protagonisti i validi gruppi delle nostre parti. Notiamo con piacere però che piccole realtà hanno la voglia di farsi notare e sarebbe anche ora che istituzionalmente ci si accorgesse certe cose e si collaborasse per farle crescere. Al Sud notiamo che c'è tanta voglia di emergere e dimostrare che si fa buona musica. Che progetti avete per il futuro immediato e non? Ora stiamo componendo nuovi pezzi, stiamo sperimentando e cercando di capire dove ci stiamo dirigendo. Questo materiale ci rappresentano molto, quanto quello dell'album. Cresciamo di brano in brano e speriamo di arrivare al prossimo album Pagina 22 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 con una maggiore maturità, anche se ancora è troppo presto per parlarne. Ora pensiamo a promuovere ”Vectorial Maze” con tanti concerti dal vivo, che ci piace tanto! Gianluca Veltri Contatti: www.camera237.com Agatha Tre ragazze da Roma che si abbandonano al piacere del rock. “Greetings From S.Sg” è uscito per la Wallace e rivela una certa personalità che presto apprezzerete sui palchi nostrani. Hanno una carica simile alle romane Motorama: chissà se anche loro finiranno in tour negli Stati Uniti? Per ora parliamo del loro primo album con Claudia, la batterista. Questo è il vostro esordio. Cosa rappresenta per voi? Suoniamo tutte e tre da un sacco di tempo, ognuna di noi ha avuto esperienze diverse con molti altri gruppi. Quando ci siamo incontrate, circa due anni fa, Pamela e Daniela suonavano già insieme, mentre io facevo parte dei Monochromes ma cercavo di costruirmi un’altra situazione senza un’idea ben chiara su cosa avrei voluto da questo nuovo gruppo. Così un giorno misi un annuncio su un sito e poco tempo dopo mi chiamò Pamela, ci siamo incontrate e abbiamo iniziato a provare. Il fatto che loro suonassero assieme da tanto tempo è andato solo a nostro favore, era come se io dovessi imparare ad andare d’accordo con una persona sola e non con due. Anche il “genere” non era importante, abbiamo iniziato e basta, ovviamente tutte noi avevamo e abbiamo i nostri gusti... che, anche se diversi tra di loro, siamo riuscite a fondere. Di cosa parlano le vostre canzoni? Al di là dei testi, cosa vi preme descrivere ed evocare? Fino al giorno prima delle session non davamo molta importanza alle parole; poi, ovviamente, abbiamo dovuto scriverle, visto che stavamo per registrare. Non so come mai, però alla fine del disco ci siamo rese conto che c’erano molti pezzi “dedicati” a Daniela, tipo “Dani Was In Love With Burzum” oppure “March 1st 2005”; comunque di base credo che i nostri testi e la musica stessa rispecchino i nostri stati d’animo di quel periodo preciso. Dentro ci sono Claudia, Daniela, Pamela e tutte le persone che ci circondano e che ci hanno coinvolte, in modo sia positivo che negativo. In quali occasioni avete conosciuto tutta la bella gente che ringraziate nel cd? Abbiamo voluto salutare, appunto, tutte le persone che ci hanno tirato in mezzo o che ci hanno permesso di suonare e che ci hanno organizzato concerti: tutte quelle Pagina 23 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 persone di cui parlavo prima, quindi il disco è un po’ anche loro! Sono tutti amici che suonano, o quasi, sono persone che sanno, proprio perché lo hanno vissuto, quanto sia bello e allo stesso tempo faticoso esporsi così tanto, come quando ti esibisci o realizzi un disco. Ci sono gruppi italiani che vorreste emulare? Credo che la risposta giusta dovrebbe essere che noi non vorremmo assomigliare a nessuno, ma so che questo non è totalmente possibile; così, posso solo dichiarare tutta la mia stima per Uzeda, A Short Apnea, Madrigali Magri. Ma senza andare a scomodare grupponi, ci sono un sacco di altri da cui mi piacerebbe prendere spunti: Disquited By, Ornaments, Zurigh Against Zurigh, e ultimamente sono molto presa dal disco dei Bachi da Pietra. Cosa vi piace e cosa non vi piace della musica italiana underground? Per fortuna noi abbiamo finora avuto modo di avere a che fare solo con gente carinissima che si è sempre sbattute molto per organizzarci date. Di base noi Agatha se abbiamo la sensazione che una cosa non ci piace allora non la facciamo, ma ovviamente il rischio di sbagliare c’è sempre. Personalmente forse non mi piacciono tutte quei discorsi sulla “scena” che sta dietro ai vari gruppi, ma magari anche noi involontariamente ne facciamo parte... Avete altri progetti musicali oltre alle Agatha? Pamela sta suonando da un po’ di tempo con alcuni componenti dei Fine Before You Came e degli As a Commodore, io invece a breve dovrei iniziare a suonare con uno degli Spastic Pill, nonchè ex chitarrista dei Monochromes. Tornando al cd, quali sono state le difficoltà per l’incisione, se ce ne sono state? A parte il fatto che io mi sono dimenticata la cassa della batteria, non abbiamo incontrato particolari problemi. Per me è stata la prima volta e mi sono divertita un sacco. Alcuni pezzi li avevamo finiti e provati solo una settimana prima di registrare e così ci preoccupavano un po’, mentre altri li suonavamo già da molto tempo. Abbiamo anche registrato due pezzi che erano del nostro primo demo “May To February”. Alcune cose sono nate li, come l’intro e la fine dell’ultima traccia, oppure il finale di “My Teacher Plays In A Metal Band”, con il piano tutto incasinato e Daniela che urla e con le seconde voci. Forse l’unica cosa che ci ha un po’ spiazzate è stata l’incisione della voce, volevamo renderla il più ruvida possibile ma non lavorarla con effetti. Così appena Pamela ha capito il meccanismo è andata dritta come un treno. Come mai avete voluto far notare che la cacca è così presente nella vostra musica, visto che è in bella mostra dappertutto? Un gesto scaramatico? Non volevamo far capire che la cacca è un elemento presente nella nostra musica, il fatto è molto più banale. Volevamo fare uscire il disco prima dell’estate, perché avevamo un po’ di concerti da fare, ma eravamo in alto mare per la grafica. All’inizio avevamo pensato di dare al disco un’atmosfera country, ad esempio con una Pagina 24 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 cucina, perché Daniela ed io siamo fissate con gli arredamenti rustici, solo che l’idea alla fine non ci convinceva molto. Pamela un giorno si presenta con una cacca di plastica. La cosa buffa è stata che le nostre foto che sono all’interno del cd, con noi in compagnia della cacca, sono state fatte prima di decidere che avremmo messo una bella merda sul nostro disco... questo significa, che era proprio destino. Come al solito, tutte le cose che facciamo sembra che non abbiano un senso apparente ma se poi vai a scavare il senso lo trovi. Infatti, se ci pensi, se metti una C davanti ad Agatha diventa... caghata, e quindi tutto torna. Francesca Ognibene Contatti: [email protected] Stop The Wheel L’ascolto di “Morning” è stata una graditissima sorpresa: melodie fresche e vivaci con testi malinconici e “piccoli”. Un folk da cameretta capace di emozionare e di colpire del quale abbiamo parlato con Francesco, l’artefice unico di questa piccola epifania lo-fi. Partiamo dagli inizi: la genesi di Stop the Wheel? Il nome deriva da una canzone di Gemma Hayes, molto bella. Il progetto invece nasce nel 2001, quando a San Francisco sono stato costretto a registrare alcune mie canzoni per un progetto e, una volta tornato a casa, ho deciso di non smettere. La registrazione del tuo disco - definita “ambientale” - fa venire in mente certo lo-fi da cameretta alla Lou Barlow. Da dove viene questa esigenza di povertà? In realtà siamo abituati a sentire dischi che, per quanto vantino suoni meravigliosi, non rispecchiano affatto la realtà: se io suonassi la chitarra e cantassi a un metro da te, senza microfoni, non somiglierebbe affatto a un disco di Bruce Springsteen. Questo è un bene, perché così esistono dischi fantastici con produzioni geniali. Ma essendo già da anni un patito di “field recordings”, cioè registrazioni di suoni e rumori del mondo così come le orecchie li sentono, senza effetti, avevo già deciso che il mio disco sarebbe stato così. Magari crudo, però autentico. Infatti, se ascolti “Morning” in cuffia, ti sembra di sentire me che ti suono davanti senza microfoni. Ti riconosci nell’aggettivo “generazionale”? “Morning” potrebbe essere il diario di un adolescente in musica... Immagino questo voglia dire che, anche se sono un adultaccio, continuo a ragionare come un adolescente. Se è una critica la accetto, se è un complimento pure (è un complimento, NdI). Pagina 25 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Quali sono le guide spirituali della tua musica? Ascoltando il disco mi è venuto in mente “New Amsterdams”, progetto acustico del cantante dei Get Up Kids. Non lo conosco, ma mi informerò. Per guide addirittura spirituali direi nessuna. Anche se alcune cose che hanno detto Björk o Ani DiFranco in tempi non sospetti le ho prese a cuore. Musicalmente mi muovono John Fahey, Satie... cose così. Ah! Le melodie dei Green Day sono fantastiche, non fate gli snob. Hai suonato il basso in tour coi Jennifer Gentle. In che misura questa esperienza ti ha segnato? Su brani come “Bastard He Was” sembra quasi un’influenza diretta... È stato entusiasmante essere chiamato da un gruppo di cui ero già un fan in precedenza! Aver suonato coi Jennifer Gentle ha rafforzato sempre di più in me l’idea che, alla fine, quello che conta è scrivere belle canzoni. Intendo proprio belle e sincere; secondo la tua visione, non inquinate da mode o imitazioni varie. Il resto conta un sacco di meno… anche se aiuta qua e là. Per quanto riguarda “Bastard He Was”, qualcuno ha detto che sembra gli Housemartins, qualcun altro i NOFX. Il mondo è vario. Secondo me non assomiglia a nessuno di questi, ma fate pure. Com’è stato suonare in America con i Jennifer Gentle? A ritmi serratissimi! Però fantastico, il più delle volte. Quei ragazzi là crescono immersi in mille tipi di musica, ne sanno veramente un sacco e vanno ai concerti principalmente per ascoltare. Non ci vivrei, però per suonare è un altro mondo a livello di realtà di pubblico e qualità media. Forse solo perché è un posto grande è c’è più competizione, ma di fatto è così. In concerto sarai accompagnato dalla band o manterrai il tuo profilo “da cameretta” in solitario? Per adesso vorrei provare da solo, anche se tutt’altro che “da cameretta”: come dice Hamell On Trial “questa non è una chitarra, è un mitra” (del resto, “this machine kills fascists”, NdI). Ecco, quella è la mia idea. Ultima curiosità personale: come mai non hai inserito nel disco la cover di “I’m Sitting Down Here” di Lene Marlin, che avevi però incluso in un ep di presentazione chiamato anch’esso “Morning”? Perché non apparteneva al ciclo di canzoni di “Morning”. In fase di scaletta ho visto che spiccava come diversa dalle altre. E perché non volevo che Lene ricevesse altri soldi di royalties, oltre a quelli dalla pubblicità delle pastiglie effervescenti. Hamilton Santià Contatti: http://www.maledetti.it/ Pagina 26 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Spazio Giovani 2005 Foggia, Teatro Mediterraneo, 1-2-3 settembre 2005 Sono tante le caratteristiche che deve avere un concorso per band emergenti per potersi definire buono. In primis la sede, in questo caso il Teatro Mediterraneo, un grande anfiteatro all’aperto dotato di uno splendido palcoscenico. Poi, la cornice di pubblico, nello specifico semplicemente incredibile, che una media di mille persone a serata in una manifestazione così sono in pochi - anzi, forse nessuno - a poterle vantare. E ancora, l’organizzazione, e anche qui niente da dire, visto che a “Spazio Giovani” ogni aspetto della questione, dai suoni alle luci al trattamento riservato alle band, è risultato impeccabile. Un insieme di fattori fondamentale, ma che rischia di cadere in secondo piano nel caso la musica dei gruppi in gara non sia all’altezza. Pericolo scongiurato (come sempre, da queste parti), visto anche l’alto numero di iscrizioni - quasi cinquecento provenienti da tutta Italia e anche dall’estero. Tra queste, sono stati scelti sedici semifinalisti, esibitisi l’1 e il 2 settembre, tra i quali la giuria ha selezionato gli otto finalisti, protagonisti nella serata del 3. Non facile decidere il nome del vincitore visto, appunto, il buon livello medio delle proposte. Alla fine, a spuntarla è stata la capitolina Chiarastella, cantautrice sospesa tra elettronica e tradizione, che ha colpito - e non poco! - per la bontà delle soluzioni sonore e per alcuni passaggi melodici davvero interessanti. Vista la giovane età, il futuro è tutto dalla sua parte; nel mentre, anche il presente è dei più rosei. Per quanto riguarda il “premio della critica”, la scelta è invece caduta sugli Eugenie di Latina, autori di una pop-wave assai vitale e curatissima sotto il profilo tanto sonoro quanto melodico. Detto dei vincitori, è comunque doveroso menzionare anche i rimanenti finalisti, in rigoroso ordine alfabetico. I palermitani Bonanova, anzitutto, con le loro raffinate sonorità etniche, ancora perfettibili ma interessanti; poi, il funky-pop-rock potente ma non troppo dotato di spessore dei bergamaschi Different Style Keepers, il gothic-metal a dire il vero un po’ “spuntato” dei Maledia da Roma, l’originale incrocio tra sperimentazioni alla Radiohead e rock più tradizionale dei foggiani Shoe’s Killing Worm (premio “La Gazzetta del Mezzogiorno” e della giuria popolare), potenzialmente in grado di fare grandi cose, il gradevole country-pop degli olandesi Sub, fino all’ultimo in lizza per la vittoria finale, e il trascinante hip hop dei napoletani Traballera (premio “Radionorba”), non originalissimo ma molto ben eseguito. Come si è visto, una proposta variegata, a dimostrazione che la musica, se è buona, può superare qualsiasi steccato di genere. Oltre che, se vogliamo, una ulteriore dimostrazione di come, giunto ormai alla ottava edizione, “Spazio Giovani” sia giustamente considerato come una delle vetrine più prestigiose a livello nazionale per le nuove leve della musica tricolore. Prendano nota quanti, finora, hanno colpevolmente fatto finta di non accorgersene. Aurelio Pasini Pagina 27 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 Disco Drive Cuneo, 2 settembre 2005 Qualcuno la chiama elaborazione del lutto. Altri, più scherzosamente, incazzatura feroce. In ogni caso, la definizione sfugge, a maggior ragione in questa data cuneese dei Disco Drive, appena derubati di tutti i loro strumenti. Quindi, per reazione, la determinazione si trasforma in rabbia, che pervade tutto il set, fulmineo e imperfetto, lontano dalla pulizia eppure vivo, intimo, se di intimismo di può parlare. È un live rodato da una lunga tournée estiva, quello dei torinesi, che solo i meno informati potrebbero scambiare per la risposta italiana alla voglia di punk-funk che ha marchiato il 2004. La realtà, invece, dice di una band matura e ormai svincolata da generi e intenzioni, che si mostra senza pudori, sostenuta da una struttura ritmica convincente e incalzante, maturata dall’esperienza degli Encore Fou e qui ulteriormente perfezionata, che raggiunge i risultati migliori in “All About This”, l’episodio più divertente del lotto. Certo, la situazione d’emergenza e il poco tempo a disposizione per il soundcheck non aiuta il terzetto, bravo a contenere le difficoltà e a incanalarle nel modo migliore. I brani tratti da “What’s Wrong With You, People?” si sommano ad alcuni inediti che non smentiscono le coordinate base della band, in procinto di lasciare la penisola per qualche data all’estero, da sempre vero banco di prova per i nostri gruppi. Non per i Discodrive, però, che quest’ostacolo l’hanno superato con entusiasmo già nella scorsa stagione, raggiungendo buoni risultati e ottimi feedback. Potenza del sacrificio, dunque, che sfugge all’hype e alle trappole di percorso, allestendo con cura un set concentrato e affascinante, resistente agli urti e agli incidenti, più o meno inaspettati, che aggiungono problemi al già troppo bistrattato indie-rock italiano. Giuseppe Bottero Chomsky + Offlaga Disco Pax Nuvolari Libera Tribù, Cuneo, 8 settembre 2005 È una programmazione virata sull’indie-rock, quella dell’edizione 2005 del Nuvolari Libera Tribù, storico festival che da anni anima le estati cuneesi, che non disdegna musicisti dal passato pesante come Marlene Kuntz e Afterhours ma guarda con interesse alle proposte più innovative del panorama italiano. Lo testimonia l’accoppiata Chomsky-Offlaga Disco Pax, azzardata solo sulla carta ma in realtà capace di suggestionare e divertire. I torinesi sono in formazione tipo, senza gli ospiti che ne impreziosiscono l’album ma Pagina 28 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 che, nella dimensione live, ne compromettono la compattezza; la loro è un’esibizione scura e a tratti claustrofobica, che alle rassicuranti aperture cantautorato preferisce i momenti dilatati e prossimi al post. Poi, gli Offlaga. Attesi, ma in qualche modo inaspettati. Perché, è vero, il concerto non è così lontano dall’album (anzi, ne ripropone intera la scaletta), ma il trio emiliano emoziona, in virtù di un background musicale composito eppure essenziale, scarno ma in qualche modo vivo. Le liriche, che il pubblico dimostra di conoscere a memoria, instaurano un rapporto duplice, anche in relazione alla location: è la provincia, è la pianura padana, nei suoi estremi. Sono orfani di sinistra, gli Offlaga Disco Pax, ma riempiono il vuoto con personaggi mai scontati, che prendono vita nei deliziosi spaccati di realtà immaginata, virata in racconto nelle asperità di “Kappler”, nel candore incalzante di “Robespierre”, nelle atmosfere surreali di “Piccola Pietroburgo”, scarabocchio di parole uscite direttamente dalle pagine di Guareschi e sprofondate senza timori nelle paludi del post moderno. Il recitato di Max Collini, poi, soprende per la naïvete e per una “carenza di autorevolezza” che gli dona,se possibile, una credibilità ancora maggiore. E l’inedito con cui conclude la serata, “Cioccolata I.A.C.P.”, vale da solo l’attenzione che l’orchestra Offlaga, vero buco temporale, merita. Giuseppe Bottero Franklin Delano Milano, Film Festival, 22 settembre 2005 Ci sono band che, una volta sul palco, non rispettano le attese create da dischi decisamente riusciti. Purtroppo, quello dell’esibizione è un aspetto sempre meno considerato, specie da parte di artisti nostrani che, dopo aver scritto qualche bella canzone, non riescono a renderle giustizia dal vivo. Per fortuna questo non è il caso dei Franklin Delano, un gruppo che una volta accesi i riflettori riesce a convogliare emozioni e note in un affascinante viaggio attraverso il deserto, la sabbia e la psichedelia, un folk dilatato che non disdegna sfuriate elettriche e rifrazioni strumentali tra Thin White Rope e Red Red Meat. La data in questione è la prima di un nuovo corso per la band bolognese. Sciolto il legame con Vittoria Burattini, Paolo Iocca e Marcella Riccardi si presentano in compagnia di Zeus Ferrari della Juniper Band alla batteria e Marcello Petruzzi dei Caboto al basso. Proprio quest’ultimo strumento è una novità assoluta, che inaugura una nuova line-up che può quindi vantare un suono più rotondo, una base ritmica più solida su cui lanciare le proprie ossessioni strumentali. Scaletta in gran parte dedicata all’ultimo “Like A Smoking Gun In Front Of Me”, i cui brani risultano ora più dinamici, più efficaci e trascinanti, persino più “cattivi”. L’ottimo lavoro della sezione ritmica, infine, permette alle sei corde dei due cantanti di prendersi maggiori libertà e di vagare nell’ispirazione nel migliore dei modi. Sono piccoli grandi concerti capaci di dare un senso a un’idea Pagina 29 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Ottobre '05 musicale che spesso viene a mancare, proprio per la passione che sanno trasmettere e le emozioni che sanno far crescere con dei minimi accenni di chitarre (come la conclusiva “Your Perfect Skin Line”), e la suggestiva cornice del Castello Sforzesco di Milano non fa che aumentare il sentimento di trasporto verso queste vibrazioni in libertà. L’ennesima conferma di quanto i Franklin Delano siano tra i pezzi più pregiati del nostro rock e di come siano capaci di fare il loro lavoro giorno dopo giorno, in silenzio, lasciando parlare le corde degli strumenti e la voce delle loro canzoni. Hamilton Santià Pagina 30 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it