Etichettatura dei prodotti per celiaci Elisabetta Toti [email protected] Introduzione Nella dieta della popolazione generale, i cereali contribuiscono alla gran parte del consumo energetico giornaliero in tutti i paesi Europei, e ciò è particolarmente vero per i cereali conte‐ nenti glutine. La FAO nel 2002 ha stimato che il 90% dei cereali consumati in Europa sia costi‐ tuito da grano, orzo, segale e avena e solo il 10% da cereali naturalmente privi di glutine (ri‐ so, mais, miglio e sorgo). Quindi è evidente che la diagnosi della celiachia e lʹeliminazione del glutine dalla dieta comportano uno stravolgi‐ mento delle abitudini alimentari. I prodotti “senza glutine” più consumati risultano essere il pane, la pasta, la pizza, i biscotti ed i prodotti da forno e proprio in base all’estesa presenza sul mercato dei prodotti per celiaci etichettati in maniera differente, la Commissione Europea ha ritenuto necessario intervenire con un Regola‐ mento che, a livello comunitario, definisse rego‐ le precise per la commercializzazione e mede‐ simi livelli di tutela del consumatore. Nel gen‐ naio 2009 è stato quindi pubblicato il Regola‐ mento CE 41/2009, entrato ufficialmente in vi‐ gore dal 1 gennaio 2012, relativo alla composi‐ zione e all’etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine. mediata, sprue celiaca o enteropatia glutine‐ sensibile. L’ingestione di glutine nel soggetto celiaco attiva in maniera anomala il sistema immunitario che risponde rifiutando il glutine e danneggiando quindi l’intestino, la mucosa si appiattisce e non svolge più la sua funzione di assorbimento dei nutrienti (ferro e altri minera‐ li, vitamine, zuccheri, proteine, grassi, etc). La dieta priva di glutine è pertanto per il celiaco l’unica terapia possibile, tuttavia è ben noto come la completa eliminazione del glutine dal‐ lʹalimentazione rappresenta un obiettivo davve‐ ro difficile da raggiungere. Difatti è molto im‐ portante stabilire quale sia la soglia minima di glutine che può essere ingerita senza alcuna conseguenza dannosa. La soglia minima di glu‐ tine tollerabile può essere legata a diversi fattori ed è verosimile pensare che possa essere diffe‐ rente a livello individuale. In ogni caso la celiachia non è causata esclu‐ sivamente dal glutine, ossia dal fattore ambien‐ tale, ma anche da alcuni fattori genetici ed è in‐ fatti una delle malattie genetiche più frequenti. In particolare il complesso HLA‐DQ2 e HLA‐ DQ8 è fortemente associato alla malattia celiaca e quindi chi possiede questi geni ha una certa predisposizione a sviluppare la celiachia. Cos’è la celiachia Il percorso normativo La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, la componente proteica che si trova nel frumento ed in altri cereali (farro, orzo, segale, avena, kamut, spelta, triticale, malto, ecc.). Si tratta di una patologia autoimmune ed è anche chiamata morbo celiaco, enteropatia immuno‐ Come accennato in precedenza, l’ultima novità normativa è rappresentata dal Regolamento CE 41/2009, ma dagli anni ’80 molti atti normativi sono stati pubblicati per la tutela delle persone affette da celiachia. Di seguito sono schemati‐ camente riassunti: 31 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO 2, APRILE - GIUGNO 2012, ANNO 41 ‐ DM del 1 luglio 1982: i celiaci ottengono la gratuità dei prodotti essenziali per la dieta priva di glutine; ‐ DPR 1008 del 2 settembre 1985: introduce l’esenzione dal servizio militare di leva per i celiaci; ‐ DL 111 del 27 gennaio 1992 e il DPR 131 del 19 gennaio 1998: disciplinano la materia rela‐ tiva agli alimenti destinati ad una alimenta‐ zione particolare, recependo la Direttiva 89/398/CE, e diventano la norma di riferi‐ mento per la produzione degli alimenti senza glutine; ‐ DM del 18 maggio 2001: viene adottato il “regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla parteci‐ pazione al costo delle relative prestazioni sani‐ tarie”. Questa disciplina ha garantito alla celiachia specifiche forme di tutela: i presi‐ di (rete nazionale per la prevenzione, sor‐ veglianza, diagnosi, e terapia delle malattie rare) accreditati, preferibilmente ospedalie‐ ri e con specifica esperienza nella diagno‐ stica e nella terapeutica delle malattie rare, che devono assicurare l’erogazione total‐ mente gratuita delle prestazioni per la dia‐ gnosi di questo tipo di malattia; il registro nazionale delle malattie rare, che raccoglie dati anagrafici, anamnestici, strumentali e di laboratorio dei pazienti, istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità; l’erogazione in regime di esenzione delle prestazioni fi‐ nalizzate alla diagnosi, comprese le indagi‐ ni genetiche sui familiari con sospetto dia‐ gnostico; ‐ DM dell’8 giugno 2001: ha consentito l’intro‐ duzione di novità rilevanti nella regolamen‐ tazione dell’istituto dell’erogazione gratui‐ ta: inserisce l’erogazione dei prodotti desti‐ nati ad una alimentazione particolare nei li‐ velli Essenziali di Assistenza; indica e calco‐ la i tetti sulla base dei prezzi medi dei pro‐ dotti, eventualmente incrementati del 30% per tenere conto di particolari esigenze nu‐ trizionali; prevede i “buoni” attraverso i 32 quali i celiaci ritirano i prodotti presso “for‐ nitori convenzionati”, (che includono an‐ che la grande distribuzione organizzata e i negozi specializzati); istituisce il registro nazionale dei prodotti destinati ad un’ali‐ mentazione particolare, erogati poi dalle Regioni; ‐ DM del 3 marzo 2005: con cui viene ricono‐ sciuta al celiaco che segue correttamente la dieta la possibilità di donare il sangue, men‐ tre prima di tale decreto tutti i soggetti con malattie autoimmuni ne erano esclusi; ‐ DM del 4 maggio 2006: relativo alle norme per la protezione dei soggetti malati di ce‐ liachia; ‐ DPCM del 23 aprile 2008: che segna il pas‐ saggio fondamentale della celiachia dal‐ l’elenco delle malattie rare in quello delle malattie croniche. Il nuovo regolamento Dal 1 gennaio 2012 è entrato in vigore il Rego‐ lamento CE 41/2009 che rappresenta un tra‐ guardo molto importante in quanto, preceden‐ temente a questa data, in Europa il termine “senza glutine” aveva un significato diverso a seconda del paese in cui veniva utilizzato, per esempio in alcuni paesi del nord Europa, garan‐ tiva i 100 o addirittura 200 ppm di glutine. Questa disparità era dovuta alle differenze nel‐ la dieta dei vari paesi europei, nei paesi del nord, tradizionalmente si consumano quantità molto inferiori di pasta e pane rispetto ad altri paesi. Questo regolamento, come tutte le nor‐ me, è stato il frutto di un compromesso tra le varie posizioni diverse in Europa. Al claim “senza glutine” è stato associato il limite dei 20 ppm perché è quello che offre il maggior livello di tutela per tutti i celiaci. Dalla data di entrata in vigore del regolamento, tutti i prodotti com‐ mercializzati nell’Unione Europa con la suddet‐ ta dicitura garantiscono il limite dei 20 ppm e possono quindi essere consumati con tranquilli‐ tà dai celiaci. Elisabetta Toti Nello stesso tempo, il regolamento ha previ‐ sto la possibilità di utilizzare un altro claim “con contenuto di glutine molto basso” per prodotti dietetici con contenuto di glutine fino a 100 ppm. In questo modo, anche quelle po‐ polazioni di celiaci nordeuropee che volessero continuare a consumare prodotti fino a 100 ppm potranno continuare a reperirli sul mer‐ cato, anche se con una denominazione diversa. Per la libera circolazione delle merci all’inter‐ no del territorio europeo questi prodotti po‐ trebbero arrivare anche sul mercato italiano e la posizione del Ministero della Salute, in me‐ rito a tali prodotti, fa si che ad essi non venga applicato il regime di erogazione gratuita e non verranno inseriti nel registro dei prodotti dietetici erogabili. Altra importante novità sancita dal nuovo rego‐ lamento è che i prodotti dietetici “senza gluti‐ ne” possono contenere anche derivati da “ce‐ reali vietati”, come l’amido di frumento, pur‐ ché garantiscano nel prodotto finito il limite dei 20 ppm. La presenza di contaminazioni più o meno considerevoli nell’amido da frumento che si trova in commercio, ha infatti portato il Mini‐ stero della Salute ad escludere per anni questo ingrediente dalla preparazione di prodotti die‐ tetici per celiaci. L’amido di frumento è però anche un utilissimo ingrediente per i prodotti da forno, soprattutto per il pane, in quanto ne migliora notevolmente la palatabilità. Per que‐ sto motivo, i produttori di amido di frumento sono stati per anni sollecitati dai produttori di alimenti senza glutine a produrre un amido di frumento in cui la contaminazione da glutine fosse ridotta al minimo. Al momento, grazie al‐ le nuove tecnologie produttive, è possibile pro‐ durre un amido di frumento “deglutinato” che permette la di ottenere prodotti alimentari con contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm e per questo autorizzato dal Ministero della Salute come ingrediente degli alimenti dietoterapeuti‐ ci senza glutine. L’amido di frumento non de‐ glutinato, invece, impiegato nella produzione Etichettatura dei prodotti per celiaci di alimenti del libero commercio, resta un in‐ grediente tossico per i celiaci. Inoltre il regola‐ mento stabilisce il limite di glutine di 100 ppm è ammesso per i soli prodotti dietetici a base di ingredienti depurati di glutine, cioè materie prime derivanti da cereali “vietati” apposita‐ mente trattati. Tali prodotti devono comunicare in etichetta obbligatoriamente la dicitura “con contenuto di glutine molto basso”. Questa defi‐ nizione non è riferibile, invece, ai prodotti di consumo generale ed oltre a ciò i prodotti diete‐ tici “con contenuto di glutine molto basso” non sono ammessi nel registro nazionale. Lʹamido di frumento è una farina molto fine che si ottiene dalla lavorazione dei chicchi di grano che va dalla macinazione dei chicchi alla miscelazione con acqua della prima farina ottenuta; dalla centrifuga‐ zione a vari altri processi di lavaggio, separazione, asciugatura e nuova macinatura. Ulteriore innovazione del regolamento consi‐ ste nella possibilità di poter segnalare in etichet‐ ta l’idoneità dei prodotti di consumo corrente rispetto alla dieta senza glutine. Quindi si crea un’attenzione alla celiachia da parte di tutto il mercato alimentare ed i prodotti del libero commercio che sono conformi alle disposizioni del regolamento stesso (cioè con glutine inferio‐ re ai 20 ppm) possono essere commercializzati con la dicitura “senza glutine”. Alcune aziende però, hanno mal interpretato la norma, ritenen‐ do erroneamente che l’assenza di ingredienti derivanti da cereali contenenti glutine sia, da sola, condizione necessaria e sufficiente per considerare, e quindi etichettare, il prodotto come “senza glutine”. In questo caso sussiste il problema nella garanzia rispetto al rischio di contaminazione accidentale, ambientale o cro‐ ciata, che è essere molto elevato nelle industrie alimentari. Oltre a quanto riportato nel Regolamento CE 41/2009, sono stati pubblicati dal Ministero del‐ la Salute delle circolari esplicative, come la Cir‐ colare ministeriale del 5 novembre 2009, “Linee di demarcazione tra integratori alimentari, prodotti 33 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO 2, APRILE - GIUGNO 2012, ANNO 41 destinati ad una alimentazione particolare e alimenti addizionati di vitamine e minerali ‐ Criteri di com‐ posizione e di etichettatura di alcune categorie di prodotti destinati ad una alimentazione particolare”. Questa norma stabilisce che la dicitura “senza glutine” è di natura volontaria. Qualsiasi pro‐ dotto alimentare del libero commercio (come per esempio gelati, salumi, caramelle, salse, ecc.), per cui le aziende possano garantire l’as‐ senza di glutine (glutine inferiore a 20 ppm), può riportare la dicitura “senza glutine”. La vecchia dicitura “non contiene fonti di glutine”, precedentemente consentita per i salumi e i ge‐ lati in vaschetta, non è più ammessa. Per quan‐ to riguarda invece i prodotti dietetici senza glu‐ tine restano soggetti alla procedura di notifica (Decreto Legislativo 111/92). Per quanto riguarda invece i prodotti “natu‐ ralmente senza glutine”, ossia quelli non conte‐ nenti glutine e non trasformati, come frutta, verdura, carne, pesce, latte, uova, tal quali, non potranno utilizzare il claim “senza glutine” poi‐ ché, per loro natura, non necessitano di dichia‐ rare l’assenza di glutine. La norma, infatti, è fi‐ nalizzata al supporto per il soggetto celiaco per Tipologia di prodotti l’identificazione, tra i prodotti a rischio, di quel‐ li idonei alla propria dieta. Il Ministero ha sancito che l’impiego della di‐ zione “senza glutine” in etichetta sia ammesso solo nel caso in cui l’azienda possa assicurare sia l’assenza di ingredienti derivati da cereali contenenti glutine, ma anche l’assenza di po‐ tenziali fonti di contaminazione durante il pro‐ cesso produttivo. A tale riguardo, il Ministero richiede che l’azienda adegui il proprio piano di autocontrollo specificamente al fine di garan‐ tire che il tenore residuo di glutine nei propri prodotti dichiarati come “senza glutine” non superi i 20 ppm. L’inserimento del punto critico relativo al glutine nel piano di autocontrollo delle aziende implica anche la verifica di questo aspetto da parte delle autorità competenti per i controlli (come, ad esempio, gli ispettori della Sanità Pubblica Locale). Tenendo conto anche della già in vigore Diret‐ tiva Allergeni, nella tabella di seguito riportata, vengono sintetizzate le definizioni concernenti il contenuto in glutine ammesse dall’entrata in vigore del Regolamento CE 41/2009. Limiti glutine <20 ppm <100 ppm “con contenuto di glutine molto basso” Prodotti dietetici “senza glutine”* Prodotti convenzionali >100 ppm Non sono ammessi prodotti dietetici per celiaci con tale contenuto di glutine “può contenere tracce di glutine” oppure “glutine” nella lista degli ingredienti ** * a esclusione degli alimenti naturalmente senza glutine ** secondo la norma sugli allergeni, è obbligatorio riportare l’indicazione della presenza di glutine (o del cereale da cui deriva) solo qualora questo sia tra gli ingredienti. Questa definizione può indicare la potenziale presenza di glutine per contaminazione accidentale sebbene tale dicitura non rappresenti un obbligo della normativa vigente. Conclusioni Lʹetichettatura è uno strumento fondamentale per l’informazione del consumatore e, nel campo degli alimenti destinati a persone affet‐ te da celiachia, la maggior garanzia dovrebbe provenire da una modifica alla norma sugli 34 allergeni che dovrebbe imporre l’obbligo di riportare in etichetta l’informazione della pre‐ senza di allergeni non solo se presenti come ingredienti, ma anche se potenzialmente pre‐ senti per contaminazione. In questo modo il celiaco saprebbe che tutti i prodotti reperibili Elisabetta Toti sul mercato sono idonei alla sua dieta, a esclu‐ sione di quelli in cui sia riportato l’avviso del‐ la presenza di glutine in etichetta. In ogni ca‐ so, il Regolamento CE 41/2009 rappresenta un importantissimo passo avanti per i celiaci ed apporta sicuri vantaggi ai celiaci e agli opera‐ tori del settore alimentare. Riferimenti normativi Regolamento CE 41/2009, relativo alla composi‐ zione e all’etichettatura dei prodotti alimen‐ tari adatti alle persone intolleranti al glutine. Direttiva 89/398/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concer‐ nente i prodotti alimentari destinati ad unʹa‐ limentazione particolare. Decreto legislativo 111/92, attuazione della diret‐ tiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimen‐ tari destinati ad una alimentazione particolare. DM del 1 luglio 1982, assistenza sanitaria inte‐ grativa relativa ai prodotti dietetici. DPR 1008 del 2 settembre 1985, approvazione del nuovo elenco delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare. DL 111 del 27 gennaio 1992, attuazione della direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti Etichettatura dei prodotti per celiaci alimentari destinati ad una alimentazione particolare. DPR 131 del 19 gennaio 1998, regolamento recan‐ te norme di attuazione del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 111, in materia di prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare. DM 279 del 18 maggio 2001, regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al co‐ sto delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dellʹarticolo 5, comma 1, lettera b), del decre‐ to legislativo 29 aprile 1998, n. 124. DM 8 giugno 2001, assistenza sanitaria integra‐ tiva relativa ai prodotti destinati ad una ali‐ mentazione particolare. (decreto Veronesi) DM 3 marzo 2005, protocolli per lʹaccertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti. DM 4 maggio 2006, limiti massimi di spesa per lʹerogazione dei prodotti senza glutine. DPCM del 23 aprile 2008, nuovi Livelli essen‐ ziali di assistenza erogati dal Servizio sanita‐ rio nazionale. Circolare ministeriale del 5 novembre 2009, Li‐ nee di demarcazione tra integratori alimenta‐ ri, prodotti destinati ad una alimentazione particolare e alimenti addizionati di vitamine e minerali. 35