Novità per la composizione ed etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine Gianluca Cicchiello * 1.- Premessa Il 21 gennaio 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il Regolamento (CE) N. 41/2009 della Commissione, del 20 gennaio 2009, relativo alla composizione e all’etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine 1 . Scopo del regolamento 2 è tutelare i consumatori che necessitano di un’alimentazione particolare, eliminando le differenze tra le varie disposizioni nazionali che rischiano di precludere ai cittadini europei un uguale livello di protezione nell’alimentazione. Pertanto, l’introduzione di regole uniformi in tutti i Paesi europei tende a garantire la libera circolazione dei prodotti presentatati come "senza glutine" o con termini equivalenti, che potrebbe essere ostacolata dalle differenti legislazioni attualmente vigenti negli Stati membri. Tale regolamento interessa in particolar modo le persone intolleranti al glutine, quindi le persone celiache o con allergie derivanti da alimenti. La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Secondo l’AIC – Associazione Italiana Celiachia – l’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci potenzialmente sarebbero quindi 400 mila, ma ne sono stati diagnosticati intorno agli 85 mila. Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 (*) Le opinioni riportate nel presente articolo costituiscono elaborazione personale dell’autore e non impegnano l’istituzione di appartenenza. (1) Il regolamento è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, quindi il 10 febbraio 2009. (2) Rettificato in data 1 luglio 2009 a pagina 4, nell’articolo 2 («Definizioni»): anziché: «b) “glutine”, frazione proteica del frumento, della segale, dell’orzo, dell’avena o delle loro varietà incrociate nonché dei loro derivati, nei confronti della quale alcune persone sono intolleranti, non solubile in acqua in soluzione di cloruro di sodio di 0,5 M;», leggi: «b) “glutine”, frazione proteica del frumento, della segale, dell’orzo, dell’avena o di varietà incrociate di detti cereali ovvero derivati di tale frazione proteica, nei cui confronti alcune persone risultano intolleranti, non solubile in acqua in soluzione di cloruro di sodio di 0,5 M;». 1 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10%. Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dalla dieta alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può causare danni. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Si possono utilizzare invece altri tipi alimenti quali: riso, mais, miglio, manioca. Molte industrie alimentari hanno introdotto in commercio alimenti senza glutine sempre più gradevoli: farine che sostituiscono quella di grano, pane, pasta, biscotti, dolci, cracker, grissini, fette biscottate, merende. La dieta del celiaco risulta così varia ed equilibrata nonostante l’esclusione del glutine. 2.- Glutine ed etichette, lo stato dell'arte La Commissione ha ritenuto opportuno disciplinare sul piano comunitario le condizioni per l’utilizzo dei termini relativi all’assenza di glutine: l’art. 2 definisce il “glutine” come frazione proteica del frumento, dell’avena, della segale, dell’orzo o di varietà incrociate di detti cereali ovvero derivati di tale frazione proteica. I “prodotti alimentari per persone intolleranti al glutine”, invece, sono i prodotti destinati a soddisfare le esigenze delle persone celiache. Poiché tra i soggetti intolleranti il livello di tollerabilità del glutine varia da persona a persona, il regolamento stabilisce che il contenuto di glutine nei prodotti alimentari ricavati da frumento, segale, orzo, avena o da loro varietà incrociate, non deve superare 100mg/kg. In tal caso, l’etichettatura 3 , la pubblicità e la presentazione devono riportare la dicitura “con contenuto di glutine molto basso”. Invece, per quei prodotti composti da ingredienti che sostituiscono il frumento e le altre varietà, il contenuto di glutine non deve superare i 20 mg/Kg e l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità devono contenere la menzione “senza glutine”. Entrambe le diciture (“senza glutine” e “con contenuto di glutine molto basso”) devono essere indicate accanto alla denominazione di vendita del prodotto (art. 3 n. 6). (3) Sull’arg. v. la formula usata dall’art. 1 del d. lgs. 27 gennaio 1992, n. 109 quale risulta a seguito della modifica apportata dall’art. 1 del d. lgs. 23 giugno 2003, n. 181 di attuazione della dir. 2000/13; nonché per etichettatura si intenda: “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su una etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o, in mancanza, in conformità a quanto stabilito negli articoli 14, 16 e 17, sui documenti di accompagnamento del prodotto” (così art 1, comma 2°, lett. A, del d. lgs. 27 gennaio 1992, n. 109). 2 Il regolamento in esame non è il primo intervento dell’Unione in favore dei soggetti che hanno particolari esigenze alimentari. Questi i principali provvedimenti sin qui emanati: - la direttiva 89/398/CEE ha previsto regole generali per i prodotti alimentari che, per la loro composizione o per il processo di fabbricazione, sono destinati a soddisfare le esigenze nutrizionali di particolari consumatori; infatti l’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva prevede la possibilità, per i prodotti alimentari di consumo corrente adatti ad un’alimentazione particolare, di menzionare tale proprietà; di conseguenza occorre un’autorizzazione perché un alimento normale, adatto ad essere inserito in una dieta senza glutine in quanto privo di ingredienti derivati da cereali o avena contenenti glutine, possa avere un’etichettatura indicante l’assenza di glutine; - la direttiva 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni nazionali concernenti l’etichettatura, la presentazione dei prodotti alimentari e la relativa pubblicità, ha stabilito regole particolari per i prodotti privi di glutine, disponendo che tali menzioni non devono indurre in errore il consumatore suggerendo che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando di fatto tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono le stesse caratteristiche; - la direttiva 2006/141/CE, che disciplina gli alimenti per i lattanti e gli alimenti di proseguimento, vieta l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine nella fabbricazione di tali prodotti alimentari; la direttiva vieta il ricorso alle menzioni "con contenuto di glutine molto basso" o "senza glutine" nell’etichettatura di tali prodotti, poiché tale etichettatura va utilizzata per indicare un contenuto di glutine non superiore, rispettivamente a 100 mg/kg e 20 mg/kg.; - la direttiva 2006/125/CE, sugli alimenti a base di cereali ed altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini, impone di indicare la presenza o l’assenza di glutine qualora il prodotto sia destinato a bambini di età inferiore a sei mesi. Particolarmente utile risulta l’impiego del “regolamento” quale strumento giuridico per l’immediata applicabilità della disposizione in esame, che evita eventuali “ritardi” nelle attività di recepimento delle norme comunitarie. Come anche riportato nel punto 11 dei consideranda del regolamento, lo standard del Codex Alimentarius sui prodotti dietetici per gli intolleranti al glutine” è stato recentemente revisionato (luglio 2008). Ricordiamo che il Codex Alimentarius è un insieme di regole e di linee guida (chiamate “standard”) riconosciute a livello internazionale ed elaborate dalla Codex Alimentarius Commission, istituita nel 1963 dalla FAO e dall’OMS per tutelare la salute dei consumatori. Gli standard non sono “legge”, nel senso che non si applicano direttamente negli Stati membri ONU, ma 3 hanno un valore internazionale tale per cui tutte le legislazioni nazionali presto o tardi vi si adeguano 4 . La nuova revisione dello standard sui prodotti dietetici per gli intolleranti al glutine prevede il limite di 20 ppm per i prodotti dietetici definibili “senza glutine” e riconosce che i prodotti processati al fine di ridurre il contenuto di glutine ad in livello tra i 20 ed i 100 ppm possono essere consumati da alcune categorie di persone intolleranti al glutine. 3.- Le novità del Regolamento (CE) N. 41/2009 Con l’approvazione del nuovo standard Codex, si è resa necessaria l’elaborazione, da parte della Commissione Europea, del Regolamento 41/2009, specificamente destinato a disciplinare la composizione e l’etichettatura degli alimenti adatti alle persone intolleranti al glutine. Le novità principali riguardano: - definizioni e limiti dei prodotti senza glutine; - materie prime consentite per la produzione di alimenti senza glutine; - utilizzo dell’avena nella produzione di alimenti senza glutine. Per quanto concerne le definizioni e limiti dei prodotti senza glutine, in seguito alla recente decisione Codex, anche il nuovo regolamento definisce “senza glutine” i soli prodotti con contenuto in glutine inferiore ai 20 ppm (parti per milione). Il regolamento introduce un elemento innovativo consentendo la definizione “senza glutine” anche ai prodotti destinati al consumatore generale, che rispettino comunque il limite di 20 ppm. Un ulteriore elemento innovativo introdotto dal regolamento, in applicazione del Codex, è la definizione “con contenuto di glutine molto basso” per i prodotti dietetici con contenuto in glutine tra 21 e 100 ppm, riconosciuti come idonei alle persone intolleranti al glutine. Tale definizione, che potrà essere riportata sulle confezioni dei prodotti dietetici a 21100 ppm di glutine, non è destinata, invece, ai prodotti di consumo generale. Anche tenuto conto della già in vigore Direttiva Allergeni 5 , si indicano le definizioni (4) V. P.Borghi, Codex Alimentarius, in Diritto alimentare. Mercato, sicurezza, dir. da F. Albisinni, Wolters Kluwer it., www.leggiditaliaprofessionale.it, Milano, 2009. 5 ( ) V. direttiva comunitaria 2003/89/CE (c.d. direttiva allergeni) del Parlamento Europeo e del Consiglio pubblicata il 25 novembre 2003 e nel suo recepimento italiano, il decreto legislativo 114/06. La direttiva allergeni è intervenuta a modifica della direttiva 2000/13/CE (c.d. direttiva etichettatura), che concerne il “ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità”, nelle parti che attengono all’indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari. 4 concernenti il contenuto in glutine ammesse dall'entrata in vigore del regolamento (febbraio 2009). Secondo la normativa allergeni è obbligatorio riportare l’indicazione della presenza di glutine (o del cereale di derivazione) solo qualora questo sia presente come ingrediente. Di fatto molte aziende utilizzano la scritta “può contenere tracce di glutine” per indicare una potenziale presenza di glutine per contaminazione accidentale. Tale dicitura non è comunque contemplata fra gli obblighi della normativa vigente. Si evidenzia che la tipologia di prodotto dietetico con contenuto di glutine tra 21 e 100 ppm fino ad oggi non è mai stata commercializzata in Italia. A tutela dei celiaci italiani, infatti, è stata diffusa dal Ministero della Salute la circolare n° 600.12/ AG32/2861, del 2 ottobre 2003, dell’Ufficio Alimenti Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria del Ministero della Salute, che applica il limite dei 20 ppm ai prodotti definibili “senza glutine” inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti, che comprende tutti i prodotti erogabili. Importante novità anche sul fronte delle materie prime consentite per la produzione di alimenti senza glutine. Finora, in Italia, i prodotti dietetici dovevano rispettare, oltre il limite dei 20 ppm, anche il divieto di utilizzo di materie prime contenenti all’origine glutine. Il regolamento sancisce, invece, che possono essere definiti “senza glutine” anche i prodotti ottenuti con l'impiego di materie prime derivanti da cereali vietati, come l’amido di frumento per il pane, purché garantiscano un contenuto in glutine < 20 ppm nel prodotto finito. La decisione, impensabile fino a poco tempo fa, è stata favorita dai progressi della tecnologia alimentare, che permettono l'impiego dell'amido di frumento garantendo il limite dei 20 ppm nel prodotto finito. La direttiva allergeni è stata emanata per “raggiungere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori e garantire loro di essere informati”. Ne consegue che “è necessario assicurare, per quanto riguarda i prodotti alimentari, un’informazione adeguata dei consumatori, in particolare indicando in etichetta tutti gli ingredienti”. In effetti, la direttiva 2000/13/CE - pur prescrivendo in linea generale l’indicazione obbligatoria in etichetta di tutti gli ingredienti – contemplava alcune deroghe. Più precisamente, era consentito non indicare i singoli ingredienti degli ingredienti composti, quando essi costituivano meno del 25% del prodotto finale. Questa regola, detta “regola del 25%”, era stata introdotta oltre 20 anni fa nella legislazione comunitaria allo scopo di evitare l’eccessiva lunghezza dell’elenco degli ingredienti, a fronte della presunzione che il consumatore potesse facilmente conoscere la composizione degli ingredienti composti (es. confetture di frutta, tradizionalmente costituite di frutta e zucchero, utilizzate nei biscotti). Negli ultimi anni la situazione è tuttavia mutata, anche in considerazione dello sviluppo delle tecnologie alimentari e del significativo incremento di consumo di alimenti preconfezionati. La direttiva 2003/89/CE, oltre a garantire alla generalità dei consumatori informazioni più complete circa gli alimenti esposti in vendita, risponde alle specifiche esigenze legate alle allergie alimentari, le quali rappresentano un problema sanitario in costante crescita. 5 Infine, il regolamento sancisce anche la possibilità di utilizzo di “avena pura” 6 cioè non contaminata da orzo, frumento, o altri cereali tossici, nei prodotti definibili come “senza glutine”. Il legislatore europeo si è allineato sulla posizione di non ritenere l’avena tossica per la maggioranza dei celiaci, purché non contaminata. Ricordiamo, infatti, che ad oggi, risulta difficile reperire in commercio avena non contaminata. 4.- Considerazioni conclusive Il regolamento in esame non prevede linee guida o procedure per le aziende, né specifiche modalità di controllo da parte delle Autorità. Si ritiene pertanto che tali aspetti siano rimandati alla disciplina degli Stati membri. Così, da febbraio, anche prodotti del libero commercio, possono già riportare in etichetta l’esplicita definizione “senza glutine”. Il Ministero della Salute ha anticipato di essere intenzionato a divulgare quanto prima degli elementi informativi in merito alle disposizioni introdotte dal regolamento. In attesa, quindi, di conoscere nel dettaglio le modalità di recepimento e l’applicazione della norma, si è resa assolutamente necessaria, la previsione di controlli efficaci da parte delle Autorità, oltre che la redazione di linee guida per le industrie alimentari che permettano di svolgere un’adeguata analisi di rischio su materie prime e processi produttivi al fine di eliminare il rischio di contaminazione accidentale da glutine e garantire così ai celiaci di poter, finalmente acquistare un prodotto attraverso la semplice lettura dell’etichetta. Fino a quel momento, Registro dei prodotti dietetici, Prontuario AIC degli Alimenti e Marchio Spiga Barrata, rimarranno gli strumenti necessari per poter scegliere con tranquillità prodotti idonei alla propria dieta. Rammentiamo che la dicitura “senza glutine” è di natura volontaria, pertanto, il numero di prodotti alimentari del libero commercio che riporteranno questa scritta dipenderà molto dall’interesse delle aziende verso il consumatore celiaco. L’entrata in vigore del nuovo regolamento comporterà prevedibilmente una modifica nell’interpretazione della Direttiva Allergeni, imponendo di fatto, realisticamente, il limite dei 20 ppm alla dichiarazione di presenza di glutine in etichetta. Paradossalmente, infatti, con l’interpretazione della norma che purtroppo si è fatta sino ad oggi, un prodotto alimentare potrebbe riportare la scritta “senza glutine”, secondo il nuovo Regolamento, e, nello stesso tempo, riportare la scritta “può contenere tracce di glutine” per un rischio di presenza accidentale di glutine di qualche ppm. (6) Così l’art 3 comma 3 del Reg. 41/2009. 6 Ricordiamo che né la “Direttiva Allergeni” né il Decreto Legislativo 114/2006 comportano l’obbligo di dichiarare l’eventuale presenza potenziale di glutine per contaminazione accidentale, ma solo il glutine presente come ingrediente. L’introduzione di un limite, invece, avrebbe obbligato l’azienda a valutare anche eventuali contaminazioni che possano comportare il superamento del limite stesso. Possiamo infine commentare che, con ogni probabilità sarà a breve superata la definizione “non contiene fonti di glutine”, ammessa ad oggi solo per gelati in vaschetta e salumi. Tra i “consideranda” cioè le considerazioni specifiche poste a premessa della norma, il punto 8 stabilisce che “tali menzioni non devono indurre in errore il consumatore suggerendo che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando di fatto tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono le stesse caratteristiche”. Non è ammessa, in sostanza, la possibilità di indicare come «senza glutine» alimenti che di per sé non presentino alcun rischio di contaminazione con cereali contenenti glutine o loro derivati. Gli alimenti naturalmente senza glutine (non contenenti glutine e non trasformati, come frutta, verdura, carne, pesce, latte, uova), dunque, non potranno riportare il claim "senza glutine" in quanto la norma è finalizzata all'aiuto al celiaco per l'identificazione, tra i prodotti a rischio, di quelli idonei alla propria dieta e quindi non è destinata ai prodotti naturalmente senza glutine che, per loro natura, non necessitano di dichiarare l'assenza di glutine. È necessario vigilare affinché in Italia non vengano recepite interpretazioni diverse (e scorrette) della norma. Restiamo, infatti, convinti che sia più efficace fornire al celiaco gli strumenti (attraverso l’informazione) sulle categorie degli alimenti disponibili, permettendogli di riconoscere i prodotti sempre idonei e quelli invece che necessitano di precise indicazioni (marchio e/o diciture previste per legge) che dimostrino una verifica preliminare della loro idoneità. Particolarmente rilevante il riconoscimento da parte della comunità europea dei prodotti dietetici con contenuto di glutine tra i 21 e 100 ppm come idonei alle persone intolleranti al glutine. Lo stesso regolamento definisce tali prodotti “con contenuto di glutine molto basso” cioè a ridotto contenuto di glutine. Assunto che la situazione ideale sarebbe stata l’indicazione da parte del Codex Alimentarius di 20 ppm per tutti i prodotti dietetici definiti come idonei ai celiaci, è comunque positivo che la Comunità Europea abbia ritenuto che tali prodotti fossero definiti “con contenuto di glutine molto basso”, cioè contenenti glutine, sebbene in ridotta quantità. Riteniamo che in un Paese come il nostro, che garantisce al celiaco un’ampia scelta di prodotti qualitativamente soddisfacenti nel rispetto del limite di 20 ppm, i prodotti tra 21 e 100 ppm, sebbene definiti dietetici, non riscuoteranno grande successo. Restiamo comunque in attesa di vedere come il Ministero della Salute vorrà regolamentare la presenza di tali prodotti nel mercato. 7 Resta evidente che non ci si può discostare dal limite dei 20 ppm di glutine consentito nei prodotti per i celiaci, posizione confermata dagli studi scientifici più recenti 7 tutt’ora ritenuti validi. Lo stesso Ministero della Salute rimane contrario all’eventuale inserimento in erogazione di prodotti con contenuto di glutine tra 21 e 100 ppm. Rispetto alla nuova possibilità di impiegare ingredienti di derivazione da cereali tossici, come l’amido di frumento, possibilità peraltro già attuata dal Ministero della Salute che, di recente, ha autorizzato prodotti dietetici senza glutine con amido di frumento, da parte delle associazioni di celiaci c’è stato pieno sostegno a questa possibilità, sicuri di favorire il celiaco con prodotti qualitativamente superiori, nel rispetto del limite di glutine più cautelativo per i consumatori. Infine, per quanto riguarda l’utilizzo dell’avena nella produzione di alimenti senza glutine, nell’attesa di vedere come il Ministero della Salute italiano recepirà questo aspetto del nuovo Regolamento, non possiamo che ribadire la posizione di cautela espressa da autorevoli comunità scientifiche, che ne ribadiscono il divieto precauzionale per i celiaci, in attesa di studi che chiariscano definitivamente la questione della sua potenziale tossicità per alcune categorie di celiaci. Riferimenti bibliografici: L. Costato, Compendio di diritto alimentare, IV Ed., Padova, 2007, 263, 287; A. Di Lauro, Il diritto alimentare: un diritto in movimento (Il caso dell'etichettatura degli allergeni), in Riv.dir.agr., 2007, I, 75; A. Di Lauro, Regole della comunicazione e tutela del consumatore, in Riv.dir.agr., 2005, I, 724; L. Guidarelli, R. Copparoni, B. Scarpa, Prodotti destinati ad una alimentazione particolare, Di Renzo Editore, 2001, 121, 203; M. Kaplan, Alimentazione senza Glutine e Latticini, Affrontare le intolleranze alimentari senza rinunciare alla buona tavola, Editore Punto d’Incontro, 2009, 29; V. Rubino, La direttiva 2003/89 CE “allergeni” fra efficacia verticale ed effetto regolamentare: profili di responsabilità del produttore di alimenti in caso di mancata trasposizione, in Diritto & Diritti, giugno 2004; T. Tranfaglia, Celiachia, Intolleranze, Allergie alimentari, 2003 Macro Edizioni, 32. (7) Sull’arg. v.“Tossicità delle tracce di glutine nei celiaci in trattamento: un’indagine di tipo prospettico, in doppio cieco, controllata con placebo per stabilire un valore limite di glutine sicuro” di Catassi et al., e “Consumo di prodotti senza glutine: il valore limite per le tracce di glutine dovrebbe essere 20, 100 o 200 ppm?” di A. Gibert et al. 8 ABSTRACT The Commission Regulation (EC) N. 41/2009 of January 2009 introduces interesting novelties concerning the composition and labelling of foodstuffs suitable for people intolerant to gluten. The aim of the regulation is to protect the consumers who need a specific nutrition, avoiding all the possible differences among the several national dispositions which risk to prohibit the European citizens from an equal level of protection in their nutrition. This regulation does not provide guidelines or procedures for the firms to avoid the risk of accidental contamination due to the gluten and not even a suitable system of control of the health services. It is necessary to supply the celiac person with instruments (through information) about the categories of food which are appropriate and the categories of food that need precise information (brand or wordings provided for the law) which have to show a preliminary control of their suitability. 9