Clicca per scaricare la newsletter

ASSOCIAZIONE ITALIANA DI VALUTAZIONE
maggio-giugno 2015, n.12
!!
SOMMARIO
Mita Marra: “Donne e potere: valutare la presenza
femminile nei CdA”
Luciana Saccone: “Il contributo istituzionale alla
realizzazione e valutazione di progetti che favoriscono la
parità e l’innovazione sociale”
Monica Andriolo: “Un’analisi qualitativa della presenza
femminile nei CdA attraverso interviste alle protagoniste”
Valentina Andreozzi: “CdA in Italia: presenza femminile
nelle società pubbliche. Le potenzialità di una valutazione
in chiave di genere della l. 120/2011”
Catina Balotta: “Valutare le pari opportunità di genere”
Donne e potere: valutare la presenza femminile nei CdA
Mita Marra - Presidente dell’Associazione Italiana di Valutazione
1
Gli studi di genere, sin dalla loro
nascita, si sono interrogati sulla
relazione che intercorre tra genere
e potere e, soprattutto, sulla
possibilità di trasformarla. Il
genere, inteso come costruzione
sociale situata e mutevole,
performance relazionale e insieme
di pratiche anche molto variabili,
offre le lenti interpretative capaci
di svelare l’ordine simbolico e di
potere strutturato e tacito, insito
negli ambienti di lavoro e, in
particolare, nelle ‘stanze dei
bottoni’. Secondo l’approccio
dell’ ‘intersezionalità’ nell’ambito
dell’analisi di genere, le
condizioni di subordinazione non
sono legate solo ed esclusivamente
al genere, ma alla posizione che
ciascun individuo occupa nei
contesti in cui opera. Si può essere
al tempo stesso oppressi e
oppressori a seconda delle
condizioni in cui si opera e del
potere relativo che si esercita.
Ciò premesso, l’utilizzo di una
prospettiva di genere nella
valutazione può, da un lato,
rivelare vecchie e nuove forme di
egemonia, dispositivi e linguaggi
dal carattere normativo, dall'altro
permettere di rintracciare
possibilità di ridefinizione,
resistenza e sovversione. La
valutazione condotta da una
prospettiva di genere guarda al
microscopio gli squilibri spesso
impliciti in cui si generano e si
perpetuano le discriminazioni, per
scovare i meccanismi sociali,
responsabili di dar corpo a
disparità di trattamento a dispetto
delle regole formali antidiscriminatorie. Anche in presenza
di leggi illuminate e quando
l’adesione a valori apertamente
egalitari sembra largamente
condivisa, si possono generare e
avallare condizioni di
disuguaglianza che limitano la
libertà e accentuano nel tempo i
rapporti di subordinazione.
La valutazione in prospettiva di
genere offre un’ulteriore
possibilità: quella di intercettare le
forme più virtuose di cooperazione
e fiducia che possono crearsi e
propagarsi tra uomini e donne
attraverso azioni positive o altri
tipi di interventi a favore
dell’uguaglianza di genere, come
ad esempio le misure tese a
riequilibrare la presenza delle
donne nei consigli di
amministrazione delle imprese e
delle aziende pubbliche. La
valutazione può riconoscere le
pratiche virtuose di collaborazione
negli ambienti di lavoro che sono,
nello stesso tempo, attente e
sensibili alle esigenze personali e
familiari della cura. La prospettiva
di genere può, infatti, valorizzare e
promuovere un'immagine delle
donne quali soggetti pienamente
“capaci
di
governare” (amministrare,
rappresentare, dirigere e risolvere
situazioni di rilevanza strategica);
riconoscere, in particolare, la
capacità di governo delle donne
ultracinquantenni, superando lo
stereotipo della donna anziana
come persona da ghettizzare nel
mondo della cura (da erogare o da
ricevere); dare alle donne piena
consapevolezza del loro valore e
della necessità di promuoversi,
specie alle giovani che spesso
considerano (erroneamente) come
superate le discriminazioni di
genere. La valutazione, in altri
termini, può contribuire a generare
una cultura più democratica e
egalitaria.
Questo numero 12 della newsletter
AIV è dedicato alla valutazione
del ruolo femminile nei processi
decisionali. In seguito al seminario
tenutosi a Torino, lo scorso marzo,
sul tema della presenza delle
maggio-giugno 2015, n.12
2
donne nei CdA, Monica Andriolo,
coordinatrice insieme a Catina
Balotta del GT Pari Opportunità in
AIV, ha curato questo numero che
presenta gli approcci qualitativi e
quantitativi in grado di cogliere in
che modo le donne interpretano il
proprio ruolo di leadership negli
ambiti lavorativi e nei contesti
economico-politico-istituzionali in
cui esse operano. L’articolo di
Luciana Saccone - Direttore
Generale del Dipartimento per le
Politiche della Famiglia Presidenza del Consiglio dei
Ministri mette in rilievo il
contribuito istituzionale alla
realizzazione e alla valutazione
delle misure a favore della parità e
dell’innovazione sociale. Monica
Andriolo entra nel merito del
progetto “Il rosa e il grigio”
promosso dalla società cooperativa
S.&T. di Torino col finanziamento
del Dipartimento Politiche per la
Famiglia della Presidenza del
Consiglio dei Ministri nell’ambito
delle iniziative di promozione
dell’invecchiamento attivo e della
solidarietà tra generazioni, che
mira ad aumentare la presenza
femminile nei CdA. Valentina
Andreozzi presenta il quadro delle
azioni di monitoraggio utili alla
valutazione d’impatto della legge
sulla presenza delle donne nelle
società pubbliche non quotate. Il
contributo di Catina Balotta che
chiude il numero propone una
riflessione critica sugli approcci
valutativi in prospettiva di genere.
L’obiettivo di questo numero è
duplice: (i) sensibilizzare i
valutatori rispetto ai temi di genere
e in particolare rispetto alle
sfumature spesso impercettibili
delle relazioni di potere; (ii)
corroborare le risultanze valutative
integrando l’analisi quantitativa
con l’analisi qualitativa dei
processi di emancipazione e
autonomia decisionale— non
meramente come gender
evaluation mainstreaming, ma
come sistematica attenzione
all’equità sociale nella valutazione
delle politiche pubbliche.
Il prossimo numero 13 della
newsletter AIV ripropone i
contributi più salienti e innovativi
dei giovani valutatori, i cui lavori
di tesi sono stati segnalati
nell’ultimo congresso di Genova.
Invitiamo i lettori ad intervenire
con commenti agli articoli e a
suggerire approfondimenti ai temi
trattati.
Per proporre contributi scrivete a:
[email protected]
Il contributo
istituzionale alla
realizzazione e
valutazione di
progetti che
favoriscono la
parità e
l’innovazione
sociale
Luciana Saccone - Direttore Generale
Dipartimento per le Politiche della
Famiglia - Presidenza del Consiglio dei
Ministri
La valutazione delle pari
opportunità passa anche attraverso
la selezione e l’ammissione a
finanziamento di progetti che per
tale obiettivo operino: è il caso del
progetto “Il rosa e il grigio”, che è
realizzato grazie al sostegno
concesso dal Dipartimento per le
Politiche della Famiglia
della
Presidenza del Consiglio dei
Ministri a valere sul bando emesso
in occasione dell’ “Anno europeo
dell'invecchiamento attivo e delle
solidarietà tra le generazioni
2012”.
Nell’attuale frangente di costante
invecchiamento della popolazione,
risulta essenziale riflettere e
operare non solo in termini di
welfare e servizi ma anche
nell’ambito della progettazione
culturale e proprio in questa
direzione il Dipartimento ha inteso
sostenere progetti che, operando
per l'invecchiamento attivo e la
solidarietà tra generazioni,
prevedono un’innovazione sociale.
Il capitale umano è la chiave per
affrontare la sfida di una società
che invecchia e che, insieme,
richiede un impegno sempre più
forte per far fronte a quella
situazione di crisi economica che
sta avendo ripercussioni molto
gravi su più fronti: non solo la
stabilità economica degli Stati, ma
anche le dinamiche occupazionali,
il tenore di vita, le condizioni
sociali e, più in generale, la qualità
di vita delle persone. Sono
problematiche esplicitate anche
dalle istituzioni europee, che, già
nella Strategia “Europa 2020”
redatta nel 2010 (Comunicazione
della Commissione COM(2010)
2020 del 03/03/2010) indicava la
necessità di “trasformare l’UE in
un’economia intelligente,
sostenibile e inclusiva
caratterizzata da alti livelli di
occupazione, produttività e
coesione sociale” e invitava a
mobilitare tutte le forze presenti, a
partire dalle risorse umane,
richiamando l’attenzione su fattori
che, con l’acuirsi della crisi, sono
divenuti sempre più rilevanti e
cogenti.
Coniugando queste sollecitazioni
in una dimensione di
invecchiamento attivo, si tratta di
sviluppare quella che gli
economisti hanno recentemente
battezzato “silver economy”,
quella branca dell’economia che
riconosce e valorizza il patrimonio
costituito dalle persone anziane,
portatrici di esperienze,
competenze, capacità utili e
utilizzabili perché tramandabili.
Guardare alle risorse umane come
portatrici di capacità personali e
professionali da valorizzare e da
potenziare non può prescindere da
un’attenzione alle diversità di
genere e da un impegno al
superamento di condizioni di
svantaggio tuttora esistenti tra
donne e uomini e che possono
trovare un rafforzamento in
negativo con l’avanzare dell’età,
quando a fronte di un più facile
riconoscimento della
professionalità maschile anche
nella nomina in posizioni
decisionali, le donne rischiano
un’ulteriore esclusione proprio
perché già meno presenti nel
lavoro e, proprio per questo, in
quelle reti (formali e informali)
fondamentali nelle dinamiche
professionali. La presenza di un
sistema produttivo e aziendale
strutturato e governato in modo
equo (tanto dal punto di vista
generazionale quanto da quello di
genere) consente, invece, non solo
la creazione di un contesto più
equilibrato, ma anche l’evolversi
maggio-giugno 2015, n.12
3
di uno sviluppo più bilanciato, la
riduzione di alcuni costi
economici e sociali, la possibilità
anche per le categorie a rischio di
svantaggio di essere più libere
nell’accedere e permanere nel
mondo del lavoro perché meno
gravate da vincoli che lasciano
loro l’accesso a spazi (fisici e
sociali) limitati e che, di fatto,
inibiscono loro l’accesso agli altri
spazi (del lavoro, della politica,
della rappresentanza) di
realizzazione e crescita personale,
professionale, sociale.
In questo quadro, all’obiettivo
proposto dall’Anno Europeo 2012
e dal bando nazionale di
valorizzare il positivo contributo
delle persone anziane alla società
e all'economia attraverso
solidarietà e cooperazione tra le
generazioni, il progetto “Il rosa e
il grigio” ha voluto rispondere
attraverso un passaggio
intergenerazionale di qualità tra
donne, in cui, da un lato, viene
data voce a donne portatrici di
esperienze professionali di vertice
(in particolare nei CdA) e
dall’altro viene innescato un
percorso di empowerment per
giovani donne.
La compartecipazione del
Dipartimento per le Politiche della
Famiglia alle fasi progettuali sta
contribuendo fattivamente a
monitorare l’andamento del
progetto e a valutarne la capacità,
da un lato, di riconoscere il
potenziale dell’attività femminile
nei CdA (invecchiamento attivo),
dall’altro, di rafforzare la crescita
personale e professionale delle
giovani
(passaggio
intergenerazionale).
Pur non essendo ancora concluso,
il progetto è stato valutato dal
Dipartimento come buona prassi,
da far conoscere insieme ad altri
percorsi virtuosi attivati dai
diversi progetti finanziati dal
medesimo bando del 2012: a
questo scopo, all’interno del
Forum PA che si realizzerà a
Roma tra il 26 e il 28 maggio
2015 verrà proposto un seminario
che presenterà e proporrà il
confronto su iniziative di
invecchiamento attivo e di
solidarietà intergenerazionale.
Un’analisi
qualitativa della
presenza femminile
nei CdA attraverso
interviste alle
protagoniste
Monica Andriolo - GT Pari
Opportunità AIV
([email protected])
Premessa
Lo squilibrio di genere all’interno
dei consigli di amministrazione
rappresenta una sfida importante,
fattore negativo tuttora esistente di
discriminazione e diseguaglianza,
ma anche di indebolimento
dell’economia: infatti, l’equilibrio
di genere nei CdA incide in
misura positiva sui profitti delle
imprese e, più in generale, sulla
competitività, come sostengono
diversi studi condotti annualmente
(McKinsey & Company, Goldman
Sachs, Ernst & Young, CERVED).
Intervenire in quest’ambito
rappresenta, allora, un
rafforzamento per la stessa
crescita, poiché consente di
utilizzare a pieno il potenziale di
risorse umane altamente
qualificate. Si tratta di porre le
donne nelle condizioni di
competere per l’ingresso nei CdA,
superando un gap che riguarda
non solo le nomine, ma anche le
candidature e che, quindi, richiede
uno sforzo importante per porre le
donne nelle condizioni di essere
presenti, visibili, candidabili.
La valutazione può e deve giocare
un ruolo rilevante anche in
quest’ambito, non solo attraverso
monitoraggi che misurino il
numero delle donne presenti nei
CdA e che, in presenza di
diminuzione del gender gap (come
sta avvenendo grazie
all’applicazione della legge
120/2011 sulle quote) diano
adeguata visibilità a questi
risultati positivi, ma anche e
soprattutto cogliendo e
valorizzando la capacità
femminile e la qualità dell’apporto
delle donne nei luoghi in cui si
prendono decisioni.
Un esempio di valutazione
qualitativa: il progetto “Il rosa e
il grigio”
Partendo da queste premesse, il
maggio-giugno 2015, n.12
4
progetto “Il rosa e il
grigio” (promosso dalla società
cooperativa S.&T. di Torino col
finanziamento del Dipartimento
Politiche per la Famiglia della
Presidenza del Consiglio dei
Ministri nell’ambito delle
iniziative di promozione
dell’invecchiamento attivo e della
solidarietà tra generazioni) sta
lavorando per aumentare la
presenza femminile nei CdA
attraverso analisi qualitativa
relativa alla presenza femminile
nei CdA e nelle posizioni
decisionali, con l’intento di trarne
gli elementi per creare rete tra
senior che già hanno raggiunto
ruoli di governance aziendale e
giovani donne disposte alla
carriera, affinché casi di successo
femminile non restino fenomeni
isolati ma divengano esempi da far
conoscere e sprone per altre
donne.
Per promuovere il cambiamento,
ovvero per contrastare la
diseguaglianza e infrangere il
soffitto di cristallo, la ricerca ha
valorizzato la strategia
dell’empowerment, inteso come
modalità attraverso cui è possibile
(e doveroso) cogliere soluzioni
innovative traendole
dall’esperienza delle senior.
Risultato è la costruzione di un
modello coerente con gli obiettivi
di parità da applicare alla
definizione dei CdA e alle
politiche aziendali, istituendo un
“albo di competenze” che raccolga
“indicatori di qualità” inseribili
dalle giovani nel curriculum
accanto alle competenze
professionali.
A questo scopo, nel 2014 è stata
realizzata una raccolta di
testimonianze attraverso
somministrazione di circa 30
interviste a donne componenti di
CdA, imprenditrici, manager, che
hanno offerto non solo le loro
esperienze, ma soprattutto
suggestioni, suggerimenti, stimoli,
che saranno preziosi strumenti da
consegnare alle giovani, attivando
strategie di empowerment
attraverso una “rete di
apprendimento” fondata sullo
scambio intergenerazionale.
Per l’individuazione delle senior,
si è partiti da donne in CdA di
società piemontesi partecipate e
quotate, preferendo quelle over 50
e che, per incarichi, storia
professionale, competenze,
dimostrano particolare attenzione
alle pari opportunità e alla
dimensione femminile nel lavoro.
Sono state coinvolte anche donne
in CdA di aziende e società non
partecipate o quotate, per valutare
quanto soggetti che non hanno
prescrizioni normative rispetto alle
quote siano attenti alla dimensione
femminile nelle posizioni di
vertice e governo aziendale.
Le donne intervistate sono state
individuate ciascuna per la carica
professionale a livello individuale;
tuttavia è da rilevare che molte di
loro ricoprono anche ruoli
importanti di rappresentanza nelle
associazioni di categoria o
all’interno di reti femminili di
rilievo: ciò ha rappresentato un
elemento di valore aggiunto per la
ricerca, in quanto testimonianza
della capacità delle donne di un
impegno concreto per la piena
realizzazione della parità e
dell’uguaglianza di opportunità
anche attraverso dinamiche di
rappresentanza e di rete.
La ricerca è stata condotta
attraverso interviste, realizzate
secondo modalità non direttiva e
semi-strutturata, come ascolto e
dialogo aperto, con alcune
domande di stimolo alle quali è
stato lasciato il più ampio spazio
di risposta e di libero
approfondimento. Si è ritenuto
importante instaurare un rapporto
diretto con ciascuna donna
intervistata, in modo da
raccogliere riflessioni, commenti
ragionati, suggestioni, spunti di
sviluppo, suggestioni rispetto sia
al tema, sia agli interessi e alle
aspettative che le donne
esprimono. La disponibilità
dimostrata, fin dalla fase di
contatto, dalle donne coinvolte è
stata particolarmente importante,
poiché ha consentito di coglierne
al meglio le esperienze. In
particolare, il dialogo e lo scambio
hanno favorito l’emergere di una
forte autoconsapevolezza rispetto
alla prospettiva di genere e,
insieme, una elevata capacità di
governance femminile, insieme a
uno spiccato interesse per le
dinamiche di rete e di tutte le
possibili occasioni (formali e
informali) di scambio di
informazioni, strategie, metodi di
lavoro, idee.
Nonostante la conduzione aperta
delle interviste, la verbalizzazione
è stata realizzata seguendo una
batteria di 10 domande, in modo
da cogliere e rendere facilmente
visibile quanto espresso da
ciascuna protagonista. Le
interviste così strutturate sono
state quindi riportate, previa
validazione di ciascuna
intervistata e senza alcun
commento, sul sito del progetto
(www.ilrosaeilgrigio.it), al fine di
essere rese disponibili nella loro
originalità.
Il progetto ha innescato una
proficua rete con AIV in
particolare attraverso il Gruppo
Tematico Pari Opportunità, con il
quale il 26 marzo 2015 è stato
realizzato un evento di
presentazione e di valutazione
relativa alla presenza delle donne
nei CdA sia con una riflessione sui
risultati delle interviste
(valutazione qualitativa), sia con
dati aggiornati sull’applicazione
della Legge Golfo-Mosca
(valutazione quantitativa). Inoltre,
il progetto è stato presentato a
Genova al Congresso Nazionale
AIV, dando visibilità al percorso
metodologico di carattere
valutativo.
I risultati della valutazione
Dalle voci delle protagoniste, è
possibile e utile cogliere alcuni
messaggi o elementi ricorrenti,
visualizzabili in parole chiave, che
possono essere assunte come
distintive dell’azione femminile
all’interno di consigli di
amministrazione e in posizioni di
vertice e di governance aziendale.
Le senior intervistate dimostrano
di essere soggetti fortemente attivi
e propostivi di crescita economica,
occupazionale, sociale, a prova di
quanto le donne siano in grado –
se messe nelle condizioni – di
superare la discriminazione e
partecipare appieno alle dinamiche
dello sviluppo, apportando anche
fattori di cambiamento. La
valutazione ha consentito di far
emergere stimoli in almeno tre
maggio-giugno 2015, n.12
5
direzioni: promuovere
un'immagine delle donne quali
soggetti pienamente “capaci di
governare” (amministrare,
rappresentare, dirigere e risolvere
situazioni di rilevanza strategica),
in una prospettiva ampia di
valorizzazione delle donne nel
lavoro; riconoscere la capacità di
governo delle donne
ultracinquantenni, superando lo
stereotipo della donna anziana
come persona da ghettizzare nel
mondo della cura (da erogare o da
ricevere); dare alle donne piena
consapevolezza del loro valore e
della necessità di promuoversi,
specie alle giovani che spesso
considerano (erroneamente) come
superate le discriminazioni di
genere.
In concreto, l’elaborazione delle
riflessioni e delle sollecitazioni
delle senior ha guidato a definire
un percorso per la creazione di un
gruppo di giovani competenti,
motivate e pronte a partecipare ai
meccanismi di governance, da
coinvolgere attraverso spazi di
dialogo intergenerazionale e
momenti di in-formazione.
Momento centrale sarà un evento
ampio di divulgazione e di
approfondimento dei temi del
progetto e dei suoi contenuti che,
per essere efficace e coinvolgente,
sarà in modalità stanziale di
“summer school”, nell’arco di 4
giornate (dal giovedì pomeriggio
alla domenica mattina), presso il
Castello di Pavone Canavese
(TO), a metà giugno 2015. Il
percorso valorizzerà lo scambio
intergenerazionale, attraverso
strategie di dialogo, di relazione
formale e informale, di
trasferimento di competenze
mutuate dal mentoring e
alternando momenti di
approfondimento affidati a docenti
di livello accademico, “focus” che
daranno voce alle giovani, spazi di
dialogo e scambio più informali,
realizzazione di una “visita di
studio” presso i luoghi olivettiani
(Ivrea) con un percorso di
narrazione sulle modalità di
governo aziendale di Adriano
Olivetti che potranno essere
proficuamente prese ad esempio
da donne che si affacciano alla
carriera e che potranno avere nel
loro futuro ruoli di management e
di governo aziendale.
Il progetto prevede ancora un
evento conclusivo (a fine 2015)
che sarà di discussione dei
contenuti e dei materiali che
verranno nei prossimi mesi
prodotti, proponendo il passaggio
intergenerazionale come
strumento per una positiva
desegregazione nel lavoro e per il
pieno inserimento femminile
anche ai più alti livelli di carriera
e rappresentanza.
Per mantenere e approfondire lo
scambio, sono stati attivati alcuni
strumenti interattivi: un sito
dedicato al progetto
www.ilrosaeilgrigio.it; una pagina
Facebook ilrosaeilgrigio e un
account twitter @rosagrigio. Tali
strumenti consentono di
mantenere un costante dialogo e di
ampliare lo scambio, mettendo in
rete tra loro tutte le donne
coinvolte e raccogliendo
contributi da parte di chiunque
vorrà partecipare.
Conclusioni
Come la valutazione dimostra, ad
oggi esistono situazioni e territori
a “sostenibilità di genere”, con
importanti esempi di “gender
governance”, in cui le donne
riescono a dimostrare e mettere a
sistema le loro capacità e
specificità. Si tratta di esempi
positivi di pari opportunità che
potrebbero dare risultati ancora
più importanti rendendoli noti e
trasferibili.
In questa direzione, ambito
privilegiato sul quale lavorare è la
capacità di valutare, valorizzare e
utilizzare tutte le risorse umane
(donne e uomini) secondo criteri
di efficacia ed equità e senza
contrapposizione; ma, per evitare
una sterile neutralità o situazioni
di “discriminazione implicita”,
deve essere più fortemente
riconosciuta come fattore positivo
la valutazione delle differenze di
genere, declinandola in modo più
esplicito all’interno di strategie
che diano alle donne la possibilità
e gli strumenti per acquisire e
sviluppare una propria capacità di
scelta e di gestione della vita e del
lavoro, potenziando in particolare
la capacità di direzione e di
governo che le donne dimostrano
di possedere.
maggio-giugno 2015, n.12
Le donne stesse sono protagoniste
(non sempre consapevoli, ma
attive) di questi meccanismi di
miglioramento e di cambiamento
positivo, come l’analisi delle
esperienze delle senior dimostra:
la sfida è, allora, che questo
processo sia diffuso e
incoraggiato, affinché il risultato
della valutazione relativa alle pari
opportunità non resti esercizio
teorico, ma dia alla valutazione
medesima un ruolo essenziale,
proponendola come uno degli
strumenti da utilizzare per creare
un sistema in cui l’equità può
concretamente rafforzare lo
sviluppo e ridurre i costi
economici e sociali, eliminando
quegli sprechi non solo iniqui ma
oggi non più sostenibili.
Riferimenti bibliografici
Ciucci F. (2012), L’intervista nella
valutazione e nella ricerca
sociale. Parole a chi non ha voce,
Franco Angeli, Bologna
Cuomo S., Mapelli A. (2012), Un
posto in CdA. Costruire valore
attraverso la diversità di genere,
EGEA, Milano
Del Boca D., Mencarini L.,
Pasqua S. (2012), Valorizzare le
donne conviene. Ruoli di genere
nell’economia italiana, Il Mulino,
Bologna
Festuccia F. (2013), L’altra metà
del CdA. Sfide, avventure e
successi delle donne manager in
Italia, LUISS University Press,
Roma
Gherardi S., Poggio B. (2003),
Donna per fortuna, uomo per
destino. Il lavoro raccontato da lei
e da lui, ETAS, Milano
CdA in Italia:
presenza femminile
nelle società
pubbliche. Le
potenzialità di una
valutazione in
chiave di genere
della l. 120/2011
6
Va l e n t i n a A n d re o z z i - G T P a r i
Opportunità AIV
([email protected])
Premessa
L’Italia sta assistendo ad una
rivoluzione significativa nella
leadership femminile, sebbene la
sottorappresentazione delle donne
nei processi decisionali economici
sia ancora un fenomeno diffuso in
tutta Europa. Il Rapporto 2014
"Global Gender Gap", pubblicato
dal World Economic Forum, mette
in evidenza nel Gender gap index
che nelle prime cinque posizioni
spiccano i paesi del nord Europa:
Islanda, Finlandia, Norvegia,
Svezia e Danimarca. L'Italia si
posiziona al 69° posto nell'indice
generale e rispetto alla
partecipazione delle donne in
politica è al 37° posto, ma rimane
molto da fare in campo economico
dove siamo al 114° e al 129° per
parità salariale.
Relativamente, invece, alla
presenza delle donne nei board,
gli ultimi dati pubblicati dalla
Commissione europea indicano
che il cosiddetto soffitto di
cristallo comincia a incrinarsi.
Negli ultimi anni la percentuale di
donne ai vertici aziendali europei
ha registrato un aumento storico,
soprattutto in Paesi come Francia,
Italia, Danimarca e Germania che
hanno introdotto di recente misure
legislative in tal senso. Per
favorire l’incremento della
presenza femminile nelle posizioni
apicali sono stati implementati
diversi modelli; l’Italia come da
poco anche la Germania, ha scelto
il modello delle quote. Il modello
basato sulle quote è un modello di
azione positiva che prevede
l’inserimento di quote di genere
nei board, senza distinguere la
tipologia di carica ricoperta
(executive e non executive). È
datata 6 marzo 2015 la legge
approvata in Germania, grazie alla
quale, a partire dal 2016, le 108
grandi aziende tedesche quotate in
borsa dovranno riservare alle
donne il 30% dei posti nei consigli
di amministrazione.
In Italia, dal febbraio 2012 si
applica la legge 120/2011, così
detta legge Golfo-Mosca. Per la
prima volta un’ azione positiva
viene applicata alle società per
azioni quotate e non quotate
controllate da pubbliche
amministrazioni in Italia. In
Europa è l’esempio di legislazione
più recente in questo senso.
In particolare, ad ottobre 2014 la
quota media di donne nei board
nelle maggiori società pubbliche
quotate europee ha raggiunto la
soglia del 20,2%. Trai i paesi che
hanno registrato gli incrementi più
significativi nell’ultimo periodo,
l’Italia con un +19,1% si colloca
in seconda posizione, preceduta
dalla Francia (con un +20,1%). Di
recente la Consob ha diffuso dati
per l’Italia ancora più positivi: al
30 aprile 2015 risulta una
percentuale del 25,5% di donne
nei CdA delle società quotate,
contro il 22,7% a fine 2014 e il
17,8% a fine 2013. Inoltre, è
presente almeno una componente
donna in 228 società quotate,
ovvero nel 95,8% al 30 aprile
dell’anno in corso; contro le 217
società (91,9%) a fine 2014 e 202
società (83,5%) a fine 2013.
Il ruolo del monitoraggio e della
valutazione:
La previsione, all’interno
dell’impianto legislativo della l.
120/2011, di un monitoraggio ad
hoc per verificarne
l’adempimento, ha permesso di
valutare fin da subito l’efficacia di
questa nuova azione positiva.
Questo è un dato importante e ha
permesso al Dipartimento Pari
Opportunità della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, che ha il
compito di implementare il
monitoraggio, di evidenziare fin
da subito punti forza e criticità
della legge.
Per effettuare questa attività di
monitoraggio il DPO dispone da
aprile 2014 dell’anagrafe delle
società controllate dalle
amministrazioni pubbliche,
elaborata insieme a Cervedgroup
spa. Il DPO ha elaborato un
criterio di priorità di vigilanza in
base a specifiche caratteristiche
delle società non compliant, che in
relazione alle evidenze
dell’anagrafe Cervedgroup a
gennaio 2015 risultano essere 501.
In base a questo criterio ogni mese
vengono avviati almeno 15
procedimenti amministrativi verso
le
società non compliant
controllate da una sola pubblica
amministrazione con il fatturato
maggio-giugno 2015, n.12
7
relativo più elevato nelle 5
ripartizioni geografiche
individuate (Nord/Ovest; Nord/
Est; Centro; Sud; Isole).
Per completare il quadro degli
indicatori a disposizione il DPO
riceve segnalazioni spontanee che
indicano la compliance o meno
delle società pubbliche alla legge
120/2011. Il DPO avvia
procedimenti amministrativi verso
le società non compliant anche in
base alla raccolta di questi dati.
Questo impianto di monitoraggio
ha fornito i primi dati utili ad una
successiva valutazione
dell’effettivo impatto della legge
rispetto alla presenza delle donne
nelle società pubbliche non
quotate. Per quanto riguarda
invece le società quotate la legge
prevede che sia la Consob ad
occuparsi della vigilanza e di
erogare le successive sanzioni, in
questo caso anche pecuniarie.
L’Italia nel 2010, rispetto ai
principali paesi europei, si
caratterizzava per una più bassa
presenza femminile nei CdA delle
società quotate, raggiungendo una
quota pari solo al 6%, rispetto alle
vette superiori al 20% di Finlandia
e Svezia e all’inarrivabile 42%
della Norvegia.
Con l’introduzione della legge
120/2011, la presenza femminile
nei CdA delle società quotate
italiane è cresciuta in modo
consistente. Le posizioni nei CdA
delle società quotate occupate da
donne sono oggi il 25,5% a fronte
del 20% imposto dalla legge
Golfo-Mosca al primo rinnovo di
mandato. Dagli ultimi dati relativi
all’attività di monitoraggio svolta
dal Dipartimento Pari Opportunità,
risulta che, grazie al meccanismo
delle quote di genere, la presenza
delle donne all’interno degli
organismi di amministrazione e
controllo delle società pubbliche
non quotate è in aumento,
raggiungendo la percentuale del
25,8% nell’ambito degli organi
collegiali rinnovati a partire dal 13
febbraio 2013. La presenza di
donne complessiva è pari al 20%
sul totale degli oltre 24 mila
membri degli organi collegiali di
amministrazione e controllo delle
circa 4 mila società pubbliche non
quotate in cui uno o più enti della
PA detengono una partecipazione
superiore al 50%.
Effetti diretti e indiretti
Secondo un’analisi effettuata dal
Dipartimento, grazie alla legge,
nei prossimi anni si apriranno
nuove posizioni per le donne. Il
ricorso allo strumento delle quote
di genere ha visto nuovi impieghi
in contesti diversi. Gli effetti sono
positivi in termini di aumentata
presenza femminile negli organi
decisionali delle società pubbliche
e anche di quelle quotate. Si
stanno verificando poi, altri effetti
positivi, che non sono
direttamente connessi con il
dispositivo di legge ma che
certamente sono connessi con la
sua applicazione. L’aumentata
presenza femminile si è
accompagnata ad un trend
positivo, successivo all’entrata in
vigore della l. 120/2011, di
miglioramento degli indici di
qualità nella composizione degli
organi societari delle società
quotate. È aumentata la presenza
di laureati e in maggioranza vi
sono più laureati donna. Si è
abbassata l’età media dei
componenti dei CdA e sono
diminuiti i legami famigliari tra
componenti.
A questi effetti positivi si
aggiungono però delle distorsioni
del sistema, come ha recentemente
sottolineato il commissario
Consob Luca Enriques. Il primo è
che i consigli di amministrazione
potranno diventare più piccoli
perché, dice il commissario, “le
società ridurrebbero il numero dei
componenti del genere meno
rappresentato da eleggere, se non
altro per ridurre il numero di volti
nuovi in consiglio e i correlati
rischi”. Il secondo possibile effetto
è che la durata dei consigli di
amministrazione “potrebbe
passare da 3 anni a 1”. La nuova
legge — spiega Enriques — si
applica solo per tre mandati
consecutivi. Per prassi in Italia la
durata degli organi sociali è di tre
anni, “ma nulla vieta di prevedere
durate inferiori — ricorda il
commissario Consob —. Se una
società sceglie la durata di un anno
la legge le si applicherebbe per
soli tre anni” (ma in questo caso si
dovrebbe arrivare alla quota del
30% al secondo anno, ndr).
“Quote di genere a parte — dice
Enriques — la durata di un anno
sarebbe uguale a quella prevalente
maggio-giugno 2015, n.12
nei Paesi d’origine dei principali
investitori istituzionali. Essi
apprezzerebbero la novità, in
quanto loro familiare”.
Da una prima analisi di contesto
possiamo quindi affermare che la
legge sulle quote si sta rivelando
uno strumento buono rispetto
all’obiettivo di aumentare la
presenza femminile nelle
posizioni apicali ma affinché si
realizzi un cambiamento duraturo
anche all’interno delle postazioni
decisionali economiche, occorre
un mutamento culturale e una
modifica strutturale
dell’organizzazione del lavoro.
Riferimenti web
http://www.pariopportunita.gov.it/
index.php/quotedigenere
http://www.consob.it/web/areapubblica/societa-quotate
http://
www.womenmeanbusiness.it/
news.html
http://www.ilrosaeilgrigio.it/
Valutare le pari
opportunità di
genere
Catina Balotta - GT Pari Opportunità
AIV
([email protected])
8
Il contesto
All’interno del progetto “Il rosa e
il grigio” di cui si scrive
esaustivamente in questa rivista, è
stato possibile proporre un
momento specifico attinente il
tema della “Valutazione delle pari
opportunità di genere”. Tale tema
interfaccia l’operatività di “il rosa
e il grigio” in quanto la modalità
di analisi e sintesi delle interviste
realizzate grazie al progetto
possono essere considerate una
forma di valutazione di stampo
qualitativo che affronta il tema
delle pari opportunità nei contesti
lavorativi, e più nello specifico,
all’interno dei CdA (consigli di
amministrazione) aziendali.
Prima di affrontare il tema della
valutazione e delle modalità in cui
può concretizzarsi all’interno di
progettualità che coinvolgono in
primis le donne (ma non solo),
può essere utile definire la cornice
entro la quale la valutazione in
oggetto diventa un paradigma
attivante e propositivo di
cambiamento.
Possiamo così affermare che:
i) Il concetto di genere indica una
divisione tra i sessi imposta
socialmente (Rubin 1975). La
correlazione tra il concetto di
genere e l’analisi della condizione
della donna ha avuto origine
all’interno del pensiero
femminista ed è stato
successivamente condiviso da una
parte rilevante degli women
studies (Piccone Stella, Saraceno
1996).
ii) Il concetto di pari opportunità
di genere si basa sulla necessità di
uguaglianza giuridica e sociale fra
uomini e donne, al fine di
ricollocare la differenza di genere
in un ambito di parità di diritti e di
stabilire un giusto rapporto tra i
sessi. L’obiettivo che sta alla base
di tale assunto è dare alle persone
adulte la possibilità di compiere
delle scelte, sia relative alla vita
privata che professionale, senza
che queste diventino oggetto di
discriminazione (Prima
conferenza mondiale sulle donne
– Città del Messico 1975).
iii) Associato al concetto di pari
opportunità c’è il concetto di
conciliazione, ovvero
l’individuazione di quelle strategie
che consentono le pari opportunità
in ambito lavorativo e sociale. Il
termine conciliazione si riferisce
alla ricerca di un equilibrio tra due
sfere della vita: il tempo del
lavoro retribuito e il tempo delle
attività non retribuite (siano esse
attività di accudimento/cura o di
gestione del tempo libero).
(Zabadino, Fortunato 2008;
Quadrelli 2012).
iv) Chiamiamo valutazione
l’insieme delle attività necessarie/
utili per esprimere un giudizio
sulla bontà di un sistema/
intervento/programma/politica. Il
giudizio da esprimere (se una cosa
funziona o no, perché, come
potrebbe essere…) non è una
“impressione soggettiva” ma è
fondato su attività rigorose che
includono la ricerca, la
comunicazione e la negoziazione
fra le parti. (Bezzi 2010).
Chiarito il framework di
riferimento possiamo tentare, in
modo molto sintetico, di
rispondere alle seguenti domande:
Cosa si valuta quando si affronta il
tema delle “pari opportunità di
genere”? Quali sono i principali
approcci valutativi? Quando si
valuta?
Cosa si valuta?
Credo che gli ambiti dove la
valutazione delle P.O. (pari
opportunità) si estrinseca siano
almeno tre.
Il primo riguarda la valutazione di
quei progetti/interventi che hanno
come obiettivo lo sviluppo delle
P.O. Se ad esempio un progetto/
intervento è volto a realizzare
iniziative favorevoli alla
conciliazione e conseguentemente
alle P.O., diventa fondamentale
verificare se tale conciliazione è
stata davvero raggiunta e/o
incrementata (es: il nuovo “spazio
giochi” aziendale consente
davvero una maggiore
condivisione del tempo gioco tra
genitori e figli? Oppure: lo spazio,
così come strutturato, permette
alle giovani madri di recuperare
un po’ di tempo per se stesse, una
percentuale quindi di tempo
libero?)
Il secondo ambito dove la
valutazione delle P.O. è strategica
è quello multiforme, mutevole e
vastissimo di tutte le progettualità
che si muovono secondo una
mission (potremmo definirla
“pubblica”) che porta ad una
gestione, secondo logiche
“paritarie”, del progetto/
intervento. Ciò che in questo caso
la valutazione dovrebbe
evidenziare è la “gestione
paritaria” (equitativa ed
equidistribuita tra stakeholder
uomini e donne) attuata nel
progetto e la modalità con cui
l’intero intervento è stato svolto e
portato a termine (a cominciare
dalle stesse possibilità garantite ai
ricercatori uomini/donne
impegnati nel progetto/intervento
di partecipare in maniera attiva e
di contribuire in modo ugualmente
incisivo alla buona riuscita delle
attività in essere).
Il terzo ambito dove la valutazione
delle P.O. è sicuramente strategica
maggio-giugno 2015, n.12
9
è quello degli impatti dei progetti/
interventi sulle modalità politico/
istituzionali del territorio. Se si
può affermare che le modalità di
gestione del progetto (qualunque
tema il progetto affronti) e i suoi
risultati hanno impattato
incrementando logiche relazionali
“paritarie” sul territorio, allora
possiamo affermare che quel
progetto ha lavorato anche per le
“pari
opportunità”,
indipendentemente dall’oggetto
specifico trattato dalla
progettualità analizzata.
Nei progetti sociali, sanitari e
formativi i principi di P.O. sono
fondamentali e determinano
l’accettabilità sociale del progetto
stesso.
Quali approcci valutativi?
Esistono approcci diversi alla
valutazione che possono servire da
“faro” e che presi “in toto” oppure
in forma “spuria/combinata”
orientano l’agire valutativo in
generale e, in particolare, nei
progetti attinenti le P.O.
Negli approcci sperimentali ad
esempio, la valutazione si fonda su
una teoria della spiegazione
causale basata sul principio della
successione nel tempo fra causa ed
effetto. Tali approcci utilizzano il
metodo sperimentale cercando di
tenere sotto controllo le variabili
intervenienti. Funzionano
particolarmente bene per
programmi educativi o di cura/
sanitari.
Negli approcci pragmatisti l’agire
si basa sull’attenzione al tema dei
valori, sull’importanza che assume
l’utilità della valutazione, sul
relativismo. Funziona
particolarmente bene per i servizi
innovativi.
Nei modelli costruttivisti ci si
focalizza sulle modalità con cui un
programma è attuato (i criteri di
opinione derivano dalle opinioni
dei vari stakeholder). É, a parer
mio, particolarmente utile quando
si va verso l’implementazione di
nuove politiche sociali e sanitarie
(ma non solo).
Inoltre si può pensare, su basi
utilitaristiche, anche ad un
incrocio possibile dei vari
modelli. Credo che proprio questa
“sensibilità utilitaristica”, che
permette un incrocio tra modalità
e modelli possibili, renda possibile
una valutazione di contesti
difficili, in cui:
- non ci sono tutte le informazioni
che si vorrebbero, ma ce ne sono a
sufficienza;
- non sono applicabili tutte le
tecniche che si considerano
standard ma lo sono almeno
alcune;
- non si raggiungono i risultati
valutativi previsti dalla
committenza ma emerge almeno
un risultato (magari non previsto
in partenza) che soddisfa
comunque e invoglia a rifinanziare
il progetto/intervento.
I progetti che lavorano nello
specifico sulle P.O. hanno quasi
sempre almeno una di queste
caratteristiche.
Buoni lavori di valutazione
devono saper produrre un circuito
ricorsivo che da una parte evidenzi
ciò che di paritario davvero esiste
e, dall’altra, proponendo i margini
di miglioramento e gli spazi di
risposta ai bisogni di
conciliazione, facilitino
l’implementazione di nuove
strategie rispondenti
contemporaneamente ai principi di
parità e di equità. La legittimità
del lavoro su questo tema è quindi
supportata da due ordini di motivi:
- l’etica aziendale dovrebbe
includere le pari opportunità di
genere come valore fondante
l’agire, il lavoro e la mission delle
aziende – In alcune tipologie di
aziende, si pensi ad esempio alle
cooperative sociali, lavorano
molte donne. È quindi questo il
locus privilegiato dove valori
dinamici (attinenti le P.O.) e la
loro applicazione operativa
possono trovare da subito uno
spazio per il radicamento ed un
territorio fertile per il
ripensamento e l’azione.
Ritengo infine che la valutazione
possa diventare/riuscire ad essere
un valido strumento di supporto
alla diffusione delle pari
opportunità se viene progettata e
realizzata secondo una logica di
“partecipazione alla
valutazione” [Multistakeholder
evaluation, Bartezzaghi 2010] e
sappia declinare con molto rigore
alcune fasi specifiche dei disegni
maggio-giugno 2015, n.12
di valutazione che sono: la
progettazione, la comunicazione
dei risultati e il controllo di qualità
del processo di valutazione e dei
suoi esiti.
10
Quando si valuta?
I tre momenti fondamentali della
valutazione di progetti/interventi e
programmi, possono essere
riassunti come segue:
i) La valutazione ex ante. Tale
valutazione consiste in una analisi
sistematica delle conseguenze
attese di un intervento/progetto.
Tale analisi contempla una più
attenta definizione degli obiettivi
da raggiungere, una esplicitazione
degli impatti prevedibili sugli
stakeholder (tutti coloro che hanno
qualcosa da perdere o da
guadagnare rispetto all’attuazione
del progetto/intervento), una
indicazione delle alternative a
disposizione del decisore una volta
individuato uno o più problemi da
risolvere. La valutazione ex ante
serve quindi a rendere evidenti:
alternative possibili, obiettivi più
chiari, trasparenti e verificabili.
Consente quindi di elaborare
informazioni al fine della
selezione delle modalità di
intervento che si presume sarà
maggiormente efficace rispetto
all’obiettivo definito.*
ii) La valutazione in itinere. Tale
valutazione si colloca in un
momento intermedio del ciclo di
vita di un progetto/intervento:
quello che intercorre tra la fine del
disegno progettuale e il momento
in cui il progetto pienamente
attuato viene sottoposto a
valutazione finale. La “valutazione
in itinere” può quindi essere
definita come una attività
sistematica volta a verificare la
fase di implementazione di un
progetto/intervento e a valutare i
primi risultati “di prodotto” e
laddove è possibile, di primo
impatto.**
iii) La valutazione ex post. Questo
ultimo tipo di valutazione
costituisce lo stadio conclusivo del
ciclo della valutazione stessa,
quella in cui il progetto/intervento
analizzato e attuato nelle sue
conseguenze attese durante la
valutazione ex ante e nei suoi
primi risultati con la valutazione
in itinere, viene analizzato alla
luce di prodotti e impatti. É la fase
in cui le attività di ricerca
valutativa generano informazioni
concrete sulla qualità del progetto/
intervento. Idealmente le
conclusioni raggiunte dovrebbero
raccordarsi con il disegno di una
nuova progettualità.***
In tutti questi tre “momenti”
l’attenzione alla valutazione delle
P.O. implementate, agite e, in
alcuni casi, decisamente sostenute,
deve essere massima sia che si
tratti di progetti che hanno come
obiettivo l’incidere direttamente
sulle strategie e soluzioni di
“parità” tra uomo e donna, sia in
quei progetti che perseguono
obiettivi spostati su altri fronti ma
che devono comunque fare degli
approcci gestionali e di
management uno strumento e una
palestra per la diffusione dei
principi di Parità.
***Per approfondimenti: Martini e
Sisti [2009], Stame [2004],
Pennisi [1991], Ferlie, Lynn Jr. e
Pollitt [2005], Guba e Lincoln
[1989]
Riferimenti bibliografici
Balotta C., Lazzaro L. (2013),
Pari opportunità in cooperazione:
ricerca valutazione e sviluppo,
InSide, Bolzano
Bernardi L. (2005), Percorsi di
ricerca sociale: conoscere,
decidere, valutare, Carocci, Roma
Bezzi C. (2010), “Il nuovo
disegno della ricerca valutativa”,
FrancoAngeli-AIV
Bezzi C., Palumbo M. (1988),
Strategie di Valutazione, Gramma,
Perugia
La Spina A., Espa E. (2011),
Analisi e valutazione delle
politiche pubbliche, Il Mulino,
Bologna
Moro G. (2011), “La valutazione
possibile: Metodi e casi”,
FrancoAngeli
Note
*Per approfondimenti: Carley
[1980], Bezzi [2001], Dunn
[2004], Marr [2009], Shaw [2000],
Schneider e Ingram [1997], Quinn
Patton [2002], Pennisi e
Scandizzio [2003]
**Per approfondimenti: Hill e
Hupe [2002], Kudek e Rist [2004],
Kudeck e Georgens [2010], Lippi
[2007]
Per associarsi ad AIV, le quote d’iscrizione sono:
-100,00 euro, soci ordinari
-50,00 euro, soci giovani, a norma di Statuto e Regolamento sotto i 30 anni di
età e i dottorandi (senza limiti di età), iscritti ai Master patrocinati AIV.
-150,00 euro, soci amici dell’AIV
Effettuare il pagamento della quota associativa tramite bonifico bancario
versando la quota associativa sul c/c di Banca Prossima IBAN IT 41 L033
5901 6001 0000 0062 397
Importante!!! Nella causale del bonifico specificare il proprio nome e cognome
11
www.valutazioneitaliana.it