2. Le quote di genere nei consigli di

La legge n. 120 del 2011: le quote di genere nei consigli di amministrazione delle società
Sull’esempio di molti altri Paesi europei, anche in Italia è stata recentemente introdotta una normativa in
materia di parità di accesso agli organi delle società. La legge n. 120 del 12 luglio 2011 obbliga le società
quotate e le società controllate dalle pubbliche amministrazioni a riservare la quota di 1/3 del consiglio di
amministrazione e del collegio sindacale al genere meno rappresentato.
Come ha affermato la Vice Presidente della Commissione Europea Viviane Reading “la legge risponde ad
un’esigenza democratica ed economica.”
Infatti, dalle relazioni illustrative della legge, si evince come il fine perseguito dal legislatore sia, in primo
luogo, quello di risolvere la situazione di evidente squilibrio di genere femminile che caratterizza la
composizione degli organi di comando della società.
Stando ai dati forniti dalla Consob, 1 al momento dell’approvazione della legge n. 120 del 2011, la
rappresentanza femminile negli organi delle società italiane, era ferma al 6,8% nelle società quotate, e al 4%
nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni, situazione talmente grave da porre l’Italia agli
ultimi posti delle classifiche europee e internazionali (terzultima nella classifica stilata dalla Commissione
europea nella relazione annuale parità uomo-donna; 74esima, dopo Ghana Malawi e Lesotho, nella Global
Gender Gap Index 2, una classifica globale delle differenze di genere stilata ogni anno dal World Economic
Forum).
In secondo luogo, la legge n. 120 del 2011, nasce dalla convinzione che il sostegno all’occupazione e alla
carriera femminile sia un presupposto necessario per la crescita e lo sviluppo dell’intero sistema produttivo.
Dei benefici economici dell’incremento della partecipazione femminile ai vertici è convinta anche la
Commissione europea che nel report More Women in Senior position Key to Economic stability (più donne
nelle posizioni di comando per la stabilità economica) ha invitato gli stati membri a non abbandonare le
politiche di genere, perché è proprio nei momenti di crisi che l’Europa deve puntare su una crescita inclusiva
e intelligente che non può precindere del potenziamento dei talenti femminili. Non si tratta, solo di una
ragione macroeconomica, ma anche microeconomica: consigli eterogenei in termini di genere
comporterebbero vantaggi alle singole società in termini di miglioramento della performance finanziarie e di
una più efficiente governance societaria. (Si veda fra i tanti Mckinsey, Women Matter 2009-2010-20112012; carter j., wagner h., narayanan s., The bottom line: corporate governance and women representation
boards on boards, Catalyst, 2007).
Pare importante ricordare che la legge n. 120 del 2011, sorta dall’iniziativa di deputati e senatori appartenenti
a diverse forze politiche, rappresenta uno dei pochissimi provvedimenti bipartisan del Governo Berlusconi
IV. Ciò a dimostrazione del fatto che, la sottorappresentanza femminile ai vertici delle società è un
dato oggettivo e l’esigenza di risollevare tale situazione è condivisa e considerata necessaria
indipendentemente dalle diverse visioni politiche. Tuttavia, il grande accordo politico sul tema, non
è stato sufficiente ad assicurare una rapida approvazione della legge. Uno degli aspetti che
maggiormente ha acceso il dibattito alla Camera e al Senato, è rappresentato dalla previsione di una sanzione
per il mancato rispetto del criterio di riparto, considerata da più parti, eccessivamente lesiva della libera
iniziativa economica e degli interessi degli azionisti. La scelta adottata in via definitiva nella legge,
prevedendo un sistema sanzionatorio graduale (diffida-sanzione pecuniaria-decadenza), che solo in casi
estremi può giungere sino alla decadenza dell’organo sociale, appare condivisibile. Infatti, la previsione della
sanzione è un aspetto fondamentale per garantire un effettivo rispetto dell’obbligo previsto dalla legge, che
altrimenti rischierebbe di rimanere priva di effetti pratici.
Quanto appena esposto, sembra dimostrato dall’esperienza di altri Paesi europei:
•
In Spagna dove non è prevista alcuna sanzione, ma solo un invito accompagnato da incentivi, la
legge non ha prodotto i risultati sperati (40%) e la percentuale di donne nei consigli di
amministrazione è ferma al 11%.
• In Norvegia, dove la sanzione arriva fino allo scioglimento della società, la percentuale di donne nei
consigli è stabile al 40% da ormai cinque anni.
In Italia, invece, nonostante la legge non abbia ancora iniziato a produrre i suoi pieni effetti (le società sono
obbligate a rispettare il criterio di riparto dal primo rinnovo degli organi sociali successivo ad un anno
dall’entrata in vigore della legge), è possibile registrare i primi risultati positivi: si è passati dal 6,7% di
donne nei consigli di amministrazione del 2011, al 10 % dell’ottobre 2012. Per il grande cambiamento e per
valutare l’impatto della legge n. 120 del 2011, sarà necessario aspettare i prossimi rinnovi dei consigli di
amministrazione previsti, in larga parte, nella primavera del 2013.
Con la legge n. 120 del 2011, l’Italia si è finalmente uniformata alle politiche delle Istituzioni dell’Unione
europea, le quali da molti anni, hanno concentrato il loro impegno al fine di favorire una maggior
partecipazione femminile nei processi decisionali, economici e politici. L’Italia ha, così, tenuto fede alle
richieste del Parlamento europeo, che a più riprese ha invitato gli stati membri a incrementare la
partecipazione femminile negli organi di comando delle società anche mediante l’introduzione di sistemi di
quote (Risoluzione parità uomo e donna 2011 e 2012; Risoluzione sulle donne e la direzione dell’imprese
2012). Inoltre, la Commissione ha approvato una direttiva, attualmente all’esame del Parlamento europeo,
che impone alle società quotate e alle società pubbliche dell’Unione di raggiungere la quota del 40 % di
donne nei consigli di amministrazione entro il 2020.
Grazie alla legge n. 120 del 2011, nella risoluzione parità uomo e donna 2012 il Parlamento europeo ha
citato l’Italia, tra gli esempi positivi da seguire per risolvere lo squilibrio di genere ai vertici delle società. Si
tratta di un importante traguardo per un paese che è sempre stato considerato in Europa fanalino di coda per
l’attuazione delle politiche di genere.
Rappresentanza femminile negli organi delle società al momento dell’approvazione della legge n. 120
del 2011
Fonte: dati Consob aggiornati al 2011
Rappresentanza femminile negli organi delle società italiane in seguito all’approvazione della legge n.
120 del 2011
Fonte: dati Banca di Italia
Società quotate: consigli di amministrazione
Giugno ‘09
Giugno ‘10
Giugno ‘11
Giugno ‘12
Posti totali
2.772
2.685
2.641
2.483
Occupati da donne
170
180
191
242
% di donne
6,13
6,70
7,23
9,75
Quota di 1/3
924
895
880
828
Da riassegnare
754
715
689
586
Fonte: dati SDA Bocconi
Società quotate: collegi sindacali
Giugno ‘09
Giugno ‘10
Giugno ‘11
Giugno ‘12
Posti totali
847
822
804
769
Occupati da donne
52
57
55
73
% di donne
6,14
6,93
6,84
9,49
Quota di 1/3
282
274
268
256
Da riassegnare
230
217
213
183
Fonte: dati S.D.A Bocconi
Società controllate dalle P.A.
N. di società controllate dalle P.A. soggette al vincolo
21.000
Posti totali nei consigli di amministrazione
13.500
Posti occupati da donne
540 (4%)
Posti che verranno assegnati in forza della legge
4.455 (33%)
Fonte: dati S.D.A Bocconi
Fonte: dati S.D.A Bocconi
Fonte: dati S.D.A Bocconi
La legge n.120 del 2011 a confronto con le scelte degli altri paesi europei
Paese
Tipo di misura per incrementare la partecipazione
femminile nei cda
Soggetti destinatari
% di
donne
nei cda
prima
% di donne
nei cda
dopo
6,80%
40,00%
6,00%
11,00%
10,00%
15,30%
-Sanzione
pecuniaria se la
società non
adempie nel termine di 4 mesi alla
diffida della Consob
-Decadenza
dell’organo sociale
se la società non
adempie nel termine di tre mesi alla
seconda diffida
della Consob
6,80%
10% (settembre
2012)
Non definita
7,80%
Sanzione
- Società quotate
- Rifiuto
dell’iscrizione al
registro delle im- Società cooperative
prese
- Società partecipate per i - Scioglimento della società
2/3 dai Comuni
- Società pubbliche
Norvegia
Quota 40%
- Invito a raggiungere il - Società con più di 250
40% (Ley de igualdad)
dipendenti
Spagna
- Raccomandazione non
vincolante (Codigo de buon - Società pubbliche
gobierno)
- Società quotate
Francia
Quota 40%
- No, sono previsti
incentivi per le
imprese che adottano il piani di parità
- Nullità delle nomine al consiglio
- Società pubbliche
- Sospensione
- Società con più di 500 compenso amministratori
dipendenti
- Società quotate
Italia
Quota 30%
Germania
- Raccomandazioni nel
Corporate goverance Code
(non vincolante)
- Società a controllo pubblico
- Società quotate
Dati non
disponibili
- Società pubbliche
Finlandia
- Raccomandazioni nel
Corporate goverance Code
(non vincolante)
- Società quotate
Non definita
23,30% 27,00%