26 MEDICINÆ 23-29 dicembre 2008 Al «Gaetano Pini» di Milano tecniche di rigenerazione tissutale per interventi in ortopedia Biotech per ricostruire le ossa Maggiori risparmi e vantaggi per la qualità di vita a breve-lungo termine S i può dire che siamo bionici? In verità sì: i passi avanti della medicina e della ricerca in Italia e in Europa confermano che proprio dal corpo umano, più approfondiamo, più possiamo trovare soluzioni con biomateriali che siano adeguate alla terapia di diverse patologie. La rigenerazione tissutale è un tema clinico e di ricerca molto seguito ma di nicchia perché richiede tecniche chirurgiche molto avanzate che non tutti eseguono. In particolare per il settore di ortopedia e traumatologia esiste una sempre maggiore disponibilità di prodotti biotecnologici. La loro utilità è indubbia: i dati medico-scientifici sulla loro efficacia sono oggettivi. Il problema è il rapporto costi-benefìci e costi-efficacia in una Sanità pubblica sempre più carente di risorse. Servono delle Linee guida etiche condivise a livello sanitario, giuridico, assicurativo, gestionale, amministrativo, ecco il perché come Istituto ortopedico Gaetano Pini non solo siamo tra i primi in Europa ad aver presentato dei progetti di ricerca e applicazioni medico-scientifiche di eccellenza nel settore biotecnologi- co, ma siamo anche stati promotori e organizzatori di recenti convegni internazionali di confronto tra medici, giuristi, direttori amministrativi, esperti internazionali, ricercatori, per sottolineare la necessità urgente di una puntualizzazione sulle applicazioni cliniche finalizzata a un inquadramento clinico e normativo che tuteli sia il paziente che il medico nella corretta scelta dell’utilizzo o meno delle biotecnologie. Serve inoltre una strategia di gestione a livello nazionale ed europeo per non disperdere i finanziamenti per la ricerca sulle biotecnologie, ma bene indirizzarli in progetti finalizzati di cooperazione internazionale. L’Istituto ortopedico Gaetano Pini è da anni impegnato su questo fronte con ricerche cliniche avanzate che già hanno permesso di fornire un importante contributo al mondo scientifico internazionale, come nel caso delle pseudoartrosi, delle necrosi epifisarie e delle lesioni periprotesiche. Per proseguire, però, servono più che mai nuove norme di legge adeguate per un corretto inquadramento giuridico, correlato a scelte oculate e condivise anche a livello politico, per la Il rapporto con le biotecnologie ● ● ● ● Fattori di crescita - Proteine morfogenetiche ossee - Bmp prodotte dalle case farmaceutiche e utilizzabili dai clinici al pari di un farmaco Derivati del sangue - Utilizzabili con precise linee guida Scaffold - (Osso di banca; osso animale, ossa prodotte artificialmente con fosfato tricalcico e/o ceramiche) Cellule stromali - Derivati del midollo osseo - che trattate ed espanse danno una spinta cellulare di ricostruzione sia dell’osso che della cartilagine più completa tutela e garanzia del paziente; una adeguata distribuzione delle risorse economiche nel settore sanitario nazionale ed europeo; la serenità operativa anche per gli stessi medici che desiderano poter applicare queste cure innovative. Il tema della rigenerazione tissutale in Ortopedia e traumatologia è un argomento di estrema attualità. Per realizzare questa analisi occorre inquadrare questi risultati medico-scientifici secondo un criterio classificativo dei tessuti (cartilagine, osso, tendine ecc.) ovvero per tipologia applicativa (pseudoartrosi, protesi, perdita di sostanza ecc.). È indubbio che tali tecnologie, se correttamente utilizzate, potranno rappresentare in futuro e già, in taluni casi, rappresenta- no oggi un importante risposta alle giuste aspettative del malato e alla governance economica: trovare valide alternative per esempio nel prelievo di tessuto osseo dal proprio bacino per trattare il fallimento di una frattura costituisce un sicuro vantaggio per il paziente che eviterà di residuare offesa al sito di donazione e potrà escludere le complicanze legate a questa pratica. Chi ha avuto un prelievo osseo dalla propria anca, a esempio, residua in media una incidenza percentuale di infezione del 21% e un quinto di questi pazienti presenta a un anno persistente dolore nel sito di prelievo dell’osso (fino a due anni), cosa che non incide sui pazienti trattati alternativamente con impiego di fattori di crescita. La possibilità di contenere complicazioni maggiori e accelerare i tempi di guarigione nelle fratture esposte è stata oggetto di uno studio internazionale condotto in 49 centri di 11 Paesi. All’interno del nostro Istituto, Giorgio Maria Calori ha recentemente pubblicato il risultato di uno studio clinico osservazionale prospettico controllato condotto al Pini per la applicazione di differenti fattori di crescita nelle pseudoartrosi complesse delle ossa lunghe. Con le biotecnologie non solo i tempi chirurgici sono abbreviati con minore incidenza sull’utilizzo della camera operatoria e delle risorse a essa connesse; ancor più l’intervento si semplifica con minori rischi anestesiologici e chirurgici per il paziente che diminuisce inoltre i tempi medi di ospedalizzazione. Occorre quindi tenere presente che, a fronte di un iniziale apparente incremento dei costi, in realtà se utilizzate per giusta indicazione, quando non addirittura senza possibile alternativa, le biotecnologie rappresentano già un risparmio nella spesa sanitaria complessiva, ancor di più se tenuto conto del più grande beneficio espresso sulla qualità della vita a breve-lungo termine del paziente. Utilizzare le biotecnologie in Ortopedia e traumatologia costa infatti meno, secondo linee guida acquisite. Il tissue engineering è la nuova frontiera e l’inevitabile futuro che verosimilmente si schiuderà alla futuribile terapia genica. In Ortopedia e traumatologia è sempre più affermato il principio del Diamond Concept: per un buon risultato nella cura di una frattura necessitano 4 elementi ovvero un sistema biomeccanico stabile di osteosintesi; gli aspetti biologici, ovvero la presenza delle cellule staminali, dei fattori di crescita, degli scaffold/ piastre/membrane di supporto per riempire e far proliferare queste cellule nella rigenerazione dei tessuti. Per poter perseguire una medicina etica dobbiamo puntualizzare il modello organizzativo in modo da esprimere una medicina socialmente sostenibile di alta qualità e di sicurezza per il paziente. Serve una codifica di voce Drg da parte del Ssn per questi trattamenti innovativi. Marco D’Imporzano Giorgio Calori Ist. ortopedico Gaetano Pini PREVENZIONE DELLE FRATTURE L e fratture favorite dall’osteoporosi sono una delle “epidemie” legate all’aumento dell’età della popolazione, alla sedentarietà e, forse, anche alla solitudine, alla cosiddetta atomizzazione della famiglia e della società. Ogni trenta secondi, in Europa, una persona con osteoporosi (una donna nel 75% dei casi) si frattura un arto o una vertebra. E, secondo le stime di una importante rivista scientifica (The Lancet), nel mondo il numero di fratture di femore - le più gravi per le conseguenze che determinano sulla persona e sulla collettività - aumenterà da 1,7 milioni del 1990 a oltre 6,3 milioni di casi nei prossimi quarant’anni. L’osteoporosi è una condizione cronica con un rilevante impatto clinico ed epidemiologico nella popolazione mondiale: ne soffrono circa 200 milioni di donne nel mondo, un terzo delle donne tra i 60 e i 70 anni e due terzi delle donne oltre gli 80 anni. È caratterizzata dalla progressiva riduzione della massa ossea dello scheletro e da alterazioni a carico della micro-architettura dell’osso, che provocano un aumento del rischio frattura. E proprio le fratture sono l’unico “sintomo” evidente di una patologia che, altrimenti, può essere individuata solo con indagini strumentali. Le fratture di femore costituiscono sicuramente la più grave conseguenza dell’osteoporosi, perché peggiorano bruscamente e spesso stabilmente la qualità della vita della persona che la subisce, specie se molto anziana, riducono la sua aspettativa di vita, provocano disagi e preoccupazioni nei suoi familiari e determinano una vera e propria “cascata” di costi sanitari diretti e Osteoporosi, come ridurre del 60% i rischi Stima dei costi sociali in Italia per fratture di femore in over 65 (2002) Numero di ricoveri per frattura femorale Pazienti disabili in relazione alla frattura di femore (stima) Costi direttamente imputabili relativi ai ricoveri Costi per 1 mese di riabilitazione post-operatoria (escluso il 3 per cento di mortalità acuta peri-intervento) Costi sociali (pensioni di invalidità e accompagnamento) Costi indiretti (20% dei costi diretti totali) Stima dei costi totali attribuibili alle fratture di femore indiretti, per interessato, sistema sanitario e apparato sociale e produttivo. Nel 25% dei casi, in conseguenza di una frattura di femore, le persone perdono la propria autosufficienza. A differenza di quelle vertebrali da osteoporosi, che sono molto spesso asintomatiche, le fratture di femore causano mortalità nel 24% dei casi entro un anno e provocano invalidità permanente in oltre il 45% delle persone anziane che le subiscono. Soltanto in Italia, ogni anno, si registrano quasi centomila fratture di femore, un dato che, per gli over 65, è aumentato del 10% negli ultimi anni. Nel 2001, l’osteoporosi ha comportato, per l’Unione europea, un costo globale di quasi 25 miliardi di euro, con un aumento di circa il 33% rispetto al triennio precedente. E nel nostro Paese i costi per le oltre 80mila persone over 65 che si fratturano il femore in un anno superano il miliardo di euro. Il più importante obiettivo di qualunque trattamento dell’osteoporosi deve, quindi, essere quello di fornire una rapida e duratura riduzione del rischio di fratture. Con numeri come quelli sopra In Europa costi per 25 miliardi di euro riportati, si tratta di un compito necessario e urgente, non soltanto per proteggere il benessere e la qualità di vita delle persone, ma anche per contribuire a “scaricare” per quanto è possibile i conti della Sanità. Ma non si tratta di un compito facile. Fortunatamente, la ricerca scientifica e farmacologica ha ormai messo a disposizione della medicina moderna farmaci che ci pongono in condizione di intervenire alla radice del problema, trattando efficacemente proprio la “causa prima” delle fratture: l’osteoporosi stessa. I farmaci di prima scelta per il controllo della malattia osteoporotica e per la prevenzione delle sue gravi complicanze sono i bisfosfonati, il cui meccanismo di azione è basato sul bilanciamento del rimodellamento osseo. Ma sebbene appartenenti alla stessa “classe” di farmaci, gli 8 bifosfonati a oggi registrati in Italia (Clodronato, Etidronato, Alendronato, Neridronato, Pamidronato, Ibandronato, Risedronato, Zoledronato) non sono tutti uguali. La scelta del farmaco idoneo al trattamento dell’osteoporosi deve rispondere a una serie di “requisiti” fondamentali: ● deve agire rapidamente, ● deve essere efficace nel ridurre anche le fratture dalle conseguenze più 80.800 18.000 394 mln euro 412 mln euro 108 mln euro 183 mln euro 1.097 mln euro gravi, come quelle di femore, la sua azione deve mantenersi nel tempo, ● deve essere sicuro e tollerabile, ● dev’essere di facile e comoda assunzione, per ridurre il rischio di abbandono o insufficiente aderenza alla prescrizione medica. Da questo punto di vista, nell’ambito della terapia con bisfosfonati, risultano di particolare interesse le evidenze disponibili su uno di questi farmaci, il risedronato, il cui impiego è suggerito dalle più autorevoli linee guida nazionali e internazionali relative alla terapia dell’osteoporosi. L’efficacia di questo farmaco in termini di riduzione del rischio-frattura è dimostrata da studi clinici controllati, specie per quanto riguarda la riduzione delle fratture femorali. Per esempio, nelle donne con bassa densità ossea e almeno una frattura vertebrale pregressa, l’assunzione regolare del farmaco riduce l’incidenza di fratture femorali del 60% rispetto a quanto avviene assumendo soltanto calcio e vitamina D e del 46% in più di quanto è possibile ottenere con un altro farmaco della stessa classe dopo sei mesi di terapia. ● Gli studi clinici evidenziano inoltre una sua rapidità d’azione con un buon profilo di tollerabilità, dato, quest’ultimo, che risulta fondamentale, dal momento che si tratta di una terapia a lungo termine per una patologia cronica. E, come in tutte le malattie croniche, il miglioramento dell’aderenza alla terapia è uno degli obiettivi prioritari. La persistenza nel trattamento è, infatti, un fattore in grado di influenzare in modo importante la stessa efficacia della terapia. Attualmente la persistenza del trattamento con bisfosfonati, come per la maggior parte di trattamenti cronici, è inaccettabilmente bassa. Ma si è osservato che la persistenza migliora aumentando gli intervalli di somministrazione dei bisfosfonati; ecco perché gli studi più recenti mirano a dimostrare la validità di nuovi schemi terapeutici che prevedano una somministrazione mensile. I nuovi dati su risedronato in formulazione da 75 mg per due giorni consecutivi al mese (con una supplementazione di calcio e vitamina D), confermano appunto l’efficacia e la sicurezza della prima terapia orale mensile sinora disponibile per il trattamento dell’osteoporosi che presenti un profilo completo di efficacia, sia sulle fratture vertebrali e non-vertebrali che sulle fratture di femore, con la possibilità di migliorare l’aderenza alla terapia mediante uno schema di somministrazione meno frequente. Somministrazioni mensili di farmaci Maria Luisa Brandi Endocrinologa dell’Università di Firenze e Presidente della Fondazione italiana per la ricerca sulle malattie dell’osso (Firmo)