O RT O P E D I A A cura di Rollo Vincenzo * Riabilitazione: le fratture del femore e fratture del femore sono grossolanamente classificabili in rapporto alla zona interessata: • diafisarie • metafisarie • epifisarie L’evento traumatico inoltre non coinvolge solo l’osso, ma anche i tessuti molli circostanti, comportando così altre complicanze e la conseguente presa in carico riabilitativa. La riabilitazione ovviamente inizia già dopo la confezione dell’apparecchio ortopedico di immobilizzazione o nell’immediato post-operatorio. In queste fasi è necessario suggerire al paziente quali sono le posture migliori da assumere, quali gli esercizi da eseguire e con quali precauzioni mantenere trofici i segmenti non interessati dal trauma. Naturalmente il trattamento riabilitativo si intensifica con l’avanzare del processo di riparazione biologica e con l’abbandono dei mezzi di contenzione. Se il paziente è costretto a letto: • Prevenire le complicanze generali quali quelle polmonari, cardiache, trofiche dei distretti non interessati. • Prevenire complicanze locali quali edema, flebopatie, perdita di massa ossea e ipotrofia muscolare da non uso. Quindi effettuare variazioni posturali frequenti e l’adozione di presidii anti decubito, onde evitare lesioni ulcerose da pressione. Inoltre le contrazioni isometriche, cioè senza movimenti dell’articolazione e l’uso di tecniche di rinforzo con biofeedback (tecnica che, utilizzando strumenti medici di tipo elettronico, aiuta un soggetto affetto da disfunzioni psicosomatiche a esercitare un autocontrollo su alcuni processi fisiologici) oltre a facilitazioni kabat (facilitazioni pugliasalute per l’attivazione muscolare) otterranno i benefici cercati a livello muscolare. Evitare posture declivi, applicare la crioterapia, tecniche manuali di linfodrenaggio o bendaggi elastici e ginnastica vascolare, preverranno stasi venose e linfatiche. Massaggi di scollamento cicatriziale eviteranno l’adesione della cicatrice ai piani sottostanti con la conseguente limitazione dell’articolarità del segmento e lo scorrimento dei piani fasciali sottocutanei. Naturalmente, non appena l’apparecchio gessato verrà rimosso o la ferita chirurgica lo consentirà si avvierà il recupero dell’articolarità nonchè il controllo del dolore. Tale programma potrà essere eseguito anche a casa. Al momento della concessione del carico sarà necessario dapprima adattare il paziente alla postura ortostatica (che si verifica in relazione con la stazione eretta del corpo) e successivamente, grazie agli ausilii (stampelle, girello, etc.), si inizierà la rieducazione del cammino con particolare attenzione alla distribuzione del peso sull’arto fratturato e ricercando il giusto equilibrio nelle fasi di spinta e nei cambi di direzione. L’uso della cyclette, del tapis roulant, etc., serviranno ad affinare il recupero articolare ed il corretto schema del passo, oltre che ad incrementare la resistenza allo sforzo prolungato. Una volta che il grado di consolidazione del focolaio di frattura è avanzato, sarà utile esercitarsi in acqua con programmi di idrokinesiterapia personalizzati e\o col nuoto. Infine la metodica isocinetica (è un lavoro muscolare Strumenti per la riabilitazione - venti - gennaio 2005 A cura di Prisco Piscitelli * Nell’Italia che invecchia le fratture femorali raggiungono e superano l’infarto cardiaco compiuto a velocità angolare costante lungo tutto l’arco di movimento) - qualora ci si trovi di fronte a soggetti giovani e senza limitazioni articolari e dolore - rileverà i deficit di forza\ resistenza dei principali gruppi muscolari della coscia (quadricipite e ischio-crurali), consentendo altresì di emettere una prognosi sui tempi di recupero funzionale, nonché per effettuare il training del caso. La valutazione nel tempo dei difetti di impostazione del cammino o di eventuali dismetrie (disturbo della coordinazione muscolare per cui i movimenti risultano eccessivi o insufficienti), consentirà di equilibrare l’andatura e di evitare nuovamente traumi quali cadute che, specie nella popolazione anziana, costituiscono disabilità e\o cause di morte. I protocolli ovviamente subiscono variazioni a seconda della sede di frattura e del mezzo di sintesi utilizzato, in specie se protesi d’anca, nonché se vi sia interessamento articolare o se intervengono complicanze particolari quali viziose consolidazioni o pseudoartrosi. In tali casi alcune innovative terapia fisiche quali la terapia ad onde d’urto eco-guidata, la PST e la vecchia magnetoterapia sono ormai stabilmente inserite nei protocolli di trattamento delle unità riabilitative dei principali centri italiani. Il ruolo dell’èquipe riabilitativa (fisiatra, fisioterapista e tecnico ortopedico) è quindi centrale nel progettare e mettere in pratica il programma rieducativo per consentire il ritorno alle comuni attività quotidiane e il reinserimento al lavoro. Conclusioni: indipendentemente dai grandi progressi tecnologici e metodologici nelle tecniche riabilitative, appare chiaro che occorre maggior impegno da parte di tutto il servizio sanitario nazionale e regionale per realizzare davvero la prevenzione delle fratture (e non solo il trattamento). A tal proposito l’OMS ha già sottolineato come l’Osteoporosi sia da includersi tra le 7 principali patologie su cui investire risorse economiche ed impegno nei prossimi anni. * Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione - Aiuto Fisiatra Casa di Cura Villa Bianca - Lecce Bibliografia: Trattato di Riabilitazione, Nino Basaglia, Ed. Idelson Clinica Ortopedia, Mancini-Morlacchi, Ed. Piccin Medicina Fisica e Riabilitazione - Pizzetti, Caruso, Ed. Edi-Lombardo Trattato di Medicina Fisica e Riabilitazione, Valobra, Ed. UTET Emergenze Ortopediche, Simon-Koenigsknecht, Dompè Riabilitazione in Ortopedia e Traumatologia, Brent Brotzman, Ed. UTET pugliasalute egli uomini e nelle donne di età superiore ai 45 anni, i ricoveri per frattura femorale sono quasi pari all’infarto miocardico acuto, ma presentano costi addirittura superiori. La quasi totalità delle 86.000 fratture del femore registrate in Italia si verifica dopo i 65 anni e nell’80% dei casi si tratta di donne, generalmente ultrasettantacinquenni. Nel 2002 più di 4.000 anziani con frattura femorale sono morti subito dopo l’intervento chirurgico ed altri 15.000 non hanno superato il primo anno dalla dimissione ospedaliera. A queste cifre drammatiche dobbiamo aggiungere 18.000 persone che, dopo la frattura femorale, perdono parzialmente o completamente la capacità di camminare e svolgere le normali attività quotidiane in autonomia (con gravi risvolti umani e costi materiali per le famiglie). Non si spiega, quindi, perché la percezione del problema “fratture femorali” rimanga ancora molto limitata sia nella popolazione, che nella classe medica rispetto ad altre patologie percepite come “molto severe”. Come tutti sappiamo, l’Italia è uno dei Paesi con la maggiore aspettativa di vita alla nascita. Oggi, un italiano può vivere mediamente fino a 76 anni se uomo o fino ad 86 se donna. In una società che invecchia, come la nostra, un importante obiettivo di salute è quello di mantenere una buona qualità di vita anche in età avanzata. La frattura del femore nell’anziano compromette gravemente la vita di chi la subisce ed incide sulla famiglia e sulla società in maniera drammatica. La prima causa delle fratture femorali degli anziani è il deterioramento osseo (sia quantitativo che qualitativo) caratteristico dell’osteoporosi. - ventuno - gennaio 2005 Secondo le attuali linee guida l’esame densitometrico (da ripetere non prima di 12-18 mesi) è indicato per: 1. donne di età superiore ai 65 anni; 2. uomini di età superiore ai 70 anni; 3. donne in menopausa da almeno 10 anni; 4. donne entrate in menopausa prima dei 45 anni; Infatti, anche l’osso, come qualsiasi altro tessuto, organo o apparato, non sfugge ai processi di invecchiamento. Avere l’osteoporosi significa che la perdita di massa ossea e la compromissione della qualità dell’osso giungono a livelli tali da facilitare il cedimento strutturale. Secondo lo studio epidemiologico italiano, che ha fotografato la diffusione di questa malattia silenziosa ma inesorabile, sarebbero 4 milioni le donne osteoporotiche ed 800.000 gli uomini colpiti. Come si può constatare, la donna presenta un rischio più alto rispetto agli uomini di essere affetta da osteoporosi e di sviluppare una frattura femorale. Nello specifico, il rischio è maggiore per le donne in menopausa ed in chi ha sperimentato una menopausa precoce (prima dei 45 anni) in particolare se conseguente ad ovariectomia. Una donna osteoporotica in menopausa vedrà innalzarsi il suo rischio di frattura di 5 volte se è già portatrice di una pregressa frattura (generalmente vertebrale, del polso o del piede). Esistono, tuttavia, anche altre categorie a rischio, come i soggetti in terapia con corticosteroidi da più di tre mesi (costoro hanno un rischio di sviluppare una frattura 20 volte più alto rispetto ad una donna in menopausa già portatrice di frattura); gli individui molto magri; i fumatori; coloro che sono affetti da patologie che si associano ad osteoporosi. Esiste quindi la possibilità di identificare i soggetti a più alto rischio di frattura, per i quali è opportuno eseguire una densitometria ossea al fine di adottare serie strategie preventive (non esclusivamente farmacologiche) per impedire che si verifichi una frattura femorale come esito finale di un processo osteoporotico. pugliasalute 5. donne ed uomini in terapia con dosi medioalte di cortisonici da almeno 3 mesi (corticosteroidi con dosaggio superiore a 5 mg al giorno di prednisone equivalenti); 6. donne in menopausa che abbiano avuto familiari colpiti da fratture non dovute a traumi rilevanti prima dei 75 anni di età; 7. donne ed uomini con precedenti fratture non dovute a traumi rilevanti; 8. donne in menopausa che abbiano un peso inferiore a 57 kg; 9. donne ed uomini in cui sia stata precedentemente diagnosticata osteoporosi con indagine radiologica e/o densitometrica; 10. donne ed uomini affetti da malattie che si associano di frequente ad osteoporosi: diabete, talassemia, iperparatiroidismo, malattie croniche epatiche, artrite reumatoide, anoressia, morbo celiaco, malattie infiammatorie croniche gastrointestinali, insufficienza renale cronica; 11. donne e uomini costretti a immobilizzazione prolungata o impossibilitati ad uscire di casa per malattia o disabilità temporanea o permanente; 12. donne e uomini che abbiano fumato 20 sigarette al giorno per 20 anni, oppure più di 30 sigarette al giorno per 10 anni e oltre; 13. donne e uomini che assumono elevate quantità di vino ed altre sostanze alcoliche. *Docente Universitario della Libera Università Mediterranea “Jean Monnet” di Bari Epidemiologo della Società Italiana dell’Osteoporosi, Malattie Metaboliche e dello Scheletro - ventidue - gennaio 2005