SINTESI DELL’INTERVENTO
DELLA PROF. SSA MARIA LUISA BRANDI
Indubbiamente è necessario fare di più per combattere l’osteoporosi, per aumentare le
conoscenze e la comunicazione rivolta sia ai cittadini che ai medici. Oggi la
popolazione anziana è in continuo aumento, e con essa il numero delle fratture, ma gran
parte di queste non vengono diagnosticate. Purtroppo disponiamo solo di dati
approssimativi: si può quindi valutare da un punto di vista epidemiologico soltanto
l’incidenza di quelle fratture che noi chiamiamo di tipo radiologico, di solito
sintomatiche. Fortunatamente, grazie alla recente revisione della nota 79, possono ora
accedere gratuitamente alle terapie anche quelle pazienti che ancora non hanno riportato
una frattura. Recentemente si è resa disponibile una nuova classe di farmaci, il cui
capostipite è il ranelato di stronzio, in grado di stimolare la formazione e
contemporaneamente inibire il riassorbimento, riducendo il rischio di fratture. I dati sul
ranelato sono particolarmente positivi: era già stato provato che a tre anni riduce del
36% le fratture di femore e dimezza le fratture di vertebra. Ora però abbiamo a
disposizione nuove evidenze, ancor più favorevoli, che ne testimoniano l’efficacia
anche nel lungo periodo. Il ranelato di stronzio è il primo farmaco per cui disponiamo di
dati a 5 anni: riduce del 43% il rischio di frattura del femore in donne a rischio e del
24% le fratture vertebrali.
L’osteoporosi è una malattia del metabolismo, in cui il ricambio dell’osso è alterato. In
condizioni normali quando aumenta il riassorbimento, subito dopo cresce la formazione,
per mantenere in equilibrio il sistema. In alcune fasi della vita invece, ad esempio dopo
la menopausa, il riassorbimento aumenta molto e la formazione non riesce ad aumentare
con lo stesso ritmo, per cui il bilancio diventa negativo. A 60 anni il 30% del capitale
osseo è perso: il nostro obiettivo è ricostruire l’osso e ristabilire l’equilibrio.
Fino ad oggi esistevano due categorie di farmaci: gli antiriassorbitivi (tutti i bifosfonati)
che inibiscono appunto il riassorbimento, cioè la distruzione dell’osso. E i cosiddetti
osteoformatori, che ne stimolano invece la formazione. Con i farmaci antiriassorbitivi,
si inibisce il riassorbimento ma nel tempo si blocca anche la formazione. E con i
farmaci osteoformatori, si aumenta la formazione, ma inevitabilmente si incrementa
anche il riassorbimento.
Il ranelato di stronzio invece agisce su entrambi i fronti. Grazie alla stimolazione di
specifici recettori, la molecola aumenta la produzione degli osteoblasti e così, grazie
all’incremento di queste importantissime cellule ricostruttrici, riattiva la formazione di
osso. Non solo ne aumenta il numero, ma le stimola anche a produrre osteopretegerina,
che come dice il nome è una proteina che “protegge l’osso” e che ha un ruolo
importante in questo sistema di disaccoppiamento tra formazione e riassorbimento. Si
tratta di una proteina che va a controllare il riassorbimento in senso negativo, cioè
agisce sulle cellule osteoclastiche che “distruggono l’osso” e impedisce che si attivino
per riassorbirlo.
Si tratta di un meccanismo d’azione unico nel suo genere grazie al quale questo farmaco
ha dimostrato di essere estremamente efficace nel ridurre il rischio di tutti i tipi di
fratture, in particolare quelle di femore. Per questo il ranelato di stronzio va considerato
una terapia di prima intenzione nella terapia dell’osteoporosi.
LA PROFESSORESSA MARIA LUISA BRANDI È ORDINARIO DI
ENDOCRINOLOGIA E DIRIGE L'UNITÀ OPERATIVA DI MALATTIE DEL
METABOLISMO MINERALE ED OSSEO PRESSO L'AZIENDA OSPEDALIEROUNIVERSITARIA CAREGGI DI FIRENZE. È PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ
ITALIANA DELL'OSTEOPOROSI, DEL METABOLISMO MINERALE E DELLE
MALATTIE DELLO SCHELETRO (SIOMMMS) E DELLA FONDAZIONE
ITALIANA PER LA RICERCA SULLE MALATTIE DELL'OSSO (FIRMO).