Università Cattolica del Sacro Cuore Sede di Brescia Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea di Primo Livello in Fisica Tesi di Laurea Misure di cicli d’isteresi di superfici nanostrutturate mediante effetto Kerr magneto-ottico Relatore: Dott. Gabriele Ferrini Correlatore: Dott. Claudio Giannetti Laureando: Marco Travagliati mat. 3305933 Anno Accademico 2006/2007 Indice Ringraziamenti iii 1 Introduzione 1 2 Effetto Kerr magneto-ottico 11 2.1 Descrizione fenomenologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.2 Prime osservazioni sull’apparato sperimentale utilizzato . . . . . 17 2.3 D-MOKE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3 Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici 25 3.1 Le ipotesi di Weiss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 3.2 Relazioni termodinamiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 3.3 Energia di scambio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 3.4 Energia Zeeman ed energia di demagnetizzazione . . . . . . . . . 31 3.5 Energia di anisotropia magnetocristallina ed energia magnetoelastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 3.6 Equazioni di Brown . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 3.7 Equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert . . . . . . . . . . . . . . . . 36 4 Risultati sperimentali 4.1 Apparato sperimentale e descrizione della procedura di misura . 39 39 ii INDICE 4.2 Nanodischi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 4.3 Nanoanelli a sezione circolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 4.4 Nanoanelli a sezione quadrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 5 Prospettive 71 Ringraziamenti Vorrei ringraziare tutte le persone del gruppo Elphos, in particolare il mio correlatore Claudio Giannetti, per l’affetto e la pazienza con cui mi hanno seguito durante questo periodo di tesi. Sono grato al prof. Enrico Zaglio e a Federico Cilento per il supporto offertomi nella costruzione dell’elettronica di controllo dell’apparato sperimentale, a Natasha Andreeva ed Emanuele Cavaliere per le immagini AFM dei campioni e al prof. Luigi Sangaletti per averci fornito il laser con cui sono state fatte queste misure. Un ringraziamento speciale va a due compagni di avventura, Luca Bignardi e Federico Cilento, che hanno messo a mia disposizione la loro esperienza e mi hanno aiutato con affetto in questi tre anni di studio. iv 1. Introduzione Da un punto di vista tecnologico vi è un grande interesse nei confronti di superfici su cui vengono cresciuti reticoli periodici di elementi di dimensioni submicrometriche di materiale ferromagnetico in quanto tali strutture sono candidate a diventare la base di sviluppo per un nuovo tipo di memorie, le MRAM (Magnetoresistive Random Access Memory). A differenza di una comune RAM, le MRAM non memorizzano l’informazione come una quantità di carica, ma nella magnetizzazione di un elemento ferromagnetico; per questo l’uso delle MRAM non porterebbe alla cancellazione dell’informazione allo spegnimento del computer evitando i tempi lunghi della fase di boot e velocizzando il caricamento delle applicazioni. Dato che le strutture magnetiche per la memorizzazione sono su scala submicrometrica, in [12] si stima che si avrebbe inoltre un incremento 2 2 della densità d’informazione da 5 Gbits/in a circa 400 Gbits/in . L’idea guida nel design di una cella di memoria di una MRAM è tipicamente la seguente. La cella di memoria è costituita da un sottile strato ferromagnetico ed uno spesso strato ferromagnetico separati da uno strato elettricamente conduttivo e non magnetico il cui spessore è tale che la magnetizzazione di uno strato ferromagnetico non influenzi la magnetizzazione dell’altro (vedi figura 1.1). Il bit d’informazione risiede nella magnetizzazione dello strato ferromagnetico più spesso. Supponiamo per semplicità che le configurazioni degli strati 2 Figura 1.1: Qui è raffigurato lo schema tipico di una cella di memoria MRAM. In particolare l’immagine si riferisce al design di una VMRAM suggerito in [12]. ferromagnetici siano a singolo dominio (lo stato di magnetizzazione in cui tutti i momenti magnetici del sistema sono orientati parallelamente). Attraverso una linea di lettura viene fatta passare nella cella una piccola corrente in grado di direzionare lo stato di magnetizzazione dello strato ferromagnetico sottile, ma non dello strato spesso. Siccome la resistenza elettrica della cella varia a seconda che la magnetizzazione dei due elementi ferromagnetici sia parallela o antiparallela, dalla lettura della tensione ai capi del sandwich si deduce lo stato di magnetizzazione dello strato spesso e quindi si ricava il valore del bit. Attraverso una linea di scrittura in cui passa una corrente maggiore si riesce invece a pilotare la magnetizzazione dello strato spesso. Questo tipo di memorie dovrebbe richiedere livelli di correnti nelle linee di scrittura e lettura molto maggiori rispetto a quelli dei circuiti elettronici delle attuali RAM. Tale livello nelle MRAM potrebbe essere ridotto utilizzando film di materiali ferromagnetici con basso valore di coercività (campo magnetico necessario per invertire la magnetizzazione) e significativo effetto di magnetoresistenza (variazione di resistenza elettrica legata alla variazione di magnetizzazione del sistema). Per avere la possibilità di implementare questa idea è necessario possedere strutture micromagnetiche con uno stato di rimanenza (magnetizzazione in assenza di campi magnetici esterni) ben definito e riproducibile e quindi con un 1. Introduzione processo d’inversione della magnetizzazione altrettanto semplice e riproducibile. Lo stato di magnetizzazione assunto da un sistema ferromagnetico è quello che minimizza l’energia libera del sistema1 . L’energia di un sistema magnetico è data dalla somma di un contributo di scambio, da contributi magnetostatici ed eventuali contributi dati dalla natura cristallina del sistema. • Il termine di scambio ha origine elettrostatica e sorge all’interno della teoria quantistica dei sistemi a molti elettroni. L’effetto di questo termine in sistemi ferromagnetici è quello di allineare i dipoli magnetici adiacenti. • I termini magnetostatici sono due. Uno è dovuto all’energia dei dipoli in un campo magnetico esterno ed è detto energia Zeeman. L’altro termine magnetostatico è detto energia di demagnetizzazione e consiste nell’energia del sistema di dipoli nel campo da essi stessi generato. • I termini di energia magnetocristallina e magnetoelastica sono stretta- mente legati al fatto che il sistema sia un reticolo cristallino e tendono ad allineare la magnetizzazione del materiale lungo certi assi cristallografici. In sistemi ferromagnetici macroscopici l’equilibrio tra questi termini dà luogo a strutture a molti domini, ma riducendo il volume del sistema i contributi d’energia di superficie (come l’energia della zona che separa due domini distinti, zona che tecnicamente è detta muro) prevalgono sui contributi di volume (energia di scambio ed energie magnetostatiche del sistema) sicchè ci si attende che, per strutture in cui tutte le dimensioni sono su scala nanometrica, la configurazione magnetica energeticamente favorita sia quella a singolo dominio (in cui tutti i momenti di dipolo magnetico sono allineati nella stessa direzione). In tale configurazione tutta l’energia del sistema è energia di demagnetizzazione. In sistemi ferromagnetici mesoscopici in materiali in cui l’anisotropia magnetocristallina è trascurabile, quando il campo magnetico esterno è nullo, l’energia della configurazione a singolo dominio è superiore all’energia della configurazione in cui la magnetizzazione del sistema, per annullare l’energia di dema1 Gli aspetti essenziali del micromagnetismo verranno discussi con maggiore dettaglio nel capitolo 3. 3 4 gnetizzazione, si dispone tangenzialmente alla superficie di contorno del volume formando uno stato a vortice (anche detto a chiusura di flusso magnetico). In tale configurazione tutta l’energia del sistema è energia di scambio. Figura 1.2: Quando un volume è in uno stato di magnetizzazione a singolo dominio la discontinuità della componente normale della magnetizzazione sul bordo della struttura agisce da sorgente per il campo magnetico, spesso visualizzata con poli fittizi. L’intensità di tale campo è strettamente legata alla geometria del sistema come si può subito intuire dal confronto tra le simulazioni delle due strutture riportate in [12] e qui raffigurate. Mentre il processo d’inversione della magnetizzazione in un sistema a singolo dominio avviene per rotazione in unisono di tutti i momenti di dipolo del sistema, in sistemi con magnetizzazione a vortice il processo è più complesso e richiede campi magnetici più intensi per raggiungere lo stato di saturazione. Per questo in primo luogo si era pensato di utilizzare nelle MRAM strutture magnetiche a singolo dominio con forte anisotropia magnetica: in tali strutture gli stati di rimanenza sono paralleli all’ultimo campo magnetico applicato nella direzione di facile magnetizzazione. Tale configurazione presenta il difetto di avere un significativo campo disperso (campo magnetico generato all’esterno dalla struttura, vedi figura 1.2) che riduce la densità di bit in quanto, per evitare false scritture, è necessario tenere sufficientemente lontane le celle in modo che non si influenzino. Un’altra promettente configurazione magnetica è stata individuata negli stati a vortici di dischi dallo spessore dell’ordine delle decine dei nanometri e dal diametro dell’ordine delle centinaia di nanometri, che non generano campo disperso ed hanno magnetizzazione al centro del vortice diretta lungo l’asse del 1. Introduzione Figura 1.3: Tali immagini dello stato di rimanenza di nanodots in ferro, ottenute con tecnica SP-STM, sono state pubblicate in [13]. A sinistra è riportata l’immagine della magnetizzazione nel piano della figura: il contrasto tra bianco (magnetizzazione diretta nel piano della figura verticalmente dall’alto al basso) e nero (magnetizzazione diretta nel piano della figura verticalmente dal basso verso l’alto) mostra che la magnetizzazione del nanodot ruota attorno al centro della figura come mostrato dalla freccia. Questa configurazione a vortice presenta un nucleo attorno a cui ruota la magnetizzazione che è magnetizzato in direzione uscente dal piano della figura, come mostrato nella figura a destra in cui la zona chiara indica l’area in cui la magnetizzazione è uscente dal piano del dot, mentre la zona nera indica la regione in cui la magnetizzazione è interamente nel piano della figura. disco (vedi immagine 1.3). In tali sistemi il controllo del verso del nucleo del vortice potrebbe essere il veicolo per immagazzinare l’informazione. In [16] attraverso microscopia XMCD si è mostrato che si può controllare la direzione di questo nucleo attraverso impulsi brevi di campi magnetici poco intensi. Non è ancora stata trovata una via per controllare il singolo elemento di tali array, c’è inoltre chi sottolinea come il processo di inversione della magnetizzazione di tali strutture in campi magnetici intensi sia fortemente legato alla rugosità dei bordi e per questo vi sia il passaggio attraverso stati metastabili che possono condurre a diversi stati di rimanenza. Per ridurre tali effetti si è anche valutata la possibilità di utilizzare nanoring circa delle stesse dimensioni, dove il nucleo energetico dello stato a vortice dei nanodischi non è presente (come è illustrato 5 6 ad esempio nella figura 1.4). Figura 1.4: In questa immagine, risultato di una simulazione micromagnetica fatta con il software libero OOMMF, è raffigurato lo stato di rimanenza a vortice che il sistema assume solo quando l’anello ha particolari valori di altezza, diametro e spessore. L’informazione nei nanoring sarebbe racchiusa nei due possibili sensi di rotazione della magnetizzazione nello stato a chiusura di circuito di flusso magnetico. Si è però osservato che lo stato di rimanenza e il processo di switching in campi magnetici intensi anche in queste strutture è fortemente legato ad eventuali difetti di forma del ring. In [14] si mostra come sia possibile crescere campioni in cui si hanno anelli dove l’asimmetria degli elementi possa essere controllata e sfruttata nella gestione del processo di inversione e nel controllo dello stato di rimanenza. Tale controllo si ha però solo sulla maggioranza delle celle in un grande insieme di elementi e non ancora sulla singola cella. Le tecniche d’indagine più utilizzate nello studio di questi sistemi sono XMCD (X-Ray Magnetic Circular Dichroism), MFM (Magnetic Force Microscopy) e MOKE (Magneto-Optical Kerr Effect). La tecnica XMCD è basata sul fatto che l’accoppiamento tra il momento magnetico del campione e il campo elettrico della luce incidente sul campione (di lunghezza d’onda nella regione dei 1. Introduzione Figura 1.5: Queste sono le immagine XMCD presentate in [16] che danno evidenza della possibilità d’invertire il nucleo dello stato di magnetizzazione a vortice di nanodischi, in questo caso a sezione quadrata, in campi magnetici poco intensi. Si osservi che grazie alla lunghezza d’onda della radiazione X è possibile fare immagini di microscopia con risoluzione di 30 nm. raggi X) è diverso a seconda che la polarizzazione dell’onda incidente sia circolare destra o circolare sinistra. Per questo l’assorbimento di luce polarizzata circolare destra e circolare sinistra sono diversi e dalla differenza tra le intensità trasmesse nei due casi si ricostruisce la struttura magnetica del sistema (vedi figura 1.5). La microscopia a forza magnetica (MFM) è basata sul fatto che se viene costruita una punta ferromagnetica molto sottile questa può essere considerata come un unico dipolo magnetico. In un campo magnetico disomogeneo, la punta subirà una forza che provocherà la deflessione del cantilever su cui è montata. Dato che le dimensioni tipiche della punta sono di qualche nanometro, è possibile distinguere campi dispersi2 con una risoluzione dell’ordine di 40 nm. Data questa sensibilità la tecnica consente di misurare il campo disperso da una struttura micromagnetica e quindi di ricostruirne la magnetizzazione (vedi figura 1.6). Questa tecnica però è limitata allo studio dei sistemi in campi magnetici esterni deboli. 2 Il campo disperso è il campo che una struttura magnetica genera all’esterno, come i campi magnetici illustrati in figura 1.2. 7 8 Figura 1.6: Queste sono le prime immagini MFM, pubblicate su [17], che hanno dato evidenza della struttura a vortici di nanodischi di permalloy (Ni80 Fe20 ). La tecnica che noi abbiamo deciso di adottare per indagare la struttura di alcuni di questi sistemi (nanodischi a sezione circolare, nanoring a sezione circolare e nanoring a sezione quadrata) è basata sull’effetto Kerr magnetottico (MOKE). Il MOKE (analizzato più in dettaglio nel capitolo 2) è essenzialmente basato sul fatto che la luce riflessa da un campione magnetico cambia stato di polarizzazione a seconda della magnetizzazione del campione. Su questo effetto è basata una tecnica di microscopia (SKEM, Scanning Kerr Effect Microscopy) che consente di fare immagini dei domini magnetici sulla superficie di oggetti macroscopici e di film sottili. Siccome la luce utilizzata in tale tecnica è nello spettro del visibile, la risoluzione di queste immagini è dell’ordine del micron e quindi con questa tecnica non è possibile risolvere la configurazione magnetica di sistemi su scala submicrometrica. Sfruttando il fatto che la variazione di polarizzazione per effetto Kerr magnetoottico dipende linearmente dalla magnetizzazione del campione, è possibile ricostruire i cicli d’isteresi di sistemi micromagnetici utilizzando sorgenti di luce nello spettro del visibile. Dalla forma dei cicli d’isteresi è quindi possibile ottenere i campi di coercività del sistema e valutare gli stati di magnetizzazione attraverso i quali il sistema è transito durante il ciclo. Una tecnica che consente di avere migliore rapporto segnale rumore e che è più sensibile alla forma degli stati di magnetizzazione assunti dal sistema durante il ciclo (come verrà discusso nella sezione 2.3) è il MOKE in diffrazione (o D-MOKE). 1. Introduzione È possibile tuttavia fare misure in D-MOKE solo quando la superficie studiata è un reticolo ordinato con passo maggiore o uguale alla lunghezza d’onda della luce utilizzata3 . Tale tecnica fornisce un potente strumento d’indagine quando viene associata a simulazioni micromagnetiche. L’obbiettivo di questa tesi è quello di indagare i cicli d’isteresi di reticoli ordinati di nanodischi, nanoanelli a sezione circolare e nanoanelli a sezione quadrata attraverso misure MOKE e D-MOKE sul primo picco di diffrazione. Vogliamo inoltre confrontare i risultati delle nostre misure con delle simulazioni micromagnetiche che abbiamo fatto utilizzando il software libero OOMMF [15], scaricabile dal sito math.nist.gov/oommf/. 3 Per una questione tecnica di risoluzione dei picchi di diffrazione si riescono usualmente a studiare reticoli con passo che al massimo è circa 10 volte la lunghezza d’onda della luce utilizzata. 9 10 2. Effetto Kerr magneto-ottico In questo capitolo introduciamo gli aspetti essenziali dell’effetto Kerr magnetoottico (MOKE) sviluppando un caso particolare (la riflessione, in caso di incidenza normale, dalla superficie di un mezzo uniformemente magnetizzato in direzione perpendicolare all’interfaccia). Alla luce di questi risultati discutiamo le caratteristiche del segnale che si ha in apparati sperimentali per misure MOKE basati sul’uso di un modulatore fotoelastico e di un amplificatore lockin. Introduciamo infine il modello utilizzato per l’interpretazione delle misure MOKE sui picchi di diffrazione di reticoli ordinati di strutture micromagnetiche. 2.1 Descrizione fenomenologica L’effetto Kerr magneto-ottico è un fenomeno che riguarda la variazione di polarizzazione della luce, nello spettro del visibile, riflessa da una superficie magnetizzata ed è un fenomeno lineare nella magnetizzazione del campione. Si distinguono tre “geometrie” di MOKE (MOKE polare, longitudinale e trasverso) a seconda della mutua orientazione tra i vettori magnetizzazione della superficie, vettore d’onda della luce incidente e normale alla superficie del campione (vedi figura 2.1). Si parla di MOKE polare quando la magnetizzazione del campione in analisi è normale alla superficie dello stesso (e quindi è nel piano d’incidenza). Quando 12 2.1 Descrizione fenomenologica la magnetizzazione è orientata nella direzione comune al piano d’incidenza e alla superficie del campione si parla di MOKE longitudinale. In entrambe queste geometrie per effetto Kerr si ha che, incidendo con luce polarizzata linearmente, il riflesso è polarizzato ellitticamente. Se la magnetizzazione è orientata nella direzione ortogonale al piano d’incidenza, allora si manifesta una variazione d’intensità ed uno sfasamento, dipendenti dalla magnetizzazione della superficie, nella riflessione di luce polarizzata linearmente nel piano d’incidenza. In tal caso si parla di MOKE trasverso. A differenza di MOKE polare e longitudinale, che si manifestano in qualsiasi tipo di materiale magnetico, il MOKE trasverso si manifesta solo in mezzi assorbenti. Figura 2.1: Sono qui illustrate le caratteristiche essenziali delle tre geometrie dell’effetto Kerr. L’immagine è stata tratta da [3]. Per introdurre i concetti base dell’effetto Kerr, analizziamo il caso più semplice: MOKE polare in incidenza normale (vedi figura 2.2). Consideriamo le equazioni di Maxwell per i mezzi materiali ∇·D=ρ ∇ × E = −Ḃ con ∇ × H = j + Ḋ ∇·B=0 D = ε0 E + P B = µ (H + M) 0 . 13 2. Effetto Kerr magneto-ottico Figura 2.2: Nella discussione del MOKE polare in incidenza normale facciamo riferimento alla situazione rappresentata in questa figura, dove e3 è la direzione normale alla interfaccia tra il mezzo magnetico ed il vuoto, è la direzione del vettore d’onda incidente e di quello riflesso ed è la direzione della magnetizzazione del campione. Supponiamo che i campi siano sufficientemente piccoli in modo che possano valere le relazioni costitutive j = σE, P = αE, M = χH, dove la conducibilità σ, la polarizzabiltà α e la suscettibilità magnetica χ sono genericamente dei tensori. Vogliamo ora trovare delle soluzioni oscillanti E = E exp(−iωt) nel caso in cui il mezzo sia omogeneo, non vi siano cariche libere e la luce sia nel visibile, sicchè è possibile supporre χ(ω) ≈ 0. Abbiamo allora % & ∇ × H = ε0 + α + ωi σ Ė = ε̃Ė . ∇ × E = −µ0 Ḣ ∇·H=0 ∇·E=0 Il tensore dielettrico generalizzato ε̃ := ε0 + α + i ωσ è l’unica quantità che dipende dal materiale nel set di equazioni sopra scritte, sicchè noto ε̃ dalle equazioni di Maxwell potrebbero essere ricavate (a livello di principio) tutte le proprietà ottiche. Supponiamo che il mezzo sia otticamente isotropo in assenza di magnetizzazione, sicchè ε̃(M = 0) = ε è uno scalare. Consideriamo il caso in cui il 14 2.1 Descrizione fenomenologica campione è magnetizzato ortogonalmente rispetto alla sua superficie e poniamo M = M e3 . Una riflessione nel piano x-y lascia invariato il tensore dielettrico per cui si deve avere ε̃13 = ε̃31 = ε̃23 = ε̃32 = 0. Dalle proprietà d’inversione temporale emerge invece che si deve avere ε̃ij (M ) = ε̃ji (−M ) e quindi ε ε̃(M e3 ) = −ε12 0 ε12 ε 0 0 0 , ε dove ε12 puó essere espresso come iQ, dove Q è un parametro piccolo che in buona approssimazione è proporzionale ad M . Siccome l’effetto della magnetizzazione è stato quello di rendere il materiale - % &. anisotropo, saranno ammesse due onde piane E = E0 exp i ωc nn · r − ωt propagantesi nel mezzo con lo stesso versore d’onda n. Queste però avranno due distinti valori dell’indice di rifrazione n e due diversi stati di polarizzazione. I valori di n e gli stati di polarizzazione ammessi si ricavano risolvendo l’equazione di Fresnel ε̃E = n2 [E − (n · E)n] . Per la geometria scelta abbiamo che n = (0, 0, 1) e quindi iQ 0 E1 E 1 2 ε −iQ 1 0 E2 = n E2 , 0 0 0 1 E3 1 da cui subito si deduce che non vi è componente longitudinale del campo elettrico. Riducendoci al sottospazio generato da e1 e e2 e passando alla rappresentazione nella base della polarizzazione circolare destra e sinistra {e+ = √ √ (e1 + ie2 )/ 2, e− = (e1 − ie2 )/ 2}, la sottomatrice del tensore dielettrico risulta 1−Q 0 . ε 0 1+Q Le due onde piane ammesse sono allora / 0 ωn 12 ± E± = E0 e± exp i z − ωt c 15 2. Effetto Kerr magneto-ottico con 4 5 3 √ Q n± = ε(1 ∓ Q) ≈ ε 1 ∓ . 2 La differenza tra gli indici di rifrazione per la luce polarizzata circolare sinistra e √ circolare destra è n− − n+ = εQ. I coefficienti di riflessione dati dalle formule di Fresnel sull’interfaccia tra il campione ed un mezzo con indice di rifrazione unitario sono ρ± = n± − 1 . n± + 1 Se si incide con luce polarizzata linearmente lungo e1 , lo stato di polarizzazione della luce riflessa nella base della polarizzazione circolare è n− −1 n− −1 0 1 1 1 n− +1 √ = √ n− +1 n+ −1 2 1 2 n+ −1 0 n+ +1 n+ +1 che nella base {e1 , e2 } è n+ n− − 1 ε−1 cos Φk 1 1 ≈ √ ∝ . (n+ + 1)(n− + 1) i(n − n ) ( ε + 1)2 i√εQ sin Φ − + k Per piccoli angoli di rotazione Kerr complessa ΦK , tan ΦK ≈ ΦK e ΦK √ i εQ = . ε−1 Se Q ed ε sono reali, ΦK è immaginario puro e la luce riflessa diventa ellittica, ma mantiene gli assi principali dell’ellisse paralleli agli assi e1 ed e2 ; solo se Q od ε hanno parte immaginaria, ossia è presente un assorbimento, è possibile che vi sia anche una rotazione del piano di polarizzazione. Osserviamo che rispetto alla matrice dei coefficienti di riflessione del campione nella base {e1 , e2 } 1 1 1 0 n+ −1 2 i −i n+ +1 √ −i ε − 1 i εQ 1 ≈ √ 2 √ ( ε + 1) 1 i i εQ 1 − ε n− −1 n− +1 1 0 (se non fossimo in incidenza normale, potremmo riferire questa come la base degli stati di polarizzazione p ed s) la rotazione Kerr complessa risulta scritta nella forma ΦK = rsp /rpp = −rps /rss . 16 2.1 Descrizione fenomenologica Ci si riferisce all’elliticità Kerr come la parte immaginaria della rotazione Kerr complessa e alla rotazione Kerr come alla parte reale di quella complessa. Queste quantità sono entrambe proporzionali alla magnetizzazione. In generale, detto m il versore della magnetizzazione M, si ha che il tensore dielettrico è della forma ε ε̃(M) = −ε12 −ε13 con ε12 ε −ε23 ε23 ε13 ε23 ε iεQm = −ε13 , ε12 dove Q è una costante del materiale, a priori complessa, che in buona approssimazione è proporzionale a M e piccola. Da questa espressione del tensore dielettrico è possibile ricavare la generalizzazione delle formule dell’effetto Kerr alle altre geometrie. Nell’esperienza qui riportata sono state effettuate misure MOKE longitudinale. La formula per la rotazione Kerr incidendo ad un angolo θ sul campione dal vuoto è Re 4 rsp rpp 5 0 1 3 ε sin θ sin θ tan θ − ε − sin2 θ = − Im Q. % &3 (ε − 1) ε − tan2 θ ε − sin2 θ Scambiando Re con Im si ottiene la formula dell’ellitticità Kerr. Siccome entrambi i segnali sono proporzionali a Q e quindi alla magnetizzazione del campione, la misura di queste grandezze viene utilizzata per ricostruire la forma1 delle curve di magnetizzazione M -H del campione in analisi. 1 Conoscendo tutte le costanti ottiche e magnetoottiche del campione, è possibile anche risalire al valore assoluto della magnetizzazione nota l’elliticità o la rotazione Kerr. Per misurare esattamente rotazione o ellitticità Kerr bisognerebbe conoscere l’intensità delle luce incidente, i fattori di assorbimento degli elementi ottici dell’apparato sperimentale e il fattore di conversione del segnale elettronico letto, ad esempio, su fotodiodi o amplificatori lock-in. 17 2. Effetto Kerr magneto-ottico Figura 2.3: Raffiguriamo qui la situazione in cui il PEM è disposto a 90o ed è utilizzato come λ/4: la luce deve entrare nel PEM linearmente polarizzata a 45o e ne esce polarizzata circolare destra, ellittica, lineare, ellittica, circolare sinistra, ellittica, lineare ed infine circolare destra con un periodo pari alla frequenza di modulazione del PEM. 2.2 Prime osservazioni sull’apparato sperimentale utilizzato Siccome il segnale Kerr è molto piccolo, per avere un buon rapporto segnalerumore abbiamo deciso di adottare nelle nostre misure una tecnica lock-in. L’amplificatore lock-in è uno strumento in grado di estrapolare da un segnale in ingresso solo la componente ad una certa frequenza. Nel nostro setup la modulazione del segnale viene introdotta da un modulatore fotoelastico (PEM). Tale strumento modula la polarizzazione della luce sfruttando la variazione dell’indice di rifrazione di una barra di SiO2 che si ha quando ad essa viene applicato uno stress meccanico. Quando il PEM viene posizionato a 90o è possibile associare ad esso la matrice di Jones (nella base delle polarizzazioni p ed s) 1 0 0 , exp(i∆ cos ωt) dove ∆ è l’ampiezza della modulazione e ω è la frequenza di modulazione (circa 50 kHz)2 . Considerando solo i primi termini dello sviluppo exp(ix cos θ) = ∞ : (2l + 1)il Jl (x)Pl (cos θ), l=0 dove Jl é la funzione di Bessel del primo tipo di ordine l e Pl é il polinomio di 2 La dicitura PEM orientato a 90o potrebbe essere fuorviante quando poi si monta lo stru- mento: fisicamente questa configurazione, se lo stato di polarizzazione p è nella direzione parallela al piano del banco ottico, si ha quando il lato lungo del PEM è orizzontale, come illustrato in figura 2.3. 18 2.2 Prime osservazioni sull’apparato sperimentale utilizzato Figura 2.4: Per i polarizzatori ci si riferisce ad un angolo di 0o quando lo stato uscente è polarizzato p ed ad un angolo di 90o per la polarizzazione s. Questo stesso schema è stato usato nelle misure MOKE statiche in [1]. Legendre di ordine l, possiamo scrivere exp(i∆ cos ωt) ≈ J0 (∆) + 2J2 (∆) cos 2ωt + 2iJ1 (∆) sin ωt. (2.1) Per x = 2.407 J0 (x) ≈ −10−3 . Impostando su tale valore l’ampiezza della modulazione del PEM possiamo trascurare il termine J0 (∆) nell’espressione 2.1 e la matrice di Jones del PEM a 90o diventa 1 0 , 0 2 (J2 cos 2ωt + iJ1 sin ωt) dove qui con J1 e J2 abbiamo abbreviato rispettivamente J1 (2.407) e J2 (2.407), che sono numeri reali. Consideriamo l’apparato sperimentale in figura 2.4. In uscita dal pola- rizzatore lo stato di polarizzazione della luce è rappresentato dal vettore di Jones 1 1 E = √ , 2 1 il PEM cosı̀ orientato è descritto dalla matrice 2 (J2 cos 2ωt + iJ1 sin ωt) PEM0 = 0 la matrice di riflessione del campione è rpp S= rsp rps rss , 0 , 1 19 2. Effetto Kerr magneto-ottico e l’analizzatore cosı̀ orientato è descritto da A0 = 1 0 0 . 0 L’intensità letta sul fotodiodo è proporzionale al modulo quadro del vettore A0 .S.PEM0 E: . ∗ I(t) ∝ J22 |rpp |2 cos 4ωt + 2J2 Re(rpp rps ) − J12 |rpp |2 cos 2ωt+ ∗ − 2J1 Im(rpp rps ) sin ωt + (J22 + J12 )|rpp |2 + |rps |2 . 2 Osserviamo che la componente del segnale modulata ad ω è proporzionale a ∗ ∗ ) ∝ |rpp |−2 Im(rpp rps ) = − Im(rps /rpp ), Im(rpp rps che è l’ellitticità Kerr. La componente del segnale a 2ω, a meno di un offset che non dipende dalla magnetizzazione, è invece proporzionale alla rotazione Kerr. È possibile ottenere lo stesso risultato ponendo il PEM e l’analizzatore a 90o . Se si sposta il PEM dopo il campione e si ruota l’analizzatore a 45o , quando PEM e polarizzatore sono entrambi o a 0o o a 90o si ottiene ancora questo risultato. Particolare attenzione deve essere prestata alla mutua orientazione di PEM e polarizzatori. Se nel setup illustrato in figura 2.4 si ponesse il PEM a 90o si avrebbe . ∗ rps ) − J12 |rps |2 cos 2ωt+ I(t) ∝ J22 |rps |2 cos 4ωt + 2J2 Re(rpp . |rpp |2 ∗ rps ) sin ωt + J22 |rps |2 + − J22 |rps |2 − 2J1 Im(rpp , 2 e quindi non si avrebbe più alcuna componente del segnale proporzionale alla magnetizzazione. Analoghi inconvenienti si avrebbero nel caso in cui si tenesse il polarizzatore a 0o , l’analizzatore a 45o ed il PEM dopo il campione a 90o . Noi abbiamo effettuato delle misure preliminari utilizzando i due setup in figura 2.5 ed abbiamo deciso di adottare quello già illustrato in figura 2.4 in quanto è sembrato quello in cui il segnale era meno rumoroso ed in cui l’allineamento per misure in diffrazione sarebbe stato più comodo. 20 2.3 D-MOKE Figura 2.5: Entrambi questi setup sono consigliati dalla ditta produttrice del PEM da noi utilizzato (HINDS Instruments). 2.3 D-MOKE Se il campione studiato è un reticolo ordinato con passo maggiore o uguale alla lunghezza d’onda della luce incidente è possibile osservare un pattern di diffrazione. Quando le strutture magnetiche del reticolo sono cresciute su un substrato non magnetico è conveniente fare la misura sui picchi di diffrazione anzichè sul raggio riflesso in quanto, siccome i picchi di diffrazione sono determinati dalla struttura periodica del campione, che è la sola parte magnetica, migliora il rapporto segnale rumore. Sperimentalmente è stato osservato che i cicli d’isteresi ricostruiti dal segnale Kerr raccolto su picchi di diffrazione di ordine diverso hanno forme differenti. Un approccio rigoroso al problema richiederebbe l’uso della teoria vettoriale della diffrazione con le appropriate condizioni al contorno e una completa conoscenza della struttura magnetica e delle proprietà magnetoottiche del sistema. Noi qui vogliamo presentare solo un modello che giustifichi intuitivamente il risultato. Consideriamo una superficie di stutture microscopiche identiche posizionate nei siti di un reticolo di Bravais. Supponiamo che incidendo con un’onda piana monocromatica di vettore d’onda k = (2π/λ) n ogni struttura del reticolo reirraggi un’onda piana di vettore d’onda k$ = (2π/λ) n$ . Siccome ogni elemento è separato da un vettore R del reticolo di Bravais, la condizione che tutte le onde 21 2. Effetto Kerr magneto-ottico riflesse interferiscano costruttivamente è che R · (k$ − k) = 2πm con m ∈ Z, ossia che il vettore d’onda scambiato K = k$ − k appartenga al reticolo reciproco. Se si risolve la struttura interna del singolo sito del reticolo, è necessario tenere in considerazione l’ampiezza dell’onda riemessa da ciascuna parte dell’elemento del sito. Per questo l’intensità del picco di diffrazione associato al vettore d’onda scambiato K sarà proporzionale al fattore di forma ; exp (iK · r) d3 r. sito Siccome la dipendenza dalla magnetizzazione nel MOKE trasverso è tutta contenuta in solo coefficiente di Fresnel (diversamente da quanto si ha per MOKE polare o MOKE longitudinale), in tale geometria risulta più semplice l’interpretazione di quanto accade in misure effetto Kerr magnetoottico in diffrazione (D-MOKE). In MOKE trasverso non si ha alcun effetto se si incide con luce polarizzata s, mentre se si incide con luce polarizzata p si ha che la luce riflessa ha ancora una componente p che non dipende dalla magnetizzazione ed una componente longitudinale (parallela al vettore d’onda riflesso) proporzionale a Q. In particolare ∆I = (I − I0 )/I0 , dove I0 è l’intensità della luce incidente e I è l’intensità della luce riflessa, è proporzionale a Q per misure MOKE in geo- metria trasversa. Il coefficiente rpp , che racchiude tutto l’effetto magnetoottico, può essere scritto nella forma m , rpp + m⊥ rpp m dove rpp è la parte di riflettività che non dipende dalla magnetizzazione e m⊥ rpp è la parte di riflettività magnetica in cui tutta la dipendenza dalla magnetizzazione è racchiusa in m⊥ che è la componente del vettore magnetizzazione (normalizzato al valore di saturazione) ortogonale al piano d’incidenza. Se consideriamo un substrato non magnetico sopra il quale si ha un reticolo ordinato di microstrutture magnetiche identiche bidimensionali, il campo elettrico riflesso all’ordine n di diffrazione nel piano d’incidenza può essere scritto come % & m m En = E0 rpp fn + rpp fn , 22 2.3 D-MOKE m dove E0 è il campo elettrico incidente, rpp e rpp sono assunti come valori costanti sulla singola struttura magnetica e fn e fnm sono i fattori di forma fn = ; fnm = ; cella cella exp (iK · r) d2 r, m⊥ exp (iK · r) d2 r. m rpp e rpp sono parametri che dipendono dall’angolo d’incidenza e dall’angolo di scattering e la loro dipendenza angolare non è detto che sia la stessa, per questo m in genere rpp /rpp è funzione dell’ordine di diffrazione. L’intensità del picco di diffrazione dell’ordine n risulta / < m <2 m 2 % ∗ ∗ m m &2 2 2 < |fn | + 2 Re rpp En En∗ = I0 |rpp | |fn | + <rpp fn rpp fn . 2 2 Il termine I0 |rpp | |fn | non dipende dalla magnetizzazione e quindi nella ri- costruzione del ciclo d’isteresi dal segnale Kerr rappresenta solo un offset, il < m <2 m 2 < |fn | è un termine che possiamo stimare come di secondo grado termine <rpp nella magnetizzazione e quindi trascurarlo in quanto molto piccolo. Ne risulta che la parte del segnale magnetoottico sul picco di ordine n di diffrazione rilevante per la ricostruzione dei cicli d’isteresi è 4 4 m 5 4 m 5 m 5 rpp rpp rpp ∆In ∝ Re fnm = Re Re (fnm ) − Im Im (fnm ) = rpp fn rpp fn rpp fn = Re (fnm ) − An Im (fnm ) . Questa formula non fornisce informazioni sul valore dell’intensità del picco di diffrazione, ma descrive l’evoluzione del segnale Kerr all’evolvere della magnetizzazione. An è un numero che per essere valutato richiederebbe una conoscenza accurata di tutte le costanti ottiche del substrato e della struttura magnetica, di tutte le costanti magnetoottiche e della dipendenza di questi parametri dall’angolo d’incidenza e dall’angolo di diffrazione. Per questo in pratica An è un parametro ricavato accostando misure sperimentali e simulazioni micromagnetiche (che forniscono una stima dei fattori di forma). L’uso di misure D-MOKE e simulazioni magnetiche consente di ricavare la bontà dei parametri (exchange stiffness, costanti d’anisotropia, forma della struttura) inseriti nella simulazione e di verificare se sono state ben ipotizzate le interazioni magnetiche in gioco 23 2. Effetto Kerr magneto-ottico (come, ed esempio, la struttura dei domini magnetici all’interno della cella ed eventuali interazioni tra i vari elementi dell’array). Utilizzando per misure in diffrazione il setup sperimentale che abbiamo illustrato per le misure MOKE longitudinale, possiamo concludere che il segnale modulato ad ω sul picco di ordine n nel piano d’incidenza sia proporzionale a Im 4; 2 rpp exp (iK · r) d r ; ∗ rps 2 5 exp (−iK · r) d r . Facendo l’approssimazione che tutta la dipendenza dalla magnetizzazione sia racchiusa in rps e che questo possa essere espresso come r̃ps m& , con r̃ps indipendente dalla magnetizzazione, possiamo considerare che tale segnale sia proporzionale a ; 2 m& cos (K · r) d r + An ; m& sin (K · r) d2 r, dove con m& abbiamo indicato la componente della magnetizzazione che giace nel piano del campione e nel piano d’incidenza. 24 2.3 D-MOKE 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici In questo lavoro di tesi i risultati sperimentali sono stati confrontati con simulazioni micromagnetiche effettuate con il software OOMMF, scaricabile liberamente da math.nist.gov/oommf. Tale programma effettua un’integrazione numerica dell’equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert per l’evoluzione temporale della magnetizzazione [15]. In questo capitolo introduciamo gli aspetti fondamentali della teoria all’interno della quale viene giustificata tale equazione. 3.1 Le ipotesi di Weiss Nei materiali ferromagnetici si osserva che • si possono ottenere valori della magnetizzazione1 dell’ordine di 106 A/m applicando campi magnetici esterni dell’ordine di 1 A/m; • nonostante il materiale abbia un cosı̀ alto valore della magnetizzazione in campi magnetici esterni cosı̀ piccoli, è possibile che lo stesso mezzo in assenza di campi magnetici esterni appaia demagnetizzato, ossia con magnetizzazione media nulla (tale configurazione, ad esempio, è quella che 1 Utilizziamo qui l’equazione costitutiva B = µ0 (H+M) da cui segue che la magnetizzazione è definita come la densità volumetrica di dipoli magnetici. Spesso si può anche incontrare la definizione B = µ0 H+M per cui la magnetizzazione viene espressa in Tesla anzichè in Ampere al metro. 26 3.1 Le ipotesi di Weiss si ottiene raffreddando il sistema, in assenza di campi magnetici esterni, dopo averlo portato al di sopra della temperatura di Curie). Queste osservazioni sperimentali possono essere effettuate in un ampio intervallo di temperature del sistema. Tale intervallo ha come limite superiore la temperatura di Curie, che varia da materiale a materiale ed è usualmente dell’ordine delle centinaia di gradi Celsius. Tali osservazioni sono inspiegabili all’interno della teoria microscopica del paramagnetismo dove il materiale è considerato come un sistema di dipoli magnetici non interagenti all’equilibro termico. I sistemi paramagnetici in assenza di campi magnetici esterni sono demagnetizzati a temperatura ambiente e l’effetto dell’applicazioni di campi magnetici esterni deboli sulla magnetizzazione ha un effetto trascurabile in quanto l’ordinamento indotto dal campo è molto inferiore al disordine nella direzione dei momenti prodotta dall’agitazione termica. Fu Weiss nel 1907 il primo ad introdurre una teoria fenomenologica che giustificasse le due osservazioni sopra riportate caratterizzanti i sistemi ferromagnetici. Per comprendere l’alto valore di magnetizzazione spontanea (magnetizzazione in assenza di campi magnetici esterni) a temperature cosı̀ elevate, Weiss propose di aggiungere al modello microscopico del paramagnetismo l’ipotesi dell’esistenza di un campo magnetico fittizio, detto molecolare, che avesse intensità Hm proporzionale alla magnetizzazione. Tale campo molecolare, che va aggiunto ad eventuali campi magnetici esterni, deve essere d’intensità tale che alla temperatura di Curie, temperatura alla quale il ferromagnete diventa un paramagnete, l’energia potenziale di un dipolo del sistema nel campo molecolare deve essere dell’ordine della sua energia di agitazione termica, quindi Hm ≈ kB T A ≈ 109 . µ0 µB m Da tale stima Weiss concluse che l’origine del campo molecolare non potesse risiedere nelle interazioni di dipolo magnetico tra i vari elettroni del reticolo cristallino del ferromagnete. L’intensità del campo magnetico prodotto dal momento magnetico di un elettrone nel sito reticolare adiacente infatti è 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici Hd ≈ µB /a3 ≈ 105 A/m. Tale campo è inferiore di 4 ordini di grandezza rispetto al campo molecolare e condurrebbe ad una stima della temperatura di Curie di circa 0.1o K. Weiss non propose alcuna spiegazione dell’origine del campo molecolare, ma oggi associamo l’effetto di ordinamento di tale campo fittizio con l’interazione di scambio tra gli elettroni del sistema, interazione di natura elettrostatica che emerge nella trattazione quantomeccanica di sistemi a molti elettroni. Per giustificare la presenza di mezzi ferromagnetici demagnetizzati, Weiss propose d’introdurre il concetto di dominio magnetico. Un materiale ferromagnetico può essere pensato come costituito da un’insieme di regioni (le cui dimensioni dipendono dalla forma e dal materiale del ferromagnete), dette domini, in ognuna delle quali tutti i dipoli magnetici sono allineati nella stessa direzione. In un materiale magnetico demagnetizzato le direzioni della magnetizzazione di ciascun dominio sono distribuite casualmente tra le varie direzioni possibili. L’esistenza dei domini poteva essere dedotta dall’andamento delle curve di magnetizzazione contro il campo magnetico applicato, ma l’evidenza diretta di tali strutture si ebbe nel 1931 da delle microfotografie dei contorni dei domini fatte da Bitter con una tecnica che oggi porta il suo nome. Il concetto di dominio magnetico è particolarmente utile per la descrizione di sistemi macroscopici, tuttavia spesso per giustificare una particolare struttura è necessario fare delle ipotesi ad hoc non sempre chiare. All’interno della teoria del micromagnetismo2 è stata comunque sviluppata un’equazione, l’equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert, che ha un forte potere predittivo sul campo della magnetizzazione in mezzi ferromagnetici di dimensioni submicrometriche (almeno a temperatura ambiente) e sulla sua evoluzione temporale fino a scale del nanosecondo. 2 Le basi del micromagnetismo furono gettate da Landau e Lifshitz nel 1935 con l’arti- colo Theory of the dispersion of magnetic permeability in ferromagnetic bodies. Un grande contributo a questa teoria fu dato da William Fuller Brown, che diede ad essa il nome di micromagnetismo per sottolineare come questa teoria descriva nei dettagli gli strati di transizione tra un dominio e l’altro a differenza della teoria dei domini. 27 28 3.2 Relazioni termodinamiche 3.2 Relazioni termodinamiche Nel contesto del micromagnetismo un mezzo ferromagnetico che occupa una regione Ω viene considerato come un continuo in cui un elemento di volume infinitesimo è tale per cui è piccolo rispetto al sistema nel complesso, ma è sufficientemente grande da avere al suo interno un grande numero di momenti magnetici elementari. Sia dV un elemento di volume del sistema ferromagnetico che viene tenuto ad una temperatura costante T in un campo magnetico esterno fissato Hext . Introduciamo il momento di dipolo netto di tale volume M = MdV e assumiamo che il volume dell’elemento dV non possa variare le sue dimensioni (ignorando cosı̀ un’eventuale espansione termica o effetti di magnetostrizione). Il lavoro fatto sull’elemento del sistema è dato da W = µ0 M · Hext . Si definisce energia libera di Gibbs G(Hext , T ) = F − W = U − T S − W , dove con F abbiamo indicato l’energia libera di Helmholtz, con U l’energia interna e con S l’entropia. È conveniente introdurre tale quantità in quanto per trasformazioni all’equilibrio a temperatura e campo magnetico esterno fissati si ha ∆G = ∆F − ∆W = ∆U − T ∆S − ∆W = ∆W + ∆Q − T ∆S − ∆W ≤ 0. Tale disuguaglianza significa che una volta che vengono rimossi i vincoli coi quali si è preparato il sistema nello stato iniziale questo evolverà spontaneamente per stati d’equilibrio fino a raggiungere il minimo dell’energia libera di Gibbs. In un sistema ferromagnetico i gradi di libertà interni che danno luogo a queste trasformazioni spontanee possono essere rappresentati da M stesso, ossia si ha una variazione di M su scale temporali molto più brevi di quelle in cui l’intero sistema giunge all’equilibrio. L’energia degli stati di non equilibrio raggiunti dal sistema durante il processo di rilassamento è data dall’energia libera di Landau GL (M; Hext , T ) = F − W = U − T S − W . L’energia libera di Landau differisce dall’energia libera di Gibbs in quanto nell’energia libera di Gibbs, definita per stati d’equilibrio, M non è una variabile di 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici stato, ma è definita da un’equazione di stato di Hext e T e quindi fissati questi M è univocamente determinata. Al contrario nell’energia libera di Landau M è una variabile di stato e assume certi valori come se questi fossero dei vincoli esterni. In questo contesto la condizione di equilibrio (metastabile) si ottiene imponendo che l’energia libera di Landau assuma un valore stazionario rispetto a M, ossia 0= 4 ∂GL ∂M 5 = Hext ,T 4 ∂F ∂M 5 T − µ0 Hext . Preparato il mezzo in uno stato iniziale questa equazione non è tuttavia in grado di dire per quali stati di non equilibrio evolverà il sistema prima di raggiungere l’equilibrio e quale stato di minimo verrà raggiunto. Per questo è necessario accoppiare questa equazione con un’equazione dinamica che descriva l’evoluzione temporale del sistema. Queste considerazioni sul volume infinitesimo del mezzo ferromagnetico possono essere estese a tutto il corpo portando ad un’equazione di bilancio puntuale. Ci sono quattro contributi importanti all’energia di Landau di un mezzo ferromagnetico: l’energia di scambio, l’energia di anisotropia magnetocristallina, l’energia di demagnetizzazione e l’energia Zeeman. 3.3 Energia di scambio Supponiamo che il mezzo ferromagnetico in analisi abbia una struttura cristallina e associamo ad ogni atomo del reticolo un numero quantico di spin S. Dalla trattazione quantomeccanica emerge che vi è un termine di origine elettrostatica nell’energia d’interazione tra gli elettroni, detto termine di scambio, che tende ad orientare gli spin elettronici paralleli o antiparalleli a seconda del segno assunto dall’integrale di scambio J. Per convenzione J è definito in modo che, se E↑↓ è l’energia di una coppia di elettroni con spin antiparalleli e E↑↑ è l’energia di una coppia di elettroni con spin paralleli, E↑↓ − E↑↑ = 2J se S = 1/2. L’effetto dell’interazione di scambio tra un atomo i ed un atomo j nel cristallo ferromagnetico è formalmente equivalente a quello introdotto per un mezzo di 29 30 3.3 Energia di scambio un’energia potenziale della forma Vij = −2Jij Si · Sj , con Jij > 0 integrale di scambio tra l’atomo i e l’atomo j e Sk momento angolare di spin dell’atomo k misurato in unità di !. All’interno della teoria micromagnetica è possibile adottare un’interpretazione semiclassica di tale termine dove gli operatori di spin vengono intesi come vettori classici S = Sm con *m* = 1. Se supponiamo che l’interazione sia significativa solo tra i primi vicini3 e che l’integrale di scambio assuma lo stesso valore J su tutte le coppie di primi vicini, abbiamo Fex = −2JS 2 : i,j primi vicini mi · mj . Assumiamo che la direzione dello spin m vari poco tra un sito reticolare e quello accanto e in maniera sufficientemente regolare da poter esprimere il valore assunto nel sito ri attraverso il seguente sviluppo in serie di Taylor rispetto al sito primo vicino rj mk (ri ) = mk (rj ) + > 3 = : ∂mk 1 ∂ 2 mk xs (rj ) + x2s (r ) , j ∂xs 2 ∂x2s s=1 dove con mk abbiamo indicato m · ek e con xk abbiamo indicato (ri − rj ) · ek per k = 1, 2, 3. Consideriamo ri − rj = a(1/2, 1/2, 1/2) come in un reticolo cubico a corpo centrato con costante reticolare a e calcoliamo per mezzo di tale sviluppo in serie mi · mj = m(ri ) · m(rj ), indicando m(rj ) con m per alleggerire la notazione. 5 a ∂mk a2 ∂ 2 mk mi · m j = + mk + = 2 ∂xs 8 ∂x2s k=1 k=1 s=1 ? @ 4 52 AB 3 : 3 3 : a ∂m2k a2 1 ∂ 2 m2k ∂mk a2 : =1+ + − = 1 − (∇mk )2 2 4 ∂x 8 2 ∂x ∂x 8 s s s s=1 2 : m2k 3 : 3 : 4 k=1 k=1 Considerando il mezzo ferromagnetico Ω come un continuo possiamo scrivere l’energia di scambio nella forma ; . Fex = A (∇m1 )2 + (∇m2 )2 + (∇m3 )2 d3 x Ω 3 Si può dimostrare che Jij è una funzione che decresce rapidamente con la distanza tra gli atomi i e j. 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici Figura 3.1: L’immagine è stata tratta da [11]. In assenza di campi magnetici esterni un disco piatto magnetizzato perpendicolarmente alla superficie presenta qualitativamente i seguenti andamenti dei campi B, H, M. Si osservi come il campo magnetico Hd sia diretto in maniera opposta alla magnetizzazione M all’interno del mezzo magnetico tendendo a cancellarla. Per questo tale campo è detto campo di demagnetizzazione. dove A, in letteratura detto “exchange stiffness”, nel caso di un reticolo cubico a corpo centrato4 vale 2JS 2 /a. Osserviamo che tale termine dell’energia libera penalizza disomogeneità del campo di magnetizzazione, ma non stabilisce alcuna direzione preferenziale nella quale si deve orientare la magnetizzazione. 3.4 Energia Zeeman ed energia di demagnetizzazione In micromagnetismo ci si riferisce con il termine energia Zeeman all’energia che i dipoli magnetici hanno in un campo magnetico esterno Hext : GZ = −µ0 ; Ω M · Hext d3 x. Un altro termine d’origine magnetostatica di cui tenere conto è l’energia di demagnetizzazione, che rappresenta l’energia dell’insieme dei dipoli nel campo da essi stessi generato. Se consideriamo un mezzo magnetico di dimensioni finite Ω uniformente magnetizzato, è facile visualizzare come sul contorno la divergenza della magnetizzazione non sia nulla e quindi si generi una carica magnetica superficiale fittizia che agisce da sorgente per il campo magnetico (che in assenza di correnti 4 Per geometrie del reticolo diverse A assume forme diverse, ma la forma dell’energia libera ! di scambio è sempre Ω m · ∇2 md3 x. 31 32 3.4 Energia Zeeman ed energia di demagnetizzazione libere e campi elettrici è un campo conservativo). Tale campo in Ω è diretto antiparallelamente alla magnetizzazione e per questo è detto campo di demagnetizzazione Hd , mentre appena all’esterno di Ω è diretto parallelamente alla magnetizzazione ed è detto campo disperso Hs . L’energia di demagnetizzazione del mezzo ferromagnetico è data da µ0 Fd = − 2 ; Ω M · Hd d3 x. Siccome nel problema micromagnetico che andiamo a considerare non sono coinvolti campi elettrici e correnti libere, le equazioni di Maxwell che entrano in gioco sono ∇·B=0 e ∇ × H = 0. Siccome H è irrotazionale, esiste un potenziale scalare φ tale che H = −∇φ, e, sfruttando l’equazione costitutiva B = µ0 (H + M), abbiamo ∇2 φ = −∇ · Hd = ∇ · M in Ω ∇2 φ = −∇ · H = 0 s . altrove Tale equazione va accoppiata alle condizioni al contorno che sulla superficie di contorno ∂Ω sono (Hs − Hd ) · n = M · n n × H = n × H s d . La soluzione a tale problema è 1 φ=− 4π ; Ω ∇$ · M(x$ ) 3 $ 1 d x + |x − x$ | 4π ; ∂Ω n$ · M(x$ ) dS |x − x$ | da cui si ha Fd = µ0 8π =; > ; $ x − x$ 3 $ $ $ x−x M(x)· ∇$ · M(x$ ) d x − n · M(x ) dS d3 x. $| $| |x − x |x − x Ω Ω ∂Ω ; Questo termine dell’energia è un termine d’interazione non locale in quanto coinvolge la magnetizzazione complessiva del sistema. Alcune importanti considerazioni qualitative sulla magnetizzazione di un sistema possono essere fatte a partire dalla forma del mezzo. Si può dimostrare che il campo di demagnetizzazione di un mezzo uniformemente magnetizzato 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici Figura 3.2: Questa immagine è stata tratta da [8]. Da sinistra a destra sono riportate le curve di magnetizzazione di singoli cristalli di ferro, nickel e cobalto con campi applicati ! parallelamente a diversi assi cristallografici. Si osserva che il lavoro, dato da µ0 Hext dM ! (che nella notazione del grafico, in unità di misura in CGS, è HdI), per portare il cristallo da uno stato di demagnetizzazione ad uno stato magnetizzato lungo certi assi cristallografici, detti ’assi duri’, è molto maggiore rispetto a quello necessario per magnetizzarlo lungo altri assi, detti ’assi morbidi’. è uniforme se e solo se la superficie di contorno del mezzo è una superficie di secondo grado. In tal caso vale la relazione Hd = N M con N tensore diagonale di traccia unitaria. Per una sfera, chiaramente, N è l’identità moltiplicata per un fattore 1/3. Se consideriamo un cilindro infinito con asse parallelo ad e3 come caso limite di un ellissoide, N33 = 0 in quanto se M fosse parallelo ad e3 i poli fittizi che generano il campo di demagnetizzazione si formerebbero all’infinito dando luogo ad un campo nullo. Quindi, se la sezione del cilindro è circolare, N11 = N22 = 1/2. Se consideriamo un film sottile di normale e3 anch’esso come caso limite di uno sferoide, per lo stesso ragionamento di prima abbiamo N11 = N22 = 0 e N33 = 1. La forma di un mezzo ferromagnetico introduce in questo modo degli assi preferenziali della magnetizzazione: ad esempio in un filo lungo e sottile la magnetizzazione tende ad essere diretta lungo l’asse del filo ed in un film sottile tende ad essere diretta nel piano del film. 3.5 Energia di anisotropia magnetocristallina ed energia magnetoelastica L’energia di anisotropia magnetocristallina è quel termine che si introduce fenomenologicamente per tenere conto dell’osservazione sperimentale che mostra che, in certi cristalli, la magnetizzazione tende ad essere allineata a certi assi cristallografici, come illustrato in figura 3.2. 33 34 3.5 Energia di anisotropia magnetocristallina ed energia magnetoelastica L’origine di tale effetto è usualmente giustificata come esito delle interazioni spin-orbita. La magnetizzazione è data dagli spin del sistema i quali interagiscono via accoppiamento spin-orbita con il momento angolare orbitale ed il momento angolare orbitale interagisce fortemente con il reticolo cristallino attraverso il campo elettrostatico. L’origine di questa anisotropia non può essere spiegata con interazioni di dipolo magnetico tra i vari siti del reticolo in quanto o queste interazioni non conducono ad anisotropie (come nel caso di un reticolo perfettamente cubico) oppure conducono a forme di anisotropia estremamente deboli che quindi non giustificano quelle osservate. Per completezza indichiamo che sono ossevate principalmente due classi di anisotropia: quella dei mezzi uniassiali, come il cobalto, dove vi è una sola direzione preferenziale per la magnetizzazione e quella dei reticoli cubici, come il caso di ferro o nickel, dove vi possono essere assi morbidi, medi e duri per la magnetizzazione. L’energia magnetocristallina è Fan = ; fan d3 x. Ω Indicando con m il versore della magnetizzazione M, nel caso di mezzi uniassiali la densità volumetrica dell’energia è data da fan = −K1 m23 + K2 m43 , mentre nel caso dei reticoli cubici è fan = K1 (m41 + m42 + m43 ). Nella formula della densità d’energia dei mezzi uniassiali se K1 > 0 la direzione e3 è la direzione di facile magnetizzazione, mentre se K1 < 0 la direzione di facile magnetizzazione è una qualunque direzione nel piano con normale e3 . Nella formula della densità d’energia per i mezzi a reticolo cubico se K1 > 0 gli assi coordinati sono assi privilegiati per la direzione della magnetizzazione, mentre se K1 < 0 l’asse morbido diventa l’asse (1,1,1). L’energia magnetoelastica, o di magnetostrizione, è esito dell’interazione tra la magnetizzazione e gli sforzi meccanici. Tale termine compare in quanto per 35 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici abbassare l’energia magnetocristallina il reticolo cristallino del materiale si deforma spontaneamente. Usualmente tale termine viene ignorato nella trattazione micromagnetica in quanto un assunto fondamentale è che il modulo della magnetizzazione di ogni elemento di volume si conservi, mentre se consideriamo anche le interazioni magnetoelastiche abbiamo espansioni e contrazioni degli elementi di volume e quindi variazione della magnetizzazione di questi. Si riesce tuttavia a tenere in considerazioni questi effetti in quanto l’espressione matematica usata per modellizzare l’energia di magnetostrizione è in larga parte uguale a quella dell’energia magnetocristallina e quindi basta solo inserire le appropriate costanti in tale formula. 3.6 Equazioni di Brown Brown propose di scrivere l’equazione di minimo per l’energia libera di Landau in forma variazionale. Introduciamo m tale che *m* = 1 e M = Ms m. Il campo della magnetizzazione all’equilibrio è allora quello per cui δGL = 0 per ogni variazione δm tale che *m + δm* = 1. Ricordando che δGL = GL (m + δm) − GL (m), si ha > ; = ∂fan 2∇ · (A∇m) + + µ0 MS Hd + µ0 Ms Hext · δmdV + ∂m ;Ω ∂m + 2A · δmdS. ∂n ∂Ω δGL = − Siccome δm deve essere tale che *m + δm* = 1, δm è della forma δm = m × δθ dove δθ è il vettore di una rotazione infinitesima arbitraria. Per l’arbitrarietà della rotazione, δGL è nullo se e solo se l’integrando è nullo, ossia / 2 m × 2∇ · (A∇m) − ∂fan + µ0 M sHd + µ0 Ms Hext = 0 in Ω ∂m 2A ∂m × m = 0 ∂n . su ∂Ω Siccome m e ∂m ∂n sono sempre vettori ortogonali, la seconda equazione si riduce % ∂m & a ∂n ∂Ω = 0. Introducendo il campo magnetico effettivo Heff = Hex + Han + Hd + Hext , 36 3.7 Equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert dove Hex = 2 µ0 Ms ∇ · (Am) e Han = ∂fan 1 µ0 Ms ∂m , possiamo riscrivere la condizione di stazionarietà dell’energia libera di Landau come µ0 Ms m × Heff = 0 ∂m = 0 ∂n in Ω . su ∂Ω Tale sistema è noto come equazioni di Brown, in particolare di solito si parla di equazione di Brown riferendosi alla prima equazione di questo sistema. Tale equazione dice che all’equilibrio il momento esercitato dal campo magnetico effettivo sulla magnetizzazione del sistema è nullo. 3.7 Equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert L’equazione della dinamica usata per trovare, dato uno stato di preparazione del sistema, quale stato d’equilibrio verrà raggiunto e per quali stati passa il sistema nel tempo di rilassamento è l’equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert (LLG equation): ∂M α ∂M = −γM × Heff + M× ∂t Ms ∂t (3.1) con γ = |e|/me c e α > 0 fattore di smorzamento di Gilbert. Tale equazione fu scritta nel 1955 da Gilbert il quale osservò come l’equazione del moto di un momento magnetico in un campo magnetico esterno ∂M = −γM × H, ∂t che è un’equazione che prevede che il momento magnetico non perda energia durante il moto, possa essere ricavata da una formulazione lagrangiana del problema dove il ruolo delle coordinate generalizzate è svolto da M. Per introdurre l’effetto della dissipazione (fenomeno che in sistemi magnetici si osserva, ma la cui origine è ancora poco chiara) allora Gilbert propose di aggiungere in tale equazione un momento aggiuntivo della forma α ∂M M× Ms ∂t 37 3. Modello micromagnetico di sistemi ferromagnetici che ricorda quanto si fa in meccanica con le forze viscose e la dissipazione di Rayleigh. Tale termine tende a smorzare il moto precessionale che si avrebbe in un campo H costante e ad allineare la magnetizzazione ad H. Siccome dall’equazione di Brown sappiamo che all’equilibrio è il campo magnetico effettivo a non esercitare alcun momento sulla magnetizzazione, il campo magnetico da considerare nella 3.1 è il campo magnetico effettivo. Per ∂M ∂t = 0, infatti, la LLG equation si riduce all’equazione di Brown. Osserviamo che l’equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert soddisfa un altro assunto fondamentale della teoria del micromagnetismo, ossia che il modulo di M si conservi. Infatti = 4 5> ∂M α ∂M ∂M2 = 2M · = 2M · M × −γHeff + = 0. ∂t ∂t Ms ∂t 38 3.7 Equazione di Landau-Lifshitz-Gilbert 4. Risultati sperimentali In questo capitolo illustriamo l’apparato sperimentale da noi utilizzato e presentiamo i risultati delle misure sperimentali effettuate su nanodischi, nanoanelli a sezione circolare e nanoanelli a sezione quadrata. Tali risultati sono confrontati con quanto riportato in letteratura e con simulazioni micromagnetiche effettuate in OOMMF e basate sulle caratteristiche dei campioni emerse da immagini AFM. 4.1 Apparato sperimentale e descrizione della procedura di misura L’apparato sperimentale che abbiamo utilizzato per la misura dei cicli d’isteresi che riportiamo in questo capitolo è schematizzato in figura 4.1. Un fascio laser alla lunghezza di 633 nm (prodotto con una sorgente He-Ne da 35 mW), direzionato con due specchi metallici e focalizzato sul campione con una lente biconvessa, viene fatto passare in un polarizzatore, orientato a 45o rispetto al piano d’incidenza, ed in un modulatore fotoelastico (Hinds Instrument PEM100, a cui ci riferiremo d’ora in poi semplicemente come PEM), orientato a 0o rispetto al piano d’incidenza1 . Sul raggio riflesso (o sul raggio diffratto a seconda del tipo di misura) dal campione sono allineati un secondo 1 Le ragioni di questi orientamenti di polarizzatore, PEM ed analizzatore sono date nella sezione 2.2. 40 4.1 Apparato sperimentale e descrizione della procedura di misura Figura 4.1: In questa figura viene schematizzato l’apparato sperimentale da noi utilizzato. I numeri nel disegno indicano: sorgente laser (1), specchio metallico (2), lente con focale 30cm (3), polarizzatore (4), modulatore fotoelastico (5), campione (6), analizzatore (7), fotodiodo (8), amplificatore lock-in (9), elettromagnete (10), sonda Hall (11), invertitore di corrente (12), generatore di corrente (13), PC (14). polarizzatore (detto analizzatore), orientato a 0o rispetto al piano d’incidenza, ed un fotodiodo. Il segnale prodotto dal fotodiodo viene mandato in un amplificatore lock-in che ne estrae la componente alla frequenza di modulazione del PEM, trasmessa all’amplificatore lock-in direttamente dal controller del PEM. Il campione è posto in mezzo alle espansioni di un elettromagnete su un montaggio non magnetico che consente di orientarlo a piacimento. La corrente di alimentazione delle bobine dell’elettromagnete è fornita da un generatore di corrente Leybold-Didactic High Current Power Supply 521 55 che è stato modificato dal prof. E. Zaglio in modo che fosse controllabile, oltre che manualmente, anche per mezzo di una tensione esterna. Siccome non è possibile pilotare la direzione della corrente in uscita dal generatore per mezzo di questo ingresso, all’uscita del generatore la corrente, prima di essere mandata alle bobine dell’elettromagnete, viene fatta passare in un teleinvertitore che è stato appositamente costruito dal sig. F. Cilento. Tale teleinvertitore viene comandato attraverso la tensione impostata su un ingresso BNC dell’apparecchio: se il valore della tensione impostato su questo ingresso è di 0 V, la corrente viene 4. Risultati sperimentali mandata alle bobine nel verso con cui esce dal generatore, se invece il valore impostato è di 0.4 V il verso della corrente sulle bobine è invertito rispetto a quello in uscita dal generatore. Il campo magnetico generato dall’elettromagnete viene controllato per mezzo della lettura della tensione in uscita da una sonda Hall. La procedura di misura dei cicli d’isteresi è stata automatizzata impostando la corrente fornita all’elettromagnete e acquisendo il segnale di lock-in e sonda Hall attraverso un programma scritto in LabView su un PC su cui sono installate una scheda d’acquisizione NI PCI 6221 ed una scheda GPIB (con cui è interfacciato il lock-in). Tale programma riceve in input la tensione massima da impostare sul generatore di corrente, il numero di cicli d’isteresi che si intendono acquisire, il numero di punti per quadrante del ciclo d’isteresi ed un tempo d’attesa. Ogni ciclo d’isteresi viene registrato impostando per ciascun punto un valore della tensione2 , attendendo quindi il tempo d’attesa dato in input ed infine acquisendo il segnale del lock-in e della sonda Hall. La tensione impostata nel primo punto del ciclo d’isteresi è nulla, quindi lungo lo svolgimento della prima metà del ciclo viene fatta salire fino al massimo e viene riportata a zero. A questo punto viene dato il segnale al teleinvertitore di cambiare il verso della corrente sulle bobine e si attende per un tempo di 1.5 s per essere sicuri che non venga fatta passare corrente durante il processo d’inversione. Attesa l’inversione si acquisicono ancora i punti con una tensione che viene fatta variare da zero, al massimo e poi nuovamente a zero. Quindi si procede dando nuovamente segnale al teleinvertitore (e attendo il tempo di esecuzione del processo) e, se non sono stati ancora eseguiti tutti i cicli impostati, inizia l’acquisizione di un nuovo ciclo. La differenza tra tensione data al generatore in due punti successivi del ciclo è costante. Siccome si è osservato che la deviazione standard dei valori del campo magnetico letti dalla sonda Hall in uno stesso punto dei vari cicli raccolti è piccola (≈ 0.1 mT), per ridurre la rumorosità dei cicli d’isteresi abbiamo deciso di fare la media punto per punto di tutti i cicli acquisiti in una misura. Abbiamo visto 2 Ovviamente la tensione viene mantenuta costante fino a quando non si passa al punto successivo del ciclo. 41 42 4.2 Nanodischi che tale media fornisce un buon risultato soprattutto quando il tempo d’integrazione del segnale sul lock-in è di 50 ms e il tempo d’attesa del programma è tra i 100 ms e i 200 ms. Con tali parametri impostati l’acquisizione di un ciclo d’isteresi avviene in circa 30 s e su tale intervallo di tempo possiamo sicuramente considerare stabile l’output del laser utilizzato. Per monitorare la stabilità del laser (e quindi tenere conto delle eventuali fluttuazioni del segnale durante la misura) abbiamo anche provato a fare il rapporto tra il segnale Kerr (ossia la componente alla frequenza di modulazione del PEM del segnale letto sul fotodiodo allineato con il raggio riflesso del campione) e • la componente alla quarta armonica della frequenza del PEM del segnale letto sul fotodiodo allineato con il raggio riflesso; • la componente alla frequenza di modulazione del PEM del segnale di un fotodiodo che è stato allineato con il riflesso di un vetro posto tra PEM e campione3 ; • la componente alla frequenza di rotazione di un chopper meccanico, che è stato posto lungo il percorso del fascio, del segnale letto una prima volta sullo stesso fotodiodo da cui proviene il segnale Kerr e un’altra volta sul fotodiodo che era stato allineato sul riflesso del vetro posto tra PEM e campione. Acquisendo i cicli rapidamente, la media di questi rapporti non è mai apparsa significativamente migliore della media del segnale Kerr diretto. 4.2 Nanodischi I cicli d’isteresi ottenuti dalle misure in riflessione e sul primo picco di diffrazione di un reticolo quadrato di nanodischi in permalloy4 sono illustrati in figura 4.2. Dalle immagini AFM, in figura 4.3, abbiamo ricavato che il diametro medio dei 3 La posizione del vetro prima del campione ci consente di monitorare l’intensità incidente in quanto non vi è ancora stata interazione con il campione. L’uso del PEM consente una modulazione del segnale a 50kHz migliorando il rapporto segnale rumore. 4 Se non diversamente specificato, con permalloy indichiamo la lega Ni Fe . D’ora in poi 80 20 indicheremo il permalloy anche con il simbolo Py. Dallo studio di film di questo materiale 4. Risultati sperimentali Figura 4.2: In alto riportiamo i cicli d’isteresi dalle misure MOKE longitudinale in ri- flessione, mentre in basso riportiamo il segnale D-MOKE longitudinale sul primo ordine di diffrazione. I grafici illustrano il ciclo medio ottenuto dopo 30 cicli con tempo d’integrazione impostato sul lock-in di 50 ms e tempo di attesa del programma tra un punto ed il successivo di 200 ms. Osserviamo che la misura sul riflesso, a differenza di quella sul fascio diffratto, presenta un comportamento leggermente inaspettato quando il campione dovrebbe essere in saturazione. Riteniamo che questo sia dovuto principalmente al rumore introdotto dal substrato non magnetico che nella misura in riflessione ha un peso maggiore rispetto a quello che ha nella misura in diffrazione. 43 44 4.2 Nanodischi Figura 4.3: Queste sono le immagini AFM da cui abbiamo ricavato le caratteristiche mor- fologiche del sistema studiato. Nell’immagine a destra, quella in cui l’area scansionata è maggiore, è possibile osservare la presenza di sporco sul campione. Prima delle misure delle proprietà magnetiche il campione è stato pulito immergendolo prima in un bagno di acetone e poi in un bagno di etanolo. dischi è di 1200 nm, l’altezza media dei dischi è 60 nm ed il passo reticolare medio è di 2500 nm. I cicli d’isteresi da noi ottenuti sono simili a quelli pubblicati in [18] che riportiamo in figura 4.4. In alti campi magnetici esterni il disco è magnetizzato in uno stato di singolo dominio con i momenti magnetici paralleli al campo. Diminuendo il campo magnetico applicato, la magnetizzazione tende ad essere sempre meno uniforme a causa dell’aumento dell’energia di demagnetizzazione in rapporto all’energia Zeeman. Quando il campo esterno è ridotto fino al valore del cosidetto campo di nucleazione, la magnetizzazione non ha più una configurazione uniforme ed inizia ad avere una certa vorticosità. Riducendo ulteriormente il campo si ha un brusco calo della magnetizzazione media del disco, sintomo che la magnetizzazione ha assunto una configurazione di chiusura di flusso magnetico, anche detta stato a vortice. In assenza di campi magnetici applicati, la magnetizzazione del disco è schiacciata nel piano5 e per ridurre il campo di demagnetizzazione ruota parallelamente alla superficie laterale del disco. Nella vicinanza del centro del disco l’angolo tra i momenti magnetici di elementi adiacenti è sempre maggiore aumentando cosı̀ l’energia di è emerso che il permalloy è “magneticamente morbido”, ossia presenta un basso valore di coercività (campo magnetico esterno necessario per invertire la magnetizzazione). Per tale motivo i nostri campioni sono costruiti in questo materiale. 5 Tale evidenza era attesa dalle considerazioni fatte sul fattore di demagnetizzazione per film sottili nella sezione 3.4. 45 4. Risultati sperimentali Figura 4.4: Misure di vari cicli D-MOKE in configurazione trasversa per un reticolo di nanodischi in permalloy (Ni81 Fe19 ) con diametro di 800 nm altezza 60 nm e periodicità del reticolo 1600 nm pubblicate in [18]. Il ramo dei cicli d’isteresi acquisito facendo variare il campo magnetico esterno da 150 mT a -150 mT è riportato con una linea continua, mentre il ramo raffigurato con una linea tratteggiata è quello acquisito facendo variare il campo magnetico esterno da -150 mT a 150 mT. scambio e costringendo tali momenti ad avere una componente parallela all’asse del disco non nulla. La regione in cui la componente della magnetizzazione parallela all’asse del disco è non nulla è detta nucleo del vortice. Per descrivere questa configurazione magnetica è anche stato sviluppato un modello analitico: definendo nel piano del disco le coordinate polari (r, φ) secondo tale modello il versore della magnetizzazione m = (m1 , m2 , m3 ) (espresso nella base canonica di R3 dove e3 è la direzione dell’asse del disco) è dato da 2ar sin φ + r2 2ar m2 = 2 cos φ a + r2 C 4a2 r2 m3 = 1 − 2 (a2 + r2 ) m1 = − a2 46 4.2 Nanodischi per r ≤ a e m1 = − sin φ m2 = cos φ m3 = 0 per r > a. La costante a indica il raggio del nucleo del vortice e secondo tale modello 2 a = (βlex Rg)1/3 , dove lex è la magnetostatic-exchange lenght, parametro che dipende dal materiale del disco, R è il raggio del disco, g è il rapporto tra altezza e raggio del disco e β è una costante numerica. Abbiamo riportato tale modello, sviluppato in J. Magn. Magn. Mat., vol118, pp L290-L294 (1993) ed in Fiz. Met. Metalloved, vol12, pp13-24 (1994), come è stato descritto in [7], dove è stato fatto un approfondito confronto tra il modello analitico ed il risultato di alcune simulazioni micromagnetiche. Dalle considerazioni fatte in questa referenza per un disco di permalloy di raggio 100 nm e altezza 60 nm, abbiamo ricavato che β ≈ 1.27 e quindi che per il nostro disco a ≈ 13.5 nm. Riducendo ulteriormente il campo magnetico esterno (ossia invertendone il verso e cominciando ad aumentarne l’intensità), abbiamo che il nucleo del vortice trasla in direzione ortogonale a quella di applicazione del campo magnetico esterno (per aumentare l’allineamento tra i dipoli magnetici e il campo applicato) fino ad essere espulso dal disco al cosidetto campo di annichilazione. Per intensità del campo esterno superiori al campo d’annichilazione, la magnetizzazione del disco torna ad essere sostanzialmente in uno stato a singolo dominio orientato parallelamente al campo applicato. Abbiamo effettuato delle simulazioni con il solver2D di OOMMF per un cilindro delle dimensioni del nostro disco6 con i parametri preimpostati nel soft6 In tal modo vengono ignorate eventuali interazioni tra i vari dischi del reticolo. Sicura- mente le interazioni magnetostatiche tra i dischi sono deboli in quanto il campo di dipolo generato da un disco in stato di singolo dominio sul disco adiacente nel reticolo è dell’ordine di Ms · VD /a3 ≈ 37 · 10−3 A/m, dove VD è il volume del disco e a è la costante reticolare. 47 4. Risultati sperimentali ware per il permalloy7 ed una mesh regolare le cui celle avevano lato di 10 nm. Abbiamo fatto variare il campo magnetico esterno per passi 10 mT da 250 mT a -250 mT e poi da -250 mT a 250 mT dando come stato di preparazione del sistema uno stato a magnetizzazione uniforme. Il campo esterno veniva fatto variare solo dopo che la magnetizzazione aveva raggiunto una configurazione d’equilibrio, ossia quando *m × heff * ≤ 10−4 . Per ottenere i fattori di forma abbiamo scritto una procedura in IgorPro 5 che acquisse le configurazioni della magnetizzazione, salvate in formato odt con OOMMF, e calcolasse il fattore di forma come fnm = D Ael Ms % 2nπ & mel x exp i a xel AD , dove Ael è l’area dell’elemento della mesh, mel x è la magnetizzazione dell’elemento, a è la costante reticolare, xel è la posizione del centro dell’elemento della mesh e AD è l’area del disco discretizzato. I risultati del calcolo del fattore di forma sono riportati in figura 4.5. Notiamo che a differenza delle misure sul primo ordine di diffrazione riportate in figura 4.4 e di quanto evidente dalla nostra misura, abbiamo dei picchi nella parte reale del fattore di forma intorno al campo di nucleazione che nella simulazione è di circa 40 mT. Nelle nostre simulazioni al campo di nucleazione originano due vortici agli estremi del diametro orientato a 45o rispetto alla direzione del campo applicato. Riducendo il campo esterno a zero tali vortici si avvicinano simmetricamente al centro del disco come illustrato in figura 4.6. In realtà, come commentato in [18], il processo di nucleazione è un processo fortemente legato alla morfologia del disco e quindi ad eventuali difetti dei bordi. Per questo nessuna simulazione potrà mai pienamente esaurire la ricchezza della misura sperimentale. Non siamo stati in grado di sviluppare un algoritmo che ci potesse fornire un valore sperimentale per il peso An che assume la parte immaginaria del fattore di forma rispetto alla parte reale. Siccome la parte immaginaria del fattore di forma per un dato valore del campo magnetico applicato assume lo stesso 7 Tali valori sono exchange stiffness A = 13 · 10−12 J/m, magnetizzazione di saturazione Ms = 8.6 · 105 A/m ed assenza di anisotropia magnetocristallina. 48 4.2 Nanodischi Figura 4.5: In alto è riportato il ciclo d’isteresi simulato, mentre in basso sono illustrate la parte reale e la parte immaginaria del fattore di forma sul primo picco di diffrazione. 4. Risultati sperimentali valore su ambo i rami del ciclo d’isteresi (ossia il tratto di curva che descrive la magnetizzazione quando il campo magnetico esterno é fatto variare da 250 mT a -250 mT ed il tratto in cui il campo magnetico esterno é fatto variare da -250 mT a 250 mT) e tale valore é maggiore di un fattore 103 rispetto al valore della parte reale, possiamo comunque ritenere che il coefficiente An sia molto piccolo o nullo. Osserviamo che la possibilità che la magnetizzazione del disco assuma uno stato a chiusura di flusso è legata al diametro ed alla altezza del disco in quanto tale configurazione si realizza solo in sistemi in cui l’energia di demagnetizzazione di uno stato a singolo dominio è maggiore dell’energia di scambio di uno stato a vortice. In figura 4.7 abbiamo riportato il diagramma di fase mostrato in [19]. Tale diagramma è stato ottenuto attraverso misure MOKE dei cicli d’isteresi di dischi in supermalloy (Ni80 Fe14 Mo5 ). Notiamo che da tale diagramma si può immaginare che in un disco delle nostre dimensioni, consistentemente con le misure e le simulazioni che abbiamo effettuato, si debba avere la formazione dello stato di vortice. 4.3 Nanoanelli a sezione circolare In figura 4.8 sono riportati i cicli d’isteresi che abbiamo ottenuto da misure in riflessione e sul primo picco di diffrazione di un reticolo di nanoanelli di permalloy a sezione circolare. Dalle immagini AFM del campione, riportate in figura 4.9, abbiamo ricavato che gli anelli hanno un diametro esterno medio di 2.17 µm, un diametro interno medio di 900 nm ed un’altezza media di 25 nm. Da tali immagini abbiamo anche stimato che la costante reticolare è di 3.36 µm. I cicli da noi ottenuti presentano le stesse caratteristiche salienti dei cicli ottenuti su anelli di cobalto riportati in [20] ed in [21] e su anelli in cobalto in cui è stata introdotta un’alta asimmetria riportati in [22]. In tali referenze la forma dei cicli d’isteresi viene giustificata ipotizzando che parte degli anelli del campione ha avuto un processo d’inversione della magnetizzazione transendo direttamente da uno stato a singolo dominio allo stato a 49 50 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Figura 4.6: Abbiamo qui riportato alcune immagini delle configurazioni di magnetizzazione del disco ottenute attraverso la nostra simulazione. Con i colori blu e rosso abbiamo indicato le celle in cui la magnetizzazione ha componente lungo l’asse del disco rispettivamente uscente e entrante nel piano della figura. Questo ci permette di localizzare con la zona colorata il nucleo del vortice ed, in assenza di campo magnetico, possiamo stimare il raggio del core attorno ai 10 nm. Dato che la mesh che abbiamo utilizzato è rada (il nucleo del vortice occupa solo 4 celle), la nostra stima è rozza. In [7] si osservava che una delle differenze che occorrono tra i risultati delle simulazioni presentate in tale lavoro ed il modello analitico era proprio che il modello analitico sottostimava il raggio del vortice, che risultava circa il doppio. 4. Risultati sperimentali Figura 4.7: È qui illustrato il diagramma di fase riportato in [19] dove con il cerchio pie- no si indica l’osservazione di un processo d’inversione della magnetizzazione del nanodisco direttamente tra stati a singolo dominio, mentre con il cerchio vuoto si indica l’osservazione di processi in cui è stata assunta una configurazione a vortice. La linea solida tracciata in tale grafico rappresenta il limite inferiore dell’attesa teorica per il diagramma di fase. Non è specificato tuttavia quale modello si sia utilizzato per calcolare tale linea o quale sia la fonte da cui è stata attinta tale informazione. singolo dominio orientato in direzione opposta, mentre per l’altra parte degli anelli la transizione tra questi due stati è avvenuta passando in assenza di campi magnetici esterni per uno stato a chiusura di flusso magnetico (detto anche stato a vortice8 ). Per approfondire le caratteristiche dello stato di rimanenza degli anelli in [21] sono state effettuate delle misure MFM, mentre in [20] è stato ricostruito un ciclo d’isteresi asimmetrico9 . Noi abbiamo deciso di effettuare sul nostro campione lo stesso tipo di misura di [20] ed il risultato è illustrato in figura 4.11. Da tale misura si conclude che, se dalla saturazione si riduce il campo fino ad ottenere il primo salto significativo di segnale del ciclo d’isteresi ordinario e poi si annulla il campo magnetico esterno, lo stato di rimanenza è uno stato con magnetizzazione media10 nulla, quindi uno stato a chiusura di flusso magnetico. 8 Data la geometria dell’anello, questo stato a vortice differisce da quello che si incontra nei nanodischi in quanto è assente il nucleo del vortice magnetizzato lungo l’asse del disco. 9 Tale ciclo è illustrato in figura 4.10. Il campo magnetico esterno veniva fatto variare da un valore compreso tra −$HC1 % e −$HC2 % e il campo di saturazione nella direzione opposta e quindi nuovamente al valore compreso tra −$HC1 % e −$HC2 %. Con $HC1 % e $HC2 % si sono indicati i campi per cui si osservano il primo ed il secondo grande salto del ciclo d’isteresi. 10 La misura per ridurre il rumore è stata fatta sul primo picco di diffrazione: questo com- 51 52 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Figura 4.8: In alto è stata riportata la misura dei cicli d’isteresi effettuata dalle misure MOKE in riflessione, mentre in basso abbiamo riportato la misura D-MOKE sul primo picco di diffrazione. Le misure riportate sono state la media di 30 cicli successivi ottenuti impostando sul lock-in un tempo d’integrazione di 50 ms e nel programma d’acquisizione un tempo d’attesa tra un punto ed il successivo di 200 ms. 4. Risultati sperimentali Figura 4.9: Immagini AFM del campione di nanoanelli su cui abbiamo effettuato le misure dei cicli d’isteresi. Figura 4.10: A sinistra è illustrata la misura dei cicli d’isteresi riportata in [20], a destra in alto sono riportati i grafici di cicli d’isteresi misurati e simulati riportati in [21] ed in basso a sinistra sono riportate le misure dei cicli descritti in [22]. 53 54 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Figura 4.11: I cicli d’isteresi asimmetrici sono stato acquisiti successivamente alla misura dei cicli d’isteresi ordinari. Si è osservata una differenza nel segnale Kerr alla saturazione tra le due misure che riteniamo esito della differenza di output della sorgente laser utilizzata, che non è un laser stabilizzato, in questi due istanti diversi. Tale differenza è stata sottratta nel grafico qui riportato. Nonostante questa imperfezione la caratteristica saliente della misura è evidente: alla rimanenza, diminuendo il campo dal valore in cui solitamente si pensa che la configurazione magnetica di alcuni anelli sia in uno stato a vortice, la magnetizzazione media è nulla. Come per il ciclo d’isteresi tradizionale, il grafico riportato è esito della media di 30 cicli in cui si aveva un tempo d’integrazione sul lock-in di 50 ms e un tempo d’attesa impostato via software di 200 ms. Queste misure sono misure D-MOKE sul primo picco di diffrazione: a rigore non potremmo dire che il fatto che il segnale Kerr sia nullo implichi che la magnetizzazione media sia nulla, si tratta comunque di una approssimazione ragionevole. 4. Risultati sperimentali L’idea fondamentale (presentata in [20] e nelle altre referenze con cui abbiamo confrontato i nostri risultati) che giustifica la presenza di due processi d’inversione è legata ad una differente mobilità dei ‘muri’ testa-testa e codacoda presenti nello stato di singolo dominio11 . Nel caso di un’inversione diretta tra i due stati a singolo dominio, tutti e due i muri hanno la stessa mobilità e lo stato di magnetizzazione opposta è raggiunto in quanto i due muri cominciano a muoversi simultaneamente ruotando lungo la circonferenza nello stesso verso con la stessa velocità. Il fatto che si possa raggiungere una configurazione a vortice viene spiegato supponendo che per imperfezioni dell’anello uno dei due muri sia meno mobile dell’altro per cui nel processo d’inversione uno è fermo rispetto all’altro e, quando il muro fermo viene raggiunto dall’altro, si ha l’annichilazione dei muri e la formazione dello stato a vortice. In [20] viene detto che simulando cicli d’isteresi con anelli perfetti non si ha la transizione per lo stato a vortice, mentre tale transizione si ottiene nella simulazione dell’inversione di magnetizzazione di anelli in cui è stata introdotta un’asimmetria o in cui è stata incisa una tacca. I dettagli di queste simulazioni non sono riportati nell’articolo, ma dall’immagine riportata (che noi riproponiamo in figura 4.12) si osserva che è stato traslato il centro della circonferenza interna dell’anello nella direzione di applicazione del campo magnetico esterno. In [22] sono state fatte misure VSM (Vibrating Sample Magnetometry) dei cicli d’isteresi di anelli di cobalto in cui era stata volutamente introdotta un’asimmetria forte e si è osservato da tali misure che la probabilità che gli anelli transiscano in uno stato a vortice è maggiore quando il campo magnetico applicato è nella direzione ortogonale all’asse di simmetria della figura (vedi figura 4.10). Utilizzando il solver 2D di OOMMF, abbiamo simulato un anello con due circonferenze perfettamente concentriche delle dimensioni che abbiamo ottenuto dalle immagini AFM del nostro campione. Abbiamo utilizzato i valori preimporta che a rigore non si potrebbe parlare di magnetizzazione media, si tratta comunque di una approssimazione ragionevole. 11 Usualmente con il termine muro si indica lo strato di transizione tra due domini magnetici orientati in direzioni differenti, qui si intendono le regioni in cui le code e le teste delle linee di campo della magnetizzazione dell’anello s’incontrano (vedi figura 4.10). 55 56 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Figura 4.12: Queste immagini tratte da [20] illustrano come avvenga la transizione tra lo stato di singolo dominio e lo stato a vortice nelle loro simulazioni. La scala di grigio indica la componente orizzontale della magnetizzazione. 4. Risultati sperimentali postati in OOMMF per il permalloy e fatto variare il campo magnetico esterno per passi di 10 mT tra 250 mT e -250 mT e quindi di nuovo tra -250 mT e 250 mT solo una volta che l’anello aveva raggiunto la configurazione magnetica d’equilibrio (associata ad un valore *m × heff * ≤ 10−4 ). Si è utilizzata una mesh 2D regolare in cui le celle avevano un lato di 10 nm. Tale simulazione ha, come atteso, mostrato che l’anello transisce direttamente da uno stato di singolo dominio allo stato di singolo dominio invertito. Il risultato è stato processato con lo stesso algoritmo in IgorPro 5 utilizzato per i nanodischi ed il grafico dei fattori di forma è illustrato in figura 4.13. Per ottenere un ciclo che mostrasse la transizione per lo stato a vortice abbiamo provato a traslare il centro della circonferenza interna dell’anello di 64 nm, in modo che lungo l’asse di traslazione vi sia una strozzatura in cui lo spessore dell’anello è ridotto del 10% rispetto allo spessore del ring simmetrico, e di 317.5 nm, in modo che in questo caso lo spessore della strozzatura fosse ridotto del 50% rispetto al caso dell’anello perfettamente simmetrico. Questa seconda configurazione è chiaramente un’esagerazione rispetto ad una possibile asimmetria media che potesse essere realmente presente nel campione, in quanto si sarebbe osservata dalle immagini AFM. In entrambi i casi si sono effettuate simulazioni (con le stesse caratteristiche delle precedenti) applicando il campo ortogonalmente all’asse di simmetria della figura. Mantenendo l’altezza del sistema inalterata rispetto a quella della simulazione dell’anello simmetrico, il risultato delle simulazioni è stato che entrambi i sistemi asimmetrici hanno mostrato un processo d’inversione che non transiva per uno stato a vortice. All’anello con maggiore asimmetria abbiamo provato anche ad applicare un campo nella direzione parallela a quella in cui era stata traslata la circonferenza interna: il risultato è stato ancora un ciclo d’isteresi diretto tra due stati di singolo dominio, ma in cui è aumentato il valore della coercività (campo necessario ad invertire la magnetizzazione). Il confronto tra questo ciclo e quello ottenuto sull’anello di uguale asimmetria nel caso in cui il campo magnetico esterno fosse applicato nella direzione ortogonale all’asse di simmetria è illustrato in figura 4.14. 57 58 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Figura 4.13: In alto è riportato il ciclo d’isteresi previsto dalla simulazione sul riflesso, mentre in basso sono riportate la parte reale e la parte immaginaria del fattore di forma per il primo ordine di diffrazione. Osserviamo che, come nel caso dei nanodischi, la parte immaginaria del fattore di forma non presenta isteresi. 4. Risultati sperimentali Figura 4.14: Cicli d’isteresi risultanti dalle simulazioni su anelli altamente asimmetrici al variare della direzione in cui veniva applicato il campo magnetico esterno. Figura 4.15: Questi diagrammi di fase sono stati tratti da [23] e sono esito di misure su vari anelli di cobalto. Con il cerchio pieno si è indicato il caso in cui lo switching avviene per mezzo di un solo step, mentre con il cerchio vuoto si è indicato il caso in cui nell’inversione ha luogo il passaggio per lo stato a vortice. Con thickness si intende l’altezza del disco, con width w si intende la differenza tra il raggio della circonferenza esterna e il raggio della circonferenza interna dell’anello, mentre con D si indica il diametro della circonferenza esterna dell’anello. Da tali diagrammi di fase appare che anche nel nostro anello (qualora fosse in cobalto) si deve avere il passaggio per lo stato a vortice. 59 60 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Sorpresi da tale risultato abbiamo confrontato il diagramma di fase per anelli di cobalto riportato in [23] (che riproponiamo in figura 4.15) e abbiamo deciso di aumentare l’altezza dell’anello a maggiore asimmetria da 25 nm a 50 nm e a 100 nm. Le simulazioni, fatte con i soliti parametri, hanno mostrato che nel caso dell’anello alto 50 nm la transizione tra gli stati a singolo dominio è ancora diretta, mentre in quello alto 100 nm la transizione ha luogo passando per lo stato a chiusura di flusso magnetico. I risultati dei fattori di forma di questa ultima simulazione sono illustrati in figura 4.16. Il fatto che tra -10 mT e 10 mT sul ramo del ciclo d’isteresi che va da -250 mT a 250 mT siano assunti valori di magnetizzazione media superiore a quelli assunti sul ramo del ciclo che va da 250 mT a -250 mT ci sorprende e riteniamo che sia dovuto all’avere impostato nelle simulazioni un passo troppo grande per il campo magnetico esterno. Dagli stati di magnetizzazione (quelli che abbiamo ritenuto più significativi sono stati illustrati in figura 4.17) assunti dall’anello nella simulazione osserviamo che il passaggio allo stato a vortice avviene per una deformazione dei ‘muri’ dello stato di singolo dominio. In campi magnetici esterni alti questi muri sono orientati parallelamente al campo applicato. A 80 mT osserviamo che in ciascun muro nucleano, sui bordi dell’anello, delle regioni con magnetizzazione uscente dal piano dell’anello. Riducendo ulteriormente il campo, queste regioni si espandono rendendo disomogenea la magnetizzazione nelle aree che portano dalla zona più larga alla strozzatura dell’anello. Quando il campo magnetico esterno è rimosso si ha la transizione in uno stato a vortice grazie all’inversione della magnetizzazione nella regione più larga dell’anello. Riducendo ancora il campo, si ha che la magnetizzazione tende a ridurre la regione magnetizzata antiparallelamente al campo aumentando la regione magnetizzata in direzione normale ad esso (vedi l’immagine dello stato di magnetizzazione a -70 mT riportata in 4.17). A -80 mT viene invertita la magnetizzazione della strozzatura dell’anello, che era la regione antiparallela al campo, e nella zona che porta alla parte larga dell’anello (che precedentemente era magnetizzata ortogonalmente al campo applicato) originano dei vortici che a -120 mT vengono espulsi attraverso i bordi dell’anello per dar luogo ai consueti muri trasversi. 4. Risultati sperimentali Figura 4.16: In alto è illustrato il ciclo d’isteresi tradizionale, mentre in basso sono riportate la parte reale e la parte immaginaria dei fattori di forma. 61 62 4.3 Nanoanelli a sezione circolare Figura 4.17: Abbiamo riportato qui l’illustrazione di alcuni stati di magnetizzazione che sono stati raggiunti durante la simulazione di un anello, alto 100 nm, in cui il centro della circonferenza interna (di raggio 450 nm) è stato traslato rispetto al centro della circonferenza esterna (di raggio 1085 nm) di 317.5 nm. In blu e rosso è indicata la componente parallela all’altezza dell’anello della magnetizzazione rispettivamente quando è uscente e entrante nel piano del foglio. 4. Risultati sperimentali La misura in figura 4.11 ci dice chiaramente che il primo salto misurato nei nostri cicli d’isteresi è dovuto al passaggio per uno stato a vortice. Dalle immagini AFM appare anche che l’altezza degli anelli sia attorno ai 25 nm, che sono anche quelli indicati da chi ha fabbricato il campione. Rimaniamo quindi perplessi del fatto che le simulazioni indichino che il passaggio per lo stato a vortice si ha solo se l’anello, con un grado di asimmetria esagerato, supera i 50 nm d’altezza, anche perchè questo comportamento è atteso per la nostra geometria dai diagrammi di fase 4.15 per anelli di cobalto. Riteniamo quindi che questo problema sia legato ai parametri delle simulazioni, ad esempio l’uso della mesh 2D con celle di dimensioni troppo grande. Potrebbe essere anche che per anelli delle nostre dimensioni l’utilizzo dell’asimmetria non sia lo strumento più adatto a tener conto nelle simulazioni delle imperfezioni di forma dell’anello che giustificano la transizione nello stato a vortice. Per quanto riguarda una stima sperimentale del peso della parte immaginaria del fattore di forma sul primo ordine di diffrazione, in questo caso rispetto al caso dei nanodischi dobbiamo osservare che il problema è più complesso in quanto bisognerebbe essere in grado dalle misure di stimare quanti anelli hanno avuto una transizione diretta e quanti sono passati per uno stato a vortice. Realisticamente questo per noi è impossibile ([22] invece fornisce delle percentuali) in quanto vorrebbe dire conoscere esattamente il campo di coercività in una transizione diretta (che, come mostrato nella figura 4.14, è molto legato alle imperfezioni di forma) e la precisa forma del ciclo d’isteresi passante per lo stato a vortice. 4.4 Nanoanelli a sezione quadrata In figura 4.18 sono riportati i cicli d’isteresi che abbiamo ottenuto da misure in riflessione e sul primo picco di diffrazione di un reticolo di nanoanelli in permalloy a sezione quadrata. Dalle immagini AFM, riportate in figura 4.19, abbiamo osservato che la sezione dell’anello, che in media è alto 26 nm, è rettangolare: in media il rettangolo esterno è 2.62 µm × 2.26 µm, mentre il rettangolo interno è 1.343 µm × 1.3 µm. Anche il reticolo è rettangolare ed il passo nella direzio- 63 64 4.4 Nanoanelli a sezione quadrata Figura 4.18: In alto riportiamo i cicli d’isteresi dalle misure MOKE longitudinale in ri- flessione, mentre in basso riportiamo il segnale D-MOKE longitudinale sul primo ordine di diffrazione. I grafici illustrano il ciclo medio ottenuto dopo 30 cicli con tempo d’integrazione impostato sul lock-in di 50 ms e tempo di attesa del programma tra un punto ed il successivo di 200 ms. 4. Risultati sperimentali Figura 4.19: Immagini AFM del campione di nanoanelli a sezione quadrata. ne lunga dei rettangoli è 3.38 µm, mentre nella direzione corta dei rettangoli è 2.756 µm. Nelle nostre misure abbiamo applicato il campo magnetico esterno nella direzione parallela ad uno dei lati. Abbiamo trovato che le caratteristiche della misura in riflessione sono le stesse di quella presentata in [24] (che è stata riportata in figura 4.20), mentre, per la misura sul primo picco di diffrazione, il nostro risultato non ha gli stessi picchi molto accentuati che la misura riportata in questo articolo12 mostra. La presenza dei picchi nelle misure è giudicata esito del passaggio nel processo di inversione (illustrato in 4.21) per uno stato di magnetizzazione a ferro di cavallo in cui i lati del quadrato paralleli al campo sono magnetizzati parallelamente, mentre i lati ortogonali al campo sono magnetizzati antiparallelamente tra loro. La presenza di questo stato di magnetizzazione, che si presenta alla rimanenza (in assenza di campi magnetici esterni), è stata indagata sia attraverso microscopia MFM, che ha mostrato la presenza del campo disperso tipico di questa configurazione, sia per mezzo di simulazioni OOMMF. In questa referenza si afferma che la transizione per lo stato a ferro di cavallo è osservata nelle simulazioni solo se, invece di un anello quadrato perfetto, si simula un anello in cui un lato è 10 nm più sottile degli altri. Nel caso di un anello perfetto si afferma che, oltre a non passare per la 12 L’articolo mostra delle misure D-MOKE trasverso, tuttavia non valutiamo che la diversa geometria di effetto Kerr sia causa della differenza in quanto, pur facendo approssimazioni più forti nel caso di misure longitudinali, la formulazione matematica che descrive il risultato è la stessa. 65 66 4.4 Nanoanelli a sezione quadrata configurazione a ferro di cavallo, la simulazione mostra che il ciclo d’isteresi del primo diffratto non presenta picchi. Abbiamo provato a simulare un anello rettangolare perfetto (con le dimensioni date dalle immagini AFM del nostro campione) con il solver 2D di OOMMF. Come nelle altre simulazioni, i parametri impostati per il materiale sono quelli predefiniti nel software per il permalloy, il campo magnetico esterno è stato fatto variare da 250 mT a -250 mT e -250 mT a 250 mT per passi di 10 mT attuati quando la magnetizzazione del sistema era tale che *m × heff * ≤ 10−4 . Abbiamo utilizzato una mesh 2D regolare con lato della cella di 10 nm. I cicli previsti da questa simulazione, ottenuti con lo stesso algoritmo in IgorPro5 utilizzato per processare i dati dei nanodischi, sono mostrati in figura 4.22. Osserviamo che la parte reale del fattore di forma da noi cosı̀ ottenuto presenta un picco su ciascun ramo del ciclo d’isteresi: sul ramo in cui il campo esterno varia da 250 mT a -250 mT il primo picco, molto pronunciato, è negativo e si ha in un campo di -10 mT. Alcuni tratti salienti del processo di inversione che abbiamo ottenuto nelle simulazioni sono mostrati in figura 4.23. Osserviamo che il processo d’inversione della magnetizzazione non avviene passando per uno stato di magnetizzazione a ferro di cavallo. Per campi magnetici esterni intensi l’anello è magnetizzato parallelamente al campo e solo per campi magnetici di 30 mT si comincia ad osservare una disomogeneità significativa della magnetizzazione nei lati ortogonali al campo applicato. Alla rimanenza in questi lati la magnetizzazione è ortogonale al campo applicato. Riducendo ulteriormente il campo abbiamo che agli estremi dei lati dell’anello paralleli al campo applicato la magnetizzazione tende a orientarsi ortogonalmente al campo. A -20 mT si ha l’inversione della magnetizzazione dei lati diretti lungo la direzione di applicazione del campo magnetico e compiaono dei vortici agli angoli del rettangolo. Questi vortici risultano già espulsi per un campo applicato di -30 mT, dove la magnetizzazione dell’anello è praticamente uniforme e diretta parallelamente al campo applicato. I picchi del nostro ciclo d’isteresi simulato non sono quindi dovuti alla transizione in uno stato di magnetizzazione a ferro di cavallo, ma sono legati al 4. Risultati sperimentali Figura 4.20: Queste immagini sono relative alla misura D-MOKE trasverso sui vari ordini di diffrazione riportate in [24]. Il campione é costituito da nanoanelli a sezione quadrata (alti 25 nm con lato lungo 2.1 µm e spesso 240 nm) in permalloy formanti un reticolo di periodicità 4 µm. 67 68 4.4 Nanoanelli a sezione quadrata Figura 4.21: Nell’articolo [24] si dice che la differenza delle simuluzioni del processo d’inver- sione di un anello simmetrico e di un anello leggermente asimmetrico è che nel secondo si ha il passaggio nel horseshoe state alla rimanenza. Questo passaggio è ritenuto causa dei picchi manifestati nelle misure del primo ordine di diffrazione. Nell’articolo si riporta che questi picchi non sono presenti nella simulazione del fattore di forma del primo picco di diffrazione dell’anello simmetrico. processo d’inversione che avviene nei lati ortogonali alla direzione di applicazione del campo magnetico. La differenza con il processo descritto in [24] per l’anello simmetrico può essere dovuta o alla forma rettangolare dell’anello, o a parametri della simulazione come le dimensioni della mesh o il passo tra i vari campi applicati. Come riportato in tale referenza comunque si è osservato che un anello simmetrico non transisce per un stato a ferro di cavallo. 4. Risultati sperimentali Figura 4.22: In alto è illustrato il ciclo d’isteresi simulato, mentre in basso sono mostrate la parte reale e la parte immaginaria per il fattore di forma del primo picco di diffrazione. 69 70 4.4 Nanoanelli a sezione quadrata Figura 4.23: In toni di blu e rosso abbiamo indicato la componente della magnetizzazione verticale (nel piano della figura). Osserviamo che quando, in campi magnetici esterni poco intensi, la magnetizzazione dei lati ortogonali al campo esterno (applicato nella direzione orizzontale) è disomogenea, la componente verticale della magnetizzazione assume sui bordi interni dell’anello due direzioni antiparallele. Questa configurazione riduce l’energia di demagnetizzazione del sistema, ma aumenta l’energia di scambio rispetto all’onion state in figura 4.21. 5. Prospettive I campioni utilizzati in questo lavoro di tesi sono stati costruiti combinando l’uso di litografia elettronica ad alta risoluzione e processi di lift-off. Tale tecnica ha una risoluzione molto alta (circa di 20nm, che viene determinata dall’estensione del fascio e dalla profondità con cui gli sciami di elettroni secondari possono impressionare il resist), ma richiede tempi lunghi (il tempo richiesto per patternare un wafer da 4 pollici è almeno di un’ora con un buon sistema, mentre per fare lo stesso lavoro con una tecnica di fotolitografia si impiegano pochi minuti) e l’uso di strumenti costosi (sistemi commerciali costano circa 4 milioni di dollari americani). Abbiamo considerato anche dei campioni forniti dal laboratorio di Chimica per le Tecnologie dell’Università degli Studi di Brescia. Per Figura 5.1: I passaggi principali del procedimento di fabbricazione dei campioni pensato al Laboratorio di Chimica per le Tecnologie dell’Università degli Studi di Brescia è il seguente: si deposita un monolayer di nanosfere di polistirene su un substrato, si ricopre poi con cobalto ed infine si rimuovono termicamente le sfere. 72 Figura 5.2: Nel grafico sono illustrate le misure dei cicli d’isteresi dei vari campioni mediante misure MOKE sul raggio riflesso. la costruzione di nanoanelli e nanodischi a sezione triangolare, il procedimento di costruzione proposto da questo gruppo, illustrato schematicamente in figura 5.1, consiste nella deposizione di uno strato di nanosfere di polistirene su un substrato di silicio [100]; questa struttura viene ricoperta con un film sottile di cobalto e, per rimozione termica a 100o C delle sfere di polistirene, si ottengono i nanoanelli o i nanodischi a sezione triangolare, a seconda dell’impaccamento delle nanosfere. Abbiamo effettuato delle misure effetto Kerr sul raggio riflesso1 da film nanostrutturati con sfere di raggio diverso, prima che le sfere di polistirene fossero rimosse. I risultati, illustrati in figura 5.2, mostrano che tra i vari film solo uno presentava un ciclo d’isteresi significativamente diverso dagli altri e dal film di cobalto non nanostrutturato. Questo è spiegato dalla cattiva conservazione dei campioni che abbiamo ricevuto danneggiati. Come abbiamo constatato anche da immagini con microscopio ottico tradizionale (alcune di queste immagini sono riportate in figura 5.3) delle zone del film del cobalto sono state rimosse. 1 Con tale tecnica al momento non si è in grado di costruire reticoli ordinati. 5. Prospettive Figura 5.3: A sinistra abbiamo riportato la fotografia fatta con un microscopio ottico del campione con nanosfere in polistirene di diametro 150 nm. A destra abbiamo riportato l’immagine del campione meglio conservato, il campione con nanosfere di diametro 499 nm. Dalla presenza di una polvere bianca sui campioni, che sembra dalle immagini con il microscopio di dimesioni submicrometriche, si pensa che assieme a queste zone di cobalto siano state asportate anche le nanosfere. Il campione che da queste immagini appariva come quello meglio conservato, è lo stesso campione su cui abbiamo osservato un ciclo d’isteresi differente. La cattiva qualità dei campioni non ha però consentito studi più approfonditi. 73 74 Bibliografia [1] E. Paletti, Microscopia con radiazione X e dinamiche di magnetizzazione di nanostrutture ordinate ferromagnetiche, tesi di laurea (2006). [2] A. K. Zvedin, V. A. Kotov, Modern Magnetooptics and Magnetooptical Materials, Taylor & Francis Group (1997). [3] A. Bauer, Far-Field and Near-Field Magneto-Optical Microscopy of Ultrathin Films, Habilitationsschrift (2000). [4] M. Grimsditch, P. Vavassori, J. Phys.: Condens. Matter 16, R275-R294. [5] M. 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