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MI LAGNERO’ TACENDO
Ovvero “Scene della vita di Rossini” raccontate da lui stesso attraverso
alcune delle lettere più significative del proprio epistolario,
paradossalmente assai più ricco da che il musicista, nel 1829 dopo l’ultimo
successo parigino del Guglielmo Tell, decide di ritirarsi a vita privata. La
prima opera, una farsa – La cambiale di matrimonio – era stata
rappresentata al San Moisè di Venezia nel 1810. Resta un mistero che un
compositore fertilissimo in una ventina d’anni sia sul versante dell’opera
buffa che di quella seria deponga la penna per dedicarsi agli affetti
familiari ed alla vita di salotto. Poche le produzioni musicali anche se fra
esse si enumerano nuovamente dei capolavori come lo Stabat Mater, la
Petite Messe Solemnelle, i Peccati di vecchiaia.
L’intrattenimento scenico musicale, ideato da Giorgio Appolonia e
Claudio Moneta, reca come titolo il verso “Mi lagnerò tacendo” tratto da
una quartina metastasiana che sembra riflettere il doloroso silenzio, durato
decenni, di quello che la tradizione ci ha erroneamente tramandato
semplicemente come un buontempone dedito alla crapula. “Mi lagnerò
tacendo” è altresì l’incipit di un passo che il pesarese ha musicato e
rimusicato fino all’ossessione attribuendogli ora la verve di un bolero ora
la melodia straziante di un momento del citato Stabat Mater (Fac ut portem
Christi mortem). Le lettere proposte si riferiscono di volta in volta a temi –
la musica, l’arbitrio dei cantanti, la cucina – ed a persone – la prima
moglie Isabella Colbran, l’amico tenore Domenico Donzelli - corredati da
pagine per chitarra o per pianoforte di Rossini, nelle trascrizioni di
Ferdinando Carulli e di Marco Giuliani. Il programma si completa con
ulteriori pagine di Paisiello, Bellini, Offenbach a delineare un piccolo
affresco del mondo nel quale Rossini ha vissuto ed agito.