, , ’ / Direttore: Maurizio Trifone Redazione: Angelo Antioco Deidda, Gianfranco Tore Comitato Scientifico: Paola Boi, Nicoletta Dacrema, Gabriella Da Re, Ines Loi Corvetto, Marinella Lörinczi, Laura Pisano, Maria Elena Ruggerini, Simonetta Salvestroni Letterature Straniere & Quaderni del Dipartimento di Filologia, Letteratura, Linguistica dell’Università di Cagliari Copyright © MMXIV ARACNE editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () isbn –––– I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre Indice L’Othello di Orson Welles di Stefano Angioni Arran de la lectura d’unes rondalles kenyanes di Joan Armangué i Herrero Il ruolo dello straniero nella narrativa di Eduardo Mendoza di Gabriella Cambosu I volti di Estella. Le metamorfosi del personaggio attraverso riscritture e adattamenti di Claudia Cao Dizionari e cambiamenti sociali nell’ultimo secolo. Spigolando tra le edizioni dello Zingarelli di Cristian Carboni Educazione indigena in Perù. Testimonianze letterarie in El mundo es ancho y ajeno di Ciro Alegría e Todas las sangres di José María Arguedas di Manuela Casu Crisis management and financial discourse. CDA, power asymmetries, identities and roles di Luisanna Fodde Il traduttore c’è e talvolta si vede. Il caso Prunas Tola di Eleonora Fois Brown’s “Duffy gaffe”. The use of evidentiality in broadsheet newspaper coverage of a political–electioneering incident di Geoffrey Gray I pirati di Treasure Island. Considerazioni sulla configurazione dei personaggi stevensionani in relazione alla tradizione e al momento storico di Giorgia Loi Terre, mari e genti mediterranee nei racconti autobiografici di Umberto Cardia e Nadia Gallico Spano di Giuseppe Marci Filmin’ Sardinia di Myriam Mereu Tra “Interno” ed “Estero”. La sintassi dell’“Indicatore sardo”, un giornale della Restaurazione in Sardegna di Anna Mura Porcu L’ordine delle parole nelle memorie di Giovanni Arrivabene di Valentina Murtas Mitos indígenas e historieta Amazónica di Stefano Pau La integración de recursos audiovisuales y nuevas tecnologías en la elaboración de unidades didácticas di Carmen Ramos de Castro Velasco Barbarenland — Überirdisch schmerzende Magie der kosmischen Schönheit. Immagini e miraggi della Sardegna nella narrativa di lingua tedesca di Valentina Serra Abstracts L’Othello di Orson Welles di Stefano Angioni Introduzione Orson Welles non è soltanto uno dei registi più influenti della storia del cinema, ma una figura eclettica, attiva in diversi ambiti della comunicazione di massa del XX secolo. Radio, teatro, televisione, politica, illusionismo: sembra difficile trovare un settore nel quale Welles non si sia cimentato, spesso con eccellenti risultati. Non sono molti inoltre i registi americani che si avvicinano tanto alla concezione europea d’autore cinematografico. Se risulta infatti difficile separare i suoi film dal personaggio pubblico, e dalla sua carriera artistica nell’insieme, è perché così è stato anche per lo stesso Welles. Othello, pur essendo la trasposizione di un classico del teatro, fa risaltare molti aspetti tipici del suo cinema, già profondamente influenzato dall’esperienza sul palcoscenico e, in particolare, proprio dal teatro di Shakespeare. Welles assume alcuni rischi, modificando la struttura narrativa ed i dialoghi della tragedia. Privilegia il realismo nelle scenografie e nella recitazione, ma fa spesso anche uso di simboli e tecniche di stile espressionista per rappresentare i contenuti drammatici. Othello è il suo sesto lungometraggio, il quinto nella doppia veste di regista e protagonista. L’opera viene presentata il maggio , nell’ultima serata della quinta edizione del festival di Cannes. La pellicola partecipa alla competizione aggiudicandosi il Grand Prix, ex–aequo con Due soldi di speranza di Renato Castellani. Si tratta del primo film di Welles dopo “l’esilio” da Hollywood ed è uno dei pochi di cui ha potuto supervisionare personalmente anche il montaggio. La trama del classico è essenzialmente rispettata . Come altri suoi film, Othello è soprattutto la storia di un uomo vulnerabile nell’animo, ma speciale e “diverso” nella virtù e nel talento. Egli è inoltre profondamente combattuto tra i legami con il proprio passato pagano e quelli con l’adottiva cultura cristiana di Venezia. Proprio a causa di questo dualismo, che divide la sua personalità, Othello è preda dell’insicurezza e bersaglio dell’azione del male, insinuato in lui soprattutto per mano dell’invidioso Iago. Ogni qualvolta Welles dipinge una lotta di questo tipo, giunge alle stesse conclusioni che sono implicite in tanta parte del romanzo gotico, e dimostra come i personaggi malvagi posseggano sia forza che coerenza, mentre quelli generosi e liberal sono o compiacenti, pieni di pecche, o conquistati e travolti dalla follia del tiranno . È difficile non intravedere nei protagonisti del cinema di Welles alcuni tratti della personalità dell’autore stesso: di quel prodigioso talento, quel ragazzo speciale, che lo star system mai comprese, né accettò pienamente. Le tematiche di Shakespeare s’inseriscono così nel contesto della sua opera cinematografica, arricchite di sfumature autobiografiche. Il regista privilegia infatti quegli aspetti che meglio rispondono alla propria sensibilità. Othello è quindi un film sulla manipolazione psicologica, sulla distorsione della realtà e sul precario equilibrio tra bene e male in cui si trova la vita di ogni uomo, specialmente quella dei “diversi”. Ulteriori temi, meno espliciti ma importanti perché comuni alle altre opere di Welles, riguardano la perdita dell’innocenza, la crisi d’identità dell’individuo ed il lato oscuro e cinico delle istituzioni. Un inizio d’autore Il film comincia con una sequenza non presente nella tragedia. Vengono mostrati i funerali di Othello e Desdemona e l’imprigionamento di Iago. Queste immagini torneranno poi nel finale, a sigillare solennemente una struttura narrativa di tipo circolare. Welles impone il proprio stile mettendo in chiaro fin da subito che le esigenze del cinema non sono le stesse del teatro. Giustificherà pubblicamente questa “licenza” sottolineando la necessità di dover aggredire fin dalle prime scene il cuore dello spettatore, per compensare il distacco emotivo che sfavorisce lo schermo cinematografico rispetto al palcoscenico teatrale. Non è meno importante il fatto che “l’inizio dalla fine” (spesso dalla fine estrema, dalla morte) è uno dei motivi ricorrenti nel cinema wellesiano. È una scelta che imprime un marchio epico alle vicende dei suoi protagonisti e sottolinea l’impossibilità di sfuggire al proprio destino: anche il Kane di Quarto Potere, ad esempio, muore entro i primi due minuti del film. Lo stesso vale per il protagonista di Rapporto Confidenziale (Gregory Arkadin) e, in un certo senso, la struttura è comune anche al Falstaff. Si pensi inoltre all’epitaffio che la cartomante/prostituta Tana (Marlene Dietrich) dedica al suo Infernale Quinlan: «A modo suo era anche un grand’uomo. . . ma che importanza ha ciò che si dice di un morto?». Per Welles ne ha parecchia, soprattutto se lo può dire a modo suo. Ecco perché spesso decide di partire proprio da qui, dal tragico atto finale: l’unico da cui, risalendo le tappe, è forse possibile ricostruire il senso della vita di un uomo. La prima è una sequenza di grande impatto visivo: mette già in evidenza i chiaroscuri, di forte ispirazione espressionista, sfruttati in tutto il film per rappresentare i contrasti alla base dell’opera. [. . . ] Cultura (Logos) vs Natura (Caos), omologabile, a livello di codici religiosi, all’opposizione Dio vs Diavolo, a livello antropologico, all’opposizione Civilizzato vs Barbaro e, a livello psicoanalitico, alle opposizioni Identico vs Altro, Conscio vs Inconscio. Come vedremo, è sull’asse di tutte queste opposizioni che si scontrano e in qualche modo si assestano i significati di questa tragedia . ‘’ Anche il commento musicale di Francesco Lavagnino è fortemente drammatico, caratterizzato da ricercati suoni non convenzionali (le corde del pianoforte sono qui ad esempio “pizzicate” con le mani, non percosse per mezzo dei tasti). Le musiche giocano un ruolo importante nel film: il tema dei funerali ritornerà, nelle sue varianti, nei momenti più drammatici, in opposizione a quello “d’amore” che invece accompagnerà i rari momenti di gioia. È significativo che nella scena finale dell’omicidio di Desdemona i due temi s’intreccino e si sovrappongano tra loro concretizzando, anche sul piano sonoro, quel fatale abbraccio tra Eros e Thanatos che segna la vicenda dei due sventurati amanti. La morte rappresenta per Othello il ritorno dalle tenebre alla luce, l’unica possibilità di riscatto dalla follia delittuosa in cui sprofonda negli ultimi giorni della sua vita. Alcune figure incappucciate (bianche per Desdemona, nere per Othello) trasportano le due salme. I cortei seguono itinerari differenti ma convergenti, come per sottolineare le incolmabili differenze di origine tra due amanti che unicamente nella morte riescono a trovare un vero congiungimento. La distanza tra loro è ulteriormente evidenziata dal fatto che solo il corteo di Desdemona è guidato dal simbolo della croce. Il movimento lungo un percorso di ascesa, di elevazione, è invece comune ad entrambi: è reso evidente dalle linee oblique presenti nell’inquadratura, ancor di più nel momento in cui ci viene mostrato l’incatenamento di Iago, su un piano sovrapposto ed a noi più ravvicinato. Scortato dai soldati, egli segue una traiettoria contraria a quella della processione funebre: da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso. L’epilogo della sua storia è quindi una sorta di discesa verso la dannazione. L’infido alfiere viene imprigionato all’interno di una gabbia. La trama di queste sbarre richiama un tema visivo ricorrente durante tutto il film, utilizzato per rappresentare quella rete di intrighi e menzogne dentro la quale Iago cattura i vari personaggi. Come ci viene qui già anticipato, è una rete che finirà per condannare anche Iago stesso . La gabbia viene poi innalzata per mezzo di un argano, in modo da lasciarlo esposto al lento supplizio del sole e dei rapaci. Non è raro nei film di Welles trovare i protagonisti posizionati in luoghi elevati durante scene particolarmente drammatiche. Spesso si tratta di punti di vista da cui possono contemplare il male che hanno causato, da cui è più forte la percezione del pericolo o la presa di coscienza di un contesto in equilibrio precario. È come se Welles amasse innalzare i propri eroi (o anti–eroi) sul punto più alto in modo che l’inevitabile caduta assuma proporzioni ancora più drammatiche. Cito alcuni esempi: nel film Lo straniero, il nazista Franz Kindler muore braccato in cima ad un campanile mentre osserva la folla radunata sulla strada sottostante. La sequenza iniziale di Quarto Potere è una lunga scalata verso l’alto, ed infatti la morte raggiunge Kane nella stanza in cima alla sua Xanadu. Gregory Arkadin, in Rapporto Confidenziale, rappresenta l’estremizzazione di questo concetto: si suicida, infatti, gettandosi da un aereo in volo. Tutto ciò richiama alla mente anche una scena de Il terzo uomo interpretata e scritta interamente da Orson Welles, nonostante la regia del film sia firmata Carol Reed. Il cinico, senza scrupoli e leggendario Harry Lime osserva l’umanità dall’alto di una ruota panoramica: «Guarda laggiù. Sentiresti pietà se uno di quei puntini si fermasse per sempre? Se io ti offrissi . sterline per ogni puntino fermato, mi risponderesti di tenermi il mio denaro o faresti il calcolo mentale di quanti puntini potresti fermare?». Fin dalla prima sequenza Welles colloca Iago tra i “dannati” ma allo stesso tempo, da un punto di vista drammatico, ne è chiaramente affascinato. Ciò che preoccupa tutti noi è il mistero stesso del male. Oggi c’è una tendenza a negare l’esistenza del male, a non credergli, a vedere il male come una malattia. [. . . ] Io credo abbastanza fermamente nell’esistenza del male. Certamente Shakespeare ci credeva . Spazio ed immagini Se la prima sequenza anticipa il destino ultimo dei protagonisti, la seconda ne descrive alcune caratteristiche. È interessante notare il modo in cui Welles utilizza gli elementi architettonici della scenografia per tracciare un profilo sociale e psicologico dei personaggi. La sovrapposizione più fruttuosa tra “Cuore di tenebra” [romanzo di Joseph Conrad molto caro al regista] ed “Othello” riguarda l’esplorazione della relazione tra le certezze morali dell’individuo e l’ordine culturale costituito, e l’importanza dello stile architettonico nell’opera di Welles risiede nella valorizzazione dell’architettura come manifestazione della cultura . La funzione di molti dei versi di Shakespeare è affidata ad elementi visivi: le grate da cui è continuamente oppressa Desdemona, le rigide simmetrie ed i decori sfarzosi che contornano il senatore Brabanzio, i vicoli ed i canali attraverso i quali Iago scivola come un’ombra. La scenografia del film non è quindi solo una cornice, ma un elemento che lo arricchisce anche sotto il profilo tematico. Lo possiamo apprezzare notando le significative differenze che intercorrono tra l’architettura dell’elegante Venezia e quella dell’austera cittadella che si trova a Cipro. Alla frontiera del mondo civilizzato, gli equilibri di Venezia si rompono. L’arte, il lusso e le istituzioni, così presenti nelle facciate, nelle stanze e nelle piazze della città lagunare, sono del tutto assenti. Gli armamenti e le fortificazioni rappresentano un tentativo più primitivo e disperatamente inadeguato di arginare il “turco”, e quindi il barbaro, dentro ad ogni uomo. La leadership civile degli anziani è rimpiazzata dal potere militare ed individuale di Othello. . . la tranquillità dei canali lascia il posto all’impeto delle onde che martellano costantemente i bastioni. E più stiamo a Cipro, più il contorto stile di Iago trionfa su quello lirico ed eroico di Othello . A Cipro, l’uomo è ancora in lotta con gli elementi della natura, con il nemico “straniero” alle porte. Allo stesso tempo quello è un luogo in cui tutte le certezze sono più vulnerabili, l’ordine sociale precario e continuamente minacciato da tumulti e rivolte. Welles sembra sempre particolarmente stimolato da questi scenari segnati dalla precarietà e che potremmo definire “di confine”. Gli intrighi di Cipro non sono