    , , 
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Direttore: Maurizio Trifone
Redazione: Angelo Antioco Deidda, Gianfranco Tore
Comitato Scientifico: Paola Boi, Nicoletta Dacrema, Gabriella Da Re, Ines Loi Corvetto,
Marinella Lörinczi, Laura Pisano, Maria Elena Ruggerini, Simonetta Salvestroni
Letterature Straniere &
Quaderni del Dipartimento di Filologia, Letteratura, Linguistica
dell’Università di Cagliari

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via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
isbn ––––
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
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I edizione: dicembre 
Indice
L’Othello di Orson Welles
di Stefano Angioni

Arran de la lectura d’unes rondalles kenyanes
di Joan Armangué i Herrero

Il ruolo dello straniero nella narrativa di Eduardo Mendoza
di Gabriella Cambosu

I volti di Estella. Le metamorfosi del personaggio attraverso riscritture
e adattamenti
di Claudia Cao

Dizionari e cambiamenti sociali nell’ultimo secolo. Spigolando tra le
edizioni dello Zingarelli
di Cristian Carboni

Educazione indigena in Perù. Testimonianze letterarie in El mundo es
ancho y ajeno di Ciro Alegría e Todas las sangres di José María Arguedas
di Manuela Casu

Crisis management and financial discourse. CDA, power asymmetries,
identities and roles
di Luisanna Fodde

Il traduttore c’è e talvolta si vede. Il caso Prunas Tola
di Eleonora Fois

Brown’s “Duffy gaffe”. The use of evidentiality in broadsheet newspaper coverage of a political–electioneering incident
di Geoffrey Gray


I pirati di Treasure Island. Considerazioni sulla configurazione dei personaggi stevensionani in relazione alla tradizione e al momento storico
di Giorgia Loi

Terre, mari e genti mediterranee nei racconti autobiografici di Umberto Cardia e Nadia Gallico Spano
di Giuseppe Marci

Filmin’ Sardinia
di Myriam Mereu

Tra “Interno” ed “Estero”. La sintassi dell’“Indicatore sardo”, un giornale della Restaurazione in Sardegna
di Anna Mura Porcu

L’ordine delle parole nelle memorie di Giovanni Arrivabene
di Valentina Murtas

Mitos indígenas e historieta Amazónica
di Stefano Pau

La integración de recursos audiovisuales y nuevas tecnologías en la elaboración de unidades didácticas
di Carmen Ramos de Castro Velasco

Barbarenland — Überirdisch schmerzende Magie der kosmischen Schönheit.
Immagini e miraggi della Sardegna nella narrativa di lingua tedesca
di Valentina Serra

Abstracts


L’Othello di Orson Welles
di Stefano Angioni

Introduzione
Orson Welles non è soltanto uno dei registi più influenti della storia del cinema,
ma una figura eclettica, attiva in diversi ambiti della comunicazione di massa del
XX secolo. Radio, teatro, televisione, politica, illusionismo: sembra difficile trovare
un settore nel quale Welles non si sia cimentato, spesso con eccellenti risultati. Non
sono molti inoltre i registi americani che si avvicinano tanto alla concezione europea
d’autore cinematografico. Se risulta infatti difficile separare i suoi film dal personaggio
pubblico, e dalla sua carriera artistica nell’insieme, è perché così è stato anche per lo
stesso Welles. Othello, pur essendo la trasposizione di un classico del teatro, fa risaltare
molti aspetti tipici del suo cinema, già profondamente influenzato dall’esperienza
sul palcoscenico e, in particolare, proprio dal teatro di Shakespeare. Welles assume
alcuni rischi, modificando la struttura narrativa ed i dialoghi della tragedia. Privilegia
il realismo nelle scenografie e nella recitazione, ma fa spesso anche uso di simboli e
tecniche di stile espressionista per rappresentare i contenuti drammatici.
Othello è il suo sesto lungometraggio, il quinto nella doppia veste di regista e
protagonista. L’opera viene presentata il  maggio , nell’ultima serata della quinta
edizione del festival di Cannes. La pellicola partecipa alla competizione aggiudicandosi
il Grand Prix, ex–aequo con Due soldi di speranza di Renato Castellani. Si tratta del
primo film di Welles dopo “l’esilio” da Hollywood ed è uno dei pochi di cui ha potuto
supervisionare personalmente anche il montaggio.
La trama del classico è essenzialmente rispettata . Come altri suoi film, Othello
è soprattutto la storia di un uomo vulnerabile nell’animo, ma speciale e “diverso”
nella virtù e nel talento. Egli è inoltre profondamente combattuto tra i legami con il
proprio passato pagano e quelli con l’adottiva cultura cristiana di Venezia. Proprio a
causa di questo dualismo, che divide la sua personalità, Othello è preda dell’insicurezza
e bersaglio dell’azione del male, insinuato in lui soprattutto per mano dell’invidioso
Iago.
Ogni qualvolta Welles dipinge una lotta di questo tipo, giunge alle stesse conclusioni che sono
implicite in tanta parte del romanzo gotico, e dimostra come i personaggi malvagi posseggano
 
sia forza che coerenza, mentre quelli generosi e liberal sono o compiacenti, pieni di pecche, o
conquistati e travolti dalla follia del tiranno .
È difficile non intravedere nei protagonisti del cinema di Welles alcuni tratti della
personalità dell’autore stesso: di quel prodigioso talento, quel ragazzo speciale, che
lo star system mai comprese, né accettò pienamente. Le tematiche di Shakespeare
s’inseriscono così nel contesto della sua opera cinematografica, arricchite di sfumature
autobiografiche. Il regista privilegia infatti quegli aspetti che meglio rispondono alla
propria sensibilità. Othello è quindi un film sulla manipolazione psicologica, sulla distorsione della realtà e sul precario equilibrio tra bene e male in cui si trova la vita di ogni
uomo, specialmente quella dei “diversi”. Ulteriori temi, meno espliciti ma importanti
perché comuni alle altre opere di Welles, riguardano la perdita dell’innocenza, la crisi
d’identità dell’individuo ed il lato oscuro e cinico delle istituzioni.

Un inizio d’autore
Il film comincia con una sequenza non presente nella tragedia. Vengono mostrati i funerali
di Othello e Desdemona e l’imprigionamento di Iago. Queste immagini torneranno poi
nel finale, a sigillare solennemente una struttura narrativa di tipo circolare. Welles impone
il proprio stile mettendo in chiaro fin da subito che le esigenze del cinema non sono le
stesse del teatro. Giustificherà pubblicamente questa “licenza” sottolineando la necessità di
dover aggredire fin dalle prime scene il cuore dello spettatore, per compensare il distacco
emotivo che sfavorisce lo schermo cinematografico rispetto al palcoscenico teatrale. Non è
meno importante il fatto che “l’inizio dalla fine” (spesso dalla fine estrema, dalla morte)
è uno dei motivi ricorrenti nel cinema wellesiano. È una scelta che imprime un marchio
epico alle vicende dei suoi protagonisti e sottolinea l’impossibilità di sfuggire al proprio
destino: anche il Kane di Quarto Potere, ad esempio, muore entro i primi due minuti del
film. Lo stesso vale per il protagonista di Rapporto Confidenziale (Gregory Arkadin) e, in
un certo senso, la struttura è comune anche al Falstaff. Si pensi inoltre all’epitaffio che la
cartomante/prostituta Tana (Marlene Dietrich) dedica al suo Infernale Quinlan: «A modo
suo era anche un grand’uomo. . . ma che importanza ha ciò che si dice di un morto?». Per
Welles ne ha parecchia, soprattutto se lo può dire a modo suo. Ecco perché spesso decide
di partire proprio da qui, dal tragico atto finale: l’unico da cui, risalendo le tappe, è forse
possibile ricostruire il senso della vita di un uomo. La prima è una sequenza di grande
impatto visivo: mette già in evidenza i chiaroscuri, di forte ispirazione espressionista,
sfruttati in tutto il film per rappresentare i contrasti alla base dell’opera.
[. . . ] Cultura (Logos) vs Natura (Caos), omologabile, a livello di codici religiosi, all’opposizione Dio
vs Diavolo, a livello antropologico, all’opposizione Civilizzato vs Barbaro e, a livello psicoanalitico,
alle opposizioni Identico vs Altro, Conscio vs Inconscio. Come vedremo, è sull’asse di tutte queste
opposizioni che si scontrano e in qualche modo si assestano i significati di questa tragedia .

‘’   
Anche il commento musicale di Francesco Lavagnino è fortemente drammatico,
caratterizzato da ricercati suoni non convenzionali (le corde del pianoforte sono qui
ad esempio “pizzicate” con le mani, non percosse per mezzo dei tasti). Le musiche
giocano un ruolo importante nel film: il tema dei funerali ritornerà, nelle sue varianti,
nei momenti più drammatici, in opposizione a quello “d’amore” che invece accompagnerà i rari momenti di gioia. È significativo che nella scena finale dell’omicidio di
Desdemona i due temi s’intreccino e si sovrappongano tra loro concretizzando, anche
sul piano sonoro, quel fatale abbraccio tra Eros e Thanatos che segna la vicenda dei
due sventurati amanti.
La morte rappresenta per Othello il ritorno dalle tenebre alla luce, l’unica possibilità
di riscatto dalla follia delittuosa in cui sprofonda negli ultimi giorni della sua vita. Alcune
figure incappucciate (bianche per Desdemona, nere per Othello) trasportano le due
salme. I cortei seguono itinerari differenti ma convergenti, come per sottolineare le
incolmabili differenze di origine tra due amanti che unicamente nella morte riescono
a trovare un vero congiungimento. La distanza tra loro è ulteriormente evidenziata dal
fatto che solo il corteo di Desdemona è guidato dal simbolo della croce. Il movimento
lungo un percorso di ascesa, di elevazione, è invece comune ad entrambi: è reso
evidente dalle linee oblique presenti nell’inquadratura, ancor di più nel momento
in cui ci viene mostrato l’incatenamento di Iago, su un piano sovrapposto ed a noi
più ravvicinato. Scortato dai soldati, egli segue una traiettoria contraria a quella della
processione funebre: da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso. L’epilogo della
sua storia è quindi una sorta di discesa verso la dannazione.
L’infido alfiere viene imprigionato all’interno di una gabbia. La trama di queste
sbarre richiama un tema visivo ricorrente durante tutto il film, utilizzato per rappresentare quella rete di intrighi e menzogne dentro la quale Iago cattura i vari personaggi.
Come ci viene qui già anticipato, è una rete che finirà per condannare anche Iago
stesso . La gabbia viene poi innalzata per mezzo di un argano, in modo da lasciarlo
esposto al lento supplizio del sole e dei rapaci. Non è raro nei film di Welles trovare i
protagonisti posizionati in luoghi elevati durante scene particolarmente drammatiche.
Spesso si tratta di punti di vista da cui possono contemplare il male che hanno causato,
da cui è più forte la percezione del pericolo o la presa di coscienza di un contesto
in equilibrio precario. È come se Welles amasse innalzare i propri eroi (o anti–eroi)
sul punto più alto in modo che l’inevitabile caduta assuma proporzioni ancora più
drammatiche. Cito alcuni esempi: nel film Lo straniero, il nazista Franz Kindler muore
braccato in cima ad un campanile mentre osserva la folla radunata sulla strada sottostante. La sequenza iniziale di Quarto Potere è una lunga scalata verso l’alto, ed infatti
la morte raggiunge Kane nella stanza in cima alla sua Xanadu. Gregory Arkadin, in
Rapporto Confidenziale, rappresenta l’estremizzazione di questo concetto: si suicida,
infatti, gettandosi da un aereo in volo. Tutto ciò richiama alla mente anche una scena
de Il terzo uomo interpretata e scritta interamente da Orson Welles, nonostante la regia
del film sia firmata Carol Reed. Il cinico, senza scrupoli e leggendario Harry Lime
osserva l’umanità dall’alto di una ruota panoramica: «Guarda laggiù. Sentiresti pietà
se uno di quei puntini si fermasse per sempre? Se io ti offrissi . sterline per ogni

 
puntino fermato, mi risponderesti di tenermi il mio denaro o faresti il calcolo mentale
di quanti puntini potresti fermare?».
Fin dalla prima sequenza Welles colloca Iago tra i “dannati” ma allo stesso tempo,
da un punto di vista drammatico, ne è chiaramente affascinato.
Ciò che preoccupa tutti noi è il mistero stesso del male. Oggi c’è una tendenza a negare
l’esistenza del male, a non credergli, a vedere il male come una malattia. [. . . ] Io credo abbastanza
fermamente nell’esistenza del male. Certamente Shakespeare ci credeva .

Spazio ed immagini
Se la prima sequenza anticipa il destino ultimo dei protagonisti, la seconda ne descrive
alcune caratteristiche. È interessante notare il modo in cui Welles utilizza gli elementi architettonici della scenografia per tracciare un profilo sociale e psicologico dei
personaggi.
La sovrapposizione più fruttuosa tra “Cuore di tenebra” [romanzo di Joseph Conrad molto
caro al regista] ed “Othello” riguarda l’esplorazione della relazione tra le certezze morali
dell’individuo e l’ordine culturale costituito, e l’importanza dello stile architettonico nell’opera
di Welles risiede nella valorizzazione dell’architettura come manifestazione della cultura .
La funzione di molti dei versi di Shakespeare è affidata ad elementi visivi: le grate da
cui è continuamente oppressa Desdemona, le rigide simmetrie ed i decori sfarzosi che
contornano il senatore Brabanzio, i vicoli ed i canali attraverso i quali Iago scivola come
un’ombra. La scenografia del film non è quindi solo una cornice, ma un elemento
che lo arricchisce anche sotto il profilo tematico. Lo possiamo apprezzare notando
le significative differenze che intercorrono tra l’architettura dell’elegante Venezia e
quella dell’austera cittadella che si trova a Cipro.
Alla frontiera del mondo civilizzato, gli equilibri di Venezia si rompono. L’arte, il lusso e le
istituzioni, così presenti nelle facciate, nelle stanze e nelle piazze della città lagunare, sono
del tutto assenti. Gli armamenti e le fortificazioni rappresentano un tentativo più primitivo
e disperatamente inadeguato di arginare il “turco”, e quindi il barbaro, dentro ad ogni uomo.
La leadership civile degli anziani è rimpiazzata dal potere militare ed individuale di Othello. . .
la tranquillità dei canali lascia il posto all’impeto delle onde che martellano costantemente i
bastioni. E più stiamo a Cipro, più il contorto stile di Iago trionfa su quello lirico ed eroico di
Othello .
A Cipro, l’uomo è ancora in lotta con gli elementi della natura, con il nemico
“straniero” alle porte. Allo stesso tempo quello è un luogo in cui tutte le certezze
sono più vulnerabili, l’ordine sociale precario e continuamente minacciato da tumulti
e rivolte. Welles sembra sempre particolarmente stimolato da questi scenari segnati
dalla precarietà e che potremmo definire “di confine”. Gli intrighi di Cipro non sono
