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COMPAGNIA TEATRALE
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Shakespeare a pezzi
Incubi di Shakespeare
Rappresentare oggi Shakespeare ci pone di fronte diversi ostacoli.
Innanzitutto constatiamo l’incredibile usura dei testi shakespeariani che, dopo infinite
rappresentazioni, rischiano di apparire ormai indeboliti, sfibrati, sbiaditi. Probabilmente, però, uno
degli impedimenti maggiori che ci si presenta nel voler rappresentare oggi Shakespeare è l’estrema
bellezza, la compiutezza drammaturgica dei testi, costruiti in modo così armonico e completo da
non presentare mai lacune o frammentazioni che oggi sembrano essere invece così interessanti o
addirittura necessarie ad una rappresentazione teatrale.
E’ proprio così, pare che il teatro oggi metta in scena più volentieri ciò che è rotto, frammentario,
incompleto, forse perché rappresenta meglio il nostro linguaggio e il pensiero contemporaneo.
PERCHE’ SHAKESPEARE OGGI?
Essendo perfetto, Shakespeare oggi diventa difficile da rappresentare efficacemente.
Una valida ipotesi di messa in scena è sembrata quella d'una rottura della perfezione
drammaturgia…Frantumarne l’essenza, come togliendo o mischiando pezzi di un puzzle, per
provare a dare ai testi una struttura più vicina a quella contemporanea, stando attenti sempre a non
tradirne l'essenza.
Da queste basi di partenza nasce il desiderio di scegliere proprio opere Shakespeariane, e
rielaborarle drammaturgicamente.
Amleto, Othello, Macbeth e Re Lear.
PERCHE’ QUATTRO TRAGEDIE?
Probabilmente perché oggi la Tragedia non esiste più, l’eroe tragico propriamente detto non ha più
senso di esistere o per lo meno ha del tutto perso la tragicità che, a confronto con la situazione
attuale quotidiana, diventa quasi ridicola, insufficiente.
La condizione tragica del nostro tempo ormai è ben altra, sembra essere piuttosto una condizione di
sottomissione ad una violenza, una sorta di “punizione infernale”, una “tortura”…ecco, la
condizione di essere torturati oggi può essere intesa una situazione di gran lunga più terribile della
condizione tragica propriamente detta. Una forma di tortura che proviene da qualsiasi aspetto del
nostro tempo, dal contesto civile, socio-culturale, economico, dal mondo intero.
Compagnia Teatrale Università degli Studi di Milano
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In questo scenario attuale, però, un aspetto particolarmente tragico sembra essere l’incapacità
dell’uomo di comunicare, soprattutto se si pensa al sistema scolastico e a tutti i mezzi di
comunicazione che insegnano come comunicare, senza più preoccuparsi di cosa comunicare.
Un’incomunicabilità dilagante e incontrollabile che forse prende sempre più piede perché certi
sentimenti, certi stati dell’animo sono realmente incomunicabili, perchè viene meno la possibilità di
esprimerli, perché il linguaggio di cui ci nutriamo non è più sufficiente.
Il passaggio dalla bestia all’uomo moderno è avvenuto proprio attraverso il linguaggio con il quale
l’uomo ha dato forma e struttura al pensiero. Ma quando il linguaggio non è più in grado di
assolvere il suo compito, di fornirci gli strumenti per esprimere i moti dell’animo più profondi, ecco
che entriamo in contatto con la nostra vera tragedia.
Tutto questo per dire che riteniamo di non poter mettere in scena, oggi, delle tragedie in modo
integrale. Diventerebbero quasi commedie.
PERCHE’ QUATTRO TRAGEDIE “riscritte”? IN CHE DIREZIONE?
Quel che rende queste opere delle reali “tragedie” ai nostri occhi, è proprio la perdita della tragicità.
Pertanto non ci siamo occupati di trasformare una tragedia in commedia, ma nella nostra visione
automaticamente la rappresentazione di quel tragico risulta sempre più vicino ad un comico.
PERCHE’ PROPRIO QUESTE QUATTRO?
Innanzitutto perché queste sono state tra le tragedie Shakesperiane più rappresentate, rilette, usurate
e distorte. Poi perché sembrano parlare lo stesso linguaggio, ripercorrere le stesse atmosfere,
guardare il mondo con lo stesso sguardo.
Lo spettacolo viene rappresentato come fosse l’insieme di quattro incubi sognati nella stessa notte,
portatori della stessa atmosfera, fatti della medesima matrice, che nascondono lo stesso senso, gli
stessi pensieri profondi. Proprio come accade quando sogni fatti nella stessa notte, benchè differenti
nei contenuti o nella struttura, al risveglio ci lasciano poi addosso la medesima sensazione.
Ogni “pezzo” rappresenterà un piccolo mondo a sé stante, composto da frammenti provenienti dalla
tragedia di riferimento, che andranno a unirsi e depositarsi nello spettatore come fosse quel che
ormai resta nella nostra memoria delle tragedie, dopo tutte le rappresentazioni e le interpretazioni
finora fornite.
Le parole dei personaggi delle varie opere si mischiano fra loro, (per esempio Polonio pronuncia
discorsi d’Amleto, Iago di Othello) e si arrichiscono di suggestioni letterarie e citazioni, dalle fiabe
dei Fratelli Grimm all’UBU RE di Alfred Jarry.
Le quattro tragedie saranno rappresentate una di seguito all’altra, dai medesimi attori, che si
divideranno tra i vari ruoli interpretandone più di uno, e soprattutto vivendo prima un personaggio e
poi un altro del tutto opposto o complementare.
Drammaturgia e Regia: Omar NEDJARI
Interpreti:
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Filippo Barberis Alessandro Lussiana Valeria Perdonò
Silvia Pernarella Fabio Sarti
Camilla Semino Favro Emilio Zanetti
I PEZZI
Amleto, che consideriamo il più usurato fra i personaggi, è rappresentato come un malato, malato
di una singolare malattia: viene costretto a ripetere un testo all’infinito, pur essendo ormai quasi
del tutto privo di ogni energia.
Polonio, una mente politica spinta quasi fino al parossismo, è l’artefice della macchinosa
ripetizione del testo e vive incurante di qualsiasi altra cosa, della morte della figlia per esempio, di
quella di Amleto poi, e infine anche della propria. Lo affiancano Rosencrantz e Guildernstern che
rappresentano gli ingranaggi del meccanismo diabolico e, come macchine prive d’intelligenzao o
soldati imbecilli, imparano a memoria tutto ciò che viene loro detto di memorizzare, diligenti e
scattanti. In tutto questo Ofelia, che rappresenterebbe l'unico possibile legame umano per Amleto,
gli è negato dal testo stesso che non mostra neppure un momento di tenerezza: l'unico incontro fra i
due concesso sulla scena, è quando Amleto la rinnega. Ofelia sarebbe la possibilità d'uscita da
questo incubo, che null’altro è se non un inutile circolo: nel rapporto con lei Amleto potrebbe
trovare un'ancora di salvezza, ma questa gli è impedita dal Testo che è costretto inevitabilmente a
ripetere.
Othello è una Bestia, un servo della Repubblica. Fino a quando “la Bestia” combatte e vince tutte
le battaglie, i nobili veneziani lo celebrano e lo glorificano come un eroe, concedendogli
un'illusione di libertà. Quando però Desdemona se ne innamora e addirittura lo sposa, lo sguardo
della società cambia completamente. Tutti adesso guardano divertiti e indignati Desdemona che ha
scelto “la Bestia”, e rivolgono ormai solo compassione e pena verso Othello, convinti che questo
amore sia privo di ogni fondamento e destinato a finire presto. In questo modo Othello scopre la
propria mostruosità e prova schifo per se stesso, si sente un essere mostruoso. Lo schifo con cui gli
altri lo guardano per la sua “negritudine” lo convince sempre più della propria mostruosità, non
solo esteriore. Ordina, pertanto, al fedele Iago di privarlo di ogni sicurezza e felicità per le quali si
sente indegno, e di rivelarlo al mondo per quel che è realmente: un negro, un mostro. È
Desdemona, dunque, con la sua scelta d’amore sincera e totale, a rivelare a Othello il proprio
volto. Preferito fra tanti da una creatura così perfetta, non può fare a meno di sentirsi del tutto
inadeguato ed è per questo che decide di punirla.
La tragedia di Macbeth si mescola, invece, con la fiaba dei fratelli Grimm “Il pescatore e sua
Moglie”. Guidata dall’avidità e dall’insoddisfazione causate da una vita povera, la moglie del
pescatore continua a mandare il marito da un pesce magico che ha il potere di esaudire i desideri.
In principio vuole prima che faccia di loro dei ricchi nobili, poi, non contenta, pretende sempre di
più: vuole che i coniugi diventino dei re, poi degli imperatori, dei papi! La loro avidità non avrà
freni fino a che la loro vita non torna nella miseria.
A questa fiaba si intrecciano le reali vicende di Macbeth, convinto dalla moglie a dar sfogo alla
propria ambizione, spingendosi sempre più in là… fino alla disfatta finale.
L’ambiente magico e terribile di Macbeth ben si accorda, a nostro avviso, con la natura stessa
della fiaba.
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Lear invece è affrontato come uno sguardo di un Re verso il proprio futuro.
Le sue tre figlie rappresentano quelle che saranno le sue amanti.
La visione della vecchiaia, dunque, analizzata attraverso lo sguardo di un uomo di mezza età, uno
sguardo ingannato dal senso d’onnipotenza e d’immortalità.
SCHEDA TECNICA
ESIGENZE SCENOTECNICHE E SERVIZI
Lo spettacolo può essere rappresentato anche in uno spazio non teatrale poiché è adattabile
facilmente a spazi diversi. Tuttavia è preferibile l’utilizzo di un palco.
Abbisogna di:
- 18 fari.
- Dimmer 12 canali.
- Mixer luci.
IMPIANTO DEL SUONO
Lettore cd e impianto per la diffusione del suono.
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