Il serpente di Roma era un animale innocuo

IL SERPENTE DI ROMA ERA UN ANIMALE INNOCUO
D’inverno un pitone in libertà non può fare paura a nessuno:
quello romano è stato ucciso per gratuita crudeltà
Dal quotidiano «Il Gazzettino», sabato 27 febbraio 1960
Io non so quale impressione abbia fatto nel pubblico la notizia dell’ignobile scempio che
alcuni romani hanno fatto di un disgraziato serpente che, sottratto non si sa come, al suo
legittimo proprietario, è stato incendiato in maniera crudele pochi giorni orsono alla periferia
di Roma.
La sua storia è breve. Si trattava di un Python sebae, il più grosso dei serpenti africani, che
può raggiungere la lunghezza di otto metri. Il nostro esemplare peraltro non superava i
quattro metri: il suo valore effettivo, all’atto dell’importazione, era di diecimila lire al metro, il
che significa che se il prezzo di ottantamila lire denunciato dal proprietario cui era stato rubato
è forse alquanto eccessivo, si tratta sempre di una somma non indifferente, aggirantesi sulle
quarantamila lire.
Questo lato finanziario della questione ha scarsa importanza: ciò che colpisce è la crudeltà
dimostrata da gente del popolo, che ha sottoposto un essere vivente alla più orribile delle
morti, andando in tal modo contro le disposizioni della legge di protezione degli animali. Altro
che perseguire i direttori di istituti biologici, se compiono atti di vivisezione nell’interesse della
scienza e dell’umanità! Qui siamo di fronte ad un vero caso di inumanità contro le bestie, che
non ha giustificazione alcuna. Si ha inoltre una prova di grande ignoranza di tutto ciò che ha
riferimento alla natura. Forse, in questo secolo che vede affievolirsi le credenze religiose, il
popolo pensa ancora al serpente come al seduttore della prima donna, alla quale è attribuito il
peccato originale?
I pitoni sono i serpenti che raggiungono le maggiori dimensioni, ma non sono veleniferi e
perciò non sono pericolosi per l’uomo. In Eritrea, patria dell’attuale vittima degli eroi romani,
non di rado i pitoni penetrano nei pollai e nelle conigliere ed inghiottono polli e conigli,
facendo anche grosse scorpacciate che poi impediscono loro di uscire di nuovo all’aperto
attraverso quei pertugi che avevano loro consentito l’entrata.
Ma i serpenti tutti, anche se velenosi, quanto è freddo perdono la loro forza e la loro
virulenza. Ricordo che parecchi lustri orsono, un mio cane Setter-Gordon fu addentato
durante il mese di maggio in una parte delicata da una vipera che, uccisa sul posto, era lunga
68 centimetri. Si trattava di una lunghezza eccezionale per la sua specie. Il cane peraltro, dopo
un paio di giorni di coma, si rimise in salute e ciò perché la stagione era ancora fredda ed il
veleno non aveva la sua normale virulenza.
Un pitone in libertà, in Italia, durante l’inverno, è animale perfettamente innocuo, perché
privo di vitalità, la quale nei rettili è legata all’alta temperatura e spesso all’azione di raggi
solari. Rammento che, molti anni addietro, accudivo ad una esposizione di rettili ed uccelli vivi:
avevo alcuni varani, lucertoloni del deserto libico, grossi come piccoli coccodrilli. Si
muovevano appena e sembravano moribondi; mentre alcuni operai preparavano le gabbie per
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collocarveli, io li lasciai distesi e quasi immobili sul pavimento che fu poco dopo inondato dai
raggi solari. Quando andai per prendere i varani, non li trovai sul posto e li vidi correre qua e là
con la stessa agilità con la quale vediamo correre le lucertole al sole d’agosto. Facemmo fatica
a catturarli e ciò avvenne non senza aver ricevuto qualche morso e qualche sferzata con la
robusta coda.
È un fatto che il nostro popolo ha paura dei serpenti, anche se si tratta di serpentelli
innocui, anche se si tratta del fragile orbettino, lucertola senza gambe alla quale viene
attribuita, erroneamente, una forte velenosità che dovrebbe risiedere nella fragile lingua
bifida, che questo grazioso animale, divoratore di piccoli insetti e di lombrici, proietta
ritmicamente fuori dalla bocca.
Dàgli alla biscia! è il grido che scaturisce dalle donne e dai ragazzi alla vista di uno di questi
animali che si cibano di topi campagnoli, di lucertole, di ranocchi e, raramente, di piccoli
uccelli. I serpenti sono in generale animali utili nell’economia generale della natura e se, in
India, i cobra cagionano annualmente la morte di qualche migliaio di persone, questo si deve
in parte al rispetto che gli indiani hanno per ogni creatura viva, ma anche perché essi li
considerano come propri alleati per limitare nelle loro case il numero dei topi. È chiaro che di
quando in quando, casualmente, una persona sia morsa dal cobra; oggi però il pericolo è assai
minore di una volta, perché sono stati costruiti in molte località grandi rettilari nei quali si
tengono parecchie specie di serpenti velenosi, per estrarne il veleno e fabbricare sieri specifici
e anche polivalenti contro il morso delle varie specie. È noto il grande stabilimento di Butantan
in Brasile per la fabbrica di sieri contro il morso dei serpenti a sonagli e delle altre specie
americane. A Bangkok ho veduto un grande rettilario, formato da un’isola contornata da un
canale al fondo di un’ampia fossa. Vi erano cobra e bungari, questi ultimi elegantemente
fasciati di giallo e di nero, ognuno dei quali abita entro una piccola caverna artificiale, costruita
in muro: nella fossa che circondava l’isola venivano gettate rane, che servivano di pasto ai
serpenti.
In Italia la vipera più temibile è la ammodite, comune in Istria e in Dalmazia, non rara nei
territori prossimi all’Isonzo. Ha un cornetto pronunciato sul muso, che la fa distinguere dalle
altre specie variamente localizzate nella penisola.
Ma anche da noi non è il caso di avere troppi timori perché a Milano si fabbrica siero
antiofidico.
ALESSANDRO GHIGI
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