Fontenelle – Elogio di Pietro I

associazione culturale Larici – http://www.larici.it
Bernard le Bovier de Fontenelle
Elogio dello zar Pietro I
Éloge du czar Pierre I
17251
1 Traduzione dal francese e note: © associazione culturale Larici. Le immagini riproducono
Fontenelle (a sinistra) e Pietro I.
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
L’Accademia2 non ha mai fatto l’elogio di un sovrano come a uno dei suoi
membri, perciò dobbiamo avvertire che ricorderemo il defunto zar soltanto
in qualità di accademico, di accademico re e imperatore, che stabilì le
scienze e le arti nei vasti domini del suo Stato, e, quando lo guarderemo
come un guerriero e un conquistatore, sarà solo perché l’arte militare è una
di quelle che ha aperto la mente ai suoi sudditi.
La Moscovia, o Russia, era ancora in un’ignoranza e in una grossolanità
quasi simili a quelle che sempre accompagnano la nascita delle nazioni. Non
è che non si scoprano nei Moscoviti vivacità, profondità, genio e capacità di
imitare ciò che vedono, ma ogni industria veniva soffocata. I contadini, nati
schiavi e oppressi dai signori3 spietati che si accontentavano di
un’agricoltura rozza che portasse loro il necessario per vivere, non potevano
né osavano arricchirsi. Gli stessi nobili non si arrischiavano a mostrarsi
ricchi, e le arti sono figlie della ricchezza e della mitezza del governo. L’arte
militare, sfortunatamente tanto indispensabile quanto l’agricoltura, non era
meno trascurata, di conseguenza i Moscoviti avevano esteso il loro dominio
a Nord e a Oriente, dov’erano popoli più barbari di loro, e non verso
l’Occidente e il Mezzogiorno, dove si trovavano gli Svedesi, i Polacchi e i
Turchi. La politica degli zar aveva allontanato dalle guerre i signori e i
gentiluomini, che erano arrivati a considerare un esonero onorevole
quell’indegno ozio e, se alcuni furono impiegati, la loro nascita li rendeva
comandanti prendendo il posto all’esperienza4. Nelle truppe vi erano
numerosi ufficiali tedeschi, che, per la maggior parte, erano semplici soldati
nel loro Paese ma diventavano ufficiali in Moscovia, cosicché non
conoscevano il loro nuovo mestiere. Gli eserciti russi, sorti con la forza e
composti di vile plebaglia poco disciplinata e mal comandata, non sapevano
affatto testa tener a un nemico agguerrito; bisognava che circostante
fortunate e singolari mettessero tra le mani una vittoria che, per loro,
rimaneva del tutto indifferente. Il principale punto di forza dell’impero
consisteva negli strel’cy, una milizia in qualche modo simile ai giannizzeri
2 L’Académie royale des sciences (Parigi).
3 “Signore” era il titolo dato a nobili e boiari (latifondisti).
4 Nobili e boiari, dei quali titolo e feudo erano ereditari, fornivano allo Stato un numero di
soldati, che comandavano, proporzionale alla dimensione dei loro feudi e, in cambio,
partecipavano alle decisioni dello e sullo zar. Tutto ciò venne abolito da Pietro il Grande
con una serie di leggi.
2
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
turchi e, come questi, temuti sia dai padroni che dal popolo5. Un commercio
debole e languente era interamente nelle mani dei mercanti stranieri, che
ingannavano facilmente il popolo russo per la sua ignoranza e pigrizia. Il
mare non aveva mai visto navi moscovite, sia navi da guerra che mercantili,
e il porto di Archangel’sk era usato esclusivamente dalle nazioni straniere.
Il cristianesimo stesso, che almeno al clero impone un minimo di sapere,
lasciava il clero in tenebre troppo spesse per il popolo: si sapeva soltanto
che i sacerdoti erano di religione greca e che bisognava odiare i Latini. Ogni
ecclesiastico era abbastanza valente per predicare davanti a un pubblico
così poco temibile; non c’erano che pochi libri nei monasteri più antichi e più
ricchi e perfino nella condizione di non poter essere letti. Regnava
dappertutto un’estrema depravazione dei costumi e dei sentimenti, che non
era solamente, come altrove, nascosta sotto le luci esteriori del decoro, o
rivestita di qualche apparenza di spirito o di piacevolezza superficiale.
Tuttavia, questo popolo era estremamente fiero, colmo di disprezzo per
tutto ciò che non conosceva; ed è il culmine dell’ignoranza di cui essere
orgogliosi. Gli zar vi avevano contribuito proibendo ai sudditi di viaggiare:
forse si temeva che arrivassero ad aprire gli occhi sul loro misero stato. La
nazione moscovita, poco conosciuta, persino dai suoi vicini più prossimi, era
quasi una nazione a sé stante, che non si inseriva affatto nel sistema
europeo, che aveva pochi legami con le altre potenze, e da esse era
scarsamente considerata, e della quale a malapena si era curiosi di sapere
di tanto in tanto qualche rivoluzione importante.
Tale era lo stato della Moscovia, quando il principe Pietro nacque l’11
giugno 1672, dallo zar Alessio Michajlovič e da Natal’ja Kirillovna Naryškina6
sua seconda moglie. Lo zar morì nel 1676. Fëdor, o Teodoro, suo figlio
maggiore7, gli successe e morì nel 1682, dopo sei anni di regno. Il principe
Pietro, che aveva solo dieci anni, fu proclamato zar al suo posto, a danno di
Ivan, anche se maggiore, la cui salute era molto cagionevole e la mente
debole. Gli strel’cy, incitati dalla principessa Sof’ja, che aspirava a una
maggiore autorità tramite Ivan, suo fratello di padre e di madre e incapace
di tutto, si ribellarono a favore di Ivan: per spegnere la guerra civile, fu
stabilito che i due fratelli regnassero insieme8.
5 Gli strel’cy – corpo misto di fanteria e cavalleria – dettero origine a numerose rivolte, tra
cui quella del 1682, causata da Sof’ja Alekseevna Romanova, sorellastra di Pietro il
Grande, che li incitò per impedire a Pietro di ereditare il trono e salirvi lei stessa.
6 Sull’originale è Natalie Kirilouna Nariskin. Tutti i nomi russi sono nel testo “francesizzati”,
mentre nella traduzione si sono traslitterati correttamente tranne che per le figure
principali più conosciute con il nome italiano (Pietro per Pëtr, Alessio per Aleksej…).
7 Fëdor non era il primogenito, ma il primo figlio maschio ancora vivo – che Alessio I ebbe
dalla prima moglie Marija Il’inična Miloslavskaja – al momento della successione al trono.
8 La spiegazione di Fontenelle non è del tutto esatta. Dopo Fëdor III, che non lasciò eredi,
salì al trono il fratello Ivan (1666-1696), ma, a causa della sua salute, la Duma dei boiari
decise di affiancargli il fratellastro Pietro e ciò determinò il risentimento di Sof’ja e la
conseguente rivolta degli strel’cy. Fu ancora la Duma dei boiari a decretare Ivan primo
zar, Pietro secondo zar e Sof’ja reggente. Ivan e Pietro furono incoronati insieme il 25
luglio 1682.
3
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
Pietro, già zar in età così tenera, era molto mal allevato, non solo per la
generale mancanza di istruzione moscovita e per quella di educazione
ordinaria dei principi che l’adulazione si affretta a corrompere nel tempo
destinato ai precetti e alla verità, ma ancor più per i sogni dell’ambiziosa
Sof’ja, che già lo conosceva abbastanza per temere che un giorno egli
sarebbe stato un gran principe e impossibile da dominare. Lei lo circondava
di tutto ciò che era in grado di soffocare la sua intelligenza naturale, di
rovinargli il cuore, di invilirlo con i piaceri. Ma né la buona educazione fa i
grandi caratteri, né la cattiva li sminuisce. Qualunque eroe esce
completamente formato dalle mani della natura e con qualità insuperabili.
L’inclinazione dello zar Pietro per le esercitazioni militari si dichiarò già nella
giovinezza: gli piaceva battere il tamburo, ma, si noti bene, non per
divertirsi come un bambino, con un rumore vano, ma per imparare una
funzione da soldato, cioè lui cercava di rendersi utile e lo diventò
effettivamente, al punto di dare talvolta lezioni ai soldati che non riuscivano
così bene come lui9.
Lo zar Fëdor aveva cercato la magnificenza negli abiti e nei finimenti dei
cavalli. Pietro, sebbene non amasse il fasto, che considerava inutile e
costoso, vide tuttavia con piacere che i suoi sudditi, fino ad allora molto
lontani da ogni tipo di bellezza, ne prendevano a poco a poco il gusto.
Pensò che avrebbe potuto usare a più nobili usi la forza del suo esempio.
Formò una compagnia di cinquanta uomini, comandati da ufficiali stranieri,
che erano vestiti e svolgevano i loro esercizi alla tedesca. Prese in questa
truppa il grado più basso, quello del tamburo. Non era una rappresentazione
frivola per fornire a lui e alla corte materia di intrattenimento e di scherzo.
Aveva vietato al proprio capitano di ricordarsi che era lo zar: egli serviva
con tutta la precisione e la sottomissione richieste dal suo compito, non
viveva che della sua paga e non dormiva che in una tenda al seguito della
compagnia. Diventò sergente, dopo aver meritato il giudizio degli ufficiali,
che avrebbe punito se questo fosse stato troppo favorevole, e non fu mai
avanzato che come un soldato di ventura10, di cui i compagni avrebbero
approvato l’avanzamento. Con ciò voleva insegnare ai signori che la sola
nascita non era sufficiente per ottenere gli onori militari, e a tutti i sudditi
che valeva solamente il merito. Il basso grado dal quale aveva cominciato e
la dura vita che si era imposto gli davano il diritto di esigere altrettanto e in
modo più forte di quanto avesse ereditato dall’autorità dispotica.
A quel primo gruppo di cinquanta uomini, ne aggiunse di nuovi, sempre
controllati da stranieri, sempre disciplinati alla maniera tedesca, e, alla fine,
formò un corpo considerevole. Siccome era in pace, faceva combattere una
truppa contro l’altra, rappresentava i luoghi di battaglia, dava ai soldati
un’esperienza che non costava ancora sangue, cercava il loro valore e
9 Oltre a dare il tempo ai soldati in marcia, in guerra il tamburo replicava, con specifici colpi
codificati, gli ordini vocali del comandante che potevano non essere sentiti o capiti.
10 Ossia alieno dagli interessi personali ed economici che caratterizzavano i mercenari
perché esclusivamente spinto da un ideale.
4
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
preludiava alle vittorie.
Gli strel’cy guardavano tutto ciò come lo svago di un giovane principe e si
divertivano dei nuovi spettacoli loro offerti. Quel gioco, però, li avrebbe
interessati più di quanto potessero immaginare. Lo zar, che li vedeva troppo
potenti e unicamente attaccati alla principessa Sof’ja, nascondeva nel
profondo del proprio cuore il disegno di sconfiggerli e voleva assicurarsi
delle truppe meglio istruite e più fedeli.
Allo stesso tempo, perseguì un altro obiettivo altrettanto grande e ancora
più difficile. Una scialuppa olandese, trovata nel lago di una delle sue case
di campagna, dove stava abbandonata e inutile, l’aveva colpito e i suoi
pensieri si erano elevati fino a sognare una marina, un progetto questo che
forse apparì un po’ audace anche a lui. Iniziò a far costruire dagli olandesi
dei piccoli bastimenti a Mosca, poi quattro fregate di quattro cannoni sul
lago di Pereslavl’11. Già aveva insegnato a combattere gli uni contro gli altri,
così per due volte partì da Archangel’sk su una nave olandese o inglese per
imparare da solo tutte le manovre in mare.
All’inizio del 1696, lo zar Ivan morì, e Pietro, unico sovrano dell’impero, fu
in condizione di eseguire tutto ciò che gli aveva impedito l’autorità
condivisa. L’apertura del nuovo regno fu l’assedio di Azov sui Turchi. Non la
prese che nel 1697, dopo aver fatto venire alcuni veneziani a costruire sul
Don delle galere per chiudere la foce e impedire ai Turchi di aiutare la
fortezza12.
Egli dunque conobbe più che mai l’importanza della marina, ma sentì
anche il grande inconveniente di avere soltanto delle navi straniere o di
doverle far costruire all’estero. Volle liberarsene e, meditando che tale
novità avesse bisogno ben più di una delibera e che l’esecuzione dei suoi
progetti, affidata ad altri che lui, fosse più che incerta, o perlomeno molto
lenta, egli prese interamente su di sé lo sforzo coraggioso, bizzarro in
apparenza, e che, se mancava di successo, non avrebbe potuto essere
giustificata che dal piccolo numero di coloro che riconoscono il grande
ovunque si trovi. Nel 169813, dopo appena due anni di regno, inviò in Olanda
un’ambasciata capeggiata dal ginevrino Lefort, che onorava di gran favore 14,
e il conte Golovin, Gran cancelliere15, e li seguì in incognito, per imparare la
costruzione delle navi.
Si recò ad Amsterdam nella casa dell’Ammiragliato delle Indie16 e si fece
11 Il lago Pleščeevo, sulle cui sponde meridionali è la città ora chiamata Pereslavl’-Zalesskij.
12 “Elogiando” Pietro il Grande, giustamente Fontenelle sorvola il fatto che due anni prima,
nel 1695, lo zar tentò di assaltare la fortezza di Azov ma fu decisamente respinto dai
Turchi nonostante la notevole superiorità numerica.
13 Nel 1697.
14 François Lefort (o Le Fort; 1655/56-1699) servì nell’esercito prima sotto lo zar Fëdor III e
poi sotto Pietro I che lo nominò generale dopo la campagna di Azov. Lo zar e Lefort si
frequentavano assiduamente fin dal 1680 circa.
15 Fëdor Alekseevič Golovin (1650-1706), diplomatico, primo cancelliere imperiale e
grandammiraglio, cariche che ottenne dopo la morte di Lefort.
16 Più propriamente, Ammiragliato della Compagnia delle Indie Orientali, da dove dal XVII
secolo si approntavano e si caricavano le navi dirette a Giakarta.
5
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
iscrivere nel ruolo dei carpentieri sotto il nome di Pëtr Michajlov e non di
Pëtr Michajlovič, che aveva preso da suo nonno, perché nella lingua russa
questa differenza di desinenza marca un uomo del popolo da un uomo di
rango17, e Pietro non voleva che di lui rimanesse alcuna traccia della sua
suprema dignità. Egli l’aveva completamente dimenticata, o piuttosto non si
era mai ricordato così bene che essa consiste più nelle funzioni utili al
popolo che nello sfarzo e lo splendore che l’accompagnano. Lavorava nel
cantiere con maggior diligenza e ardore dei compagni che non avevano
ragioni paragonabili alle sue. Tutti conoscevano lo zar18, e se lo mostravano
gli uni agli altri con un rispetto che attirava meno di quello che era venuto a
fare. Guglielmo III, re d’Inghilterra19, che era allora in Olanda e riconosceva
il merito, ebbe per lui tutta la considerazione reale che gli era dovuta;
l’incognito non tagliò che il falso e l’apparente.
Prima di partire dai suoi domini, aveva mandato i più importanti signori
moscoviti a viaggiare per i diversi angoli d’Europa, indicando a ciascuno ciò
che, secondo le disposizioni date, dovevano specificamente studiare; egli
aveva anche pensato di prevenire, con la dispersione dei potenti, i pericoli
della sua assenza. Alcuni obbedirono a malincuore, e ce ne fu uno che
rimase chiuso per quattro anni a Venezia, per uscirsene con la soddisfazione
di non aver visto né appreso nulla20. Tuttavia, in generale, l’espediente dello
zar riuscì, i signori impararono nei Paesi stranieri e l’Europa fu per loro uno
spettacolo nuovo da cui trassero profitto.
Lo zar, vedendo che la costruzione delle navi era affidata in Olanda alla
pratica e all’esperienza degli operai mentre in Inghilterra si eseguiva su
disegni con tutte le misure esattamente indicate, giudicò quest’ultimo
metodo preferibile e andò in Inghilterra. Re Guglielmo lo ricevette ancora e,
per fargli un dono secondo il suo gusto e che fosse un modello dell’arte che
aveva studiato, gli regalò una magnifica nave.
Dall’Inghilterra, lo zar ripassò in Olanda per ritornare ai suoi domini dalla
Germania, portando con sé la scienza della costruzione navale, acquisita in
meno di due anni da sé, con coraggio e con una sorta di abdicazione della
dignità regale, ossia con un prezzo che sarebbe sembrato esorbitante a
qualunque altro sovrano.
Fu bruscamente richiamato da Vienna dalla notizia della rivolta di
quarantamila strel’cy. Arrivato a Mosca, alla fine del 169921, li stroncò senza
esitare, avvalendosi più del rispetto che essi avevano per la sua audacia che
17 Il nonno era Michele I, zar dal 1613 al 1645. Il nome completo di Pietro era Pëtr
Alekseevič Romanov e, riguardo al nome che assunse, si fa presente che Michajlovič è un
patronimico (figlio di Michajl), mentre Michajlov è un cognome.
18 È evidente la contraddizione: lo zar è in incognito… ma tutti lo conoscono. Probabilmente
l’Autore voleva rilevare che era ammirato per la sua laboriosità, però storicamente lo zar
non andò affatto in Olanda in incognito, ma con un notevole seguito di consiglieri (perciò
detta la “Grande Ambasceria”) per cercare l’aiuto dei monarchi europei contro l’impero
ottomano.
19 Guglielmo III d’Orange, re d’Inghilterra dal 1689 al 1702.
20 Il giovane era forse il fratello minore del generale Fëdor Golovin (cfr. nota 15).
21 Nel 1698.
6
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
di quello dovuto ai suoi ordini22.
Già nel 1700 aveva rimesso in piedi trentamila fanti disciplinati, tra i quali
erano quelli che precedentemente aveva avuto l’accortezza di formare e di
affezionarseli.
Si dichiarò allora, in tutta la sua estensione, il vasto progetto che aveva
concepito. Tutto c’era da fare in Moscovia, nulla da migliorare. Si sforzò di
creare una nazione nuova e – attinente ancora alla creazione – bisognava
che agisse da solo, senza aiuto, senza strumenti. La cieca politica dei suoi
predecessori aveva quasi completamente separato la Moscovia dal resto del
mondo; il commercio era o ignorato o trascurato all’estremo, ma tutte le
ricchezze, anche quelle dello spirito, dipendono dal commercio. Lo zar aprì i
suoi estesi domini fino a quel momento chiusi. Dopo aver inviato i sottoposti
più importanti a cercare conoscenze e lumi tra gli stranieri, attirò presso di
sé tutto quello che di straniero potesse tornare utile ai sudditi: ufficiali di
terra e di mare, marinai, ingegneri, matematici, architetti, esperti nella
scoperta di miniere e nella lavorazione dei metalli, medici, chirurghi,
artigiani di ogni specie.
Tali innovazioni, facili da descrivere con il solo nome di novità,
procuravano molta insoddisfazione e l’autorità dispotica, allora così
legittimamente utilizzata, non era che appena sufficientemente forte a
contrastarla. Lo zar aveva a che fare con un popolo duro, indocile, diventato
pigro per il poco frutto delle sue fatiche, abituato a punizioni crudeli e
spesso ingiuste, estraniato all’amore per la vita dalla miseria più nera,
convinto dalla lunga esperienza che non si poteva lavorare per la propria
felicità, insensibile a ogni felicità sconosciuta. I mutamenti più piccoli e
leggeri, come la sostituzione dei vecchi abiti o la rasatura delle lunghe
barbe, trovarono un’ostinata opposizione, talvolta bastante a causare
sedizioni. Inoltre, per imporre l’osservanza delle utili innovazioni, si dovette
esercitare la forza oltre a quanto sarebbe stato sufficiente con un popolo più
mite e trattabile. Lo zar ne fu obbligato, affinché i moscoviti
comprendessero la grandezza e la superiorità del potere di fare del male e
che un maestro indulgente e facile non sarebbe stato un gran principe ma a
malapena un padrone.
Nel 1700, lo zar, sostenuto dall’alleanza di Augusto, re di Polonia23, entrò
in guerra contro Carlo XII di Svezia24, il più temibile rivale di gloria che mai
potesse avere. Carlo era un giovane principe, non solo nemico di tutte le
mollezze, ma amante delle fatiche estreme e della vita più dura, in cerca di
pericoli per proprio gusto e piacere, invincibilmente protervo entro i confini
dove il coraggio lo portava; infine era come Alessandro se avesse avuto più
vizi e maggior fortuna25. Si sostiene che lui e lo zar fossero addirittura
22 Rientrando a Mosca, lo zar ottenne con la tortura i nomi dei congiurati, li giustiziò e
sciolse il corpo degli strel’cy. Alla fine della repressione, si contarono circa milleduecento
ribelli torturati, uccisi e pubblicamente esposti come monito e oltre duemila esiliati.
23 Augusto II (1670-1733) re di Polonia dal 1697.
24 Carlo XII (1682-1718) re di Svezia dal 1697.
25 Si tratta di Alessandro Magno, di cui lo storico romano, vissuto tra il I e e il IV secolo,
7
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
fortificati dall’errore speculativo di una predestinazione assoluta26.
Ci volle molto affinché l’eguaglianza che poteva mostrarsi tra due sovrani
nemici fosse anche tra le loro nazioni. I Moscoviti, che allora avevano un
leggero velo di disciplina, nessuna antica abitudine al valore, nessuna
reputazione da perdere che desse loro coraggio, andarono contro gli Svedesi
perfettamente disciplinati, abituati da tempo a combattere sotto una lunga
fila di re guerrieri e comandati da generali animati dal solo ricordo della loro
storia. Per tutto ciò lo zar disse iniziando la guerra: Io so bene che le mie
truppe saranno a lungo battute, ma alla fine ciò insegnerà loro a vincere. Si
armò di una pazienza più eroica del valore stesso e sacrificò l’interesse della
propria gloria al bisogno che avevano i suoi sudditi di agguerrirsi.
Tuttavia, dopo che i primi insuccessi furono superati 27, egli riportò alcuni
vantaggi assai consistenti e la fortuna cambiò: le sue armi cominciarono a
essere onorate. Poteva sperare di misurarsi presto con gli Svedesi senza
disuguaglianze, tanto i Moscoviti si formavano rapidamente. Dopo quattro
anni lo zar aveva già fatto tali progressi in Livonia e nell’Ingria, province
dipendenti della Svezia, da sentirsi pronto a considerare la costruzione di un
luogo il cui porto, situato sul mar Baltico, potesse contenere una flotta, e
cominciò infatti la famosa Pietroburgo nel 170428. Da allora, gli sforzi degli
Svedesi non poterono mai più scacciarlo ed egli rese Pietroburgo una delle
migliori fortezze d’Europa.
Secondo la legge che si era imposto, ossia di avanzare nei gradi
dell’esercito solo quando lo meritasse, egli doveva essere promosso. A
Grodno, in Lituania, dove erano il re di Polonia e i principali signori del
regno, pregò il re di assumere il comando del suo esercito. Pochi giorni
dopo, gli fece la proposta in pubblico, traverso il generale moscovita
Ogilvie29, di riempire due posti vacanti di colonnello. Il re Augusto rispose
che non conosceva ancora abbastanza gli ufficiali moscoviti e di nominargli i
più degni per quella posizione. Ogilvie gli indicò il principe Aleksandr
Menšikov30 e il luogotenente colonnello Pëtr Alekseevič, vale a dire lo zar. Il
re disse che conosceva il merito di Menšikov e che a breve avrebbe spedito
la nomina, ma che per l’altro non era sufficientemente informato sui suoi
servizi. Lo si sollecitò per cinque o sei giorni a favore di Pëtr Alekseevič e,
infine, il re lo nominò colonnello. Anche se questa fosse una specie di
commedia, sarebbe molto istruttiva e meriterebbe di essere rappresentata
Quinto Curzio Rufo tracciò le virtù e i vizi nelle Storie di Alessandro Magno (X, 5).
26 In sintesi, la predestinazione assoluta ritiene che ogni atto umano e ogni evento siano
decisi a priori dalla volontà divina, ossia nega il libero arbitrio dell’uomo.
27 Tra il 1700 e il 1721 fu combattuta, a intervalli, la Grande guerra del Nord, che iniziò con
la disastrosa sconfitta di Pietro il Grande a Narva benché il rapporto tra Russi e Svedesi
fosse di 4:1.
28 Lo zar fondò “San Pietroburgo” il 27 maggio (16 maggio nel calendario giuliano allora in
vigore) del 1703, dopo aver conquistato agli Svedesi i territori attraversati dal fiume
Neva.
29 George Benedict Ogilvie (1644?-1710) generale di origine scozzese.
30 Principe Aleksandr Menšikov (1672-1729), amico e collaboratore di Pietro e uomo di
governo sotto Caterina I.
8
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
davanti a tutti i re.
Dopo aver subito gravi danni contro gli Svedesi dal 170431, finalmente
contro di essi Pietro riportò una vittoria completa nel 1709, vicino a Poltava,
mostrandosi così gran capitano e soldato coraggioso, e facendo sentire ai
nemici come le sue truppe si erano istruite e proprio con loro. Gran parte
dell’esercito svedese fu fatta prigioniera e si vide un eroe come il re di
Svezia fuggire nelle terre della Turchia e poi quasi prigioniero a Bender32. Lo
zar si ritenne allora degno di salire al grado di luogotenente generale.
Faceva mangiare alla propria tavola i generali svedesi prigionieri e un
giorno bevve alla salute dei suoi maestri nell’arte della guerra. Il conte
Rehnskiöld33, uno dei prigionieri più illustri, chiese chi erano coloro ai quali
aveva dato un così bel titolo: Voi, disse, signori generali. – Vostra Maestà è
dunque molto ingrata, replicò il conte, per aver così maltrattato i suoi
maestri. Lo zar, per riparare in qualche modo questa gloriosa ingratitudine,
dette subito una spada a ciascuno. Li trattò sempre come avrebbe fatto il
loro re, che essi avevano reso tante volte vittorioso.
Pietro non poteva non approfittare della sfortuna e della lontananza del re
di Svezia: completò la conquista della Livonia e dell’Ingria, poi prese la
Finlandia e una parte della Pomerania svedese. Ora era più che mai pronto
ad occuparsi della sua neonata Pietroburgo. Ordinò ai signori di costruirvi i
loro palazzi, e popolò la città tanto degli abili artigiani moscoviti che di quelli
che chiamava da ogni parte.
Fece costruire delle galere fino ad allora sconosciute in quei mari, per
andare sulle coste della Svezia e della Finlandia, rocciose e inaccessibili alle
navi d’alto bordo. Comprò delle imbarcazioni dall’Inghilterra e fece lavorare
duramente per approntarne di nuove. Alla fine riuscì a costruirne una da
novanta cannoni, per la quale ebbe il significativo piacere di aver lavorato
solamente con operai moscoviti. La grande nave fu varata nel 1718, tra le
acclamazioni del popolo tutto e con una pompa degna del primo falegname.
La sconfitta degli Svedesi a Poltava gli produsse, nell’organizzazione delle
arti, un vantaggio che certamente non si aspettava nemmeno lui. Quasi
tremila ufficiali svedesi furono dispersi in tutti i suoi domini, soprattutto in
Siberia, un vasto territorio che si estende fino ai confini della Cina e
destinato alla punizione dei moscoviti esiliati. I prigionieri, mancando di
sostentamento e vedendo il loro ritorno remoto e incerto, iniziarono a
esercitarsi nei mestieri di cui avevano una qualche conoscenza, e la
31 Successivamente alla battaglia di Narva (1700), il re di Svezia fu impegnato a
combattere, vincendoli, prima i Sassoni (1701) e poi Polacchi (1706). Le ostilità tra Svezia
e Russia ripresero nel 1708.
32 Subito dopo la battaglia di Poltava (1709), i Turchi accolsero favorevolmente Carlo XII
concedendogli asilo nella fortezza di Bender (in Bessarabia, ora in Moldavia), sul fiume
Dnestr. Il continuo incitamento di Carlo XII contro i Russi e il protrarsi del termine del suo
rilascio causarono diversi scontri armati tra Turchi (pressati dai Russi e dalle potenze
europee) e Svedesi, dall’ultimo dei quali, nel 1713, Carlo XII riuscì a fuggire sebbene
ferito.
33 Sull’originale è Rhinschild, ma è il conte Carl Gustav Rehnskiöld (1651-1722), generale
svedese, che fu liberato dallo zar nel 1718.
9
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
necessità li rese rapidamente abili. Tra loro c’erano perfino maestri di lingue
e di matematica. Formarono una sorta di colonia che civilizzò i vecchi
abitanti, e tali arti, che da Mosca o a Pietroburgo avrebbero potuto essere
da tempo importate in Siberia, vi si trovarono là d’un colpo.
La storia deve confessare le colpe dei grandi uomini: essi stessi hanno
dato l’esempio. Avendo i Turchi rotto la tregua con lo zar, questi fu sconfitto
e circondato nel 171234 dalle loro armate sulle rive del fiume Prut. Tra la
costernazione generale dell’esercito, la zarina Caterina, che lo aveva
seguito, osò da sola immaginare un espediente: mandò a negoziare con il
gran visir, lasciandogli intravedere una grossa somma di denaro. Egli si
lasciò tentare e l’oculatezza dello zar fece il resto35. In memoria dell’evento,
egli volle che la zarina istituisse l’ordine di Santa Caterina, di cui ella fu a
capo, riservandolo alle donne. Provò tutta la dolcezza che si assapora, non
solo nel dovere molto a chi si ama, ma ancor più a fare una confessione
sorprendente e gloriosa.
Alla fine il re di Svezia era riuscito ad allontanarsi dagli stati turchi nel
1713, dopo le azioni che fece a Bender e che un romano non avrebbe osato,
e lo zar si trovò davanti quel formidabile nemico, ma era fortificato
dall’alleanza del re di Danimarca36. Portò la guerra nel ducato di Holstein,
alleato della Svezia, e al tempo stesso continuò le sue osservazioni e i suoi
studi politici. Faceva prendere dagli ingegneri la planimetria di ogni città e i
disegni dei mulini e delle macchine che non aveva ancora, si informava delle
tecniche di aratura e dei mestieri, e ovunque ingaggiava esperti artigiani
che mandava in Russia. A Gottorp, di cui il re di Danimarca era allora
padrone, vide un grande globo celeste dentro e terrestre fuori, fatto su un
disegno di Tycho Brahe37. Dodici persone potevano sedersi intorno a un
tavolo e fare delle osservazioni celesti, girando quell’enorme globo. La
curiosità dello zar ne fu colpita, lo chiese al re di Danimarca e fece venire
espressamente da Pietroburgo una fregata per portarlo via. Gli astronomi lo
misero in un grande edificio appositamente costruito.
Per la Moscovia vi fu, nel 1714, un evento totalmente nuovo che forse
sorprese lo stesso zar: la trionfale vittoria navale riportata sugli Svedesi a
Gangut sulle coste della Finlandia38. La flotta moscovita entrò nel porto di
Pietroburgo con le navi nemiche portando prigioniero il contrammiraglio
svedese Ehrenskiöld con sette ferite39. Le truppe sbarcate passarono in
pompa magna sotto un arco di trionfo espressamente eretto e lo zar, che
34 Nel luglio 1711.
35 Per salvare lo zar dalla prigionia e dalla vergogna, Caterina offrì ai Turchi tutti i suoi
gioielli e Pietro restituì loro la fortezza di Azov e distrusse le fortificazioni di Taganrog.
36 Federico IV di Danimarca (1671-1730) re di Danimarca e Norvegia dal 1699.
37 L’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601) era convinto assertore di un modello
geocentrico, secondo cui la Terra è immobile al centro del mondo, il Sole e la Luna
ruotano attorno a essa, mentre i pianeti girano attorno al Sole, che li trascina a sua volta
attorno alla Terra. Il globo descritto è una sfera armillare o astrolabio sferico.
38 Gangut è il nome russo della penisola di Hangö o Hanko.
39 Sull’originale è Ockrenskield, ma è Nils Ehrenskiöld (1674-1728) che fu poi promosso
ammiraglio nel 1721.
10
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
aveva combattuto in prima persona ed era il vero trionfatore, più da primo
maestro della marina e meno da sovrano, non apparve nella parate che nel
posto del rango di contrammiraglio, di cui aveva allora il titolo. Andò alla
cittadella, dove il vice-zar Romanovski40, seduto su un trono nel mezzo di un
gran numero di senatori, lo fece chiamare, ricevette dalle sue mani una
relazione del combattimento e, dopo averlo lungamente interrogato, lo
promosse, su indicazione del consiglio consultivo, alla dignità di
viceammiraglio. Questo principe non aveva bisogno dello schiavo dei
conquistatori romani, sapeva da solo circondare di modestia del suo
trionfo41. Inoltre, vi aggiunse molta mitezza e generosità, trattando il
contrammiraglio svedese Ehrenskiöld come aveva già fatto con il generale
Rehnskiöld. Chi ha il vero valore lo riconosce nei nemici e lo rispetta.
Ora tralasceremo quasi completamente ciò che riguarda la guerra. Tutti
gli ostacoli erano superati e gli inizi erano molto promettenti.
Nel 1716, lo zar si recò, con la zarina, dal re di Danimarca a Copenhagen,
e vi trascorse tre mesi. Là visitò i collegi, le accademie e incontrò tutti gli
studiosi, indifferentemente presso di lui o da loro. Ogni giorno si imbarcava
con due ingegneri per costeggiare i due regni di Danimarca e di Svezia, per
misurarne le sinuosità e sondarne i fondali, e poi riportarli su carte così
accurate che vi era segnato anche il più piccolo banco di sabbia. Bisognava
che fosse ben rispettato dagli alleati per non essere ostacolato in quella
grande voglia di istruirsi così segnatamente.
Ebbe anzi un segno di considerazione più fulgido. L’Inghilterra e la
Danimarca erano sue alleate e le due potenze, avendo unito le loro flotte a
quella russa, gli cedettero il massimo comando: le nazioni più esperte sui
mari volevano già obbedire al primo russo che aveva conosciuto il mare.
Dalla Danimarca lo zar si recò ad Amburgo, da Amburgo ad Hannover e
Wolfenbüttel, sempre osservando, e da là in Olanda, dove lasciò la zarina, e
poi in Francia nel 1717. Non aveva più niente di essenziale da imparare né
da portare a casa, ma restò a conoscere la Francia, un Paese in cui il sapere
e i piaceri della società erano stati portati più lontano che altrove; egli
temeva soltanto che alla fine lo prendesse un bizzarro disprezzo del bello
perché diventato troppo familiare.
Lo zar fu molto toccato dalla persona del re ancora fanciullo. Lo si vide
attraversare con lui gli appartamenti del Louvre42, conducendolo per mano e
talvolta stringendolo tra le braccia per proteggerlo dalla folla, più compreso
40 Sull’originale è Romanadofski, ma si tratta del principe Fëdor Romanovskij o
“Generalissimo Friedrich”, comandante in capo di tutte le forze armate. Avevano il
cognome Romanovskij i discendenti degli zar Romanov che non potevano aspirare al
trono.
41 La cerimonia pietroburghese ripeteva nella sostanza quella in uso nell’antica Roma: il
Senato romano, dopo aveva ricevuto il dettagliato resoconto degli battaglie, accordava il
trionfo al vincitore e uno schiavo gli cingeva il capo con una corona di alloro
sussurrandogli «Memento mori! Memento te hominem esse!» (Ricordati che devi morire!
Ricordati che sei un uomo!).
42 Il re fanciullo era Luigi XV di Borbone (1710-1774) re di Francia dal 1715. Il Louvre era
all’epoca era la residenza reale.
11
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
in questo compito e più affettuoso del governante.
Il 19 giugno 1717 fece l’onore di venire all’Accademia delle Scienze43.
Essa mise in mostra tutto ciò che aveva di più nuovo e più curioso in fatto di
esperienza e di macchinari. Appena tornato nei suoi domini, Pietro fece
scrivere all’abate Bignon44 dallo scozzese Areskin, suo medico personale 45,
che era ben disposto a essere un membro dell’istituzione. Quando essa
gliene rese merito con tutto il rispetto e il riconoscimento dovuto, egli stesso
scrisse una lettera, che non osiamo chiamare una lettera di ringraziamento,
sebbene venisse da un monarca che si era abituato da tempo a essere
umano. Tutto ciò è stampato nella storia del 1720, e tutto quanto è glorioso
per l’Accademia non lo ripeteremo. Regolarmente ogni anno gli si inviò il
volume che gli era dovuto come accademico ed egli lo riceveva con piacere.
Le scienze in favore delle quali egli si abbassava al rango di privato cittadino
dovettero elevarlo, come ricompensa, al rango di Augusto e di Carlo Magno,
che anche loro ne ebbero familiarità.
Per portare la potenza di uno Stato tanto lontano dov’è possibile andare,
bisognava che il maestro studiasse il proprio Paese quasi come un geografo
e un fisico, che conoscesse perfettamente tutte le risorse naturali e che
avesse l’arte di farle rispettare. Lo zar lavorò senza posa per acquisire
quella conoscenza e praticare quell’arte. Non si confidava con i ministri,
poco abituati a ricercare con attenzione il bene pubblico, non credeva che ai
propri occhi e per imparare da sé compiva, senza sentir fatica, viaggi di tre
o quattrocento leghe46. Si faceva accompagnare solamente da tre o quattro
persone, e con quella intrepidezza appena sufficiente a scongiurare i
pericoli. Così lo zar possedette esattamente la mappa del suo vasto impero,
e concepì, senza timore di sbagliarsi, i grandi progetti che poteva ideare,
dalla situazione in generale fin ai dettagli specifici.
Dato che tutti i meridiani si riuniscono al polo in un solo punto, Francesi e
Cinesi, per esempio, si troverebbero prossimi al Nord se i loro regni si
estendessero molto avanti in quella direzione. Allo stesso modo, la
situazione settentrionale dell’impero moscovita, unita alla sua grande
ampiezza, fa sì che le sue parti meridionali tocchino le regioni settentrionali
di vasti Stati lontani gli uni dagli altri verso mezzogiorno. È il vicino di una
gran parte dell’Europa e di tutta l’Asia; ha anche lunghi fiumi che sfociano in
mari diversi: la Dvina nel mar Bianco, parte dell’Oceano47; il Don nel mar
Nero, parte del Mediterraneo; il Volga nel mar Caspio. Lo zar comprese che
43 Si ricorda che il presente scritto è un lungo necrologio interno all’Accademia.
44 Jean-Paul Bignon (1662-1743) era membro onorario dell’Accademia delle Scienze dal
1699. Fu il fondatore della Accademia delle Iscrizioni e medaglie e della Biblioteca reale
parigina.
45 Robert Areskin (1674?-1719) fu il medico chirurgo di Pietro il Grande che, nel 1714, lo
nominò anche presidente del Dipartimento farmaceutico di San Pietroburgo.
46 Dovrebbe trattarsi della lega francese che, secondo le varianti, era compresa tra 3,8 e 4,4
km, tuttavia non concorda con l’indicazione data in seguito da Fontenelle («possedette
esattamente la mappa del suo vasto impero»), perché, per esempio, tre-quattrocento
leghe non coprirebbero la distanza tra San Pietroburgo e Azov sul mar Caspio.
47 Mar Glaciale Artico.
12
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
tali fiumi, fino ad allora quasi inutilizzati, gli avrebbero portato direttamente
quanto è separato se li avesse fatti comunicare tra loro, attraverso gli
affluenti o i canali che disegnava. Intraprese queste grandi opere, fece fare
tutti i livellamenti necessari, scelse lui stesso i luoghi in cui i canali
avrebbero dovuto essere scavati e regolamentò il numero delle chiuse.
La congiunzione tra il fiume di Volkoua, che passa a Pietroburgo, e il
Volga è ormai finito48 e via acqua si attraversa tutta la Russia lungo un
percorso di più di ottocento leghe, da Pietroburgo al mar Caspio o in Persia.
Lo zar inviò all’Accademia i piani di quell’importante collegamento, dove
aveva partecipato come un ingegnere: forse voleva fare le prove da
accademico.
C’è ancora un altro canale finito che unisce il Don con il Volga, ma i Turchi
hanno riconquistato la città di Azov, situata alla foce del Don, e la grande
utilità di questo canale è in attesa di una nuova conquista russa.
Verso Oriente il dominio dello zar è all’interno di un’area di oltre
millecinquecento leghe, fino ai confini della Cina e nelle vicinanze dei mari
del Giappone. Le carovane moscovite che andavano a trafficare in Cina ci
mettevano un anno intero per il viaggio. In quell’area c’era ampia materia
per esercitare un genio come il suo, perché quel lungo cammino poteva
essere ridotto e facilitato, sia attraverso la comunicazione tra fiumi, sia con
altre opere, sia mediante trattati con i principi tatari per far sì che cedessero
il passaggio nei loro Paesi. Il viaggio avrebbe potuto ridursi a soli quattro
mesi. Secondo il suo progetto, tutto doveva arrivare a Pietroburgo, che per
la posizione sarebbe diventato un magazzino del mondo. Questa città, alla
quale aveva dato i natali e il proprio nome, era per lui ciò che Alessandria
era stata per Alessandro suo fondatore, la quale all’epoca aveva cambiato il
volto del commercio e diventò la capitale al posto di Tiro. Allo stesso modo,
Pietroburgo, felicemente posizionata come Alessandria, avrebbe cambiato le
vie mercantili e sarebbe diventata il centro di una delle più grandi imprese
dell’universo.
Lo zar portò le sue idee ancora più lontano. Volle sapere quale fosse la
sua situazione rispetto all’America, se essa voleva la Tataria o se il mare del
Settentrione avesse un passaggio in quel gran continente, così da aprire un
altro nuovo mondo. Due navi partirono da Archangel’sk per questa scoperta,
finora impossibile, ma l’una fu fermata dal ghiaccio, dell’altra non ci sono
notizie e a quanto pare sono morti. All’inizio di quest’anno, egli ordinò di
nuovo a un abile capitano di marina di costruire altre due navi per lo stesso
scopo49. Era in queste imprese che l’ostinazione del suo coraggio si
48 “Volkoua” è il Volchov, che però non passa da Pietroburgo ma nasce dal lago Il’men’ e
sfocia nel Lago Ladoga. Il percorso fluviale ideato da Pietro il Grande era Neva-VolchovMsta-Tverca-Volga (presso Tver’), che traeva ispirazione dall’antica rotta commerciale
detta “dai Varjaghi ai Greci”, e realizzato nel 1703-1709. In seguito, il collegamento fu più
volte perfezionato – deviando il canale e costruendo chiuse – per consentire il passaggio
delle grandi navi.
49 Nel 1648 l’esploratore russo Semën Ivanovič Dežnëv (1605?-1672) fu il primo a
circumnavigare la penisola della Čukotka ma senza intuire una possibile comunicazione
13
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
trasmetteva in coloro che impiegava.
La rivoluzione, arrivata in Persia con la rivolta di Mahmud50, attirò da
quella parte le armi dello zar51. Pietro si impadronì della città di Derbent,
sulla costa occidentale del mar Caspio, e tutto ciò che gli conveniva per il
progetto di estensione del commercio moscovita, fece eseguire il rilievo di
quel mare, e, grazie a quell’accademico conquistatore, abbiamo finalmente
conosciuto la sua vera forma, molto diversa da quella comunemente data52.
L’Accademia ha ricevuto dallo stesso zar la nuova mappa del mar Caspio.
La Moscovia aveva molte miniere, ma erano o sconosciute o trascurate
per l’antica pigrizia e lo scoraggiamento generale della nazione. Non era
possibile che esse sfuggissero alla viva attenzione che il sovrano aveva su
tutto e, infatti, fece arrivare dalla Germania delle persone specializzate nella
scienza dei metalli e mise in valore tutti quei tesori. Si trovò della polvere
d’oro sulle rive del Mar Caspio e nelle profondità della Siberia: si dice che
una libbra di polvere renda quattordici once di oro puro53. Anche il ferro,
molto più necessario dell’oro, divenne comune in Moscovia e con esso tutte
le arti che lo lavorano o lo utilizzano.
Non si può che accennare alle diverse istituzioni, e solamente alle
principali, che la Moscovia deve allo zar Pietro.
- Una fanteria di centomila uomini, la più preparata e agguerrita in
Europa, di cui un numero abbastanza grande di ufficiali è già moscovita. Si
conviene che la cavalleria non è altrettanto brava per la mancanza di buoni
cavalli.
- Una flotta di quaranta navi di linea e duecento galere.
- Fortificazioni, secondo le ultime regole, in tutti i posti meritevoli.
- Un’eccellente polizia nelle grandi città, che in precedenza erano più
pericolose di notte dei boschi più bui.
- Un’accademia di marina e di navigazione, in cui tutte le famiglie nobili
sono obbligate a mandare qualcuno dei loro figli.
- Collegi a Mosca, Pietroburgo e Kiev, per le lingue, le belle lettere e la
matematica; delle piccole scuole nei villaggi dove i bambini dei contadini
imparano a leggere e scrivere.
- Un collegio di medicina e una bella farmacia pubblica a Mosca, che
fornisce rimedi alle grandi città e all’esercito. Fino ad allora, in tutto
l’impero, c’erano medici solo per lo zar e non esisteva una farmacia.
- Lezioni pubbliche di anatomia, il cui solo nome era sconosciuto, con
con l’America. Nel 1714 fu stabilito un traffico marittimo tra la Kamčatka e il mare di
Ochotsk e da allora e da quella zona partirono diverse spedizioni esplorative. Fu solo nel
1728 – quindi dopo la morte di Pietro il Grande e lo scritto di Fontenelle – che Vitus
Bering (1681-1741) scoprì il mare e lo stretto che presero il suo nome.
50 Shah Mahmud Hotaki (1697-1725), sovrano afghano della dinastia Hotaki che rovesciò la
dinastia safavide e diventò re di Persia nel 1722.
51 Nel 1721-1724.
52 Lo si riteneva esteso orizzontalmente anziché verticalmente.
53 Prima del 1795, in Francia, era usata la libbra di Parigi, corrispondente 489,5 grammi, che
era divisa in 16 once (30,4 g ciascuna).
14
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
l’occorrente per renderle eccellenti, come l’archivio del famoso Ruysch,
acquistato dallo zar, dove sono raccolti tante dissezioni così fini, istruttive e
rare54.
- Un osservatorio, dove gli astronomi non si occupano solamente di
studiare il cielo, ma vi sono racchiuse tutte le curiosità di storia naturale,
che sicuramente daranno luogo a lunghe e ingegnose ricerche fisiche.
- Un giardino di piante, che i botanici, da lui chiamati, stanno
raccogliendo nell’Europa conosciuta e nel suo Nord sconosciuto, in Asia, in
Persia e in Cina.
- Tipografie, per le quali egli cambiò gli antichi caratteri troppo barbari e
quasi indecifrabili, a causa delle frequenti abbreviazioni55. D’altronde, libri
così difficili erano più rari di alcune mercanzie straniere.
- Interpreti per tutte le lingue degli Stati di Europa e in numero maggiore
per il latino, il greco, il turco, il calmucco, il mongolo e il cinese, che danno
l’idea della grande estensione dell’impero e forse ne presagiscono una
maggiore.
- Una biblioteca reale, costituita da tre importanti biblioteche che aveva
acquistato in Inghilterra, in Holstein e in Germania.
Alla sua opera, dopo aver dato fondamenta solide e necessarie, aggiunse
ciò che era gioiello e ornamento. Cambiò l’antica architettura grossolana e
senza forma, o meglio fece nascere lui l’architettura. Sorsero in gran
numero case regolari e comode, alcuni palazzi, edifici pubblici e,
soprattutto, un ammiragliato che non fu realizzato né superbo né magnifico
perché non è un edificio destinato alla mera ostentazione della
magnificenza56. Fece arrivare dall’Italia e dalla Francia molti quadri, che
insegnarono cos’è la pittura alle persone che la conoscevano soltanto
attraverso le brutte rappresentazioni dei loro santi57. Inviò a Genova e a
Livorno alcune navi cariche di mercanzie, che gli ritornarono con marmi e
statue; papa Clemente XI, colpito dal suo gusto, gli donò un’antichità che
fece arrivare a Pietroburgo via terra, per paura dei rischi via mare. Allestì
anche un gabinetto di medaglie, curiosità non antica in quel paese. Lo zar
ebbe il vantaggio di avere tutto nello stato in cui era stato messo dalle
nazioni più dotte e civili, cosicché gli fu risparmiata la lentezza dei progresso
che esse dovettero subire per civilizzarsi, ma esse vedranno ben presto la
nazione russa raggiungere il loro livello, arrivandovi anche più
gloriosamente perché partita da più lontano.
54 Frederik Ruysch (1638-1731) conobbe Pietro I nel 1697 e gli vendette, nel 1717, l’intero
suo archivio di preparati anatomici per 30.000 fiorini che arrivò, caricato su due navi, a
Pietroburgo l’anno successivo. La fama di Ruysch, oltre che ai cataloghi botanici e
anatomici, è dovuta alla sua tecnica di imbalsamazione, per la quale usava un liquido a
base di alcol iniettato nelle arterie.
55 Nel 1710, promulgando l’alfabeto civile, Pietro il Grande eliminò le sopravvivenze grafiche
delle vocali nasali e semplificò la forma di alcune lettere, rendendole più simili a quelle
dell’alfabeto latino.
56 L’ammiragliato attuale, con la guglia dorata, è stato eretto nel 1806-1823.
57 Le icone dipinte con tempera all’uovo su tavole di legno.
15
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
Le vedute dello zar abbracciarono un po’ tutto, per esempio gli saltò in
mente di far viaggiare le signorine moscovite nelle principali città della
Germania, affinché imparassero l’educazione e le buone maniere e non
sfigurassero per la loro privazione. Aveva anche visto come l’arte dei
piaceri58 aiutasse la natura a rendere le persone più amabili e anche a farne
senza, ma gli svantaggi di quei viaggi si presentarono subito, perciò dovette
rinunciare e aspettare che gli uomini, diventati civili, fossero in grado di
addolcire le donne: esse sorpassarono presto i loro maestri.
Il cambiamento generale comprese anche la religione, che a malapena
poteva considerarsi cristiana. I Moscoviti osservavano molte quaresime,
come tutti i Greci, e quei digiuni, essendo osservati molto strettamente,
presero il posto di tutto. Il culto dei santi era degenerato in una vergognosa
superstizione; ognuno aveva il proprio in casa per avere una protezione
speciale, e si prestava all’amico il santo domestico col quale ci si era trovati
bene; i miracoli non dipendevano che dalla volontà e dall’avarizia dei preti. I
ministri, che non sapevano nulla, non insegnavano nulla al popolo, e la
corruzione dei costumi, che nonostante l’istruzione può persistere fino a un
certo punto, era infinitamente favorita e aumentata dall’ignoranza. Lo zar
osò intraprendere la riforma di così tanti abusi, la sua stessa politica ne era
interessata. I digiuni, per esempio, così frequenti e rigorosi, disturbavano
molto le truppe, rendendole incapaci di agire. I loro predecessori si erano
sottratti all’obbedienza del patriarca di Costantinopoli e se ne erano fatti uno
apposito: egli abolì questa dignità, sebbene assai dipendente da lui, e così si
trovò padrone della Chiesa59. Fece diversi regolamenti ecclesiastici saggi e
utili, e che non sempre si tenevano per mano con l’esecuzione 60. Oggi si
predica in moscovita in Pietroburgo: questo nuovo prodigio sopperirà qui
per gli altri. Lo zar osò ancora di più: ridusse alle chiese o ai monasteri
troppo ricchi l’eccesso dei loro beni e lo confiscò per il regno. Non si sarebbe
lodata che la sua politica, e non il suo zelo per la religione, anche se la
religione ben ripulita poteva consolarsi di quei tagli. Egli stabilì anche piena
libertà di coscienza nel suo Stato, articolo di cui il pro e il contro possono
essere sostenuti in generale sia dalla politica che dalla religione.
Aveva solo cinquantadue anni quando morì, il 28 gennaio 1725, per una
ritenzione di urina, causata da un ascesso al collo della vescica. Soffrì
fortissimi dolori per dodici giorni ma non si mise a letto che gli ultimi tre.
Lasciò la vita con tutto il coraggio di un eroe e tutta la pietà di un cristiano.
Come aveva deciso con un editto, tre anni prima, in quanto padrone di
disporre della sua successione61, lasciò tutto alla zarina vedova, che fu
58 Piaceri sociali, tipo i ricevimenti.
59 Dopo la morte del patriarca Adrian (1700), la sede rimase vacante fino al 1721 quando lo
zar decretò la sostituzione del patriarcato con il “Santo Sinodo”, composto di dodici
membri, per l’amministrazione degli affari della Chiesa. Pietro non assunse alcuna
funzione, limitandosi a eleggere un procuratore capo come suo rappresentante.
60 Pietro I pubblicò il “Regolamento spirituale” – probabilmente scritto dal teologo ucraino
Feofan Prokopovič, arcivescovo di Pskov – che diventò la base per ogni attività religiosa.
61 Fu perché non aveva figli maschi viventi che, nel 1722, lo zar promulgò la legge che gli
16
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
riconosciuta da tutti gli ordini dello Stato sovrana imperatrice di Russia 62.
Egli aveva sempre avuto per lei una forte passione, che ella aveva meritato
per l’intelligente capacità di entrare in tutti gli obiettivi e di sostenerli, con
un coraggio quasi uguale a quello dello zar, e per l’animo buono che non
domandava che di conoscere gli sfortunati per soccorrerli.
Il dominio dell’imperatrice Caterina è ancora solido63 con lo stesso
profondo rispetto che tutti i sudditi avevano avuto per lo zar. Essi hanno
onorato la sua morte con lacrime sincere; tutta la sua gloria era stata loro
utile. Se Augusto si vantava di aver trovato Roma di mattoni e di averla
lasciata di marmo64, si vede bene che, a tal proposito, l’imperatore romano
fu inferiore a quello di Russia. Si sono appena coniate delle medaglie su cui
lo si è chiamato Pietro il Grande e senza dubbio il nome di Grande gli sarà
confermato dal consenso degli stranieri, necessario per ratificare i titoli
d’onore conferiti dai sudditi al loro padrone.
Il suo carattere è ben conosciuto per tutto ciò che è stato detto; non si
possono aggiungere che alcune caratteristiche notevoli. Egli si sentiva
indegno di tutto lo sfarzo e lo splendore che circondava la propria persona e
lasciò al principe Menšikov rappresentare la grandezza del sovrano
attraverso la magnificenza del favorito65. L’aveva incaricato dell’esterno
brillante, per riservarsi le funzioni laboriose e queste le spinse a tal punto
che andava lui stesso a spegnere gli incendi, che sono molto comuni in
Moscovia e fanno molti danni perché le case sono ordinariamente di legno.
Aveva creato un corpo di ufficiali obbligato a prestare soccorso ed egli
stesso aveva assunto una carica cosicché, per dare il buon esempio, saliva
in cima alle case in fiamme, qualunque fosse il rischio; e ciò che noi
ammiriamo in un ufficiale subalterno era praticata dall’imperatore. È per
questo che oggi gli incendi sono molto più rapidamente estinti.
Noi dobbiamo sempre ricordare di non prendere come regola i giudizi che
noi diamo su usanze, per così dire, delicate e addolcite come le nostre
perché essi condannerebbero troppo in fretta le maniere più forti e vigorose.
Lo zar non era esente da quella certa durezza naturale tipica della nazione,
e a quella non rimediò l’autorità assoluta. Si era corretto negli eccessi del
vino, molto comune in Moscovia, le cui conseguenze possono essere terribili
in chi non vi resiste mai. La zarina sapeva prenderlo, si opponeva alle sue
esplosioni di collera, ammorbidiva la sua severità e godeva della rara
fortuna del potere dell’amore su di lui: questo pericoloso potere, che ha
disonorato tanti grandi uomini, ella lo impiegava soltanto per render più
grande suo marito. Pietro pubblicò, con tutte le parti originali, la triste storia
dava il privilegio di scegliere il proprio successore,
62 Caterina I (1683-1727) fu nominata “zarina” da Pietro nel 1724 e da quel momento fu
ufficialmente associata al governo della Russia.
63 Lo scritto di Fontenelle precede di due anni la morte di Caterina I.
64 Dalle Epistole dell’imperatore romano Augusto (64 a.C.-14): «Ho trovato una città di
mattoni, ve la restituisco di marmo». La frase fu riportata anche dallo scrittore romano
Svetonio (70-126) in De vita Caesarum (Vite dei Cesari).
65 Per Menšikov, cfr. nota 30.
17
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
del principe Alessio, suo figlio, e la fiducia con cui fece l’universo giudice
della sua condotta dimostra sufficientemente che egli non si rimproverava
nulla I luminosi tratti di clemenza che ebbe nei confronti di persone meno
care e meno importanti mostrano anche che la sua severità verso il figlio
dovette essere necessaria66.
Sapeva perfettamente onorare il merito, che era l’unico modo per farlo
nascere nei suoi domini e moltiplicarlo. Non si accontentava di concedere
benefici, di elargire pensioni o favori indispensabili e assolutamente dovuti
secondo i piani che aveva formato, ma trovò altri modi per manifestare una
considerazione più lusinghiera verso alcune persone e qualche volta la mise
in evidenza anche dopo la loro morte. Per esempio, organizzò un funerale
magnifico ad Areskin, suo medico personale67, e vi assistette portando una
torcia accesa in mano; fece lo stesso onore a due inglesi, un
contrammiraglio della sua flotta e un interprete di lingue.
Abbiamo detto nel 1716, a pagina 13468, che, avendo consultato sui suoi
grandi disegni, aveva riservato un titolo di onore e una pensione
considerevole all’illustre Leibnitz, al quale sarebbe bastato l’onore di essere
consultato69. Lo zar compose lui stesso alcuni trattati navali, cosicché il suo
nome fu aggiunto alla lista dei pochi sovrani che scrissero.
Egli si divertiva a lavorare al tornio; inviò sue opere all’imperatore della
Cina, ed ebbe la bontà di donarne una a d’Ons en bray70, di cui giudicava il
gabinetto degno di un così grande ornamento. Nei divertimenti cui
partecipava con la corte, che ci sono stati esposti in alcune relazioni, si
possono trovare delle reminiscenze dell’antica Moscovia, ma gli servivano
per rilassare la mente, e non aveva tempo di dedicarsi ad affinare i piaceri,
arte, questa, che per altri viene prima di tutto.
Essendo stata la sua vita piuttosto breve, i suoi progetti, che
necessitavano di un lungo periodo stabile e duraturo per l’esecuzione,
sarebbero morti fin quasi alla nascita, facendo ricadere il Paese nell’antico
caos, se l’imperatrice Caterina non fosse succeduta alla corona. Pienamente
informata di tutti gli obiettivi di Pietro il Grande, ella ne ha preso il filo e li
porta avanti: è sempre lui che agisce tramite lei.
Morendo, egli si era particolarmente raccomandato di proteggere gli
stranieri e di attirarli in Russia. Delisle, astronomo di questa Accademia,
66 Lo zarevič Aleksej Petrovič Romanov (1690-1718), figlio di Pietro e della prima moglie
Evdokija Lopuchina, fu accusato di tradimento dallo zar che rimise al Senato la sentenza.
Alessio morì in prigione due giorni dopo la condanna a morte, ma non si conoscono le
circostanze. Le supposizioni spaziano dall’avvelenamento alle conseguenze delle torture,
all’infarto…
67 Per Areskin, cfr. nota 45.
68 In Des histoires de l’Académie (Storie dell’Accademia).
69 Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716), matematico, scienziato, storico e diplomatico
tedesco. Nel suo cospicuo epistolario risulta che fu anche consigliere personale dello zar.
70 Sull’originale è Onsembray, ma è un refuso. Pajeau Louis-Léon conte di Ons en Bray
(1678-1754) diventò membro onorario dell’Accademia delle Scienze di Parigi nel 1716 e fu
autore di opere di meccanica e fisica. Lui e suo padre erano anche collezionisti di stampe
e incisori loro stessi.
18
1
associazione culturale Larici – http://www.larici.it
partì per Pietroburgo e assurse alle grazie dell’imperatrice71. Nicolaus e
Daniel Bernoulli, figlio di Jean, il cui nome sarà immortale tra i matematici,
l’hanno preceduto di pochi mesi72 e a loro volta sono stati preceduti dal
celebre Hermann73, del quale abbiamo delle splendide opere. Che colonia
per Pietroburgo! La sublime geometria dell’infinitamente piccolo penetrerà
con questi grandi matematici in un Paese dove venticinque anni fa gli
elementi di Euclide erano assolutamente sconosciuti.
Non parleremo di altri membri dell’Accademia di Pietroburgo, essi si
faranno conoscere abbastanza, stimolati e favoriti come saranno
dall’autorità sovrana. La Danimarca ebbe una regina che fu soprannominata
la Semiramide del Nord; bisognerà che la Moscovia trovi un qualche nome
altrettanto glorioso per la sua imperatrice.
71 Joseph-Nicolas Delisle (1688-1768) fu chiamato a San Pietroburgo nel 1725 da Caterina I
per creare e dirigere una scuola di astronomia all’Accademia Russa delle Scienze e ritornò
a Parigi nel 1747.
72 I Bernoulli, svizzeri ma di origine belga, erano una famiglia di matematici e fisici. Tra essi,
Daniel insegnò matematica a San Pietroburgo dal 1724 al 1733 e in un’opera spiegò il
cosiddetto “paradosso di San Pietroburgo” ideato dal cugino Nikolaus.
73 Jakob Hermann (1678-1733), matematico svizzero, fu chiamato nel 1724 dallo zar per
insegnare all’università di San Pietroburgo.
19
1