Lumi e sentimento - Liceo Galileo Galilei

Due secoli, “l’un contro l’altro armati”
Confronto fra Illuminismo e Romanticismo
Così Manzoni, nel “Cinque Maggio”, definì il Settecento illuministico e l’Ottocento romantico, ma come più
volte abbiamo ribadito, il procedimento didattico in base al quale si procede storicamente per “blocchi
contrapposti” costituisce una semplificazione, volta ad aiutare l’apprendimento, ma è del tutto fuorviante, in
quanto nei fenomeni più intrinsecamente “umani”, quali le arti figurative, la letteratura, la filosofia, ecc…
insomma la Cultura, i passaggi da un “movimento” ad un altro, da una “corrente” ad un’altra, sono graduali,
involuti, sfaccettati, non alieni da ripensamenti ed eterni ritorni e rivisitazioni.
A tal proposito, anche percepire l’Illuminismo come nettamente contrapposto al Romanticismo è
un’operazione arbitraria, effettuata al solo scopo di fornire un quadro generale di riferimenti, che andranno
poi declinati attraverso le opportune specificazioni, relative al singolo Autore, o al Paese.
Partiamo con una tabella:
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Illuminismo
Strumento di indagine: i Lumi della Ragione
Antistoricismo: la Storia “a intermittenza”
Cosmopolitismo: l’uomo è cittadino del Mondo
I “Filosofi” e la “massa”
Sensismo e Meccanicismo: la Natura come un
“oriuolo” (= orologio)
Scetticismo o rifiuto nei cfr della Religione
Romanticismo
Strumento di indagine: emozioni, fantasia,
sentimento
Storicismo: la Storia come flusso continuo
Sentimento di Patria/Nazione
Il “Popolo”
La Natura come Mistero insondabile (o
accogliente o “orrido”)
Recupero di uno Spiritualismo/Cristianesimo
Analizziamo i punti, senza pretendere una trattazione esaustiva, ma cogliendo i riferimenti che avremo
occasione di trattare nel corso dello studio dell’Ottocento.
1. Strumento di indagine:
E’ ben noto che l’Illuminismo trae la sua “etichetta” dai cosiddetti “Lumi” della Ragione, che scacciano le
tenebre dell’ignoranza, pertanto lo strumento impiegato dagli intellettuali illuministi per indagare la realtà è
proprio la Ragione. D’altro canto, tuttavia, la Ragione non esaurisce tutte le istanze dell’uomo e a volte
addirittura la sua rigorosa applicazione finisce per generare rigidità ed eccessi: la fine della Rivoluzione
francese, conclusasi con il Terrore e la ghigliottina, nonché con il ritorno di un regime assolutista ne è una
dimostrazione. Si fa strada, quindi, l’idea che la componente emozionale dell’essere umano sia
l’indispensabile completamento dell’individuo e - più avanti - che istinto, fantasia, sentimento riescano a
produrre risultati anche migliori per cogliere i significati profondi dell’esistenza.
2. Antistoricismo/Storicismo:
La convinzione forte che la Ragione sia l’unico strumento di progresso per l’umanità si riversa anche sulla
concezione del divenire storico. A grandi linee, gli Illuministi sono convinti del fatto che solo nei periodi storici
in cui l’equilibrio e il rigore sono stati i cardini della società ci sia stato vero progresso (ad esempio
Umanesimo e Rinascimento), mentre nei periodi in cui i riferimenti prevalenti sono stati la spiritualità (es.
Medioevo) o l’irrazionalità (es. Barocco) il progresso abbia subìto una battuta d’arresto (antistoricismo). Al
contrario, il Romanticismo non esclude alcuna fase storica, ritenendo che ciascun essere umano – e
comunità umana – siano il frutto ultimo di un processo continuo, che ha fatto sedimentare progressivamente
aspetti che fanno parte integrante e “fondante” della dimensione attuale (storicismo).
L’esempio più classico di questa controversia è proprio il Medioevo: considerato dagli Illuministi come
un’epoca di oscurantismo, caratterizzata da ignoranza, superstizione, fideismo, viene invece rivalutato nel
Romanticismo, come momento “poetico” degli ideali cavallereschi, delle mirabili cattedrali gotiche, della
fondazione dei moderni Stati nazionali.
Caso vuole – peraltro – che entrambi questi approcci trovino una loro continuità nel mondo contemporaneo:
accusare qualcuno di conservare una “mentalità medievale” non vuol dire certo fargli un complimento, ma –
d’altro canto – l’immaginario fiabesco e cinematografico del genere “fantasy” attinge a piene mani da un
Medioevo rivisitato in chiave prettamente “romantica”…
3. Cosmopolitismo e identità nazionale:
Questa contrapposizione deriva immediatamente dalle precedenti: la Ragione, che distingue l’uomo dagli
animali e lo conduce ad operare quelle scelte di adattamento alle condizioni di vita che l’ambiente gli offre,
accomuna tutti gli uomini in una sorta di “fratellanza” e fa sì che ogni uomo si senta a casa sua ovunque,
sotto qualunque cielo, ad ogni latitudine, sia – insomma – “cittadino del mondo”. Viceversa, per i
Romantici, l’identità del singolo, così come si è venuta a formare attraverso la sua storia personale e
familiare, non può prescindere dalle vicissitudini che hanno accompagnato il Paese di nascita, la lingua
materna, gli usi e costumi, il paesaggio, ecc… Da quest’idea deriva il forte attaccamento alla Patria di cui ci
si sente “figli”, soprattutto in quei paesi, come Germania e Italia, in cui l’unità nazionale era ancora una
conquista, che si verrà progressivamente costruendo nel corso di tutto l’Ottocento.
Tale ricerca di peculiarità si riverbera anche sul piano culturale, attraverso l’attenzione rivolta ad aspetti in un
certo senso “folkloristici”, quali l’impiego e la valorizzazione dei dialetti (i poeti Carlo Porta, che scrive in
milanese, e G. Gioachino Belli, che scrive in romanesco) e la raccolta di leggende e miti, a volte anche precristiani, (ad esempio le famosissime fiabe dei fratelli Grimm), in cui compaiono entità magiche, come
streghe, gnomi, folletti, draghi…
4. “Filosofi”, massa, popolo:
Fino al XVIII secolo non si era mai diffusa e affermata l’idea che una fascia sempre più vasta di popolazione
(potenzialmente illimitata) potesse accedere alla cultura, pertanto solo una percentuale ridottissima di
persone si dedicava agli studi e conseguentemente ad attività intellettuali. Nel corso del ‘700 per la prima
volta i Filosofi Illuministi riconoscono non solo che la Ragione, da tutti posseduta, è un requisito che
consente idealmente a chiunque di appropriarsi della cultura, ma anche che tale accrescimento culturale è
indispensabile patrimonio di “cittadinanza”, al punto che se inizialmente solo i “Filosofi” sono in grado di
consigliare i regnanti sulle attività di Buon Governo, progressivamente un sempre più significativo numero di
cittadini, purché dotati di opportune conoscenze, potrà dare il proprio contributo alla collettività (al limite
anche attraverso il diritto di voto). Da qui trae forza e significato l’opera “simbolo” dell’Illuminismo, vale a dire
l’Encyclopédie, un vero e proprio successo editoriale che, accanto alla nascita dei primi “giornali”, contribuì
ad elevare il livello culturale, almeno della Borghesia.
Va da sé che in un secolo nel quale le distinzioni sociali erano ancora molto nette – benché in declino – gli
Illuministi conservano un atteggiamento di sufficienza, se non di disprezzo, nei confronti di quell’umanità
ignorante e rozza che ancora non si era “elevata” dal proprio “stato di natura” mediante l’acculturazione, e le
prime manifestazioni di massa (pensiamo alla Rivoluzione francese, ad esempio) non fecero che
confermare questa impressione, consolidando una percezione negativa, analoga a quella che si leggeva
negli autori del Rinascimento (Guicciardini: chi disse uno “popolo” disse veramente uno animale pazzo… e
Machiavelli: la natura dei populi è varia; ed è facile a persuadere loro una cosa, ma è difficile fermarli in
quella persuasione).
Tale impressione rimane viva, pur se in modo attenuato, anche nel Romanticismo e a tal proposito non
possiamo dimenticare le pagine dedicate da Alessandro Manzoni al comportamento della folla durante i
tumulti di Milano e il famoso episodio dell’assalto al Forno delle Grucce. A poco a poco, tuttavia, nel
Romanticismo si fa strada il concetto di “popolo”, soprattutto – come detto – in quei paesi in cui non era
ancora stata conseguita l’unità nazionale e proprio in Manzoni cogliamo questo passaggio, attraverso
l’attenzione agli Umili, i quali, pur se ignoranti, sono spesso depositari di una saggezza antica e di buoni
sentimenti, quali la solidarietà, la carità, ecc.. Anche nella “Lettera semiseria…” del Berchet, annoverata tra i
“manifesti” del Romanticismo, si fa strada il concetto di “popolo” (dopo che sono stati esclusi gli “Ottentotti” e
i “Parigini”) che viene identificato con tutti quegli individui che sanno “provare emozioni” ovvero detengono
una “tendenza poetica passiva”.
5. La Natura come Macchina, la Natura come Mistero:
Abbiamo osservato come, a partire dall’Umanesimo (tralasciando, ovviamente, il mondo antico), la Natura
sia diventata protagonista nell’arte, oltre che nella Scienza, ma il rapporto Uomo/Natura viene indagato nel
corso del tempo con approcci diversi. L’Illuminismo fa proprio l’approccio empirico del “Sensismo”, in base al
quale solo i fenomeni che ricadono sotto i nostri sensi meritano un’indagine conoscitiva capace di portare
frutti: ecco che la Natura viene percepita come un meraviglioso “meccanismo” - del quale lo stesso essere
umano fa parte – che, per essere studiato, può essere “smontato” (di qui il paragone ricorrente con un
“oriuolo”=orologio): il perenne moto di “costruzione/distruzione”, ovvero “vita/morte”, garantisce la perfetta
funzionalità della Natura, ma anche la sua inesorabilità.
Il Romanticismo, viceversa, percepisce la Natura come Mistero insondabile, in cui il “tutto” non può mai
essere uguale alla semplice “somma delle sue parti”: la mente umana è in grado di cogliere nessi di
causa/effetto, di scandagliare processi (chimici, fisici, meccanici), ma solo attraverso la “sintonia”, “empatia”,
“illuminazione” è veramente possibile cogliere, anche solo per un attimo, la Bellezza della Natura e la sua
valenza di consolazione e conforto. Da qui la propensione del mondo romantico per paesaggi “forti”, nei
quali l’uomo avverta inequivocabilmente la sua fragilità, quali, ad esempio, gli “orridi”, i “notturni”, le
“tempeste”…
6. Scetticismo e Spiritualismo:
Nel corso dell’Illuminismo si manifesta, con diverse sfumature e gradazioni, una presa di distanza dalla
religione, anche a causa del fatto che i contrasti tra Ugonotti e Cattolici avevano prodotto pesanti
lacerazioni sociali nella Francia del secolo precedente. Agli occhi dei Filosofi, la religione si presenta come
uno strumento di oppressione delle coscienze e un pretesto per conflitti che in realtà hanno ben altre origini
e motivazioni: di qui l’importanza della Tolleranza (Voltaire) e lo spazio per forme di culto a-specifiche, come
il Deismo, o per atteggiamenti dissacranti, come ad esempio il Libertinaggio.
Nel corso del Romanticismo, l’Anima dell’artista spesso anela ad una dimensione “divina”, pertanto si
registra un recupero della spiritualità, che a volte si configura come vera e propria “conversione” aperta ad
una religione tradizionale (Manzoni, Chateaubriand), più spesso ambisce a riconoscere nel Poeta o
nell’Artista in genere, una sorta di “sacerdote e profeta della verità, eletto da Dio a rivelare al mondo i suoi
decreti e a guidare l’umanità sulla via dell’infinito perfezionamento: destinato a raccogliere nella sua anima
tutte le voci della vita e a ritrasmetterle amplificate e potenziate a tutti gli altri uomini” (così si esprime il critico
letterario Mario Puppo).
L’altra faccia della spiritualità, vale a dire quella esoterica, alchemica, “demoniaca” è senz’altro presente
nell’immaginario romantico dei Paesi d’Oltralpe, ma – al momento – non trova adepti in Italia: solamente il
movimento della cosiddetta “Scapigliatura milanese”, che si svilupperà negli anni ‘70/’80 (quindi, a rigore,
oltre il periodo romantico) recupererà questi temi, introducendoli anche nell’immaginario italico, con risultati,
al momento, alquanto approssimativi.