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La dialettica del riconoscimento tra religione e democrazia (in un mondo post-secolare)
di Claudio Fiorillo
a) Piano fondativo e piano applicativo
La ricerca è finalizzata alla chiarificazione delle dinamiche del riconoscimento in una dimensione frontaliera
dove religione e democrazia si incontrano in una modernità multiculturale, liquida, post-secolare, di certo
problematica ma non per questo priva di possibilità.
La ricerca muove dall'esigenza di indagare la possibilità e l'utilità (ancora) di un lavoro fondativo da
affiancare a quello applicativo sul tema dell’identità.
Se infatti le scienze sociali negli ultimi decenni si sono ampiamente soffermate sui temi
dell’intersoggettività e della multilateralità dei rapporti umani, sempre problematico è rimasto il problema
del “fondamento” dei discorsi che a partire dall’assunzione di questa pluralità di punti zero si disperdono in
molte direzioni.
Lo stesso tema della comunicazione da più parti invocato come possibile antidoto alla dispersione (ma
fragile come ogni alchimia) richiede una fondazione, come mostrano le opere di Zygmunt Bauman che
disegnano una modernità incerta e liquida in cui la comunicazione pare essere appiglio se non zattera che
tuttavia pare naufragare di fronte a riflessioni come quelle di Sharon Zukin: «no one knows how to talk to
anyone else», nessuno sa come comunicare con gli altri (The Cultures of Cities, 1995, p. 263).
Sul piano fondativo possono essere centrali le riflessioni su ragione, responsabilità e comunicazione (ma
anche il tema della demitizzazione) di Karl Jaspers e le successive derivazioni significative in Hannah Arendt
(cfr. The Human Condition, 1958) e Paul Ricoeur (cfr. Parcours de la reconnaissance, 2004), ma anche le
considerazioni sulla possibilità di una comunità “intermonadica” di Edmund Husserl (Ideen vol.3 e
Cartesianische Meditationen, 1950).
Sul piano applicativo, ma non senza istanze fondative, un riferimento può essere il pensiero di Charles
Taylor (sullo sfondo del dibattito con J. Habermas, A. Honneth et al., e su tematiche più strettamente
religiose con W. James, É. Durkheim e lo stesso R. Girard).
Tema centrale del momento applicativo sarà la riflessione sulla situazione limite della sofferenza, punto
d’incontro delle differenti identità, sperimentata sì “ciascuno a suo modo” ma pur sempre come “limite che
unisce” (cfr. C. FIORILLO, Die einende Grenze. 2008).
b) Difficile identità
La questione centrale è il tema del fondamento della difficile identità autocosciente ed eterocosciente in un
contesto relazionale (dialogico e multiculturale) dove il soggetto occidentale, tendenzialmente ipertrofico,
vede intaccato il proprio imperio.
Non si tratta solo di evidenziare le differenti modalità di approccio al problema (per es. liberalismo vs.
comunitarismo – cfr. dialogo Habermas-Taylor) ma di indagare le possibilità di una fondazione teoretica del
“riconoscimento” a partire da un Ventesimo secolo dominato dalla categoria (sempre teoretica)
dell’incertezza.
Ma per far questo è utile tornare ancora più indietro. Già al suo momento zero, nell'idealismo tedesco, il
soggetto nasconde possibilità oggi attuali per un "riconoscimento" (Anerkennung) che sia terzo tra
alienazione e sincronizzazione (cfr. il termine nazista Gleichschaltung).
Proprio la ripresa del “riconoscimento” fichtiano da parte della Fenomenologia dello spirito di Hegel è oggi
ritenuta momento centrale da cui ripartire per una nuova definizione di spazio pubblico, comunità, diritto.
E tuttavia, in un momento storico in cui democrazia e religione sono entrambe in questione perché vacanza
d'assoluto, la prima, e assoluto che rende difficile ogni riconoscimento (=accettazione, Anerkennung,
appunto, dell’altro), la seconda, appare urgente una riflessione sulla natura non monadologia dell’io
religioso e politico, alla ricerca di nuove categorie (omogenee tanto alla religione quanto alla democrazia)
che consentano sia all’una sia all’altra di lasciare aperto uno spazio per una convivenza al loro interno.
In quest’ottica il tema del riconoscimento, dell’accoglienza (ma anche del “dono”, ché nessun
riconoscimento può mai esser preteso, ma solo offerto) e della “somiglianza” tra uomo e uomo, come tra
divino e umano, ritorna come possibilità aperta per il pensare – se il sé così fondato può essere punto
d’intersezione delle due sfere. Come per esempio in Jaspers, il quale ritiene che questo sé d’intersezione
tra religione e democrazia (assoluto e libertà) sia l’ethos umanitario, sempre da scrivere come un impegno,
sempre fragile come una possibilità, ma sempre presente nel trascorrere del tempo come compito per la
responsabilità.
Altri contributi di C. Fiorillo sul tema
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Il limite che unisce. Dietrich Bonhoeffer e la sofferenza. In: “Rivista di Teologia Morale”, 150 (2006), pp. 259-263.
L’esperienza del tempo come esperienza della separazione in Dietrich Bonhoeffer. In: AA.VV., Filosofie nel tempo, a
cura di G. Penzo e P. Salandini, vol. III tomo 3 “Percorsi monografici”, Spazio Tre, Roma 2007, pp. 575-589
Rischio e responsabilità. Una questione etica tra abilità tecnica ed ethos umanitario. In: AA.VV., Il rischio clinico.
Metodologie e strumenti organizzativi gestionali, a cura di A. Panà e S. Amato, Esseditrice, Roma 2007, pp. 43-60
Die einende Grenze. In: Glauben und Wissen. Zum 125. Geburstag von Karl Jaspers, hrsg. von A. Hugli, C. Chiesa, S.
Wagner in “Studia philosophica” 67 (Schwabe Verlag, Basel 2008), pp. 109-124.
«Cattivo soggetto». Saggio su Faust. Un frammento. In Atti del convegno per il decennale della rivista
Dialegesthai: “Le domande della filosofia” (21 maggio 2009), Aracne, Roma 2010 (in corso di stampa)
Il valore dell’inutile. Figure della fragilità. In AA.VV., Filosofia e spazio pubblico, a cura di U. Perone (in corso di
stampa).
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