la condensazione di bose -einstein - Digilander

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Loγos Rivista scientifico-culturale on line
SEZIONE: Scienza-Teoria dei Quanti
LA CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN
Ricevuto: Luglio 5, 2000
Autore: Francesco Francica
Studente di Fisica,
Università della Calabria,
Italia
Parole chiave:
Bosoni e
Fermioni; Gas di Bose; Onde di
Materia; Stato Coerente; Fase;
Particelle Indistinguibili; Statistica
Quantistica; Condensazione di
Bose-Einstein;
Elio Liquido;
Superfluidità; Raffreddamento e
Intrappolamento d’Atomi.
In Rete: Novembre 20, 2000
Discutiamo la possibilità di
osservare un nuovo stato della
materia che si manifesta alle
proibitive temperature di qualche
0
K. Ciò è reso possibile poiché, a
tali temperature, entra in gioco
un “comportamento quantistico”
della materia non trascurabile.
Gli atomi sono normalmente
considerati come particelle ma,
in accordo con la Teoria dei
Quanti, hanno anche proprietà
tipicamente ondulatorie.Infatti, un
atomo ha una lunghezza d’onda
di de Broglie, inversamente
proporzionale al suo momento,
che cresce al diminuire della
temperatura.
Circa 70 anni fa Bose ed
Einstein predissero che a
temperature
sufficientemente
basse la lunghezza d’onda di de
Broglie diventa maggiore della
distanza inter-atomica ottenendo
così la “sovrapposizione degli
atomi”
che
diventano
indistinguibili.
Si ha uno stato coerente della
materia, Condensato di BoseEinstein (BEC), dove le leggi
della Meccanica Quantistica
governano il comportamento
macroscopico del sistema.
In principio era il Verbo, e il Verbo era
L’Idrogeno …
Harlow Shapley
LA CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN
Nel 1924 il fisico indiano Satyendra Nath Bose inviò ad Albert Einstein un articolo in cui,
trattando i fotoni come un gas di particelle identiche, era riuscito a derivare la legge di
Planck per la radiazione di corpo nero, risolvendo uno dei problemi principali della fisica
d’inizio secolo.
Infatti, la deduzione della legge della radiazione di corpo nero con il metodo di Planck,
anche se ha avuto un brillante successo, non è del tutto soddisfacente poiché poggia ancora
sulle leggi classiche dell’emissione e dell’assorbimento da parte di un oscillatore. In realtà
bisogna minare le basi della statistica classica e fondare una nuova “statistica quantistica”.
In tale direzione si è mosso Bose nel 1924, quindi Einstein nel 1925 applicò tale teoria al
caso di un gas ideale di atomi considerandoli come particelle indistinguibili. Il
procedimento è analogo al caso dei fotoni, l’unica differenza è che in questo caso si
conserva il numero delle particelle.
Inoltre Einstein predisse che, abbassando sufficientemente la temperatura, gli atomi di un
gas bosonico ideale avrebbero occupato un solo “stato quantico” macroscopico,
comportandosi come un’unica entità fisica. Questo comportamento singolare che viene a
creare un nuovo stato di aggregazione della materia, in cui gli atomi perdono la loro
individualità per dare luogo ad un comportamento “coerente”, è chiamato Condensazione di
Bose-Einstein (BEC).
Notiamo che la BEC può avvenire solo quando il numero delle particelle è conservato. Per
esempio, i fotoni non condensano ma possono comparire e scomparire nel vuoto.
Statistica Quantistica di un Gas Ideale
L’ipotesi su cui si basa la nuova statistica è la completa indistinguibilità delle particelle
identiche. Infatti, risulta privo di significato assegnare dei labels alle particelle identiche
poiché lo stato è completamente descritto specificando il numero di particelle che lo
popolano.
2
Ogni particella è descritta assegnando la sua funzione d’onda, mentre un sistema di
particelle, in prima approssimazione, è descritto dal prodotto delle funzioni d’onda delle
singole particelle.
La descrizione dello stato di un siffatto sistema deve avvenire necessariamente con una
funzione d’onda simmetrica o antisimmetrica, non esistendo altre funzioni d’onda che
soddisfano i requisiti dell’indistinguibilità.
Se contiamo gli stati possibili sulla base delle loro funzioni d’onda ci troviamo di fronte a
due statistiche:
-la Statistica di Bose-Einstein nel caso di funzioni simmetriche
-la Statistica di Fermi-Dirac nel caso di funzioni antisimmetriche
Quindi in natura un sistema di N particelle identiche può essere di due tipi, in relazione alle
due statistiche possibili.
In aggiunta ai due sistemi naturali è conveniente definire un sistema di particelle, noto come
sistema di Boltzmann, che non esiste in natura, poiché le particelle sono bosoni o fermioni,
ma è un modello matematico che ad alte temperature descrive bene il comportamento
termodinamico di entrambi i sistemi reali. Già a temperatura ambiente il comportamento di
un gas segue le leggi della meccanica statistica classica di Boltzmann: ogni atomo si
comporta come una particella distinta che segue traiettorie proprie, interagendo con le altre
particelle e con le pareti del contenitore.
Normalmente gli atomi sono considerati come particelle ma, in accordo alla meccanica
quantistica, presentano anche delle proprietà ondulatorie. Infatti, a ciascun atomo
corrisponde un “pacchetto d’onde” con dimensione spaziale dell’ordine della lunghezza
d’onda termica di de Broglie
λ=
h
2πm k T
B
Tale quantità è una misura dello spread della funzione d’onda quantistica degli atomi, così
quando la distanza media tra gli atomi d diventa paragonabile con λ le funzioni d’onda di
atomi adiacenti si sovrappongono ed essi perdono la loro identità. A differenza dei fermioni,
per i quali vale il principio di esclusione di Pauli che li forza a rimanere in stati quantici
diversi, i bosoni tendono ad occupare insieme lo stesso stato quantico. Tale comportamento
è responsabile dell’elevato numero di atomi che si trovano nello stato di minima energia
quando la temperatura è sufficientemente bassa da avere λ ≈ d . A questo punto il gas entra
in una nuova fase, con molti bosoni formanti un singolo stato quantico coerente, dove le
leggi della statistica quantistica governano il comportamento del sistema macroscopico.
Questo è possibile a basse temperature, mentre a temperatura ambiente λ è molto più
3
piccola della distanza media tra gli atomi così le onde di materia sono “incoerenti” ed il gas
è descritto dalla statistica di Boltzmann.
Lo stato coerente della materia nella BEC è descritto da una funzione d’onda macroscopica,
ed è analogo allo stato coerente della luce in un fascio laser. Infatti ad un gas di atomi
ordinario è associata una collezione di “onde di materia” non correlate, come si ha per la
luce ordinaria. Ma nella BEC gli atomi perdono la loro identità essendo descritti da una
singola funzione d’onda e perciò crea una forma di materia coerente, come la luce coerente
di un laser.
La BEC ed il LASER sono entrambi sistemi macroscopici che esibiscono un
comportamento quantistico tipicamente confinato a sistemi microscopici.
Gas Ideale di Bose: Comportamento Termodinamico
La BEC è di solito descritta per un ensemble di N bosoni identici non interagenti, confinati
dentro una scatola di volume V in equilibrio termodinamico alla temperatura T: gas di Bose
diluito.
L’assenza di interazione mutua ci permette di determinare i livelli energetici
En del sistema
determinando i livelli energetici di una singola particella, precisamente ogni autovalore di
energia di un sistema ideale è una somma dell’energia di ogni singola particella. Questa è
data dall’energia cinetica del suo moto traslazionale
2
p
εp =
2m
Bisogna ricordare, comunque, che, ogni volta che è assente un’interazione mutua diretta, la
meccanica quantistica provvede a fornire un peculiare effetto mutuo alle particelle che sono
nello stesso stato quantico, chiamato “effetto di scambio”. Occorre inoltre precisare che gli
stati quantici non vanno confusi con i livelli energetici quantistici; diversi stati differenti
corrispondono ad un dato livello di energia se quest’ultimo è degenere.
Sia n p il numero di particelle che hanno momento p nello stato considerato, n p è detto
numero di occupazione dello stato quantico. Nel caso dei bosoni un dato stato può essere
occupato da un numero qualsiasi di particelle, quindi non ci sono limitazioni sul valore
ammesso per ogni numero di occupazione ed avremo n p = 0,1, 2, 3,K .
Risulta che, per particelle identiche senza spin, lo stato di un sistema ideale è determinato
completamente una volta specificato un set di numeri di occupazione { np }.
4
Infatti, due qualsiasi configurazioni del sistema che differiscono solo per uno scambio di
due o più particelle identiche sono visti come uno stesso stato.
Si può calcolare che il numero di occupazione medio n p per un singolo stato, avente
momento p ed energia εp , di un ensemble di bosoni non interagenti in equilibrio
termodinamico è dato dalla funzione di distribuzione di Bose
np =
1
−1 β εp
z e −1
1
=
e
β ( εp − µ )
−1
dove i parametri z e β sono due moltiplicatori di Lagrange e sono determinati dalle
condizioni
∑ε n
p
p
p
=
∑n = N
E
p
p
il parametro z s’identifica come la fugacità ed è legato al potenziale chimico µ, che è
βµ
l’energia richiesta per aggiungere un’ulteriore particella al sistema, dalla relazione z = e ,
mentre dalla termodinamica risulta che β = 1 .
T
kB
E’ evidente che fisicamente n p deve essere positivo quindi risulta che
ε −µ > 0 ,
p
assumendo inoltre che lo stato fondamentale con p = 0 abbia energia nulla ε = 0 segue che
0
µ < 0 ponendo così la condizione z = e < 1 sui possibili valori che può assumere la
βµ
fugacità z.
Bisogna tener presente che, per un dato valore del momento p, lo stato della particella
dipende ancora dall’orientazione dello spin.
Pertanto per ottenere il numero di particelle in un elemento di volume dpxdpydpzdV
nello spazio delle fasi si deve moltiplicare la funzione di distribuzione di Bose per
g dτ = g
dp dp dp dV
x
y
z
3
h
dove g = 2s+1 è il numero di stati di spin possibili, essendo s lo spin della particella.
Risulta che la legge di distribuzione di Bose-Einstein per gli atomi è
dN =
g dτ
( εp −µ )
ek
5
B
T
−1
Integriamo ora in dV per trovare la distribuzione per le componenti del momento della
particella,inoltre usando le coordinate polari sferiche nello spazio dei momenti ed
integrando su tutti gli angoli, otteniamo
dpx dpy dpz = p senϑ dp dϑdϕ → dNp =
2
g p dp
2
π
2π
V
0
0
0
∫ dϑsenϑ ∫ dϕ ∫ dV=
 ( εp − µ ) 

3
T
h  e kB −1
2
4 π V g p dp
 ( εp − µ ) 
 e k B T −1


3
h
Esprimiamo tale distribuzione in termini di energia, utilizzando la relazione
2
p
εp =
2m
⇒
→
dNε
=
→
p dp = m dε
p dp = 2 m ε m dε
2
4 π V g 2 m ε m dε 4 π V g 2 m 3 ε dε
=
 ( εp − µ ) 

3
k T
h  e B −1

3

( εp − µ )
h e
kB T


−1
Queste formule prendono il posto della distribuzione classica di Maxwell.
Se si ignorano le fluttuazioni del numero di particelle attorno al loro valore medio, si può
utilizzare il risultato
N = ∑ np = ∑
p
p
1
βεp
−1
z e −1
Poiché, per V>>1 , lo spettro degli stati εp di una singola particella del sistema è
approssimabile con un continuo, le sommatorie possono essere riposte con un integrale
∑
→
p
∞
∞
0
0
∫ ρ(ε) dε = ∫ dNε
Quindi il numero totale medio di particelle è dato da
∞
N = ∫ dNε =
0
4 π V g 2 m3
3
h
ε
∞
∫
0
dε
( εp − µ )
ek
B
T
(1)
−1
ε
Riscriviamo questa equazione in termini di una nuova variabile di integrazione x = p
kT
B
6
3
2
N = 4 π g 2 m (k T)
V
h3
3
B
∞
x
∫
0
e
dove λ =

x−


µ
kB T




2 π g (2 π m k T )
dx =
B
π
−1
3
2
h
3
3
2
∞
x
∫ze
−1
0
dx = g 1 g (z)
3
x
−1
λ
3
2
h
2πmk T
B
g3 2(z) = 2
∞
x
∞
dx = ∑ zl
π 0 z 1e x −1
l=1 l
ed abbiamo utilizzato la funzione di Bose
∫
3
−
2
calcolata in letteratura ed il cui andamento per z∈[0, 1] è monotono crescente.
Pertanto, per una data densità e temperatura, dall’equazione precedente possiamo
βµ
determinare implicitamente il potenziale chimico µ del gas, poichè
z = e , risolvendo
l’equazione

g (z ) = N λg = N g1 
V
V 
3
3
2

3
h
2 πm k B
 1

 T

3
2
Come T diminuisce, con la densità fissata, g 32( z ) cresce ed essendo una funzione monotona
crescente per z∈[0, 1] si ha una crescita di z che implica una crescita di µ fino a quando non
raggiunge il suo valore massimo annullandosi, poichè µ<0, ottenendo così z = 1, in
corrispondenza del quale
∞
l
g3 (1) = ∑ 13 = ζ( 3 2) = 2,612
2
l=1
l
2
g (z ) ≤ ζ( 3 2 ) = 2,612
mentre per tutti i valori di z tra 0 e 1 si ha
3
2
La temperatura Tc alla quale z = 1 e corrispondentemente µ = 0 , è detta temperatura
critica per la BEC ed è determinata dall’equazione
3
N = g  2 π m k Tc 
2
V
h


B
2
2
∞
π ∫
0
3
2
x dx = g  2 π m k Tc  g (1)


2
x
e −1
h


B
7
3
2
2
N
Tc =  
V
⇒
3
2
 1

3
 g ζ( /2)
3
2

h

 2πmk
B
Per T < Tc è impossibile soddisfare l’equazione (1) per qualsiasi valore reale di µ. Questa
apparente contraddizione nasce poiché per temperature T < Tc non è legittimo riporre la
somma con l’integrale .
Infatti il processo di approssimazione con uno spettro continuo consiste nel considerare una
densità di stati continua ρ ∝ ε , ciò fa in modo che il peso associato al termine di N
relativo allo stato fondamentale con ε = 0 sia nullo.
0
Questo è chiaramente sbagliato perché in una trattazione quantistica si deve dare un peso
statistico unitario ad ogni stato non-degenere di ogni singola particella del sistema.
Allora bisogna separare il termine con p = 0 , che dà il contributo n0 relativo allo stato
fondamentale, dalla sommatoria
N=n + 1 n =n + 1
p
V V V∑
V V
p≠
0
0
0
In altre parole, per piccoli valori di z si ha z −1 = e
∑
p≠0
1
( εp − µ )
ek
− µ /k B T
B
T
−1
>> 1 ne segue che i termini con i
valori più bassi di εp non contribuiscono molto alla somma, si può così trascurare la
popolazione n 0 dello stato fondamentale ed è legittimo riporre la somma con un integrale.
Quando invece z → 1 si ha z −1 = e
− µ /k
B
T
>> 1 quindi i primi termini discreti nella somma
sono importanti e n 0 diventa macroscopica rispetto all’ordine di una frazione non
trascurabile di N non potendo così essere trascurata e non rendendo lecito il passaggio
all’integrale.
L’espressione esatta di n 0 si ottiene ponendo ε = 0 nel termine in p = 0 della somma
0
n = 11 = z
z − 1 1− z
0
−
Quindi per z→1 possiamo sostituire con buona approssimazione il valore
nell’espressione precedente ottenendo n0 = N − 1 ≈ N .
8
z = 1− 1
N
Un’approssimazione dello spettro continuo più accurata quindi deve essere riferita a tutti gli
stati tranne quello fondamentale. Si ottiene così
∞
N = n0 + g 1 2
dove x1 =
∫ z e −1 dx
λ π
V V
x
x
−1
3
x1
ε1
, ε1 è l’energia del primo livello eccitato. È chiaro che l’integrale non
kB T
cambia se sottraiamo dalla somma un numero finito di termini, quindi possiamo far partire
l’integrale da zero ottenendo la seguente formula generale
N = n0 + g 1 2
3
V
V
λ
∞
π
∫
0
dx = n 0 + g 13 g (z)
V
λ
z e −1
x
−1
3
x
2
Per temperature molto basse, ed in particolare nel caso T<Tc , µ è molto vicino allo zero,
così per gli stati di energia maggiori di ε0 che corrispondono al caso p ≠ 0 possiamo
trascurare µ. Ciò significa assumere z = 1 , pertanto
N = n0 + g
V g (1)
3
λ
3
2
Per definizione di temperatura critica abbiamo visto che si ha
N=g
V
3
λc
g (1)
3
2
da cui segue
g
3
V g (1) = N λc
3
2
dove λc è la lunghezza d’onda termica di de Broglie alla temperatura critica
sostituendo nella per T<Tc
3
 
N = n 0 + N λ3c = n 0 + N  T 
λ
 Tc 
avendo esplicitato la relazione per λ che dipende da
9
−
1
2
T .
3
2
Tc , e
Quindi il numero totale di particelle con energia εp > ε0 sarà
mentre le rimanenti
n 0 = Nε = N
0


 1 −  T

T
  c



3
2
T 
Nε = N  
 Tc 
3
2
p





sono nello stato più basso di energia.
Possiamo pertanto concludere che c’è un numero macroscopico di particelle nello stato
fondamentale con p = 0 :
n 0 ≈ O(N ) . Questo curioso fenomeno dove un numero
macroscopico di bosoni si accumulano in un singolo stato quantico è detto BEC.
Un fenomeno di condensazione familiare a tutti, appartenendo all’esperienza comune, è il
passaggio dallo stato di vapore a liquido che si ha nello spazio fisico ordinario, comunque
tale processo di condensazione è concettualmente differente dalla BEC.
In primo luogo la BEC è un fenomeno puramente quantistico che nasce dall’indistinguibilità
delle particelle bosoniche non interagenti. Infatti calcolando l’azione caratteristica di tale
4
fenomeno nell’isotopo dell’elio He , le cui grandezze caratteristiche sono la massa
m = 6,65⋅10 Kg , la densità ρ = 146 Kg / m3 ,la temperatura di transizione Tλ = 2,19 K
−27
1
3
otteniamo
5
− 1
− 34
3
6

 = 2 k T m ρ ≈ 2 ⋅10 J ⋅ s
A = p ⋅ r = 2 m k T  m
ρ 
B
B
che risulta dell’ordine di h , ciò implica che il fenomeno è di tipo quantistico.
Inoltre la BEC per un gas bosonico diluito in una scatola di volume V all’equilibrio
termodinamico, ha luogo nello spazio dei momenti e non delle coordinate.
Come abbiamo visto precedentemente
g (z ) ≤ g (1) = ζ( 3 2 ) = 2,612
3
3
2
2
come conseguenza
di ciò si ha che per dati valori di V e T, il numero totale di particelle negli stati eccitati con
p≠0 eε >0
p
è limitato
V
N ε ≤ g 3 ζ( 3 2 )
λ
p
Quindi se il numero di particelle N del sistema è maggiore di questo valore limite, è naturale
che gli stati eccitati saranno occupati dal numero massimo di particelle che possono
contenere, che si ha nel caso di uguaglianza nella relazione precedente, mentre le particelle
10
rimanenti si dirigeranno “in massa” nello stato fondamentale con ε =0 ,la cui capacita è
0
praticamente illimitata.
Quindi possiamo assumere come condizione per la comparsa della BEC
V
N >  Nε  = g 3 ζ( 3 2 )
p
λ
max
N 3
  λ > ζ( 3 2 )
V
che può essere messa nella forma
dove il termine
N 3
 λ
V
detto
discriminante di degenerazione è un parametro adeguato per esprimere le varie proprietà
fisiche del sistema. Quando diventa dell’ordine dell’unità, il sistema è caratterizzato da
effetti quantistici. È evidente, esplicitando la forma di λ, che tali effetti quantistici sono più
evidenti quando la temperatura è relativamente bassa e la densità ρ=Ν/V relativamente
alta
3
3
ρλ
=
ρh
(2 π m k T )
3
2
B
È infatti il rapporto
ρ , piuttosto che le singole quantità ρ e T separate,che determinano il
/
3
T
2
grado di degenerazione del sistema. Per esempio, le stelle nane bianche, anche a
7
temperature dell’ordine di 10 K , costituiscono sistemi statisticamente degeneri. Inoltre,
più piccola è la massa della particella più grande è l’effetto quantistico.
Se invece manteniamo costanti N e V possiamo esprimere la condizione per la BEC in
termini della temperatura ottenendo
2
T < Tc =
N




2 π m k B  g V ζ(3/2) 
3
2
h
dove la temperatura critica dipende dalla massa della particella e dalla densità del sistema.
Quindi quando T < Tc c’è una transizione del gas di bosoni liberi, ed il sistema può essere
considerato come un miscuglio di due fasi termodinamiche:
-
una fase gassosa, costituita da Nε p particelle con p ≠ 0 distribuite negli stati eccitati con
εp > 0
11
- una fase condensata, costituita da Nε0 = N − Nε p particelle con p = 0 “ammucchiate” nello
stato fondamentale con ε = 0.
0
Rappresentiamo in figura l’andamento in funzione della temperatura delle frazioni di
particelle complementari
Nε
Nε
e
N
N
p
0
!"#$%& ' ' ()*+-,.0/213 +1*)45)687 1:91
; <=?> @ AB<C AD@2>FEHG#=AI> J
KLMONBP Q2MORTS RUWVOXYXZ[R\]YQ
^
_`baO_cd^]e cdbfhgif#jk
Notiamo che per T < Tc sono presenti le due fasi, mentre per T > Tc abbiamo solo la fase
gassosa essendo il numero di particelle nello stato fondamentale trascurabile rispetto al
numero totale. Allo zero assoluto tutte le particelle occupano il livello fondamentale con
p = 0.
Studio di alcune Grandezze Fisiche
Tutte le funzioni termodinamiche di un gas ideale di Bose avranno espressioni analitiche per
la regione di condensazione e per quella complementare, e la brusca variazione nelle
proprietà termodinamiche del sistema per la temperatura critica è un indicatore della
comparsa della BEC. Ciò è riscontrabile matematicamente nel diverso comportamento di
g (z ) nelle due situazioni.
3
2
12
Energia Totale
L’energia totale del gas è determinata solo dalle particelle degli stati eccitati con p ≠ 0
poiché nello stato fondamentale abbiamo assunto ε = 0. Possiamo quindi approssimare la
0
somma con un integrale
∞
E = ∫ εp dNε
p
=
0
3
2
εp
∞
4πVg 2m
3
h
3
∫
0
−1
z e
εp
kB T
dεp
−1
Riscriviamo questa equazione in termini di una nuova variabile di integrazione
x = εp
kT
B
5
2
E = 4 π V g3 2 m (k T )
h
3
B
=
2 Vg 1 k T
3
π
λ
B
∞
∫z
0
∞
∫z
0
−1
x
e −1
2 V g (2 π m k T ) k T
3
dεp =
B
π
B
h
∞
∫z
x
−1
0
3
2
x
e −1
dx =
3
2
dx = 3 k T V g 1 g ( z )
3
2
λ
e −1
x
−1
x
3
2
3
2
B
x
5
2
Per T < Tc siamo nella situazione in cui µ = 0 e z = 1
3
⇒
  g (1)
E = 3 k T V g 13 g (1) = 3 N k T  λ c  /
2
2
 λ  g / (1)
λ
52
B
5
B
2
32
avendo utilizzato la relazione che definisce la temperatura critica
N = g V3 g3 2(1) per
λc
eliminare gV , inoltre esplicitando la forma di λ, che dipende da T, otteniamo
3
E = 3 Nk T
2
B


T 


 Tc 
/2
3
g / (1)
= 0,77 N k T
g / (1)
52
B
32
5/2
essendo g 5/2(1) = ζ( 52 ) = 1,341 , risulta quindi E ∝ T
13
.


T 


 Tc 
/2
Per T > Tc ossiamo utilizzare la relazione
N = g V3 g (z ) per eliminare gV ottenendo
3
λ
2
g (1)
E = 3 Nk T /
52
B
2
e quando T >>Tc si può porre z→0 ⇒
g / (1)
32
g / (1)
→ 1 riottenendo l’espressione classica
g / (1)
52
32
dell’energia
E = 3 Nk T.
2
B
Notiamo che l’andamento dell’energia in funzione della temperatura mostra un improvvisa
variazione nella pendenza per la temperatura critica, che si riflette con la comparsa di un
massimo nella curva del calore specifico.
Calore Specifico a Volume Costante
Riportiamo in figura l’andamento di


C (T) =  ∂E 
V
 ∂T  N ,V
dal quale è evidente che nel punto
T = Tc la derivata prima è discontinua, infatti si ha una cuspide proprio per Tc dove la
funzione assume anche il valore massimo.
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14
Il comportamento del calore specifico di un gas di Bose ideale intorno alla temperatura
critica Tc è piuttosto simile a quello per l’elio liquido intorno al cosiddetto “punto λ”, come
fu chiamato da Keesom vista la particolare forma della curva ottenuta sperimentalmente che
ricorda quella della lettera greca λ.
Fu la similitudine fra queste curve che indusse London, nel 1938, ad associare la curiosa
transizione di fase HeI-HeII nell’isotopo dell’elio He alla temperatura Tλ = 2,19 K con la
4
manifestazione della BEC nel liquido. Infatti se nell’espressione di Tc
trovata
4
precedentemente per la BEC in un gas di Bose ideale consideriamo i valori per l’elio He
otteniamo Tc ≈ 3,14 K che risulta dello stesso ordine di Tλ .
4
Poiché gli atomi di He obbediscono alla statistica di Bose-Einstein, anche se a causa della
mutua interazione non trascurabile l’elio non è un gas di Bose, è naturale supporre che la
transizione λ è una BEC modificata dalla presenza delle interazioni mutue.
Elio Liquido e Superfluidità
In natura il solo sistema di Bose che sappiamo esistere a basse temperature è l’elio liquido
4
He . Per questo motivo consideriamo brevemente tale sistema, ed in particolare la proprietà
più sorprendente di cui gode:la superfluidità, facendo un confronto con il caso di un gas di
Bose diluito contenuto in una scatola che abbiamo trattato in dettaglio. Quello che
4
differenzia l’ He da tutte le altre sostanze bosoniche, che solidificano molto prima che gli
effetti quantistici diventino considerevoli, è il fatto che le mutue interazioni fra gli atomi
4
sono He particolarmente deboli da permettere agli effetti quantistici, non più trascurabili,
di non rendere la solidificazione necessaria.
4
Nel trattare l’ He usiamo un semplice schema teorico sviluppato da Landau per spiegare il
comportamento dell’He-II a temperature prossime al punto λ. Il liquido viene considerato
come un sistema quanto-meccanico debolmente eccitato, in cui assumiamo che vicino allo
stato fondamentale (privo di eccitazioni) non esistano altre eccitazioni tranne le “eccitazioni
elementari” del sistema. Così gli stati quantici immediatamente sopra lo stato fondamentale
possono essere descritti come un gas di eccitazioni elementari non interagenti con energia
En = E 0 + ∑ ε p n p
p
15
dove εp è l’energia di una eccitazione elementare di momento p, che assumiamo obbedire
alla statistica di Bose. Il gas di eccitazioni elementari può essere identificato con la
“frazione normale” del liquido, mentre le particelle nello stato fondamentale con la
“frazione superfluida”.
Quindi la densità del liquido può essere rappresentata come somma della parte normale ρn e
ρ = ρn + ρs
della parte superfluida ρs :
Per T = 0 K il liquido si trova nel suo stato non eccitato che per definizione è un superfluido
puro, quindi:
ρn = 0 e ρs = ρHe .
Come la temperatura cresce iniziano a comparire le eccitazioni, tuttavia per temperature
basse la parte superfluida è ancora rappresentata dalla funzione d’onda dello stato
fondamentale. Quindi possiamo scrivere
ρs = ρHe − ρn
fino a quando T = Tλ e si avrà
ρs = 0 e ρn = ρHe ; in tal caso la proprietà di superfluidità scompare completamente e questa
fase del fluido è conosciuta come He-I, questo è il cosiddetto punto λ.
Stabiliamo ora una condizione che regoli la possibile comparsa delle eccitazioni nel liquido,
che come abbiamo visto rompono il carattere superfluido.
La mancanza di superfluidità consiste nella dissipazione di energia cinetica del fluido in
moto in un tubo, a causa dell’attrito con le pareti e dell’attrito interno del fluido.
Consideriamo quindi un liquido superfluido di massa M in moto, con energia cinetica
E = 1 M v 2 ed impulso P = M v . Supponiamo che nel fluido si crei un’eccitazione di
2
energia εp ed impulso p, allora le rispettive quantità del fluido cambieranno secondo la
relazione δE = (v ⋅ δP ) inoltre dal principio di conservazione δE = − ε p e δP = − p quindi
risulta εp = v ⋅ p ≤ v p ⇒ v ≥
ε
p
Pertanto affinché possa nascere un’eccitazione nel fluido la sua velocità di drift v deve
verificare la disuguaglianza precedente. Perciò se definiamo come velocità critica il minimo
del rapporto
ε : v =  ε 
c
p
p
 
min
 
la condizione per la conservazione della superfluidità è v < vc =  ε 
p

noto come “criterio
 min
di Landau” per la superfluidità. Se vc ≠ 0 allora possono esistere velocità di drift per cui non
possono comparire eccitazioni nel fluido che conserverà la proprietà di superfluidità. Da ciò
16
segue che per un gas ideale di Bose, il cui spettro energetico è εp =
p2 , non potrà mai
2m
verificarsi il fenomeno della superfluidità. Infatti la velocità critica è nulla, quindi ogni
velocità è tale da permettere la comparsa di eccitazioni. Questo risultato è di fondamentale
importanza perché fa vedere che le interazioni interatomiche nel liquido comportano uno
spettro per le eccitazioni differente da quello per un gas ideale, che nel caso dell’He-II
assume la forma riprodotta in figura, proposta da Landau analizzando i dati sperimentali
sulle grandezze termodinamiche.
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Quindi da quanto detto possiamo dedurre che un gas ideale di bosoni non interagenti non
può manifestare proprietà superfluide.
Osservazione Sperimentale della BEC in Gas di Bose
Come abbiamo visto la BEC di un gas ideale di bosoni fu predetta da Einstein già nel 1925.
Poiché ci sono sempre delle interazioni tra le particelle di un gas reale che tendono ad
ostacolare la condensazione a basse temperature, per realizzare sperimentalmente la BEC
bisogna produrre un gas sufficientemente diluito così da poter trascurare le interazioni
mutue ma ancora sufficientemente denso da avere la sovrapposizione della lunghezza
d’onda termica di de Broglie. Condensati di Bose-Einstein in gas diluiti furono creati e
direttamente osservati in una serie di esperimenti che seguirono quello realizzato da un
gruppo di fisici del Colorado, che nel giugno del 1995 per primi osservarono la BEC in un
87
gas di atomi di rubidio Rb spin-polarizzato confinato in una trappola magnetica e portato
a temperature estremamente basse utilizzando tecniche di raffreddamento laser e per
evaporazione. Da quel momento c'è stata una vera e proprio esplosione di interesse per
questi nuovi stati macroscopici quantistici.
17
Sebbene gli esperimenti del 1995 con gli atomi alcalini costituiscono una pietra miliare
nella storia della BEC, precedentemente sono stati riscontrati delle manifestazioni della
BEC in vari fenomeni fisici tra cui la superfluidità dell’elio liquido, dove però le interazioni
interatomiche alterano significativamente la natura della transizione della BEC. Per questo
motivo la realizzazione della BEC in un gas atomico diluito è stata una meta inseguita a
lungo. La grande difficoltà consiste nel raffreddare il gas a temperature dell’ordine dei µK,
impedendo agli atomi di condensare in un solido o in un liquido.
I primi tentativi per realizzare la BEC in un gas atomico furono compiuti con idrogeno
atomico spin-polarizzato. Tale particella si presta bene visto il piccolo valore della massa
dell’idrogeno.
In questi esperimenti gli atomi di idrogeno venivano prima raffreddati con un refrigeratore a
diluizione, quindi intrappolati in un campo magnetico e ulteriormente raffreddati con la
tecnica dell’evaporazione. In questo modo si era arrivati molto vicini alla BEC, ma i
meccanismi di ricombinazione degli atomi e la conseguente formazione di molecole
impedivano la formazione della BEC.
Negli anni ottanta si sono sviluppate nuove tecniche di raffreddamento basate sul laser e
sull’effetto Doppler, e di intrappolamento di atomi neutri mediante trappole magnetoottiche. Tali tecniche forniscono un approccio alternativo per ottenere temperature molto
basse ma l’energia trasportata da un singolo fotone pone un limite alle temperature
ottenibili, che sono ancora alte per la BEC. Comunque, una volta che gli atomi sono
intrappolati, la loro temperatura può essere abbassata ulteriormente per raffreddamento
evaporativo dove vengono rimossi gli atomi con energia superiore ad una certa soglia, gli
atomi rimanenti hanno in media energia più bassa, e le collisioni elastiche ridistribuiscono le
loro energie fino a raggiungere un equilibrio termico a temperature inferiori. L’unico prezzo
da pagare è la perdita di un certo numero di atomi che abbandonano il campione.
Tale tecnica è stata sviluppata per ottenere la BEC nell’idrogeno spin-polarizzato ma
combinata con il raffreddamento laser, che invece si presta bene per gli atomi alcalini, si
raggiungono le temperature e le densità richieste per l’osservazione della BEC in gas di
atomi alcalini. Questi atomi sono particolarmente adatti allo scopo perché le loro transizioni
ottiche sono facilmente eccitabili con i laser a disposizione e la struttura interna dei livelli si
presta al raggiungimento di basse temperature. Mentre i livelli energetici nell'atomo di H
sono più estesamente spaziati (le transizioni corrispondono a luce ultravioletta, per la quale
nessuna fonte laser appropriata è disponibile) rendendo più difficile manipolare e sondare il
campione con laser. Comunque recentemente è stata ottenuta una evidenza sperimentale
della BEC in un gas di idrogeno migliorando la tecnica di raffreddamento evaporativo.
18
Il raffreddamento per evaporazione richiede una trappola per atomi ermeticamente
confinante e stabile, per gli atomi alcalini si presta bene l’utilizzo di una trappola magnetica
dove il confinamento può essere realizzato con un potenziale di quadrupolo sferico.
Il campo magnetico non uniforme confina gli atomi interagendo con il loro momento
magnetico. Dall’analisi di tale interazione risulta che se l’atomo si muove abbastanza
lentamente nel campo, può seguire adiabaticamente i sottolivelli Zeeman in cui si trova
inizialmente: la proiezione dello spin sulla direzione del campo magnetico, che cambia per
un atomo in movimento, rimane costante. Nel caso di un campo quadrupolare, quando
l’atomo passa presso il suo centro di simmetria, dove B= 0, vede la direzione del campo
cambiare tanto rapidamente quanto più passa vicino a tale punto. Quindi lo spin dell’atomo
non riesce a seguire adiabaticamente le variazioni della direzione del campo. Nascono così
delle transizioni non adiabatiche, dette transizioni di Majorana , fra i sottolivelli Zeeman che
fanno passare l’atomo da un sottolivello intrappolante verso un sottolivello non
intrappolante a partire dal quale viene espulso fuori dalla trappola.
Una possibile soluzione per ridurre queste perdite consiste nell’aggiungere un potenziale
repulsivo intorno allo zero del campo magnetico “collegando” il buco.
L’evaporazione si ottiene per risonanza magnetica. Infatti applicando un campo a radiofrequenza in risonanza con la differenza di energia tra gli stati a spin “su” e spin “giù” i
momenti magnetici degli atomi vengono invertiti, così le forze magnetiche non possono più
confinarli e sono espulsi dalla trappola.
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La frequenza del campo r-f è scelta in modo da interagire solo con gli atomi di energia più
alta,quindi quando la temperatura si abbassa bisogna ridurre la frequenza del campo per
19
assicurare l’evaporazione. Quando tale frequenza raggiunge un valore per cui il gas si trova
alla temperatura critica Tc prende luogo la BEC.
Per ottenere una evidenza sperimentale della BEC ci sono vari metodi tra cui alcuni
distruttivi,come quello utilizzato dai fisici del Colorado il cui risultato è mostrato nella
figura seguente.
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Tale figura rappresenta la distribuzione delle velocità per gli atomi di rubidio ottenuta
misurando l’espansione degli atomi, spenta la trappola si riprende un’immagine della nube
espansa con un fascio laser in risonanza con una transizione atomica. Gli atomi del
condensato si espandono molto lentamente perché si trovano nello stato ad energia più
bassa,così la segnatura della BEC si manifesta con un assorbimento intenso al centro
dell’immagine.
Riportiamo nelle figure successive un’ulteriore evidenza sperimentale della BEC ottenuta su
un gas di atomi di sodio. In questo esperimento quando la frequenza del campo r-f diventa
minore di νc ≈ 0,7 MHz si osservano dei cambiamenti significativi nelle grandezze
misurate che sono interpretati come segnature della BEC.
Nella fig1 si osserva che per frequenze maggiori di νc la distribuzione delle velocità è
perfettamente sferica come ci si aspetta per una nube termica non condensata, poiché
l’assorbimento dei fotoni è equiprobabile per tutti gli atomi, mentre sotto tale valore critico
compare un core ellittico che cresce in intensità al diminuire della frequenza e viene
interpretato come dovuto alla BEC.
20
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Una caratteristica importante delle trappole magnetiche per gli atomi alcalini è che il
potenziale di confinamento è ben approssimato da un potenziale armonico
Vext (r ) =
m
2
21
2
ω r2
e la frequenza di intrappolamento ω fissa la scala per una lunghezza caratteristica del
sistema. Infatti dal principio dell’azione, poiché il fenomeno BEC è quantistico si ha
p ⋅ a = m ωa ⋅ a ≈ h ⇒ a ≈ mhω
che dà l’ordine di grandezza della dimensione della nube di atomi condensati che in genere
è di qualche µm. Il fatto che la scala alla quale occorrono le variazioni di densità è fissata
dalla frequenza intrappolante ω e non dalle interazioni interatomiche come nel caso della
scatola, è una delle differenze importanti che si hanno.
Osserviamo inoltre che a temperatura finita solo una parte di atomi condensa, mentre le
N-N0 particelle non condensate formano una “nube termica” la cui ampiezza R può essere
stimata ponendo
1 mω2 R 2 ≈ k T
B
2
assumendo kBT >> h ω
a ≈ hω < 1
kB T
R
→
R≈
k BT
m ω2
quindi si ha che R è maggiore di a, e ne
risulta una distribuzione spaziale degli atomi intrappolati bimodale, formata da un picco che
emerge da un fondo molto più largo.
Emerge da quanto detto che il gas è non omogeneo e ciò porta ad un’altra importante
differenza rispetto al caso della scatola , cioè il carattere spaziale della BEC per le particelle
intrappolate. Si ha quindi una condensazione sia nello spazio dei momenti che in quello
delle coordinate, mentre nel caso di un gas uniforme dove le particelle condensano nello
stato con p = 0 la BEC non può essere rilevata nello spazio delle coordinate, poiché le
particelle condensate e non condensate occupano lo stesso volume, non avendo un picco
nella distribuzione spaziale che risulta uniforme per tutte le temperature.
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Bibliografia
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www.lkb.ens.fr/users/laloe/public_html/PHYS/cours/college-de-france/
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