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Newsletter Giuridica di Filodiritto - Numero 347 - 22 novembre 2010
Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
Numero 347 - 22 novembre 2010 - Newsletter Giuridica di Filodiritto.
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PUBBLICITA' SULLA NEWSLETTER - COLLABORA CON FILODIRITTO
Lexmeeting
IL MODELLO INTRASTAT SERVIZI
Martedì 30 novembre 2010, ore 10.20-13.00, Bologna
Programma ed iscrizioni sul sito www.lexmeeting.it
LA NEWSLETTER IN SINTESI
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Geremia Casaburi:
LA CONCORRENZA SLEALE: LE NUOVE TENDENZE DELLA GIURISPRUDENZA E I
PROBLEMI DEL LOOK-ALIKE
- Luciano Butti:
DIRITTO E DIVERTIMENTO
- Franco Spezia:
IL POTERE DI CONTROLLO DEI SOCI NELLA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ
LIMITATA
- Riccardo Girotto:
CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA
- Gabriele Ferrucci:
AI CONFINI DEL DIRITTO
- Armin Kapeller:
FIGLI LEGITTIMI E FIGLI NATI FUORI DAL MATRIMONIO: VERSO LA
PARIFICAZIONE NELLA LEGISLAZIONE TEDESCA ANCHE IN MATERIA
EREDITARIA
- Monica Bombelli e Matteo Iato:
SEPARAZIONE E DIVORZIO NELLA GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI
NOVARA
Sergio Ricossa
STRABORGHESE
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Direttore responsabile Antonio Zama
RASSEGNA DI NOTIZIE
- CASSAZIONE PENALE:
CONDANNA ALLE SPESE PROCESSUALI PER REATI CON CONDANNA
- CASSAZIONE PENALE:
NOVITÀ PER LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA
- CORTE DI GIUSTIZIA UE:
ATTENZIONE ALLA PUBBLICITÀ COMPARATIVA NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE
- TRIBUNALE DI CUNEO:
SUCCESSIONE, SCIOGLIMENTO DELLA COMUNIONE EREDITARIA E DIRITTO DI
ABITAZIONE
Editto di Re Rotari
FOCUS
- GIUDICE DI PACE:
ILLEGITTIMA RICHIESTA DI PAGAMENTO DEL SERVIZIO IDRICO CON
INGIUNZIONE FISCALE
Charles Maurice Hennequin e Pierre Veber
LA PRESIDENTESSA
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Diritto della concorrenza e della pubblicità, diritto industriale:
LA CONCORRENZA SLEALE: LE NUOVE TENDENZE DELLA GIURISPRUDENZA E I
PROBLEMI DEL LOOK-ALIKE
Dott. Geremia Casaburi
- Deontologia, filosofia del diritto:
DIRITTO E DIVERTIMENTO
Avv. Luciano Butti
- Diritto societario:
IL POTERE DI CONTROLLO DEI SOCI NELLA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ
LIMITATA
Dott. Franco Spezia
- Diritto del lavoro e della previdenza:
CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA
Dott. Riccardo Girotto
- Filosofia del diritto:
AI CONFINI DEL DIRITTO
Dott. Gabriele Ferrucci
- Diritto della famiglia, diritto dei Paesi dell'Unione Europea:
FIGLI LEGITTIMI E FIGLI NATI FUORI DAL MATRIMONIO: VERSO LA
PARIFICAZIONE NELLA LEGISLAZIONE TEDESCA ANCHE IN MATERIA
EREDITARIA
Dott. Armin Kapeller
- Diritto della famiglia:
SEPARAZIONE E DIVORZIO NELLA GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI
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Direttore responsabile Antonio Zama
NOVARA
Avv. Monica Bombelli e Avv. Matteo Iato
Sergio Ricossa
STRABORGHESE
Occorre pertanto selezionare i bisogni, e dire quali vadano soddisfatti per primi, e quali
altri debbano aspettare, magari per sempre. Ciò è relativamente semplice nelle economie
più povere, dove si tratta principalmente di non morire di fame; ma per quanto possa
sembrare paradossale, tende a farsi più complicato con l'aumentare del grado di sviluppo.
Ora, il problema della selezione dei bisogni da soddisfare per primi ha trovato solo due
tipi di soluzioni fondamentali: la soluzione politica e quella di mercato. Con la soluzione
politica, è una autorità che decide per tutti, sicché la formula diventa: «A ciascuno
secondo i bisogni riconosciuti da una autorità politica». A volte, perfino nelle democrazie
occidentali, questo si traduce in consumi obbligatori: per esempio, l'istruzione
obbligatoria (ammesso che i servizi dell'istruzione siano un bene di consumo), la
vaccinazione obbligatoria. Più spesso, i consumatori sono lasciati liberi di consumare o
no, di consumare poco o tanto, purché scelgano fra i beni la cui produzione è autorizzata
dal pianificatore politico in date quantità complessive e a dati prezzi. È ovvio che allora i
cosiddetti consumi pubblici o politici restino privilegiati relativamente ai consumi privati o
familiari.
Con l'altra soluzione, quella di mercato, la formula diventa: «A ciascuno secondo le sue
preferenze mostrate con la disposizione a pagare di più per soddisfarle». Questo è il
motivo per cui il mercato traduce alla perfezione, o quasi, le istanze dell'individualismo
borghese.
Ne consegue pure che i produttori producono tutto quanto presumono sia più pagato dai
consumatori, e i produttori di successo sono quelli che meglio ci riescono, guadagnando
più profitti. È la cosiddetta "sovranità del consumatore", ovvero: "il cliente ha sempre
ragione". È inoltre l'uso del profitto, attraverso la concorrenza commerciale, quale
strumento per liberarsi dai ceppi dell'autorità politica. Questa funzione liberatoria del
profitto non è generalmente capita: vi si vede piuttosto un indice di egoismo. Eppure,
guadagnare profitti è come guadagnare salari, cioè ricevere qualcosa in cambio di quanto
è stato fornito agli altri, contrattualmente, per comune accordo. Vi sono profitti eccessivi,
disonesti: è vero, così come vi sono salari eccessivi, disonesti. Il mercato di concorrenza
è lì apposta per evitare che tale disonestà sia frequente e importante. Allora, non si può
più parlare di egoismo, se per ricevere bisogna dare qualcosa di equivalente agli altri.
[IBL Libri, Torino, 2010 (Prima edizione: Editoriale Nuova, Milano, 1980), p.118]
RASSEGNA DI NOTIZIE
CASSAZIONE
CONDANNA ALLE
Procedura
SPESE
PROCESSUALI
PER
REATI
CON
penale:
PENALE:
CONDANNA
Con una interessante pronuncia, la Cassazione è intervenuta in materia di condanna alle
spese processuali, ribadendo che occorre che vi sia correlazione con i reati per i quali è
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intervenuta
condanna.
Leggiamo le motivazioni della sentenza con le quali la Cassazione ha giudicato erronea
sul
punto
la
sentenza
impugnata.
Secondo la Cassazione: "Non vi è dubbio che se fosse esatta l'interpretazione che la corte
d'appello ha dato al nuovo testo dell'art. 535 cod. proc. pen. (risultante a seguito delle
modifiche introdotte dall'art. 67, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69) dovrebbe
sollevarsi questione di legittimità costituzionale della disposizione (o meglio dell'art. 67,
comma 2, lett. a), della L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha soppresso le parole: «relative ai
reati cui la condanna si riferisce») in riferimento, se non altro, agli artt. 3 e 27, comma,
Cost., sotto il profilo della manifesta irragionevolezza e della violazione del principio di
uguaglianza nonché sotto il profilo della violazione del principio di personalità della
responsabilità penale. Ed invero, come esattamente osserva il ricorrente, è
possibile che taluno si trovi coinvolto in un procedimento penale complesso, con
lunghe e costose intercettazioni telefoniche o trascrizioni, per motivi del tutto
accidentali e comunque del tutto estranei al suo controllo. Sarebbe sufficiente
una mera e occasionale connessione soggettiva perché ciò avvenga, con
soggetto imputato per reato bagatellare coinvolto in procedimento per reati
gravissimi e portatori di spese processuali enormi, con conseguente
responsabilità per spese del tutto estranee alla attività da lui svolta e legata a
fatti
accidentali
sui
quali
egli
non
può
intervenire".
"Sennonché alla disposizione in esame può, e quindi deve, darsi una diversa
interpretazione adeguatrice che elimini i dubbi di illegittimità costituzionale, nel
senso che la soppressione, ad opera dell'art. 67, comma 2, letto a), della L. 18
giugno 2009, n. 69, nel testo del comma 1 dell'art. 535 cod. proc. pen. delle
parole «relative ai reati cui la condanna si rifèrisce», non è affatto diretta a
porre a carico del condannato anche le spese processuali relative a reati a lui
non imputabili o per i quali comunque non è intervenuta condanna (con una
radicale modificazione del principio generale del sistema operata solo
implicitamente) bensì ha costituito una conseguenza sul piano formale della
soppressione, ad opera della lett. b), del medesimo art. 67, comma 2, del
secondo
comma
dell'art.
535
cod.
proc.
pen.
Quest'ultima disposizione invero prevedeva, da un lato, che i condannati per lo stesso
reato o per reati connessi fossero obbligati in solido al pagamento delle spese e, da un
altro lato, che i condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi fossero obbligati
in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna.
E' quindi venuta meno sia la previsione della condanna in solido per le spese relative allo
stesso reato o a reati connessi, sia della condanna in solido per le spese comuni relativi a
reati non connessi per i quali fosse stata pronunciata condanna. E sembrerebbe
irragionevole ritenere che il legislatore abbia voluto per le spese relative a reati connessi
o al concorso nello stesso reato modificare la regola di imputazione delle suddette spese,
sostituendo al vincolo di solidarietà il criterio di accollo «pro quota» delle medesime (Sez.
VI, 25.9.2009, n. 39682, Gargiulo, m. 244704) per poi accollare implicitamente
all'imputato addirittura le spese per reati per i quali non ha subito condanna.
Sembra quindi doversi ritenere che il legislatore, a seguito di questa soppressione, abbia
ritenuto superflua la precisazione, contenuta nel primo comma, che la condanna alle
spese si riferisce comunque a quelle relative ai reati per i quali è intervenuta condanna.
In ogni modo, la disposizione, nel testo attualmente vigente a seguito delle ricordate
modifiche, si limita a stabilire che con la sentenza di condanna vanno poste a carico del
condannato le spese processuali. Non si vede pertanto in base a quali ragioni tale
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disposizione dovrebbe interpretarsi nel senso che essa voglia porre a carico del
condannato anche le spese relative a reati per i quali il soggetto non abbia subito
condanna. Una siffatta estensione dell'obbligo di pagare le spese processuali avrebbe
richiesto la presenza di una specifica ed esplicita norma che la prevedesse (a parte ogni
considerazione sulla sua legittimità costituzionale), in mancanza della quale la
disposizione stessa non può che essere interpretata se non nel senso che le spese sono
soltanto quelle relative alla «sentenza di condanna», ossia quelle relative ai reati per i
quali
vi
è
stata
condanna".
La
motivazione
La
sentenza
sul
è
punto
della
integralmente
sentenza
consultabile
impugnata
è
sul
della
sito
dunque
erronea.
Cassazione
.
(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 11 novembre 2010, n.
39736)
Diritto
CASSAZIONE
NOVITÀ
PER
penale,
LA
diritto
GUIDA
della
IN
circolazione
STATO
DI
stradale:
PENALE:
EBBREZZA
La Cassazione prende atto delle recenti novità legislative in materia di guida in stato di
ebbrezza.
Seguiamo
il
caso.
"Imputata del reato di guida in stato di ebbrezza, un'automobilista è stata condannata dal
Tribunale di Massa, con le attenuanti generiche, alla pena di 10 giorni di arresto e 500,00
euro di ammenda, doppi benefici di legge e sospensione della patente di guida per gg.45.
La Corte di appello di Genova, ritenuto che non si poteva tenere conto dell'accertamento
effettuato con l'alcoltest e che la prova era data solo dalle dichiarazioni degli agenti
intervenuti relative ai sintomi dell'ebbrezza, riconduceva la fattispecie a quella stabilita
dall' art. 186, co.2 lett. a) e riduceva la pena nei limiti da essa previsti. Avverso tale
sentenza ricorre per cassazione il difensore dell'imputata. Lamenta il vizio di violazione di
legge con riferimento all'art. 141, co.4 bis, disp. att. Cpp: rileva che la Corte di appello,
dopo aver accolto l'eccezione di nullità dell'accertamento effettuato con l'alcoltest, ha
ritenuto provato lo stato di ebbrezza sulla base degli elementi sintomatici; ha così
ricondotto la fattispecie al reato di cui all'art. 186 co.l lett. A), punito con la sola pena
dell'ammenda e per cui è ammessa l'oblazione e pertanto avrebbe dovuto rimettere in
termini l'imputata per chiedere di essere ammessa all'oblazione, così come richiesto
nell'atto
di
appello".
La Cassazione ha rilevato che "l'ipotesi di reato per la quale l'automobilista è stata
giudicata è quella di cui all'art. 186, co.1, lett, a) codice della strada (guida in
stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8),
fattispecie che è stata depenalizzata ai sensi della legge 30.7.2010 n. 120, art.
33, co.4. L'intervenuta "abolitio criminis" (nel senso della intervenuta
trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo) comporta che deve
essere emesso un provvedimento giurisdizionale di proscioglimento perchè il
fatto non è più previsto dalla legge come reato, provvedimento che può essere
emesso da questa Corte, essendo lo "ius superveniens" applicabile di ufficio
anche in Cassazione (v. sez. V 15.2000 n.769 rv 215996) e deponendo in tal
senso
evidenti
ragioni
di
economia
processuale".
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Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
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Infine, la Cassazione ha ritenuto "di non trasmettere gli atti all'autorità amministrativa, in
considerazione del principio di legalità-irretroattività operante sia per gli illeciti penali
(art. 2 cp), sia per gli illeciti amministrativi e non rinvenendosi nella Legge 120 del 2010
una apposita previsione che imponga la trasmissione e che possa far ritenere derogato il
suddetto
principio
di
irretroattività".
La
sentenza
è
integralmente
consultabile
sul
sito
della
Cassazione
.
(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 3 novembre 2010, n.
38692)
Diritto
comunitario,
diritto
della
concorrenza
e
della
pubblicità:
CORTE
DI
GIUSTIZIA
UE:
ATTENZIONE ALLA PUBBLICITÀ COMPARATIVA NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE
Il tema della pubblicità comparativa è sempre piuttosto delicato e solleva dubbi di
ammissibilità, perchè è labile il confine che separa quella legittima da quella illegittima in
quanto
rientrante
nella
categoria
della
pubblicità
ingannevole.
Nel caso di specie, la Corte di Giustizia UE ha affrontato la domanda di pronuncia
pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 3 bis della direttiva del Consiglio 10 settembre
1984, 84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, quale
modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997,
97/55/CE nell'ambito di una controversia tra la Lidl SNC (la «Lidl») e la Vierzon
Distribution SA (la «Vierzon Distribution») in merito ad una pubblicità diffusa a mezzo
stampa per conto di quest'ultima società che ha fatto pubblicare su un giornale locale una
pubblicità la quale riproduceva scontrini di cassa che, tramite designazioni generiche
accompagnate all'occorrenza da indicazioni relative al peso o al volume, enumeravano 34
prodotti, in prevalenza alimentari, acquistati, rispettivamente, nell'esercizio appartenente
alla Vierzon Distribution e in quello gestito dalla Lidl e dai quali risultava un costo
complessivo di EUR 46,30, per quanto riguardava la Vierzon Distribution, e di EUR 51,40,
per quanto riguardava la Lidl. Tale pubblicità conteneva anche gli slogan «non tutti
possono essere E. Leclerc! Prezzi bassi: prove alla mano, E. Leclerc rimane il meno caro»
e «in inglese si dice hard discount, in francese "E. Leclerc"».
Secondo
la
Corte
di
Giustizia:
L'art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE,
concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, quale modificata dalla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE, deve essere interpretato
dichiarando che la mera circostanza che i prodotti alimentari si differenzino
quanto alla loro commestibilità e quanto al piacere da essi procurato al
consumatore, in funzione delle condizioni e del luogo della loro produzione, dei
loro ingredienti e dell'identità del loro produttore, non è tale da escludere che il
confronto di tali prodotti possa rispondere al requisito sancito dalla predetta
disposizione, in base al quale essi devono soddisfare gli stessi bisogni o proporsi
gli stessi obiettivi, vale a dire presentare tra loro un sufficiente grado di
intercambiabilità.
L'art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450, quale modificata dalla direttiva 97/55,
deve essere interpretato nel senso che una pubblicità, come quella in esame nella causa
principale,
può
rivestire
carattere
ingannevole,
segnatamente:
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- se viene accertato, tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti del caso di
specie e, in particolare, delle indicazioni o omissioni che accompagnano tale
pubblicità, che la decisione di acquisto di un numero significativo di
consumatori, cui essa si rivolge, può essere presa nell'erronea convinzione che
la selezione di prodotti compiuta dall'operatore pubblicitario sia rappresentativa
del livello generale dei prezzi di quest'ultimo rispetto a quelli praticati dal suo
concorrente e che, di conseguenza, tali consumatori realizzeranno risparmi di
entità uguale a quella vantata da detta pubblicità effettuando regolarmente i
propri acquisti di beni di consumo corrente presso l'operatore pubblicitario
piuttosto che presso detto concorrente o, ancora, nell'erronea convinzione che
tutti i prodotti dell'inserzionista siano meno cari di quelli del suo concorrente, o
- se viene accertato che, ai fini del confronto effettuato esclusivamente sotto il
profilo dei prezzi, sono stati selezionati prodotti alimentari che presentano
tuttavia differenze tali da condizionare sensibilmente la scelta del consumatore
medio, senza che dette differenze emergano dalla pubblicità di cui trattasi.
L'art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, quale modificata dalla direttiva 97/55,
deve essere interpretato nel senso che la condizione di verificabilità, sancita dalla
predetta disposizione, richiede, per quanto riguarda una pubblicità come quella in
esame nella controversia principale, che mette a confronto i prezzi di due
assortimenti di beni, che i beni di cui trattasi possano essere individuati con
precisione in base alle informazioni contenute in detta pubblicità.
Su quest'ultimo punto, in particolare, la Corte di Giustizia ha ricordato che, secondo la
propria giurisprudenza "la verificabilità dei prezzi dei beni componenti due
assortimenti di prodotti presuppone necessariamente che i beni, i cui prezzi
siano stati così confrontati, possano essere individualmente e concretamente
individuati in base alle informazioni contenute nel messaggio pubblicitario.
Qualsiasi verificabilità dei prezzi dei beni è, infatti, necessariamente subordinata alla
possibilità di individuare questi ultimi (v., in tal senso, sentenza Lidl Belgium, cit., punto
61). Orbene, una siffatta individuazione è tale da consentire, conformemente all'obiettivo
di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva 84/450, che il destinatario di un tale
messaggio sia in grado di assicurarsi del fatto che egli è stato correttamente informato
nella prospettiva degli acquisti di consumo corrente che deve effettuare (sentenza Lidl
Belgium,
cit.,
punto
72)".
(Corte di Giustizia UE, Sentenza 18 novembre 2010: Direttive 84/450/CEE e
97/55/CE - Condizioni di liceità della pubblicità comparativa - Comparazione di
prezzi relativi ad una selezione di prodotti alimentari venduti da due catene di
negozi concorrenti - Beni che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli
stessi obiettivi - Pubblicità ingannevole - Confronto riguardante una
caratteristica verificabile )
- Diritto immobiliare, della proprietà e dei diritti reali, diritto processuale civile:
TRIBUNALE
DI
CUNEO:
SUCCESSIONE, SCIOGLIMENTO DELLA COMUNIONE EREDITARIA E DIRITTO DI
ABITAZIONE
L'art. 540, comma II°, Codice Civile, dispone che al coniuge, anche quando concorra con
altri chiamati, sono riservati i diritti d'abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e
di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
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Secondo la migliore Dottrina (G. Capozzi, Successioni e Donazioni, Giuffrè, I, 284 ss.,
1983), "tali diritti rappresentano propriamente dei prelegati ex lege che l'art. 540, c.c. ha
considerato come un'aggiunta alla quota di piena proprietà già riservata al coniuge. I
compilatori hanno voluto, cioè, attribuire al legato in questione funzione di porzione
aggiunta non solo qualitativa (garantire al coniuge il godimento della casa familiare
arredata), ma anche quantitativa. Solo se la disponibile non è sufficiente, i diritti in
esame potranno gravare sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota
riservata
ai
figli".
Ne consegue che al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i
diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la
corredano, se di proprietà del defunto o comuni, quale prelegato, che, in prededuzione,
grava sulla porzione c.d. disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per la parte
eccedente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai
figli.
Concorde con tale ricostruzione dell'istituto è la giurisprudenza della Suprema Corte di
Cassazione, la quale, con sentenza 4329/2000, ha stabilito che: "In tema di successione
necessaria, la disposizione di cui all'art. 540 comma 2 cod. civ. determina un incremento
quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di abitazione
e di uso (quindi, il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in
proprietà. Posto che la norma stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in
primo luogo, la disponibile, ciò significa che, come prima operazione si deve calcolare la
disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell'art. 556 cod. civ. e, per conseguenza,
determinare la quota di riserva. Calcolata poi la quota del coniuge nella successione
necessaria, in base a quanto stabiliscono gli artt. 540 comma 1, 542 e 543 comma 1 cod.
civ., alla quota di riserva così ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso
in concreto, il cui valore viene a gravare la disponibile (sempre che la disponibile sia
capiente). Se la disponibile non è sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano,
anzitutto, sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura
proporzionale a colmare l'incapienza della disponibile. Se neppure la quota di riserva del
coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli (o
degli
altri
legittimari)".
Tale pronuncia di legittimità smentisce altra e diversa interpretazione del sistema
normativo in esame, pur formulata in Dottrina ed in più datata Giurisprudenza, volta al
fine di attribuire al coniuge superstite detti diritti reali in aggiunta a quanto spettategli a
titolo
di
successione
ab
intestato.
(Tribunale di Cuneo, Sentenza 17 febbraio 2010, n.100: Scioglimento della
comunione ereditaria di un unico cespite immobiliare costituito dalla casa
coniugale - Vendita giudiziaria - Valutazione del diritto di abitazione ex art. 540
C.C. spettante al coniuge superstite - Natura di prelegato del diritto di
abitazione, da atrribuirsi in prededuzione sino alla concorrenza della porzione
c.d.
disponibile
ed
oltre
ancora
)
[Avv. Alberto Serpico sr. del foro di Cuneo]
DAL 2001 FILODIRITTO
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LE
NOTIZIE
DEL
GIORNO
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EDITTO DI RE ROTARI
I. Se qualcuno avrà premeditato l'assassinio del re o si sarà accordato in tal senso, sia
condannato alla pena di morte e le sue sostanze vengano confiscate.
II. Se qualcuno avrà tramato insieme al re la morte di un altro, o se l'avrà ucciso per
ordine dello stesso re, non sia considerato colpevole, né lui stesso né i suoi eredi siano
sottoposti in nessun momento a rappresaglie o richieste di risarcimento da parte degli
eredi dell'offeso; infatti, dato che siamo convinti che il cuore del re è in mano di Dio, non
è possibile che un uomo possa assolvere colui che il re ha ordinato di uccidere.
III. Se qualcuno avrà tentato di fuggire fuori dal regno, incorra nella pena di morte e i
suoi averi siano confiscati.
IIII. Se qualcuno avrà invitato o introdotto un nemico nel paese sia condannato a morte e
i suoi beni vengano confiscati.
V. Se qualcuno avrà nascosto delle spie all'interno del paese o le avrà sostentate, sia
condannato a morte, ovvero paghi al re un'ammenda di novecento soldi.
VI. Se qualcuno, durante una campagna militare, avrà fomentato la rivolta tra i soldati
contro il duca o contro colui al quale il re avrà affidato il comando militare, ovvero se avrà
fomentato la ribellione in un reparto dell'esercito sia condannato a morte.
[Gianluigi Barni, I longobardi in Italia, De Agostini, 1974]
FOCUS
Diritto
tributario,
servizi
GIUDICE
DI
ILLEGITTIMA RICHIESTA DI PAGAMENTO DEL
INGIUNZIONE
pubblici
SERVIZIO
locali:
PACE:
IDRICO CON
FISCALE
Dichiarata illegittima la richiesta di pagamento del servizio idrico tramite ingiunzione
fiscale dell'esattoria. Il Giudice di Pace di Gragnano condanna il gestore e l'esattore al
risarcimento dei danni per responsabilità aggravata nei confronti di una utente di
Gragnano.
Si segnala un'interessantissima decisione del Giudice di Pace di Gragnano dott. Cira Di
Somma (che all'epoca aveva sollevato l'eccezione di incostituzionalità sulla natura
tributaria del canone di depurazione) nei confronti di GORI s.p.a. (gestore del servizio
idrico integrato di cui alla legge Galli in 76 Comuni della provincia di Napoli e Salerno) e
dell'esattoria
(nella
fattispecie
AREARISCOSSIONI
S.P.A.).
Il Giudice, con ampia, articolata e condivisibile motivazione, ricostruendo analiticamente
la normativa in tema di ingiunzione fiscale di cui al Regio Decreto 14.4.1910 n.639 e nel
dichiarare l'illegittimità di tale procedura per il recupero del servizio idrico integrato, ha
annullato l'ingiunzione fiscale nei confronti dell'utente condannando GORI e l'esattoria,
anche al risarcimento danni di Euro 300,00 per la temerarietà dell'azione.
La questione al vaglio del giudicante era stata proposta da una cittadina assistita
dall'ufficio legale di un'associazione consumatori, che aveva sollevato l'illegittimità del
ricorso all'ingiunzione fiscale e/o cartella esattoriale per recuperare il canone del servizio
Newsletter Giuridica di Filodiritto - Numero 347 - 22 novembre 2010
Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
idrico integrato, soprattutto alla luce della sentenza n.335/2008 che aveva
definitivamente accertato la natura di corrispettivo e quindi civilistica e non più tributaria
del
canone
di
depurazione
e
di
fognatura.
L'ingiunzione fiscale è un istituto risalente nel tempo (il relativo fondamento giuridico è
costituito dal R.D. 14 aprile 1910 n. 639), concepito per la riscossione con modalità
procedurali accelerate dei crediti dello Stato e degli enti pubblici e strutturato sullo
schema dei provvedimenti monitori. E' necessaria quindi una interpretazione che valga a
raccordare le norme emanate in un tempo molto lontano ed in un contesto storico e
giuridico molto diverso, ai principi fondamentali nuovi, espressi soprattutto con
riferimento a strumenti di tutela prima non previsti. Ebbene, le diverse disposizioni
emanate in tempi più recenti (art. 52 d.lgs. 446/97, riforma riscossione del 1999, legge
n. 265/2002) consentono di affermare che l'ingiunzione fiscale rappresenta tuttora uno
strumento compatibile con l'attuale assetto legislativo per la riscossione coattiva delle
entrate.
Le ingiunzioni fiscali sono atti emessi dall'Ente pubblico creditore consistenti nell'ordine al
debitore di pagare entro trenta giorni la somma dovuta. Si tratta di uno strumento che
cumula
in
sé
le
caratteristiche
del
titolo
esecutivo
e
del
precetto.
L'ingiunzione, infatti, non necessita di essere resa esecutiva da un'autorità
giurisdizionale: essa stessa costituisce titolo esecutivo quando non vi sia opposizione da
parte del debitore entro trenta giorni dalla data di notifica o quando l'opposizione sia
rigettata.
Come sottolineato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 8162 del 15/06/2002,
presupposto fondamentale per poter ricorrere all'ingiunzione fiscale, è che il credito in
base al quale viene emesso l'ordine di pagamento sia certo, liquido ed esigibile e ciò
all'evidente scopo di tutelare le posizioni soggettive di coloro che vengono in contatto con
gli
Enti
pubblici.
Una giurisprudenza consolidata ha evidenziato che l'ingiunzione fiscale è applicabile non
solo per le entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato,
trovando il suo fondamento nel potere di autoaccertamento della Pubblica
amministrazione.
Con sentenza N. 277 del 13/07/2000 la Corte Costituzionale ha ritenuto estensibile il
sistema della riscossione tramite ingiunzione fiscale anche alle pretese creditorie derivanti
da
contratto.
In buona sostanza la conclusione è che l'ingiunzione fiscale di cui all'art. 2 del
R.D. n. 639/1910 è riservata alle sole pubbliche amministrazioni in senso
proprio e che un soggetto privato può avvalersene solo per espressa
autorizzazione
legislativa.
Inoltre il giudice ha accertato l'inesistenza della notifica dell'ingiunzione per mancanza
della relata di notifica essendo stata inviata direttamente per posta dai dipendenti
dell'esattoria e senza l'ausilio dei soggetti puntualmente individuati dalla legge (Ufficiale
giudiziario o Messo di conciliazione) ed ha rilevato la mancanza di sottoscrizione da parte
dell'Ente
creditore.
Essendo evidente la temerarietà della richiesta, il giudice ha, infine, ritenuto applicabile
l'art.96 comma 3 c.p.c. nel nuovo testo introdotto dalla legge n. 69/2009 e ciè la
liquidazione equitativa di un danno per responsabilità aggravata quantificato
forfettariamente
in
Euro
300,00.
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Direttore responsabile Antonio Zama
(Giudice di Pace di Gragnano - Dottoressa Cira di Somma, Sentenza 4 novembre
2010
)
[Dott. Luigi Vingiani]
Charles Maurice Hennequin (1863-1926) e Pierre Veber (1869-1942)
LA PRESIDENTESSA
Personaggi
IL PRESIDENTE TRICOINTE
LA MOULAINE, Procuratore della Repubblica
PINGLET, consigliere
BOUQUET DES IFS, consigliere
TRICOINTE (severo) - Signori! Vi prego! Un po' di contegno!
LA MOULAINE - E se conosceste l'attrice che la canta, caro Presidente! Che ammaliatrice! Una vera sirena! Cosa è capace di mettere in quei peli e in quel naso!
TRICOINTE - Signor Procuratore della Repubblica!
LA MOULAINE - Se conosceste quella Gobette !
TRICOINTE - Ah sì! Parliamone! E' scesa all'Albergo del Commercio...
LA MOULAINE - Una donna simile non può scendere!
TRICOINTE - E dopo lo spettacolo è rientrata, naturalmente non sola.
PINGLET (a parte) - Ahi! Ahi!
TRICOINTE - Il suo accompagnatore, un depravato, sembra, un uomo senza educazione e
senza nessun ritegno, si è comportato in modo scandaloso. Hanno fatto una vera orgia
romana... E hanno fracassato tutto, perfino il pianoforte!
LA MOULAINE - No?!
BOUQUET - Beati loro!
TRICOINTE - L'eco dello scandalo è giunto fino a me... I vicini hanno reclamato ed io ho
scritto all'albergatore ordinandogli di sporgere querela.
PINGLET (preoccupato) - Accidenti!
SOFIA (entra dal fondo) - Signor padrone, c'è il proprietario dell'albergo del Commercio
che vi vuol parlare. Dice che è urgente.
TRICOINTE - Vengo. Pinglet, date voi le carte per me; torno fra un attimo. (Via dal fondo
con Sofia).
PINGLET - Ah, corpo d'un cane! Corpo d'un cane!
BOUQUET - Cosa vi prende?
PINGLET - Mi prende che sono rovinato! Ora saprà tutto... Stanotte, al Commercio, c'ero
io, con Gobette!
BOUQUET e LA MOULAINE - Voi?!
PINGLET - Avevo pranzato in casa del Ricevitore e avevo bevuto un bicchiere di troppo.
Vedo una bella donnina che usciva sola dal teatro per la porta del palcoscenico. Mi
avvicino... era Gobette ! MI getto ai suoi piedi e le offro di farle visitare il Tribunale...
BOUQUET - A mezzanotte!
PINGLET - Scoppia a ridere... Facciamo conoscenza e la riaccompagno all'albergo!
LA MOULAINE - Ah, sacripante!
PINGLET - Che notte, amici miei! Abbiamo bevuto champagne, abbiamo cantato...
LA MOULAINE - I peli del naso?
PINGLET - Quello e altro... Abbiamo fracassato tutto! Ho spezzato il coperchio del piano e
ho gettato le bottiglie vuote dalla finestra! Mi pareva d'esser tornato studente! Alle tre del
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mattino mi hanno cacciato fuori...
LA MOULAINE - State tranquillo si metterà tutto in tacere! La giustizia non è
fatta per quelli che l'amministrano!
BOUQUET - Silenzio! Eccolo! (Tutti si rimettono a sedere. Pinglet distribuisce con zelo le
carte).
[Tratto dal copione teatrale disponibile sul sito di Gruppo Teatro Tempo:
http://www.gttempo.it ]
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