Isomeri e metaboliti: nuova frontiera della ricerca o del marketing?

Foglio di
informazione
professionale
Nr. 181
28/08/2008
Isomeri e metaboliti: nuova frontiera della ricerca o del marketing?
Molti farmaci di comune impiego sono costituiti da una miscela racemica, ovvero una miscela 50:50 di due
isomeri (enantiomeri) aventi identica composizione chimica, con l’unica differenza di essere l’uno immagine
speculare dell’altro. Gli enantiomeri vengono classificati in destrogiro (+) e levogiro (–) a seconda della direzione
verso cui ruotano la luce polarizzata o in R (da rectus) e S (sinister) se la disposizione spaziale degli atomi della
molecola (partendo da quello più grande a quello più piccolo) segue un senso orario o antiorario
Le due classificazioni sono indipendenti tra loro e non è possibile sapere a priori se la rotazione (+) o (–) è collegata
alla configurazione R o S.
Questa differenza strutturale, nota come “chiralità”, è importante: nel legame tra i recettori, spesso chirali, e i
farmaci (paragonabile all’introduzione di una mano in un guanto), un recettore R interagirà solo con un enantiomero
R. Di conseguenza, all’interno della miscela racemica solo un enantiomero è responsabile dell’effetto terapeutico.
Alcuni farmaci (es. paroxetina, sertralina, atorvastatina, simvastatina, pravastatina, fluticasone, salmeterolo,
valsartan) sono stati commercializzati sin dall’inizio come singoli enantiomeri. In teoria, la sostituzione di un
racemato con un enantiomero può offrire vantaggi in termini di maggiore potenza/selettività, migliore profilo
farmacocinetico e minore tossicità. La levofloxacina (Levoxacin), ad esempio, ha portato ad una maggiore attività
microbiologica rispetto al racemico ofloxacina (Oflocin), in particolare nel trattamento della polmonite di origine
extraospedaliera, in virtù dell’allargamento dello spettro antibatterico nei confronti dello Streptococcus pneumoniae
(pneumococco). In molti casi, tuttavia, l’immissione in commercio dell’enantiomero al posto della miscela racemica,
di provata efficacia e tollerabilità, ma con brevetto in scadenza (e quindi destinata ad una drastica riduzione del valore
commerciale), non rappresenta una reale novità, ma una scelta della ditta produttrice motivata dalla necessità di
mantenere la quota di mercato della “vecchia” specialità.
La levocetirizina (Xyzal), l’enantiomero attivo della cetirizina (Zirtec), è stato lanciato dalla UCB Pharma come
“nuovo” antistaminico prima della scadenza del brevetto della cetirizina, ma senza alcun vantaggio sul racemato sotto
il profilo della efficacia e della tollerabilità. Nella rinite allergica, l’efficacia della levocetirizina (5mg/die) è stata
valutata in diversi studi randomizzati, la maggior parte verso placebo, nessuno verso cetirizina. Nei vari confronti, la
levocetirizina è risultata superiore al placebo, ma analoga agli altri antistaminici (fexofenadina 180mg, loratadina
10mg, desloratadina 5mg) nell’attenuazione dei sintomi. Nello studio di più ampie dimensioni realizzato su 373
pazienti trattati per 2 giorni, levocetirizina e desloratadina si sono dimostrate superiori al placebo nel migliorare i
sintomi (es. rinorrea, irritazione oculare)1. Nell’orticaria, l’unico studio disponibile ha evidenziato una maggiore
efficacia rispetto al placebo nel ridurre la sintomatologia (misurata come sintomi soggettivi e episodi giornalieri)2. I
dati relativi agli effetti indesiderati della levocetirizina non si differenziano da quelli della cetirizina, pur con un
tempo di osservazione e un numero di pazienti trattati decisamente inferiori.
L’omeprazolo (Losec) è una miscela racemica di due enantiomeri. Prima della scadenza del brevetto dell’omeprazolo,
l’AstraZeneca ha registrato l’esomeprazolo (Nexium), l’enantiomero S. Omeprazolo ed esomeprazolo vengono
entrambi ben assorbiti dopo assunzione orale, ma prima del passaggio in circolo, l’S-omeprazolo viene metabolizzato
in misura minore dell’R-omeprazolo. In conseguenza del diverso grado di inattivazione, dopo la somministrazione
dei due enantiomeri a dosaggi equivalenti, le concentrazioni plasmatiche di esomeprazolo sono del 70-90% più
elevate di quelle dell’omeprazolo racemico3. Per effetto dei maggiori livelli ematici, lo stesso grado di soppressione
dell’acidità gastrica può essere ottenuto con dosi più basse di esomeprazolo (14-16mg) rispetto all’omeprazolo
(20mg)3. Sia l’S- che l’R-omeprazolo sono profarmaci che nelle cellule parietali vengono convertiti nella forma attiva
dell’inibitore di pompa. Diversamente dal profarmaco, il farmaco attivo non possiede un distinto isomero chirale,
ragione per cui le differenze strutturali tra i profarmaci sono ininfluenti. Nonostante la disponibilità di questi dati
farmacologici di base, negli studi di confronto sono stati utilizzati in prevalenza 40mg di esomeprazolo, una dose
relativamente più alta rispetto alle dosi standard degli altri inibitori di pompa. Non esistono dati che, alle dosi
equivalenti, dimostrino la superiorità di un inibitore di pompa sugli altri e l’introduzione dell’esomeprazolo non ha
comportato alcun vantaggio terapeutico3.
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L’escitalopram (Cipralex), un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina, è l’isomero attivo della miscela
racemica citalopram (Seropram). E’ stato presentato come più efficace, più rapido nell’insorgenza d’azione e meglio
tollerato del citalopram, ma non esistono dati convincenti a supporto di tali affermazioni. Gli studi randomizzati, in
doppio cieco, che hanno confrontato escitalopram (10-20mg/die) e citalopram (20-40mg/die) nella depressione da
moderata a grave sono quattro: tre di breve durata (8 settimane) su 1.254 pazienti complessivi4-6, uno di durata
rilevante (24 settimane) su 357 pazienti7. In tre studi5-7 su quattro non sono emerse differenze nel principale criterio di
valutazione utilizzato (variazione del punteggio medio sulla scala MADRS, Montgomery-Asberg Depression Rating
Scale). Solo uno studio di 8 settimane ha rilevato una differenza statisticamente significativa a favore dell’escitalopram
nella scala MADRS4, ma la differenza osservata tra i gruppi (2 punti in una scala di 60) è clinicamente trascurabile. In
tre studi4,5,7, l’escitalopram ha mostrato un miglioramento di alcuni criteri secondari, come la percentuale di pazienti
che rispondono al trattamento o di pazienti in remissione, rispetto al racemato; si tratta però di risultati che richiedono
conferme, considerando la breve durata degli studi e i limiti delle analisi statistiche effettuate8. Nell’unico studio
comparativo della durata di 10 settimane nel trattamento degli attacchi di panico (366 pazienti), non sono emerse
differenze tra escitalopram e citalopram9. Simile è stato anche il profilo degli effetti indesiderati.
Il principio di sviluppare un isomero da una miscela racemica può essere applicato anche al campo dei metaboliti
attivi. Esempi di questa strategia sono stati la sostituzione della terfenadina (Allerzil, non più in commercio) con il suo
metabolita fexofenadina (Telfast), che mantiene l’attività antistaminica del progenitore ma con minori effetti
indesiderati cardiaci, della loratadina (Clarityn) con la desloratadina (Aerius) e del risperidone (Risperdal) col
paliperidone (Invega), in assenza di studi comparativi diretti.
Il pregabalin (Lyrica) è strutturalmente e farmacologicamente correlato alla gabapentina (Neurontin), entrambi
commercializzati dalla Pfizer. Il pregabalin è l’enantiomero S di un analogo del neurotrasmettitore acido gammaaminobutirrico (GABA) e assomiglia molto alla gabapentina, anch’esso analogo del GABA. Gli studi preclinici (in
vitro e nell’animale) hanno dimostrato un aumento dell’affinità del legame per i recettori associati al sollievo dal
dolore rispetto alla gabapentina, ma non è chiaro se questo si traduca in un vantaggio dal punto di vista clinico. Il
lancio del pregabalin ha coinciso con l’imminente commercializzazione della gabapentina generica. L’efficacia nel
trattamento della neuropatia diabetica e della nevralgia post-erpetica è stata valutata in diversi studi randomizzati,
controllati con placebo, dai quali erano stati, però, esclusi i pazienti che in precedenza non avevano risposto alla
gabapentina (fatto, questo, molto criticabile, che limita fortemente la trasferibilità dei risultati). Nel loro complesso, i
risultati indicano che il 35% dei pazienti trattati con pregabalin e il 18% di quelli trattati con placebo ottengono una
riduzione del 50% del dolore10. Il principale studio comparativo (non pubblicato) è stato condotto su 256 pazienti con
neuropatia diabetica, randomizzati a placebo, pregabalin 600mg/die e amitriptilina 75mg/die. La riduzione del
punteggio medio relativo al dolore rispetto al placebo è stata significativa per l’amitriptilina, ma non per il pregabalin.
Rispetto al placebo, anche la percentuale di pazienti che hanno risposto (pazienti con una riduzione del 50% del
punteggio relativo al dolore) è risultata significativa per l’amitriptilina, ma non per il pregabalin10. Lo studio non era
abbastanza potente da rilevare differenze tra amitriptilina e pregabalin. Non vi sono prove dirette di una più rapida
comparsa dell’effetto del pregabalin rispetto all’amitriptilina e non sono stati pubblicati studi di confronto tra
pregabalin, gabapentina e carbamazepina. Le reazioni avverse con il pregabalin sono simili a quelle della gabapentina.
Vertigini e sonnolenza sono relativamente frequenti; negli studi, il 13% dei pazienti trattati con pregabalin ha sospeso
il trattamento a causa degli effetti indesiderati. Nonostante la scarsità dei dati a supporto di una superiorità rispetto alle
alternative terapeutiche, il pregabalin è stato oggetto di una massiccia campagna promozionale e il suo uso, grazie
anche al fatto che esistono pochi farmaci registrati per il dolore neuropatico, è aumentato in modo esponenziale dal
momento della sua commercializzazione nel settembre 2005.
A cura del dott. Mauro Miselli
Bibliografia
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10. European Medicines Agency (EMEA), 2006. European Public Assessment Report (EPAR) - Lyrica:
http://www.emea.eu.int/humandocs/Humans/EPAR/lyrica/lyrica.htm
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