Dicembre 2016 Spedizione in A.P. - 70% DCB/DC Pescara Centro di Servizio per il Volontariato della provincia dell’Aquila Pag. sommario Editoriale 3 Il popolo del volontariato A cura di: Ing. Cesidio Aratari Medicina e Salute 4 Obesità e Sindrome Metabolica cosa c’è da sapere, cosa c’è da fare A cura di: Prof. Claudio Letizia 7 8 Occhio al Diabete A cura di: Dott. Mario Santini 10 Nascita di un gene risparmiatore responsabile di una pandemia A cura di: Dott. Pietro Mercuri L’allergia al veleno di imenotteri Ultima parte A cura di: Dott. Francesco Murzilli Quadrimestrale di informazione Dicembre 2016 a cura dell’Associazione Diabetici Marsicana 2° Quadrimestre 2016 Registrazione Tribunale di Avezzano (AQ) n.2 anno 13 n. 169 del 23 Aprile 2003 Chiuso il 18 Novembre 2016 Il periodico Associazione Diabetici Marsicana INFORMA è stampato in n. 2000 copie, distribuito a: Soci, Regione, Provincia, Comuni, Ospedali, Medici di famiglia, Istituti scolastici, Banche, Associazioni di Volontariato. A.D.M. Associazione Diabetici Marsicana ONLUS, iscritta all’Albo del Volontariato della Regione Abruzzo n. 395 del 02/08/99. Direttore Responsabile Mario Sbardella Direttore Editoriale Cesidio Aratari Comitato di Redazione Francesco Congionti, Antonino Crea, Giovanni Fallocco Direzione e Redazione Associazione Diabetici Marsicana Ospedale Civile di Avezzano Piano 1° Stanza 15 tel. e fax 0863 499311 e-mail [email protected] www.associazionediabeticimarsicana.it Progetto grafico, A.D. e impaginazione www.mercurydesign.it Prevenzione e Salute 12 Olio di palma: conoscerlo per un consumo più consapevole A cura di: Dott.ssa Sara Cicchinelli 14 Il ruolo dell’Infermiere nella gestione delle malattie allergiche A cura di: Infermieri U.O. S.D. Allergologia O.C. Avezzano 17 Capire le analisi A cura di: ADM Servizi di base presso gli sportelli: utilizzo di fax, telefono, fotocopiatrice, computer, scanner e stampante; recapiti postali, telefonici ed e-mail. Ospitalità nei limiti della disponibilità di spazi delle sedi. Servizio di contatto tra chi vuole inserirsi nel mondo del volontariato e le associazioni che necessitano di volontari. 18 Il tempo è cervello A cura di: U.O.C. di Neurologia e Stroke Unit - Avezzano Formazione • Promozione • Documentazione Consulenza • Ricerca • Informazione e Comunicazione Notizie Flash 20 10 cose da sapere su Il Glaucoma 21 Anatomia di un Infarto a cura di: ADM 22 Un Impegno costante 23 Speciale ricette Centro di Servizio per il Volontariato della provincia dell’Aquila Sede Centrale dell’Aquila - via Saragat (zona Campo di Pile) c/o Casa del Volontariato tel. 0862.318637 - e-mail: [email protected] Il CSV inoltre pubblica la newsletter “CSVAQ informa” per l’approfondimento di aspetti fiscali e legali che interessano le associazioni. RECAPITI Sportello periferico di Avezzano Via Cassinelli, 2 tel e fax. 0863.455977 e-mail: [email protected] Sportello periferico di Castel di Sangro Via Costa Calda, 1 tel e fax. 0864.847344 e-mail: [email protected] Sportello periferico di Sulmona Corso Ovidio, 191 tel. 0864.212230 - e-mail: [email protected] Fonte testi e immagini (parte) riviste di settore, Google. - La presente pubblicazione ha scopo prettamente divulgativo, senza alcuna finalità di lucro. Editoriale Il Popolo del Volontariato S tiamo vivendo un periodo dove una parte del territorio italiano sta soffrendo per eventi catastrofici legati al terremoto. Osserviamo con grande ammirazione il popolo del volontariato che offre il proprio sostegno con cura, amore e professionalità. Mi sono chiesto da dove parte questo spirito che fa muovere il mondo del volontariato? Per la risposta, prendo a prestito le parole di Benedetto XVI in Deus Caritas: “il volontariato si muove per spirito di condivisione e di solidarietà con l’essere umano che vive particolari condizioni di difficoltà e si pone come risposta ai bisogni delle persone”. Anche nel nostro piccolo, nella vita dell’Associazione, mi piace pensare l’Associazione come momento di condivisione per dare piccoli aiuti alle persone che incontriamo, frequentiamo e coinvolgiamo nella nostra attività. C’è spazio per ampliare e coinvolgere altre persone che con gratuità possono condividere questo nostro impegno e sostenere le nostre iniziative. Un grazie a tutti, ed in particolare a tutti coloro, che a 30 anni dalla nascita dell’Associazione, l’hanno resa viva ed attiva fino ad oggi, sempre al sostegno soprattutto dei portatori della patologia diabetica dell’intera Marsica. ADM Associazione Diabetici Marsicana ADM c/o Ospedale Civile SS. Filippo e Nicola di Avezzano (AQ) Piano1° Stanza 15 tel. e fax 0863 499311 e-mail [email protected] www.associazionediabeticimarsicana.it C.F. 90004340668 Associazione Diabetici Marsicana 3 OBESITA’ E SINDROME METABOLICA: che cosa c’e’ da sapere, che cosa c’e’ da fare L ’obesità è una patologia ancora oggi, nonostante i discreti progressi terapeutici degli ultimi anni, gravata da una alta morbilità e mortalità nella popolazione occidentale, e non solo. L’obesità è definita non soltanto come un incremento del peso corporeo, ma piuttosto come un aumento della massa del tessuto adiposo valutabile in diversi modi: 1) come indice di massa corporea (IMC) quando è superiore a 30 kg/m2 nell’adulto; 2) come circonferenza addominale (WC) quando è superiore a 102 cm nell’uomo e 88 cm nella donna. L’obesità deve essere considerata una malattia cronica e multifattoriale, che ha ormai raggiunto le proporzioni di una vera epidemia mondiale. Più di 1 miliardo di persone sono in sovrappeso e più di 300 milioni sono obesi in tutti il mondo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) si può parlare di “globesità”, termine assai efficace che ben rappresenta uno scenario generalizzato caratterizzato dalla crescita epidemica di sovrappeso ed obesità e che coinvolge il mondo. Il dato italiano non smentisce affatto questa tena cura di: Prof. C. LETIZIA Dir. Centro Regionale del Lazio per la Diagnosi e Cura delle Ipertensioni Secondarie Endocrine di difficile Diagnosi Università degli Studi di Roma Sapienza Azienda Policlinico Umberto I° ROMA 4 Associazione Diabetici Marsicana denza, anzi, nel nostro paese la situazione assume toni addirittura critici: 1 italiano su 10 è obeso e 4 su 10 sono sovrappeso. L’espansione della massa adiposa è causata dalla combinazione dell’aumento delle dimensioni degli adipociti (ipertrofia) e dal differenziamento adipocitario (iperplasia). Oltre alla sua funzione primaria di serbatoio energetico, il tessuto adiposo viene considerato essere sempre di più come una sorgente di sostanze biologicamente attive (adipochine) che hanno una funzione endocrina, e pertanto oggigiorno viene identificato come un “organo endocrino”. In realtà, il tessuto adiposo rappresenta un organo fondamentale nella vita dei mammiferi anche perché costituisce la fonte energetica principale per circa 100 miliardi di cellule che richiedono al nostro organismo molecole da bruciare per la sopravvivenza 24 ore su 24 ore al giorno. Il tessuto adiposo nel nostro corpo contiene 2 principali citotipi cellulari che vengono definiti adipociti “bianchi” ed adipociti “bruni”. I primi sono più noti perché costituiscono l’elemento parenchimale di quello che viene comunemente definito come “grasso” ed è assolutamente incrementato in modo patologico nell’obesità. Gli adipociti bianchi possono accumulare e rilasciare gli acidi grassi (FFA), rappresentando le basi della loro funzione principale. Infatti, nel nostro organismo le cellule hanno un fabbisogno continuo di energia ed una lenta e continua ridistribuzione della stessa. Infatti, quando l’intervallo di tempo tra un pasto e l’altro raggiunge l’ordine di settimane il tessuto adiposo bianco assume l’importanza di un organo vitale per la sopravvivenza. Per questa ragione, nei secoli che hanno preceduto l’attuale abbondanza di cibo si sono selezionati i geni che permettono una rapida capacità di sviluppo del tessuto adiposo bianco; è possibile che questo possa essere uno dei motivi dell’attuale epidemia dell’obesità. Gli adipociti, inoltre, esercitano una azione protettiva contro il danno ipossico dei tessuti, attraverso la loro capacità di immagazzinare il grasso. Gli adipociti bruni sono meno noti e comunemente si ritiene che la loro presenza nell’uomo adulto sia trascurabile almeno dal punto di funzione. Inoltre, il tessuto adiposo è dotato di una vascolarizzazione bene organizzata ed ha una abbondante innervazione. Queste strutture collegano l’organo adiposo all’intero organismo per una regolazione metabolica integrata. Gli adipociti bruni sono cellule altamente specializzate nel produrre calore, bruciando i grassi; questa funzione viene raggiunta grazie alla presenza di una particolare proteina (UCP1, che in tutto l’organismo si trova solo in queste cellule) che consente al tessuto bruno di svolgere una attività termogenetica (cioè produzione di calore). Pertanto, l’unico prodotto finale della combustione degli FFA è la dissipazione di calore. L’esposizione a basse temperature attiva direttamente il tessuto bruno, e questo avviene attraverso la stimolazione dei recettori beta-3 adrenergici e secondaria liberazione di FFA degli adipociti. Convenzionalmente il tessuto adiposo viene anatomicamente evidenziato a livello addominale (viscerale), a livello dei tessuti sottocutanei (sottocutaneo) o ectopico (per esempio a livello cardiaco). Una caratteristica tipica del tessuto adiposo è rappresentata dalla naturale “plasticità cellulare” che gli permette di adattarsi alle diverse esigenze del nostro organismo. In sintesi, gli adipociti bianchi (riserva energetica dell’organo) possono essere trasformati in adipociti bruni attraverso particolari stimoli ambientali e/o ormonali. Questo meccanismo che va sotto il nome di “transdifferenziazione”, trasforma gli adipociti chiari in adipociti bruni in maniera fisiologica e reversibile a seconda dello stato ambientale, metabolico e nutrizionale. A questo punto, è ipotizzabile, con queste evidenze scientifiche, che una diminuita attività degli adipociti bruni possa essere una delle cause del ridotto consumo energetico e quindi lo sviluppo dell’incremento ponderale fino all’obesità. Nelle ultime decadi il tessuto adiposo, da serbatoio energetico, ha assunto un ruolo funzionale di sintesi e produzione di numerose sostanze biologicamente attive denominate “adipochine”. In modo decisivo l’identificazione della leptina (dal greco leptòs=sottile) ha portato alla consapevolezza che il tessuto adiposo svolge un ruolo di funzione endocrina al punto tale che oggi viene considerato essere un organo endocrino a tutti gli effetti. Infatti, la funzione endocrina dell’organo adiposo è ben documentata dalla sintesi e secrezione di tante sostanze peptidergiche, tra cui la leptina e l’adiponectina che svolgono un ruolo importante nella regolazione del metabolismo energetico e non solo. In sintesi, la leptina, prodotta dagli adipociti bianchi, agisce sul bilancio energetico a livello cerebrale (ipotalamo) agendo sulla regolazione del cibo, mentre l’adiponectina agisce a livello epatico e muscolare incrementando la sensibilità dell’insulina (ormone fondamentale nella regolazione del metabolismo del glucosio). Medicina e Salute Di recente, diversi studi scientifici si sono orientati sul ruolo del tessuto adiposo in risposta all’infiammazione ed è stato evidenziato che alcune cellule, come i macrofagi, siano reclutati nel tessuto adiposo (allorquando alterato) con il fine di spazzare via i detriti degli adipociti che conseguono alla morte delle cellule (in particolare inglobando i i residui lipidici). Di contro, un processo infiammatorio (sub-clinico) è allo stesso tempo attivato da un aumento della massa degli adipociti bianchi nei siti metabolicamente attivi. Questa risposta determina un forte incremento dei livelli circolanti di alcune sostanze pro-infiammatorie (citochine), molecole ormono-simili, ed altre sostanze infiammatorie. Le cause ed i meccanismi coinvolti nello stato infiammatorio indotto dall’obesità non sono pienamente compresi, anche se la correlazione tra obesità e infiammazione è stata riportata da diversi studi epidemiologici a partire sin dal 1950. E’ opinione corrente che, in normali condizioni dell’organo adiposo, gli adipociti immagazzinano lipidi (trigliceridi) e regolano l’omeostasi metabolica e che i macrofagi (cellule deputate ad inglobare i detriti) presenti nel tessuto adiposo rilasciano sostanze anti-infiammatorie. Al contrario, quando le cellule adipose sono alterate (come nell’obesità), i macrofagi attivati si comportano in maniera inversa con azione pro-infiammatoria. Pertanto, nell’obesità, nel tessuto adiposo ipertrofico si crea uno stato infiammatorio determinato dalla interazione principalmente tra gli adipociti e i macrofagi (“tessuto grasso infiammato”) con ripercussioni su tutto l’organismo. Il sovrappeso e l’obesità sono definite come condizioni caratterizzate da eccessivo peso corporeo causato da una eccessiva alimentazione e una ridotta attività fisica quotidiana, dovuti a comportamenti ed abitudini alimentari e quindi di stile di vita scorretto, anche se non è esclusa l’ipotesi che possono essere il risultato di fattori genetici alterati. L’accumulo di mas- Associazione Diabetici Marsicana 5 Medicina e Salute sa adiposa influisce negativamente sullo stato di salute dell’individuo favorendo l’insorgenza di un ampio numero di malattie come il Diabete tipo 2 (DM2), malattie cardiovascolari, steatosi epatica, neurodegenerazione, malattie dell’apparato respiratorio, malattie biliari ed alcuni tipi di neoplasie. Queste malattie associate all’obesità riducono conseguentemente l’aspettativa di vita e portano inesorabilmente a morte prematura. Infatti, la maggior parte degli studi epidemiologici hanno dimostrato come nella maggior parte della popolazione oggi vive in paesi dove gli individui hanno più cause di morte correlata al sovrappeso piuttosto che al sottopeso corporeo. Le conoscenze scientifiche e cliniche acquisite negli ultimi anni hanno evidenziato come l’obesità (in particolare quella viscerale) possa essere considerata uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo di una patologia molto più complessa e grave che viene individuata comunemente con il termine di “sindrome metabolica”, derivante da condizioni clinico-metaboliche alterate. La definizione più conosciuta ed applicata nella pratica clinica per la sindrome metabolica (SM) è quella del National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel (ATP)III del 2001. Essa non considera alcun elemento diretto o indiretto di insulino-resistenza (cioè insulina normalmente prodotta dal pancreas ma funzionalmente non efficace e con livelli circolanti incrementati), ma contempla la presenza di 3 variabili contemporaneamente presenti tra le seguenti: obesità addominale, ipertensione, ipertrigliceridemia, basso colesterolo-HDL e glicemia alterata > 110 mg/dl, ed includendo anche il DM2). L’obesità viscerale (circonferenza addominale > 102 cm negli uomini e > 88 cm nelle donne), come introdotta dall’International Diabetes Foundation (IDF), viene considerata come elemento essenziale a cui si debbono aggiungere altri 2 criteri tra quelli enunciati dall’ATP III. Pertanto, nel definire la definizione di SM il cri6 Associazione Diabetici Marsicana terio della circonferenza addominale assume un valore necessario, anche se non sufficiente. La prevalenza della SM nella popolazione generale è abbastanza elevata, con percentuali pari al 18-34 %, a seconda dei criteri diagnostici che vengono attuati. Sicuramente, la maggior percentuale si rinviene nella fascia dei soggetti con età tra i 65-74 anni. Inoltre, nei pazienti con DM2 si arriva all’80 %, con ipertensione arteriosa ed adiposità viscerale quali criteri maggiormente rappresentati. La patologia cardiovascolare (infarto acuto del miocardio, ictus cerebrale, arteriopatia periferica, nefropatia vascolare) e tutte le cause di mortalità sono prevalentemente aumentate nei pazienti con SM. Numerosi studi hanno dimostrato come soggetti con SM presentano un rischio di eventi cardiovascolari pressoché doppio rispetto a coloro che non ne sono affetti. In molti pazienti con SM il danno d’organo rappresenta uno stadio intermedio nell’evoluzione dell’aterosclerosi, più avanzato rispetto alla semplice esposizione dei fattori di rischio, ma non ancora complicato da un evento clinico maggiore. Alterazioni tipiche di danno d’organo sono rappresentate dalle placche delle arterie carotidi non ostruttive, dalla ipertrofia ventricolare sinistra cardiaca, dalla microalbuminuria, situazioni che possono precedere eventi clinici maggiori quali l’insufficienza cerebro-vascolare, l’ischemia miocardica, l’insufficienza cardiaca e l’insufficienza renale. Il trattamento della SM deve sempre comprendere la modificazione dello stile di vita. Tale intervento agisce in modo trasversale su tutti i fattori di rischio cardiovascolare della SM. Sicuramente, è importante sapere che un soggetto con circonferenza addominale normale ed attivo fisicamente (camminare almeno 30 minuti al giorno a passo svelto) ha altissime probabilità di non ammalarsi di DM2 e di non sviluppare una SM. In modo particolare, è stato dimostrato che una riduzione del 5 % del peso corporeo, della quota lipidica non superiore al 30 % delle calorie totali, la restrizione dei grassi saturi, un aumento del consumo di fibra e frutta-verdura, risulta essere efficiente nel ridurre l’incidenza del DM2. Inoltre, studi recenti, nel ratto, hanno dimostrato che cibi arricchiti di acidi grassi omega-3 sono in grado di ridurre i depositi di tessuto adiposo e probabilmente mediante una loro azione sulla ipertrofia che sulla iperplasia adipocitaria ed inoltre gli acidi grassi omega-3 sembrerebbero agire come potenti anti-infiammatori. Nell’uomo, alcuni dati osservazionali hanno mostrato una correlazione positiva tra l’elevato consumo di acidi grassi omega-3 e più bassi livelli di IMC. In conclusione, la SM offre oggigiorno anche un semplice concetto di prevenzione ed un punto di partenza identificabile per interventi clinici capaci di ridurre il rischio cardiovascolare ed in particolare il DM2 correlato all’obesità viscerale. Sarà pertanto utile adottare nei soggetti con SM tutti i possibili presidi della prevenzione primaria, a partire dall’esercizio fisico e da una dieta corretta, ed in casi selezionati impiegando farmaci mirati. Medicina e Salute I Occhio al diabete! l diabete è sempre più presente in tutte le regioni italiane e l’Abruzzo non fa eccezione; tra le varie complicanze alle quali può portare una glicemia elevata ci sono quelle agli occhi note come retinopatia diabetica. Il paziente che sa di essere diabetico e quindi in cura presso il proprio medico di famiglia e/o presso uno specialista viene inviato a visita oculistica o al controllo del fondo con frequenza legata alla gravità e al tempo di insorgenza del diabete stesso; una prima visita sarà comunque utile anche nel momento della scoperta del diabete stesso per avere un punto di partenza sul quale confrontare successivi controlli; a volte, anche se raramente, viene già rilevata una retinopatia; questo sta a significare che il diabete era presente già da anni; per lo stesso motivo capita all’oculista di visitare pazienti per altre motivazioni e scoprire una retinopatia diabetica; il fondo non è comunque un mezzo di prevenzione primaria in quanto se ci sono danni il diabete è presente da molto tempo. Per la prevenzione sono utili controlli della glicemia anche in soggetti in buona salute ma ultraquarantenni. Molto utile è invece il controllo del fondo per valutare lo stato dei vasi retinici nel paziente in cura per il diabete e/o iperteso e/o con valori elevati dei grassi. Tali alterazioni si alleano infatti per danneggiare lo stato di salute di tutti i vasi dell’organismo e quelli dell’occhio sono i vasi più facilmente visualizzabili Naturalmente ci sono una serie di sintomi che anche ai non addetti ai lavori fanno pensare ad un diabete ; tra questi aumento della sete con aumento del volume delle urine, stanchezza, perdita di peso ecc.) Un sintomo che non è troppo conosciuto è invece una improvvisa riduzione visiva soprattutto per vicino, ma anche un improvviso miglioramento visivo in un miope. Se questo accade bisogna anche chiedere se contemporaneamente ci sia un aumento della sete e della quantità di urine; se la risposta è si converrà effettuare una glicemia che confermerà la presenza del diabete. Una glicemia elevata ( sopra i 180 mg/dl) provoca infatti una perdita di liquidi con le urine, e come conseguenza della disidratazione una variazione transitoria della vista verso la ipermetropia che, essendo un vizio di refrazione opposto alla miopia, migliora (transitoriamente) la vista del miope, ma peggiora quella dell’emmetrope (colui che vede bene) e dell’ipermetrope. Una volta che la glicemia e l’emoglobina glicosilata saranno normalizzate il visus tornerà quello preesistente alla iperglicemia; viceversa una glicemia non ben controllata per molto tempo potrà portare a dei danni al sistema visivo anche irreversibili nonostante le nuove terapie per combattere l’edema maculare diabetico o la proliferazione di neovasi che l’organismo cerca di produrre per sostituire quelli danneggiati ma provocando ulteriori danni. Quindi in conclusione seguire le indicazione del diabetologo per mantenere una buona glicemia e occhio al diabete! a cura di: Dott. M. Santini specialista ambulatoriale ASL 01 Associazione Diabetici Marsicana 7 L’Allergia al Veleno di Imenotteri Ultima Parte CONSIGLI PER PREVENIRE LE PUNTURE DEGLI IMENOTTERI • Ispezionare i luoghi intorno all’abitazione o al posto di lavoro, in cui ci possa essere un nido di vespidi. • Affidare a personale specializzato la bonifica di eventuali alveari o nidi presenti in casa o nelle vicinanze. • Applicare zanzariere alle finestre dell’abitazione. • Tenersi possibilmente lontani da frutteti, vigneti e cespugli in fiore. • Tenersi lontani da alveari, soprattutto in caso di cattivo tempo. • Gli apicoltori, quando si avvicinano agli alveari, devono indossare maschere protettive, tute e calzature adeguate. • Se si lavora in giardino o in campagna, coprirsi adeguatamente con cappelli, guanti, pantaloni lunghi, camicie a manica lunga e idonee calzature. • Non indossare abiti larghi di colori vivaci, blu o nero. • Non camminare a piedi nudi. • Evitare l’uso di spray per capelli e cosmetici profumati (deodoranti, creme solari, shampoo), perché potrebbero a ura di: Dott. F. MURZILLI Dirigente Medico Responsabile U.O. S.D. di Allergologia P.O. di Avezzano (AQ) SS. Filippo e Nicola 8 Associazione Diabetici Marsicana attirare gli imenotteri. • Evitare di spostare tronchi d’albero o ceppi, perché potrebbero contenere dei nidi di vespidi. • Evitare di cucinare all’aperto o lasciarvi bevande e alimenti incustoditi. • Evitare di bere direttamente dalle lattine di bibite lasciate aperte, per la possibilità che vi sia entrata qualche vespa. • Conservare i rifiuti ben chiusi e spruzzare con insetticida i bordi delle pattumiere. • Quando si pratica attività sportiva all’aria aperta usare cautela, perché il sudore e l’anidride carbonica eliminata con la respirazione attirano gli imenotteri. • Indossare il casco integrale, i guanti ed i pantaloni lunghi quando si utilizzano motocicli. • Viaggiare in auto con i finestrini ben chiusi e tenere nell’abitacolo un insetticida. • In presenza di imenotteri cercare di mantenere la calma, evitare movimenti bruschi e urla, non cercare di schiacciarli, ma allontanarsi lentamente. COSA FARE IN CASO DI PUNTURA DEGLI IMENOTTERI • I pazienti allergici al veleno degli Imenotteri dovrebbero evitare l’uso di farmaci che possono aggravare un’eventuale reazione allergica, quali betabloccanti e ACE-inibitori. • Tutti i soggetti sensibilizzati dovrebbero portare una piastrina o un cartoncino nei documenti, che segnali la propria condizione di allergico ed, adeguatamente istruiti, una fiala di Adrenalina autoiniettabile. • In caso di puntura cercare di allontanarsi il più velocemente possibile ma con la dovuta cautela dal luogo dell’incidente. • In caso di puntura di ape se il pungiglione è rimasto conficcato nella cute rimuoverlo immediatamente ra- schiandolo con le unghie o con una lama, evitando di schiacciare il sacco velenifero tra le dita. • È bene controllare immediatamente l’orario, può essere utile per valutare il tempo di comparsa della sintomatologia. • Se si è soli cercare di raggiungere al più presto un luogo abitato o un posto di pronto soccorso, ai primi sintomi segnalare al 118 la propria condizione e posizione. • Se si è in compagnia informare immediatamente chi c’è vicino e insieme avviare le procedure precedenti. • In caso di comparsa di uno o più dei seguenti sintomi: senso di costrizione alla base della lingua con difficoltà a deglutire, cambio del tono della voce o difficoltà a respirare, disturbi della vista, vertigini, calo della pressione arteriosa, tosse, difficoltà a respirare, forti dolori addominali, vomito o diarrea, praticare una dose di Adrenalina autoiniettabile secondo le modalità indicate dall’allergologo. • Dopo l’autosomministrazione di Adrenalina, raggiungere rapidamente un presidio medico di emergenza o un posto di pronto soccorso per completare la terapia antiallergica, perché l’adrenalina ha un’azione rapida ma di breve durata e va associata ad altri farmaci. • Nei giorni immediatamente seguenti rivolgersi ad un centro allergologico specializzato, che potrà sia prescrivere la terapia necessaria per affrontare l’emergenza, sia praticare gli esami diagnostici ed attuare una eventuale immunoterapia. L’U.O.S.D. ALLERGOLOGIA DELL’OSPEDALE DI AVEZZANO E’ UNO DEI PRINCIPALI CENTRI ITALIANI PER LA DIAGNOSI E LA TERAPIA DELLE ALLERGIE A VELENO DI IMENOTTERI L’Unità Operativa Semplice Dipartimentale (U.O.S.D.) di Allergologia dell’Ospedale S.S. Filippo e Nicola di Avezzano si occupa di diagnosi e terapia delle allergie a veleno di imenotteri da oltre venti anni, curando centinaia di pazienti provenienti, per circa la metà dei casi, da fuori regione. Per l’esperienza maturata l’U.O.S.D. di Allergologia dell’Ospedale è stato inserito nella rete “Punto nel Vivo” (https://www.facebook.com/puntonelvivo) che comprende i principali centri allergologici italiani che si occupano di allergia a veleno di imenotteri (tab. 1). I pazienti accedono al reparto previo appuntamento, da prendere al CUP, con l’ inserimento in una lista dedicata che comporta l’attesa di 1-2 giorni. Il giorno della visita il medico dell’U.O.S.D. di Allergologia compila una scheda anamnestica nella quale sono riportate le notizie concernenti lo stato di salute del paziente e la reazione lamentata dopo la puntura dell’imenottero, vengono fornite le istruzioni per la prevenzione da ulteriori punture e la terapia di emergenza in caso di ripuntura (compreso il kit di Adrenalina Autoiniettabile) e viene, quindi , fissato l’appuntamento per effettuare le prove allergiche. Una volta fatta la diagnosi, nel caso in cui il paziente debba essere sottoposto a vaccinazione (da ritenersi farmaco salvavita), viene ordinato il vaccino, che, una volta di- Medicina e Salute sponibile, verrà somministrato, dai medici del reparto, con metodica rush raggiungendo la dose protettiva in 2 giorni. La quasi totalità dei pazienti vaccinati in questi anni hanno dimostrato di aver raggiunto uno stato di protezione con il vaccino somministrato, infatti, una volta ripunti, non hanno manifestato più reazioni sistemiche. TAB.1 TASSONOMIA DEGLI IMENOTTERI. IMENOTTERI DI INTERESSE ALLERGOLOGICO PRESENTI IN ITALIA: • Ape, Quando il pungiglione penetra nella pelle le lancette si spostano in alto e in basso alternativamente, spingendo il veleno nella ferita. L’apparato pungitore resta ancorato fortemente nella cute, per cui diventa impossibile retrarlo. Quando la vittima cerca di liberarsi dall’ape ne distacca il pungiglione, che continua ad espellere veleno mediante la contrazione ritmica della muscolatura del sacco. Per tale motivo è importante rimuovere immediatamente il pungiglione con un rapido raschiamento della cute con l’unghia o con una lama, evitando di comprimere il sacco velenifero tra le dita, perché così si faciliterebbe l’inoculazione del veleno. • Bombo, Sono insetti scarsamente aggressivi e pungono solo se provocati. • Vespula, L’attacco è preceduto da un intenso ronzio, provocato dalle vibrazioni delle ali. In genere colpiscono la preda tutte nella stessa zona del corpo. • Vespa crabro italica o Calabrone, La Vespa crabro è moderatamente aggressiva e presenta anche attitudine al volo notturno. • Dolichovespula, In genere sono meno aggressive delle vespule e diventano più temibili in prossimità del nido. • Polistes. Il pungiglione ha forma cilindrica con un diametro superiore a quello dell’ape, ma non seghettato, questo permette di retrarlo dalla pelle per reinserirlo o per fuggire dopo la puntura. Il veleno viene espulso istantaneamente per la presenza di una spessa guaina muscolare nel sacco velenifero. Uno studio moderno, dotato di tutte le attrezzature più innovative, in grado di offrire tutti i tipi di trattamenti per la cura della bocca. 20% Sconto del per tutti i soci ADM Associazione Diabetici Marsicana 9 Nascita di un gene Rispamiatore, L Responsabile di una Pandemia. ’uomo ha sviluppato, dalla prima comparsa sulla terra, alla sua successiva evoluzione in forme sempre più simili all’attuale genere umano, competenze metaboliche fortemente influenzate dalle condizioni di vita e dell’ alimentazione. Da 2 milioni di anni fa ad oggi sono cambiate sia le caratteristiche dell’alimentazione, sia la disponibilità del cibo. Ci sono stati periodi con abbondante cibo, da consumarsi in pochi giorni, per ovvi motivi (cacciagione), altri di digiuno. Queste oscillazioni hanno condizionato a cura di: Dott. P. MERCURI P.T.A. Umberto I° di Tagliacozzo (AQ) Responsabile Struttura Semplice di Endocrinologia 10 Associazione Diabetici Marsicana il nostro metabolismo, poi disorientato dalla costante disponibilità di cibo, con l’avvento prima dell’agricoltura e poi dell’era industriale. Nasce nel tempo un “gene risparmiatore” con iperinsulinemia ed insulino-resistenza, che ha sicuramente influenzato la selezione della specie ed incrementato la sopravvivenza, è diventato però il protagonista della pandemia di obesità e diabete mellito. L’aumento della resistenza insulinica e l’iperinsulinemia è stata correlata, in diversi studi, alla mancanza di alternanza tra digiuno e sazietà. Negli ultimi 50 anni, con le crescenti disponibilità alimentari ed uno stile di vita sedentario (complice la meccanizzazione), l’obesità è esplosa. Le paleo-diete, chetogeniche, ipocaloriche, si ispirano al recupero di comportamenti precedenti l’avvento dell’agricoltura. La prima malattia trattata con questa dieta fu l’epilessia nel 1920, poi le malattie neuro-degenerative (Parkinson, Alzheimer, sclerosi laterale Amiotrofica ecc...) successivamente numerosi ministeri della salute la introdussero nel programma dell’Obesità, nella Sindrome Metabolica, nelle Osteopatie severe. Gli zuccheri, non sono nutrienti essenziali, l’organismo è in grado di sintetizzare glucosio a partire da glicerolo e aminoacidi, cioè l’organismo è in grado di adattarsi ad una dieta priva di carboidrati. Medicina e Salute L’organismo dopo 1 solo giorno, esaurisce le scorte di glucosio e va ad utilizzare per il suo fabbisogno glucosio di nuova sintesi e i grassi di riserva. Si ritiene però necessario utilizzare una quota di carboidrati, sia per prevenire un eccessivo catabolismo proteico, sia per evitare un accumulo di corpi chetonici ed urea, con carenza di vitamine, fibre alimentari e minerali. L’ADA, associazione diabetici americana, consiglia l’utilizzo di un minimo quantitativo di zuccheri nella dieta giornaliera di circa 130 grammi. Quando si riduce drasticamente l’apporto degli zuccheri si modifica il rapporto tra INSULINA / GLUCAGONE che promuove la mobilizzazione dei depositi di grasso, favorendone la combustione. Il risultato è una forte messa in circolazione di chetoni che vanno a soddisfare le esigenze energetiche del cervello e del fegato con comparsa di sazietà. La DIETA CHETOGENICA è una dieta terapeutica, normo-proteica, fortemente ipocalorica, consigliata per brevi periodi (1-6 mesi), che rappresenta un metodo di grande interesse metabolico negli obesi, cardiopatici e scompensati, che permette di recuperare rapidamente un’autonomia ed una qualità della vita accettabile. La riduzione dell’apporto calorico è raccomandato dalle principali linee guida ed è una componente irrinunciabile per i programmi di gestione del peso. I candidati a questo trattamento sono soprattutto gli OBESI GRAVI E COMPLICATI, che hanno necessità di una rapida perdita di peso, che si giovano della riduzione della sensazione di fame, con un buon mantenimento del trofismo muscolare e un buono stato di benessere psico-fisico. Tale dieta, è utile in preparazione ad interventi chirurgici, ortopedici, cardiaci ecc…, bisogna considerare che un calo del 10% del peso iniziale determina una notevole riduzione delle complicanze cardio-vascolari e migliora la performance cardio-respiratoria con riduzione del rischio anestesiologico e trombo-embolico, si riduce inoltre la steatosi epatica e migliora l’insulinoresistenza. Comunque è consigliato, la settimana prima dell’intervento di interrompere il programma chetogenico e osservare una dieta completa . L’inserimento del paziente, in un programma di calo ponderale, prevede una competenza poli-specialistica, cardio-metabolica, con obiettivi e tempi di trattamento e uno stretto monitoraggio clinico e bioumorale. Le CONTROINDICAZIONI sono: la gravidanza e l’allattamento, un’anamnesi positiva per disturbi psichici e comportamentali, l’abuso di alcool e altre sostanze, l’insufficienza epatica e renale, il diabete mellito tipo 1, l’infarto miocardico acuto e l’angina instabile. La dieta chetogenica, è consigliata quando è richiesto un calo ponderale rapido, che aiuti a contenere il rischio per la salute. Questo percorso ha un obiettivo a breve medio termine, va condiviso in modo completo e chiaro con il paziente, prevedendo un reinserimento dopo la fase chetosica ad un regime alimentare bilanciato e piacevole. Associazione Diabetici Marsicana 11 OLIO DI PALMA: conoscerlo meglio O per un consumo più consapevole rmai da qualche anno l’olio di palma è al centro di innumerevoli riflessioni riguardanti non solo l’impatto ambientale e sociale conseguente alla sua produzione, ma anche gli effetti del suo consumo sulla nostra salute. L’olio di palma viene ricavato dai frutti e dai semi di un arbusto di origine africana, l’Elaeis guineensis. Circa l’85% della produzione mondiale attuale avviene in Malesia e Indonesia, dove il clima della foresta pluviale favorisce la crescita della palma da olio. Sebbene in queste aree la coltivazione della palma da olio sia una risorsa importante per l’economia, mette a rischio l’habitat di specie animali in pericolo di estinzione, ragione per cui alcuni enti, tra i quali il WWF, hanno recentemente avviato iniziative, come la Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO), volte a promuovere una maggiore sostenibilità delle coltivazioni della palma da olio, una tracciabilità del prodotto più trasparente e la tutela dei diritti dei lavoratori. Affrontato l’aspetto socio-ambientale, è lecito domandarsi quali peculiarità dell’olio di palma lo abbiano reso l’olio vegetale più utilizzato sulla a cura di: Dott.ssa S. CICCHINELLI 12 Associazione Diabetici Marsicana Terra. Al contrario di quanto si possa ritenere, infatti, oltre al più noto impiego nel settore alimentare, questo prodotto è sfruttato anche in altri settori quali quelli bioenergetico, farmaceutico e cosmetico. L’industria alimentare ha trovato nell’olio di palma un valido ingrediente grazie alle proprietà che lo rendono idoneo per la frittura e la conservazione di molti prodotti confezionati: è molto resistente all’esposizione al sole e alle temperature elevate, è incolore, insapore, facilmente lavorabile e molto economico poiché presenta una resa migliore della maggior parte degli oli vegetali (compreso quello di oliva) nonostante per la sua coltivazione siano richiesti poco terreno e poca acqua. Il suo ampio utilizzo nella produzione alimentare, inoltre, è stato favorito dall’inasprimento delle normative dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sui grassi idrogenati, quali la margarina, che si sono rivelati molto dannosi per la salute. Date queste fondamentali premesse, per comprendere quali siano gli effetti determinati dall’assunzione dell’olio di palma sull’organismo umano, è essenziale sapere che, in base ai processi di lavorazione, si individuano tre diversi tipi di olio di palma: l’olio di palma grezzo o “olio rosso”, ricavato dai frutti, è semisolido a temperatura ambiente e deve il suo colore alla ricchezza di sostanze antiossidanti quali la vitamina E e i carotenoidi (precursori della vitamina A); l’olio raffinato subisce una serie di processi che lo rendono liquido ma al tempo stesso lo impoveriscono delle sostanze antiossidanti; l’olio di palmisto, ottenuto dai semi, è di colore bianco ed ha una consistenza semisolida. La differenza sostanziale tra i tre tipi di olio consiste nella diversa concentrazione in acidi grassi saturi (principalmente palmitato) che costituiscono circa il 50% degli acidi grassi presenti nell’olio grezzo ma possono arrivare fino all’85% negli oli più raffinati, che sono quelli maggiormente utilizzati nella produzione di alimenti confezionati. Gli acidi grassi saturi sono contenuti anche in molti alimenti di origine animale (burro, formaggi, carni grasse) e, poiché sono in grado di far aumentare la concentrazione del colesterolo ematico, possono incidere negativamente sul rischio di malattie cardiovascolari. Ciò nonostante, sarebbe un errore demonizzare gli acidi grassi saturi che, insieme agli acidi grassi insaturi (presenti in alimenti quali gli oli vegetali di semi e di oliva, i cereali, il pesce), devono far parte di una dieta equilibrata poiché esplicano importanti funzioni fisiologiche: oltre a fornire energia (9 kcal/ grammo) sono componenti delle membrane cellulari, precursori di ormoni e regolatori della comunicazione intracellulare; sono inoltre necessari per consentire un’adeguata crescita, soprattutto fino ai due anni di vita, tanto che il latte materno ne è ricco. La maggior parte degli esperti, compresi i membri della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) e dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), raccomanda un apporto di grassi pari al 30% delle kilocalorie totali giornaliere, dei quali il 20% dovrebbe essere rappresentato da acidi grassi insaturi e il 10% da acidi grassi saturi. Interrogato dal Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha condotto una metodica revisione della letteratura scientifica. Da questa analisi non è finora emersa “l’esistenza di componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute” . Viene però ribadito che le conseguenze dannose dell’assunzione di questa sostanza sono riconducibili “al suo elevato contenuto in acidi grassi saturi”. Queste considerazioni meritano di essere inserite in una lettura critica dell’argomento, tenendo ben presenti due aspetti diversi ma in parte complementari. Il primo, concerne il fatto che, pur essendo un olio vegetale, l’olio di palma raffinato ha caratteristiche che lo rendono molto più simile a prodotti ricchi di grassi saturi di origine animale, come ad esempio il burro; di conseguenza “l’effetto dell’olio di palma sul rischio cardiovascolare […] non differisce molto da quelli di altri grassi saturi”. L’atteggiamento suggerito dall’ISS, quindi, è quello di limitare il consumo di alimenti contenenti olio di palma, in particolare in soggetti quali “bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi, che possono presentare una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale”. Il secondo aspetto da considerare riguarda le etichette degli alimenti dove, dietro la vaga dicitura di “oli vegetali” o “grassi vegetali”, spesso si cela proprio il famigerato olio di palma; ciò può comportare, da parte del consumatore, l’inconsapevole assunzione di questo olio, la cui quota di grassi saturi si va a sommare a quella apportata da alimenti non trasformati (carne, uova, latte e derivati) che li contengono naturalmente. In risposta al problema dalla fine del 2014 è stata introdotta una nuova normativa europea che impone di impiegare diciture meno vaghe quali “olio vegetale di palma” o, semplicemente, “olio di palma”. Va inoltre ricordato che i dati relativi agli effetti negativi legati all’eccessivo consumo di acidi grassi saturi non sono definitivi, e recenti studi avrebbero evidenziato un’associazione non solo con le patologie cardiovascola- Prevenzione e Salute ri ma anche con malattie ossee e neoplasie come quelle del colon retto e della mammella. Tuttavia, è bene ribadire che questi studi si riferiscono agli acidi grassi saturi in generale e non specificatamente all’olio di palma: in merito all’effetto cancerogeno di quest’ultimo, uno studio pubblicato sull’EFSA segnala che “a temperature superiori a 200°C l’olio di palma e il palmisto possono sviluppare sostanze che, ad alte concentrazioni possono essere genotossiche, ossia mutare il patrimonio genetico delle cellule”. Tuttavia sul sito dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) si legge che “con una normale alimentazione è molto difficile raggiungere le quantità che aumenterebbero in modo misurabile il rischio individuale di sviluppare un tumore”. Ha destato scalpore uno studio italiano che aveva correlato l’assunzione di olio di palma con l’insorgenza del diabete nelle cavie, a causa dell’induzione da parte del palmitato di una proteina (p66Shc) capace di provocare stress ossidativo con conseguente apoptosi delle cellule beta pancreatiche. Questi dati sono stati successivamente corretti dal gruppo di ricerca stesso, sottolineando come l’olio di palma contenuto nella dieta somministrata alle cavie, fosse in effetti olio di palma idrogenato, ossia una formulazione che non viene utilizzata nell’industria alimentare. Se si pensa al noto caso dei grassi idrogenati, ci si accorge che l’olio di palma non è di certo la prima sostanza a subire un processo mediatico, in cui si scontrano due parti, entrambe impegnate a difendere tenacemente i loro interessi: da un lato, i consumatori, che esigono, a ragione, chiarezza e sicurezza; dall’altra, le aziende del settore alimentare, che avrebbero difficoltà a bandire l’olio di palma dalle loro produzioni, non disponendo ancora di un valido sostituto che permetta di mantenere invariate le caratteristiche dei loro prodotti più noti. In questo “tribunale della salute”, il giudice imparziale è rappresentato dalla scienza, che al momento ha elementi sufficienti per deliberare su un solo capo d’accusa: l’elevato contenuto di acidi grassi saturi, che non mancano però anche in altri prodotti di uso comune come il burro. Ci si potrebbe domandare per quale ragione non si prospetti la sostituzione dell’olio di palma con altri oli vegetali: la risposta sta nella necessità di utilizzare maggiori superfici coltivabili per ottenere produzioni equivalenti, con effetti controproducenti per l’ambiente, e per il fabbisogno alimentare mondiale, senza dimenticare che anche altri oli vegetali, se cotti, possono dar luogo a sostanze potenzialmente tossiche. Alla luce delle conoscenze attuali e delle raccomandazioni degli esperti, il consumatore più responsabile può tutelare il suo benessere moderando, ma non necessariamente evitando del tutto, l’assunzione non solo del tanto discusso olio di palma, ma in generale di tutti quegli alimenti ricchi di acidi grassi saturi. Torniamo a riscoprire la vera dieta mediterranea e i benefici di una vita non sedentaria, non stressante, ma con qualche peccato di gola di tanto in tanto. Associazione Diabetici Marsicana 13 Il ruolo dell’infermiere nella gestione delle malattie Allergiche N ell’ambito delle malattie allergiche, la figura dell’infermiere, in quanto educatore sanitario, è di primaria importanza per rispondere alle richieste di salute dei cittadini affetti da tali patologie. La legge 42 del 1999, unitamente al profilo professionale, al codice deontologico e ai decreti istitutivi del corso di laurea in infermieristica, delinea e “giustifica” un professionista sanitario in grado di svolgere un’attività in autonomia, avendo come base un’alta responsabilità e competenza; queste caratteristiche rendono l’agire infermieristico dell’unità operativa di allergologia autonomo nell’organizzare il servizio dal punto di vista gestionale, nello specifico fa si che esso funzioni al meglio pianificandone l’attività nell’ambulatorio e nel day-hospital. a cura di: Cerasani Angela, De Angelis Rita, Di Ninno Nicoletta, Di Vito Giovanni, Persia Rosalia. Infermieri U.O. S.D. di Allergologia O.C. Avezzano 14 Associazione Diabetici Marsicana L’assistenza, dunque, comprenderà l’esecuzione dei più comuni test diagnostici in collaborazione con il personale medico operante nella struttura, il coinvolgimento del soggetto assistito nella ricerca di ogni informazione utile all’avanzamento e all’attuazione della terapia prevista dal piano di assistenza formulato in èquipe, nonché la gestione di emergenze allergologiche gravi come l’anafilassi e le reazioni anafilattoidi. Di seguito si analizzano i vari aspetti gestionali di natura infermieristica delle più comuni malattie riscontrabili nei pazienti che afferiscono al servizio di Allergologia. • Rinite allergica Infiammazione della mucosa nasale provocata da un allergene. - Valutazione infermieristica: ricercare segni come lacrimazione, eritema congiuntivale, pallore delle mucose nasali, respirazione attraverso la bocca e respirazione inefficace. - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente; partecipare alla programmazione del piano terapeutico, alla esecuzione di test cutanei o di provocazione, alla raccolta di campioni di muco da inviare al laboratorio. - Interventi di educazione sanitaria: suggerire al paziente l’utilizzo di biancheria da letto anallergica e la sua pulizia settimanale in acqua calda; pulizia degli ambienti con aspirapolvere indossando una maschera facciale, eliminando possibili ricettacoli di polvere come tende e tappeti; pulizia dei filtri del condizionatore o del riscaldamento; sconsigliare il fumo di sigaretta e i rapidi cambiamenti di temperatura. Nel caso l’allergia sia alla forfora di animali (soprattutto cani e gatti) si deve evitare di tenerli in casa. Evitare la crescita di muffe mediante deumidificazione degli ambienti domestici. • Asma bronchiale allergica Malattia infiammatoria cronica delle vie aeree dovuta ad una ipersensibilità nei confronti di un allergene inalato. - Valutazione infermieristica: sorvegliare su episodi di tosse, dispnea, sibili bronchiali, sensazione di costrizione toracica; - Interventi infermieristici: redigere nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente, partecipare alla programmazione del piano terapeutico e alla pratica di test cutanei o di provocazione e alla raccolta di esami da inviare al laboratorio;. - Interventi di educazione sanitaria: insegnare l’autosomministrazione dei farmaci corticosteroidi e beta2-agonisti. Sconsigliare il fumo di sigaretta; evitare le situazioni che scatenano il broncospasmo e consigliare le norme igieniche proposte precedentemente per la rinite allergica. • Sindrome orticaria-angioedema Condizione caratterizzata dalla presenza di pomfi transitori e pruriginosi (orticaria) e di aree edematose che interessano il derma e il tessuto sottocutaneo (angioedema). - Valutazione infermieristica: indagare circa il periodo di comparsa e scomparsa delle lesioni e vagliare i possibili fattori scatenanti. - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente e relative alla valutazione infermieristica; partecipare alla programmazione del piano terapeutico, alla pratica di test cutanei o di provocazione (con ghiaccio o dopo sforzo fisico, o con il calore, o con la pressione) e alla raccolta di campioni da inviare al laboratorio per gli accertamenti necessari. - Interventi di educazione sanitaria: insegnare l’autosomministrazione di corticosteroidi e antistaminici, sconsigliare al paziente l’esposizione al sole e l’eccessivo esercizio fisico; suggerirgli di evitare i fattori scatenanti qualora questi vengano identificati e insegnargli tecniche di rilassamento. • Dermatite atopica Malattia infiammatoria cronica che comporta una cute secca e ipersensibilità agli allergeni ambientali. - Valutazione infermieristica: raccogliere informazioni sull’esordio, la durata e la localizzazione delle lesioni. - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente relative alla valutazione infermieristica; partecipare alla programmazione del piano terapeutico e alla pratica di test cutanei. Prevenzione e Salute - Interventi di educazione sanitaria: ridurre l’infiammazione mediante l’utilizzo di medicazioni bagnate sterili, sconsigliare i bagni prolungati in acqua calda e i saponi irritanti, suggerire l’applicazione di emollienti non profumati sulla pelle ancora inumidita dal bagno, consigliare un’umidità dell’ambiente sopra il 40% e un abbigliamento con capi di cotone, evitando lana e tessuti sintetici occlusivi. • Dermatite da contatto Manifestazione cutanea infiammatoria, eritematosa con vescicole essudative oppure desquamative, determinata dall’azione di una sostanza che produce un danno cellulare. - Valutazione infermieristica: raccogliere informazioni sull’esordio, la durata e la localizzazione delle lesioni. - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente; partecipare alla programmazione del piano terapeutico e alla pratica di test cutanei. - Interventi di educazione sanitaria: insegnare l’autosomministrazione di farmaci immunomodulatori per via topica, rendendo il paziente partecipe dei principali effetti collaterali e dei segni identificativi da segnalare al medico curante. Istruire alla cura delle eventuali infezioni secondarie. Scoraggiare il contatto con l’allergene scatenante qualora questo venga accertato. • Allergia al veleno di imenotteri e altri insetti Reazione anomala ed esagerata alla puntura di insetti per sensibilizzazione allergica verso alcune componenti del veleno dell’insetto responsabile della puntura. - Valutazione infermieristica: raccogliere informazioni sui segni di una reazione avversa a seguito di una puntura d’insetto e ad una eventuale reazione anafilattica. Associazione Diabetici Marsicana 15 Prevenzione e Salute - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente, partecipare alla programmazione del piano terapeutico e alla pratica di test cutanei, - Interventi di educazione sanitaria: suggerire la lontananza da fiori o frutti maturi, evitare l’uso di vestiti con colori vivaci, profumi, spray per capelli, creme solari e shampoo profumati; consigliare di muoversi molto lentamente in presenza di api e vespe e sconsigliare l’apertura delle finestre della camera da letto durante il giorno o suggerire l’utilizzo di una zanzariera. Istruire il paziente a mantenere semplici abitudini nel caso di passeggiate o spuntini all’aria aperta, come ad esempio non camminare a piedi nudi, non lasciare avanzi di dolci o carne, tenere pulite e chiuse le buste per i rifiuti, non spostare tronchi caduti, massi o cespi per non disturbare eventuali alveari ivi posizionati. Si deve rendere noto al paziente che nel caso di attività fisica all’esterno il sudore e l’anidride carbonica emessa con l’iperventilazione attraggono gli insetti, e che sarebbe opportuno durante l’uso di moto o bicicletta l’impiego di casco, occhiali e guanti. Consigliare al paziente, in presenza di nidi di insetti nelle vicinanze della propria casa, di allertare i vigili del fuoco per la loro rimozione. Istruire i pazienti con le forme più gravi all’autosomministrazione di adrenalina mediante siringhe auto iniettanti mentre quelli con forme più blande a contattare il più vicino pronto soccorso per scongiurare eventuali complicanze. • Allergia alimentare Reazione anomala ed esagerata all’ingestione e il contatto con alimenti solitamente innocui. - Valutazione infermieristica: collaborare all’individuaAssociazione Diabetici Marsicana 16 zione dei cibi responsabili delle reazioni, valutare l’adesione del paziente alla dieta prescritta per evitare le reazioni allergiche e riconoscere i segni di una nutrizione squilibrata valutando anche il peso corporeo. - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente; partecipare alla programmazione del piano terapeutico e alla pratica di test cutanei e di provocazione. Suggerire al paziente di scrivere un diario degli alimenti assunti e delle reazioni avute, da portare alle successive visite di controllo e collaborare con un dietista per la valutazione del paziente. - Interventi di educazione sanitaria: suggerire al paziente di informarsi circa la composizione di cibi eventualmente preparati da terzi; invitarlo a leggere le etichette degli alimenti pronti e spiegargli la possibilità di contaminazione di un cibo normalmente innocuo se preparato nello stesso contenitore di uno al quale si è allergico, nel caso non venisse accuratamente pulito. Istruire i pazienti con le forme più gravi all’autosomministrazione di adrenalina mediante siringhe auto iniettanti. • Allergie ai farmaci Reazioni indesiderate ad un farmaco che siano dannose e inattese e che sopravvengano alle dosi comunemente usate nell’uomo a scopo di profilassi, diagnosi o terapia. - Valutazione infermieristica: collaborare all’individuazione dei farmaci responsabili delle reazioni e al riconoscimento e alla valutazione dei segni di una allergia ai farmaci. - Interventi infermieristici: segnalare nella cartella integrata le informazioni avute dal colloquio con il paziente; partecipare alla programmazione del piano terapeutico e alla pratica di test cutanei e di provocazione. - Interventi di educazione sanitaria: suggerire al paziente la che in caso di dubbi può richiedere informazioni al proprio medico. Spiegare al paziente di avvisare immediatamente , nel caso di un ricovero in ospedale, i professionisti sanitari sulla propria allergia e sui farmaci responsabili. Istruire i pazienti con le forme più gravi al riconoscimento dei sintomi di anafilassi. L’analisi del ruolo gestionale dell’infermiere all’interno Consulenza e Servizi alle Impese del servizio di Allergologia, l’approfondimento dei vari Prevenzione e Sicurezza negli aspetti diagnostici e terapeutici e, il rilievo alla Ambientiposto di Lavoro figura dell’infermiere come educatore sanitario, possoIgiene Industriale no rendere il lavoro presentato un esempio di esercizio Tutela Ambientale della professione infermieristica utile allaFormazione comunità, nell’ottica di un’ evoluzione in termini di competenza, Sistemi di Gestione responsabilità e maggiore vicinanza delle strutture sanitarie ai possibili fruitori. Dott. Ettore Di Biase Organizzazione Aziendale e Management della Sicurezza mobile 346 23 98 802 Associazione Diabetici Marsicana 17 Prevenzione e Salute Time is brain ! Il tempo è cervello! ICTUS come prevenirlo e come curarlo L a cura di: U.O.C. di Neurologia e Stroke Unit Avezzano 18 Associazione Diabetici Marsicana ’ictus è una malattia che colpisce il cervello: può essere il risultato di un’interruzione di sangue ai tessuti cerebrali dovuta alla chiusura di un’arteria (Ictus ischemico, circa 80% dei casi), oppure derivare dalla rottura di un’arteria (Ictus emorragico o emorragia sub aracnoidea). Come si manifesta L’Ictus si può riconoscere dall’insorgenza di uno o più sintomi: - improvviso formicolio o mancanza/diminuzione di forza alla faccia, braccio o gamba in particolare se interessa un solo lato; - improvvisa confusione, difficoltà nel parlare o nel capire ciò che si ascolta; - perdita dell’equilibrio e difficoltà a stare in piedi, difficoltà nel camminare, sbandamenti; Prevenzione e Salute - improvvisa difficoltà a vedere con un occhio o entrambi; - improvviso ed intenso mal di testa (il più forte mai avvertito). A volte questi sintomi compaiono solo per alcuni minuti, poi scompaiono completamente. Si parla in questi casi di attacchi ischemici transitori (TIA), che possono essere campanelli d’allarme per un ictus vero e proprio. In questi casi il paziente deve essere visto con urgenza da un medico. I sintomi sono legati alla sede e all’estensione della lesione cerebrale, ma è importante saperli riconoscere subito per poter intervenire il più presto possibile, pertanto bisogna chiamare immediatamente il 118. Prima si interviene e più tessuto cerebrale possiamo salvare. Come prevenire l’Ictus - Effettuare visite periodiche dal medico di base per verificare il proprio profilo di rischio vascolare, tenendo sotto controllo l’attività cardiaca (fibrillazione atriale), la pressione arteriosa, la glicemia e i lipidi ematici; - non fumare; - praticare attività fisica e sportiva (come camminare a passo spedito per 30 minuti a giorni alterni); - controllare il peso corporeo: il sovrappeso influisce negativamente sulla pressione arteriosa, sul diabete e sui grassi nel sangue; - limitare l’alcol all’assunzione quotidiana di modiche quantità (un quartino al giorno di vino); - correggere l’alimentazione limitando l’uso del sale, specie nei soggetti ipertesi, riducendo il consumo di grassi e condimenti di origine animale e aumentando il consumo di pesce (fonte di grassi polinsaturi), di frutta, verdura, cereali integrali e legumi (fonte di vitamine e antiossidanti). Inoltre, chi ha già avuto in ictus cerebrale deve almeno 2 volte l’anno effettuare le visite di controllo programmate sia dal neurologo che da altri specialisti, come ad esempio il cardiologo e deve eseguire gli esami strumentali di controllo: ecocolorDoppler dei vasi del collo, ecocardiogramma trans toracico ed eventualmente Doppler transcranico ed esami neuroradiologici. CENNI DI TRATTAMENTO Cos’è la trombolisi Costituisce l’unica terapia in grado di curare l’ictus ischemico e consente la dissoluzione/rimozione dell’occlusione dell’arteria che ha determinato l’ischemia cerebrale. Si pratica in centri selezionati (Stroke Unit) e di comprovata esperienza. Il nostro reparto di Neurologia e Stroke Unit, rappresenta ormai da tempo una consolidata realtà in tal senso, con una equipe di Neurologi dedicati alla diagnosi ed alla cura delle malattie cerebrovascolari, coadiuvati da personale infermieristico (infermieri ed OSS) dedicato e con la stretta collaborazione di un team multidisciplinare di Specialisti (Radiologo Interventista, Chirurgo Vascolare, Angiologo, CardiologoGeriatra/Internista, Fisiatra, Nutrizionista, Logopedista). E’ cruciale che sia effettuata il più presto possibile dall’esordio dei sintomi, entro e non oltre 4-6 h (“time is brain”, “il tempo è cervello”). I risultati delle cure sulle persone colpite da questa patologia dimostrano che tanto più precoce è il ricovero per il trattamento, tanto migliore sarà la possibilità di guarigione senza esiti. La riabilitazione neuromotoria intrapresa già entro le prime 48 ore di degenza, consente di ottimizzare e di individualizzare le strategie di recupero del danno neurologico. La recettività di reparti di riabilitazione, convenzionati ed operanti sul territorio, assicura la continuità riabilitativa anche in fase subacuta, garantendo la riduzione della disabilità neurologica residua. craft&design wedding home Rosella Andreetti d e s i gn e r Hexenhaus Showroom via Vezzia 35 67051 Avezzano AQ T +39 3387268252 E [email protected] www.mercurydesign.it www.mercurydesign.eu Associazione Diabetici Marsicana 19 10 COSE DA SAPERE SU… Il Glaucoma Alla sua origine c’è spesso una predisposizione famigliare Che cos’è il glaucoma? Quando si parla di glaucoma ci si riferisce ad un gruppo eterogeneo di malattie oculari in cui la pressione all’interno dell’occhio è sufficientemente elevata per danneggiare il nervo ottico e quindi il campo visivo. La forma più diffusa è il glaucoma ad angolo aperto che riguarda l’80% dei casi. A che cosa è dovuto il glaucoma ad angolo aperto? In condizioni normali, all’interno dell’occhio è presente un liquido (umore acqueo) che continuamente prodotto e fatto defluire attraverso una struttura filtrante (trabecolato). Se il sistema di scarico è ostruito aumenta la tensione oculare, la quale col tempo danneggia il nervo ottico. Quali sono i sintomi? In fase iniziale non dà sintomi apprezzabili. Non ci si accorge di nulla finché il danno al nervo ottico è ad uno stadio avanzato e irreversibile. Questa malattia comporta una perdita graduale del campo visivo fino alla visione tubulare, come guardare attraverso un foglio di carta arrotolato. Poi anche la visione centrale sparisce. Chi rischia di più? Le possibilità di sviluppare il glaucoma ad angolo aperto aumentano in presenza di una predisposizione familiare, con l’invecchiamento, se si hanno difetti visivi elevati (miopia, astigmatismo e ipermetropia) e qualora si abbiano disturbi vascolari (per esempio legati al diabete). Come si può scoprire? L’unico modo è effettuare controlli oculistici periodici che prevedano la misurazione della pressione all’interno dell’occhio e l’osservazione del fondo dell’occhio. Se uno di questi parametri è alterato si eseguono altri esami più specifici come il campo visivo e indagini morfologiche per analizzare la pailla ottica o le fibre nervose. Quando andrebbero fatti i controlli? Prima dei 45 anni si consiglia di sottoporsi a una visita oculistica ogni 4-5 anni. Passata questa età i controlli Associazione Diabetici Marsicana 20 dovrebbero essere più ravvicinati, almeno ogni 2-3 anni. In caso di familiarità per il glaucoma, si raccomanda di effettuare visite regolari anche in età più precoci, da concordare di volta in volta con lo specialista. Come si può curare? Le terapie attuali mirano a frenare il decorso della malattia, riducendo la pressione oculare. Di solito in prima battuta si ricorre ai colliri specifici che danno buoni risultati se la cura è seguita con costanza. Se questo approccio non è sufficiente si può ricorrere a un trattamento laser per allargare i canali da cui defluisce l’umore acqueo, ristabilendo così la pressione all’interno dell’occhio. Quando ci vuole il bisturi? La chirurgia del glaucoma ad angolo aperto si basa sugli interventi filtranti, tra cui il più comune è la trabeculectomia. L’obiettivo è creare, praticando un “foro” nell’occhio, una via alternativa di deflusso all’umore acqueo, che lo porti nello spazio sottocongiuntivale. In genere si tende a riservare questo approccio ai casi più avanzati che non rispondono più alla terapia medica. Sono alla studio nuove terapie? Negli ultimi anni si stanno sperimentando nuovi approcci chirurgici meno invasivi, in cui la zona dell’intervento viene raggiunta attraverso una incisione della cornea, simile a quelle eseguita per la cataratta, e non attraverso la congiuntiva e la sclera come avviene nella trabeculectomia. I risultati sembrano incoraggianti. Il glaucoma può portare a cecità? Sì, è una delle principali cause di cecità nel mondo. Si stima che siano circa 6 milioni i non vedenti per colpa di un glaucoma non riconosciuto e non curato. La cecità e l’ipovisione provocate da questa malattia si possono però prevenire. Lo strumento migliore è la diagnosi precoce che permette di individuare i segnali iniziali e avviare una terapia mirata per evitare peggioramenti. Anatomia di un Infarto notizie Flash Fonte: Test Salute Altroconsumo Infarto del miocardio Rapidità e riabilitazione. Nell’attacco cardiaco la tempestività di intervento è tutto. E dopo: calma, movimento e uno stile di vita sano. Ogni anno, in Italia, circa 150mila persone vengono colpite da infarto miocardio acuto. Fino a qualche decennio fa la mortalità dovuta a questo evento era molto elevata. Oggi se si interviene velocemente con la riapertura della coronaria chiusa (angioplastica o trombolisi), la prognosi è molto favorevole; se i soccorsi avvengono in tempi rapidi, la probabilità di sopravvivere all’infarto è del 95%. I primi soccorsi La diffusione dell’informazione facilita il compito dei soccorritori, con le strumentazioni adeguate. E’ importante non sottovalutarli e telefonare al 118 il prima possibile, anche se poi l’evento si rivela un falso allarme. In attesa dei soccorsi, ecco cosa fare: - slacciare cintura e cravatta della persona colpita, per agevolare la respirazione; - mantenere la calma e rassicurarla; - al telefono cercare di essere chiari e fornire le informazioni richieste dall’operatore. Le maggiori organizzazioni americane di cardiologia, raccomandano anche di far assumere un’aspirina, un farmaco relativamente sicuro (escluse allergie), perché è dimostrato che migliora la prognosi, in quanto favorisce la fluidificazione del sangue. Con l’infarto ne muore una parte. L’infarto è causato dall’ostruzione di una o più arterie a causa dell’aterosclerosi, cioè dell’accumulo di colesterolo e cellule fibrose, che bloccano o rallentano il corretto deflusso sanguigno. Le cellule del tessuto cardiaco, in mancanza di un corretto afflusso di sangue, cominciano a soffrire e se, il flusso si arresta, muoiono (necrosi). I segnali d’allarme I primi segnali di un infarto non sempre sono chiari e riconducibili a questo evento. Possono essere mascherati e confusi con problemi di stomaco, come una cattiva digestione, o con disturbi di tipo psicologico (ansia, senso di oppressione). Conoscere i possibili sintomi, per quanto L’importanza del dopo Un tempo, per curare l’infarto, si consigliava un periodo vari, permette di prestare soccorso nel più breve tempo prolungato di riposo. Questo allettamento forzato, por- possibile. tava ad un recupero troppo lento e creava ansia e timori Occhio a… I fattori di rischio ingiustificati nei pazienti. Oggi si cerca di fare diversamente, rimettendo in piedi il La comparsa delle malattie cardiovascolari è facilitata paziente il prima possibile, con un adeguato percorso di dalla presenza di alcuni fattori di rischio. Il rischio cresce riabilitazione che prevede la terapia farmacologica, una se sono presenti contemporaneamente più fattori: graduale ripresa dell’attività motoria, del lavoro, della vita - colesterolo alto, (maggiore di 200 mg/dl) e trigliceridi sociale e familiare. E’ dimostrato, infatti, che il 70-80% alti (maggiori di 150 mg/dl); delle persone, dopo un infarto, possono riprendere una - fumo; - pressione alta. Quella ottimale è 120 di massima e 80 di vita normale. minima. Attenzione se supera i 140 di massima ed i 90 di Come è fatto il cuore Il cuore si comporta in modo simile a una pompa, che minima. Questo vale non solo per giovani e adulti, ma assicura, attraverso le arterie, le vene e i capillari, la cir- anche per i più anziani; colazione del sangue nell’intero organismo. Il cuore si - abitudine alla sedentarietà; contrae ritmicamente con una frequenza tra i 50 e gli 80 - obesità, da tenere sotto controllo il peso, soprattutto se si ha la tendenza a ingrassare sull’addome; battiti al minuto. - Diabete; - Stress, ansia. Associazione Diabetici Marsicana 21 ASSOCIAZIONE DIABETICI MARSICANA AVEZZANO “Tombolata” 24 4 10 1 22 31 50 7 56 5 39 72 76 55 67 0 31 39 Presso il ristorante: Bella Vista di Castellafiume 10 13 1 82 41 46 41 5 84 69 70 85 71 24 37 44 53 1 4 7 19 12 11 27 3 18 30 20 48 52 66 59 42 3 3 46 26 53 70 76 82 80 Sabato 10 Dicembre 2016 76 46 13 Associazione Diabetici Marsicana alle ore 13:00 Si richiede la prenotazione telefonando allo 0863.499311 dal Lunedì al Venerdì ore 9:30/11:00 o rivolgendosi al Responsabile Territoriale entro il 9 Dicembre 2014 fino ad un massimo di 100 soci Una porzione apporta Speciale Ricette Fonte: guide pratiche Altroconsumo MOLTA VITAMINA A - 599 μg di vitamina A - 289 mg di potassio - 10 g di grassi Zucca sapore light Un piatto semplice, veloce, vegetariano ed economico. Dal punto di vista nutrizionale, la zucca è povera di calorie, solo 45 kcal per una porzione da 250 grammi: aggiunge quindi tanto sapore, senza appesantire. Apporta una moderata quantità di fibra ed una discreta di potassio; inoltre è molto ricca di caroteni e di vitamina A: già con 100 g di zucca si riesce a coprire l’intero fabbisogno giornaliero di questa vitamina che resiste bene alla cottura. Cucinata con il riso, sostanzialmente un carboidrato (zucchero complesso), dà luogo a un primo piatto gustoso e povero di grassi. Vi proponiamo qui una variante molto leggera (l’unico condimento è l’olio usato per il soffritto) e veloce, che prevede l’uso della pentola a pressione, accorciando notevolmente i tempi di preparazione. Risotto alla zucca Per quattro persone: - 400 g di zucca già pulita - 320 g di riso Carnaroli o Roma - 1 cipolla dorata o tre scalogni - 640 ml di brodo vegetale o di dado - 4 cucchiai di olio di oliva Preparazione: Fai dorare la cipolla sul fondo della pentola a pressione con l’olio e 4 cucchiai di acqua. Aggiungi quindi il riso e fallo rosolare finché è trasparente. Aggiungi la zucca a pezzetti e il brodo caldo. Chiudi il coperchio: dopo 8 minuti dal primo fischio spegni e fai uscire il vapore, per aprire la pentola. Mescola bene e porta in tavola. 398 kcal a porzione Associazione Diabetici Marsicana 23 Questa rivista è stata realizzata con il contributo del CSV dell’Aquila. Chi vuole collaborare alla realizzazione della rivista “ADM Informa”, che l’Associazione Diabetici Marsicana pubblica durante l’anno, può inviare il proprio contributo con articoli, recensioni, foto ed altro, via e-mail al nostro indirizzo di posta elettronica: [email protected] www.associazionediabeticimarsicana.it Per contributi, donazioni e versamenti: Banca di Credito Cooperativo di Roma Cod. 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