Giovedì 29 marzo 2007 Cuore polmone ore 16-17 Prof Pistelli Ipertensione polmonare Prima di addentrarci nel discorso dell'ipertensione polmonare ci soffermiamo un attimo sull'emodinamica fisiologica del circolo polmonare: le pressioni del circolo polmonare sono a basso regime, le pressione arteriosa media, infatti, è di circa 12-14 mmHg, a riposo non è mai superiore a 20 mmHg. Affinché questo sia possibile, considerando che la gittata cardiaca del cuore destro è uguale per definizione a quella del sinistro, è evidente che ciò che cambia tra il circolo sistemico e quello polmonare è la resistenza dei vasi: a livello polmonare abbiamo a parità di gittata una resistenza molto più bassa quindi una pressione di regime più bassa. A sinistra abbiamo una pressione media di circa 110 mmHg e a destra è di circa 1/10, 1/8. Le pressione dell'arteria polmonare deriva dai tre elementi che secondo l'equazione di Bernoulli sono: le resistenze, la gittata e ciò che sta a valle il circolo polmonare, cioè le pressione nell'atrio sinistro PAP= PVR x Q + Pla PAP= pressione arteria polmonare PVR= resistenza vasi polmonari Q= flusso Pla= pressione atro sinistro Quando ci sono patologie al livello del cuore sinistro si parla ipertensione polmonare sul versante venoso o postcapillare, mentre la condizione che interessa di più a noi oggi è quella dell' ipertensione polmonare arteriosa. L'ipertensione polmonare è stata definita come una condizione di pressione dell'arteria polmonare superiore a 25 mmHg a riposo o di 30 mmHg sotto sforzo (queste sono misure ottenute con il cateterismo), o come pressione sistolica polmonare maggiore di 40 mmHg (utilizzando invece metodi indiretti, quindi non invasivi, quale l'ecodoppler). L’ipertensione polmonare arteriosa è una condizione che porta rapidamente il soggetto a una situazione di grave invalidità e prognosi severa: come primo momento fisiopatologico, l'ipertensione polmonare arteriosa comporta un aumento del post-carico ventricolare destro. Il ventricolo destro è poco idoneo a sopportare grandi carichi pressori per via delle sue pareti molto sottili, che ipertrofizzano molto male: questo comporta che molto rapidamente, dal momento che non è in grado di rispondere, si determini una diminuzione della gittata sistolica, con conseguente diminuzione di quella cardiaca e della pressione arteriosa. Tutto questo comporta una riduzione della perfusione coronarica, con ischemia anche del ventricolo destro che, trovandosi già in una condizione di maggiore richiesta di ossigeno per via dell'aumento del post-carico, andrà incontro ancora più rapidamente a ischemia. Altro punto importante è che il ventricolo destro, dilatandosi, occuperà spazio a livello delle camere cardiache sinistre, con il setto interventricolare che addirittura aggetta verso il ventricolo sinistro (si vede molto bene dalle immagini in ecocardio) determinando un ulteriore riduzione della capacità del ventricolo sinistro di riempirsi in fase diastolica e portando, quindi, a una riduzione ulteriore della gittata sistolica: questo è ciò che si chiama interazione diastolica. Classificazione clinica della ipertensione polmonare (detta classificazione di Venezia, la più recente) in: - ipertensione polmonare arteriosa: è l'unica forma di ipertensione polmonare primitiva e ha una prognosi sicuramente peggiore rispetto alle altre forme. Questa è a sua volta suddivisa in un grosso numero di condizioni: forme idiopatiche, familiari ed infine forme associate a malattie del connettivo (la più importante è la sclerodermia), a ipertensione portale, a infezione da HIV, a farmaci (soprattutto quelli utilizzati per lungo tempo ad esempio anoressizzanti, farmaci derivati dalle anfetamine) e tossine, altro (disordini della tiroide, malattia di Gaucher, emoglobinopatie..) - ipertensione associata a malattie del cuore sinistro - ipertensione associata a malattie del parenchima polmonare e/ o ipossia - ipertensione dovuta a patologia trombotica cronica e/ o embolia - cause varie: sarcoidosi, linfoangiomatosi, istocitosi, compressione dei vasi polmonari (adenopatie, neoplasie) Relativamente alla prevalenza dell'ipertensione polmonare arteriosa, quelle primitive, ovvero la sporadica e la familiare, sono rare, con due casi per milione di abitanti. Nel complesso, invece, considerando quindi anche le forme associate ad altre condizioni, sono piuttosto frequenti. E' una malattia severa, con una mediana di sopravvivenza di 2.8 anni dalla diagnosi. La mortalità è quasi tutta data dall' ipertensione polmonare in quanto tale e non da situazioni di comorbidità, con un 47% dei casi di morte per scompenso cardiaco destro e un 26% per morte cardiaca improvvisa, quindi con un totale di circa 75% dei soggetti che muore per un evento esclusivamente cardiaco. Da cosa deriva questa malattia? Sicuramente è una condizione multifattoriale, come molte malattie croniche, e in quanto tale sono due fattori principali che la determinano: la predisposizione genetica, soprattutto nella forma familiare ma probabilmente non solo in quella, e una serie di fattori precipitanti (processi autoimmuni o infiammatori..). Sicuramente, oltre questi due principali fattori, nella da genesi della malattia intervengono quattro altri attori fondamentali: l'endotelio, le cellule muscolari lisce, gli elementi circolanti del sangue (piastrine e i linfociti) e la matrice extracellulare. Fra questi quattro quello che oggi si ritiene l'elemento di partenza determinante per questa patologia è l'endotelio, che stressato da vari fattori di diversa natura si attiva: seguono poi gli altri tre elementi attivati a loro volta anche da fattori liberati dall'endotelio stesso. Rispetto alla predisposizione genetica, l'alterazione oggi più studiata, perché ritrovata della maggioranza dei casi di tipo familiare e anche in alcuni di quelli sporadici, è quella riguardante una mutazione che determinerebbe un'anomalia del recettore di tipo II per la proteina morfogenetica ossea . Il gene che codifica per questo recettore si trova sul braccio lungo del cromosoma 2. La proteina morfogenetica ossea è una delle proteine fondamentali del fattore di crescita e di trasformazione, un gruppo molto importante di proteine che, agendo a diversi livelli nell'organismo, determinano per esempio l'organogenesi di fegato, reni e circolo polmonare. Si sostiene quindi che, un'alterazione al livello delle cellule endoteliali nella loro definizione ultima al livello dell'organogenesi, le renda altamente suscettibili poi all'azione di elementi occasionali di esposizione quali infezioni, stress da alto flusso e altri. Ci sono numerosi dati che dimostrano l'importanza della mutazione di questo recettore: in uno dei lavori più importanti su questo argomento sono state prese da un lato cellule endoteliali vascolari polmonari in soggetti di controllo e, dall'altro, in soggetti con ipertensione polmonare sporadica, familiare e familiare con alterazione del locus genetico con il gene per il recettore; si vede che il marcatore del recettore di tipo II cala di frequenza dalla forma di controllo alla familiare con la mutazione del locus. Quindi, ricapitolando, abbiamo da una parte la predisposizione genetica, dall'altra una serie di fattori di rischio quali infezioni, stimolazione da parte di farmaci: a questo segue un inizio di patologia a livello dell'endotelio, cui si aggiungono la disfunzione delle cellule endoteliali e delle cellule muscolari lisce con inizio del processo infiammatorio e la progressione della malattia. Dal di vista anatomo- patologico ci sono due tipi di lesione tipiche dell’ipertensione polmonare: - la lesione plessiforme: le arteriole polmonari vengono circondate da una serie di nuovi vasi un po' peggio definiti che creano un plesso; molto spesso il vaso originario viene occluso - ipertrofia delle lamine arteriolari (che porta a un certo grado di chiusura del vaso) e infiammazione (documentato dalla presenza di un infiltrato tra le lamine arteriolari neoformate) questi due tipi di lesione costituiscono il marker anatomo- patologico della presenza di ipertensione polmonare. Dal punto di vista clinico la dispnea è il principale sintomo, non ce ne sono molti altri: molto spesso può essere un paziente anche molto giovane, e l'eventuale presenza di casi di dispnea in famiglia, magari anche con prognosi sfavorevole in poco tempo, devono fare pensare all'ipotesi di ipertensione polmonare. È importante fare una diagnosi precoce perché oggi ci sono numerosi strumenti terapeutici che, se utilizzati per tempo, possono migliorare di molto la prognosi che, come abbiamo detto prima, è di 2,8 anni nei casi non trattati. Relativamente alla dispnea esistono diverse classificazioni, fra cui la New York Association Classification usata per lo più dai cardiologi, e quella MRC (Medical Research Council) più prettamente per gli pneumologi, che quantificano la dispnea come in riferimento a diverse attività fisiche svolte dal soggetto senza avvertire il sintomo. Una volta che si è pensato all'eventualità dell'ipertensione polmonare sicuramente è da effettuare una radiografia del torace, anche se molto spesso non dà informazioni: nel caso proiettato dal prof è invece nettamente visibile una dilatazione molto marcata del secondo arco di sinistra. La proiezione antero-posteriore non è la più sensibile, mentre è preferibile la proiezione laterale in quanto è più facile apprezzare il diametro trasverso dell'arteria polmonare. L'angiografia polmonare non è un esame necessario, ma si vede bene come, dopo l'arteria polmonare, si ha una strozzatura delle arterie più periferiche che assumono un aspetto tipico a "cavaturacciolo" per via dell'alto regime pressorio. Un esame possibile è l'angioTC: nel caso presentato a lezione si evidenziava il caso di un'ipertensione polmonare secondaria dovuta a presenza di emboli, che, come specifica il prof dopo domanda di Davide, sono ben distinguibili per via delle diversa densità dalle placche aterosclerotiche (che comunque nel circolo polmonare non sono presenti, a meno che, in casi di ipertensione polmonare secondaria, i quali tipicamente possono permanere per lungo tempo (ipertensione primitiva abbiamo detto invece avere una rapida progressione), si instauri un regime pressorio particolarmente alto che può portare a formazione di placche aterosclerotiche anche calcifiche). Anche la risonanza magnetica può essere utile, si possono notare le dimensioni notevolmente ingrandite rispetto all'aorta delle arterie polmonari e, nel caso proiettato a lezione, la presenza di difetto del setto interatriale con shunt sinistro-destro che comporta iperafflusso a destra (sindrome di Eisenberg..controllate il nome..!). L'ecocardio non è utilizzato per una diagnosi precoce, ma è sicuramente molto utile per monitorizzare il soggetto in quanto permette di vedere il funzionamento del ventricolo destro. Il gold standard è sicuramente il cateterismo cardiaco destro. Tramite questo esame si può studiare la morfologia dell'onda di pressione: in casi di ipertensione polmonare molto marcata, in fase sistolica si arriva a pressioni di circa 110-120 mmHg, paragonabili a quelle del circolo sistemico. Caratteristico è un punto, individuabile lungo la curva di salita della pressione sistolica, detto punto di rimbalzo, in cui si ha una breve caduta della pressione che quindi rimbalza di nuovo in alto: vedere la precocità o meno di questa fase di rimbalzo è utile nella valutazione emodinamica per capire approssimativamente dov'è il punto di massima stenosi del circolo polmonare e quindi dare anche qualche idea sulla classificazione della forma di ipertensione polmonare arteriosa. Quest'esame permette anche di rivelare un'altra caratteristica che è tipica dei soggetti con ipertensione polmonare anche in fase precoce: nei soggetti normali infatti, la pressione dell'arteria polmonare non si modifica o si modifica di poco anche per forti stimoli che determinano un aumento della gittata cardiaca (per esempio lo sforzo fisico. Questo avviene perché, in condizioni di aumentata gittata cardiaca, le resistenze di questi vasi si abbassano adattandosi così alla nuova situazione senza comportare aumenti di pressione), viceversa nei soggetti con ipertensione polmonare la pressione si alza molto. Il test si esegue o sotto sforzo o utilizzando farmaci isotropo-positivi. Oltre a permettere una diagnosi, il cateterismo cardiaco permette di effettuare anche il test di reversibilità, che serve per indicare l'opportunità o meno di fare una terapia con alcuni farmaci bloccanti dei canali del calcio: questi risultano avere un effetto favorevole con un miglioramento netto della prognosi (fino a definirla una condizione benigna) solamente nei soggetti con positività al il test, definita sulla base di una risposta delle pressioni e delle resistenze vascolari polmonari superiore al 20%, mentre non si devono somministrare nei soggetti col test negativo perché lesivi, potendo portare anche a fatti di morte acuta. Non è noto il motivo per cui alcuni soggetti rispondono positivamente e altri no. Il test di reversibilità può essere effettuato con risultati sostanzialmente analoghi anche utilizzando l'ossido nitrico. Per effettuare il monitoraggio della condizione di ipertensione polmonare si possono effettuare l'ecocardio, come su detto, e tutta una serie di test non invasivi fra cui fondamentale è il test del cammino dei sei minuti: questo è stato utilizzato anche per valutare i principali farmaci utilizzati per la cura di queste condizioni, quali l'Iloprost, un analogo della prostaciclina, e il Bosentan. Inizialmente la prostaciclina venne introdotta e utilizzata per cercare di garantire la sopravvivenza a quei pazienti in attesa di trapianto di polmone, col tempo si è visto che l'utilizzo di questi farmaci a lungo termine è preferibile al trapianto stesso, che oggi rappresenta l’estrema possibilità per quei pazienti che non rispondono alla terapia. I soggetti negativi per il test di reversibilità devono seguire delle vie terapeutiche alternative, che però sono sicuramente meno efficaci. Chiara Piccininni